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UTILIZZO DEI NUTRACEUTICI NEL TRATTAMENTO DELLE MALATTIA

Oggi i composti naturali e le sostanze supplementari sono oramai diventati una valida alternativa, guadagnando sempre più interesse tra la popolazione, al fine di trattare le malattie neurodegenerative.

La ricerca, attraverso prove sempre più numerose ha dimostrato come alcune sostanze alimentari come, i polifenoli e composti endogeni abbiano rilevato effetti positivi sia a livello dei vari meccanismi ossidativi ed infiammatori correlati alle patologie

neurodegenerative, essendo in grado di contrastare le anomalie metaboliche associate ad essi.

LA SUPPLEMENTAZIONE PRECOCE DI MELATONINA ALLEVIA LO

STRESS OSSIDATIVO IN UN MODELLO ANIMALE TRANSGENICO

MURINO AFFETTO DA MORBO DI ALZHEIMER.

Figura 18: Struttura della melatonina [37]

La melatonina, N-acetil-5-metossitriptamina Figura 18Figura 18, è un neuro-ormone prodotto dalla ghiandola pineale, la quale agisce come molecola regolatrice nella maggior parte dei tessuti, influenzando il ritmo circadiano (sonno-veglia). Di recente, è stato dimostrato come essa possa esercitare molteplici attività sull’organismo quali: potente attività anti-ossidante e “spazzino” di radicali liberi, inoltre vista la localizzazione nucleare del suo recettore, esso può suggerire le sue potenziali azioni sul genoma umano.

Il livello di melatonina negli individui tende ad aumentare dalla nascita fino al

raggiungimento di un picco massico alla pubertà. Mentre nelle persone di mezza età e negli individui anziani, si può riscontrare una diminuita concentrazione del neurormone, dovuta ad una ridotta sintesi e un’aumentata escrezione urinaria.

La diminuzione nella produzione di melatonina soprattutto negli individui più anziani, è causata dal fatto che la ghiandola pineale subisca una riduzione funzionale, molto probabilmente dovuta ad una disfunzione del nucleo soprachiasmatico (SCN), perciò i livelli diminuiti di melatonina e l’alterato ciclo circadiano potrebbero contribuire all’invecchiamento.

La funzionale versatilità di questa molecola naturale ubiquitariamente espressa nell’organismo permette di regolare numerosi aspetti funzionali sia biologici che fisiologici, ed il suo conseguente declino altera le funzioni biologiche e fisiologiche correlate.

Infatti la molecola, essendo liposolubile, tende ad oltrepassare velocemente le barriere morfo-fisiologiche, raggiungendo ogni singolo organello citoplasmatico. Quindi una diminuita concentrazione plasmatica potrebbe essere considerata come un fattore significante nel contribuire all’insorgenza dei processi patologici neurodegenerativi correlati all’età, suggerendo come esso sia uno delle principali ragioni nello sviluppo della malattia di AD.

All’interno del liquido cefalo-rachidiano (CFS), una riduzione della concentrazione di melatonina determina un’accentuata progressione della neuropatologia di Alzheimer

(AD), dato che le cellule cerebrali sono rese molto più vulnerabili allo stress ossidativo. Quest’ultimo è stato osservato essere molto più severo nei cervelli affetti da AD.

Oltre ad avere proprietà antiossidanti, la melatonina dimostra inoltre di avere proprietà anti-amiloidogeniche, per la quale essa è considerata come un potenziale e promettente candidato nel trattamento della malattia.

Un interessante fatto, che riguarda il percorso circadiano nella produzione di Aβ, è che i livelli di Aβ, secondo le informazioni ricevute, aumentino durante lo stato di veglia mentre si riducono durante il sonno, dimostrando come il ciclo amiloideo sia dipendente dal ritmo circadiano. [38]

Inoltre la supplementazione della melatonina aiuta a contrastare i disordini del sonno associati alla malattia, prevendo il danneggiamento cognitivo e memonico nei pazienti affetti da AD. [38]

La melatonina, è stata utilizzata in clinica per molti anni, ed è ben tollerata e sicura. Dosi giornaliere di melatonina sono state esaminate per indurre il sonno e presentano dosaggi compresi da 0,1 a 1000 mg. Tutti i dosaggi sono riferiti a una somministrazione a breve termine.

