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Tecnologie degli impianti fotovoltaici per l'installazione su superfici marginali

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Academic year: 2021

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(1)

SCUOLA DI INGEGNERIA

D

IPARTIMENTO DI

I

NGEGNERIA DELL

’E

NERGIA

,

DEI

S

ISTEMI

,

DEL

T

ERRITORIO E DELLE

C

OSTRUZIONI

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

I

NGEGNERIA

E

NERGETICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

A

NNO ACCADEMICO

2017/2018

N

OVEMBRE

2018

Relatori:

Prof. Ing. Romano Giglioli

Ing. Cosimo Bruni

Dot. Marco Michelotti

T

ECNOLOGIE DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI PER L

INSTALLAZIONE SU

SUPERFICI MARGINALI

Candidata:

(2)
(3)

E i sogni non lo so So solo che son pochi Quelli che s’avverano

(4)

Oggetto del presente elaborato sono l’individuazione e l’analisi delle tecnologie degli impianti fotovoltaici per l’installazione su superfici marginali, in particolare su discariche esaurite, o bacini esauriti di discariche ancora attive, e su specchi d’acqua.

Trattandosi di soluzioni recenti, la letteratura disponibile sull’argomento è ancora piuttosto limitata; dunque, si cerca in primo luogo di analizzare quali siano i vantaggi e le criticità connessi a questi impianti e di fornire informazioni sul loro stato dell’arte, per poi arrivare a una stima dei loro costi di realizzazione.

Per le discariche vengono analizzate e confrontate due possibili soluzioni: la prima consiste nell’impiego di moduli in Silicio cristallino sostenuti da strutture metalliche e/o in cemento armato, prive di palificazione per evitare il danneggiamento della copertura definitiva della discarica, mentre la seconda prevede l’impiego di moduli a film sottile flessibili, fissati mediante adesivo e velcro a una geomembrana in materiale polimerico. In entrambi i casi, il costo di realizzazione risulta analogo a quello di impianti a terra.

Per quanto riguarda invece la realizzazione di impianti fotovoltaici su specch i d’acqua, l’attenzione viene concentrata sulla piattaforma galleggiante.

Dopo aver passato in rassegna le strutture galleggianti realizzate dalle aziende leader del settore che hanno preso parte al testbed di Singapore, ponendo l’attenzione su vantaggi e criticità di ciascuna di esse, si procede alla progettazione di due particolari isole fotovoltaiche galleggianti, con lo scopo di valutare il costo di realizzazione di questa tecnologia. Esso, a conti fatti, risulta doppio rispetto al costo di realizzazione di impianti a terra e su discarica, ma gli introiti derivanti dalla maggiore producibilità potrebbero in parte compensare il maggiore investimento.

A

BSTRACT

The subject of this document is the identification and analysis of technologies applied to photovoltaic plants installed on marginal surfaces, like disused landfills, exhausted basins of active landfills and on bodies of water.

Since these solutions are quite recent, the available literature is still quite

(5)

construction costs.

Concerning landfills two possible solutions are analyzed and compared: the first one consists of the use of crystalline silicon modules, supported by metal and/or reinforced concrete structure. This is done without piling, to avoid damages in the permanent coverage of the landfill. The second solution involves the use of flexible thin film modules, fixed by adhesive and velcro, to a geomembrane made of polymeric material.

Regarding the construction of photovoltaic systems on bodies of water, the attention is concentrated on floating platforms.

After reviewing the floating structures built by leading companies in this sector, that joined the

Singapore testbed, and focusing on the advantages and criticalities of

each of them, we will design two particular floating photovoltaic islands. The aim is to evaluate the construction cost of this technology. On balance, it is double compared to the cost of construction of plants on land and landfills, but the incomes deriving from increased producibility could partly compensate for the greater investment.

(6)

Indice delle figure i Indice delle tabelle vii Introduzione ix

CAPITOLO 1: Gli impianti fotovoltaici su discarica 1

1.1. Lo smaltimento dei rifiuti in discariche controllate 1

1.1.1. Formazione di biogas e percolato e stratigrafia tipica di una discarica 2

1.1.2. La gestione post-operativa 5

1.2. Vantaggi e problematiche delle discariche solari 8

1.3. Tecnologie adottate per la realizzazione di discariche solari 12 1.3.1. Moduli fotovoltaici in Silicio cristallino con strutture di sostegno zavorrate 12 1.3.2. Moduli fotovoltaici a film sottile flessibili su geomembrana 15

1.3.1. Tecnologie a confronto 19

1.4. Potenzialità delle discariche solari 21

CAPITOLO 2: Gli impianti fotovoltaici galleggianti 23

2.1. Definizione dei possibili siti d’installazione e impianti esistenti 24

2.2. Vantaggi e criticità del fotovoltaico galleggiante 26

2.1. Testbed di Singapore e stato dell’arte delle strutture galleggianti per il fotovoltaico 30

2.1.1. NRG Energia 32

2.1.2. 4C Solar 34

Ciel & Terre 36

2.1.3. Solaris Synergy 38

2.1.4. Koinè Multimedia 40

2.1.5. Takiron Engineering 44

2.1.6. SMCC 45

2.1.7. Analisi dei dati emersi dal testbed di Singapore 46

CAPITOLO 3: Valutazione dell’incidenza del costo della piattaforma sul costo complessivo

(7)

3.2. Configurazione della struttura di supporto dei moduli 61

3.2.1. Soluzione A 61

3.2.2. Soluzione B 64

3.3. Configurazione delle passerelle 65

3.4. Dimensionamento di massima dei galleggianti tubolari 67

3.4.1. Dimensionamento dei tubi in assenza di carichi esterni 68

3.4.2. Dimensionamento dei tubi con carico neve 71

3.4.3. Dimensionamento dei tubi in presenza di vento 77

3.4.4. Dimensionamento dei tubi con azione congiunta di neve e vento 84

3.5. Adeguamento dei tubi alle soluzioni commerciali 86

3.6. Raccordi e assemblaggio della piattaforma 89

3.7. Valutazione del costo di realizzazione delle piattaforme A e B 95

Conclusioni 99

Allegato A: Foglio di calcolo per il dimensionamento dei tubi della piattaforma A 105 Allegato B: Foglio di calcolo per il dimensionamento dei tubi della piattaforma B 106

Allegato C: Disegno complessivo piattaforma A 107

Allegato D: Disegno complessivo piattaforma B 108

(8)

i

I

NDICE DELLE FIGURE

:

Figura 1:Evoluzione della potenza e della numerosità degli impianti fotovoltaici in Italia ... ix Figura 2: Andamento del costo dei moduli in Silicio cristallino da febbraio 2017 a settembre 2018 ... xi Figura 3: Andamento del costo dei moduli a film sottile negli ultimi anni e previsione al 2020 ... xii Figura 4: Storico dei costi per l’installazione di un impianto di potenza compresa tra 10 e 100 kWp in Germania ... xii

Figura 5: Stratigrafia della copertura superficiale della discarica a sinistra, del substrato di base della stessa a destra ... 4 Figura 6: Captazione di biogas e percolato all’interno del cumulo di rifiuti ... 5

Figura 7: Andamento tipico della curva di produzione di biogas da discarica di RSU ... 8

Figura 8: Grafico indicativo della variazione della composizione del biogas nel tempo ... 9

Figura 9: Curva di regressione rappresentante l’assestamento di una colonna di rifiuti .. 11

Figura 10: Struttura di sostegno dei moduli con basamento in cemento armato ... 14

Figura 11: Plinti triangolari in cemento armato realizzati da Special Vibro ... 14

Figura 12: Supporti in tecnopolimero zavorrati impiegati nella discarica di Goro (Ferrara) ... 15 Figura 13: Fissaggio di un modulo a film sottile su geomembrana mediante adesivo e velcro ... 16 Figura 14: Vista dall’alto dell’impianto PV con moduli a film sottile sulla discarica di Atlanta ... 17 Figura 15: Impianto PV realizzato con moduli in silicio amorfo sulla discarica di Malagrotta (Roma) ... 17

(9)

ii

Figura 16: Scheda tecnica moduli a film sottile in CIGS commercializzati dalla GLOBAL

SOLAR ... 18

Figura 17: Distribuzione regionale della numerosità e della potenza fotovoltaica a fine 2017 ... 23

