Un elemento di particolare rilievo dal punto di vista lessicale nell’intervento di Alcibiade è dato dalla presenza di termini usati precedentemente da Nicia, che assumono una diversa connotazione semantica nel nuovo contesto. Si tratta di una modalità sulla quale mi pare opportuno fare una digressione andando alla sezione che descrive le atrocità della guerra civile che dilaniò Corcira262.
Il racconto di questi avvenimento è l’occasione per Tucidide per denunciare da un lato la disgregazione sociale e lo scadimento morale prodotto dalla guerra, dall’altra la strumentalizzazione dei valori civili in chiave propagandistica, a cui corrisponde la strumentalizzazione delle parole in funzione degli avvenimenti.
Kαὶ τὴν εἰωθυῖαν ἀξίωσιν τῶνὀνομάτων ἐς τὰ ἔργα ἀντήλλαξαν τῇ δικαιώσει. τόλμα μὲν γὰρ ἀλόγιστος ἀνδρεία φιλέταιρος ἐνομίσθη, μέλλησιςδὲπρομηθὴς δειλία εὐπρεπής, τὸ δὲ σῶφρον τοῦ ἀνάνδρουπρόσχημα, καὶ τὸ πρὸς ἅπανξυνετὸν ἐπὶ πᾶν ἀργόν· τὸ δ᾽ἐμπλήκτως ὀξὺ ἀνδρὸς μοίρᾳπροσετέθη, ἀσφαλείᾳ δὲ τὸἐπιβουλεύσασθαι ἀποτροπῆς πρόφασις εὔλογος (III, 82.4).
Il contenuto “lessicale” della riflessione tucididea fornisce la sponda di riflessione utile per capire la risemantizzazione delle parole nei diversi contesti, in particolare nel contraddittorio tra Nicia ed Alcibiade.
L’interpretazione di queste parole fornisce, a mio giudizio, una buona chiave di lettura. Del passo, tuttavia, non è stata data una traduzione univoca263 a causa della sua struttura definita criptica dai commentatori264.
Può essere utile pertanto mettere a confronto alcune traduzioni discutendone le scelte:
262 La trattazione della guerra civile di Corcira si legge in III, 70-85, ed è ripresa in IV, 46-48. I dissensi tra i ceti
benestanti, favorevoli alla rottura dell’alleanza con Atene, e il popolo, che premeva per il suo mantenimento, crearono l’occasione per l’intervento di Sparta e di Atene in appoggio alle fazioni in lotta durante il quarto anno di guerra (428/427 a. C.).
263 Si veda in particolare il contributo di Wilson (1982, pp. 18-20), il quale ragiona sulla corretta
interpretazione di questa frase, a partire proprio dal confronto tra le più autorevoli traduzioni che erano state proposte fino a quel momento.
264 Hanno rilevato la complessità del passo sia gli studi più moderni (in proposito si veda e. g. Hornblower,
1991, p. 478; Rhodes, 1994, p. 235) sia i commentatori del passato; lo stesso Dionigi di Alicarnasso, infatti, sottolinea l’oscurità del periodo (Thuc. 29-33). Lo stile di Thuc. III, 82-84 è stato spesso paragonato a quello dei discorsi che, come abbiamo visto, rappresentano il principale spazio in cui è possibile scorgere la “voce” di Tucidide (cfr. Rhodes 1994, p. 235).
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<< E l’usuale valore che le parole avevano in rapporto all’oggetto fu mutato a seconda della
sua stima>> (trad. Ferrari, Milano 2011)
<<Cambiarono a piacimento il significato consueto delle parole in rapporto ai fatti>> (trad. Canfora, Torino 1996)
<<On changea jusqu’au sens usual des mots par rapport aux actes, dans le justifications
qu’on donnait>> (trad. Weil, Paris 1967).
<<The ordinary acception of words in their relation to things was changed as men thought
in it>> (trad. Smith, London 1965)
Due sono, a mio parere, gli elementi da evidenziare: l’espressione ἐς τὰ ἔργα e il termine δικαιώσει.
- Per quel che riguarda l’espressione ἐς τὰ ἔργα, si è ipotizzato un valore attributivo o predicativo. Tucidide parla del valore che le parole hanno in rapporto ai fatti e che muta a causa della guerra (valore attributivo), oppure del valore che le parole assumono in rapporto ai fatti (valore predicativo)?
Le traduzioni di Ferrari e Smith privilegiano la prima interpretazione, mentre Weil predilige la seconda; attenta la proposta di Canfora, che sembra soddisfare entrambe le esigenze265. Personalmente concordo pienamente con la seconda interpretazione, anche per l’ordo
verborum che sembra suggerire un valore predicativo.
