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Variazione della velocit` a di convezione con la quota

2.3 Caratteristiche di interesse di un esperimento di scattering

3.1.5 Variazione della velocit` a di convezione con la quota

Abbiamo acquisito la funzione di correlazione omodina al variare dell’altezza della lente di raccolta y all’interno della zona della soluzione illuminata dal laser (ricordiamo che w1 = 100µm w2 = 10µm). Come si pu`o notare dalla Figura 3.15 si ha un andamento discendente allontanandosi dal centro del fascio.

Figura 3.15: Velocit`a di convezione in funzione della quota dell’asse di rac- colta rispetto a quello di focalizzazione, l’altezza y della seconda lente `e stata rinormalizzata a w1, si noti come Vy decresce allontanandosi dal centro del

fascio.

3.1.6

Presenza dell’effetto Soret

Dai dati raccolti in funzione della quota notiamo che il rapporto B/C tra le ampiezze delle discese nelle funzioni di correlazione omodina per i campioni di Latex 989 nm (FP) dipende dalla distanza dal centro del fascio. In particolare

B/C decresce qunado ci si allontana dal centro del fasio incidente. Poich´e, come gi`a detto in precedenza,

B

C ∝ n ∝ c

ci`o significa che il numero n di microsfere contenute nel volume di scatter- ing (individuato dall’ottica di raccolta) diminuisce quando ci allontaniamo dal centro del fascio incidente. Se immaginiamo che la temperatura de- cresca allontanandoci dal centro del fascio laser che riscalda il campione,

al diminuire della temperatura la concentrazione c diminuisce (ricordiamo

n ∝ c). Questo fenomeno `e noto come effetto Soret positivo [3] ed `e carat-

teristico della maggior parte delle soluzioni sottoposte ad un gradiente di temperatura.

Il rapporto c/c(0) tra la concentrazione e la concentrazione minima (mis- urata al centro del fascio) c(y = 0) = c(0) `e dato da

c c(0) =

B/C B(0)/C(0)

dove B(0) e C(0) sono i valori dei parametri B e C misurati al centro del fascio. Il valore di c/c(0) cos`ı misurato `e riportato in Figura 3.16 in funzione di y/w1.

Figura 3.16: Rapporto tra la concentrazione e la concentrazione minima in funzione della quota dell’asse di raccolta, l’altezza y della lente di rac- colta `e stata rinormalizzata a w1, si noti come la concentrazione cresce allontanandosi dal centro del fascio.

3.2

Conclusioni e ipotesi di lavoro

• I tempi di diffusione sono in buon accordo con quelli previsti teori-

camente a basse intensit`a incidenti (niente riscaldamento) e concen- trazioni sufficienti a vedere bene la prima discesa (basso disturbo del termine legato alle fluttuazioni del numero medio di particelle nel vol- ume di scattering);

• I dati raccolti sembrano dimostrare l’esistenza di un moto convettivo

azionato dal riscaldamento locale della soluzione acquosa che assorbe molto alla lunghezza d’onda infrarossa utilizzata; la velocit`a cresce con la potenza incidente ma non dipende dalla specie di macromolecole n´e dalla concentrazione della soluzione.

Il problema maggiore ´e giustificare l’ eccessivo spostamento a sinistra della prima discesa (relativa alla diffusione) per i campioni di Latex 989 nm ad alte intensit´a incidenti; sarebbe utile valutare questo effetto in funzione della dimensione delle microsfere e stabilire se possa essere attribuito alla presenza di un gradiente di concentrazione del soluto che abbiamo rilevato (effetto Soret).

Come prova definitiva della presenza di moti convettivi che causano la fluttuazione del numero di particelle nel volume di scattering si possono effet- tuare misure al variare dell’angolo compreso tra il vettore d’onda scambiato q e la velocit´a di convezione V.