Figura 18: (a) Scarico delle Shade Balls nel bacino di Van Norman, L.A.; (b) Bacino di Van Norman ricoperto da Shade Balls ... 26

Figura 19:(a) Andamento della temperatura previsto dal modello e valori puntuali otte nuti da misurazioni effettuate nel lago di Mead; (b) Dischi galleggianti usati in laboratorio per la copertura della superficie ... 27

Figura 20: Andamento della temperatura dell’acqua con la profondità in caso di superficie scoperta e superficie coperta con dischi galleggianti di diverso colore ... 27

Figura 21: Curva potenza-tensione di una cella fotovoltaica per diverse temperature ... 28

Figura 22: (a) Distribuzione di temperatura in celle di impianti fotovoltaici a terra; (b) Distribuzione di temperatura in celle di impianti fotovoltaici galleggianti ... 29

Figura 23: Vista dall’alto del Testbed di Singapore ... 30

Figura 24: Testbed di Singapore: disposizione degli impianti e aziende costruttrici dei moduli e delle strutture galleggianti. ... 31

Figura 25: Possibile configurazione degli ancoraggi (Brevetto Solaris Synergy) ... 32

Figura 26: Piattaforma fotovoltaica galleggiante NRG Island ... 33

Figura 27: Rappresentazione schematica della tecnologia NRG Island ... 33

Figura 28: Piattaforma fotovoltaica galleggiante realizzata dalla 4C Solar ... 34

Figura 29: Struttura metallica atta al supporto dei pannelli fotovoltaici ... 35

Figura 30: Principio di funzionamento del Floatracker ideato da 4C Solar ... 35

Figura 31: Simulazione del funzionamento del sistema Floatracker sul bacino di una diga ... 36

(10)

iii

Figura 32: Piattaforma fotovoltaica galleggiante Hydrelio realizzata da Ciel et Terre .... 36

Figura 33: (a) Schema di assemblaggio degli elementi della tecnologia Hydrelio; (b), Dimensioni dei galleggianti principali e secondari ... 37 Figura 34: Impianto fotovoltaico galleggiante realizzato da Solaris Synergy ... 38

Figura 35: (a) Rappresentazione 3D del singolo elemento flottante; (b) Vista laterale del singolo elemento flottante ... 38 Figura 36: Variazione dell’inclinazione del modulo in presenza di vento ... 39

Figura 37: Tecnologia Solaris Synergy, focus sul telaio galleggiante e sul sistema di cavi tesi atti a mantenere la configurazione predefinita ... 39 Figura 38: (a) Rappresentazione 3D della piattaforma mobile sorretta da pontoni a sinistra; (b) Vista dall’alto della piattaforma in transito tra i pannelli a destra ... 40 Figura 39: (a) Piattaforma fotovoltaica galleggiante realizzata da Koinè Multimedia;(b) Zoom sul sistema di raffreddamento ad acqua della piattaforma Koinè Multimedia ... 41 Figura 40: (a) Zone in luce e in ombra con angolo di tilt pari a 40° e angolo di altezza solare pari a 20°; (b) Zone in luce e in ombra con angolo di tilt pari a 40° e angolo di altezza solare pari a 65°; ... 41 Figura 41: Impianto fotovoltaico galleggiante realizzato a Chungju (Corea) con tecnologia FTCC Booster reflector ... 42 Figura 42: (a) Raggi diretti e riflessi con tecnologia V–trough concentrator (inclinazione dei riflettori 62°); Disposizione di concentratori e dei moduli nell’impianto realizzato a Colignola (Pisa) ... 43 Figura 43: Raggi diretti e riflessi con concentratori a specchi parabolici ... 43

Figura 44: Piattaforma galleggiante orientabile ... 43

Figura 45: (a) Piattaforma galleggiante realizzata da Takiron Engineering; (b) Sollevamento della piattaforma fotovoltaica galleggiante per la messa in acqua ... 44

(11)

iv

Figura 46: (a) Galleggiante per il supporto dei moduli; (b) Barra a incastro per l’inclinazione dei moduli; (c) Galleggiante con funzione di ponte calpestabile; (d) Galleggiante esterno ... 45 Figura 47: Assemblaggio della piattaforma fotovoltaica galleggiante realizzata da SMCC ... 46 Figura 48: (a) Valori rilevati di temperatura ambiente su acqua e a terra; (b) Valori rilevati di velocità del vento su acqua e a terra ... 46 Figura 49: (a) Valori rilevati di umidità su acqua e a terra; (b) Valori rilevati del coefficiente di albedo su acqua e a terra ... 47 Figura 50: Valori del coefficiente globale di scambio termico U in funzione della tipologia di struttura galleggiante ... 48 Figura 51:Performance Ratio dei sistemi fotovoltaici galleggianti partecipanti al testbed di Singapore relativi al periodo aprile 2017 – marzo 2018 ... 49 Figura 52: Principio di funzionamento di moduli bifacciali e monofacciali ... 49

Figura 53: (a) Confronto in termini di PR tra stringhe bifacciali e monofacciali installate su piattaforme galleggianti; (b) Confronto in termini di PR tra stringhe monofacciali e bifacciali nel caso di installazioni a terra e su acqua ... 50 Figura 54: Andamento di radiazione solare, corrente e potenza misurate al punto di consegna e PR per una delle piattaforme fotovoltaiche galleggianti partecipanti al testbed ... 51 Figura 55: Idea di massima della configurazione della piattaforma fotovoltaica galleggiante ... 55 Figura 56: Diagramma cilindrico delle posizioni del sole per latitudine 43°42’ ... 57

Figura 57: Schema di riferimento per la determinazione della distanza minima tra file adiacenti di moduli, con moduli orientati verso sud e az = 0° ... 57

(12)

v

Figura 58: (a) Layout della piattaforma fotovoltaica A; (b) Layout della piattaforma fotovoltaica B... 58 Figura 59: Nomenclatura delle caratteristiche geometriche del profilo a U ... 62

Figura 60: Collare per ancoraggio ai tubi centrali ... 62

Figura 61: Supporti triangolari per moduli orizzontali con tilt di 25° prodotti da GeoBios ... 63 Figura 62: Assemblaggio della struttura metallica e dei moduli sulla piattaforma galleggiante ... 64 Figura 63: Caratteristiche geometriche della sezione dei binari a C realizzati da Solar Tech ... 64 Figura 64: Supporti triangolari per moduli verticali con tilt di 15° prodotti da Wurth .... 65

Figura 65: Vista 3D del posizionamento dei listelli costituenti la passerella della piattaforma A ... 66 Figura 66: (a) Configurazione delle passerelle della piattaforma A (vista dall’alto); ( b) Configurazione delle passerelle della piattaforma B (vista dall’alto)... 67 Figura 67: Forze agenti sulla piattaforma fotovoltaica in assenza di carichi esterni e s.d.r. assunto ... 70 Figura 68: Condizioni di carico da considerare per coperture a una falda ... 74

Figura 69: Forze agenti sulla piattaforma fotovoltaica in presenza di carico neve e s.d.r. assunto ... 75 Figura 70: Situazioni di riferimento per la valutazione del carico vento ... 77

Figura 71: Grafico per l’assegnazione della classe di esposizione ... 80

Figura 72: Andamento del coefficiente di esposizione ce in funzione dell’altezza sul suolo per ct = 1 ... 81

(13)

vi

Figura 73: Forze agenti sulla piattaforma fotovoltaica in presenza di carico vento e s.d.r.

assunto ... 83

Figura 74: Fattori di schermo da considerare per le vrie file di moduli a seconda della direzione del vento ... 84

Figura 75: Forze agenti sulla piattaforma fotovoltaica in presenza di neve e vento e s.d.r. assunto ... 85

Figura 76: Caratteristiche delle curve segmentate per raccordi a 90° ... 89

Figura 77: Caratteristiche delle curve T per la realizzazione del reticolo ... 90

Figura 78: (a) Curve Te DN 450 saldate tra loro; (b) Curve Te DN 500 saldate tra loro 90 Figura 79: Configurazione della piattaforma per la soluzione A con raccordi commerciali ... 91

Figura 80: (a) Raccordi su misura DN 450 per la piattaforma A; (b) Raccordi su misura DN 500 per la piattaforma B ... 92

