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Studio della dinamica di microsfere in soluzione mediante fotocorrelazione nell'infrarosso

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(1)

Universit`

a degli studi di Roma

“La Sapienza”

Facolt`

a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Relazione del Laboratorio di

Struttura della Materia:

Studio della dinamica di

microsfere in soluzione tramite

fotocorrrelazione nell’infrarosso

di Filippo Saglimbeni e Caludio Maggi anno accademico 2004-2005

(2)

Indice

1 Teoria 3

1.1 Inroduzione . . . 3

1.2 Fluttuazioni e funzioni di correlazione . . . 5

1.3 Teoria base dello scattering . . . 7

1.3.1 Risultati della teoria dell’elettromagnetismo . . . 7

1.3.2 Approccio molecolare allo scattering . . . 10

1.4 Gli esperimenti di scattering . . . 11

1.4.1 Tecnica omodina . . . 11

1.4.2 Tecnica eterodina . . . 12

1.5 Modelli per sistemi di molecole sferiche . . . 13

1.5.1 Molecole sferiche . . . 13

1.5.2 Soluzioni diluite e indipendenza delle particelle . . . 15

1.5.3 Funzione di correlazione eterodina per la diffusione di particelle . . . 15

1.5.4 Funzione di correlazione omodina per soluzioni molto diluite . . . 18

1.5.5 Macromolecole in moto uniforme . . . 20

1.5.6 Funzione di correlazione omodina nel caso di b non costanti . . . 22

2 L’esperimento 31 2.1 Configurazione sperimentale . . . 31

2.2 Misure effettuate . . . 31

2.3 Caratteristiche di interesse di un esperimento di scattering nell’infrarosso . . . 32

3 Analisi dati 33 3.1 Presenza dei moti convettivi all’interno del mezzo . . . 33

3.1.1 Visibilit`a della seconda discesa a basse concentrazioni . 33 3.1.2 Tempi di diffusione e convezione . . . 36

3.1.3 Variazione del tempo di diffusione con il riscaldamento della zona illuminata della soluzione . . . 41

3.1.4 Velocit`a di convezione in funzione della variazione della potenza incidente e della temperatura . . . 44

(3)

3.1.6 Presenza dell’effetto Soret . . . 50 3.2 Conclusioni e ipotesi di lavoro . . . 52

A Larghezza di un fascio gaussiano focalizzato 53

A.1 L’equazione di Helmotz . . . 53 A.2 Equazione di Helmotz per ampiezze lentamente variabili . . . 54 A.3 Focalizzazione di un fascio gaussiano tramite una lente sottile 56 B Stima della velocit`a di convezione per un volume di fluido

riscaldato 60

B.1 Forma del volume illuminato . . . 60 B.2 Approssimazione delle equazioni di Navier-Stokes per un fluido

riscaldato . . . 62 B.3 Potenza del laser assorbita dal fluido . . . 64

(4)

Capitolo 1

Teoria

1.1

Inroduzione

La radiazione elettromagnetica `e una delle sonde pi`u importanti per indagare la struttura e della dinamica della materia [4]. L’assorbimento di ultravio-letto, visibile, infrarosso ecc. fornisce informazioni dettagliate sui livelli en-ergetici elettronici, rotazionali e vibrazionali delle molecole. Quando i fotoni incidono su una molecola possono fornire energia ai gradi di libert elettroni-ci, rotazionali e vibrazionali delle molecole (o guadagnare energia da essi). I fotoni mostreranno quindi uno shift nella frequenza. Lo spettro in frequen-za della luce diffusa mostrer delle risonanze alle frequenze corrispondenti a queste transizioni.

Quando della luce incide sulla materia, il campo elettrico della luce in-duce una polarizzazione oscillante degli elettroni della molecola. Quindi le molecole fungono da fonte di luce secondaria e conseguentemente irradiano (diffondono) luce. Allora shift in frequenza, distribuzione angolare, polariz-zazione ed intensit della luce diffusa sono determinate dalle dimensioni, dalla forma e dalle interazioni molecolari nel materiale che diffonde. Quindi dalle caratteristiche della luce di scattering in un dato sistema dovrebbe essere possibile, con l’aiuto dell’elettrodinamica e della teoria della meccanica sta-tistica dipendente dal tempo, ottenere informazioni sulla struttura e sulla dinamica delle molecole nel mezzo che diffonde.

In un tipico esperimento di diffusione della luce la luce di un laser viene fatta passare attraverso un filtro (polarizzatore) che ne definisce la polar-izzazione, dopodich`e questo fascio di luce polarizzata incide sul mezzo che diffonde. La luce diffusa dal mezzo passa quindi attraverso un polarizzatore che ne seleziona una certa polarizzazione e infine entra nel rivelatore. La posizione del rivelatore definisce l’ angolo di scattering θ e l’intersezione tra il fascio incidente e il fascio che arriva al rivelatore definisce volume di

scat-tering, come illustrato nella Figura 1.1. Il rivelatore comunemente usato in

questi esperimenti `e un fotomoltiplicatore.

(5)

tecni-Figura 1.1: Rappresentazione schematica di un esperimento di diffusione della luce.

Figura 1.2: Rappresentazione schematica delle diverse tecniche usate negli esperimenti di scattering.

(6)

ca di filtraggio, tecnica omodina e tecnica eterodina, essi sono rappresentati

schematicamente nella Figura 1.2. Si noti che nelle tecniche omodina ed eterodina non viene usato alcun monocromatore sulla luce di scattering che deve arrivare al fotomoltiplicatore.

1.2

Fluttuazioni e funzioni di correlazione

Ricordiamo che ogni osservabile misurata di un sistema allequilibrio `e ovvi-amente una media sul tempo, cio`e ha la forma

¯ A(t0, T ) = 1 T  T+t0 t0 A(t)dt. (1.1)

La media ha significato solo se il tempo T su cui `e fatta `e grande rispetto fluttuazioni di A. Idealmente A andrebbe mediato su un tempo infinito come segue ¯ A(t0, T ) = lim T→∞ 1 T  T+t0 t0 A(t)dt (1.2)

Nella meccanica statistica si assume che tale media sia indipendente da t0, cio`e si assume che A sia una propriet`a stazionaria,cio`e della forma

A = lim T→∞ 1 T  T 0 A(t)dt (1.3)

Figura 1.3: Losservabile A che fluttua nel tempo, lasse dei tempi `e stato suddiviso in intervalli discreti ∆t

La A(t) somiglia ad un segnale di rumore (Figura 1.3) e sar`a diversa ad istanti del tempo diversi A(t) = A(t + τ). Ovviamente se τ `e molto piccolo

(7)

rispetto ai tempi tipici delle fluttuazioni le due A(t) ed A(t + τ ) differiranno di poco (sono correlate), ma per τ grande esse potranno essere molto diverse (si perde la correlazione). Definiamo quindi la funzione di autocorrelazione dell’osservabile A come A(0)A(τ) = lim T→∞ 1 T  T 0 A(t)A(t + τ )dt (1.4)

Dovendo calcolare la media (1.4) a passi discreti (per un tempo finito), ad esempio in un esperimento, considereremo lasse del tempo diviso in intervalli ∆t ed indichiamo t = j∆t, τ = n∆t e T = N ∆t (si noti che t + τ = (j + n)∆t ). Dalla definizione di integrale possiamo approssimare la (1.3) e la (1.4) come A ≈ lim N→∞ 1 N N  j=1 A(j∆t) (1.5) A(0)A(τ) ≈ lim N→∞ 1 N N  j=1 A(j∆t)A((j + n)∆t) (1.6)

Si noti che alcuni termini nella sommatoria (1.6) possono essere negativi ed andranno a cancellare termini positivi. Considerando invece A2(0) =

A(0)A(0) si ha che tutti i termini nella (1.6) sono positivi o nulli quindi

avremo A2(0) ≈ lim N→∞ 1 N N  j=1 A(j∆t)A(j∆t) = lim N→∞ 1 N N  j=1 A2(j∆t) (1.7) A2(0) ≥ A(0)A(t) (1.8)

Quindi la funzione di correlazione decade dal suo valore iniziale A2(0) che deve essere il massimo. Inoltre ci aspettiamo che, per τ molto grande rispet-to ai tempi tipici delle fluttuazioni, la A(t) e la A(t + τ ) siano rispet-totalmente scorrelate quindi

lim

τ→∞A(0)A(τ) = A(0)A(τ) = A

2 (1.9)

Allora la funzione di correlazione all’aumentare del tempo decade dal suo valore massimoA2 al valore A2 (come esempio si consideri la Figura 1.4). In tanti casi pratici la funzione di correlazione decade come un esponen-ziale singolo della forma

A(0)A(τ) = A2+ [A2 − A2] exp(−τ

τr

) (1.10)

dove τr`e detto tempo di rilassamento o tempo di correlazione dell’osservabile

(8)

Figura 1.4: La funzione di correlazione dellosservabile A nel caso di decadimento esponenziale singolo.