La melatonina mostra un'importante proprietà antiossidante basata sulla sua capacità di funzionare come “spazzino” dei radicali liberi.

In particolare, rispetto agli antiossidanti convenzionali, la melatonina può attraversare rapidamente la barriera emato-encefalica(BEE) a seguito dell’assorbimento sistemico, permettendole di raggiugere direttamente il compartimento neuronale.

Inizialmente, avvalendosi della permeabilità della molecola attraverso la BEE, essa è stata somministrata come una terapia preventiva sia a lungo che a breve termine. Perciò basandosi sia su dati attuali che precedentemente raccolti, essa risulta essere più utilizzabile come terapia complementare e alternativa.

Nello studio è stata maggiormente analizzata l’attività antiossidante della molecola, ipotizzando come il danno ossidativo sia effettivamente fondamentale nella patogenesi della malattia o sia il risultato di una malattia associata alla patologia.

Infatti diverse analisi hanno dimostrato come lo stress ossidativo sia il maggior responsabile della disfunzione delle cellule neuronali, contribuendo in tal modo alla patogenesi della malattia.

In particolare, il danno maggiormente correlabile alla neurodegenerazione è imputabile all’azione dei radicali liberi nei confronti dei lipidi cerebrali, carboidrati, proteine e DNA. Nel cervello affetto dalla patologia prelevato post-mortem, sottoposto ad autopsia, è stato evidenziato un aumento della perossidazione lipidica, una diminuzione degli acidi grassi polinsaturi (PUFAs) ed un aumento di 4-idrossinonale (HNE), un prodotto

neurotossico aldeidico derivante dall’ossidazione di PUFAs.

In aggiunta, si è ulteriormente riscontrato sia un’aumentata ossidazione della proteina che un marcato declino degli enzimi ossidativi-sensibili, come la glutammina sintetasi e la creatinina chinasi e anche una aumentata ossidazione del DNA, in particolare dell'8- idrossi-2’-deossiguanosina (8-OHdG).

I marcatori della perossidazione lipidica (HNE, isoprostani) e il DNA (8-OHdG) sono stati aumentati nel liquido cerebrospinale (CFS) in AD.

Quindi il trattamento con antiossidanti sembra essere un’alternativa valida nel rallentare la progressione della malattia, nella quale il danno ossidativo potrebbe essere

responsabile sia del declino cognitivo che funzionale del paziente.

Il recente sviluppo di modelli di topo transgenico di AD ha permesso sperimentazioni più dettagliate nei confronti dello stress ossidativo e di formulare opportune ipotesi di Aβ nella patogenesi della malattia.

Tuttavia trovare un modello in vivo ideale risulta essere alquanto difficile, dato che i fattori coinvolti nella patogenesi sono molteplici. Infatti i modelli di topi transgenici erano in grado di riprodurre solo in parte, alcune delle caratteristiche neuropatologiche tipiche di AD, anche se è stato considerato come modello per le valutazioni in vivo.

Le indagini attualmente disponibili, condotte su diverse linee di modello di topo transgenico di AD, hanno indicato come la neurodegenerazione sia imputabile ad un medesimo tipo di danno ossidativo, ovvero direttamente correlabile alla presenza di depositi di β-amiloide (Aβ).

I risultati ottenuti in vivo hanno suggerito come l'apoptosi neuronale fosse coinvolta nei deficit d’apprendimento e memoria nei topi transgenici e come la somministrazione di melatonina prevenisse l'apoptosi, dato che il neurormone protegge le cellule PC12 e dell’astroglioma C6 dall’apoptosi indotta da β-amiloide (Aβ), riducendo l’espressione dei fattori pro-apoptotici.

