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Valutazione del costo di realizzazione delle piattaforme A e B

FOTOVOLTAICO GALLEGGIANTE

3.7. Valutazione del costo di realizzazione delle piattaforme A e B

Lo scopo di questo terzo capitolo del lavoro di tesi si ricorda essere quello di valutare l’incidenza del costo della realizzazione della piattaforma galleggiante sul costo complessivo di installazione di un impianto fotovoltaico galleggiante.

Le indicazioni di costo dei tubi e dei raccordi su misura sono state fornite da Idrotherm 2000.

Il costo di acquisto dei tubi a doppio strato selezionati risulta essere di 58,14 𝑚€ per la serie DN450 SDR21 impiegata nella realizzazione della piattaforma A e 71,74 𝑚€ per la serie DN500 SDR21 impiegata nella realizzazione della piattaforma B.

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Per quanto riguarda i raccordi, invece, i prezzi di vendita dei raccordi a T e delle curve segmentate a 90° personalizzate risultano rispettivamente pari a 480 € e 390 € per il DN 450 SDR 21, 580 € e 470 € per il DN 500 SDR 21.

Per quanto riguarda la manovalanza, si considera la presenza di due operai specializzati e un costo lordo della manodopera per l’azienda di 26€.

Non si tiene invece conto del consumo di carburante dei mezzi da cantiere, essendo esso dipendente dalla distanza tra lo stabilimento e il sito di installazione.

Si riassumono in tabella in numero di elementi impiegati, i costi e le ore di lavoro previste per le piattaforme A e B:

Tabella 27: Voci di costo per la realizzazione delle piattaforme galleggianti

Piattaforma

Tubi 12 m Raccordi Ti Raccordi 90° Ore saldatura

TOT [€] n € 𝑡𝑢𝑏𝑜 €𝑡𝑜𝑡 n € 𝑟𝑎𝑐𝑐. €𝑡𝑜𝑡 n € 𝑟𝑎𝑐𝑐. €𝑡𝑜𝑡 n € ℎ operai €𝑡𝑜𝑡 A 10 698 6'977 12 480 5'760 4 390 1'560 30 26 2 1'560 15’857 B 8 861 6'887 8 580 4'640 4 470 1'880 22 26 2 1'144 14'847

Per valutare l’incidenza della sola piattaforma galleggiante, si ricordi che le piattaforme A e B consentono rispettivamente l’installazione di 12,25 𝑘𝑊𝑝 e 15 𝑘𝑊𝑝, dunque il costo della struttura galleggiante per unità di potenza risulta:

𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑔𝑒𝑙𝑙𝑒𝑔𝑔𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒𝐴 = 15′857 € 12,25 𝑘𝑊𝑝 = 1′294 € 𝑘𝑊𝑝 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑔𝑒𝑙𝑙𝑒𝑔𝑔𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒𝐵 =14′847 € 15 𝑘𝑊𝑝 = 990 € 𝑘𝑊𝑝

Un’altra differenza da evidenziare consiste nel numero di profili Plasmix per la realizzazione delle passerelle: per la soluzione A, essendo previste due file in più di moduli rispetto alla soluzione B, sono necessarie anche due passerelle in più. Ciò si traduce nell’acquisto di 323′792 𝑚 di profili Plasmix, contro i 246960 𝑚 necessari per la

soluzione B, la quale richiede anche un minor numero di triangoli, binari e collari per tubi. Considerando che il costo dei granuli di plastiche riciclate ha un costo che si aggira intorno ai 0,5 𝑘𝑔€, che le operazioni di formatura incidono per altri 0,4 𝑘𝑔€ circa e tenendo

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conto di un ricarico del produttore del 30% circa, la spesa da sostenere per l’acquisto dei profili in Plasmix si aggirerà intorno a 1,20 𝑘𝑔€.

Per le soluzioni A e B risulta:

𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑝𝑙𝑎𝑠𝑚𝑖𝑥 = 𝑛𝑝𝑟𝑜𝑓𝑖𝑙𝑖 ∙ 𝑉𝑝𝑟𝑜𝑓𝑖𝑙𝑖 ∙ 𝜌𝑝𝑟𝑜𝑓𝑖𝑙𝑖 ∙ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑘𝑔 ovvero: 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑝𝑙𝑎𝑠𝑚𝑖𝑥,𝐴 = 49 ∙ 4 ∙ 1,652 [𝑚] ∙ 0,03 [𝑚] ∙ 0,150 [𝑚] ∙ 930 [𝑘𝑔 𝑚3] ∙ 1,2 € 𝑘𝑔= 1′626€ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜𝑝𝑙𝑎𝑠𝑚𝑖𝑥,𝐵 = 30 ∙ 4 ∙ 2,058 [𝑚] ∙ 0,03 [𝑚] ∙ 0,150 [𝑚] ∙ 930 [ 𝑘𝑔 𝑚3] ∙ 1,2 € 𝑘𝑔= 1′240 € Dunque la realizzazione delle piattaforme galleggianti e delle passerelle viene a costare complessivamente 17′483 € per la soluzione A (circa 1′400 €

