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Uno sguardo contemporaneo sulla compassione

In questo capitolo vorrei analizzare una proposta contemporanea riguardante la compassione, quella di Martha Nussbaum. Comincerò tracciando un quadro generale della sua teoria delle emozioni, mettendone in luce il legame con il pensiero aristotelico e con i suoi tratti salienti, tratti che hanno plasmato il modo in cui Nussbaum si accosta alle domande filosofiche fondamentali. In particolare mi concentrerò dapprima sulla sua interpretazione del ruolo delle facoltà cognitive e della phantasia in Aristotele; in un secondo momento analizzerò la sua posizione sul ruolo della tragedia e delle emozioni tragiche, soffermandomi sul concetto di esperienza che Nussbaum utilizza per interpretare la funzione della tragedia. Infine analizzerò la definizione di compassione data da Nussbaum, le differenze fra questa e la definizione della Retorica, e il ruolo che le conferisce. Vedremo che Nussbaum tenta di inserire la risposta emotiva compassionevole in un quadro più ampio di educazione emotiva e di utilizzare la compassione come emozione “civile”. I presupposti di questa operazione sono la facoltà immaginativa e l’esperienza, due concetti che Nussbaum elabora a partire dal pensiero di Aristotele, ma che poi sviluppa in modo differente, divergendo sensibilmente da lui nelle conclusioni. Il mio scopo è mostrare come, dati dei comuni presupposti cognitivisti – quelli che Nussbaum ritrova in Aristotele –, da un medesimo nucleo concettuale Nussbaum concepisca la compassione in maniera sensibilmente diversa da Aristotele; vorrei inoltre sostenere che ella va in contro ad alcune incongruenze nel tentativo di ampliarne la portata e l’utilizzo.

Il neoaristotelismo di Martha Nussbaum

Nel corso dell’analisi condotta nei primi capitoli abbiamo visto come numerose interpretazioni riconoscano nel pensiero di Aristotele un ruolo importante delle passioni e una concezione complessa delle emozioni. Diverse posizioni assegnano un ruolo cognitivo alle emozioni sulla base dell’analisi delle opere etiche, della Retorica e della Poetica. Una posizione molto produttiva in questo ambito è quella di Martha Nussbaum, che prende avvio dal pensiero aristotelico per svilupparne le intuizioni e l’approccio etico adattandolo alla contemporaneità: non solo al panorama filosofico contemporaneo, ma anche alle richieste poste da un mondo in cui la società, l’economia e la cultura hanno subito mutamenti profondi rispetto ai tempi di Aristotele. Emerge dall’opera di Nussbaum la convinzione che il pensiero aristotelico, nonostante la distanza temporale che lo separa da noi, abbia ancora moltissimo da offrire oggi, quando così urgente è un ripensamento generale del sistema socio economico in cui viviamo e

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della condizione umana in generale. Uno dei filoni di ricerca approfondito da Nussbaum è quello specifico delle emozioni: ella rileva già in Aristotele le premesse di una teoria cognitiva delle emozioni, che porterà a compimento poi rielaborando quella stoica. Potremmo dire che, per quanto Nussbaum definisca il proprio pensiero e la propria proposta etica neo aristotelici, la sua teoria delle emozioni è invece, secondo le sue parole261, neo stoica, poiché abbraccia l’interpretazione stoica delle emozioni, interamente cognitiva, per ritornare poi aristotelica nelle conclusioni che ne trae. Semplificando, potremmo dire che il contenuto della teoria delle emozioni di Nussbaum è stoico, ma l’uso che ne fa è piuttosto aristotelico.