I mediatori pro-apoptotici predominanti sono il β-Amiloide e lo stress ossidativo.

ad esempio: la condensazione nucleare e la frammentazione, che è stata molto difficile da identificare nei cervelli AD.

Inoltre si è ipotizzato che i cervelli dei topi transgenici affetti dalla malattia dovessero avere un aumento relativo agli indici di stress ossidativo e come questi livelli potrebbero essere eliminati o almeno ridotti dalla somministrazione della melatonina.

Studi effettuati su animali Tg2576 ovvero topi transgenici affetti da AD, i quali sono caratterizzati da una iperespressione di APP695 contenente “la mutazione svedese", hanno rilevato come un’elevata perossidazione si sia verificata diversi mesi prima del rintracciabile accumulo di Aβ e della formazione della placca amiloide.

Quando ai topi Tg2576 è stata somministrata della vitamina E in giovane età, si è verificata una significativa riduzione dei livelli di Aβ con conseguente diminuzione della deposizione di amiloide.

Al contrario ai topi più anziani, ai quali è stata somministrata una dieta addizionata con vitamina E, non hanno mostrato alcun cambiamento significativo nei livelli di entrambi i marcatori in confronto al placebo. Perciò è stato dedotto che la terapia antiossidante potrebbe essere utile solo se somministrata durante le fasi iniziali del processo patologico.

Pappolla et al, [38] hanno dimostrato come le proprietà neuroprotettive della melatonina contro la tossicità indotta da Aβ, siano principalmente dovute alle caratteristiche

Invece Matsubara et al [38] hanno riferito che la somministrazione precoce, a partire dai quattro mesi, e a lungo termine per una durata relativa dai quattro agli undici mesi e mezzo di melatonina abbia in parte inibito l'atteso innalzamento tempo dipendente, dei livelli di β-amiloide riducendo l’anomala nitrazione delle proteine nei topi Tg2576 trattati.

Da questa affermazione si può dedurre come la molecola non riesca a produrre effetti anti-amiloidogeni o antiossidanti, quando la deposizione della placca amiloide è già avvenuta.

Perciò è stata sminuita la possibilità che la melatonina possa essere vantaggiosa per il trattamento di AD conclamato.

I risultati delle sperimentazioni, hanno inoltre dimostrato come la melatonina abbia ridotto i livelli di TBARS. Quest’ultimi rappresentano i livelli delle sostanze reattive derivanti dalla perossidazione lipidica all’interno dell’omogenato del tessuto cerebrale, utilizzando una metodica di dosaggio colorimetrico attraverso l’acido tiobarbiturico. Essi rappresentano una lettura di prevalenza semplice e immediate nella pratica clinica, indicante solo in parte la perossidazione lipidica. Pertanto, si è incluso altre due letture riguardanti sia l’attività dell’enzima SOD che i contenuti di GSH.

Figura 19: Somministrazione a lungo termine della melatonina

Nella Figura 19Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.Figura 19 è rappresentata la somministrazione a lungo termine della melatonina, la quale ha diminuito i livelli di

TBARS, e aumentato sia il contenuto di GSH che le attività della SOD a livello cerebrale nei topi Tg.

Infatti, nel grafico (a) si può notare come i livelli di TBARS, negli omogenati del cervello dei topi Tg, fossero molto più alti rispetto ai topi delle nidiate di controllo. Il trattamento con melatonina (10mg/kg) nei topi Tg ha generato una significativa alterazione, all’interno del cervello, dei livelli di TBARS verso i livelli normali.

Nel grafico (b) i livelli cerebrali di GSH sono stati depauperati severamente nei cervelli di topi Tg rispetto ai topi delle nidiate di controllo. La somministrazione a lungo termine di melatonina (10mg/kg) ha evitato la perdita di GSH cerebrale nei topi Tg.

