4. Materiali e metodi
5.2 Sintesi dei domini TALE
5.5.3 Valutazione della frequenza e della morfologia del battito ciliare in
Presso la Sezione di Pneumologia ed Allergologia della Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana è stata misurata la frequenza del battito ciliare pre e post trasduzione delle cellule ciliate con i vettori veicolanti le TALEN ed il frammento sano per la ricombinazione (REC). Prima della trasduzione in tutti i pozzetti si registrava battito ciliare ipercinetio (18-20 Hz). La frequenza del battito ciliare è stata monitorata per 8 giorni, ed è risultato che, a partire da 2 giorni post-trattamento, alcuni sferoidi (sia del paziente A che del paziente B) che prima avevano un movimento
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Figura 5.18: frequenza del battito ciliare misurata due giorni dopo il trattamento (specificato nei riquadri viola a destra). In entrambi i pazienti trattati con entrambe le TALEN ed il frammento “sano” (REC) si registra recupero della normale frequenza di battito ciliare (13,2 e 13,4 Hz). Nei tre controlli il battito rimane ipercinetico (18-20 Hz). Sulla sinistra si ha la visualizzazione al microscopio di parte dello sferoide monitorato.
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Parallelamente sono stati valutati anche parametri relativi alla forma del battito ciliare e alla sua efficienza, sempre per gli otto giorni successivi al trattamento (Tab. 5.2). Si nota che la rotazione degli sferoidi ha avuto un leggero miglioramento dal giorno 2 al giorno 4 post-trattamento: si passa da zero sferoidi su 25 che effettuano rotazione a 1-2 tra il giorno 2 e il giorno 4. Anche il battito ciliare migliora, assumendo un pattern di battito normale in 6-7 sferoidi su 25 sempre tra i giorni 2 e 4. L’assenza di rotazione degli sferoidi ed il battito non flessibile ipercinetico, invece, essendo parametri inversamente relati ai due appena menzionati, sono decrementati durante gli otto giorni. Si nota, inoltre, che l’ottavo giorno i parametri tendono a peggiorare rispetto ai giorni 2, 3 e 4 di monitoraggio (a causa della morte cellulare).
Tabella 5.2: valutazione qualitativa della forma della motilità ciliare e della sua efficienza.
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5.5.4 Digital PCR
Tramite la digital-PCR abbiamo potuto controllare con precisione quante copie della sequenza mutata e quante copie della sequenza wild-type erano presenti in ogni campione di DNA estratto dai 5 pozzetti trasdotti di cellule ciliate. Osservando la figura 5.19 si nota che nel paziente A trattato con entrambe le TALEN e REC, si hanno 434 copie della sequenza mutata, e 1252 di quella wild-type. Si nota quindi uno scostamento dalla condizione wild-type, in cui avremmo dovuto ottenere all’incirca lo stesso numero di sequenza mutata e wild-type (dato che la mutazione da noi analizzata è presente in eterozigosi). Facendo la seguente proporzione abbiamo poi calcolato la % di cellule in cui è avvenuta ricombinazione:
L’X ci indica in che percentuale abbiamo la copia wild-type, in questo caso X=74,25%. Quindi, sottraendo ad esse il 50%,otteniamo di quanto è aumentata in % la sequenza
wild-type nelle cellule trattate: 24,25%. Con lo stesso procedimento otteniamo la % di
aumento della sequenza wild-type nel paziente B, che risulta del 10 %. Nei pazienti trattati con solo le due TALEN, solo REC, e nel controllo non trattato, si hanno circa le stesse quantità di copie mutate e wild-type, la % di ricombinazione risulta, quindi, circa zero (Fig. 5.20).
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Figura 5.19: Dati ottenuti dal programma di elaborazione associato alla Digital- PCR. Nel grafico a sinistra sono rappresentate le 3 popolazioni di vescicole (blu: sequenza wild-type; verde: sequenza mutata; nero: vescicole vuote). Gli istogrammi a destra indicano la quota di sequenza mutata (verde) e wild-type (blu) rispetto al totale delle vescicole (nella maggior parte delle vescicole formatesi in seguito all’emulsione non finirà alcuna molecola di DNA; il programma registra che in queste vescicole non avviene alcuna reazione).
Pt A L-TALE R-TALE REC Pt B L-TALE R-TALE REC Pt A REC Pt A L-TALE R-TALE Pt A Non trattato
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Figura 5.20: Rielaborazione dei dati ottenuti dalla Digital-PCR con le rispettive percentuali di aumento della sequenza wild-type rispetto a quella mutata.
Pt A L-TALE R-TALE REC Pt B L-TALE R-TALE REC Pt A REC Pt A L-TALE R-TALE Pt A Non trattato
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5.5.5 Analisi statistica
I dati ottenuti dalla digital-PCR sono stati analizzati con un test statistico chiamato Sequencial Probability Ratio Test (SPRT), come indicato in letteratura (Pohl et al., 2004).