Uno dei focus di interesse di Nussbaum è la teoria etica e la possibilità del teorizzare in etica. La sua lettura di Aristotele prende dunque avvio dalle sue considerazioni sul ragionamento pratico, che è detto per definizione non scientifico, ed è incentrata sul concetto di incommensurabilità che deriva dalla constatazione della pluralità del valore262. Nussbaum sostiene263 che Aristotele abbia sferrato un vero e proprio attacco alle tre dimensioni

fondamentali delle dottrine della concezione scientifica della razionalità: la pretesa che tutti i valori siano commensurabili; la priorità del giudizio universale su quello particolare; l’eliminazione delle passioni e dell’immaginazione quali elementi che possano contribuire alla scelta razionale. L’interesse di Nussbaum per la proposta aristotelica risiede invece nel suo essere diretta alla pluralità dei beni umani nel mondo e dunque alla pluralità di un valore che per lo meno viene declinato in modi diversi a seconda degli individui: non solo, cioè, esistono valori diversi, ma anche lo stesso valore può essere specificato in modi diversi in base alle preferenze, alle caratteristiche e peculiarità dei singoli264. Nussbaum sostiene che, lungi dall’essere irrazionale, una teoria che rifiuta la misurazione scientifica secondo un’unica unità di misura è pienamente razionale, poiché riconosce il dato di fatto che difficilmente nella vita siamo di fronte a scelte che permettano di selezionare l’opzione migliore – in termini di massimizzazione degli effetti ricercati – senza dover scendere ad alcun compromesso o senza alcuna perdita, come se un’unica unità di misura fosse disponibile per stabilire la classifica delle proprie preferenze, in base alla quale orientarsi, attraverso un calcolo il cui output è la scelta

261 Cf. M. C. Nussbaum, Introduzione a L’intelligenza delle emozioni, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2004

(edizione originale: Upheavals of Thought. The Intelligence of Emotions, Cambridge, Cambridge University Press, 2001); Introduzione all’edizione italiana di La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2011 (edizione originale: The Fragility of Goodness. Luck and Ethics in Greek Tragedy and Philosophy, Cambridge University Press, Cambridge, 1986).

262 Cf. EN I, 3, 1 1094b 11 e segg., VI, 8, 1142a24 e segg.

263 Cf. M. C. Nussbaum, An Aristotelian Conception of Rationality, in Love’s Knowledge. Essays on Philosophy

and Literature, Oxford University Press, New York-Oxford, 1990, pp. 54-105; The Fragility of Goodness, op. cit.

264 Cf. M. C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, op. cit., pp. 71-73, dove annota che “la visione

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pienamente desiderabile. A Nussbaum preme sottolineare che la realtà non è sempre così addomesticabile per l’uomo, il quale spesso deve fronteggiare il rimpianto in conseguenza delle proprie scelte imperfette, e che la teoria etica di Aristotele è quella che meglio descrive questo aspetto della vita etica umana, pur senza rinunciare alla teorizzazione in etica: in altre parole, mancanza di scientificità non implica irrazionalità. Dovremmo piuttosto, forse, abbandonare un concetto di razionalità erroneo o fuorviante, che non si attaglia a tutti gli ambiti in cui effettivamente, ma in modi diversi, entra in gioco la ragione umana. Vi sono dunque due modelli contrapposti di scelta: quella scientifica, che è l’output di un calcolo basato su preferenze quantitative, e quella aristotelica, che, come abbiamo visto, è il frutto di una deliberazione razionale in accordo con il desiderio e sulla base della hexis acquisita:

a quality-based selection among goods that are plural and heterogeneous, each being chosen for its own distinctive value.265

Non esiste, secondo Aristotele, un unico valore condiviso da tutto ciò che noi stimiamo tale; nessun elemento comune che possa essere in ultimo identificato come “vero bene”, come unità di misura per tutto ciò che esiste, in una scala di valore che è una scala di grado in cui l’elemento superiore è distinto dall’inferiore soltanto in quanto contiene una maggior quantità di bene. Ecco la domanda fondamentale cui si deve rispondere, per Nussbaum:

First, how can non-metric choice really be rational? If in choosing between A and B I do not choose so as to maximize one single item, and do not even compare the two in terms of a single item, then how on earth can I rationally compare the diverse alternatives? Isn’t choice without a common measure simply arbitrary, or guesswork? Second, suppose that Aristotle has correctly described the way in which most people do in fact make choices, seeing their values as plural and incommensurable. Why should we think this a particularly good way to choose? […] the really rational way to choose, says Aristotle with great plausibility, is to reflect on and acknowledge the special contribution of each item and to make the understanding of that heterogeneity a central part of the subject matter of deliberation.266