Figura 81: Assemblaggio della piattaforma B (DN 500) ... 92

Figura 82: Macchina saldatrice in attività ... 94

(14)

vii

I

NDICE DELLE TABELLE

Tabella 1: Principali voci di costo annuali delle discariche in gestione post-operativa

(2009 -2011) ... 7

Tabella 2: Stima del costo complessivo delle discariche in gestione post operativa ... 7

Tabella 3: Scheda tecnica moduli flessibili PowerFLEX 300 W ... 18

Tabella 4: Dati elettrici dei moduli ND – R250 A5 SHARP riferiti alle STC ... 56

Tabella 5: Dati meccanici dei moduli ND – R250 A5 SHARP ... 56

Tabella 6: Radiazione solare globale giornaliera media mensile su specchio d’acqua sito nella città di Pisa, con angolo di tilt pari a 15° e a 25° ... 59

Tabella 7: Radiazione solare globale mensile su specchio d’acqua sito nella città di Pisa, con angolo di tilt pari a 15° e a 25° ... 60

Tabella 8: Caratteristiche geometriche del profilo a U delle travi in acciaio inox selezionate ... 61

Tabella 9: Caratteristiche geometriche dei supporti triangolari GeoBios TL085 ... 63

Tabella 10: Caratteristiche meccaniche dei supporti triangolari Wurth ... 65

Tabella 11: Zonazione Italia e relativi valori del carico neve al suolo ... 73

Tabella 12: Valori del coefficiente di forma ... 73

Tabella 13: Valori del coefficiente di esposizione Ce per diverse classi di esposizione .. 74

Tabella 14: Dati propedeutici al calcolo del carico neve complessivo e entità di quest’ultimo ... 75

Tabella 15: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni e in presenza di carico neve con diametro esterno di 350 mm e spessore 20 mm ... 76

Tabella 16: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni e in presenza di carico neve con diametro esterno di 400 mm e spessore 20 mm ... 76

(15)

viii

Tabella 17: Valori dei parametri vb, 0, a0 e ks ... 79

Tabella 18: Classi di rugosità del terreno ... 80

Tabella 19: Parametri per la definizione del coefficiente di esposizione ... 81

Tabella 20: Forza esercitata dal vento sui moduli ... 82

Tabella 21: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve e in presenza di vento con diametro esterno di 400 mm e spessore 20 mm ... 83

Tabella 22: Percentuale di volume dei galleggianti immersa per la soluzione B in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve e in presenza di vento con diametro esterno 450 mm e spessore 20 mm ... 84

Tabella 23: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve, in presenza di vento e in caso di azione congiunta di vento e neve con De(A)= 400 mm e De(B)= 450 mm e spessore 20 mm ... 86

Tabella 24: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve, in presenza di vento e in caso di azione congiunta di vento e neve con De(A)= 430 mm e De(B)= 500 mm ... 86

Tabella 25: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve, in presenza di vento e in caso di azione congiunta di vento e neve con De(A)= 450 mm – s(A)=21 mm e De(B)= 500 mm – s(B)=24 mm ... 88

Tabella 26: Percentuale di volume dei galleggianti immersa in assenza di carichi esterni, in presenza di carico neve, in presenza di vento e in caso di azione congiunta di vento e neve, tenuto conto dei raccordi, con De(A)= 450mm – s(A)=21 mm e De(B)= 500 mm – s(B)=24 mm ... 93

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ix

I

NTRODUZIONE

Oggetto della presente tesi sono l’individuazione e l’analisi delle tecnologie per l’installazione di impianti fotovoltaici su superfici marginali e, in particolare, su discariche esaurite, o bacini esauriti di discariche ancora attive, e su specchi d’acqua. Gli impianti fotovoltaici hanno conosciuto grande diffusione a partire dai primi anni duemila, quando in Europa sono nate le prime politiche incentivanti con lo scopo di promuovere proprio la fonte rinnovabile solare.

Quello delle rinnovabili è un settore in cui la Comunità Europea ha investito e continua a investire molto: basti pensare al “Pacchetto per il clima e per l’energia 2020”, una serie di norme vincolanti volte a garantire che l’UE raggiunga i suoi obiettivi in materia di clima ed energia entro il 2020. Uno dei punti di questo piano prevede che il 20% del fabbisogno energetico europeo sia coperto dalle fonti rinnovabili: per l’Italia l’obbiettivo da raggiungere è il 17%.

Tuttavia, la fine delle politiche incentivanti, nella fattispecie degli incentivi in conto esercizio noti come Conto Energia in Italia, ha causato un brusco arresto nell’installazione di impianti fotovoltaici [1], nonostante il crollo dei prezzi dei moduli e la crescita della loro efficienza.

(17)

x

Si noti come dal 2013, anno di cessazione del quinto ed ultimo Conto Energia, la crescita in termini di potenza sia avvenuta secondo ritmi meno sostenuti. Ad essere installati oggi sono soprattutto impianti domestici di potenza estremamente limitata, spesso ≤ 3 𝑘𝑊𝑝, favoriti dalla detrazione fiscale IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) che permette di recuperare il 50% in dieci anni delle spese sostenute.

Tuttavia, gli impianti di piccola taglia (< 20 𝑘𝑊𝑝), nonostante rappresentino il 90% degli

impianti installati in Italia, forniscono soltanto il 20% della potenza complessiva nazionale [1]: essi non sono dunque sufficienti al raggiungimento degli obbiettivi posti dalla Comunità Europea.

Il maggior contributo in termini di potenza è dato dagli impianti a terra, che possono raggiungere potenze di decine di MWp, e dagli impianti realizzati su coperture piane di

edifici commerciali o industriali, caratterizzati da potenze dell’ordine delle centinaia di kWp.

Entrambe queste tipologie di impianti hanno però dei limiti:

• gli impianti di medio-grande taglia realizzati su coperture piane hanno a disposizione una superficie limitata e sono più costosi degli impianti a terra in quanto richiedono adeguato rinforzo della copertura, visto il peso dei moduli e delle loro strutture metalliche di supporto, e il rispetto di particolari norme di sicurezza per gli operatori in fase di assemblaggio, che rendono l’installazione più costosa e più lenta. La questione economica si è fatta particolarmente sentire una volta terminate le incentivazioni in conto esercizio;

• gli impianti a terra sono stati spesso oggetto di dibattiti riguardanti il conflitto tra produzione di energia e altre attività: in particolare, in un mondo dove i terreni liberi scarseggiano, specie in prossimità dei maggiori centri urbani, impiegarli per la produzione di energia significa sottrarre ettari all’agricoltura e al pascolo. Inoltre, negli ultimi anni molti impianti a terra sono stati oggetto di furti di moduli, rivenduti poi sul mercato nero.

Oltre alla necessità di raggiungere gli obbiettivi posti dall’Unione Europea, altri due fattori che spingono oggi a cercare siti alternativi per l’installazione di impianti fotovoltaici sono il basso costo e l’elevata efficienza raggiunti dai moduli fotovoltaici, che rendono appetibile questa tecnologia.

(18)

xi

In Europa il costo dei moduli in Silicio policristallino nei primi mesi del 2017 si aggirava attorno a 0,45𝑊

𝑝, contro gli 1,07

𝑊𝑝 necessari all’inizio del 2013 e i 2,00

𝑊𝑝 del 2010 [2]. È difficile tuttavia stabilire il prezzo corrente, essendo esso in continuo ribasso: secondo il

Module Price Index negli ultimi 18 mesi si è scesi fino a 0,30𝑊

𝑝 [2]. Due sono le cause principali di questo declino: la concorrenza dei produttori asiatic i, soprattutto cinesi, e il rallentamento della domanda non solo in Italia, ma in tutta Europa.