𝑘𝑊𝑝), 15′491 € per la soluzione B (circa 1′000𝑘𝑊

𝑝): l’incidenza delle passerelle realizzate con profilati in Plasmix va dagli 80 ai 130𝑘𝑊

𝑝, e rappresenta quindi una minima percentuale rispetto a quella degli elementi galleggianti.

Per quanto riguarda invece la struttura metallica di supporto dei modu li e i moduli stessi, possono ritenersi del tutto analoghi a quelli usati per la realizzazione di impianti fotovoltaici su coperture piane, il cui costo “chiavi in mano” si è visto essere oggi circa 1′270

𝑘𝑊𝑝 [5]. Tuttavia, l’assemblaggio della struttura a terra, direttamente sulle rive del lago di installazione, semplifica e velocizza le operazioni di assemblaggio si ritiene opportuno considerare un risparmio del 20% nel caso di installazione a terra, e si considera perciò una spesa di 1′000 €

𝑘𝑊𝑝 comprendente acquisto e assemblaggio della struttura metallica, dei moduli fotovoltaici e degli inverter.

Alla luce di quanto emerso, tra le due piattaforme ideate nel corso del presente lavoro di tesi si ritiene più opportuno ricorrere alla soluzione B: al minor costo di realizzazione della struttura galleggiante, delle passerelle e della struttura metallica di supporto dei moduli si affianca infatti una maggiore producibilità annua, come visto al paragrafo 3.1.

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Il costo “chiavi in mano” di un impianto fotovoltaico galleggiante di questo tipo risulta circa 2′000𝑘𝑊

𝑝: la realizzazione della piattaforma galleggiante incrementa del 100 % il costo dell’impianto fotovoltaico. Tuttavia, occorre attendere informazioni sulle

performance a lungo termine degli impianti esistenti, quasi tutti realizzati negli ultimi tre

anni: la maggiore producibilità di questi impianti nei 20 – 25 anni di vita e il risparmio d’acqua legato alla riduzione dell’evaporazione potrebbero in parte compensare il maggiore investimento. I primi dati relativi al testbed di Singapore evidenziano un

Performance Ratio per gli impianti galleggianti maggiore rispetto a quello degli impianti a

terra anche del 10%; tuttavia, occorrerà valutare l’influenza della maggiore umidità evidenziata in Figura 49a sul degrado delle prestazioni a lungo termine.

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C

ONCLUSIONI

Nel presente lavoro di tesi magistrale si è cercato di fornire informazioni circa le tecnologie disponibili per la realizzazione di impianti fotovoltaici su superfici marginali; in particolare, sono stati considerati come possibili siti di installazione le discariche esaurite, o i bacini esauriti di discariche ancora attive, e gli specchi d’acqua.

Sono stati innanzi tutto valutati i loro punti di forza, le loro criticità e il loro stato dell’arte, per poi arrivare a una stima del loro costo di realizzazione.

Per quanto riguarda le installazioni su discarica, è stato necessario fornire alcune nozioni preliminari relative allo smaltimento dei rifiuti nelle discariche controllate, alla formazione e alla captazione del biogas e del percolato all’interno del cumulo dei rifiuti, alla stratigrafia delle discariche e alla gestione post-operativa delle stesse. Tali nozioni sono state reputate indispensabili per la comprensione delle problematiche di cui tener conto nella fase di progettazione di un impianto fotovoltaico su discarica e dei vantaggi da esso discendenti. Si riassumono di seguito le principali considerazioni emerse:

• la fase di gestione post-operativa delle discariche ha una durata minima di trent’anni e comporta in media una spesa complessiva superiore a 1′000′000 €, da attribuire principalmente al trattamento e allo smaltimento del percolato. L’entità della spesa ha spinto a ricercare soluzioni per ottenere ricavi dalle aree di pertinenza delle discariche: le discariche moderne sono provviste di una sezione di recupero energetico alimentata dal biogas captato dal cumulo dei rifiuti, e ottengono introiti dalla vendita di energia elettrica. Tuttavia, la volumetria di biogas prodotto e la percentuale di CH4 in esso

contenuto diminuiscono nel tempo e rendono questa soluzione idonea solo nei primi dieci anni a partire dalla chiusura del lotto di discarica. Si può dunque pensare di affiancare la sezione di recupero energetico con un impianto fotovoltaico realizzato sulla superficie della discarica, che rimarrebbe altrimenti inutilizzata;

