• Non ci sono risultati.

Venendo da una realtà come (indipendente o major), pensi lo streaming sia più funzionale ad un mercato più nicchia e a band emergenti per fars

Biografie degli intervistat

5. Venendo da una realtà come (indipendente o major), pensi lo streaming sia più funzionale ad un mercato più nicchia e a band emergenti per fars

conoscere o pensi sia più funzionale alla grande distribuzione delle major?

PIERO BARONE: lo streaming è più utile ad un mercato emergente, questo

è chiaro. Basta vedere i dati degli ultimi dieci anni e noti come sia calata la vendita fisica di album, un numero incredibile. Come ogni grande rivo- luzione digitale a rimetterci è la copia fisica. Tant’è vero che adesso par- te fondamentale della vendita fisica di un cd è l’organizzazione di un in- store di firma-copie, in cui per incoraggiare l’acquisto dell’album si pre- senta lo stesso artista.

VINCENT HANK: penso che lo streaming sia più funzionale alla grande di-

stribuzione. Gli indipendenti, quelli veri, sono quelli che ancora girano in furgone in tutto il mondo, suonando dal vivo ed aumentando i fans ad o- gni concerto. Anche i cosiddetti “indie” fanno parte di un mercato major (basta vedere l’apparato logistico che hanno alle spalle) e godono con lo streaming. Poi ci sono band che nello streaming hanno numeri del tutto “normali”, ma appena vai ai loro concerti la sala è piena e fanno un grande spettacolo...come lo spieghi?

DARIO MANGIARACINA: lo streaming è uno strumento molto complesso.

Negli ultimi anni si è molto strutturato. Spotify per esempio non è un semplice contenitore all’interno del quale l’utente può cercare la musica

99

che più preferisce. Spotify, come tutte le piattaforme digitali, ha una linea editoriale e dà forte indirizzo all’ascoltatore ad esempio con le playlist. Non credo si possa dire che lo streaming giovi più a un settore più che a un altro.

DAVIDE IACONO: da un lato si dice che con lo streaming adesso chiunque

può arrivare a tutti, ma è solo una grossa boiata. I soldi muovono tutto, anche nel mercato musicale. Poi chiaramente ci sono le eccezioni.

FABRIZIO CAMMARATA: le opportunità sono trasversali, la cosa che mi

piace è che oggi se fai qualcosa di veramente bello, anche se sei scono- sciuto, puoi essere “trovato” da chi fa le playlist su Spotify con milioni di followers, e magari il tuo pezzo starà proprio sotto Ed Sheeran.

ANTONIO GIOVANNI BONO: oggi la musica classica è ancora prevalente-

mente rivolta ad un mercato di nicchia ma penso al contempo che la digi- talizzazione della musica e i processi ad essa connessi abbiano sempre più, anche attraverso il ritorno alla musica dal vivo e l’azione dei promo- ters, avvicinato i giovani a questo linguaggio musicale che rappresenta l’humus culturale di ogni altro pensiero musicale.

FEDERICO CIMINI: lo streaming è utile a chiunque, dipende da come viene

gestito: c’è una maggiore possiiblità di farti conoscere se sei un emergen- te perchè ti basta uploadare un brano su youtube sperando di creare il giusto passaparola. Lo streaming è un mezzo così diretto che persino le major cercano di promuovere prodotti restando più a contatto con il pub- blico ed eliminando (a livello superficiale) le differenze tra indipendente e mainstream. Ma è solo marketing.

ALESSIO MINGOLI: in realtà credo sia utile per entrambi. Alle piccole re-

altà serve per farsi conoscere ed arrivare ad un pubblico a cui prima non sarebbero mai potuti arrivare con questa facilità, mentre alle major serve per forza di cose considerando che il mercato fisico dei cd sta subendo un brusco calo.

GIOLÌ E ASSIA: anche qui dipende. Se sei indipendente è difficile accedere

subito ai portali streaming e caricare direttamente la tua musica. Devi prima passare dai vari distributori digitali (Believe Digital, Tunecore, Zimbalam per citarne alcuni), sono quelli che fanno da tramite tra gli ar- tisti e le grandi piattaforme di streaming. Si occupano di consegnare i tuoi brani in sostanza in cambio di una percentuale. Un’etichetta indi- pendente ha per forza bisogno di questo. Se sei una major o hai firmato

100

con una major non hai questo problema. Le major hanno contatto diretto con le piattaforme, questo significa anche avere più agevolazioni. Agevo- lazioni che possono essere a livello tecnico, di supporto, promozionale, tutto insomma. La differenza tra una major e un’etichetta indipendente è soprattutto questa, ma soprattutto la major ha a disposizione dei grossi capitali per supportare i propri artisti e investire nella loro musica trami- te grosse campagne promozionali sulle diverse piattaforme streaming ap- punto. Quindi, lo streaming, non è più o meno funzionale tra major e in- dipendenti. Dipende solo dagli ascoltatori. Sicuramente le major e gli ar- tisti provenienti da major sono più avvantaggiati nella diffusione, e nella grandezza dell’audience che ti permettono di raggiungere. La cosa posi- tiva è che però grazie a questa facilità di ascolto anche un artista indi- pendente può raggiungere numeri altissimi grazie proprio a questo rap- porto così diretto con gli ascoltatori.

ROBERTO CAMMARATA: se Major intendiamo la grande distruzione del la

musica da consumo, radio, supermercati, pubblicità, forse lo streaming può essere un arma in più per l’ascoltatore di musica non di massa. Vedo difficile l’utilizzo corretto dello streamig da parte dell’ascoltatore che cerca solo l’ultima Hit che passano in radio in continuazione. Quindi la vedo più adatta allo svilippo del mercato indipendente.

ALESSANDRO BRATUS: se la vediamo in prospettiva, mi pare che il suc-

cesso delle piattaforme streaming confermi in pieno la teoria della long tail, quindi in un certo senso avvantaggia in termini di circolazione quelle band che non hanno una possibilità di impatto sul pubblico attraverso al- tri canali, ma anche la sopravvivenza della nicchia limitata a chi già la conosce. Se gli algoritmi che propongo e categorizzano gli ascolti, in ri- sposta a una gerarchia di interessi commerciali più che ovvia, hanno una potente funzione di indirizzo verso ciò che si conosce già, credo sia inevi- tabile andare nella direzione di puntare l’attenzione su quanto si è già af- fermato e ascoltato.

IGNAZIO CAMARDA: inizialmente lo streaming musicale ha agito da cassa

di risonanza per tutte quelle realtà indipendenti che alle spalle non ave- vano grosse strutture in grado di impostare un piano editoriale e comuni- cativo che potesse farli conoscere al grande pubblico. Oggi però anche le major e le radio hanno capito il giochino e sono riuscite a fagocitare questo sistema definendo tutta l’impalcatura dello streaming e definendo i trend del mainstream anche in questo ambito. Anche in questo caso, è da qui che parte certa ritrosia alla conoscenza da parte degli utenti, che si ritrovano ingabbiati all’interno del sistema delle playlist di Spotify sen-

101

za avere la spinta di uscirne per provare a conoscere altro. Paradossal- mente, oggi che internet moltiplica all’infinito le possibilità di accesso ai prodotti culturali si assiste, al contrario, ad una contrazione dei consumi e della curiosità .

6. Molto spesso le piattaforme di streaming musicale vengono criticate dal