1.3

Teoria base dello scattering

Immaginiamo che della luce illumini della materia. Il campo elettromag-netico esercita una forza sulle cariche contenute nel mezzo che diffonde, esse quindi accelereranno irradiando luce, tale fenomeno `e comunemente detto

polarizzazione del mezzo. Ora immaginiamo delle piccole porzioni di volume

nel mezzo di dimensioni molto minori della lunghezza donda al cubo della luce incidente. Allora, per tutti gli atomi contenuti in ogni piccola porzione, il campo elettrico sar`a circa lo stesso. Se ogni piccola porzione di volume ha la stessa costante dielettrica la luce sar`a diffusa solo in avanti, poich per ogni porzione che emette radiazione ce ne sar`a unaltra che emette in opposizione di fase alla prima per qualunque direzione (eccetto che in avanti). La radi-azione diffusa `e infatti il risultato della sovrapposizione delle onde riemesse da ogni porzione, esse differiscono solo per un fattore di fase, che in avanti `

e nullo. Tuttavia le fluttuazioni termiche possono cambiare leggermente la costante dielettrica di queste porzioni semimicroscopiche, che non emetter-anno pi`u tutte con la stessa ampiezza di campo elettromagnetico. Allora l’interferenza distruttiva non avr`a pi`u luogo e avremo lo scattering in altre direzioni.

1.3.1

Risultati della teoria dell’elettromagnetismo

Consideriamo il mezzo con una costante dielettrica media ε0 (l’indice di rifrazione sar`a n = √ε0) investito da un campo elettrico incidente Ei della

(9)

Figura 1.5: Vettori d’onda del campo incidente e del campo diffuso. forma

Ei(r, t) = niE0ei(kr−ωit) (1.11)

dove ni, ki, ωi ed E0 sono rispettivamente polarizzazione, vettore d’onda,

frequenza ed ampiezza del campo incidente. La costante dielettrica locale si pu`o scrivere in forma di matrice come

ε(r, t) = ε0I + δε(r, t) (1.12) dove δε(r, t) `e la fluttuazione della costante dielettrica alla posizione r al tempo t ed I `e la matrice identit`a.

La componente Es(R, t) del campo elettrico diffuso a grande distanza R

dal volume che diffonde `e data da

Es(R, t) = E0 4πRε0e ikfR V d3r ei(q·r−ωit){n f · [kf × (kf × (δε(r, t) · nf))]} (1.13) dove V `e il volume che diffonde, nf `e la polarizzazione selezionata del campo

diffuso, kf `e il suo vettore d’onda e q = kf − ki. L’angolo θ compreso tra

kf e ki `e detto angolo di scattering (Figura 1.5). Solitamente la lunghezza

d’onda della luce incidente cambia molto poco nel processo di diffusione, quindi avremo |ki| ≈ |kf| = 2πn λf (1.14) quindi otteniamo |q| = 2|ki| sin ( θ 2) = 4πn λf sin (θ 2). (1.15)

(10)

Introduciamo la trasformata di Fourier (spaziale) della fluttuazione della costante dielettrica δε(q, t) =  V d3reiq·r δε(r, t) (1.16)

Grazie alla (1.16) possiamo riscrivere il campo diffuso (1.13) come

Es(R, t) =

E0

4πRε0e

i(kfR−ωit){n

f · [kf × (kf × (δε(q, t) · nf))]} (1.17)

che pu`o essere ridotta1 a

Es(R, t) =

−kf2E0

4πRε0 e

i(kfR−ωit)δε

if(q, t) (1.18)

avendo definito εif(q, t) = ni · δε · (q, t)nf che `e la componente della

flut-tuazione della costante dielettrica lungo le polarizzazioni iniziale e finale. La funzione di correlazione dipendente dal tempo 2 del campo (1.18) pu`o allora scriversi come Es∗(R, 0)Es(R, t) = kf4|E0|2 16π2R2ε02δεif (q, 0)δε if(q, t)e−iωit (1.19)

E’ utile ora introdurre la desnist`a spettrale o spettro di potenza del

cam-po elettrico E, definita come la trasformata di Fourier della funzione di autocorrelazione I(ω) = 1  +∞ −∞ dt e −iωtE(0)E(t) (1.20)

Quindi, usando la (1.19), per il campo diffuso avremo

Iif(q, ωf, R) = 1 kf4|E0|2 16π2R2ε02  +∞ −∞ dtδεif (q, 0)δε if(q, t)ei(ωf−ωi)t (1.21)

Notiamo che nella (1.21) 1. Iif ∝ k4f ∝ λ−4

2. Iif ∝ R−2

1UsiamoA × (B × C) = B(A · C) − C(A · B)

2Si noti che la funzione di autocorrelazione appropriata per un’osservabile A a valori

complessi, come il campo elettrico, `e

A∗(0)A(t) = lim T →∞ 1 T  T 0 A (t)A(t + τ )dt .

(11)

3. Iif dipende da ωie da ωf solo attraverso la loro differenza ωf−ωi = ∆ω

La proporzionalit`a a λ−4 spiega perch il cielo `e blu: le lunghezze d’onda pi`u piccole (come il blu) subiscono molto di pi`u la diffusione. La proporzionalit`a a R−2 `e la semplice attenuazione dell’onda sferica. Si ha inoltre un cambia-mento di frequenza ∆ω solo se la δε(q, t) varia col tempo, infatti se essa non dipendesse dal tempo l’integrale della (1.21) si ridurrebbe a−∞+∞dt ei(ωf−ωi)t

che `e diverso da zero solo se ωf = ωi .

1.3.2

Approccio molecolare allo scattering

Consideriamo una radiazione monocromatica che incide su una molecola dotata di una certa polarizzabilit`a anisotropa descritta dal tensore di po-larizzabilit`a α. Il campo incidente E(t) induce un momento di dipolo

d(t) = α· E(t) (1.22)

che varia col tempo. Esso emetter`a un campo proporzionale a ˆkf×[ˆkfרd(t)]

dove t `e il tempo ritardato. Si pu`o dimostrare che, il campo al rivelatore prodotto dalla singola molecola j-esima Ej `e proporzionale alla componente

della polarizzabilit`a lungo nf ed ni modulata da un fattore di fase

Ej(t)∝ αif(t) eiq·rj(t) (1.23)

dove abbiamo definito

αif(t) = nf · α(t) · ni (1.24)

qui r(t)j `e la posizione del centro di massa della molecola al tempo t. Nella

(1.23) αif(t) varia col tempo perch´e la molecola ruota e vibra, metre il fattore

di fase un funzione del tempo attraverso r(t) poich´e la molecola trasla. Supponendo che le ransizioni elettroniche siano trascurabili, il campo di scattering Es prodotto dall’insieme delle molecole sar`a dato dalla

sovrappoi-sizione dei campi Ej diffusi da ogni singola molecola j-esima, quindi avremo

(a parte fattori moltiplicativi)

Es(t)∝



j 

αjif(t) eiq·rj(t) (1.25) dove con l’indice  indichiamo che la somma (1.25) estesa alle molecole con-tenute nel volume illuminato e non a tutte le molecole del mezzo. Tale interferenza `e modulata dai moti molecolari e quindi contiene informazioni, ad esempio, sul comportamento diffusivo delle molecole.

