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D A te quanto fi vede finora provato fi è l’affunto detto in , accorcio che tutte chiaramen- le chie-

Concb/uftone di quantofi è detto.

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. .•

-D A

tequantofi vedefinoraprovatofi èl’affuntodetto in,accorciochetuttechiaramen-le

chie-fe dotate oditate difeudi, o regalie,le quali

non

potevano affatto peralrra

mano

loro provenire, che dall’óriginale genuina

mano

de’noftriSovrani , goda-lo per intrinfè<;a loro natura 1’onore delpadronato Regio (b)\

membro

indilfolubilé della R. Corona

.

Ilqual dritto ficcomenon èprefcrivibile, cosi non è

,J'* '' ~

flato

(fi} Molti melenfiScrittorideldrittodelpadronato,hanno ardi-tocararterizarloper fervi tù, ècosìpiacquedirealConciliodi Tren-to.Sentiamoperpocoilcelebrato Fiancefco la Roy, ilqualedopo averriferitalafentenzadegliantichi,dice.Proleg. cap.5. Nunquam.

tome»ha*tcftntentiam probarepotai.Prirrioenimcumjur patronatvsab’

eeclefiaintfoduBumfitexvirtùtegratitudinir

,utoltmdixìrmus y vixun-quam- crididerimillucie(ftferuitutem; quodqueab eeclefia daturquafi antidonum.itlud eieffeonus.Secandonulla fcrvitusimponipoteffloca fanth,farro,

&

religtofo.Tertio jufp. fundatori debetur, comperit ipfoture,ut fuolocovidtbimus»Ò“etiam /arenaturali, utttiamdi-’

’ximutcapitetertio.Servitutesimpofititiamcaufam habent,ntcipfo iu-tedcbentur

;

&

feparantur abiis qua fecundum naturamconftfhtni .

deni'^ue ficut veriniejifenda,

&

rfurafeudorum noneffe fervituter-,nec crigiuem habereafervitute.Ita dictndum efljufpationatus noneffe, fervituter»,fedcumloci.confegratioquamlibet fervitutemtollat,voi et-iamperfonalem:cumfcmperecclefìaliberaeffedebeaticumfacci cano-nesadeo cutenteamliberaciabarici IIatulaforum.,vi»ejiutea ftbi fer-vi turomaliquamìmpofuiffe creda tur,deniquefufp- vederi quidem praju-dicareEpifcopis,attamen Ecclefiamaliando erehocemoìumentum pre-ponderaneampere,catione defenfionis,

&

donariouir,

&

fundarionis

,

ideo -fuiilludnon pttjudicorefirnpCicitetuCumqueOrdinariusadPatri-, niprafentationemconferì,noneiftrvit,fednonalienapotevateconfort, fed fuopropriojurt uvtur, tamquamdominas. Quello fentiment»£ flatoapprovato daBoemero, Van-Efpen,edatuttalafcuola de’fen-fatiCanonici

.

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(

XLvm

)

fiato maipregiudicatonè dallebolledelleinveftiture, nèdal non ufo,*perchè fi èvedutalaragione della difciplina de’ fecoli fcorfi, edi continovi clamori de’

noftri Sovrani con la Corte di

Roma

: ficcomenè anchefu maialterato, e diminuito peri

Corcorda-tifatti tra noftri Monarchi collaS,Sede.

Quindièche ogni giuftizia efigge,.chequelli

membri

dellofiato malafide, (7vitto/p tituloda luidiftac- ' cati, facciano oraa lui ritorno^ nel tempoche noti

meno

il;noftro regnogioifce fottoil felicegoverno d’un amabilee giuftoMonarca» che laS.Sede vien retta dal più fanto,tra’ Pontefici,Ifqualinon

ama

nè defidera altro, che jus

fuum

cuìque pribuere, e fottodi cuiveramente fi vede che la S.

Romana

Chiefa fia lagranMarer (7cultrix jufiitia:. Il

Re

per ragione della Regaliaex feudo è nellefueChieie plufquampatronus : altroora non fin

domanda

che fi ->

reftitiiifchi a Lui ed al

Regno

tjuel dritto, chegli fi è fatto maifemprefalvoin tantipublici trattati, in ^ tante bolle dellepretefeinveftiture,.in due antichi >

follenniConcordati,efinanche nell’ultimoConcordato >

tra 1’Eterna grandezza dell’Augùftiffimo Invitto Pio Felice

Re

CarloIII, oradiSpagna, ed allora no-ftro Amatiftìmo Signore col fentifftmo Pontefice d' immortale memoria Benedetto

XIV. La

legge cano- rt

nicaèla fermabaie dellanoftra

domanda

,non oftan-tecche la legge civile cidia il dritto: fe l’erede di colui,che dona laproprietàdi un predio privato al-laChiefa

, èperpetuamente il Patrono:

come non

deve effe riocolui che n’èl’attuale proprietario? giac-chè l’antenato non donò che’l femplice ufofrutto.

jQuodfivajfallusdotavitEcclefiamde bonisfeudi,jus

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(•'Xllfc)

patronotiti non tran(ibit ad beredes,fed tranftbirad btredes ad quostranftbirfeuduni

, quodrtfert ,G*

>

ìquirur

F

dinasySandeus

,

&

olii (ir).