Figura 2: Andamento del costo dei moduli in Silicio cristallino da febbraio 2017 a settembre 2018

Per quanto riguarda i moduli a film sottile, invece, l’ultimo dato riportato da PV Magazine risale al 2013, quando in Germania il costo dei moduli in CdTe era di 0,58𝑊

𝑝 [2]. Da allora molte case costruttrici europee sono fallite e la limitata concorrenza, oltre alla limitata ricerca nel settore, ha fatto sì che i prezzi non si abbassassero come quelli dei moduli cristallini. L’Unione Europea ha puntato molto nel recente passato sui moduli in CIGS flessibili: dal 2012 al 2015 è stato portato avanti il Progetto R2R-CIGS (Roll-to-roll

manufacturing of high efficiency and low cost flexible CIGS solar module), con lo scopo

di mettere a punto tecnologie in grado di portare il prezzo di questi moduli a 0,50 𝑊€ 𝑝 in futuro [3], ma a oggi si attestano ancora sopra 0,70 𝑊

(19)

xii

Figura 3: Andamento del costo dei moduli a film sottile negli ultimi anni e previsione al 2020

Il calo del costo dei moduli ha avuto inevitabili ripercussioni sul costo complessivo degli impianti fotovoltaici: il prezzo “chiavi in mano” di un impianto su tetto di potenza compresa tra 10 e 100 kWp in Germania è sceso dai 14′000

𝑘𝑊𝑝 del 1990 ai 1

270 € 𝑘𝑊𝑝 del 2016 [5]; per gli impianti a terra di grande potenza si è scesi addirittura sotto i 1′000𝑘𝑊

𝑝.

Figura 4: Storico dei costi per l’installazione di un impianto di potenza compresa tra 10 e 100 kWp in

(20)

xiii

Anche in termini di efficienza negli ultimi anni il mondo del fotovoltaico ha subito una continua evoluzione: negli ultimi dieci anni quella dei moduli commerciali in Silicio è passata dal 12% al 18%, con picchi anche del 21% raggiunti dai monocristallini, mentre quella dei moduli a film sottile, in particolare della tecnologia CdTe (Telluro di Cadmio) è passata dal 9% al 15% [5].

I valori massimi di efficienza delle singole celle raggiunti in laboratorio sono invece 26,6% per quelle in Silicio monocristallino, il 21,9% per quelle in Silicio policristallino, 21,7 % per la tecnologia a film sottile CIGS (Copper Indium Gallium (di) Selenide) e 21% per la tecnologia a film sottile CdTe [5].

I valori massimi di efficienza di moduli e celle a film sottili sono stati ottenuti nel caso di impiego del vetro come substrato e come copertura. Tuttavia, le applicazioni più interessanti della tecnologia a film sottile prevedono l’impiego di un substrato flessibile, costituito da un sottile foglio d’acciaio o di materiale polimerico, e di uno strato di materiale plastico trasparente come copertura. I moduli flessibili così ottenuti sono decisamente più leggeri dei moduli rigidi (1 kg per un pannello da 100 W, contro 10 kg di un pannello in silicio cristallino di egual potenza) e sono in grado di adattarsi a qualsiasi superficie. Quest’ultima peculiarità li rende particolarmente idonei per l’integrazione architettonica, ma non solo.

La necessità di incrementare la percentuale di fabbisogno coperta dalle rinnovabili, i problemi connessi alla realizzazione di impianti a terra e i progressi della tecnologia fotovoltaica in termini di costo ed efficienza hanno spinto a cercare possibili alternative ai tradizionali siti di installazione per impianti di medio-grande taglia, e da qui l’idea di realizzare impianti fotovoltaici su aree marginali, non utilizzabili per altri scopi.

Con questo intento è nato il Progetto M2RES (“From Marginal To Renewable Energy

Sources Sites”), conclusosi nel 2014, che si poneva come obiettivo quello di promuovere

la riqualificazione di aree marginali come discariche, cave, miniere, ex aree militari e siti contaminati attraverso programmi d’investimento nel fotovoltaico, eolico, biomasse, geotermico e biogas.

Il progetto M2RES è stato coordinato da ENEA e cofinanziato dall’Unione Europea tramite il Programma “Europa Sud Orientale 2007-2013”: il territorio dell’Unione ha infatti un enorme patrimonio scarsamente o affatto valorizzato, rappresentato dai terreni

(21)

xiv

marginali spesso in condizioni di degrado. Le attività di questo programma si sono rivolte in primo luogo agli Enti Locali con un’azione di informazione e formazione sulle opportunità offerte dalle aree marginali e, in alcuni casi, di assistenza nella progettazione e pianificazione di interventi per la realizzazione di piattaforme per la produzione di energie rinnovabili.

Oltre alla realizzazione di impianti fotovoltaici sui siti marginali presi in esame da M2RES, si sta diffondendo, specie nei paesi asiatici, l’installazione di impianti fotovoltaici galleggianti su specchi d’acqua, non necessariamente inutilizzati. Infatti, non solo è possibile realizzare questi impianti su laghi o bacini artificiali già sfruttati ad esempio per l’approvvigionamento idrico di acqua potabile o per l’irrigazione, ma la loro presenza porta anche benefici. Si verificano infatti una riduzione della crescita delle alghe, potenzialmente tossiche in alcuni casi, e una riduzione dell’evaporazione nei mesi più caldi, entrambe connesse alla schermatura della superficie acquatica ad opera della piattaforma fotovoltaica galleggiante.

Nel presente lavoro di tesi magistrale si cercherà di fare luce sullo stato dell’arte degli impianti fotovoltaici realizzati su discariche e di quelli galleggianti, mettendone in evidenza punti di forza e problematiche, e cercando di valutare la loro fattibilità economica.

A tale scopo, il lavoro di tesi è stato articolato in tre capitoli.

Il primo capitolo sarà dedicato agli impianti fotovoltaici realizzati su discariche esaurite o su bacini esauriti di discariche ancora attive.

Viste le peculiarità del sito d’installazione, la prima parte verrà dedicata all’analisi del processo di smaltimento dei rifiuti in discariche controllate, alla stratigrafia del corpo di discarica, alla produzione di biogas e percolato all’interno del corpo stesso e alla valutazione dei costi della fase di post-gestione. Questa prima parte sarà propedeutica alla comprensione dei punti di forza e delle criticità connessi alla realizzazione degli impianti fotovoltaici su discarica, che verranno trattati nella seconda parte del capitolo.

Nella terza parte verranno invece analizzate, con riferimenti ad applicazioni esistenti, due possibili soluzioni impiantistiche, che prevedono una l’uso di moduli in Silicio cristallino fissati a zavorre e l’altra l’uso di moduli a film sottile flessibili fissati a una

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xv

geomembrana: ampio spazio verrà dedicato al confronto tra le due soluzioni e verranno fornite indicazioni sul costo di questi sistemi.

La quarta e ultima parte avrà infine lo scopo di mettere in evidenza le potenzialità delle discariche come siti di installazione di impianti fotovoltaici: per avere un ordine di grandezza, si effettuerà una stima della potenza installabile nella regione Toscana.

Il secondo capitolo avrà come oggetto la realizzazione di impianti fotovoltaici su specchi d’acqua.

Nella sua prima parte verranno messi in evidenza i vantaggi e i punti critici della soluzione in esame più dibattuti in letteratura.

Seguirà lo stato dell’arte di questa tecnologia, che si concentrerà sulla varietà di strutture galleggianti attualmente brevettate e commercializzate, necessarie al supporto dei moduli. Lo spunto per passare in rassegna le soluzioni esistenti sarà fornito dal testbed di Singapore, il più grande banco di prova mondiale al quale hanno preso parte le maggiori aziende del settore. Dall’analisi dei dati ottenuti da questo testbed, resi noti dal SERIES (Solar Energy Research Institute of Singapore) nel giugno 2018, emergerà la forte influenza della configurazione della struttura galleggiante sulla producibilità di questi impianti.

Il terzo e ultimo capitolo avrà poi l’obbiettivo di fornire una stima del costo di realizzazione degli impianti fotovoltaici galleggianti, circa il quale non sono state reperite informazioni attendibili in letteratura: in particolare, si cercherà di stabilire quale sia l’incidenza del costo di realizzazione della struttura galleggiante sul costo complessivo. A tale scopo, si procederà innanzitutto alla progettazione di due possibili piattaforme: trattandosi di una tecnologia modulare, il progetto riguarderà una singola unità galleggiante, eventualmente ripetibile per ottenere impianti di maggiore potenza.

Nella prima parte sarà definito il design degli elementi galleggianti delle due piattaforme, denominate per semplicità A e B, volto a mettere insieme i punti di forza delle soluzioni attualmente presenti sul mercato.

Nella seconda e nella terza parte verranno definite rispettivamente la configurazione della struttura metallica di sostegno dei moduli, che risulterà essere in gran parte analoga a quella convenzionalmente adottata per la realizzazione di impianti su coperture piane e

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quella delle passerelle, realizzate in materiale riciclato, necessarie per facilitare le operazioni di ispezione, manutenzione e pulizia, qualora quest’ultima non sia affidata a robot.

