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Posidonia lungo il litorale.

Riveste un particolare rilievo per gli operatori economici nell’ambito delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, la questione concernente la natura giuridica dei depositi di Posidonia che si collocano lungo il litorale.

Infatti questi, per varie ragioni quali il cattivo odore derivante dalla putrefazione o la difficoltosa fruizione della spiaggia, vengono percepiti dai bagnanti come un fattore di disturbo.

Sotto il profilo giuridico, tale fenomeno rappresenta una problematica particolarmente interessante per una serie di ragioni: l’assenza di una disciplina univoca; le implicazioni concernenti la gestione del demanio marittimo; le connesse esigenze di tutela delle coste dall’erosione e degli interessi che ruotano intorno al turismo.

Ciò nonostante, la dottrina non ha ancora prestato la dovuta attenzione alla questione, sicché la letteratura giuridica in materia può dirsi praticamente inesistente.

Le recenti pronunce della giurisprudenza (78) sull’argomento in esame, che si ricollega necessariamente ad altre vicende quali lo smaltimento dei rifiuti, il riciclaggio e il deposito, hanno posto in luce la necessità di un inquadramento giuridico della fattispecie.

Fino ad un certo punto soccorre il diritto vigente con il d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (art. 184), che identifica i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle spiagge come rifiuti solidi urbani; tuttavia, come vedremo meglio in seguito la normativa suddetta offre il fianco a possibili dubbi interpretativi. È opportuno chiedersi, dunque, quali interessi fra quelli accennati, in forza delle scelte compiute dal legislatore, debbano dirsi prevalenti; e, se e quando la Posidonia spiaggiata possa considerarsi risorsa o rifiuto.

(78) Si v. ex multis, Cass. pen., 21 marzo 2006, n. 12944, in Foro it.,

2006, II, 606 ss; Cass. pen., 7 marzo 1995, n. 3997, con nota di F.MAZZA,

Alghe marine e rifiuti speciali, in Dir. giur. agraria e ambiente, 1996, II, 538

ss; Cass. pen., 8 marzo 2005, 12366. Cons. St., 27 agosto 2014, n. 430, che hanno deciso le rispettive controversie sulla base di un procedimento analogico volto ad inquadrare il fenomeno della Posidonia spiaggiata nella nozione di rifiuto e, in particolare, nell’ambito della fattispecie regolata dall’art. 184 del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152.

Le c.d banquette di Posidonia spiaggiata sono depositi strutturati di resti di Posidonia oceanica che si accumulano lungo i litorali grazie all’azione del moto ondoso e delle correnti marine.

Si parla dunque di un fenomeno che si localizza e assume rilevanza giuridica nell’ambito del demanio marittimo e che riguarda in particolare il lido e la spiaggia.

Questi ultimi, in quanto indispensabili ai pubblici usi del mare, sono assoggettati al regime giuridico del demanio marittimo; e pertanto, non possono essere oggetto di rapporti giuridici dominicali in capo a soggetti diversi dallo Stato o dall’Ente indicato dalla legge come titolare del bene.

Come abbiamo visto, le difficoltà di individuare con certezza la natura demaniale di alcune tipologie di beni (tra cui i depositi naturali di Posidonia), in quanto non compresi nell’elenco di cui agli artt. 822 c.c. e 22 cod. nav., ha indotto la giurisprudenza ad elaborare alcuni parametri ai quali è necessario fare riferimento nello stabilire la demanialità di un bene: a) che l’area sia normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; b) che anche se non sia stata sottoposta a mareggiate ordinarie, sia stata in antico sommersa e tuttora utilizzabile per uso marittimo; c) che comunque il bene sia assegnato ad usi

connessi alla navigazione, alla pesca e alla balneazione (79). Occorre dunque far riferimento a tali parametri circa la demanialità dei depositi di Posidonia.

Quanto ai parametri a) e b), le banquette di Posidonia spiaggiata, che rappresentano un tipico modo di presentarsi del lido e delle spiagge, si caratterizzano quali cumuli naturali di materia organica vegetale includenti tutt’al più grandi quantità di sabbia, e nei quali trovano habitat innumerevoli organismi vegetali di primaria importanza per l’ecosistema costiero.

Ne consegue, che sia sotto il profilo geografico che morfologico, le banquette di Posidonia spiaggiata siano riconducibili ad una delle figure individuate dagli artt. 822 c.c e 22 cod. nav., ossia il lido o la spiaggia, rispetto alle quali le stesse, all’interno del complesso sistema costiero, si pongono in una relazione di continuità naturale.

Proprio tale continuità, unitamente all’esigenza di tutela degli interessi coinvolti, rende tali depositi naturali idonei ai pubblici usi del mare determinandone quindi la natura demaniale.

In tal senso si esprime autorevole dottrina quando afferma

che la riserva demaniale dello Stato si estende, senza soluzione di continuità, all’intero litorale, in forza della naturale attitudine del demanio marittimo al soddisfacimento degli interessi connessi ai “pubblici usi del mare” (principio di contiguità delle coste) (80).

Il demanio marittimo, quindi, risulta costituito da beni che debbono la loro esistenza alla conformazione del suolo ed alle forze naturali che ne determinano i mutamenti, nonché da opere realizzate da soggetti privati o dalla p.a. (81); pertanto, le

banquette di Posidonia spiaggiata la cui esistenza è il risultato di

processi naturali non può che essere compresa se non nella prima categoria di questi beni.