Data la possibilit`a di acquisire le funzioni di correlazione su tempi abbas- tanza lunghi (∼ 100 s), suggeriamo di verificare la presenza di un’ulteriore discesa relativa alla fluttuazione del numero di microsfere nel volume di scat- tering dovuta alla diffusione, che dovrebbe avere unn tempo caratteristico

Appendice A

Larghezza di un fascio

gaussiano focalizzato

Il fascio gaussiano rappresenta un tipo di fascio luminoso molto interessante. L’importanza di studiare dei fasci di forma gaussiana nasce essenzialmente dal fatto che i dispositivi laser emettono una radiazione caratterizzata da un profilo gaussiano.

A.1

L’equazione di Helmotz

Ricordiamo che la componenete del campo elettrico di un’onda piana polar- izzata pu`o essere descritta come una funzione dello spazio r e del tempo t della forma [2]

E(r, t) = E0ei(k·r−ωt)

dove k `e il vettore d’onda ed ω `e Tuttavia l’onda piana non `e che la soluzione pi`u semplice dell’equazione delle onde

2E(r, t) 1 V2 2 ∂t2E(r, t) = 0 (A.1) dove V2 = 1 εµ0

Pi`u in generale si pu`o scrivere la soluzione della (A.1) come una funzione della forma

E(r, t) = E0(r)e−ig(r)eiωt

Introducendo U (r) = E0(r)e−ig(r) avremo

Inserendo la (A.2) nella (A.1) otteniamo l’equazione di Helmotz per la U (r)

2U (r) + ω2

V2U (r) = 0 (A.3)

Il problema della risoluzione della (A.3) consiste nel trovare delle soluzioni di questa equazione differenziale alle derivate parziali avendo imposto alcune condizioni al bordo. le soluzioni pi`u comuni della (A.3) sono quelle del tipo onda piana in cui U (r) = e−ik·r oppure onda sferica U(r) = e−ikr. Come vedremo anche il fascio gaussiano rappresenta una particolare soluzione della (A.3).

A.2

Equazione di Helmotz per ampiezze lenta-

mente variabili

In molte situazioni pratiche la propagazione dell’onda elettromagnetica avviene principalmente lungo un solo asse che assumeremo essere l’asse z. Assumi- amo inoltre che la funzione U (r) sia separabile in due parti: una periodica rapidamente variabile con z ed una parte che varia pi`u lentamente con z che indicheremo con Ψ. Avremo quindi che

U (r) = Ψ(r)eikz (A.4) con k = 2π/λ dove λ `e la lunnghezza d’onda della luce. Inserendo la (A.4) nella (A.3) otteniamo l’equazione

2Ψ(r)− 2ik

∂zΨ(r) = 0 (A.5)

Riscriviamo ora la (A.5) ricordando che

2 = 2 ∂x2 + 2 ∂y2 + 2 ∂z2  cos`ı avremo 2 ∂x2Ψ(r) + 2 ∂y2Ψ(r) + 2 ∂z2Ψ(r)  − 2ik ∂zΨ(r) = 0 (A.6)

Poich´e la Ψ(r) varia lentamente con z potremo trascurare il termine

2

∂z2Ψ(r) nella precedente equazione, ottenendo cos`ı l’equazione di Helmotz

per la Ψ 2 ∂x2 + 2 ∂y2  Ψ(r)− 2ik ∂zΨ(r) = 0 (A.7)

Consideriamo ora il caso in cui la Ψ(r) abbia una simmetria radiale at- torno all’asse z di propagazione. In questo caso potremo riscrivere la Ψ come

Ψ(r) = Ψ(r, z)

dove r = √x2 + y2. Potremo anche riscrivere l’operatore differenziale della (A.7) come 2 ∂x2 + 2 ∂y2  = 2 ∂r2 + 1 r ∂r 

Quindi l’equazione (A.7) diverr`a

2 ∂r2 + 1 r ∂r  Ψ(r, z)− 2ik ∂zΨ(r, z) = 0 (A.8)

La soluzione dell’equazione differenziale alle derivate parziali (A.8) `e Ψ(r, z) = Ψ0e−i



