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a vere o non avere l ’ esperIenza Del sé

di John Schranz3

Agli inizi del XX secolo, era la morte del corpo (a milioni, come bestiame) ad aver spinto i maestri pedagoghi a ricercare come, col lavoro sul corpo dell’attore, ridare dignità al corpo, quella dignità putrefatta nel fango delle trincee, annegata nei bagni di sangue delle rivoluzioni e dei loro strascichi. Oggi, quella morte sembra una cosa del passato... si spera fermamente... si crede... che non tornerà mai più. Le tragedie e le miserie che i maestri pedagoghi riscontravano, oggi non le si riscontra più, in “quest’albergo di lusso mediocre chia-mato Europa”, come Eugenio Barba lo etichetta il nostro continente.

Quindi... che senso potrebbe avere far teatro, oggi?

Ma la morte è pluriforme; e quella che ci troviamo a guardar in faccia oggi, pur diversissima d’aspetto, è ugualmente letale - la morte del corpomente... quella del Corpo Sociale. È molto più subdola, ed è parimenti terribile, se è vero che il marchio dell’essere umano sia quello del suo essere un essere sociale che riflette sul proprio agire.

[...]

Non poter fare ciò che si vuol fare è un’erosione di libertà.

Non sapere cosa si vuole è peggio.

Non essere capaci di formulare idee abbastanza chiare da poter gestirsi la propria vita è ancor peggio.

Non essere educati e aiutati a formulare idee abbastanza chiare da poter gestirsi la propria vita è, per di più, un’infrazione dei diritti più fondamentali dell’uomo.

Non rendersi conto di non essere in grado di formulare le proprie idee per gestirsi la vita, è terribile.

Essere manipolati in modo da nemmeno rendersi conto di non sapere cosa si vuole e in modo da diventare incapaci di avvertire tale

3 Docente di Teoria del teatro all’Università di Malta.

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manipolazione, è perverso.

Porta alla negazione totale di ciò che contrassegna l’Essere Umano - la riflessione creativa.

Negare la riflessione creativa significa negare la possibilità d’avere la vera esperienza del Sé e la possibilità di parlare di quell’esperienza.

La riflessione creativa è “il ricorso all’auto conoscenza come modello per capire gli altri.” Il Sé è la metafora che sta “al cuore della rete di metafore attraverso cui riconosciamo il mondo e interagiamo con esso, [...] quella più centrale e cospicua, a disposizione di tutti gli esseri umani”. Queste frasi costituiscono il perno di Dove Gli Angeli Esitano di Gregory Bateson e Mary Catherine Bateson. Sono collocate al centro del capitolo chiave: A che Serve La Metafora?

L’autocoscienza, l’esperienza del sé, il poter parlarne - è la meta-fora che sta al cuore della nostra conoscenza degli altri e del mondo.

È attraverso quella metafora che interagiamo con gli altri e con il mondo. Si può quindi immaginare quanto possano essere gravi le conseguenze di una mancanza e di una confusione al livello di quella conoscenza, quell’esperienza, quella metafora centrale e cospicua.

Significa non poter rapportarsi agli altri e al mondo, non poter riconoscerli, interagire con essi. Significa solo fingere di rapportarsi agli altri e al mondo, fingere di riconoscerli, di interagire con essi.

Fingere. Nella peggiore accezione della parola.

L’informazione è sinonimo del notare una differenza, dice Bateson;

l’informazione può essere definita come una differenza che produce differenza. Non poter riconoscere, interagire con, o rapportarsi a, gli altri ed il mondo, fingere tutto questo, significa non poter percepire le differenze che producono differenza, non poter accedere a infor-mazione, non poter essere in - formati. Significa e segnala la stasi, la morte in vita. La morte è pluriforme, come la mancanza.

Grotowski (Tu es le fils de quelqu’un, Firenze 1986) chiede: “Questa vita che vivete, vi basta? Siete felici di essa? Siete soddisfatti di questa vita che vi circonda? No, questa vita non è sufficiente. Allora si fa

qualcosa, si propone qualcosa, si realizza qualcosa che è la risposta a una mancanza. Non è solo la mancanza nell’immagine della società, ma la mancanza nella mia maniera di vivere la vita.”

Grotowski mette in rilievo una mancanza non manifesta, di cui, sembra insistere, ciascuno di noi sa di essere afflitto, pero` poi - ciascuno di noi fa tutto il suo possibile perché gli altri non se ne rendano conto. È una mancanza che ciascuno di noi rileva non in confronto agli altri, ma in rapporto ai potenziali che sente di saper di avere. È una mancanza che non categorizza in un gruppo minoritario le persone affette. Al contrario, sembra dire Grotowski, tutti noi ne siamo affetti... e il far teatro, il lavoro sulle azioni, sulle intenzioni, sulla rapportualità, sull’alterità, è veicolo eccellente per raddrizzare ciò che ci è tanto necessario raddrizzare nel nostro modo di vivere la vita.

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I

lTeaTro CoMevIa DI ConosCenza

perIlCaMbIaMenTo di Gianni Tibaldi4

L’incontro fra teatro e problemi mondiali avviene sul terreno della fenomenologia dell’arte.

Il teatro, infatti, in quanto forma di espressione artistica, si rivela una via particolarmente adatta per la conoscenza e la presentazione delle realtà complesse.

Ma se appare evidente il ruolo del teatro come via di presentazione, merita invece una particolare attenzione il suo ruolo come “via di conoscenza”.

Per comprendere tale ruolo è utile, innanzitutto, accostare il teatro ai concetti di sistema e di informazione.

