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varianti che, in realtà, non sarebbero da considerare propriamente come

(2000) Jean Amrouche est arrivé

5) varianti che, in realtà, non sarebbero da considerare propriamente come

cambiamenti testuali da una versione all’altra, poiché, negli esempi che qui ripor- tiamo, esse testimoniano della ripresa della lezione di una versione (t(2)), saltan-

done un’altra (T(3): «Jean arrive d’Italie et me demande etc.» / T(4): «Jean arrive

d’Italie. Il s’est reposé etc.»). In questo caso cioè T(4) segue t(2), omettendo il

pronome personale nous, e non la lezione t(3). Fra l’altro – come detto al punto

1 – t(4) ristabilisce l’uso delle virgolette del discorso diretto, seguendo T(1).

in sintesi: da un punto di vista meramente strutturale possiamo rilevare che la versione di t(1) passa in t(2) e che quella di T(2) passa in t(3). Da t(3) a t(4), sempre sul

piano strutturale, assistiamo invece a una frattura o interruzione di movimento. Frat- tura o interruzione, seppur parziale, interessante sul piano della cucitura testuale. il passaggio da t(3) a t(4) si interrompe, in quanto T(4) ricupera la versione del 1973

(t(2)), che precede quella del 1988 (T(3)). non si continua nella direzione tracciata

e non si configura il passaggio da T(3) a t(4), ma si compie un movimento contrario

da t(4) verso t(2), che determina una cesura lungo il procedere della versione ori-

quindi, a un movimento diacronico – da intendersi come spaccatura della linearità e consequenzialità discorsive – e al ricupero di una versione precedente. Ricupero che genera una frattura strutturale in seno alla consequenzialità proprio circa la ‘de- rivazione’ testuale da T(3) a t(4). Trattasi, dunque, della frammentazione della lineare

simmetria transitiva, nel processo che si compie da una versione testuale all’altra. Bauchau è autore che interviene di frequente sul suo dettato. Nel momento in cui si penserà a un’edizione critica dell’opera integrale, lo studio delle riscritture e delle varianti apporterà di certo non solo materiale importante per la storia te- stuale bauchaliana, ma anche nuovi strumenti, indispensabili per l’interpretazione dell’evoluzione del pensiero e dell’opera dell’autore. Solo a quel punto potremo tentare di ricostruire con precisione l’itinerario intellettuale e le metamorfosi con- cettuali di Bauchau. Certo, nel caso dell’articolo Jean Amrouche ou la Déchirure, le varianti concernono leggere oscillazioni lessicali o mutamenti di punteggiatura che non alterano i contenuti ideologici, rispettati nella loro integrità. tuttavia, anche varianti in apparenza di così poco conto informano sul tipo di mutamenti operati nel tempo dall’autore sui testi.

Ciò detto, il dato contenutistico che ci sembra importante rilevare in questa sede è relativo alla centralità che la figura della madre, stando a Jean Amrouche, avrebbe dovuto assumere all’interno della Déchirure già nella prima versione. Una centralità apparentemente accettata da Bauchau, ma di fatto negata in alcu- ne dichiarazioni disseminate nel tempo. Infatti, l’autore, ancora di recente, si è espresso su questo punto con grande fermezza43, seppur contraddittoria rispetto ai

contenuti centrali e reali della Déchirure. Così, se Amrouche afferma:

Vous avez enfin trouvé le centre et le sol de votre livre. Tout doit s’ordonner dans

le récit de la mort de la mère,

isolando quella che potremmo definire teoria ‘centrica’, circa la collocazione fo- cale della madre all’interno del romanzo, Bauchau finisce per credere di attribuire

43 Il corsivo è nostro. Su questo argomento cfr. supra, citazione e nota 6, p. 94. Cfr. anche su-

pra le lettere citate di Henry Bauchau e di Albert Palma (citazione e nota 9, pp. 95-96). Di fatto, no- nostante le dichiarazioni di Bauchau, ci sembra che il suo voler sostenere che La Déchirure non sia il racconto sulla madre crei una rottura con le argomentazioni del romanzo. È vero che, come egli stesso dice, non si tratta solo di questo. L’opera, nel suo insieme, è molto complessa. Ciononostante, ci sembra non solo che Bauchau abbia seguito alla lettera il consiglio di Jean Amrouche, quello per cui «tutto deve essere disposto nel racconto della morte della madre», anche se poi Bauchau decide di prendere le distanze da questa scelta con dichiarazioni esplicite, ma ci pare inoltre che – diversa- mente da quanto egli sostiene nell’intervista citata di Jean-Luc Outers – i cambiamenti da lui opera- ti rispetto alla prospettiva iniziale dalla quale intendeva partire («puis, suivant le conseil juste, j’ai changé un peu mes perspectives») sono certamente molto significativi di variazioni sostanziali. Pro- va ne è che la prima versione del romanzo, letta da Amrouche, risultava aver escluso totalmente il racconto della madre, mentre la versione definitiva, data alle stampe, è cucita intorno a esso.