−i ln[1−i(z/z0)]+2(z+iz0)kr2 

(A.9) dove Ψ0 e z0 sono delle costanti di integrazione, in particolare Ψ0`e l’ampiezza del fascio a z = 0 e z0 = πw02/λ con w0 larghezza del fascio a z = 0. La lunghezza z0 qui introdotta `e chiamata Rayleigh range, mentre la w0 `e anche detta larghezza caratteristica del fascio gaussiano. Si noti che la largezza w0 `

e il doppio del raggio dela fascio gaussiano σ0. Utilizziamo ora l’identit`a

ln(a + ib) = 1 2ln

a2+ b2+ i arctan(b/a)

per riscrivere il termine della (A.9)

e−i(−i ln[1−i(z/z0)]) = e− ln[1−i(z/z0)] = 1

1 + (z2/z02)

eiarctan(z/z0)

Definendo poi il termine

w(z) = w0 1 + (z2/z02) (A.10) otterremo 1 1 + (z2/z02) eiarctan(z/z0)= w0 w(z)e iarctan(z/z0) (A.11)

Possiamo riscrivere in una forma pi`u adatta ai nostri scopi anche l’altro termine della (A.9)

e−i2(z+iz0)kr2 = e−ikr2(z−iz0)z2+z02 = e−iz2+z02kr2z e−z2+z02kr2z0 Introducendo R(z) = z 1 + z0 2 z2  (A.12)

otteniamo

e−iz2+z02kr2z e−z2+z02kr2z0 = e−w2(z)r2 e−ikr22R(z) (A.13)

In base alla (A.11) e alla (A.13) potremo riscrivere la (A.9) come Ψ(r, z) = Ψ0 w0

w(z)e

iarctan(z/z0)e−w2(z)r2 e−ikr22R(z) (A.14)

In conclusione, in base alla (A.4), avremo

U (r, z) = U0 w0 w(z)e

iarctan(z/z0)e−w(z)2r2 e−ikr22R(z)e−ikz (A.15)

dove U0 = Ψ0. Si noti che la (A.15) per z fissato descrive un campo elettro- magnetico con un’ampiezza caratterizzata da un profilo gaussiano (si veda la Figura A.1). Se inoltre introduciamo

q(z) = z− iz0

potremo riscrivere la (A.15) come

U (r, z) = U1 q(z)e

−ikr2

2q(z) (A.16)

dove U1 `e una costante moltiplicativa proporzionale ad U0. Si noti inoltre che la q(z) `e legata alla σ(z) e alla R(z) tramite la formula

1 q(z) = 1 R(z) − i 2 kw2(z) (A.17)

Notiamo(in base alla (A.10)) che la larghezza del fascio aumenta all’au- mentare di z e che la w0 `e la larghezza minima del fascio gaussiano; inoltre il massimo di questa distribuzione gaussiana decresce al crescere di z (si veda la Figura A.2). In questo modo si ha che l’area sottesa al profilo gaussiano (proporzionale all’energia) `e costante, si pu`o infatti dimostrare che

 +∞

−∞ dx

 +∞

−∞ dyU (r, z) = cost

per ogni z.

A.3

Focalizzazione di un fascio gaussiano tramite

una lente sottile

Immaginiamo che una lente sottile (con lunghezza focale f ) fissata in una certa posizione z riceva un fascio gaussiano caratterizzato dalla quantit`a im- maginaria q(z) = z− iz0 (si veda la (A.16)). Alla prima faccia della lente avremo l’ampiezza (complessa)

x

y

U(x,y)

Figura A.1: Profilo gaussiano dell’ampiezza del campo elettico descritto dalla (A.15) a z fissato.

Figura A.2: Variazione della larghezza del fascio gaussiano e profilo della distribuzione gaussiana all’aumentare di z.

U(r, z) = U1e−2(z+iz0)ikr2

L’ampiezza dopo la lente U+(r, z) pu`o essere calcolata moltiplicando la

U(r, z) per il fattore di fase introdotto dalla lente sottile eikr2/2f

U+(r, z) = U(r, z)eikr22f = U1e−2(z+iz0)ikr2 eikr22f

Possiamo ora riesprimere la U+(r, z) con la forma di un fascio gaussiano definendo 1 z+ iz0 = 1 z + iz0 1 f (A.18)

In questo modo la U+(r, z) potr`a scriversi come

U+(r, z) = U1e−

ikr2

2(z+iz0)

che ha la forma di un fascio gaussiano.