Definito il design complessivo dell’isola fotovoltaica, nella quarta parte si procederà al dimensionamento degli elementi galleggianti tubolari in termini di spessore e diametro: in questa fase si andrà a verificare il galleggiamento delle due piattaforme fotovoltaiche ideate tenendo conto del peso proprio, del carico neve e dell’azione del vento. A tale fine verrà condotto un calcolo iterativo, mediante l’ausilio del software Excell, basato sul Principio di Archimede.

Per avere riscontro circa l’effettiva realizzabilità delle piattaforme galleggianti ideate e per avere una stima dei costi di realizzazione, le ultime parti del capitolo vedranno il coinvolgimento dell’azienda Idrotherm 2000, leader nel settore della produzione di tubazioni in materiali termoplastici con sede a Castelnuovo Di Garfagnana (Lu).

In primo luogo, nella quarta parte i diametri e gli spessori emersi dal dimensionamento dei tubi saranno adeguati alle soluzioni commercialmente disponibili e sarà definita la stratigrafia dei tubi in modo da ricorrere alla massima percentuale possibile di HDPE da riciclo.

Stabilite geometria e stratigrafia dei tubi, nella quinta parte si passerà alla valutazione dei raccordi a 90° e a T, necessari per l’assemblaggio delle piattaforme A e B, più idonei all’applicazione in esame: l’obbiettivo sarà quello di minimizzare il numero di saldature da eseguire in cantiere, che incide sia sul costo di realizzaz ione, sia sulla resistenza meccanica delle piattaforme.

Nota l’esatta configurazione delle due piattaforme, sarà possibile concludere il capitolo con una sesta e ultima sezione dedicata alla stima del costo per unità di potenza degli impianti fotovoltaici galleggianti.

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1

CAPITOLO 1:

G

LI IMPIANTI FOTOVOLTAICI SU DISCARICA

Il presente capitolo ha lo scopo di valutare le possibili soluzioni adottabili per la realizzazione di impianti fotovoltaici su discariche esaurite o su bacini esauriti di discariche ancora attive.

Per comprendere quali siano i vincoli da rispettare per la realizzazione di suddetti impianti su siti così particolari, verranno innanzitutto fornite alcune nozioni sul processo di smaltimento dei rifiuti in discariche controllate e sulla produzione di biogas e percolato all’interno delle stesse, che si ripercuotono sulla stratigrafia del corpo dei rifiuti.

Acquisite suddette nozioni, sarà possibile comprendere quali siano le maggiori voci di costo da sostenere della fase di post-gestione di una discarica e valutare quali vantaggi si possano trarre dalla realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla sua superficie.

Si procederà dunque alla descrizione delle soluzioni tecnologiche adottate negli impianti esistenti, facendo riferimento a casi pratici, per poi concludere il capitolo con la valutazione delle potenzialità della soluzione impiantistica in esame.

1.1. Lo smaltimento dei rifiuti in discariche controllate

La gestione dei rifiuti è un’attività complessa, comprendente raccolta, trasporto, recupero e smaltimento degli stessi, con la quale la società umana si è sempre dovuta confrontare. Per cercare di limitare lo smaltimento in discarica, l’Unione Europea con la normativa 91/156/CEE, recepita in Italia con il Decreto Ronchi del 1997, ha introdotto il concetto di “gestione integrata dei rifiuti”, la quale prevede di agire secondo una scala di priorità. I primi due livelli della suddetta scala mirano a evitare la formazione dei rifiuti derivanti dalla produzione di beni superflui (Remove) e limitare quantità e pericolosità dei materiali costituenti i beni utili e/o indispensabili (Reduce). Laddove sia possibile, la gestione integrata prevede un terzo livello nel quale si cerca di riutilizzare gli oggetti nella loro forma originale (Reuse). Nei casi in cui non sia possibile reimpiegare i beni tal quali, si procede alla fase di riciclaggio, volta a riprocessare i materiali da incorporare poi in nuovi prodotti (Recycle) o al recupero energetico (Recover). Seguono infine il sesto e il settimo livello della scala, consistenti rispettivamente nel trattamento chimico-fisico del rifiuto

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volto a limitarne l’impatto ambientale (Treat) e nel suo smaltimento vero e proprio in discarica (Dispose).

La gestione integrata dei rifiuti non può, nel quadro attuale, prescindere dall’esistenza di impianti di smaltimento finale, e quindi di discariche, in quanto elementi necessari alla chiusura del ciclo dei rifiuti. Peraltro, l’attuazione solo parziale delle politiche gestionali sopra descritte fa dello smaltimento in discarica la principale soluzione applicata nel territorio nazionale.

Come premesso, al fine di comprendere potenzialità e problematiche connesse alla realizzazione di impianti fotovoltaici su discariche esaurite, si forniscono nei paragrafi successivi alcune nozioni relative alla formazione di biogas e percolato all’interno del cumulo dei rifiuti, alla stratigrafia tipica delle discariche controllate e all’eventuale recupero energetico da biogas.

Nel proseguo si farà riferimento a discariche per rifiuti urbani e industriali non pericolosi, che costituiscono la maggiorparte delle discariche italiane.

1.1.1. Formazione di biogas e percolato e stratigrafia tipica di una discarica

Come visto al paragrafo precedente, la gestione integrata dei rifiuti dà la priorità al recupero di materia; prima del conferimento in discarica si ha dunque una fase di separazione della frazione multimateriale del RSU (Rifiuto Solido Urbano), le cui componenti, essenzialmente plastica, vetro e alluminio, vengono inviate ad aziende che provvedono al riciclaggio, e della frazione costituita da sfalci e potature, destinata alla produzione di compost verde, utilizzabile come ammendante.

La frazione indifferenziata del RSU viene invece inviata a un impianto di selezione: innanzi tutto vengono rimosse le parti metalliche, destinate a recupero, mediante l’ausilio di calamite. Successivamente, la restante parte di rifiuti viene destinata a un’operazione di tritovagliatura che dà luogo a due flussi: il “sottovaglio”, composto prevalentemente da rifiuti organici, e il “sopravaglio” che può contenere inerti, residui di plastiche e vetro ecc. [6].

Il primo dei due flussi, sottoposto a una fase di stabilizzazione aerobica per circa 21 giorni, origina la FOS (Frazione Organica Stabilizzata): questa, come si vedrà di seguito, viene impiegata come copertura giornaliera del fronte di discarica.

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Il secondo può invece essere direttamente smaltito in discarica oppure inviato a un inceneritore: in quest’ultimo caso il sopravaglio finisce in discarica sottoforma di cenere, occupando un volume decisamente minore.

Una volta depositati nel lotto di discarica, i rifiuti solidi subiscono un complesso processo di decomposizione fisica, chimica e biologica, il quale porta alla degradazione della componente organica dei rifiuti stessi, con conseguente produzione di biogas e percolato. Il processo di decomposizione principale è tuttavia quello biologico, che può essere visto come successione di una fase di degradazione aerobica, una fase acida anaerobica e una fase anaerobica metanigena [7].

La prima fase, relativamente breve (da qualche ora ad alcuni mesi), sfrutta l’ossigeno presente al momento del conferimento dei rifiuti in discarica e consiste in un processo esotermico che porta alla produzione di anidride carbonica, acqua e sostanze organiche parzialmente degradate.

La seconda fase ha inizio quando la disponibilità di ossigeno libero è limitata e gli organismi presenti devono ricorrere all’ossigeno legato: si svolgono reazioni di fermentazione acida che originano ammoniaca, idrogeno, anidride carbonica, percolato e composti organici acidi parzialmente degradati. Con il termine percolato s’intende un liquido che trae prevalentemente origine dall’infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi, un refluo con tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici che, per legge, deve essere captato e opportunamente trattato per evitare l’inquinamento delle falde acquifere.

La terza fase, infine, ha inizio 6 ÷ 12 mesi dopo l’interramento dei rifiuti e ha come principali prodotti anidride carbonica e metano, cioè i maggiori costituenti del biogas; la fuoriuscita di quest’ultimo dal cumulo dei rifiuti deve essere impedita, trattandosi di un gas a effetto serra.

