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vedere trasformati molti atti comunitari notoriamente oscuri in atti assolutamente chiari 270 , tanto più che in alcuni ordinamenti, come l’Italia, mancano rimed

esperibili avverso il rifiuto del giudice di ultima istanza di sollevare il rinvio

pregiudiziale

271

. Si potrebbe ritenere che simili considerazioni valgano

esclusivamente con riguardo al rinvio pregiudiziale c.d. di interpretazione e non

anche rispetto a quello c.d. di validità, che direttamente interessa in questa sede.

In realtà anche in quest’ultimo caso, la portata dell’obbligo di rinvio ha una

propria “particolare modulazione”

272

che non esclude, almeno in alcuni casi,

l’esercizio di un potere discrezionale del giudice di ultima istanza nel sollevare la

questione dinanzi alla Corte di Giustizia. E questo, nonostante il noto principio

affermato nel caso Foto-Frost

273

, in virtù del quale i giudici nazionali non

potrebbero comunque disapplicare gli atti comunitari che ritengono illegittimi

posto l’accentramento delle competenze accentrative dell’invalidità in capo al

giudice comunitario

274

. Infatti ciò non impedisce che in concreto il giudice

270

Così, tra agli altri, A. BRIGUGLIO, Pregiudiziale comunitaria e processo civile, cit., 7; E. D’ALESSANDRO, Intorno alla théorie de l’acte clair, in Giust. Civ., 1997, I, 2882 ss; G. TESAURO, Diritto comunitario, 3a ed., cit., 317; G. TRISORIO LIUZZI, Processo civile italiano

e rinvio pregiudizila alla Corte di Giustizia della Comunità Europea, in Riv. dir. proc., 2003, 727

ss, spec. 762-763. Sulla questione v., di recente, le approndite riflessioni di A. BRIGUGLIO, I

limiti soggettivi e oggettivi dell’obbligo di rinvio pregiudiziale comunitario, in Il diritto processuale civile internazionale visto da Int’lis dal 2002 ad oggi a cura di C. CONSOLO – M.

DE CRISTOFARO, Milano, 2006, 660 ss, spec. 665- 666, il quale, ponendo in evidenza la natura di “strumento di nomofilachia” del rinvio pregiudiziale piuttosto che di strumento di cooperazione tra giudici interni e giudice comunitario, sottolinea che la teoria dell’atto chiaro può essere utilizzata esclusivamente qualora la questione comunitaria non si pone perché la soluzione della stessa si impone obiettivamente al di là di ogni ragionevole dubbio e non anche per avallare un venir meno dell’obbligo di rinvio da parte del giudice di ultima istanza tutte le volte che lo stesso ritenga, soggettivamente, di dover adottare una data soluzione interpretativa.

271

In tal senso, in giurisprudenza, Cass, Sez. Un., 10 agosto 1996 n. 7410, in Riv. Dir. Pubbl.

comunit., 1997, 1293. Diversa appare la situazione in altri Stati membri nei quali, peraltro, è

riconosciuto ai singoli un accesso diretto al giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale. Di talché la Corte Costituzionale tedesca ha affermato che il mancato rinvio può essere sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 101, § primo, della Costituzione (cfr.

Bundesverfassungsgericht, ord. 9 gennaio 2001; Bundesverfassungsgericht, ord. 5 agosto 1998, in Europaische Zeitschrift für Wirtschafsrecht, 1998, 728).

272

Secondo l’efficace espressione di K. LENAERTS, La modulation de l’obligation de renvoi

préjudiciel, in Cahiers de droit eur., 1983, 471 ss.

273

CGCE, 22 ottobre 1987, Foto-Frost c. Hauptzollamt Lübeck Ost, cit., 4199 ss.

274

In senso critico, per tutti, A. BRIGUGLIO, Pregiudiziale comunitaria e processo civile, cit., spec. 171 ss.

nazionale, sull’assunto della manifesta validità dell’atto comunitario, venga

comunque meno, grazie ad opzioni valutative di fatto discrezionali, all’obbligo di

sollevare il rinvio

275

: a nostro avviso una tale possibilità costituisce, quanto al

rinvio pregiudiziale di validità, il pendant della teoria dell’atto chiaro, pur

ricostruita nell’esperienza del rinvio pregiudiziale di interpretazione

276

. Infatti, il

275

Per spunti nella medesima direzione cfr., di recente, G. RAITI, La collaborazione giudiziaria

nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario, Milano, 2003, 258-259, spec. nt. 27; in

senso diverso A. ADINOLFI, L’accertamento in via pregiudiziale della validità di atti comunitari,

cit., 201 ss, la quale ritiene si possano “obiettivizzare” i confini dell’obbligo di rinvio in esame.