Infine, nel grafico (c) le attività della SOD dei topi TG erano molto più bassi rispetto ai topi delle nidiate di controllo. Il trattamento della melatonina (10mg/kg) ha indotto una significativa alterazione nel cervello delle attività relative alla SOD verso i loro normali valori. Riscontrando decrementi circa le attività di SOD accoppiata ad un aumento del livello di TBARS nei topi Tg.

Dimostrando in tal modo, come il trattamento a lungo termine con una dose fisiologica di melatonina abbia ridotto la perossidazione lipidica, ristabilendo il sistema antiossidante precedentemente compromesso nei topi Tg.

Inoltre, la melatonina inibisce l’espressione di Bax, caspase-3 e Par-4, i quali risultano essere sovra-regolati nella corteccia cerebrale dei topi Tg, mentre tali livelli non sono stati evidenziati nella corteccia cerebrale dei topi di controllo di pari età.

Infatti, i neuroni appartenenti alle regioni vulnerabili del cervello dei pazienti affetti da AD, hanno evidenziato alterazioni caratterizzanti l’apoptosi, compresa la sovra

regolazione della caspasi, l’aumento dei livelli della proteina pro-apoptotica Par-4 e un aumento di Bax, confermando un deterioramento cognitivo e apoptotico, sviluppato già dopo otto mesi.

La compromissione comportamentale nella linea dei topi Tg è maggiormente imputabile all’apoptosi e alla disfunzione del sistema colinergico. La somministrazione precoce della melatonina ha evitato lo sviluppo della patologia in quanto ha impedito la sovra

regolazione anormale dei marcatori apoptotici, precludendo l’innesco della cascata correlata all’apoptosi.

Suggerendo, in tal modo come la somministrazione preventiva, precoce e a lungo termine della molecola, nella popolazione a rischio, possa comportare effetti neuroprotettivi attraverso molteplici meccanismi diretti e indiretti.

L’enzima Par-4, ha dimostrato di poter interagire con diverse proteine note per modulare l’apoptosi, inclusi Bcl-2 e caspasi-8. Essa potrebbe essere indotta a livello traslazionale, funzionando nella fase iniziale della cascata pro-apoptotica prima della sovra regolazione della caspasi e della disfunzione mitocondriale.

Nella Figura 20 la sequenza di immagini (a) delle diverse sezioni della corteccia frontale evidenziano come la melatonina inibisca la sovra-regolazione di Bax nella corteccia frontale dei topi Tg.

Nell’immagine A è possibile osservare la sezione della corteccia frontale dei topi di controllo. Nell’immagine B sono osservabili numerosi neuroni prelevati dai topi Tg, presentanti positiva colorazione di Bax, opportunamente osservabili mediante le frecce.

Infine in C è evidenziabile come la somministrazione a lungo termine di melatonina (10mg/kg) nei topi Tg, abbia comportato una significativa diminuzione di concentrazione dei neuroni Bax positivi.

Figura 20: Riduzione da parte della melatonina della sovra regolazione della Bax nella

corteccia frontale dei topi Tg.

Nella figura 20 si evidenzia come la melatonina abbia inibito la sovra-regolazione della caspasi-3 all’interno della corteccia frontale dei topi Tg.

Figura 21: Riduzione da parte della melatonina della sovraregolazione di Par-4 nella

corteccia frontale dei topi Tg.

Nella figura 21 si evidenzia come la melatonina abbia inibito la sovra-regolazione di Par-4 all’interno della corteccia frontale dei topi Tg.

La sequenza di immagini (a) relative alle sezioni della corteccia frontale diverse sezioni della corteccia frontale evidenziano come la melatonina inibisca la sovra-regolazione di Par-4 nella corteccia frontale dei topi Tg.

Nell’immagine A è possibile osservare la sezione della corteccia frontale dei topi di controllo. Nell’immagine B sono osservabili numerosi neuroni prelevati dai topi Tg,

presentanti positiva colorazione della Par-4, opportunamente osservabili mediante le opportune frecce.