al racconto sulla madre una collocazione, o quanto meno, una funzione diversa. Cosa che, in realtà, non ci sembra possa essere del tutto sostenuta. Per quanto non esclusiva all’interno del romanzo, ci pare indubbio però che la madre o ciò che la figura di essa simbolicamente rappresenta per l’autore, abbia un ruolo fonda- mentale. È vero che i dati che emergono attraverso La Déchirure non sono solo quelli funzionali alla rappresentazione simbolica dell’universo materno, nel suo estendersi a quello infantile, parentale ed esistenziale. Ma se questo è innegabile, è anche indiscutibile che la figura della madre permea l’intero immaginario po- etico dell’autore. Quell’immaginario attraverso cui si sviluppano le diramazioni ermeneutiche rappresentative della figura materna. Diramazioni che concorrono a costruire gli assi strutturali della Déchirure, certamente molteplici, la cui molte- plicità però conduce e riporta alla simbologia della madre, radice qui di scrittura e radice in genere, per Bauchau, di poetica. i racconti sono costruiti su una pluralità di storie e di simboli che convergono, insieme, in una struttura narrativa finale, il cui nodo esegetico è la madre. Madre, collante dei récits in una versione testuale diversa da quella originaria. Versione, come abbiamo sottolineato, rimaneggiata e ristrutturata in un secondo tempo, su consiglio di Jean amrouche.

intersezioni DieGetiCHe e CoMMistione Di LinGuaGGi

1. In questo procedere da considerazioni tematico-testuali a problematiche di natura ideologica e strutturale, che mettono in gioco anche versioni diverse dello scritto Jean Amrouche ou la Déchirure, e un fitto lavorio di risaldatura o di ri- elaborazione, importante per una quanto più possibile e complessiva ricostruzione delle componenti elaborative intorno alla Déchirure1, offriamo qui un passo che

riporta a questioni eminentemente tematiche, riproponendo un ricupero di quel

1 Rileviamo, infatti, stando al materiale repertoriato di cui siamo a conoscenza, che al momento

non abbiamo lavori su questo aspetto. In parte si tratta di brevi articoli o di segnalazioni/recensioni dell’opera piuttosto superficiali. In ogni caso, fatta eccezione di un lavoro di tesi (G. HeddricH, Bio- graphie und Lebensbewältigung im Roman La Déchirure von Henry Bauchau, staatsexamensarbeit, Philipps Universität Marburg, 1990), a tutt’oggi mancano studi monagrafici su questo importante romanzo. Pare inoltre significativo che l’interesse critico maggiore – anche se piuttosto circoscrit- to – sia da iscrivere nei primissimi anni che seguono la pubblicazione di questo volume (in partico- lare nel 1966, 1967, 1974), mentre successivamente, nonostante l’indubbio valore dell’opera, cade l’attenzione per uno scritto che, tuttavia, ci sembra assurgere a opera di rilievo, anche all’interno della prosa del Novecento francese. Ora, questo romanzo, seppur trascurato dalla critica, costituisce un momento centrale per lo studio della poetica dell’autore. In esso sono infatti contenute già tutte le problematiche nodali dell’eleaborazione e della poetica di Bauchau. Problematiche che, intreccia- te a temi come l’infanzia, l’amore, la madre, la psicanalisi, il rapporto contrastante con il fratello, la diversità dell’autore rispetto alla famiglia di appartenenza, il suo desiderio di una vita diversa ecc., fondano un vero e proprio laboratorio di scrittura e di ermeneutica che sempre ritorna – secondo am- pliamenti, variazioni e riflessioni alquanto eterogenee – su queste stesse questioni nodali. Per infor- mazioni circa alcuni momenti legati alla scrittura del romanzo cfr. anche l’intervista a Bauchau De Gstaad à Paris. Entretien avec Henry Bauchau. Propos recueillis par M. Quaghebeur et S. Roche, in Henry Bauchau en Suisse, «Écriture», 61 (primavera 2003), pp. 99-119, in particolare, pp. 108- 109. per il tema della déchirure in Bauchau e per le connessioni con la scrittura in senso lato cfr. E. akonga eduMBe, De la déchirure à la réhabilitation: l’itinéraire littéraire d’Henry Bauchau, Bru- xelles, Peter Lang («Documents pour l’histoire des Francophonies/Afriques», n° 23), 2011. Cfr. poi, in M. Wallaert, La Déchirure de Henry Bauchau, «Bulletin de l’Association Freudienne de Belgi- que», 9 (février 1988), pp. 14-17.