• le discariche non sono per ovvi motivi soggette a vincoli paesaggistici che potrebbero intralciare la realizzazione di un impianto fotovoltaico e l’impiego delle loro superfici non comporta sottrazione di suolo ad altre attività, quali l’agricoltura. Sono inoltre dotate di recinzioni e telecamere di sorveglianza in grado di scoraggiare i furti di moduli che spesso si sono verificati ai danni degli impianti fotovoltaici a terra;

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• nella fase di progettazione di un impianto fotovoltaico su discarica occorre tener conto della presenza dei pozzi di captazione del biogas e del percolato, dai quali deve essere mantenuta una distanza minima di sicurezza, e dei fenomeni di assestamento del cumulo dei rifiuti, che possono protrarsi per decine di anni;

• sui lotti esauriti di discarica viene realizzata una copertura detta “definitiva”, la cui stratigrafia in Italia è normata dal D. Lgs. n. 36 del 2003, necessaria per evitare le fuoriuscite di un gas a elevato effetto serra quale il biogas e per limitare le infiltrazioni di acque meteoriche, maggiori responsabili della formazione del percolato. Per evitare il danneggiamento di tale copertura, gli impianti su discarica non devono prevedere perforazioni del terreno.

Due sono le soluzioni praticate che rispettano i requisiti di cui sopra.

La prima consiste nell’impiego di moduli in Silicio policristallino sorretti da strutture zavorrate, tali da garantire l’ancoraggio al suolo per gravità. Considerata l’efficienza di questi moduli, che oggi si aggira intorno al 18%, e delle distanze da mantenere da mantenere tra file adiacenti di moduli per limitare i fenomeni di ombreggiamento, si stima che per l’installazione di 1 MWp siano necessari 0,9 ÷ 1,4 ℎ𝑎 di suolo, variabili a seconda

delle coordinate geografiche del sito. Nel caso di installazione su discarica occorre inoltre tener conto del fatto che le strutture di supporto possono essere posizionate solo sulla porzione di superficie a pendenza nulla o estremamente limitata e a un’adeguata distanza dai pozzi di captazione: in genere ricorrendo alla soluzione in esame è possibile sfruttare il 40% della superficie. Il costo di realizzazione di un impianto di questo tipo non ha motivo di differire da quello di un tradizionale impianto a terra, che risulta oggi inferiore ai 1′000

𝑘𝑊𝑝.

La seconda soluzione consiste invece nell’impiego di moduli a film sottile flessibili fissati, mediante velcro, a una geomembrana in materiale polimerico; in particolare, oggi i moduli più impiegati sono i quelli in CIGS, che hanno efficienze nominali intorno al 13 – 14%. Sebbene il costo dei moduli flessibili sia più elevato rispetto a quello dei moduli rigidi in Silicio (circa 0,70𝑊

𝑝 contro 0,45

𝑊𝑝), non richiedono strutture di supporto e il loro posizionamento, specie se si tratta di moduli nella configurazione “a rotolo”, è piuttosto rapido. A conti fatti, il costo di un impianto “chiavi in mano” risulta paragonabile a quello di un impianto di pari potenza realizzato con moduli in Silicio

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policristallino. La minor efficienza dei moduli flessibili nelle installazioni su discarica è compensata dalla possibilità di sfruttare anche le superfici a elevata pendenza: la percentuale di utilizzazione dell’area risulta compresa tra il 60 e il 90%, contro il 40% della prima soluzione, e deve essere valutata caso per caso, in base all’esposizione dei pendii della discarica.

Nonostante i moduli flessibili non siano posizionati con angolo di tilt energeticamente ottimale per la località d’interesse, la loro producibilità può risultare addirittura superiore a quella dei moduli in Silicio policristallino posizionati ad hoc, in quanto si comportano meglio in presenza di radiazione diffusa e ad elevate temperature operative delle celle. Altri vantaggi di questa soluzione sono l’intrinseca resistenza ai forti venti e una drastica riduzione della quantità di percolato prodotta, grazie alla geomembrana esposta : ciò riduce dunque anche i costi della gestione post-operativa.