(12)

1.4

Gli esperimenti di scattering

In un tipico esperimento di scattering un raggio luminoso (polarizzato) ind-irizzato su una regione di fluido dal quale diffuso, in seguito la radiazione di scattering passa per un polarizzatore (ed un eventuale monocromatore) fino ad arrivare al rivelatore. Il campo diffuso istantaneo `e la sovrapposizione delle onde diffuse da ciascun centro di scattering, esso fluttuer`a a causa del moto molecolare. Ci sono vari metodi di studiare la dipendenza dal tem-po di tali fluttuazioni che dipendono dalla scala di temtem-po delle fluttuazioni stesse, ad esempio si pu`o impiegare un monocromatore per studiare la densit`a spettrale della radiazione diffusa, questo metodo adatto a studiare processi molecolari rapidi (nella scala di tempi ∼ 10−6 ÷ 10−11 s). Diversamente la tecnica omodina ed eterodina (che illusteremo nel seguito)sono adatte allo studio di processi pi`u lenti di ∼ 10−6 s e non prevedono la scomposizione della luce diffusa per mezzo di filtri.

1.4.1

Tecnica omodina

Nella tecnica omodina si rivela solo la luce diffusa, quindi il segnale in uscita dal rivelatore sar`a proporzionale al modulo quadro del campo incidente i(t)∝

|E(t)|2 che `e proporzionale all’intensit`a. Questo segnale di output viene

inviato all’autocorrellatore, tale dispositivo calcola la funzione di correlazione

i(0)i(t) ∝ |E(0)|2|E(t)|2 (1.26)

Quindi misiuriamo una quantit`a proporzionale alla funzione di correlazione

omodina del campo diffuso definita come

I2(t) =|Es(0)|2|Es(t)|2 (1.27)

Possiamo immaginare il volume V che diffonde suddiviso in tante piccole regioni ciascuna di volume molto pi`u piccolo della lunghezza d’onda della luce incidente al cubo. La regione n-esima produrr`a un campo di scattering

Es(n) ed il campo complessivo sar`a dato dalla sovrapposizione dei vari Es(n), cio`e

Es=



n

Es(n) (1.28)

Se le particelle che diffondono luce, contenute in ciascuna ragione, si muovono indipendentemente le une dalle altre il campo Es il risultato della somma di

tante variabili casuali indipendenti Es(1), Es(2), .... Quindi anche Es sar`a una

variabile casuale ed avr`a distribuzione Gaussiana per il teorema del limite centrale. I momenti della distribuzione Gaussiana Es sono determinati una

volta noti il primo ed il secondo momento che sono rispettivamente3 I1(0) = 3La I1(t) `e detta anche funzione di correlazione eterodina e sar`a discussa nel seguito.

(13)

E∗

s(0)Es(0) = |Es(0)|2 ed I1(t) =Es∗(0)Es(t). Il quarto momento della

distribuzione `e cos`ı determinato

I2(t) =|I1(0)|2+|I1(t)|2 (1.29) L’assunzione importante per ricavare questo risultato `e che il volume che diffonde possa essere suddiviso in tante porzioni statisticamente indipendenti. In alcuni casi ci`o pu`o non essere valido. Per esempio, nelle vicinanze del punto critico, i sistemi hanno lunghezze di correlazione molto grandi; in tal caso bisogna fare attenzione a usare la (1.29). In particolare occorre che il volume che diffonde sia abbastanza grande da contenere molti volumi di correlazione per giustificare l’uso del teorema del limite centrale.

Se la I1(t) `e una somma di esponenziali (come di frequente)

I1(t) = j aje−t/τj (1.30) avremo che |I1(0)|2 =  j aj  i ai =  ji ajai e che |I1(t)|2 =  j aje−t/τj  i aie−t/τi =  ji ajaie−(t/τj)−(t/τi) quindi la (1.29) diviene I2(t) = ji ajai[1 + e−(t/τj)−(t/τi)]. (1.31)

Si noti che un processo a decadimento esponenziale multiplo introduce nu-merosi termini misti nella funzione di correlazione omodina, ciascuno con tempo di decadimento τjτi/(τj + τi).

1.4.2

Tecnica eterodina

In tale tecnica una piccola frazione della luce laser non diffusa `e mischiata al rivelatore con la luce diffusa. Allora l’uscita del rivelatore viene analizzata con un correlatore. Se con ELindichiamo il campo della radiazione del laser,

allora il campo elettrico che arriva al rivelatore `e la sovrapposizione di EL e

del campo diffuso Es. Quindi la funzione di correlazione sa`a

i(0)i(t) ∝ |EL(0) + Es(0)|2+|EL(t) + Es(t)|2 (1.32)

Con dei semplici accogimenti sperimentali possiamo fare in modo che l’ampiezza del campo del laser sia molto pi`u grande dell’ampiezza del campo diffuso

|EL(t)| |Es(t)|

(14)

1. Le fluttuazioni del campo laser sono trascurabili

2. Il campo laser e il campo diffuso sono statisticamente indipendenti cosicch´e, ad esempio, ILIs = ILIs

In questo modo la (1.32) pu`o essere ridotta a

i(0)i(t) ∼= IL2+ 2ILRe[I1(t)] (1.33)

dove IL =|EL|2 ed Re[I1(t)] `e la parte reale di I1(t). Come gi`a accennato

la I1(t) `e la funzione di correlazione eterodina definita come

I1(t) =Es∗(0)Es(t)

Si noti che la tecnica eterodina non introduce termini extra nella fun-zione tempocorrelafun-zione del campo diffuso, a differenza dello funfun-zione di correlazione omodina di un processo a decadimento esponenziale multiplo (1.31).

1.5

Modelli per sistemi di molecole sferiche

La luce diffusa da sistemi complicati ha caratteristiche che sarebbero di dif-ficile comprensione se non esistessero modelli per sistemi particolarmente semplici. Grazie a questi modelli possiamo predire completamente le carat-teristiche della luce diffusa dai sistemi pi`u semplici. In questo paragrafo esamineremo dei modelli classici frequentemente utilizzati per interpretare la radiazione di scattering.

1.5.1

Molecole sferiche

Ricordiamo (Paragrafo 1.3.2) che il momento di dipolo indotto dal campo oscillante su una molecola `e dato da

d = α· E (1.34)

Tale relazione pu`o essere riscritta in forma di matrice come

⎛ ⎜ ⎝ dx dy dz ⎞ ⎟ ⎠= ⎛ ⎜ ⎝ αxx αxy αxz αyx αyy αyz αzx αzy αzz ⎞ ⎟ ⎠· ⎛ ⎜ ⎝ Ex Ey Ez ⎞ ⎟ ⎠ (1.35)

Per una molecola sferica il momento di dipolo indotto `e sempre pro-porzionale al campo applicato, perci`o deve essere nella (1.35)

α= ⎛ ⎜ ⎝ α 0 0 0 α 0 0 0 α ⎞ ⎟ ⎠ (1.36)

(15)

in modo da avere

d = α E (1.37)

In questo modo avremo, per la componente della polarizzabilit`a lungo la polarizzazione e finale

αif = nf · α · ni= α nf · ni = cost (1.38)

Il campo diffuso complessivo (1.25) sar`a allora4

Es(t)∝



j 

αjif eiq·rj(t) (1.39)

se inoltre le molecolecole sferiche sono tutte identiche αifj = αif avremo

Es(t)∝



j 

eiq·rj(t) = ψ(q, t) (1.40) Si noti che la ψ(q, t) qui introdotta `e proporzionale al campo diffuso e quindi per la funzione di autocorrelazione eterodina si avr`a

I1(t) =Es∗(0)Es(t) ∝ ψ∗(q, 0)ψ(q, t) = F1(q, t) (1.41)

E’ conveniente riscivere la ψ definita nella (1.40) come

ψ(q, t) = N  j=1 bj(t)eiq·rj(t) (1.42) avendo introdotto bj(t) = 0 se j ∈ V 1 se j ∈ V

dove V `e il volume illuminato, in modo da estendere la somma a tutte le N particelle del mezzo. Si noti inoltre che, per come `e definito b(t), si ha

N (t) =

N



j=1

bj(t) (1.43)

dove con N (t) indichiamo il numero di particelle contenute nel volume illu-minato al tempo t.