Abbiamo definito l’ipotesi nulla (H0) e l’ipotesi alternativa (H1):
H0: data l’eterozigosità della mutazione analizzata nei pazienti affetti da DCP, la sequenza mutata e quella wild-type devono essere presenti in ugual numero.
H1: in seguito a ricombinazione omologa la quantità di sequenza wild-
type supera quelle mutata.
Abbiamo quindi ipotizzato una percentuale di sequenza wild-type del 50% se prendiamo per vera l’ipotesi nulla, e del 90% se invece prendiamo per vera l’ipotesi alternativa. Ipotizzare una percentuale del 100% per H1 sarebbe stato eccessivo a causa del basso numero di cellule trattate, e per l’impossibilità di selezionarle con antibiotici. Quindi, attraverso un tool presente in rete, contando 1686 eventi (paziente A) e settando un alpha value di 0,01 ed un limite superiore di 0,9, è risultato che la % di sequenza
wild-type osservata tramite digital-PCR non doveva essere inferiore al 73,4% perché
l’analisi fosse statisticamente significativa . Essendo la % da noi trovata per il paziente A del 74,25%, possiamo considerare la nostra analisi statisticamente significativa per un
alpha value di 0,01. Considerando un alpha value di 0,05 l’analisi risulta statisticamente
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6. Discussione
La (DCP) è una malattia respiratoria rara caratterizzata da broncorrea cronica con bronchiectasia e sinusite cronica; è la seconda malattia congenita dell'apparato respiratorio per frequenza dopo la fibrosi cistica. E’ una patologia eterogenea dal punto di vista clinico, strutturale e genetico, dovuta ad alterazioni della struttura e/o della funzione delle ciglia della mucosa respiratoria che determinano la comparsa di quadri patologici differenti a carico delle vie aeree e del parenchima polmonare.
Le terapie in atto offrono solo un sollievo momentaneo ai disagi della malattia; molte speranze di curare definitivamente la DCP, quindi, sono riposte nella terapia genica.
Il Progetto Genoma Umano e gli studi sull’alga unicellulare Chlamydomonas
reinhardtii hanno permesso l’identificazione di alcuni dei geni potenzialmente
responsabili di DCP, ma le analisi di linkage genetico e lo studio delle mutazioni nei soggetti affetti, tuttavia, hanno dimostrato che tale condizione è estremamente eterogenea dal punto di vista genetico.
Mutazioni nel gene DNAH11, sul quale è focalizzato questo progetto di tesi e che codifica per la catena pesante del braccio esterno di dineina, sono responsabili di circa il 9% dei casi di DCP. In particolare, la mutazione da noi studiata è una transizione C>T in posizione 172.381 dell’esone 42 di DNAH11, che determina la formazione di uno stop codon e quindi arresto della traduzione e formazione di una proteina tronca e non funzionale.
Nonostante la bassa frequenza delle mutazioni nel gene DNAH11 nei casi di DCP, abbiamo scelto di intervenire su questa mutazione per due motivi. Innanzitutto, verificare la produzione di una proteina wild-type non tronca, è sicuramente più semplice che verificare la produzione di una proteina wild-type con cambiamento di uno specifico amminoacido (dovuta quindi a una mutazione missenso). Inoltre, dei pazienti che si sono rivolti presso la Sezione di Pneumologia ed Allergologia della Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, avevamo due pazienti presentanti entrambi la suddetta mutazione e disposti a sottoporsi al brushing nasale per donare le cellule ciliate ai fini dei nostri studi. Questo ci ha permesso di poter testare il nostro sistema in due pazienti, cosa che non sarebbe stata possibile se avessimo messo
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appunto il sistema per altre mutazioni, più frequenti, ma per le quali avevamo al massimo un donatore di cellule ciliate disponibile, se non nessuno.
Va considerato, comunque, che il sistema messo a punto in questo lavoro di tesi, inducendo ricombinazione omologa con un frammento sano in prossimità dell’esone 42, è in grado correggere ogni mutazione che può essere rinvenuta in questo esone, non solo quella presa in considerazione in questo studio.
Scopo principale di questo progetto, inoltre, al di là della correzione della singola mutazione, era ottenere una prova di concetto valida, che dimostrasse l’effcienza del sistema nel restaurare il normale battito ciliare.
Per quanto riguarda i metodi di terapia genica convenzionale, in cui si veicola l’intero gene, risultano spesso inapplicabili per molti dei geni associati a DCP (i geni in questione presentano dimensioni superiori alle capacità di trasporto degli attuali vettori virali). Basti pensare alla difficoltà di veicolare, ad esempio, il trascritto del gene DNAH11, lungo ben 14 Kbp, dimensione che esclude la possibilità di utilizzare vettori adenovirali, retrovirali e lentivirali. Una possibilità poteva risiedere nell’utilizzo di un vettore erpetico, esso però permane allo stato episomiale determinando una espressione transiente del transgene. Ciò implicherebbe un potenziale recupero della funzionalità ciliare solo temporanea, costringendo il paziente a terapie continue.