Visto l’equivalersi delle due tecnologie sotto molti punti di vista, S. Zabò et al. considerano come elementi decisivi nella scelta della tecnologia fotovoltaica più idonea per ciascuna situazione la stabilità del terreno e la natura della copertura realiz zata: i moduli fotovoltaici in Silicio cristallino con strutture di sostegno zavorrate sono ritenute più adatte per cumuli di rifiuti compatti, mentre gli impianti realizzati con geomembrana e moduli in film sottile sono da preferire nel caso di discariche non compattate o non sigillate correttamente.

In ogni caso la realizzazione di impianti fotovoltaici su discarica permette di riqualificare aree marginali da sempre oggetto di dibattiti sociali e di ottenere energia elettrica da superfici altrimenti improduttive: la realizzazione di impianti di questo tipo sulle discariche della sola Toscana porterebbe ad avere una potenza installata di poco inferiore ai 400 MWp, pari al 50% della potenza fotovoltaica oggi presente sul territorio regionale.

Per quanto riguarda l’installazione di impianti fotovoltaici su specchi d’acqua, sono stati innanzi tutto valutati i punti di forza e le criticità connesse alla loro realizzazione. Particolare attenzione è stata dedicata alla tipologia della struttura galleggiante: per valutare le soluzioni attualmente disponibili a livello mondiale e le loro prestazioni, sono stati presi in considerazione i primi dati emersi dal testbed di Singapore. Si riportano di seguito le principali considerazioni emerse dalla letteratura esistete e dall’analisi dei dati del testbed:

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• l’installazione di impianti fotovoltaico su laghi o bacini artificiali non compromette la loro destinazione d’uso, bensì permette di sfruttare sinergie. Ad esempio, la realizzazione di questi impianti su bacini di diga permette di sfruttare le reti elettriche già esistenti, spesso oggi sottoutilizzate per motivi di siccità, mentre la realizzazione su bacini adibiti all’irrigazione o all’approvvigionamento idrico permette di avere volumetrie d’acqua maggiori durante tutto l’anno, in quanto la piattaforma fa da schermo alla superficie, riducendo così l’evaporazione nei mesi più caldi;

• la riduzione dell’evaporazione alla quale si è accennato al punto precedente è stata oggetto di molti studi; in particolare, si è ritenuto interessante uno studio teorico – sperimentale che ha portato a concludere che la copertura con elementi auto- assemblanti del 93% della superficie di un lago ubicato in Spagna porta a una riduzione di evaporazione dell’80%. Una percentuale di copertura della superficie così elevata comporta una riduzione della quantità ossigeno disciolto in acqua: questo porta a una riduzione della crescita di alghe potenzialmente tossiche, ma comporta anche danni agli organismi acquatici;

• in prossimità degli specchi d’acqua la temperatura ambiente risulta inferiore a quella al suolo di circa 5°C, mentre la velocità del vento risulta superiore di 1 ÷ 2𝑚𝑠: ciò si traduce in una maggiore refrigerazione dei moduli, la cui temperatura operativa nei mesi più caldi risulta in media di 3,5°𝐶 inferiore rispetto a quella degli stessi moduli posti a terra. Vista la relazione tra temperatura operativa delle celle fotovoltaiche e la loro efficienza, la minor temperatura porta ad avere producibilità maggiore. Dall’analisi dei dati ottenuti dal testbed di Singapore è emerso che alcune piattaforme fotovoltaiche galleggianti hanno raggiunto valori del Performance Ratio di 0,89, contro lo 0,79 caratteristico degli impianti installati a terra nella stessa città. Le prestazioni sono risultate essere fortemente correlate alla configurazione della piattaforma galleggiante: le soluzioni che non prevedono la presenza degli elementi galleggianti in HDPE sotto ai moduli hanno beneficiato maggiormente dell’effetto refrigerante legato alla presenza di acqua e vento, raggiungendo così producibilità maggiori. L’effetto refrigerante sulle varie piattaforme partecipanti al testbed è stato quantificato con il coefficiente globale di scambio termico U;

• il testbed ha messo in luce tuttavia anche alcune criticità delle quali non si parla nella letteratura. In primo luogo, è stata constata una maggiore sporcizia sui moduli rispetto agli impianti a terra dovuta agli escrementi di volatili. Sono stati poi riscontrati stress

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meccanici legati al continuo movimento delle piattaforme galleggianti, che hanno interessato soprattutto le soluzioni costituite da blocchi interconnessi mediante bulloneria. Infine, in alcuni casi si sono verificati difetti di isolamento, ancora attribuibili allo stress meccanico, che hanno causato ritardi nell’avvio degli inverter rispetto all’orario di inizio insolazione.