Infine, in C è evidenziabile come la somministrazione a lungo termine di melatonina (10mg/kg) nei topi Tg, abbia comportato una significativa diminuzione di concentrazione dei neuroni Par-4 positivi. La colorazione è stata quantificata come un valore di grigi (GV) usando un’analisi a computer [39].

IL SUCCO DI MELOGRANO RIDUCE IL CARICO DI AMILOIDE E

MIGLIORA IL COMPORTAMENTO IN UN MODELLO MURINO

AFFETTO DA MORBO DI ALZHEIMER

I melograni contengono livelli molto elevati di sostanze antiossidanti polifenoliche rispetto ad altri alimenti. In diversi studi si è dimostrato come i polifenoli posseggano delle spiccate funzioni neuroprotettive. Perciò si è cercato di dimostrare come

l’introduzione nella dieta di succo di melograno (PJ) possa influenzare il comportamento in un modello di topo transgenico con patologia AD-simile.

Attraverso studi condotti da Wu et al [39] sul cervello dei conigli e da Refolo et al [39] su

topi transgenici, è stato possibile ipotizzare come diete molto ricche di carboidrati possano rallentare il metabolismo delle proteine della membrana cellulare, come per esempio APP, innescando eccessive reazioni a cascata di segnalazione cellulare, che inducono danni neuronali. Quindi sempre più prove suggeriscono come la dieta possa influire positivamente o negativamente sullo sviluppo della patologia.

Secondo Wang et al [39] la dieta ipocalorica sembra essere neuroprotettiva nei modelli di topo di AD, poiché diminuisce l'accumulo dei depositi di Aβ. Infatti, un alto apporto di colesterolo nella dieta, determina l’innalzamento sia dei livelli di apoE sia di Aβ, i quali rappresentano gli elementi costitutivi chiave delle placche depositate nel cervello dei pazienti affetti da AD.

Quindi gli alimenti contenenti alti livelli di antiossidanti potrebbero anche rallentare la progressione dell'AD, eventualmente prevenendo o neutralizzando gli effetti dannosi dei radicali liberi.

I fitochimici sono sostanze chimiche bioattive, non nutrienti, che sono state trovate all’interno delle piante (soprattutto pigmenti) che possono avere effetti benefici sulla salute. I fitochimici come i fenoli, includendo sia gli acidi fenolici che i flavonoidi, hanno dimostrato di avere proprietà antiossidanti e sopprimere insieme alla via infiammatoria anche altri processi.

In questo studio sono stati analizzati gli effetti antiossidanti del succo di melograno, infatti i melograni contengono livelli molto elevati di polifenoli in confronto ad altri frutti e vegetali.

Recentemente è stato dimostrato come l’integrazione con l’alimentazione di succo di melograno nei topi gravidi protegga dalla neurodegenerazione i topi neonati soggetti a lesioni cerebrali ipossici-ischemici.

Inoltre, è stato indagato come la supplementazione con la dieta di succo di melograno possa influenzare la patologia simile ad AD ed il comportamento in un modello animale. Ai topi Tg2576 / APPsw, comunemente usati come modello per visualizzare la deposizione

di Aβ e la patologia associata simile ad AD, è stato somministrato del succo di melograno nella loro acqua potabile a partire dai sei mesi di età.

A un anno di età è stato valutato il comportamento degli animali riguardante

sia per quanto concerne le capacità di apprendimento cued e spatial tanto quanto più rapide velocità di nuoto complessive.

L’ippocampo e la corteccia dorsale, la quale può essere definita come il tessuto corticale sovrastante l'ippocampo di ciascun animale sono stati valutati per determinare la percentuale di area coperta dai depositi, i quali caratterizzano il carico apportato sia da Aβ che da Aβ fibrillare. Inoltre, il carico di placca, Aβ, Aβ fibrillare/amiloide e Aβ42 solubile

sono stati significativamente ridotti all’interno dell'ippocampo.