I metodi più recenti di terapia genica, invece, basati sull’utilizzo di endonucleasi sito-specifiche, determinano una correzione permanente del difetto, sono più versatili e non sono influenzati dalla grandezza del gene mutato; ecco perché abbiamo deciso di intraprendere questa via.
La prima parte di questo lavoro è stata incentrata sulla localizzazione della sequenza target delle TALEN, dove si sarebbe quindi andati ad indurre il DSB che in seguito avrebbe determinato l’attivazione del meccanismo cellulare di ricombinazione omologa (in quanto presente un frammento omologo “sano” da noi veicolato). Un inconveniente a cui si va incontro utilizzando le TALEN è dovuto al fatto che queste proteine, fintanto che sono attive ed espresse nella cellula, continuano a bersagliare la loro sequenza target, producendo un DSB, anche in seguito alla ricombinazione avvenuta col frammento omologo che è stato veicolato. Per ovviare a questo problema abbiamo deciso di individuare una sequenza target in una regione intronica. Essendo le
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regioni introniche più ricche di polimorfismi, è stato possibile identificare (dal sequenziamento del DNA di individui sani), un frammento da usare per la ricombinazione che contenesse una serie di mismatches rispetto alla sequenza dei pazienti in studio. In questo modo, in seguito alla ricombinazione, le TALEN non riconoscono più il loro sito target e non continuano quindi a tagliare il genoma. E’ stato dimostrato, infatti, che sono sufficienti poche mutazioni per abolire il riconoscimento del sito target da parte delle TALEN (Sun and Zhao, 2013). Trovare polimorfismi all’interno della regione esonica sarebbe stato molto più difficile. Inoltre, c’è anche il vantaggio che, agendo su una regione intronica, non si rischia di alterare la sequenza codificante della proteina, e di interferire quindi sulla sua funzionalità.
In seguito alla definizione della regione target da bersagliare, i nostri esperimenti hanno perseguito tre step principali nel seguente ordine:
I. Verificare l’efficienza di taglio delle proteine TALEN da noi prodotte; II. Verificare che, in presenza di un frammento omologo, in seguito al taglio
delle TALEN avviene HR;
III. Verificare che in un sistema ex-vivo di cellule ciliate prelevate dai soggetti malati, trattate con vettori lentivirali veicolanti le proteine TALEN ed il frammento sano, viene restaurato il normale battito ciliare.
I. L’efficienza di taglio è stata dimostrata grazie ad un sistema in vitro in cui cellule 293T venivano trasfettate con plasmide contenente la GFP fiancheggiata dai siti
target delle TALEN. In seguito alla cotrasfezione di quest’ultimo con i plasmidi
veicolanti le TALEN, si è assistito ad una consistente diminuzione della fluorescenza emessa dalle cellule, di circa l’84%, tramite analisi al FACS. A conferma ulteriore di questi risultati è stato effettuato anche un western blot che ha verificato la presenza e l’assenza della GFP, rispettivamente, nelle cellule non trattate con le TALEN (ma trasfettate col plasmide veicolante GFP) ed in quelle trattate (trasfettate col plasmide).
II. La ricombinazione, invece, è stata verificata tramite l’utilizzo di due vettori, veicolanti, rispettivamente, una parte della sequenza di DNAH11 contenente la mutazione che determina la formazione dello stop-codon (con un tagHA a monte ed un tagDNAH11 a valle dello stop-codon, che è seguito da una sequenza di terminazione
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della trascrizione), e la stessa sequenza ma senza le suddette sequenze di terminazione. In seguito al trattamento delle cellule 293T con entrambi questi vettori e con le TALEN, abbiamo riscontrato, tramite western blot, la presenza del polipeptide corrispondente, appunto, a parte della proteina codificata da DNAH11, col tagHA a monte ed il tagDNAH11 a valle. Le cellule non trattate con le TALEN, invece, presentavano solo la banda corrispondente al tagHA, a causa della presenza dei terminatori. Questo ha dimostrato che è effettivamente avvenuta la ricombinazione indotta dalla TALEN. Come ulteriore conferma si è effettuata l’analisi al FACS della fluorescenza emessa dalle cellule trattate. Si è riscontrata fluorescenza solo nelle cellule trattate con le TALEN, in quanto la ricombinazione ha determinato la rimozione del terminatore della trscrizione e quindi l’espressione della GFP presente a valle.