Identificando la parte reale e la parte immginaria della relazione (A.18) possiamo ottenere le seguenti equazioni per il Rayleigh range z0 e per la larghezza caratteristica σ0 del fascio gaussiano immagine

z0 = M2z0 (A.19)

w0 = M2w0 (A.20)

dove

M = |f/(z − f)|

1 + z02/(z− f)2

Sempre dalla (A.18) possiamo calcolare distanza d tra la posizione della larghezza caratteristica σ0 e la lente (si veda la Figura A.3)

d = M2(z− f) + f (A.21) Si noti dalla (A.21) che se z > f il punto di massima focalizzazione (cio`e la posizione della σ0) si sposta oltre il fuoco della lente (Figura A.3).

Per calcolare la larghezza del fascio focalizzato dalla lente, in un gener- ico punto dell’asse orizzontale, `e conveniente utilizzare un nuovo sistema di riferimento Oζ centrato nella posizione della larghezza caratteristica w0 (si consideri sempre la Figura A.3). Poich´e il fascio immagine `e comunque un fascio gaussiano si avr`a (si veda la (A.10))

w(ζ) = w0

1 + (ζ2/z02) (A.22)

Dovendo, ad esempio, calcolare la larghezza del fascio nel fuoco della lente scriveremo

Figura A.3: Formazione dell’immagine con i fasci gaussiani, si noti come l’immagine σ0 della larghezza caratteristica σ0 si trova oltre il fuoco della lente.

w(d− f) = w0

1 + [(d− f)2/z02] (A.23) In base alla (A.23) possiamo calcolare la larghezza del fascio laser in- cidente sul campione nel nostro esperimento. Considerando che il nostro laser (con lunghezza d’onda λ = 1064 nm) ha una larghezza caratteristica

σ0 = 0.44 mm ed `e posto ad una distanza z = 1.5 m dalla lente (che ha una focale f = f1 = 40 cm) avremo

d = 51.45 cm

w0 = w1 = 100 µm

z0 = 5.95 cm

Appendice B

Stima della velocit`a di

convezione per un volume di

fluido riscaldato

Nel nostro esperimento la soluzione, che si trova a temperatura ambiente T , viene irradiata dalla luce laser focalizzata da una lente. In questo modo il liquido illuminato, assorbendo l’energia del laser e riscaldandosi, si espan- der`a ed essendo soggetto alla forza di Archimede sar`a spinto verso l’alto. Dopo aver ceduto parte della sua energia al resto del fluido per conduzione, la porzione di soluzione riscaldata uscir`a dalla zona illuminata, cedendo il calore assorbito al fluido circostante. In questo modo vengono ad instau- rarsi dei moti convettivi all’interno della soluzione. Nel seguito vederemo come si possa ottenere un’equazione per la velocit`a di convezione in funzione della variazione di temperatura e otterremo un’equazione che permetta di sovrastimare la velocit`a di convezione in funzione della potenza assorbita dal fluido.

B.1

Forma del volume illuminato

Nell’esperimento condotto il laser viene focalizzato sulla provetta (avente lato L = 1 cm) che contiene la soluzione in esame. Poich`e il fascio luminoso gaussiano messo a fuoco dalla lente ha larghezza w1 = 100 µm esso definir`a un volume illuminato V di forma cilindrica1 con diametro di base w1 e lunghezza

L (Figura B.1). Avremo quindi

V = πw1/22L

La zona illuminata ha si trova ad una distanza h dall’estremo superiore della provetta.

1In realt`a la larghezza del fascio varia dall’entrata all’uscita della provetta definendo

un volume illuminato dalla forma complicata, tuttavia questa variazione `e di appena 5 µm cos`ı potermo assumere che w1 sia costante definendo cos`ı un volume cilindrico.

Figura B.1: Volume di fluido contenuto nella provetta illuminato dal fascio laser focalizzato.