tessuto linguistico vagamente teologico di cui abbiamo parlato2, che crea un ideale

ma costante movimento oscillatorio fra strutture e ideologie narrative.

In questo rimando tra forma e contenuto appunto, assume rilievo il passaggio che qui citiamo, in quanto da un lato esso testimonia un intreccio letterario sul piano onomasiologico e su quello semasiologico, poiché ‘fonte’ di intertestualità di due passi che si richiamano per immagini e per un certo gusto di descrittivismo, e in quanto dall’altro può essere considerato esemplificativo di una riflessione sulla morte che immette nel tessuto letterario e ‘filosofico’ un doppio sintagma, il quale, forse, si fa reminiscenza scritturale intorno alla figura della Vergine. Così, il passo in questione sovrappone – come vedremo – la diegesi della Grande Murail- le a quella della Déchirure, intrecciando una pagina del journal a una pagina del romanzo, che il diario accompagna. Parallelamente, il diario crea un’intersezione narrativa fra una vera e propria descriptio della malattia e una descriptio del corpo che evocano l’idea della morte imminente della madre del narratore. Il passaggio e la sovrapposizione delle due descrizioni coagula in un tessuto linguistico che si fa eco dell’immaginario teologico della Virgo Mater. siamo al 14 gennaio 1961:

Maman, en renversant la main gauche vers la droite fait un geste qui est à la fois d’adieu (adieu pour toujours c’est la dernière fois que nous nous voyons et nous le savons tous les deux) et aussi d’une sorte d’indifférence pour ces paroles qui prennent du souffle, qui mangent de l’air. Sortie du monde des paroles, elle est déjà du côté du silence. Tante Bob en montant dans l’auto dit comme une évidence: «C’est l’expiation». Au premier moment je suis révolté par la formule bigote, puis je suis frappé de la justesse de cette parole. C’est vrai, il faut payer. Il faut payer en se détachant et si on ne se détache pas suffisamment, payer avec son corps. Le visage de maman à la clinique, comme bouleversé par la guerre. Plein de gonfle- ments et d’affaissements qui semblent la suite d’un bombardement. Les dents ne soutiennent plus la bouche, celle-ci est amincie, allongée et devenue une fente, un de ces sillons de sécheresse ramifié en plusieurs directions comme on en voit en été. Le nez par contre a grandi, a pris une majesté triste et morose, quelque chose de bourbonien, dominant les yeux qui ne sont plus que le siège de l’angoisse, de la peur avec parfois de brèves lueurs d’affections. Au moment où elle est partie pour la clinique on l’a enveloppée dans une grande couverture brune. Son corps réduit par la maladie était bien celui d’une de ces petites vieilles qu’on voyait autrefois, la tête enveloppée d’un châle, dans les villages. Elle était retournée à l’humilité et à la grande pauvreté anonyme de la vieillesse et de la maladie. C’est à ce moment que couchée sur la civière dans le vestibule, au moment où les infirmiers allaient l’emporter, elle s’est tournée vers moi et m’a adressé un sourire confiant et très beau. Je l’ai retrouvée, à travers le brouillard des années, comme je l’ai vue sans doute tout enfant. Son sourire plein de certitude m’a dit enfin: «N’aie pas peur, tout ira bien. Tout est bien.» Elle est la mère, la grande réserve d’espoir et la promesse. 2 Cfr. supra, cap. ii, § 2.