Come previsto dal punto 2.5, allegato 1, D. Lgs. n. 36 del 13/01/2003, “Le discariche che

accettano rifiuti biodegradabili devono essere dotate di impianti per l'estrazione dei gas che garantiscano la massima efficienza di captazione e il conseguente utilizzo energetico ”;

pertanto, si rende necessario disporre di una rete di captazione e collettazione del biogas e di un sistema ideato per il recupero energetico da esso: è oggi prassi comune produrre energia

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elettrica e termica dalla combustione di biogas in motori alternativi a combustione interna cogenerativi.

Per minimizzare le infiltrazioni di acque meteoriche concorrenti alla formazione del percolato e le fuoriuscite di biogas, il fronte di avanzamento di una discarica operativa viene coperto giornalmente con la FOS; una volta esaurita la coltivazione di un lotto di discarica, questo deve essere dotato di copertura definitiva impermeabile.

L’allegato 1 al D. Lgs. n. 36 del 13/01/2003 riguardante gli impianti di discarica per rifiuti non pericolosi prevede che la copertura sia costituita, procedendo dal basso vers o l’alto, da uno strato di regolarizzazione atto a sostenere gli strati sovrastanti, uno strato drenante composto da materiale granulare avente pezzatura di 7-8 cm e spessore minimo di 50 cm, uno strato minerale di impermeabilizzazione di spessore minimo 50 cm, un ulteriore strato di drenaggio delle acque meteoriche e, infine, uno strato superficiale di copertura avente spessore minimo di 1 m.

Per captare il biogas e il percolato, quest’ultimo inevitabilmente presente nonostante la copertura, vengono predisposte all’interno del cumulo dei rifiuti trincee orizzontali di tubazioni fessurate in HDPE circondate da ghiaia ogni 6-7 metri di altezza del cumulo e pozzi verticali, aventi la medesima configurazione.

Figura 5: Stratigrafia della copertura superficiale della discarica a sinistra, del substrato di base della

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Figura 6: Captazione di biogas e percolato all’interno del cumulo di rifiuti

Anche il fondo della discarica deve essere impermeabilizzato per evitare la contaminazione delle falde acquifere; a tale proposito, l’allegato 1 al D. Lgs. n. 36 del 13/01/2003 sopra citto prevede anche che il substrato di base di una discarica sia costituito da una barriera geologica naturale (argilla) avente spessore minimo di 1 m. Al di sopra di essa devono essere posti nell’ordine una barriera artificiale di confinamento, realizzata mediante uno strato di materiale minerale compattato di spessore minimo pari a 1 m e una geomembrana di impermeabilizzazione in HDPE di spessore minimo 2 mm, sulla quale deve essere depositato infine uno strato drenante necessario alla raccolta del percolato, analogo a quello presente nella copertura.

1.1.2. La gestione post-operativa

La procedura di chiusura della discarica è normata dall’art. 12 del D. Lgs n. 163 del 2003 che, al comma 3, specifica che la stessa discarica o parte di esse viene considerata definitivamente chiusa “solo dopo che l’Ente Territoriale competente al rilascio

dell’autorizzazione, di cui all’art. 10, ha eseguito una ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera f e comunicato a quest’ultimo l’approvazione della chiusura”. Pertanto, la fase di

post-gestione inizia nel momento in cui cessano i conferimenti e si protrae per una durata pari al tempo in cui potrebbe comportare rischi per l’uomo e per l’ambiente. In questo arco temporale, non inferiore a trent’anni, il gestore rimane responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo della discarica.

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6

Il piano finanziario dell’impianto risulta essere il cuore di tutta l’attività svolta in discarica, dalla fase di progettazione, costruzione e conferimento alla fase terminale di gestione post – operativa, dovendo essere garantita l’autosufficienza economica della complessiva gestione della discarica.

L’articolo 15 del D.lgs. 36 del 2003 stabilisce che “Il prezzo corrispettivo per lo

smaltimento in discarica deve coprire i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura”. Vengono così specificate quali voci

comprende il costo che deve sostenere chi conferisce i rifiuti in discarica, dovendo essere interamente coperti tutti i costi, compresi quelli relativi alla gestione post – operativa e alla chiusura.

Le discariche in fase di gestione post – operativa rappresentano da sempre una criticità ambientale, sociale ed economica. In particolare, in questa fase devono essere mantenuti in funzione le reti di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, il sistema di captazione e trattamento del percolato, la rete di captazione del biogas, le sezioni atte al trattamento e all’eventuale recupero energetico del biogas e tutti i sistemi di campionamento ed analisi. Devono inoltre essere mantenuti in buono stato le recinzioni, i cancelli di ingresso e le strade di viabilità interna ed esterna, oltre alla copertura vegetale della discarica.

I costi necessari alle attività sopra elencate sono tutt’altro che trascurabili: ATOR (Associazione d’ambito Torinese per il governo dei rifiuti) ha valutato in [8] le principali voci di costo annuali delle discariche in gestione post – operativa della provincia di Torino, relative al biennio 2009/2011, ed ha effettuato una stima del costo complessivo ammettendo un periodo di gestione pari a 30 anni.

Si riportano nelle tabelle seguenti le caratteristiche principali dei siti di discarica in esame e i relativi costi di gestione (8):

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Tabella 1: Principali voci di costo annuali delle discariche in gestione post-operativa (2009 -2011)

Tabella 2: Stima del costo complessivo delle discariche in gestione post operativa

Si osservi come le voci di costo più significative siano costituite dal trasporto e dallo smaltimento del percolato e dalla manutenzione del verde.

Il volume di percolato prodotto in una discarica esaurita dipende principalmente dalla quantità d’acqua che penetra nel corpo dei rifiuti, la quale a sua volta è correlabile alla piovosità della zona in esame e al capping: bisogna tener conto del fatto che il capping di vecchie discariche esaurite non risponde ai criteri introdotti a seguito del D. Lgs. 36 del 2003.

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Molte discariche oggi esaurite, infatti, sono state realizzate quando ancora lo smaltimento dei rifiuti non era normato: spesso non veniva effettuata la selezione dei rifiuti in ingresso e non era presente un impianto di recupero energetico dal biogas.

1.2. Vantaggi e problematiche delle discariche solari

Il valore economico complessivo delle attività di gestione post – operativa evidenziato al paragrafo precedente induce a ricercare iniziative per ottenere ricavi con interventi sulle aree di pertinenza degli impianti: la presenza di una centrale di recupero energetico e la realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla superficie della discarica possono consentire di trarre dei ricavi, anche una volta esaurite le volumetrie autorizzate.

Anche laddove sia presente una sezione di recupero energetico atta alla produzione di energia elettrica per autoconsumo e per immissione in rete, è necessario tener conto del calo della produzione di biogas negli anni.

Acaia et al. in [9] sostengono che la quantità di biogas prodotta, espressa in 𝑚3

𝑎𝑛𝑛𝑜,

raggiunga il massimo circa dieci anni dopo l’inizio dei conferimenti in discarica, per poi decrescere come visibile nel grafico riportato:

Figura 7: Andamento tipico della curva di produzione di biogas da discarica di RSU

Considerando che la coltivazione di un lotto di discarica può protrarsi per 2 ÷ 5 anni, la produzione di energia elettrica mediante combustione di biogas può considerarsi un valido introito per circa 10 ÷ 15 anni dalla copertura definitiva del lotto stesso.

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Oltre alla volumetria di biogas, negli anni si verifica anche una variazione della composizione dello stesso: tra i 10 e i 15 anni dal conferimento dei rifiuti inizia a decrescere la percentuale di CH4, dalla quale dipende essenzialmente il potere calorifico

dello stesso biogas, mentre aumenta quella di CO2 [7]. Quando la percentuale di CH4

scende sotto un certo valore limite, dipendente dal motore alternativo a combustione interna impiegato, non è più possibile sfruttarlo per il recupero energetico e deve essere bruciato in torcia.

Figura 8: Grafico indicativo della variazione della composizione del biogas nel tempo

Poiché la fase post – operativa ha una durata minima di trent’anni, come visto precedentemente, può essere ragionevole colmare il gap di produzione da biogas con la produzione da fotovoltaico.

Si può pensare cioè a un sistema ibrido ad alta efficienza: il solare produce nelle ore diurne, mentre i motori alternativi a combustione interna alimentati a biogas possono esser messi in funzione nelle ore notturne [10].