4Ricordiamo che l’indice della somma indica che essa `e estesa alle sole molecole

(16)

1.5.2

Soluzioni diluite e indipendenza delle particelle

In molti casi pratici, nelle soluzioni di macromolecole sferiche, si ha che

1. La polarizzabilit`a della macromolecola `e enorme rispetto alla polarizz-abilit`a del solvente

2. Le macromolecole si muovono molto pi`u lentamente delle molecole del solvente

Dall’assunzione (1) si conclude che le macromolecole diffonderanno molta pi`u luce delle molecole di solvente; inoltre, in base alla (2), le macromolecole produrranno un campo elettrico che fluttua lentamente riespetto a quello prodotto dal solvente, cos`ı il moto macromolecolare pu`o essere separato da quello delle molecole del solvente.

Quindi, essendo interessati al comportamento a lungo tempo della (1.42) la somma che compare in essa va estesa alle sole macromolecole. Perci`o nella

ψ(q, t) =

N



j=1

bj(t)eiq·rj(t)

la rj(t) rappresenta la posizione del centro di massa della macromolecola

j-esima al tempo t.

Se ora assumiamo che la soluzione sia molto diluita le macromolecole si incontreranno raramente e quindi le le loro posizioni saranno statisticamente indipendenti, cos`ı la (1.41) si riduce5 a

F1(q, t) = ψ∗(q, 0)ψ(q, t) (1.44) =  N  j=1 bj(0)e−iq·rj(0) N  i=1 bj(t)eiq·ri(t) (1.45) =  N  j=1 bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0)) (1.46)

La (1.46) `e un esempio di funzione di correlazione in cui solo le propriet`a della stessa particella sono correlate.

1.5.3

Funzione di correlazione eterodina per la

diffu-sione di particelle

La funzione di correlazione (1.46) (proporzionale alla funzione di correlazione eterodina (1.41)) contiene termini che variano su diverse scale di tempo.

5Si noti che se le particelle i e j sono statisticamente indipendenti (i = j) si ha e−iq·ri(0)eiq·rj(t) = e−iq·ri(0)eiq·rj(t) = δ(q)2= 0

(17)

Innanzitutto notiamo che le sole particelle che contribuiscono alla F1 della (1.46) sono quelle che che si trovano in V a t = 0 poich´e bj(0) = 0 se j∈ V ,

inoltre il termine bj(0)bj(t) `e inizilamente 1 e va a zero quando j lascia V .

Quindi la scala di tempi su cui varia bj(0)bj(t) `e data dal tempo che impiega

la molecola j-esima a percorrere la distanza caratteristica L del volume di scattering V (che `e tipicamente nell’ordine di 10−3 m). Un particella diffonde su una distanza L nel tempo

τb = L2/D (1.47)

dove l’indice b indica che questo `e il tempo tipico della variazione di bj(0)bj(t)

e D `e il coefficiente di diffusione6.

Il termine eiq·(rj(t)−rj(0)) contenuta nella (1.46) vale 1 per t = 0 e varia apprezzabilmente da 1 quando |rj(t)− rj(0)| ≈ q−1 perci`o ad un tempo

τq = q−2/D (1.48)

In un tipico esperimento di scattering avremo q ≈ 105cm mentre L 102cm quindi avremo

τb

τq

= q2L2 = 106 (1.49)

Quindi τb τq, se siamo allora interessati a studiare la F1 per tempi ∼ τq

potremo considerare bj(t) = bj(0) in modo da avere bj2(0) = bj(0), allora la

(1.46) diventer`a F1(q, t) = N  j=1 bj(0)eiq·(rj(t)−rj(0)) (1.50)

Notiamo ora che lo spostamento rj(t)− rj(0) `e indipendente dal fatto che

la particella si trova o no all’interno di V a t = 0, quindi `e indipendente da

bj(0), ne segue che possiamo riscrivere

F1(q, t) =

N



j=1

bj(0)eiq·(rj(t)−rj(0)) (1.51)

Se le macromolecole sono identiche la quantit`a

Fs(q, t) =eiq·(rj(t)−rj(0)) (1.52)

`

e la stessa per ogni j, inoltre notiamo che  jbj(0) = N dove N `e il

numero medio di macromolecole contenute in V . Cos`ı possiamo riscrivere la

F1 come

6In base alla relazione di Einstein il coefficiente di diffusione `e D = kBT /ζ

(18)

F1(q, t) =NFs(q, t) (1.53)

Introduciamo ora la distribuzione di probabilit`a Gs(R, t) che una

macro-molecola abbia subito uno spostamento R al tempo t, essa `e definita come

Gs(R, t) =δ(R − [rj(t)− rj(0)]) (1.54)

Si noti che Gs(R, t)d3R rappresenta la probabilit`a che una macromolecola

abbia subito un spostamento nell’intorno di volume d3R del punto R al tempo t. Se facciamo la trasformata spaziale di Fourier della (1.54) otteniamo la Fs

Gs(q, t) =  d3R eiq·Rδ(R − [rj(t)− rj(0)]) (1.55) =   d3Reiq·Rδ(R − [rj(t)− rj(0)]) (1.56) = eiq·(rj(t)−rj(0)) = F s(q, t) (1.57)

Viceversa la Gs(R, t) `e l’antitrasformata della Fs(q, t)

Gs(R, t) =

1 (2π)3



d3q eiq·RFs(q, t) (1.58)

Ora assumiamo che la Gs(R, t) soddisfi l’equazione di diffusione

∂tGs(R, t)D

2G

s(R, t) (1.59)

La trasformata spaziale della (1.59) `e

∂tFs(q, t) =−q

2DF

s(q, t) (1.60)

La soluzione di questa equazione con condizione al bordo

Fs(q, 0) =eiq·[rj(0)−rj(0)]1 = 1 ` e Fs(q, t) = e−q 2Dt = e−t/τq (1.61)

dove τq = (q2D)−1. Concludiamo, in base alla (1.53), che la funzione di

correlazione eterodina dipendnete dal tempo ha la forma di un’esponenziale con tempo di decadimento τq

(19)

1.5.4

Funzione di correlazione omodina per soluzioni

molto diluite

La funzione di correlazione omodina si pu`o ottenere ricordando che (si veda la (1.27))

I2(t) =|Es(0)|2|Es(t)|2 (1.63)

e che (si veda la (1.40))

Es(t)∝ ψ(q, t) (1.64)

In base alle precedenti equazioni possiamo affermare che

I2(t)∝ |ψ(q, 0)|2|ψ(q, t)|2 = F2(q, t) (1.65) ricordando la (1.42) otteniamo F2(q, t) = N  j,k,l,m=1 bj(0)bk(0)bl(t)bm(t)eiq·[rk(0)−rk(0)+rl(t)−rm(t)] (1.66)

Analogamente a quanto visto per la (1.46) nella (1.66) sopravvivono solo il termine con j = k, l = m che porta un contributo

N

j,l=1

bj2(0)bl2(t) (1.67)

e il termine con j = l = k = m che porta un contributo

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))] (1.68)

Considerando le macromolecole j e k statisticamente indipendenti e il fatto che bj,k(0)bj,k(t) fluttua molto pi`u lentamente di rj,k(t)−rj,k(0) questo termine

pu`o essere ridotto a

N j=1 bj(0)eiq·(rj(t)−rj(0))bk(0) N  k=1 e−iq·(rk(t)−rk(0)) =  N  j=k=1

bj(0)bk(0)eiq·(rj(t)−rj(0))e−iq·(rk(t)−rk(0))

= 

N



j=k=1

bj(0)bk(0)|Fs(q, t)|2

dove abbiamo usato il fatto che bj,k(0)bj,k(t) e rj,k(t)− rj,k(0) sono

(20)

Ora possiamo riscrivere la (1.66) ricombinando i due termini ottenendo F2(q, t) = N  j,l=1 bj2(0)bl2(t) +  N  j=k=1 bj(0)bk(0)|Fs(q, t)|2 (1.69)

Osserviamo che il termine

N j,l=1 bj2(0)bl2(t) = N(0)N(t) e che il termine  N j=k=1 bj(0)bk(0) = N(N − 1) cos`ı la (1.69) diviene F2(q, t) =N(0)N(t) + N(N − 1)|Fs(q, t)|2 (1.70)

Possiamo esprimere il numero di particelle contenute in V al tempo t come

N (t) =N + δN(t) (1.71) dove δN (t) `e la deviazione del numero di macromolecole dal numero medio. In questo modo possiamo esprimere

N(0)N(t) = N2+δN(0)δN(t) (1.72) dove abbiamo usato il fatto che δN(t) = δN(0) = 0. In questo modo la (1.70) diventa

F2(q, t) =N2+δN(0)δN(t) + N(N − 1)|Fs(q, t)|2 (1.73)

La probabilit`a PN che N macromolecole si trovino nella regione V ad ogni

istante `e data dalla distribuzione di Poisson

PN =

NN

N ! e

−N

Tale distribuzione ha i seguenti momenti 7 1. N2 = N=0N2PN =N2+N 2. N(N − 1) = N2 7Ricordiamo che N=0x N N! = ex.