È stato riscontrato come PJ abbia contribuito nel diminuire, in modo significativo, l’accumulo di Aβ42 pregiudicando la conseguente deposizione della placca di una

percentuale corrispondente al 50%, all’interno dell’ippocampo rispetto ai topi di controllo.

Al fine di valutare le abilità circa l’apprendimento e la memoria dei topi, si è adoperato il Morris Water Maze, rappresentato in Figura 22.

In breve, il test dell’apprendimento della navigazione spaziale richiede che il topo raggiunga una piattaforma nascosta (sommersa) in una piscina piena di acqua, usando riferimenti visivi dal locale in cui è inserito. Come risultato si migliora la latenza di fuga e si riduce, generalmente, la lunghezza del cammino di nuoto.

Figura 22: Raffigurazione del Morris Water Maze

Mentre Il compito CUED, usufruendo di una piattaforma visibile, è stato usato per valutare i deficit senso-motori e/o motivazionali che potrebbero influenzare la valutazione durante il water maze SPAZIALE.

Per questa operazione, la superficie della piattaforma di fuga era visibile a cinque millimetri sopra la superficie dell’acqua, e a dieci centimetri da un alto palo al quale è stata fissata una pallina da tennis rossa, per rendere la piattaforma visibile il più possibile. I muri della stanza sono stati mantenuti spogli, sebbene la geometria della stanza, lo sperimentatore e il sistema informatici erano dei riferimenti spaziali ovvi.

A seguito dell’avvenuta conclusione del test CUED, ha avuto inizio il test SPAZIALE, nel quale la piattaforma è nascosta.

La somministrazione di PJ ha migliorato le prestazioni comportamentali dei topi durante lo svolgimento del water maze.

I topi APPsw, utilizzati nello studio, hanno manifestato normali prestazioni nel test water maze a una età relativa ai tre mesi, mentre hanno manifestato prestazioni compromesse dai nove ai dieci mesi di età rispetto alle nidiate di controllo wild-type.

Successivamente, si sono confrontati i topi APPsw, i quali sono stati trattati a partire dai sei mesi fino ai dodici mesi e mezzo con succo di melograno. Quindi, abbiamo studiato i topi trattati con PJ e i topi APPsw di controllo trattati solamente dopo l’esordio dei cambiamenti cognitivi, rilevabili attraverso il water maze test.

Figura 23: Prestazione dei topi APPsw durante la sperimentazione del water maze.

La performance dei topi APPsw come si evince nella Figura 23 è stata misurata attraverso il

water maze. Ogni punto rappresenta la media dei quattro giorni di sperimentazione. I grafici a barre rappresentano la media della prestazione, ovvero gli effetti principali su ciascuna fase del test.

Nel grafico (A) è possibile visualizzare la distanza di nuoto. Il topo trattato con PJ ha imparato il CUED task più velocemente, una simile tendenza è stata osservata anche per lo SPATIAL task, ma la differenza non è stata significativa.

Mentre nel grafico (B) viene visualizzata la velocità di nuoto. Entrambi i topi sia quelli trattati con PJ che quelli di controllo hanno nuotato più velocemente, in modo

progressivo, durante il CUED task ma la differenza tra i due gruppi non è stata significativa.

I topi APPsw trattati con PJ hanno imparato il CUED task, ovvero il test con piattaforma visibile, più velocemente rispetto ai topi APPsw di controllo, valutando sia la distanza di nuoto che la latenza di fuga.

Sebbene entrambi i gruppi abbiano appreso bene e in modo univoco il compito all'ultimo giorno di test. La velocità di nuoto non ha differito, in modo significativo, tra i gruppi sottoposti al CUED task.

Nello SPATIAL task, ovvero usufruendo di una piattaforma nascosta, i topi PJ sono fuggiti

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