276

Non si può peraltro trascurare che sulla problematica sino a qui esaminata potrebbe incidere con effetti dirompenti CGCE, 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo c. Repubblica Italiana, C-173/03, in corso di pubblicazione in Racc., 2006, nonché in Nuova giur. civ. commentata, 2007, I, 652 (in arg. G. AFFERNI, La disciplina italiana della responsabilità civile dello Stato per

violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultima istanza, ivi,

II, 261) ed in Foro it., 2006, IV, 417 ss, con note di E. SCODITTI, Violazione del diritto

comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale: illecito dello Stato e non del giudice, A.

PALMIERI, Corti di ultima istanza, diritto comunitario e responsabilità dello Stato: luci e ombre

di una tendenza irreversibile e T. GIOVANNETTI, La responsabilità civile dei magistrati come strumento di nomifilachia? Una strada pericolosa, la quale, in accordo con quelle che erano state

le conclusioni dello stesso Avv. Gen. Léger dell’11 ottobre 2005 (anche in Giust. Amm., 2005, n. 6, con nota di L. DE BERNARDIN, La normativa italiana in tema di responsabilità civile del

magistrato a rischio davanti ai giudici di Lussemburgo), ha ritenuto contrastante con il diritto

comunitario l’art. 2 della legge n. 117 del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, nella parte in cui, da un lato, esclude che la stessa possa affermarsi in presenza di una colpa lieve del giudice e, dall’altro, in ragione di violazioni commesse dai giudici nell’interpretazione di norme di diritto. Proprio quest’ultimo profilo appare di maggiore interesse in questa sede: invero, nella fattispecie decisa, la condanna dello Stato italiano è dipesa dalla circostanza che la Corte di Cassazione italiana, in violazione dell’obbligo sancito dall’art. 234 del Trattato CE, non aveva sollevato rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia, in tal modo violando, secondo quest’ultima, il diritto comunitario. Sembrerebbe quindi compromesso, almeno per quanto attiene all’interpretazione delle norme comunitarie, il Richterprivileg che ha tradizionalmente escluso la configurabilità di una responsabilità del giudice in questi casi, sebbene la responsabilità sancita dalla Corte comunitaria non riguardi direttamente il giudice persona fisica ma, piuttosto, lo Stato-giudice (cfr., autorevolmente, nell’ambito di un’ampia disamina di carattere storico comparato sul tema, N. PICARDI, La responsabilità del giudice: la storia continua, in Riv. dir. proc., 2007, 283 ss, spec. 304 ss, il quale evidenzia che si tratta, pertanto, di una forma di responsabilità di carattere oggettivo, rispetto all’affermazione della quale non appaiono estranee considerazioni attinenti la responsabilità dello Stato per funzionamento anomalo della giustizia, sulla scorta dell’esperienza di altri Stati membri). Sul sistema della responsabilità civile dei magistrati nell’ordinamento italiano v. in dottrina, per tutti, A. GIULIANI – N. PICARDI, La responsabilità del giudice, Milano, 1995; N. PICARDI, Dalla responsabilità del giudice alla responsabilità dello Stato

giudice, in Scritti in onore di A. Falzea, Milano, 1991, vol. III, 2, 697 ss; N. PICARDI –R.

VACCARELLA (a cura di), La responsabilità del giudice, in NLCC, 1989, 1203 ss. Occorre ricordare che presupposto della richiamata decisione è CGCE, 30 settembre 2003, Köbler c.

Repubblica d’Austria, C-224/01, in Racc., 2003, 10239, nonché, tra l’altro, in RTDPC, 2004, 1007

ss, con nota di S. MARI, La forza del giudicato delle decisioni dei giudici nazionali di ultima

istanza nella giurisprudenza comunitaria, in Int’lis, 2005, 63 ss, con nota di P. BIAVATI, Inadempimento degli Stati membri al diritto comunitario per fatto del giudice supremo: alla prova la nozione europea di giudicato, la quale ha affermato che il principio secondo cui gli Stati

membri sono obbligati a riparare i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario che sono loro imputabili si applica anche allorché la violazione di cui trattasi, purché manifesta, derivi da una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado poiché il principio dell’autorità della cosa giudicata non si oppone al riconoscimento del principio della responsabilità

principio affermato sin dall’arrêt Foto-Frost e ribadito da una recentissima