(21)

Cos`ı possiamo riscrivere la (1.73) come

F2(q, t) = N2(1 +|Fs(q, t)|2) +δN(0)δN(t) (1.74)

= N2(1 + e−2q2Dt) +δN(0)δN(t) (1.75) = N2(1 + e−t/τ) +δN(0)δN(t) (1.76) dove τ = (2q2D)−1

Si noti che il primo termine della (1.74) pu`o essere ottenuto nell’approssi-mazione Gaussiana (si veda la (1.29)) in cui abbiamo

F2(q, t) =|F1(q, 0)|2+|F1(q, t)|2,

ricordando che F1(q, t) = NFs(q, t). Il termine aggiuntivo δN(0)δN(t)

della (1.74) dipende dalla fluttuazione del numero di particelle contenute nel volume illuminato, tali fluttuazioni sono caratterizzate dal tempo τb che

occorre alla particella per attraversare il volume V .

Diversamente il termineN2(1+|Fs(q, t)|2) decade su una scala di tempo

τq che caratterizza il tempo impiegato dalla particella a percorrere la

distan-za q−1. Nella maggior parte dei casi avremo che τb τq quindi essendo

interessati a processi che si svolgono nel tempo caratteristico τq il termine

δN(0)δN(t) sar`a praticamente una costante ed avremo

I2(t)∝ F2(q, t) = B + Ae−t/τq (1.77) con A e B costanti.

Tuttavia in alcune situazioni particolari, come nel caso di un moto uni-forme all’interno del fluido, potremmo avere τb ≈ τq e quindi questo termine

non potr`a essere ritenuto costante.

1.5.5

Macromolecole in moto uniforme

Se le macromolecole sono spinte, da qualche fattore esterno, a scorrere con una velocit`a V, lo scattering della luce pu`o essere utilizzato per misurare tale velocit`a. Un esempio pratico di una situazione simile `e rappresentato da delle macromolecole sospese in un fluido in cui si instaurano moti convettivi di velocit`a V.

Nel caso di diffusione spontanea il flusso delle macromolecole nel punto R al tempo t `e dato dalla prima legge di Fick

J(R, t) =−D∇c(R, t) (1.78)

dove D `e il coefficiente di diffusione e c(R, t) `e la concentrazione di macro-molecole nel punto R al tempo t. In presenza di una forza che accelera le macromolecole ad un velocit`a V avremo un flusso aggiuntivo Vc(R, t), cos`ı la (1.78) diverr`a

(22)

J(R, t) = Vc(R, t)− D∇c(R, t) (1.79) Assumiamo ora che il numero totale N delle macromolecole del mezzo si conservi8. Possiamo esprimere la conservazione del numero di macromolecole tramite l’equazione di continuit`a

∂tc(R, t) +∇ · J(R, t) (1.80)

Usando la (1.79) nella (1.80) otteniamo l’equazione

∂tc(R, t) + V· ∇c(R, t) = D∇

2c(R, t) (1.81)

Possiamo assumere9 che la Gs(R, t) soddisfi la stessa equazione della c(R, t),

quindi avremo

∂tGs(R, t) + V· ∇Gs(R, t) = D

2G

s(R, t) (1.82)

La trasformata di Fourier (spaziale) della (1.82) sar`a

∂tFs(q, t)− iq · VFs(q, t) = q

2DF

s(q, t) (1.83)

La soluzione della (1.83) con condizione al bordo

Fs(q, 0) = 1

ha soluzione

Fs(q, t) = eiq·Vte−q

2Dt

(1.84) Cos`ı la funzione di crrelazione eterodina sar`a (si vedano la (1.41) e la (1.53))

I1(t)∝ ReF1(q, t) = Re[NFs(q, t)] =N cos(q · Vt)e−q

2Dt

(1.85) Diversamente la funzione di correlazione omodina sar`a (si veda la (1.74))

I2(t) ∝ F2(q, t)

= N2(1 +|Fs(q, t)|2) +δN(0)δN(t)

= N2(1 + e−2q2Dt) +δN(0)δN(t)

Si noti che il primo termine della funzione di correlazione omodina non viene cambiato dal moto uniforme delle macromolecole, l’unica modifica avverr`a nel termineδN(0)δN(t) come vedermo nel prossimo paragrafo.

8Ci`o `e vero in assenza di reazioni chimiche che conivolgono le macromolecole. 9Si noti che, nell’ipotesi di macromolecole statisticamnete indipendenti, la G

s(R, t)

rappresenta la probabilit`a che una macromolecola abbia subito un spostamento nell’in-torno di volume d3R del punto R al tempo t (si veda la (1.54)) quindi `e direttamente

(23)

1.5.6

Funzione di correlazione omodina nel caso di b

non costanti

Nel calcolo della funzione di correlazione omodina (1.74) abbiamo assunto che la funzione bj(t), relativa all’illuminazione della macromolecola, variasse

molto pi`u lentamente del termine rj(t)− rj(0) che tiene conto dello

sposta-mento dalla sua posizione iniziale. Abbiamo fatto uso di questa approssi-mazione nel calcolo del termine (1.68), vedremo ora come calcolare questo contributo senza impiegare questa assunzione in un caso particolare.

Scriviamo la posizione della macromolecola come segue

rj(t) = Vt + δrj(t) (1.86)

dove V `e la velocit`a dovuta ad un moto uniforme all’interno della soluzione (comune a tutte le macromolecole) e δrj(t) = ∆rj(t) + rj(0), qui ∆rj(t)

`

e lo spostamento che la macromolecola ha subito al tempo t a causa del-l’agitazione termica nella soluzione10 ed rj(0) `e la sua posizione al tempo t.

Vogliamo sottolineare che V `e la velocit`a del flusso che si instaura all’interno del fluido che trascina la macromolecola, in virt`u di questa velocit`a aggiunti-va la macromolecola non subisce alcuna forma di attrito poich´e essa si muove solidalmente al solvente.

Procediamo allora al calcolo del termine (1.68)

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))]

Se la soluzione `e sufficentemente diluita, e quindi gli urti sono rari, la parti-cella j e la partiparti-cella k sono statisticamente indipendenti e quindi potremo scrivere

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))]

=  N  j=1 bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))bk(0)bk(t) N  k=1 e−iq·(rk(t)−rk(0)) Si noti che, in pratica, stiamo prendendo in considerazione il caso il cui la macromolecola possa abbandonare abbastanza velocemente il volume il-luminato da non poter pi`u assumere la bj(t) costante. Inoltre il termine

bj(0)bj(t) non pu`o pi`u essere considerato statisticamente indipendente dal

termine eiq·(rj(t)−rj(0)) poich´e l’illuminazione della macromolecola b j(t) al

tempo t dipende dallo spostamento rj(t) − rj(0) ed essa pu`o finire fuori

dal volume illuminato in un tempo tanto breve da cambiare direttamente la 10Questo spostamento casuale viene anche detto moto Browniano o random walk, in

questo moto casuale la macromolecola subisce un rallentamento dovuto all’attrito viscoso con il solvente, immaginaimo che questo moto casuale con attrito sia descritto da ∆rj(t).

(24)

bj(t). Dedurre la forma che assume il termine (1.74), senza ulteriori ipotesi,

`

e piuttosto complicato.