Alla luce di quanto detto i vantaggi sembrano comunque superare di gran lunga i punti critici, ma non sono state reperite informazioni relative al costo di realizzazione di questi impianti. Ci si è perciò posti l’obbiettivo di valutare l’incidenza del costo di realizzazione della piattaforma galleggiante sul costo complessivo dell’impianto.

Per fare ciò si è proceduto alla progettazione di due piattaforme che tenessero conto dei risultati emersi dal testbed di Singapore: si è scelto di utilizzare tubi in HDPE come elementi galleggianti, in modo da lasciare libera la superficie in corrispondenza dei moduli e permettere così una buona refrigerazione. Sono state inoltre previste passerelle calpestabili tra file due file adiacenti di moduli, poste in corrispondenza dei tubi per facilitarne il montaggio ed evitare eccessive sollecitazioni a flessione, in grado di facilitare le operazioni di ispezione, manutenzione e pulizia. Sia per i tubi che per le passerelle è stato previsto l’impiego di materiali di riciclo, in modo da ottenere una soluzione il più possibile green, che spesso gioca anche a favore dell’accettazione sociale di opere altrimenti non ben viste per motivi di inserimento paesaggistico.

Nella fase di progettazione è stata ipotizzata l’installazione delle piattaforme su piccoli specchi d’acqua dolce ubicati in prossimità della città di Pisa e sono state ideate due piattaforme circa quadrate, delimitanti una superficie di 150 𝑚2 ciascuna, diverse per numero di moduli, file di moduli, disposizione e angolo di tilt degli stessi.

La prima, denominata A, prevede 7 file da 7 moduli ciascuna, per un totale di 49 moduli posizionati orizzontalmente e con angolo di tilt 𝑖 = 25°, ottimale per il sito d’installazione previsto: ricorrendo a moduli in Silicio policristallino standard da 250 𝑊𝑝, la potenza installata risulta 𝑃 = 12,25 𝑘𝑊𝑝.

La seconda, denominata B, prevede invece 5 file da 12 moduli ciascuna, per un totale di 60 moduli posizionati verticalmente e con angolo di tilt 𝑖 = 15°: la potenza installata con moduli da 250 𝑊𝑝, risulta 𝑃 = 15 𝑘𝑊𝑝, e l’energia annua disponibile sulla superficie dei moduli supera di quasi 23 𝑀𝑊ℎ quella della piattaforma A.

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Definito il layout delle piattaforme, incluso quello della struttura metallica di supporto dei moduli e delle passerelle, sono stati dimensionati i tubi in termini di diametro esterno e spessore; quindi le dimensioni emerse sono state adeguate a quelle commercialmente disponibili e si è passati alla scelta della tipologia di raccordi a 90° e a T da impiegare per la realizzazione del reticolo tubolare galleggiante.

In sintesi, per la realizzazione delle piattaforme A e B sono stati previsti, rispettivamente: • otto tubi in HDPE DN450 SDR21 da 12 𝑚, quattro curve segmentate a 90° e dodici

raccordi a T con bracci allungati aventi stesso spessore e diametro e 49 unità di passerelle realizzate ciascuna con quattro profili in Plasmix 30 𝑚𝑚 𝑥150 𝑚𝑚 𝑥 1′652 𝑚𝑚, posti a una distanza di 20 𝑚𝑚 l’uno dall’altro per

favorire il deflusso di acque piovane;

• sei tubi in HDPE DN450 SDR21 da 12 𝑚, quattro curve segmentate a 90° e otto raccordi a T con bracci allungati aventi stesso spessore e diametro e 30 unità di passerelle realizzate ciascuna con quattro profili in Plasmix 30 𝑚𝑚 𝑥150 𝑚𝑚 𝑥 2′058 𝑚𝑚, posti a una distanza di 20 𝑚𝑚 l’uno dall’altro per

favorire il deflusso di acque piovane.

A conti fatti, la soluzione più conveniente, tenendo conto anche del numero di saldature da effettuare in cantiere per la costruzione del reticolo galleggiante, è risultata essere la B, per la quale comunque l’incidenza del costo di realizzazione della piattaforma galleggiante comprensiva di passerelle è risultata decisamente elevata: circa1′000

𝑘𝑊𝑝, per un costo complessivo dell’impianto di 2′000

𝑘𝑊𝑝.

Il costo risulta superiore del 100% rispetto a quello di un impianto a terra o su discarica; tuttavia, occorre attendere informazioni sulle performance a lungo termine degli impianti esistenti, quasi tutti realizzati negli ultimi tre anni: la maggiore prod ucibilità di questi impianti nei 20 – 25 anni di vita potrebbe in parte compensare il maggiore investimento.

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