La scelta di localizzare impianti fotovoltaici sulle discariche esaurite, o su lotti esauriti di discariche ancora in attività, rappresenta inoltre uno dei requisiti per la valutazione positiva dei progetti ai sensi del D.M. del 10 settembre 2010 (“Linee guida per

l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili”), in quanto consente la

minimizzazione di interferenze sull’ambiente legate all’occupazione di suolo.

Come accennato nell’introduzione, con le elevate tariffe incentivanti previste dalle prime versioni del Conto Energia a favore degli impianti di potenza superiore ai 50 kWp, a

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partire dal 2005 sono stati realizzati numerosi impianti di medio – grande taglia su terreni agricoli, che hanno sottratto spazio all’agricoltura e al pascolo, oltre ad aver creato problemi di alterazione visiva del paesaggio.

Per queste ragioni con il D. M. sopra citato si è cercato di promuovere l’installazione di impianti a fonti rinnovabili su aree marginali: alla parte IV del decreto viene individuato come requisito per la valutazione positiva del progetti “Il riutilizzo di aree già degradate

da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati ai sensi della Parte quarta, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, consentendo la minimizzazione di interferenze dirette e indirette sull'ambiente legate all'occupazione del suolo ed alla modificazione del suo utilizzo a scopi produttivi [… ]”.

Anche la collocazione geografica delle discariche gioca a favore dell’installazione di impianti fotovoltaici sulle loro superfici: per ovvie ragioni le discariche si trovano infatti generalmente lontane dalle aree protette, dove non si hanno vincoli paesaggistici, e sono ben collegate ai centri urbani dalle reti stradali usate in fase di attività della discarica per il conferimento dei rifiuti. La presenza di tali reti è importante per il trasporto degli elementi dell’impianto fotovoltaico in fase di costruzione e per le successive operazioni di controllo e manutenzione.

Inoltre, le discariche sono provviste di recinzioni e telecamere di sorveglianza, utili alla prevenzione di furti e atti vandalici, che si sono verificati frequentemente ai danni degli impianti realizzati a terra, e spesso sono già dotate di connessioni alla rete elettrica di grande capacità, specie se nel sito di discarica si produce già energia elettrica da biogas. Ai vantaggi sopra elencati si contrappongono tuttavia problematiche legate alla natura del sito d’installazione.

Come visto a pag. 4, all’interno del cumulo dei rifiuti sono presenti condotte orizzontali e pozzi verticali atti alla captazione e alla collettazione di biogas e percolato: i moduli fotovoltaici devono essere cautelativamente posizionati a una certa distanza da essi, in modo da minimizzare le potenziali interferenze e il rischio incidenti.

Per la realizzazione della discarica solare di Novellara, ad esempio, sono stat e cautelativamente mantenute distanze pari a sei metri dai pozzi di captazione del biogas e

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di rilancio del percolato, tre metri dai collettori secondari che trasportano il biogas dai pozzi ai presidi di gestione e quindici metri dai drenaggi delle acque meteoriche [11]. Un’altra problematica di cui tener conto è quella della stabilità del terreno, legata al continuo assestamento del cumulo dei rifiuti.

In generale si può affermare che i fenomeni di consolidazione del cumulo dei rifiuti smaltiti all’interno di una discarica sono caratterizzati da durate certamente importanti, con esaurimento atteso non prima di alcune decine di anni. Inoltre, l’entità dei fenomeni e la loro distribuzione spazio – temporale variano da un caso all’altro, risultando così di difficile previsione. Grisolia, Gandolla et al. hanno tracciato, su base sperimentale, una curva di regressione esponenziale in grado di rappresentare l’assestamento di una colonna di rifiuti, confermata dall’analisi di casi pratici [12].

Nel tracciare la curva di regressione, Grisolia, Gandolla et al. hanno considerato il rifiuto composto da materiale inerte stabile, materiale molto deformabile e materiale facilmente biodegradabile.

Figura 9: Curva di regressione rappresentante l’assestamento di una colonna di rifiuti

I suddetti assestamenti del corpo di discarica dipendono essenzialmente da quattro tipi di azioni: azioni meccaniche, azioni biochimiche, azioni chimico-fisiche e riempimento interstizi.

Le prime sono legate al peso degli strati sovrastanti dei rifiuti, al peso della copertura finale e al passaggio del compattatore dei rifiuti; le seconde consistono nella decomposizione aerobica e anaerobica della materia organica; le terze sono legate ai

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processi di corrosione dei metalli ferrosi e talvolta all’ossidazione e alla combustione, mentre il riempimento interstizi consiste nel riempimento dei macro pori ad opera di particelle più fini, originatesi a seguito del deterioramento dei rifiuti.

Il progetto di un impianto fotovoltaico su una discarica deve pertanto necessariamente tenere conto del continuo assestamento dei rifiuti, che altera la superficie di posa dei moduli.

Infine, si osservi che non è possibile ricorrere alle strutture di sostegno per i pannelli impiegate negli impianti fotovoltaici a terra convenzionali, richiedenti palificazioni. Nel caso delle discariche chiuse, infatti, perforare il terreno per ancorare le strutture di sostegno implicherebbe danneggiare la copertura definitiva, con conseguenti infiltrazioni di acque meteoriche, responsabili della presenza di percolato, e indesiderate fuoriuscite di biogas.

1.3. Tecnologie adottate per la realizzazione di discariche solari

Per quanto detto a conclusione del paragrafo precedente, le soluzioni adottate per la realizzazione di impianti fotovoltaici su discariche devono essere tali da preservare l’integrità della copertura definitiva del corpo dei rifiuti.

Due sono le soluzioni a oggi praticate per la realizzazione di discariche solari.

La prima prevede l’impiego di pannelli fotovoltaici in Silicio cristallino convenzionali (in genere policristallino), fissati a strutture di sostegno pesanti che vengono semplicemente poggiate sul corpo dei rifiuti, senza perforazione alcuna.

La seconda prevede invece l’impiego di moduli a film sottile flessibili, adagiati e fissati su una geomembrana che ricopre il corpo di discarica.

Nei sotto-paragrafi seguenti si procederà a un’analisi dettagliata delle due tecnologie citate, con riferimenti a casi pratici.

1.3.1. Moduli fotovoltaici in Silicio cristallino con strutture di sostegno zavorrate L’utilizzo di moduli fotovoltaici convenzionali in Silicio monocristallino o policristallino su discarica implica il ricorso a strutture di sostegno posate e non infisse nel terreno : questo, oltre a evitare il danneggiamento della copertura definitiva sopra menzionato,

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consente anche alle singole unità, costituite dal pannello e dal suo basamento, di seguire la variazione di altezza della colonna di rifiuti, dipendenti dagli assestamenti.

Affinché i moduli possano mantenersi nella posizione prestabilita, è dunque necessario un peso consistente della struttura di sostegno.

Tre sono le tecnologie più diffuse: l’impiego di una struttura di sostegno dei moduli classica in alluminio o acciaio inox fissata a basamenti di cemento armato, impiegata ad esempio nella discarica solare di Novellara (Reggio Emilia), l’impiego di plinti triangolari realizzati interamente in cemento ai quali i binari sostenenti i moduli vengono fisati mediante bulloneria e l’impiego di supporti in plastica zavorrati, impiegati ad esempio nella discarica di Goro (Ferrara).

La discarica di Novellara ospita dal 1996 una centrale di cogenerazione alimentata da biogas di discarica avente potenza nominale pari a 4 MWp; nel 2011 sono stati poi

installati da S.A.BA.R. (Servizi Ambientali Bassa Reggiana) 3 impianti fotovoltaici, di cui uno di potenza pari a 155 kWp sul capannone dedicato alla frazione secca del RSU

conferito alla discarica e due, rispettivamente da 997,92 kWp e da 998 kWp, collocati su

bacini esauriti della discarica.

Il primo dei due impianti su discarica ha iniziato la sua produzione il 30 aprile 2011 e include 51,84 kWp a inseguimento monodirezionale; il secondo, che ha iniziato a produrre

il 30 dicembre dello stesso anno, include invece 12,96 kWp a inseguimento bidirezionale

[13].