A proposito si evidenzia come la Posidonia spiaggiata, oltre che risorsa di energia rinnovabile, rappresenti un sistema di importante valore ecologico dalla cui salvaguardia e tutela derivano forti interessi economici che coinvolgono l’intera collettività.

(80) G. MASCIOLI, Natura giuridica della duna costiera ovvero i confini marittimi delle nuove competenze locali, cit., 2126; M.LCORBINO, Il demanio marittimo, cit., 26.

Infatti, se solo si considera il dato in base al quale circa il 30% delle spiagge del Mediterraneo ha subito un considerevole arretramento, si intuisce l’importanza di questi depositi di resti vegetali che ostacolando i meccanismi di erosione costiera svolgono un’azione protettiva dei litorali sabbiosi.

In ordine all’elemento soggettivo, come già detto sopra, i beni del demanio marittimo appartengono e non possono non appartenere allo Stato (o alle Regioni): in tal senso si parla appunto di demanio necessario.

Dimostrati così i due requisiti generici, quello soggettivo dell’appartenenza del bene allo Stato e quello oggettivo della strumentalità ai pubblici usi del mare, un altro dato che può dirsi a sostegno della demanialità della Posidonia spiaggiata si rinviene nell’art. 51 cod. nav. (82); norma che trova collocazione all’interno del titolo secondo dedicato ai «beni pubblici destinati alla navigazione».

Dalla lettera della disposizione in parola, infatti, si

(82) La norma in parola stabilisce che «nell’ambito del demanio

marittimo e del mare territoriale, l’estrazione e la raccolta di arena, alghe, ghiaia o altri materiali è sottoposta alla concessione del capo del compartimento».

possono cogliere due aspetti essenziali: l’uno sostanziale, costituito dall’appartenenza della Posidonia spiaggiata al demanio marittimo; l’altro sanzionatorio, in combinato disposto con l’art. 1162 cod. nav. il quale prescrive una sanzione amministrativa per chiunque estragga «arena, alghe, ghiaia o altri materiali senza la concessione del capo del compartimento marittimo».

Posto dunque il requisito dell’appartenenza della Posidonia spiaggiata alla categoria dei beni demaniali marittimi, è opportuno ora individuare se in base al diritto positivo essa possa esser inclusa nella nozione di rifiuto.

Il dato normativo dal quale occorre prendere le mosse è il d. lgs. 3 aprile 2006 n. 3, ai sensi del quale rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto, rientrante nell’Allegato A) della Parte quarta del decreto, di cui il «detentore (83) si disfi o abbia deciso di disfarsi» (84).

(83) In questo caso il termine detentore è usato impropriamente,

spettando solo al proprietario il diritto di decidere di disfarsi della proprietà di un bene.

(84) Per quanto concerne la nozione di rifiuto si v. R. FEDERICI, La nozione di rifiuto: una teoria, Riv. it. dir. pubbl. comunit., 6, 2006, 1050 ss.;

E’ il contegno di quest’ultimo, pertanto, ciò che assume importanza ai fini della classificazione, non rilevando il fatto che un terzo abbia interesse o meno al riutilizzo del bene.

A riguardo, una recente pronuncia della Suprema Corte (85) ha affermato l’assunto secondo cui è la condotta del soggetto detentore che qualifica l’oggetto come rifiuto e che con la sua azione del «disfarsi» pone un problema, ovvero quello della gestione del rifiuto.

Detto ciò, si deve verificare se la Posidonia spiaggiata rientri nell’elenco illustrato dal decreto, e quale sia effettivamente il contegno dello Stato o degli altri enti pubblici territoriali, dato il fatto che a questi fa capo la titolarità dei beni demaniali.

Quanto al primo la giurisprudenza (86), per inquadrare la Posidonia spiaggiata nella nozione di rifiuto, è ricorsa all’art. 184, comma 1, lett. d, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 3, che include nei rifiuti solidi urbani quelli di «qualunque natura o provenienza giacenti […] sulle spiagge marittime […]»; soluzione che in verità appare quantomeno discutibile, non

(85) Cass. Pen, 15 ottobre 2014, n. 50309.

essendovi nel diritto positivo, come premesso, una disciplina univoca che ci permetta di inquadrare giuridicamente il fenomeno.

E’ da rilevarsi, inoltre, che la giurisprudenza succitata nel compiere tale operazione sembrerebbe saltare un passaggio logico essenziale: può esser considerato tale il bene in questione, anche quando il suo dislocamento o smaltimento pregiudichi l’integrità del sistema costiero la cui tutela – obbligo dal quale lo Stato non può esimersi – è interesse di ordine generale?.

Non si intendono le ragioni per cui le forze politiche, considerando l’importanza cruciale che tali interessi rivestono per la nostra economia, lascino irrisolta la questione: siamo così in uno di quei settori del nostro sistema giuridico in cui può dirsi vigente una giurisprudenza normativa.

In definitiva, potrebbe auspicarsi un intervento risolutore del legislatore volto ad attribuire ai Comuni, enti più prossimi ad ogni singolo ecosistema costiero, il potere necessario per regolare la rimozione della Posidonia spiaggiata garantendo un giusto bilanciamento tra tutela del litorale ed interessi economici dei privati.