B.2

Approssimazione delle equazioni di Navier-

Stokes per un fluido riscaldato

Consideriamo le equazioni di Navier-Stokes [5] per la velocit`a u, per un fluido incomprimibile di densit`a ρ ad una certa pressione p

ρ∂u

∂t + ρ u· ∇u = −∇p + η∇

2u +F (B.1)

qui η `e la viscosit`a dinamica del solvente edF `e la forza per unit`a di volume agente sul fluido. Se il fluido `e in uno stato stazionario la u non dipende esplicitamente dal tempo e l’equazione (B.1) diverr`a

ρ u· ∇u = −∇p + η∇2u +F (B.2) Supponendo che il sitema sia bidimensionale, cio`e

u = (u, v) ,

l’equazione (B.2) per la componente verticale della velocit`a v si ridurr`a a

ρ v∂v ∂y + ρ v ∂u ∂x = ∂p ∂y + η 2v ∂y2 + η 2v ∂x2 +F (B.3)

Se l’unica forza agente sul fluido `e la forza di gravit`a avremo che la forza per unit`a di volume sar`a

F = −ρ g

Inoltre la pressione p `e data dalla legge di Stevino

p = ρ g(h− y) + p0

dove p0 `e la pressione atmosferica, allora avremo

∂p

∂y =−ρ g

per cui dalla (B.3) otterremo

ρ v∂v ∂y + ρ v ∂u ∂x = ρ g + η 2v ∂y2 + η 2v ∂x2 − ρ g (B.4)

A seguito dell’espansione del fluido indotta dal riscaldamento la densit`a subir`a una variazione

ρ = ρ0+ ∆ρ

tuttavia considereremo ρ  ρ0 costante in tutti i termini della (B.4) eccetto che nell’ultimo che terr`a conto dell’effetto della forza idrostatica. In questo modo otteniamo

ρ0v∂v ∂y + ρ0v ∂u ∂x = ρ0g + η 2v ∂y2 + η 2v ∂x2 − (ρ + ∆ρ)g per cui ρ0v∂v ∂y + ρ0v ∂u ∂x = η 2v ∂y2 + η 2v ∂x2 − ∆ρ g (B.5)

possiamo dividere la (B.5) per ρ0 ottenendo

v∂v ∂y + v ∂u ∂x = ν 2v ∂y2 + ν 2v ∂x2 ∆ρ ρ0 g (B.6)

dove abbiamo introdotto ν = η/ρ0 che `e la viscosit`a cinematica del fluido.

La diminuzione della densit`a del liquido a seguito dell’aumento di tem- peratura ∆T `e dato dall’equazione

∆ρ =−α ρ0∆T grazie alla quale la (B.6) diviene

v∂v ∂y + v ∂u ∂x = ν 2v ∂y2 + ν 2v ∂x2 + α g ∆T (B.7)

Se adesso supponiamo che i termini inerziali

v∂v ∂y

e

v∂u ∂x

siano trascurabili otteniamo l’equazione

ν∂

2v

∂y2 + ν 2v

∂x2 + α g ∆T = 0 (B.8)

Ponendo per semplicit`a

2v ∂x2  0 nella (B.8) otteniamo ν∂ 2v ∂y2 + α g ∆T = 0 (B.9)

Assumiamo ora che le forze idrostatiche agiscano solo sulle lungezze tipiche del volume illuminato ∼ w1, allora possiamo integrare l’equazione (B.9) tra

−w1 e +w1 ponendo le condizioni al bordo2 v(y = +w1) = v(−w1) = 0

ottenendo

v(y) = α g ∆T

(w1

2− y2) (B.10)

La velocit`a caratteristica che si ottiene dalla (B.10) al centro del fascio

y = 0 `e

Vy =

α g w12

∆T (B.11)

Se il liquido considerato `e acqua a temperatura ambiente avremo

ν = 1.0−6m2/s α = 1.8× 10−4K−1 e poich´e `e g = 9.8 m/s2 e w1 = 100µm si avr`a Vy = ζ∆T (B.12) dove ζ = 8.82× 10−3 mm/s K