- Per quanto riguarda il termine δικαίωσις, come si evince dalle traduzioni che ho riportato sopra, il suo significato è stato reso in maniera diversa attraverso una parola o una perifrasi che rimanda comunque alla soggettività con cui gli uomini utilizzano gli ὀνόματα266. Pertanto ritengo che il senso da attribuire alla frase ἀντήλλαξαν τῇ δικαιώσει debba esprimere sostanzialmente la “discrezionalità” con la quale gli uomini alterano il significato delle parole in base al contesto:
265Anche i commenti si dividono sull’argomento: Hornblower (1991, p. 483) concorda con Ferrari e Smith
(“And they exchanged their usual verbal evaluations of actions for new ones, in the light of what they thought
justified”); Gomme (1945, p. 374), invece, afferma esplicitamente ἐς τὰ ἔργα goes surely with ἀντήλλαξαν ‘with a view to their actions’ not with τὴν ἀξίωσιν.
266Liddel-Scott-Jones (Oxford, 1996), che inseriscono tra le fonti Tucidide, traducono “a judgement of what
is right”, e per l’intera espressione ἀντήλλαξαν τῇ δικαιώσει, “altered at their will and pleasure”, il che
evidenzia fortemente la soggettività del singolo nel dare senso alle parole. Il Montanari suggerisce la traduzione “arbitrio”, parola che, tuttavia, viene utilizzata talvolta in un’accezione negativa, accezione che non appartiene certamente a questo passo.
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<<Mutarono in rapporto ai fatti il significato abituale delle parole, secondo la loro
discrezionalità.>>
Per quanto riguarda la parte restante del passo, si osserva una concreta esemplificazione del fatto che, nel contesto della guerra civile, la valutazione delle azioni cambia e, di conseguenza, cambia anche l’accezione delle parole usate per esprimerle: <<l’audacia
sconsiderata fu ritenuta coraggiosa lealtà verso i compagni, il prudente indugio viltà sotto una bella apparenza, la moderazione schermo alla codardia, e l’intelligenza di fronte alla complessità del reale inerzia di fronte ad ogni stimolo; l’impeto frenetico fu attribuito a carattere virile, il riflettere con attenzione fu visto come un sottile pretesto per tirarsi indietro>> (Trad. Canfora, 1996)267.
La riflessione di Tucidide all’inizio di III, 82.4 risulta così molto significativa nella direzione del processo di “risemantizzazione” delle parole sulla base dei fatti di cui sono espressione. Tutto ciò rappresenta, a mio giudizio, una utile chiave di lettura per capire il senso delle parole che Tucidide “presta” ai protagonisti del contraddittorio del VI libro. Nicia ed Alcibiade infatti utilizzano talvolta la stessa parola, ma con sfumature semantiche anche molto differenti, funzionali alla proposta strategica che avanzano.
Se in III, 82.4 il contesto è quello della guerra civile, in cui il contrasto è polare e la diversità di opinioni disegna una opposizione, in VI, 9-18 il contrasto si consuma nel confronto tra due diverse posizioni politico-strategiche.
267 La nostra analisi di III, 82.4 si limita a sottolineare gli aspetti funzionali allo studio del lessico che siamo in
procinto di intraprendere. Per una trattazione più approfondita del passo, che tenga conto delle considerazioni avanzate dagli studiosi circa l’interpretazione di questi periodi, si rimanda a Macleod, 1979, pp. 52-68; Hogan, 1980, pp. 139-149; Worthinghton, 1982, p.124; Loraux, 1986, pp. 95-134; Swain, 1993, pp. 33-45.
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2.4. Il discorso di Alcibiade (VI, 16-18)
268La struttura del λόγος di Alcibiade si articola in questo modo:
- prima parte: Alcibiade si difende dalle accuse di Nicia (VI, 16.1-VI, 17.1);
- seconda parte: motivazioni che inducono alla spedizione in Sicilia attraverso l’analisi
politica e militare della situazione in Sicilia (VI, 17.2-VI, 17.6) e in Grecia (VI, 17.7- VI, 18.5).
- terza parte: appello all’assemblea affinché deliberi a favore della spedizione (VI, 18.6- VI, 18.7).
268Alcibiade sarà protagonista di un solo altro discorso diretto, ovvero quello pronunciato per convincere
l’assemblea spartana all’offensiva contro la potenza ateniese (VI, 89-92). Numerosi sono invece i λόγοι di tipo indiretto che vedono protagonista questo personaggio (cfr. VI, 48; VIII, 12; VIII, 14.2; VIII, 45.2-3; VIII, 45.4-6; VIII, 46; VIII, 52; VIII, 56.4; VIII, 86.6-7; VIII, 108.1).
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