III. Infine abbiamo dimostrato che, trattando in vitro le cellule ciliate dei pazienti in esame con i vettori veicolanti le TALEN ed un vettore contenente il frammento sano con cui far avvenire la ricombinazione, il battito ciliare, inizialmente ipercinetico (18-20 Hz), assume una frequenza normale (12-13Hz). Anche i parametri relativi alla forma e all’efficienza del battito ciliare si normalizzano intorno ai giorni 2,3 e 4 di monitoraggio. Purtroppo, a causa della mortalità cellulare molto rapida a cui sono sottoposte queste cellule una volta prelevate dal paziente e messe in coltura, è stato possibile monitorarle per soli 8 giorni seguenti al trattamento. I giorni finali si nota un peggioramento dei parametri di efficienza e forma del battito, proprio a causa del fatto che le cellule stavano andando incontro a morte cellulare. La prova molecolare che la ricombinazione fosse avvenuta nelle cellule in esame ci è stata fornita grazie ad una metodica di ultima generazione: la Digital PCR. Essendo la mutazione da noi analizzata presente in eterozigosi composta nei due pazienti (hanno la data mutazione su un cromosoma, mentre sull’altro sono presenti una mutazione differente in un altro esone, e la versione wild-type dell’esone 42) una PCR standard non ci avrebbe permesso di capire se fosse avvenuta o no la ricombinazione, in quanto una copia “sana” dell’esone 42 è sempre presente, anche nella cellula che non avesse subito ricombinazione. Tramite Digital PCR, invece, che si basa sull’utilizzo di due sonde identiche eccetto che per la base che corrisponde allo SNP e per il colore della fluorescenza emessa, è stato possibile controllare con precisione quante copie della sequenza mutata e quante copie della sequenza wild-type erano presenti nei campioni di
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DNA estratti dalle cellule ciliate trattate. Ne e’ risultato un aumento della sequenza
wild-type nelle cellule trattate del 24%, risultato statisticamente significativo secondo il
SPRT, test indicato in letteratura per questo tipo di analisi. In conclusione, si è quindi dimostrato che:
in sistemi “surrogati” di 293T le TALEN da noi prodotte tagliano effcientemente la sequenza target e sono in grado di indurre ricombinazione in presenza di un frammento di DNA omologo a quello in cui avviene il taglio;
in un sistema ex-vivo di cellule ciliate che esibiscono un battito ipercinetico, in seguio a trattamento con vettori lentivirali veicolanti le TALEN ed un frammento di DNA “sano” per la ricombinazione, viene recuperato il battito ciliare normale.
Pur avendo, questo sistema specifico, un’applicabilità limitata in un un futuro uso terapeutico, a causa della bassa incidenza di mutazioni in DNAH11 ritrovate in pazienti di DCP, il nostro scopo è stato ampiamente raggiunto; abbiamo ottenuto, infatti, una “proof-of-concept” del fatto che sia possibile restaurare il normale battito ciliare in vitro tramite gene editing. Effettuare questa prova di concetto per questa specifica mutazione, nel caso specifico del nostro laboratorio, è stato vantaggioso, relativamente semplice e meno dispendioso che se si fosse scelta un'altra mutazione.
Questo getta le basi per la costruzione di altre TALEN, o di altre endonucleasi, specifiche per correggere le diverse mutazioni causative di DCP: endonucleasi “personalizzate” per i singoli casi.
Questi metodi di terapia genica innovativi, basati sull’uso di endonucleasi sito- specifiche veicolate tramite vettori virali (o altri sistemi di delivery) all’interno delle cellule target, rappresentano, quindi, come dimostra questo lavoro di tesi, una promettente via per la cura delle malattie genetiche, ad oggi l’unica che sembra possa portare alla risoluzione definitiva di questa classe di patologie.
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7. Prospettive future
Gli sviluppi futuri di questo progetto prevedono di testare il sistema in vivo tramite l’utilizzo di un modello murino di DCP presente presso un laboratorio inglese interessato a collaborare a questo progetto. La principale problematica su cui si sta incentrando attualmente lo studio è quella di trovare un efficiente sistema di delivery, che veicoli il sistema all’interno delle cellule e vada a bersagliare selettivamente le cellule basali dell’epitelio respiratorio.
Un ulteriore futura prospettiva è sicuramente nella sperimentazione del sistema tramite l’utilizzo della CRISPR, che dagli ultimi studi sembrano superare le TALEN per quanto riguarda versatilità, applicabilità, facilità e rapidità di costruzione.
Inoltre, nel nostro laboratorio, è in studio un sistema che permetta di ottenere l'immortalizzazione delle cellule ciliate derivate da brushing nasale. Questo faciliterebbe enormemente gli studi in vitro, ostacolati della scarsa quantità di materiale ottenibile dai pazienti e delle difficoltà di mantenimento delle cellule in coltura.
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