Ridurremo ora notevolmente il problema facendo due assunzioni che ben si adattano all’esperimento condotto. Supponiamo per prima cosa che la macromolecola possa abbandonare il volume illuminato abbastanza rapida-mente solo in virt`u della velocit`a V (conferitale dal moto uniforme all’in-terno del fluido)(1). Utilizzando la (1.86) possiamo esprimere l’eponenziale immaginario come

eiq·(rj(t)−rj(0)) = eiq·Vt

eiq·(δrj(t)−rj(0))

In questo modo possiamo considerare il termine bj(0)bj(t) statisticamente

indipendente dal fattore eiq·(δrj(t)−rj(0)) poich´e lo spostamento Browniano

non pu`o condurre abbastanza velocemente la macromolecola al di fuori del volume illuminato (facendo variare bj(t)). In questo modo possiamo riscrivere

il termine (1.74) come

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))]

=  N  j=1 bj(0)bj(t)eiq·Vt N  k=1

bk(0)bk(t)e−iq·Vteiq·(δrj(t)−rj(0))e−iq·(δrk(t)−rk(0))

= |

N



j=1

bj(0)bj(t)eiq·Vt|2|eiq·(δrj(t)−rj(0))|2

Semplifichiamo ora il termine  Nj=1bj(0)bj(t)eiq·Vt assumendo che la

velocit`a V sia ortogonale al vettore di scattering q(2). Ricordiamo che il vettore di scattering `e definito come q = kf − ki, dove ki e kf sono i

vet-tori d’onda della radiazione incidente e della radiazione raccolta, rispettiva-mente. Immaginiamo ad esempio che, come nel nostro esperimento, il fascio si propaghi lungo l’asse z e che la radiazione diffusa sia raccolta lungo l’asse

x (ad un angolo θ = π/2). In questo caso la velocit`a `e diretta lungo l’asse y (cio`e V = (0, Vy, 0)) ed `e ortogonale al vettore di scattering come mostrato

in Figura 1.6. In questo modo avremo che q· V = 0 e quindi

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))]

= 

N



j=1

bj(0)bj(t)2|eiq·(δrj(t)−rj(0))|2

Inoltre si noti che se V ⊥ q si ha anche

q· (rj(t)− rj(0)) = q· Vt + q · (δrj(t)− rj(0))

(25)

Figura 1.6: Esempio della disposizione del vettore di scattering q e della ve-locit`a V nell’ipotesi (2), la configurazione di q e di V `e quella dell’esperimento condotto.

e quindi

 N

j=k=1

[bj(0)bj(t)eiq·(rj(t)−rj(0))][bk(0)bk(t)e−iq·(rk(t)−rk(0))]

=  N  j=1 bj(0)bj(t)2|eiq·(rj(t)−rj(0))|2 =  N  j=1 bj(0)bj(t)2|Fs(q, t)|2 = N2b(0)b(t)2e−t/τ

dove N `e il numero totale delle macromolecole in soluzione e dove abbiamo abbandonato, per praticit`a, l’indice j visto che stiamo considerando una qualsiasi macromolecola della soluzione; ricordiamo inoltre che τ = (2q2D)−1.

Per calcolare il termine

b(0)b(t) (1.87)

supponiamo ora che la soluzione sia illuminata con un’intesit`a di profilio gaussiano di larghezza w1 e che l’ottica di raccolta ammetta la radiazione sempre con un profilio gaussiano di larghezza w2 (si veda la Figura 1.7), dovremo allora considerare

(26)

y z y x x 2 w 1 w z 1 V 2 V

Figura 1.7: Geometria del volume illuminato.

dove r2(t) = x2(t) + y2(t) + z2(t). Si noti che, in accordo con l’ipotesi (2), la funzione gaussiana nella I(r) varia apprezzabilmente dall’unit`a solo grazie allo spostamento lungo l’asse y dato da y(t) = y(0) + Vyt. In questo modo

potremo riscrivere

I(r(t)) = I0e−y2(t)/w12e−y2(t)/w22

Ovviamente per t = 0 si avr`a

I(r(0)) = I0e−y2(0)/w12e−y2(0)/w22

Calcoliamo quindi

I(r(t))I(r(0)) = e−y2(0)/w12e−y2(0)/w22e−y2(t)/w12e−y2(t)/w22

dove abbiamo posto per comodit`a I0 = 1. Avremo allora che

I(r(t))I(r(0)) = e

2y2(0)+Vy2t2+2y(0)Vyt

w12 e−2y2(0)+Vy2t2+2y(0)Vytw22 (1.88) Nell’esperimento effettuato si ha w1 ∼ 100 µm w2 ∼ 10 µm, quin-di potremo assumere che la gaussiana quin-di larghezza w1 (che compare nel-l’equazione precedente) vari apprezzabilmente solo sui tempi molto lunghi necessari alla macromolecola a compiere uno spostamento w1 in virt`u della velocit`a Vy, quindi potremo approssimare

e−

2y2(0)+Vy2t2+2y(0)Vyt

(27)

nell’equazione (1.88) in modo da avere11

I(r(t))I(r(0)) = e

2y2+Vy2t2+2yVyt

w22 (1.89)

dove abbiamo posto, per semplificare la notazione, y(0) = y

Tornando al problema del calcolo del termine (1.87) dovremo valutare

b(t)b(0) = I(r(t))I(r(0)) = e−2y2+Vy2t2+2yVytw22  (1.90) A tal fine valutiamo la media temporale della (1.90) come una media di ensemble12 e−2y2+Vy2t2+2yVytw22  =  +∞ −∞ dyλ(y)e −2y2+Vy2t2+2yVytw22 (1.91) dove λ(y) `e la distrbuzione di probabilit`a delle macromolecole lungo l’asse y. Si noti che λ(y)dy rappresenta la probablit`a di trovare una macromolecola ad un’altezza tra y ed y + dy. Assumiamo la densit`a lineare λ della (1.91) uniforme ponendo

λ(y) = λ == 1

h = cost

dove h `e l’estensione verticale del campione. Integrando la (1.91) otterremo

b(t)b(0) = π/2 λ w2e−

t2Vy2

2w22 (1.92)

Possiamo consideare il fattore λ w2 della (1.92)come la probabilit`a di trovare una macromolecola nel volume di scattering, allora potremo scrivere

λ w2 = n

N

dove n `e il numero di particelle nel volume di scattering. In questo modo avremo

b(t)b(0) = π/2 n N e

−t2Vy22w22

(1.93) Per quel che abbiamo detto, il contributo del termine (1.68) alla funzione di correlazione omodina si potr`a scrivere come

11Abbiamo posto per semplicit`a e−2y2(0)w12 = cost = 1

12Assumendo la validit`a del teorema ergodico si ha per un’osservabile A che A = lim T →∞  T 0 A(t)dt =  ΓdΓρ(Γ)A(Γ)

dove ρ(Γ) `e la densit`a di probabilit`a di trovare il sistema in un punto Γ dello spazio delle fasi.

(28)

(π/2) n2e−

t2Vy2

w22 e−t/τ (1.94)

Per calcolare il contributo dell termine aggiuntivo (1.67) della funzione di correlazione omodina si pu`o procedere in maniera simile. Consideriamo allora N j,l=1 bj2(0)bl2(t) =  N  j=1 bj2(0)bj2(t) +  N  j=l=1 bj2(0)bl2(t) (1.95)

dove abbiamo separato i termini con j = l da quelli con j = l. Per il primo addendo della (1.95) si avr`a allora

N

j=1

bj2(0)bj2(t) = Nb2(0)b2(t) (1.96)

Si noti ora che il termine

b2(0)b2(t)

pu`o essere calcolato in maniera identica al termine (1.87), infatti definendo

w1 = w1/√2

w2 = w2/√2 avremo

b2(0)b2(t) = e−r2(0)/w

12e−r2(0)/w22e−r2(t)/w12e−r2(t)/w22

che `e identico al termine (1.87), quindi otterremo (si veda la (1.92))

N j=1 bj2(0)bj2(t) = π/4 n e− t2Vy2 w22 (1.97)

Per calcolare il secondo addendo della (1.95) lo riscriviamo come

N j=1 bj2(0)  l=1,...,j−1,j+1,...,N bl2(t) perci`o avremo  N j=l=1 bj2(0)bl2(t) = N(N − 1)b2(0)b2(t) (1.98)

Per quanto visto in precedenza possiamo valutare i due fattori della (1.98) come

(29)

b2(0) = λ +∞ −∞ dye −y2/w 22 = π/2 n N b2(t) = λ +∞ −∞ dye −y2+Vy2t2+2yVytw22 = π/2 n N

perci`o avremo che

 N

j=l=1

bj2(0)bl2(t) = (π/2) n2 (1.99)

dove abbiamo assunto che il numero totale delle macromolecole nella soluzione sia grande per cui N − 1 ≈ N.