E

fe il

Sovra-no

non concedaad altri ilfeudo devoluto., (I eftin-gueforfi ilpadronato?

Non

vi èchi nonfappiache i padronati rellinointatti al Sovrano:a’noftri gior-ni efl'endofi devoluto loStatodiAtri, non godeforfi il

Re

di tutti que’padronati-feudali, de’quali i

Du-chid’Atri godevanonelnome" Sovrano.

E

cosi

arti-che il

Re

vendendofoventii feudi,fi ha ritenutoi padronati feudaliinquelli efidenti,

come

fi è vedu-to nella vendita di S. Angelodel Pefco.

La

dotazionedi piccola partedi rfeudo produce il pa-dronato, enon lo produrràla dotazioneodita-^ionc detotofeudo detotarogalia?‘della quale',il Sovrano in

nome

dello Statoèil perpetuoproprietario.

E

fi

vedràla ftranezza chenel nofiro fiorito regno, ab-bia un Monarca ftraniere ildrittodi coftituire tanti Baroni?poffeflbri di giuridizioniYvatfàllaggi, dritti, offiziiSec.-chefono membri indivifibilideila Sovrani-tà, e chenon fi devono,che a que’vaflfalli che il

Re

tratutti sàfcegliere, per doveredere le perfone le piti (Erettamente a lui conneffe,e la vita de’ qua-li deveedere

come

venduta perla falvezza e difefa del Principe, edelloStato. fr

Rendiamo

pertanto giudizia alladiferetezza del Poatbfice

Aleflandro

VI,

ilquale in fcrivere l’attodi ricono-feenza,detto irtveftitura, a Ferdinando III nollro Sovrano,w vedendo 1’ingiuftizia della pretenfione e dell’abufointrodotto da Clemente

IV

, Culle Chiefe che podeggonofeudi e Regalie, fi rifervò Colo perfe epe

*

() Roce.deCattex*xjk\.QF datarie-n.\z7.

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;

_ /

)

è-pe'Tuoi fucceflori la fola giurldizione ecclefiafti-ca,che1’univerfale Chiefa giullamentericonofce nel fomtno Pontefice;,rimettendoal

Re

Ferdinando III tutti idrittijche per ragione delladotazione de’ feu-di dovevanocompetergli. Eccone le parole.

Ab

Hit autempreelatis(7 ccclefusquiRegaliafive bona tem-fornitatenentefttamcn funt qui bujufmodi bona te-neant a dominis regni,(7 durar

uum

ì(7 aliti domimi temporaltbus, (7qui rattonebonorum temporalittm bu-jufmodi,ab antiquo confueveruntRegibus (7ipfts Do-ministemporalibus fervitiaexbibere, bujufmodi bonejìa (7antiqua fervuta, {k)fecundumrationabilem (7 an-tiquariconfuetudinem, (7ftcut infittita patiuntur co- * nomea impendentur;falvatamen

Romani

Pontifcis(7

Apo

folteaefadis auftoritate (7jurifdiftione plenaria3 (7liberapotejìate(/).Godafi il

fommo

Pontefice-del-iafua libera poteftàegiuridizionedi confegrare, be-nedire, fcomunicare, aflolvere, difpenfare, chiamare

iPrelati al Concilio&c.

Ma

fireftituifea alSovrano ea qua infittitapatiunturcanonica,lequali al dotan-te

,oditantedellaChiefadicono.

Pr

afernet,PrafityDefendat, Alaturaegenus.

Prejentiil Prelato nelle Chiefe dove la delibazione di quelladipende orada un folo. Prefegga ne’Capitoli de’Conventi,doveil Prelatofi eligge per voti. Di-fendala Chiefae’dilei beni.

E

fia alimentato da’ be- ; ni dellafuaChiefa, fene abbiabifogno

.

4Mlachiarezza ditanti drittiedi tanta ragione chi mai farà per dubitare chegli Eccellentifiimi, e

gl’Illu-•f

*

ftrif-"‘- e

(K) Vìd.not.fupr.Antiquafervitiasintendenon menoi fervi-xiifendali,eh»ilpadronato carattenzato (foltamenteda’ forenficanonici perferviti».

(/)ExtatinLunìg. Cod.Irai,diptera,te,a.pag.1326.

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'

. . . (

LI

.

)

ftrrfFrmi SignoriConfiglieri della Giuntadegli Abtifi da toglierli,non abbiano atoglierquello pregiu-diziale alla Grandezza del Sovrano, all'utile de' vaflalli,ed alla ragione di Stato?

y

uditia

f

alieni

s

utilitatibusconfulat,fuas negligat,Jlultitia ejl dtcen-da.

«

Napoli 24.

Decembre

1768.

A/^r

4 6^32.

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