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JEANNE DES ANGES NEI SUOI SCRITT

3.5 L'UNZIONE DELLA CAMICIA

Ma torniamo al gennaio del 1637.

Dopo nove giorni di malattia, Jeanne si riprende. Dopo qualche giorno (è il 25 gennaio), Padre Ressès, nonostante la situazione fisica di Jeanne non sia delle migliori, la incita a prendere la sua croce e a sottoporsi ad nuovo esorcismo: questa volta ancora più pesante del precedente. Jeanne sputa sangue, vomita, si aggrava e le ritorna la febbre alta. Il 28 gennaio il suo angelo custode le compare, toccandole la mano sinistra dove porta segnati i nomi di Maria e Giuseppe, che furono rinnovati in modo meraviglioso (p. 161). Sente anche una voce interiore mi fece intendere che Dio permetteva che ancora fossi in uno stato più che periglioso al fine di far vedere la sua potenza salvandomi dal pericolo della morte (p 162). Jeanne fa chiamare Padre Baticle, uno degli esorcisti, e gli dice, riferendosi al diniego riguardo al pellegrinaggio sulla tomba di Francesco di Sales che gli uomini mi condannano alla morte (p 162). È certamente malata, la gravità del suo stato è accertata dal già citato dottor Fanton, ma ciononostante la Belcier non perde terreno rispetto alle richieste del suo demone. Il 7 febbraio 1637 le danno su sua richiesta l'estrema unzione l'extremoction. Le appaiono San Giuseppe e il suo angelo custode - di una rara bellezza, in forma di un giovane uomo dell'età di 18 anni circa: aveva una capigliatura bionda, lunga e brillante … quest'angelo aveva una veste bianca come neve, e teneva in mano un cero bianco molto grande molto grosso e molto luminoso (pp 164-165). A detta delle memorie di Surin, Jeanne successivamente avrebbe indicato quest'angelo come somigliante a François de Vendôme duca di Beaufort giovinetto diciottenne all'epoca molto famoso per la propria bellezza e al centro delle attenzioni di tutte le dame di Francia. Le appare anche San Giuseppe: la sfiora sul costato dalla parte dolorante, lasciandovi poche gocce di un balsamo profumato che le impregna la camicia. Jeanne si salva.

La camicia miracolosa inizia ad essere trattata come una reliquia: la moglie di Laubardement sarà fra i primi beneficiari dell'oggetto: viene salvata da un parto tragico, in cui il feto muore ma lei sopravvive. Ecco cosa asserisce Jeanne nelle sue memorie a tal proposito: la camicia viene

applicata sulla malata, la quale in poco venne liberata dal bimbo morto che, secondo il giudizio dei medici, era deceduto da 7 o 8 gorni. Si aveva soggetto di credere che avrebbe fatto morire la madre, di sorta che si attribuì la guarigone a questa reliquia. Dio operò diversi miracoli per mezzo di questa reliquia di cui si potrebbe fare un libro ma sarebbe una digressione troppo lunga (f. 167)

Successivamente è la regina a chiederne l'aiuto, in occasione del parto del suo primogenito, il futuro re Luigi XIV.

Ressès continua ad esorcizzare la superiora ma con scarsi risultati: Béhémoth non cede dalla propria posizione, continua a dire che uscirà sulla tomba di Francesco di Sales dandone come prova un nome sacro inciso sulla mano sinistra. Siamo a marzo e le richieste del demone aumentano: dice che non lascerà il corpo della donna se non per mano di padre Surin. I superiori concedono alla suora di poter effettuare un viaggio fino ad Annency alla tomba di Francesco di Sales ma accettano che Surin si aggreghi alla processione solo all'ultima tappa di Lyon. La donna invece insiste che Surin debba ritornare a Loudun per fare assieme a lei il voto per il pellegrinaggio. L'opposizione dei superiori è forte ma, come già in passato, Jeanne des Anges riesce ad ottenere quello che si è prefissata: una dispensa del superiore generale dei Gesuiti permette a Surin di riprendere gli

esorcismi a Loudun. Il superiore generale in realtà è irritato ed esasperato dalla situazione: scrive a Jacquinot di vedere di pessimo occhio il favorire, da parte degli esorcisti, le manisfestazioni di devozione popolare nei confronti dell'orsolina – come il baciarne la mano, toccarne gli abiti – aspetti che hanno quasi più in comune con la superstizione pagana che con la vera fede cristiana. L'uso delle parole è interessante e mostra come il superiore non sia affatto convinto che si tratti di vere e proprie emanazioni celesti: usa il condizionale “avrebbe inciso”, “un unguento attribuito a San Giuseppe”, “le distribuiscono come autentiche reliquie” tutti termini che tradiscono un aperto scetticismo sulle asserzioni della donna. Per finire, afferma che “esse sono la fonte di molti mali”. Il superiore generale concede che Surin torni, ma a patto che gli esorcismi avvengano in privato; inoltre avanza chiari dubbi sul fatto che i diavoli si contraddicano e su “qualche nuovo progetto” della madre orsolina. Raccomanda al proprio sottoposto di imporre la massima obbedienza e di vigilare sul fatto che l'affaire venga concluso il più rapidamente possibile.

Jeanne è riuscita a manipolare persino le alte sfere: le sue richieste vengono ascoltate.

Il voto viene fatto dalla Belcier e Surin nella nostra cappella in presenza del Santo Sacramento (f. 171): la descrizione sembra quella di una cerimonia matrimoniale, con i due religiosi inginocchiati innanzi all'altare, fianco a fianco. È il 17 settembre 1637.

La primavera dell'anno successivo, dopo il lungo viaggio che conduce Jeanne in tour per la Francia al fine di esibire i sacri nomi, si riuniscono ad Annency, sulla tomba di Francesco de la Salle adempiendo al voto. Sarà l'ultima volta che si vedranno.

CAPITOLO 4