In base alle equazioni (1.99) e (1.97) otterremo per la (1.95)

N j,l=1 bj2(0)bl2(t) = π/4 n e− t2Vy2 w22 + (π/2) n2 (1.100)

La funzione di correlazione omodina `e il risultato della somma tra i termini (1.100) e (1.94) I2(t) = (π/2) n2e− t2Vy2 w22 e−t/τ + π/4 n e− t2Vy2 w22 + (π/2) n2 (1.101) ovvero introducendo τc = w2/Vy I2(t) = (π/2) n2e−t2/τc2e−t/τ + π/4 n e−t2/τc2+ (π/2) n2 (1.102) Possiamo normalizzare la I2(t) rispetto al suo valore per t → ∞, che `e (π/2) n2, ottenendo

I2(t) = e−t2/τc2e−t/τ + 1

πne

−t2c2

+ 1 (1.103)

Se, come nel nostro esperimento, τ ≈ 0.001 s e τc ≈ 0.01÷0.1 s la funzione

di correlazione (1.103) normalizzata ha l’aspetto mostrato in Figura 1.8. E’ bene notare che il fattore gaussiano che modula l’esponenziale nella (1.103) non modifica in maiera apprezzabile la forma della funzione di correlazione. Ci`o `e dovuto al fatto che i due termini (esponeziale e gaussiano) decadono su tempi molto differenti; nel tempo τ in cui rilassa il termine esponenziale il fattore gaussinao sar`a praticamente pari all’unit`a, mentre arrivati a tempi dell’ordine di τc in cui comincer`a a decadere il termine gaussiano il termine

esponenziale sar`a prossimo a zero (si veda la Figura 1.9). Per far si che il termine gaussiano abbia un qualche effetto sulla funzione omodina `e neces-sario che τ sia alemno dllo stesso ordine di grandezza di τc. Nel caso in cui i

(30)

Figura 1.8: Funzione di correlazione (1.103) normalizzata, si noti come i due termini esponeziale e gaussiano decadono su tempi differenti (la scala `e logaritmica).

I2(t) = e−t/τ +1

πne

−t2c2

+ 1 (1.104)

Vogliamo sottolineare che, in base alla (1.103), il termine gaussiano (che tiene conto dei moti uniformi nella soluzione) ha un’intensit`a proporzionale al numero di particelle nella regione illuminata 1n ne segue che esso `e apprez-zabile rispetto al termine esponenziale solo quando la concentrazione delle macromolecole `e sufficientemente bassa (Si veda la Figura 1.10).

(31)

Figura 1.9: Termini esponenziale e gaussiano della (1.103), si noti che quan-do il termine gaussiano `e apprezzabiulmente diverso dall’unit`a il termine esponenziale `e prossimo a zero.

Figura 1.10: Funzione di correlazione (1.103) per due diversi valori di n1, si noti che per valori di n sempre maggiori il termine gaussiano diviene meno visibile.

(32)

Capitolo 2

L’esperimento

L’esperimento consiste nella misura della funzione di correlazione omodi-na della luce laser infrarossa (λ = 1064nm) diffusa da varie soluzioni di macromolecole sferiche e pone in evidenza la possibilit`a di condurre misure di scattering nell’infrarosso.

2.1

Configurazione sperimentale

Le misure sono state effettuate nella configurazione schematizzata in Figura 2.1. Il laser `e disposto ad una distanza d = 1.5 m dalla lente di focalizzazione L1. La luce laser, dopo aver attraversato il filtro attenuatore F1, viene focal-izzata dalla lente L1 (con lunghezza focale f1 = 40 cm) sul campione S posto ad una distanza f1 da L1. La luce diffusa da S ad un angolo di π/2 viene raccolta da una seconda lente L2 (con focale f2) posta ad una distanza 2f2 da S. La lente L2 focalizza la radiazione diffusa nel punto P a distanza 2f2 da L2. La radiazione viene poi raccolta da un lente L3 (con focale f3) posta ad una distanza f3 da P in modo da focalizzare la radiazione all’infinito. Tra le lenti L3 ed L4 pu`o essere posto un secondo filtro attenuatore F2. La lente L4 del collimatore (con focale f4 = f3) raccoglie la luce proveniente da F3 e la focalizza su un fibra ottica collegata al fotomoltiplicatore. Infine il segnale del fotomoltiplicatore viene eleborato da un computer che calcola la funzione di autocorrelazione e la memorizza.

2.2

Misure effettuate

Abbiamo studiato diversi campioni di macromolecole sferiche di latex di due diametri (110 nm e 989 nm) in soluzioni acquose a differenti concentrazioni. In ogni caso si `e misurata la funzione di correlazione omodina del campo elettrico diffuso ad un angolo di scatering fissato θ = π/2.

(33)

Figura 2.1: Rappresentazione schematica dell’esperimento condotto.

2.3

Caratteristiche di interesse di un

esperi-mento di scattering nell’infrarosso

Utilizzare un laser infrarosso in un esperimento di scattering pu`o essere molto vantaggioso per lo studio di alcuni sistemi. Alcune soluzioni di macro-mololecole di interesse biologico, ad esempio, assorbono molto la radiazione visibile rendendo impossibile uno studio efficiente della radiazione diffusa. Tuttavia l’assorbimento nell’infarosso di tali sistemi pu`o essere molto ridotto e permettere la rivelazione di una quantit`a di luce sufficiente per studiarne adeguatamente le propriet`a. Ovviamente l’intensit`a della luce diffusa ha l’andamento I ∝ λ−4 (si veda il paragrafo 1.3.1), quindi le lunghezze d’on-da grandi come quelle nell’infrarosso producono una luce di scattering molto meno intensa di quella prodotta dalla luce visibile. Nonostante ci`o una nuova generazione di rivelatori (come quello usato nel nostro esperimento) permette di rilevare intensit`a di luce anche estremamente basse con un alto rapporto segnale-rumore rendendo possibile questo tipo analisi.

(34)

Capitolo 3

Analisi dati

In questa analisi interpreteremo i dati sperimentali sulla base delle teorie esposte nel Capitolo 1. In particolare osserveremo la presenza di moti con-vettivi nel mezzo che diffonde, causati dal riscaldamento prodotto dal laser, in assenza dei filtri F1 (si veda la Figura 2.1). Confronteremo i risultati per i tempi di diffusione con i valori teorici.

3.1

Presenza dei moti convettivi all’interno

del mezzo

Nella sezione 1.5.4 abbiamo visto come nella funzione di correlazione omod-ina sia presente un termine legato alla fluttuazione del numero di particelle nel volume di scattering δN(0)δN(t) ed abbiamo mostrato come questo termine possa generare una discesa gaussiana nel caso in cui il tempo carat-teristico della fluttuazione rientri nell’intervallo di tempo campionato. Le funzioni di correlazione sono state misurate nell’intervallo [10−6, 1]s, e la

lunghezza caratteristica del volume di scattering `e w2 = 13 µm, quindi la fluttuaione del numero di particelle nel volume di scattering non pu`o essere ricondotta alla diffusione che avrebbe un tempo caratteristico molto pi`u lun-go τd = L2/D, ad esempio il tempo caratteristico di questa fluttuazione `e

τd  4s e τd  36s per microsfere di Latex di diametro 110nm e 989nm

rispettivamente. Tuttavia sono sufficienti velocit`a di convezione poco mag-giori di 0.01 mm/s a far fluttuare il numero di particelle su tempi minori di 1 s: τc = w2/Vy.