Nussbaum contrappone le posizioni aristoteliche a quelle utilitariste e neo utilitariste, sviluppando in molti fra i suoi ultimi lavori267 argomentazioni contro la tesi dell’uguaglianza fra preferenze e valore: mentre le posizioni in vario modo utilitariste si preoccupano di massimizzare i risultati ed eleggono le preferenze indicatori di ciò che deve essere perseguito e quindi del valore – utilizzo il singolare per sottolinearne l’omogeneità e quindi il suo essere

265 M. C. Nussbaum, An Aristotelian Conception of Rationality, op. cit., p. 57. 266 Ivi, p. 59-60.

267 M. C. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, Il Mulino, Bologna, 2001 (edizione

originale: Women and Human Developement. The Capabilities Approach, Cambridge University Press, 2000); Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, Il Mulino, Bologna, 2002; Capacità personale e democrazia sociale, Diabasis, Reggio Emilia, 2003; Le nuove frontiere della giustizia, Il Mulino, 2007 (edizione originale: Frontiers of Justice. Disabilities, Nationalities, Species Membership, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Mass.-London, 2006); Giustizia e aiuto materiale, Il Mulino, Bologna, 2008 (edizione originale Duties of Justice, Duties of Material Aid. Cicero’s Problematic Legacy, in «Journal of Political Philosophy», 8, 2000, pp. 176-206, Blackwell Publishing).

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sostituibile –, Nussbaum sostiene la necessità di analizzare le preferenze alla luce di ragionamenti razionali che tengano conto del contesto che le ha prodotte268, per evidenziare da un lato il bisogno costante di razionalità, dall’altro come tale razionalità non sia ridotta ad una funzione di calcolo del risultato, ma come piuttosto essa abbia il compito di ricercare una soluzione alla luce del valore e dei valori, tenendo conto del desiderio e di come esso influenzi le stesse preferenze. Secondo Nussbaum, infatti, nella teoria delle “ordered preferences”269 la preferibilità di un’alternativa particolare è data dal suo posizionamento in una graduatoria di preferenze viste come commensurabili fra loro; di conseguenza la soluzione al dilemma della scelta è unica e certa, vi sarà sempre un’opzione che otterrà un “punteggio” maggiore; la possibilità del conflitto è esclusa dal fatto che in quest’ottica le opzioni irrealizzabili non sono in realtà vere e proprie opzioni: in quanto irrealizzabili diventano automaticamente irrilevanti. Non così per Aristotele. Scrive Nussbaum:

Aristotelianism fosters attention to the ways in which the world can impede our efforts to act well; it indicates that caring about many things will open us to the risk of these terrible situations. It asks us, people committed to goodness, to notice it, when none of our options is good. It encourages us to develop appropriate ways of thinking and feeling about these possibilities, telling us that all this is a part of living well for a human being.270

Nussbaum fa quindi riferimento alla necessità di avere una razionalità pubblica che non tralasci di concentrarsi singolarmente sui problemi, senza risolverli placidamente quasi fossero mere questioni di calcolo, e che metta in campo una serie di “abilità pratiche” di lettura, interpretazione e risposta alla realtà che sono richieste all’interno del consesso umano. Ciò dipende da un’altra caratteristica fondamentale dell’ambito pratico, peculiarità che giustifica la tesi di Aristotele che la deliberazione pratica non sia scientifica: la mutevolezza delle vicende umane e dei casi pratici. L’ambito della praxis è quello dell’instabilità, del mutamento, dell’indeterminatezza e dell’incompiutezza271. Da queste caratteristiche discende non

l’impossibilità della teorizzazione in etica, bensì quella di rendere scientifico il ragionamento pratico e di fare appello ad una razionalità “scientifica” per prendere decisioni. È per questo che Aristotele insiste nel sostenere che saggezza e sapienza sono stati differenti; la saggezza è

268 Molti i riferimenti in Nussbaum a ricerche condotte in India sulla popolazione femminile: la mancanza di

educazione e di consapevolezza di sé che ne consegue, unita all’abitudinarietà di una condizione sociale che viene percepita come l’unica possibile, fanno sì che le donne non percepiscano la propria condizione come ingiusta, dolorosa, carente, sotto alcun punto di vista – neppure quello legato alla percezione del dolore e della condizione corporea – e che esse non sviluppino il desiderio di migliorarla, né tantomeno desideri ulteriori. Il fatto che, però, una donna che vive in condizioni di estrema povertà e discriminazione non le percepisca tali ci autorizza forse ad accettare ciecamente l’ordine delle sue preferenze, senza soppesarle da un punto di vista qualitativo?

