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Una riflessione

Nel documento GLI EXTRACOMUNITARI IN CARCERE (pagine 51-55)

SECONDO CAPITOLO

IMMIGRAZIONE E CRIMINALITÀ

7. Una riflessione

Tema di G. D. – Istituto tecnico. Alessandria, marzo 1967.50

... Non si ruba soltanto mediante lo scasso e la rapina, ma si ruba anche, e come!, attraverso altre vie che permettono un facile arricchimento senza timore della galera: ruba il venditore di generi alimentari perché pesa la carta d’imballaggio per merce; ruba il droghiere sulla vendita delle spezie di difficile controllo, perché vendute in genere a corpo e non a misura; il cameriere ruba al cliente perché gli presenta il conto alterato; ruba l’oste annacquando il vino; ruba il commerciante di stoffa nel far pagare un vestito scadente a caro prezzo; rubano i direttori di imprese alterando registri e fatture; rubano le imprese carcerarie acquistando roba scadente a poco prezzo, rivendendola al

Irene Invernizzi, Il carcere come scuola di rivoluzione, Einaudi editore, Torino 1973, p.

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carcerato il doppio, il triplo del costo; ruba il prete speculando sull’anima del morto e del vivo; ruba il papa perché è autorizzato dall’autorità divina; ruba l’incettatore e lo strozzino, rubano gli avvocati, i sindaci, i deputati, i ministri, il capo di stato, il presidente della repubblica; rubano gli insegnanti di poco valore, ruba l’infermiere somministrando al degente il medicinale scadente per vendersi quello buono; rubano i medici approfittando della sventura altrui; ruba l’industriale sul lavoro dell’operaio.

E si uccide non soltanto premendo il grilletto di una rivoltella o vibrando colpi di coltello al cuore, ma si uccide anche, e soprattutto, con armi legali più raffinate: uccide il medico delle carceri non riconoscendo, volontariamente o no, un palese male accusato dal carcerato; di concerto con i suoi subordinati, il direttore delle carceri uccide il detenuto che reclama, facendolo legare al letto di contenzione per somministrargli botte da orbi, se necessario (il caso successo due o tre anni fa a Regina Coeli ne è la fedele testimonianza!), i direttori degli istituti assistenziali e tutto il personale preposto uccidono i ricoverati sottraendo loro vitto, medicinali e assistenza medica; uccidono i commissari delle questure italiche nell’estorcere la confessione all’innocente; uccide il magistrato nell’erogare l’ergastolo a chi non ha commesso colpa; i sindaci, i prefetti, il ministro di grazia e giustizia e il presidente della repubblica compreso, all’occorrente, uccidono e fanno uccidere dai tutori dell’ordine – o del disordine? – i diseredati che scendono sulle piazze e per le vie della città per rivendicare i propri diritti.

Questa è la cruda e amara realtà in cui viviamo; questo è il triste, pauroso e caotico bilancio di progresso e di civiltà prodotto dagli uomini timorati di Dio.

Un interrogativo a questo punto si impone con insistenza: perché l’uomo ruba e uccide il proprio simile? Questo suo male risiederà nella sua genesi, “homo homini lupus”, oppure la gravità di questa drammatica condizione risiederà nelle sue sovrastrutture che si è dato attraverso i secoli?

A me sembra di intravvedere che è nel denaro e nella proprietà individuale che risiedono la causa e l’alimentazione del delitto. Ed è proprio a causa del falso diritto di possesso privato che l’uomo, ancora oggi, con tanta civiltà e progresso, continua imperterrito a rubare ed a uccidere.

Dal diritto civile si sa che la proprietà individuale è il diritto di possesso esclusivo ed assoluto, che alcuni privilegiati, detti proprietari, hanno sopra le cose, che dovrebbero appartenere a tutti, perché esse o sono un prodotto della natura, o un prodotto di tutti gli uomini che lavorano. La terra, per esempio, fu posta dalla natura a disposizione di tutti gli uomini, perché servisse ai bisogni di tutti, mentre alcuni, da tempo remoto, con la frode e con l’inganno cominciarono ad impossessarsene.

Fin da allora l’operaio e il bracciante si fecero, per loro buona fede o per noncuranza, volontariamente schiavi dei proprietari che rubarono un tanto al giorno sulle fatiche e aumentarono la loro ricchezza e la loro proprietà.

Appare chiaro che questa proprietà era ingiusta sin dal suo principio perché ebbe origine con la frode e la rapina, e andò crescendo per mezzo di furti continui che le leggi, amiche sempre dei ricchi, hanno sempre protetto e agevolato. Attraverso la storia si sa che i primi proprietari, infatti, furono ladri, predatori, masnadieri, che si ammantarono sotto il nome di conquistatori di popoli. Le storie antiche ci narrano di orrende carneficine commesse da popoli contro popoli per spogliarsi a vicenda dei propri beni. Ma tutti i bottini fatti se li divisero solamente i capi degli eserciti conquistatori e i governanti della nazione vittoriosa. Ai soldati, ai quali si faceva affrontare la morte sui campi di battaglia, non toccava mai nulla.

Questo fu, per sommi capi, il primo battesimo di diritto della proprietà privata; fu un battesimo infame che segnò col marchio del delitto le istituzioni borghesi attualmente dominanti. Cosicché se la storia non è fallace, i fatti dianzi esposti sono un assioma, e pertanto ai fini della conclusione, mi giova sottolineare che la classe borghese dominatrice oggi è costituita, in linea generale,

dalla fusione di quelle due classi che ieri si disputavano, in campo aperto e su tutti i fronti, il predominio del mondo: l’una con le crociate, le scomuniche, le persecuzioni e i roghi per affermare i principi spirituali in nome di un Dio che non si è mai visto e non si vede; l’altra per l’affermazione del dominio sui beni materiali. Ma sia i fini dell’una sia quelli dell’altra hanno avuto sempre un medesimo punto di convergenza: il dominio assoluto e la soppressione di ogni forma di libertà, il più grande e insostituibile bene naturale dell’uomo.

Nel documento GLI EXTRACOMUNITARI IN CARCERE (pagine 51-55)