3.1.1

Visibilit`

a della seconda discesa a basse

concen-trazioni

Considerando che il peso relativo del termine legato alla fluttuazione del numero di particelle nel volume di scattering `e 1/n dove n `e il numero di microsfere contenute nel volume di scattering (si veda la (1.104)), sono state

(35)

preparate soluzioni delle due specie di microsfere di Latex a differenti concen-trazioni di cui si `e misurata la funzione di correlazione omodina, in particolare sono state utilizzate quattro concentrazioni per Latex 110 e tre per Latex 989 in modo da verificare l’andamento previsto per le altezze delle due discese. Le misure sono state eseguite in due condizioni di diversa potenza incidente, cio`e con una potenza non attenuata di 430 mW (indicata con FP) e succes-sivamente con una potenza incidente attenuata di 20 mW (indicata con LP). E’ stato eseguito un fit delle funzioni di correlazione con una funzione della forma

I2(t) = A + B e−t/τ + C e−t2/τc2

per studiare l’andamento del rapporto B/C. Si noti che per la (1.104) si ha

B C =

πn

e che il valore di n deve essere proporzionale alla concentazione c, per cui

n = K c

dove K `e una costante opportuna, allora avremo che

B C =

π K c

In particolare per la concentrazione pi`u bassa utilizzata c0 si avr`a

B0 C0 = π K c0 quindi il rapporto B/C B0/C0 = c c0 `

e uguale alla concentazione relativa.

Il valore del rapporto B/C dei coefficienti1 (misurati tramite il fit) `e ri-portato nella Tabella 3.1 per ogni valore della concentrazione normalizzata

c/c0, per due campioni a potenza differente. Facciamo notare che (in base alla (1.104)) B/C = √πn e quindi in questo modo possiamo sapere quante

particelle si trovano in media nel volume di scattering; alla concentrazione pi`u bassa, la varianza relativa dell‘intensit`a del campo diffuso, e quindi la varianza relativa del numero di conteggi acquisiti deve essere molto grande (a causa della rarefazione degli scatteratori), cosa che si verifica qualitativa-mente osservando i dati, e che rende necessario mediare su tempi molto pi`u grandi per ottenere dati ragionevolmente affidabili.

(36)

c/c0 Latex 110 (FP) Latex 110 (LP) Latex 989 (FP) Latex 989 LP 1 0.40± 0.04 0.29± 0.03 0.45± 0.05 1.00± 0.09 10 2.9± 0.3 4.1± 0.5 4.1± 0.4 4.9± 0.5

100 26± 3 38± 4 31± 3 41± 4

Tabella 3.1: Rapporto B/C alle varie concentazioni per le due soluzioni di microsfere di Latex a due differenti potenze incidenti: FP sta per full power ed LP sta per low power.

Figura 3.1: Rapporto dei coefficienti della funzione del fit in funzione della concentrazione normalizzata delle soluzioni di Latex 110 nm e Latex 989 nm, assieme alla previsione teorica (linea piena).

Sarebbe necessario verificare questo andamento variando il numero medio di particelle nel volume di scattering in modo pi`u preciso; ci`o pu`o esser fatto non solo aumentando il numero di soluzioni a concentrazioni intermedie tra la massima e la minima gi`a utilizzate, ma anche cambiando le dimensioni del volume di scattering. Sebbene il rapporto B/C non debba dipendere dalla potenza assorbita, nelle misurazioni si notano discrepanze anche grandi.

1La quarta soluzione di Latex 110 `e troppo concentrata perch´e la seconda discesa sia

(37)

3.1.2

Tempi di diffusione e convezione

Presentiamo ora le funzioni di correlazione acquisite per i campioni di Latex 110 nm (quattro concentrazioni) e Latex 989 nm (tre concentrazioni) con due potenze incidenti, 430 mW (FP) e 20 mW (LP) (Figure 3.2, 3.3 e 3.4). Indichiamo con A, B, C e D la stessa soluzione a differente concentrazione (ordinati in senso decrescente cA> cB> cC > cD), ognuno ottenuto diluendo

una parte del precedente campione in nove parti d’acqua 2.

1E-7 1E-6 1E-5 1E-4 1E-3 0,01 0,1 1 10 -0,2 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 I 2 (t) (unità arbitrarie) t (s) A LP A FP B LP B FP C LP C FP D LP D FP

Figura 3.2: Latex 110 nm, funzioni di correlazione omodine; campioni a dif-ferente concentrazione cA> cB > cC > cD. Punti pieni (•) per le misure FP

(potenza incidente 430 mW), cerchi (◦) per le misure LP (potenza incidente 20 mW).

Fittiamo le funzioni di correlazione con la funzione

I2(t) = A + Be−t/τ + Ce−t2/τc2 (3.1) dove τ `e il tempo di diffusione, e τc `e il tempo di convezione. I risultati dei

fit sono riportati in Tabella 3.2.

Per i campioni di Latex 989 nm eseguiamo inizialmente i fit con la stessa funzione (equazione 3.1) (Figure 3.5, 3.6 e 3.7). I risultati3 sono riportati in Tabella (3.3).

2Questo procedimento non `e troppo affidabile; il rapporto tra le concentrazioni adiacenti

`

e affetto da un errore relativo sicuramente maggiore di 0.2.

3Il valore del tempo di diffusione per il campione Latex 989 C (LP) non `e misurabile

perch´e la concentrazione cC della soluzione `e troppo bassa per permettere di apprezzare

(38)

1E-5 1E-4 1E-3 0,01 0,1 1 0 1 t_diffusione (C FP) = 0,93 ms I 2 (t) (unità arbitrarie) t (s) A LP A FP B LP B FP C LP C FP D LP D FP

Figura 3.3: Latex 110 nm, funzioni di correlazione omodine; normalizzazione della prima discesa. Campioni a differente concentrazione, cA > cB > cC >

cD. Punti pieni (•) per le misure FP (potenza incidente 430 mW), cerchi (◦)

per le msure LP (potenza incidente 20 mW).

Latex 110 FP FP LP LP τ (ms) τc (s) τ (ms) τc (s) A 0.55± 0.02 - 0.82± 0.04 -B 0.68± 0.01 - 0.93± 0.03 -C 0.87± 0.03 0.056 ± 0.002 1.22 ± 0.06 0.232 ± 0.003 D 1.90± 0.09 0.054 ± 0.002 2.89 ± 0.08 0.208 ± 0.006

Tabella 3.2: Tempi di diffusione e convezione per i campioni di Latex 110 nm al diminuire della concentrazione della soluzione cA> cB > cC > cD con

(39)

1E-3 0,01 0,1 0,0 0,5 1,0 t (D LP) = 0.21 s t (D FP) = 0.054 s I 2 (t) (unità arbitrarie) t (s) C LP C FP D LP D FP

Figura 3.4: Latex 110 nm, funzioni di correlazione omodine; normalizzazione della seconda discesa. Campioni a differente concentrazione cC > cD. Punti

pieni (•) per le misure FP (potenza incidente 430 mW), cerchi (◦) per le msure LP (potenza incidente 20 mW). Si noti come il tempo caratteristico della discesa dipenda esclusivamente dalla potenza incidente.

(40)

1E-6 1E-5 1E-4 1E-3 0,01 0,1 1 10 0,0 0,5 1,0 I 2 (t) (unita arbitrarie) t (s) A LP A FP B LP B FP C LP C FP

Figura 3.5: Latex 989 nm, funzioni di correlazione omodine; campioni a differente concentrazione A > B > C. Punti pieni per le misure full power, cerchi per quelle low power.

Latex 989 FP FP LP LP

τ (ms) τc (s) τ (ms) τc (s)

A 2.98± 0.05 0.041 ± 0.002 7.6 ± 0.2 0.19 ± 0.03 B 3.25± 0.09 0.050 ± 0.005 8.2 ± 0.9 0.19 ± 0.03 C 2.87± 0.08 0.052 ± 0.002 - 0.16± 0.01

Tabella 3.3: Tempi di diffusione e convezione per i campioni di Latex 989 nm al diminuire della concentrazione della soluzione (cA> cB > cC con due

potenze incidenti, 430 mW (FP) e 20 mW (LP).

I dati raccolti mostrano che:

• I tempi di convezione sono tutti simili a parit`a di potenza incidente

(circa 0.19 s), non variano troppo con ne con la concentrazione ne col raggio delle microsfere; abbiamo quindi una velocit`a di convezione:

Vy =

w2 τc

= (0.19± 0.02) mm/s (FP) = (0.064± 0.005) mm/s (LP)

Figura

Figura 1.1: Rappresentazione schematica di un esperimento di diffusione della luce.
Figura 1.3: Losservabile A che fluttua nel tempo, lasse dei tempi ` e stato suddiviso in intervalli discreti ∆t
Figura 1.4: La funzione di correlazione dellosservabile A nel caso di decadimento esponenziale singolo.
Figura 1.7: Geometria del volume illuminato.
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