269 M. C. Nussbaum, An Aristotelian Conception of Rationality, op. cit., pp. 63-64. 270 Ivi, pp. 64-65.

271 Cf. la descrizione dell’agire umano pratico in H. Arendt, Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano,

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lo stato eccellente della razionalità pratica ed è interamente rivolta al produrre deliberazioni corrette ed appropriate, così come la persona veramente virtuosa e saggia farebbe. Lo standard cui Aristotele si rifà è il contraltare di ciò che comunemente definiremmo standard: è definito in maniera circolare e senza il riferimento ad alcun carattere generale, e l’appropriatezza è valutata non guardando a norme generali, bensì proprio al particolare. Nussbaum riflette sulla contrapposizione fra generalità ed universalità, essendo la prima incompatibile e la seconda compatibile con il concreto, per spiegare come a sua volta la deliberazione aristotelica sia compatibile con principi universali, ma sia allo stesso tempo contraria alla generalità, poiché quest’ultima non tiene conto del particolare. I sistemi normativi, secondo Aristotele272, sono

inadeguati all’ambito della praxis poiché non sono in grado di cogliere l’unicità del particolare, che sfugge alle generalizzazioni e difficilmente può essere pacificamente sussunto a norme le quali, proprio in quanto generali, sono dispersive: molta della peculiarità del caso particolare va perduta nel vano tentativo di adattarlo a norme che si vorrebbero applicare meccanicamente, nella convinzione che sia la norma stessa a stabilire i criteri di giudizio, e non piuttosto il particolare a sollevare pretese. A questo proposito scrive Nussbaum:

Principles are authoritative only insofar as they are correct; but they are correct only insofar as they do not err with regard to the particulars. And it is not possible for a formulation intended to cover many different particulars to achieve a high degree of correctness.273

Infatti la correttezza nell’ambito del particolare dipende solamente della capacità di discernimento:

È ragionevole che tutti questi stati abituali tendano alla stessa cosa, infatti parliamo di considerazione, senno, saggezza e intelletto riferendo alle stesse persone il possedere senno e intelletto come pure l’essere saggi o assennati. Tutte queste capacità riguardano gli estremi e i casi particolari: l’essere assennato, ragionevole o comprensivo consiste nel dare giudizi su ciò rispetto a cui è saggio il saggio, dato che le azioni corrette sono proprie di tutti i buoni nei loro rapporti col prossimo.274

Non è facile determinare con il ragionamento fino a che punto e in qual misura è degno di biasimo, come non lo è nessun altra delle cose sensibili: esse rientrano nei casi singoli, e il giudizio spetta alla sensazione.275

Certo l’uomo eccellente si distingue soprattutto per il fatto di vedere il vero nei singoli casi, ed essere come un canone e un’unità di misura.276

La tesi di Nussbaum277 è che Aristotele concepisca la saggezza pratica come la capacità di percepire e riconoscere il particolare in tutta la sua mutevolezza ed instabilità, consentendoci di arricchire il nostro mondo di valori molteplici e differenti, ma esponendoci anche al rischio

272 Cf. EN V, 1137b13 e segg.

273 M. C. Nussbaum, An Aristotelian Conception of Rationality, op. cit., p. 69. 274 EN VI, 12, 1143a24-32.

275 EN II, 9, 1109b22. 276 EN III, 1113a31-33.

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dell’instabilità, rischio al quale le leggi ed i vari tentativi di rendere commensurabile il valore vorrebbero ovviare. In questo quadro, Nussbaum sostiene allora che “the rule or algorithm represents a falling off from full practical rationality, not its flourishing or completion”278. Mentre:

Practical insight is like perceiving in the sense that it is non-inferential, non-deductive; it is, centrally, the ability to recognize, acknowledge, respond to, pick out certain salient features of a complex situation. And just as the theoretical nous comes only out of a long experience with first principles and a sense, gained gradually and through experience, of the fundamental role played by these principles in discourse and explanation, so too practical perception, which Aristotle also calls nous, is gained only through a long process of living and choosing that develops the agent’s resourcefulness and responsiveness.279

La saggezza è uno stato abituale della ragione280. Come tale, non si tratta di un’abilità

totalmente libera da principi e sregolata, bensì di una hexis in cui la ragione si trova rispetto alla deliberazione dei mezzi più adeguati per realizzare i fini posti dalla boulesis, il desiderio della ragione281. In questo processo non è l’istintività a dominare la scelta, bensì la disposizione più

o meno virtuosa del soggetto. La persona saggia dunque tiene a molti principi e rispetta molti doveri, che le derivano dalla virtù, la quale a sua volta è frutto di educazione, abitudine e correttezza del desiderio. C’è pur sempre una normatività. La differenza fra la normatività dei fini del saggio e quella delle norme è che queste ultime si vorrebbe valessero in senso assoluto, come se l’autorità discendesse da esse, mentre in Aristotele è il particolare ad essere normativo, e le regole soltanto delle linee guida282. La realtà non è uno spazio in cui applicare indistintamente norme etiche che si stabilisce debbano valere sempre e per tutti i casi, bensì il contrario: per ogni caso particolare si può sussumerne le caratteristiche ad un principio universale – che valga in tutti i casi di quel tipo – in base al quale riconosciamo il caso particolare come facente parte di un insieme; ed è il “banco di prova” del particolare a determinare la validità di una norma. Difficilmente la regola formulata potrà aspirare ad una validità assoluta, proprio a causa della sfuggevolezza del particolare; il ruolo del sistema normativo etico è ridotto quindi a sostegno dell’atto deliberativo per coloro che non hanno acquisito la virtù ed hanno quindi bisogno di essere indirizzati nella scelta seguendo il modello della persona saggia: ciò che la persona virtuosa farebbe in questo caso è ciò che è meglio fare. L’aiuto consiste nell’identificare la situazione e determinare l’azione in base a ciò che è più opportuno fare per realizzare in questo caso particolare i fini posti dalla boulesis. Quindi la

278 M. C. Nussbaum, An Aristotelian Conception of Rationality, op. cit., p. 73. 279 M. C. Nussbaum, The Fragility of Goodness, op. cit., p. 305.

280 EN VI, 1140b4-6, 19-21. 281 Cf. EN VI, 2.

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normatività è quella del desiderio e dei fini da lui posti, mentre l’elasticità è propria della saggezza come percezione del particolare: il fine è ciò a cui si mira, non una struttura normativa da applicare sulla materia sensibile, ed anche i mezzi non sono fissi, perché non possono essere dedotti dal fine stabilmente, una volta per tutte: i mezzi che condurranno alla realizzazione del fine non possono essere formulati come regola comportamentale poiché essi dipendono dalle circostanze, la cui mutevolezza offre infiniti modi di realizzare i fini, ma allo stesso tempo anche infinite occasioni di fallimento. Non sta infatti nel fine la proprietà di valere per tutti i casi, sono piuttosto i casi ad essere occasioni283 per realizzare i fini tenuti in vista dalla ragione. Qui origina la necessità di sviluppare la capacità di lettura del particolare sulla quale si fonda la capacità di scelta eccellente che definisce la saggezza. Questo è il fulcro attorno al quale Nussbaum costruisce l’opposizione fra teoria aristotelica e teorie che aspirano a costruire una techne della deliberazione e della scelta pratica284. Mentre la tecnica deliberativa aspira ad essere scevra da qualsiasi influenza esterna al calcolo razionale che soppesa mezzi in relazione a regole date, la scelta virtuosa che Aristotele definisce come momento culminante della deliberazione285 assomma in sé elementi del carattere e della sensibilità che confondono la

limpidezza delle deduzioni scientifiche. Lungi dall’essere elementi di disturbo, però, essi sono doppiamente costituenti della scelta virtuosa: da un primo punto di vista, lo sono in senso “fisiologico”, in quanto caratteristiche ineliminabili dell’essere umano, che non è una

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