B.3

Potenza del laser assorbita dal fluido

Supponiamo che il solvente della soluzione di microsfere assorba la maggior parte della radiazione del laser complessivamente assorbita dalla soluzione. Come `e noto, quando la radiazione attraversa un mezzo, la sua intensit`a I(x) decresce esponenzialmente dal valore iniziale I(0) = I0 con lo spessore del materiale attraversato

I(x) = I0e−γx (B.13) dove γ `e il coefficiente di assorbimento del solvente che dipende dalla natura solvente e dalla lunghezza d’onda considerata. In base alla B.13 l’intensit`a assorbita da un di spessore L mezzo IA sar`a

IA= I0(1− e−γL) (B.14)

2In pratica stiamo assumendo che la velocit`a sia nulla se ci troviamo ad una distanza w 1

dal centro del volume illuminato, ci`o `e ragionevole poich´e la potenza del fascio `e distribuita con un gaussiana e se ci troviamo ad una distanza w1 dal centro la potenza incidente `e

gi`a diminuita di oltre il 90 % quindi la variazione di temperatura (che genera il moto convettivo) `e trascurabile.

Figura B.2: Volume illuminato (cilindrico) approssimato con un parallelepipedo a base quadrata.

Poich´e l’intensit`a del laser `e proporzionale alla sua potenza avremo che la potenza assorbita `e

P = P0(1− e−γL) (B.15) dove P0 `e la potenza del laser incidente.

Dopo un breve transiente iniziale il liquido riscaldato raggiunger`a l’equi- librio. Assumiamo che il calore assorbito dal fluido nella zona illuminata sia ceduto al fluido circostante principalmente3 per convezione [4]. Per calcolare la quantit`a di calore che fuoriesce dal volume illuminato per convezione, ap- prossimiamo il cilindro illuminato con un parallelepipedo a base quadrata di lunghezza L e lato w1 (Figura B.2).

In un intervallo di tempo infinitesimo dt il volume di fluido riscaldato percorrer`a una distanza dy (Figura B.3). Quindi, in un tempo dt, dalla regione illuminata fuoriuscir`a un volume pari a

dV = L w1dy

Quindi la massa che abbandona la regione illuminata nel tempo dt sar`a

dm = ρ dV = ρ L w1dy

La quantit`a di calore dQC che abbandona la regione illuminata in un

tempo dt sar`a pari a

dQC = c dm ∆T = c ρ L w1dy ∆T (B.16)

3In realt`a il volumetto riscaldato cede il suo calore anche attraverso altri meccanismi so-

prattutto attraverso la conduzione ma anche tramite irraggiamento, tuttavia trascureremo la quantit`a di calore ceduto attraverso queste ulteriori modalit`a.

Figura B.3: Volume di fluido riscaldato che esce dal volume illuminato. dove c `e il calore specifico del fluido in esame. Se siamo all’equilibrio il calore (B.16) ceduto per convezione deve essere uguale al calore assorbito della radiazione laser che `e dato da PAdt, quindi avremo

dQC = c ρ L w1dy ∆T = P dt (B.17)

derivando la (B.17) rispetto a t otteniamo

c ρ L w1Vy∆T = P (B.18)

Si noti che la (B.18) assieme alla stima della velocit`a di convezione

Vy

α g w12 ν ∆T

rappresenta un sistema di equazioni per le grandezze ∆T e Vy con soluzione

Vy =  g w1α c L ν ρP 1/2 ∆T =  ν c g L w3α ρP 1/2

Se il solvente considerato `e acqua a temperatura ambiente (T = 298 K) avremo γ = 0.12 cm−1(per λ = 1064 nm) ρ = 103kg/m3 α = 1.8× 10−4K−1 c = 4.186× 103J/K allora avremo Vy = ξ P1/2 (B.19)

dove ξ = 64.9mm/s mW1/2, e

∆T = ς P1/2 (B.20)

dove ς = 3.68 K mW1/2

Bibliografia

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[2] C. Charletier. Introduction to Optics. Springer, 1996.

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ticle thermophoresis in acqueous dispersions. Journal of Optical Societyof

America B, Vol. 21, No. 3, March 2004.

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by light-beating spectroscopy. Applied Physics Letters, Vol. 21, No. 9,

November 1972.

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