La maggior parte dei due impianti è tuttavia installata in esecuzione fissa, cioè senza parti in movimento, rigidamente ancorata al terreno per mezzo di traversine in cemento armato : si tratta infatti della scelta di installazione più semplice, più economica e, soprattutto, che richiede la minore manutenzione.

I moduli sono assemblati su strutture di sostegno in alluminio anodizzato con bulloneria e staffe in acciaio inox. Tali strutture sono a loro volta ancorate a basamenti in cemento armato posati sulla copertura dei bacini di discarica, senza alcuna perforazione.

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Figura 10: Struttura di sostegno dei moduli con basamento in cemento armato

Come accennato, quella impiegata a Novellara è soltanto una delle possibili tecnologie di ancoraggio al suolo per gravità che fanno ricorso al cemento armato.

Ad esempio, la Special Vibro di Porcari, specializzata in cemento prefabbricato, commercializza plinti zavorra di forma triangolare utilizzabili per la struttura di supporto dei pannelli fotovoltaici.

Si tratta di manufatti realizzati in calcestruzzo di classe C28/35 con fibre metalliche, di dimensioni 98 × 33 × 68 cm, con una parete obliqua inclinata a 30°e peso pari a 160 kg [14]. I plinti presentano internamente una cavità che consente il fissaggio, mediante bulloni, di due profilati in alluminio o acciaio zincato dove saranno ancorati i pannelli fotovoltaici.

Figura 11: Plinti triangolari in cemento armato realizzati da Special Vibro

La manutenzione è praticamente inesistente perché il calcestruzzo, come noto, ha una durata superiore a 50 anni; inoltre, in caso di dismissione dell’impianto, il calcestruzzo può essere frantumato e riciclato.

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L’impianto fotovoltaico da 1 MWp istallato nell’ex discarica di inerti “Romanina” nel

Comune di Goro (Ferrara) utilizza invece supporti in tecnopolimero totalmente riciclabili, zavorrati a terra con inerti provenienti da operazioni di recupero di materiali edili, anche in questo caso senza perforazioni per l’ancoraggio e la messa in posa.

Figura 12: Supporti in tecnopolimero zavorrati impiegati nella discarica di Goro (Ferrara)

1.3.2. Moduli fotovoltaici a film sottile flessibili su geomembrana

Un’alternativa all’impiego dei moduli convenzionali in Silicio cristallino sorretti da strutture zavorrate è costituita dai moduli a film sottile flessibili fissati a una geomembrana mediante adesivo e velcro.

La geomembrana è realizzata generalmente in HDPE, materiale resistente ai raggi UV fino ai 33 ÷ 42 anni di esposizione, ed ha uno spessore variabile tra 1 mm e 3 mm [15].

La geomembrana, così come i moduli flessibili, riesce a seguire facilmente i contorni della discarica, consentendo così la copertura e la solarizzazione di discariche con qualunque pendenza, è in grado di adattarsi alle variazioni della conformazione del cumulo dei rifiuti imputabili ai movimenti di assestamento descritti a pag. 11 e contribuisce all’impermeabilizzazione della discarica stessa, con conseguente prevenzione della formazione di percolato.

I moduli a film sottile flessibili possono essere facilmente fissati alla geomembrana per mezzo di adesivo e velcro come mostrato in Figura 13; inoltre, la loro configurazione piatta e la loro natura polimerica li rendono intrinsecamente resistenti ai venti, ai fulmini e ai terremoti.

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Figura 13: Fissaggio di un modulo a film sottile su geomembrana mediante adesivo e velcro

Questa soluzione è decisamente meno utilizzata negli impianti attualmente esistenti rispetto a quella descritta al sotto – paragrafo precedente, a causa della bassa efficienza dei moduli a film sottile: i moduli in Silicio amorfo flessibili prodotti intorno al 2008 avevano un’efficienza di conversione intorno all’6% in STC (Standard Test Condition), nettamente inferiore a quella dei moduli convenzionali in Silicio cristallino, che ai tempi si attestava intorno al 12% [5]. Poiché l’efficienza dei moduli fotovoltaici è definita come:

ɳ𝑚 = 𝑃𝑚𝑎𝑥 𝐼 ∙ 𝐴𝑚

dove con I s’intende la radiazione solare in STC (Standard Test Condition), pari a 1000 𝑚𝑊2, con 𝑃𝑚𝑎𝑥 la massima potenza del modulo e con 𝐴𝑚 la superficie dello stesso, la minore efficienza dei moduli flessibili rispetto a quelli cristallini si traduce nella necessità di occupare una superficie maggiore per installare la medesima potenza.

La quasi totalità delle discariche che ospitano un impianto fotovoltaico costruito nell’ultimo decennio utilizzano moduli in Silicio cristallino, compreso l’impianto da 5 MW in fase di realizzazione dalla fine del 2017 sulla vecchia discarica di Magntab a Malta, che prevede l’impiego di 22′000 pannelli fotovoltaici, per un totale di 36′000 m2

di superficie occupata.

Italia e Stati Uniti vantano tuttavia il primato di installazione dei primi impianti su geomembrana con moduli fotovoltaici flessibili: il primo è stato realizzato a San Antonio (Texas).

(40)

17

Figura 14: Vista dall’alto dell’impianto PV con moduli a film sottile sulla discarica di Atlanta

In Italia nel 2008 è stato realizzato un impianto con moduli flessibili in Silicio amorfo sull’ex discarica di Roma Malagrotta. Nonostante la bassa efficienza nominale di questi moduli, intorno al 6%, che ha richiesto lo sfruttamento di una superficie pari a 21′300 m2

per la realizzazione di un impianto da 750 kWp su terreno (mentre ulteriori 250 kWp sono

stati installati su tetto), cioè oltre 28 𝑘𝑊𝑚2

𝑝, i risultati in termini energetici sono stati positivi: nel primo anno di attività la centrale ha infatti prodotto 1′432𝑘𝑊ℎ

𝑘𝑊𝑝 [15].

Un valore di produzione così elevato, traducibile in 1′432 ℎ𝑒𝑞 di funzionamento, è da attribuire alle migliori performance dei moduli in flessibili rispetto a quelli convenzionali in presenza di sola radiazione diffusa e alle elevate temperature: si tenga conto che nel 2009 la media delle ore equivalenti di funzionamento degli impianti fotovoltaici nella regione Lazio, con il 46% della potenza derivante da moduli monocristallini, il 43% da policristallini e l’11% da moduli a film sottile, è stata di 1′278 ℎ

𝑒𝑞[49].

(41)

18

Sempre in Italia, alla fine del 2012 è entrato in esercizio un impianto fotovoltaico da 998 kWp sulla ex discarica di Tiretta, in provincia di Treviso, che impiega moduli flessibili

aventi efficienza dichiarata in STC pari al 12,6%: si tratta dei moduli flessibili PowerFLEX da 300 W in CIGS commercializzati dalla GLOBAL SOLAR, di cui si riportano le principali caratteristiche tratte dalla scheda tecnica [17]:

Tabella 3: Scheda tecnica moduli flessibili PowerFLEX 300 W

Capacity Rating Tolerance of P max Module aperture area efficiency

Rated voltage Rated current Open circuit voltage

Short circuit current 300 W ± 7% 12,6% 53,9 V 5,6 A 71,2 V 6,4 A

Durante i primi quattro anni di attività, dal primo gennaio 2013 al 31 dicembre 2016, sono stati prodotti 3′813′400 kWh, per una media di 1′273𝑘𝑊ℎ

𝑘𝑊𝑝 l’anno [14], a fronte di un numero di ore di funzionamento equivalenti medie nella regione Veneto pari a 1′105 ℎ

𝑒𝑞

nel 2013, 1′054 ℎ

𝑒𝑞 nel 2014 e 1′125 ℎ𝑒𝑞 nel 2015 [50].

Dal 2012 ad oggi l’efficienza dei moduli a film sottile in CIGS flessibili ha subito un ulteriore incremento: si riportano, a titolo di esempio, le caratteristiche tecniche della gamma di prodotti commercializzata oggi dalla stessa GLOBAL SOLAR:

Figura 16: Scheda tecnica moduli a film sottile in CIGS commercializzati dalla GLOBAL SOLAR

Come si nota dalla scheda tecnica sopra riportata, l’efficienza dei moduli flessibili in CIGS da 300 W è passata dal 12,6% del 2012 al 13,8%. Questo dato conferma quanto

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