J’apprends d’elle en ce sourire tout ce qu’il faut savoir et qu’elle n’avait pas pu encore me transmettre. Je ne suis plus seul jamais seul que par erreur ou par fai- blesse. Cette mort par étouffement est la suite d’une vie qui s’est laissée étouffer. Il faut apprendre à mourir, en se reliant aux puissances amoureuses, en se détachant de ce qui est vain, inutile et ne correspond plus à la tâche qui reste à faire. Il faut perpétuellement lutter contre l’opacité. Devant la mort on se dit qu’on n’a pas aimé assez les femmes, que le temps qui n’a pas été perdu a été celui consacré à faire l’amour. C’est vrai d’une vérité partielle comme toutes les vérités. Les vérités que je découvre en moi ces jours-ci sont celles d’un homme fatigué, triste et qui souffre de l’estomac et cela compte beaucoup dans l’élaboration des réalités qui me tou- chent pour le moment et qui sont des réalités grises et maladives […]3.

Dall’abbandono del mondo e della parola, al silenzio delle parole che si svuo- tano di suoni e di senso, là dove senso e suoni vengono meno a causa della ma- lattia e della vecchiaia («sortie du monde des paroles, elle est déjà du côté du silence»), si passa al prezzo da pagare («il faut payer») attraverso l’espiazione della malattia e della sofferenza. Un prezzo che per Bauchau è l’agonia stessa del corpo in disfacimento («payer avec son corps»). Si delinea così un’iconografia letteraria che rappresenta il corpo della madre, luogo di espiazione appunto e di passaggio dalla morte annunciata alla vita che attende oltre la morte. Il corpo è poi descritto nei macabri particolari di una fisicità transeunte e alla deriva. Una fisicità ritratteggiata, facendo appello alle immagini del viso, dei denti, della boc- ca, del naso e degli occhi, assunte l’una dopo l’altra a massima espressione di una vita che sta per abbandonare la dimora del corpo, luogo questo di assenza e di spegnimento delle vitalità umane («le visage de maman […] comme bouleversé par la guerre»; «les dents ne soutiennent plus la bouche […] amincie, allongée et devenue une fente […], sillons de sécheresse»; «le nez […] a grandi, a pris une majesté triste et morose»; «les yeux ne sont plus que le siège de l’angoisse, de la peur»). Se il corpo è soggiogato alla malattia («corps réduit par la maladie»), la figura materna è piegata a immagine del corpo al limite della vita, ed è colta nella sua condizione di umiltà («elle était retournée à l’humilité») e povertà che, in vec- chiaia e in procinto di morte («pauvreté anonyme de la vieillesse»; «cette mort par étouffement»), livella ogni differenza sociale («elle était retournée à l’humilité»), ristabilendo – forse in senso cristiano – uguaglianza e giustizia fra gli uomini.

Fra l’altro, l’evocazione del corpo in disfacimento sembra incidere profonda- mente sull’immaginario di Bauchau. Nella Déchirure, egli ritorna sulla forza evo- cativa di tali immagini, prolungando il discorso sul corpo con l’uso di costruzioni immaginifiche e lessicali, simili a quelle ora citate. Possiamo quindi confrontare i testi isolati intorno al costituirsi di questo immaginario, per rilevare, ancora una volta, quel meccanismo compositivo di elaborazione poetica che salda – attraver-

so una tecnica di iteratio – un passo testuale da un contesto a un altro, creando un gioco di intertestualità, di «passage d’un mode à l’autre» o di «trasmodalisation intermodale»4. nel passaggio di genere, la scrittura della Grande Muraille viene

per così dire saccheggiata e riproposta nella Déchirure con addizioni e varianti che testimoniano un intervento di Bauchau, ancora nella direzione di un atto di limatura linguistica. A questo esercizio di stile si accompagna un renforcement dell’immaginario evocato, cui attinge la descrizione della malattia.

Evidenziamo in grassetto lessemi e sintagmi intorno ai quali, attraverso l’uso dell’iterazione, si strutturano i due loci testuali:

La Grande Muraille5

Le visage de maman à la clinique, comme bouleversé par la guerre. Plein de gonflements et d’affaissements

qui semblent la suite d’un bombardement. Les

dents ne soutiennent plus la bouche, celle-ci est

amincie, allongée et devenue une fente, un de ces

sillons de sécheresse ramifié en plusieurs directions

comme on en voit en été. Le nez par contre a grandi, a pris une majesté triste et morose, quelque chose de bourbonien, dominant les yeux qui ne sont plus que le siège de l’angoisse, de la peur avec parfois de brèves lueurs d’affections. […]

La Déchirure6

sur les oreillers, le visage de maman ressemble à une terre labourée par la guerre. Gonflée par places et affaissée à d’autres, comme à la suite d’un

bombardement. Les dents ne soutiennent plus la bouche qui s’est allongée. elle est devenue mince

et sinueuse comme une fente, comme un sillon de

sécheresse par un été sans eau. Le nez a grandi, il

domine le visage de sa courbe de roi morose. Les

yeux, par contre, ses sont enfoncés, ils sont tapis sous

les arcades sourcilières, comme des animaux terrifiés. […]

Dalle note cupe, da cui si costruiscono e si richiamano ripetutamente immagini che alimentano la narrazione della negatività, Bauchau passa alla costituzione di un campo semantico in positivo, i cui centri di strutturazione diegetica sono l’idea di bellezza («sourire […] très beau») e di fiducia («elle s’est tournée vers moi et m’a adressé un sourire confiant et très beau»). Bellezza e fiducia che irradiano da una madre, per un attimo sorridente e sicura («son sourire plein de certitude»). Essa è riconosciuta attraverso lo sguardo della contingenza. Attraverso quello sguardo per il cui tramite la madre, rievocata nel ricordo, è ricuperata dal mondo dell’infanzia («comme je l’ai vue sans doute tout enfant»).

La ricezione, nel presente, dell’immagine materna, che emerge però dal pas- sato, e la visione («je l’ai vue») di questa stessa madre, ora proiettata nella con- temporaneità («elle s’est tournée vers moi et m’a adressé…»), è governata da meccanismi di rimemorazione, che sembrano riprodurre le dinamiche inconsce della visione involontaria. La nuova configurazione della madre pare quasi tende- re a una sacralizzazione che riecheggia formule liturgiche e modelli agiografici. Il fatto che la madre venga rappresentata come l’essenza della maternità, segno

4 Cfr. G. genette, Palimpsestes. La littérature au second dégré, paris, Éditions du seuil, 1982,

p. 404.

5 Cfr. GM, p. 107. 6 Cfr. D, p. 56.

di tutela e annuncio di speranza («elle est la mère, la grande réserve d’espoir et la promesse») riporta a un linguaggio devozionale, in questo caso di modello mariologico. Se il riferimento alla Vergine Maria ritorna nell’opera di Bauchau, come termine di riferimento letterario7, qui siamo in presenza di una terminologia

e di un immaginario che sembrano disegnare la figura della madre, «retournée à la grande humilité et à la grande pauvreté anonyme de la vieillesse», come un’icona irradiante luce e promessa di protezione, icona in qualche modo mariana8.

il discorso poetico rimanda anche alla nozione di speranza, virtù teologale a cui si legano saldamente le nozioni scritturali di promessa («la promesse») e, im- plicitamente, di salvezza oltre la morte. In questo modo, per la concidenza delle immagini, assistiamo alla sovrapposizione di due figure e di due discorsi, uno di risonanza biblica e l’altro poetico. Due discorsi culminanti in un’asserzione finale che diventa una sorta di dichiarazione esemplare di una condizione esistenziale nuova e, probabilmente, definitiva: quella cioè di un Bauchau che, ricuperando nel ‘presente letterario’ il rapporto con la madre, abbandona e supera la condizione esistenziale passata di solitudine («j’apprends d’elle en ce sourire tout ce qu’il faut savoir et qu’elle n’avait pas pu encore me transmettre. Je ne suis plus seul jamais seul»). in ogni caso, il ripercorrere la malattia della madre, secondo moduli stili- stici che sembrano quasi rievocare la trattatistica medievale De arte bene morien- di e la tradizione spirituale fra Cinque e Seicento dei mistici francesi e spagnoli (peraltro cara a Bauchau), diventa costruzione diegetica sul filo della sofferenza che si fa chiara espressione d’amore e tenerezza del figlio verso la madre. In que- sta costruzione narrativa o ricostruzione di un legame d’amore Bauchau lascia emergere, anche se in filigrana al discorso, quel sentimento di unione profonda che, pur nella déchirure, già accompagna la vita del narratore e della madre.

Così, dalla descrizione della malattia («depuis sa maladie…») e del disfaci- mento del corpo, attraverso toni che rievocano anche la letteratura e l’iconografia barocca, si passa al disvelamento della morte annunciata («il faut apprendre à mourir») e alla rievocazione di essa («la mort…») come avvenimento compiuto e passato. Si oscilla, in questo modo, fra due poli di reminiscenza evenemenziale, consegnati al ricordo in un’alternanza di rievocazioni che basculent narrazione e

7 L’evocazione della Vergine è presente, esplicitamente, in alcuni scritti di Bauchau. In partico-