Il sistema indica una complesso, una raccolta di elementi, tenuti insieme in una sorta di “abbraccio”. Gli elementi che compongono il sistema, infatti, pur mantenendo la propria individualità, sono mutua-mente dipendenti, così che il comportamento o la stessa presenza dell’uno influenza il comportamento e la presenza di tutti gli altri e ne è, a sua volta, influenzato.

Ne deriva che l’ingresso o l’uscita dal sistema di un solo elemento ne altera sostanzialmente la struttura ed il funzionamento.

L’abbraccio sistemico spiega anche il suo carattere dinamico e, quindi, le ragioni che lo rendono fonte di energia per l’insieme e per i singoli componenti.

Appare evidente, da queste poche indicazioni, come il fenomeno teatrale in ogni suo aspetto rappresenti una forma emblematica di sistema. [...]

4 Docente di Psicologia della personalità all’Università di Padova. Rappresentante del-lo Stato Italiano nel Gruppo di lavoro “Mentally Hill/Mental Health” della “United Nations Commission for Human Rights”.

Le connessioni con il termine informazione si manifestano altret-tanto ricche, precise ed evidenti.

Informare significa “mettere in forma” o “dare forma” e il teatro si potrebbe di dire che “informa sulla vita”.

Il suo carattere consiste, infatti, nel trasfigurare la “materia”

dell’azione vitale nella “forma” della rappresentazione drammatica.

Per questo il teatro sembra dunque particolarmente adatto per far conoscere realtà complesse quali sono i problemi mondiali dello sviluppo e del cambiamento sociale. Tali problemi, in realtà, condi-vidono con il teatro la definizione di “drammatizzazione partecipa-tiva”.

Si può così affermare che la società in trasformazione, prendendo coscienza di sé attraverso la rappresentazione drammatica, conosce i propri significati profondi.

La crisi del nostro tempo consiste nella difficoltà di tradurre in realtà concrete i progetti di riforma delle strutture concettuali, poli-tiche e istituzionali.

Attualmente la governanza della comunità internazionale è domi-nata da una forma di schizofrenia collettiva: un cervello sinistro preoccupato di rispettare i modelli accademici e i programmi ammi-nistrativi ed un cervello destro preoccupato di compiacere un’opinione pubblica avida di azioni significative (perfino sensazionali).

Occorre, quindi, trovare il medium più appropriato per superare questo conflitto. [...]

Nell’analisi che stiamo elaborando ci può aiutare il confronto fra il teatro ed il WEB, strumento avanzato dell’informazione che, se impiegato in modo creativo, è utile per avvicinare la conoscenza delle realtà complesse. Se si paragona, infatti, la navigazione in WEB con la rappresentazione teatrale si può constatare che in entrambi i feno-meni operano le categorie fondamentali della conoscenza:

il pensiero, che favorisce le connessioni logiche fra sito e sito,

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come fra scena e scena;

l’intuizione, che cerca un modo di esplorare la realtà diverso

• dall’usuale;

l’emozione, che può determinare modelli di conoscenza

influen-• zati dall’estetica del sito (o della rappresentazione), da risposte affettive (per esempio di simpatia/ripugnanza) o da un feeling particolare per un sito (o un attore);

la sensazione, che aiuta la conoscenza specialmente in coloro

• che sono “intrigati” da nuove animazioni (nel WEB) o da scenografie sensazionali (nel teatro).

La navigazione in WEB allude anche ad un’arte per muoversi attraverso i modelli con cui il mondo può essere percepito per essere organizzato e riorganizzato ad ogni istante.

Ma ogni modello può facilmente diventare una trappola da cui è più difficile uscire per andare da un’altra parte: i modelli conoscitivi possono mutarsi inaspettatamente in” specchi” e in “droghe”.

Il concetto contemporaneo di interdisciplinarietà o intersetto-rialità, ben espresso dallo stile della navigazione in WEB, indica il muoversi fra modelli o strutture concettuali piuttosto che all’interno di essi. [...]

Se concepiamo, allora, la struttura del testo teatrale e le sue tecniche di rappresentazione (regia, scenografia, recitazione, etc.) come “modelli conoscitivi agiti”, dove si incrociano in forma non lineare concetti, espressioni, messaggi e simboli, l’analogia tra teatro e WEB appare ancora più chiara.

Il teatro ha la possibilità, soprattutto, di rappresentare drammati-camente il cambiamento sociale positivo.

Alla ricerca di metafore guida utili a favorire la governanza mondiale ci suggerisce di sostituire, infatti, al termine “istituzione costruttiva”

quello di “immaginazione “o di “rappresentazione costruttiva”. [...]

La vita dell’umanità è, in realtà, una “pubblica rappresentazione”

e i suoi sogni sono “sceneggiati”, cioè proiezioni di fantasie e desideri sulla scena del mondo (e del teatro).

I momenti di grande trasformazione sociale che risultano dalla identificazione del popolo in un dramma che si sta svolgendo (si pensi al crollo del muro di Berlino, alle vicende del Kossovo, etc.) possono essere intesi come momenti di rappresentazione partecipativa.

L’estetica del dramma e il livello e il tipo di partecipazione che viene suscitato e focalizzato consentono di renderli virtualmente presenti.

Jacques Attali, presidente della “Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo”, ritiene che il “criterio di verità” nella società permeata dai mass-media del futuro sarà estetica se non addirittura seduttiva.

Ma anche gli eventi della vita democratica possono essere intesi come momenti di rappresentazione partecipativa. [...]

L’intero tema del potere, fra l’altro, può essere collocato al centro del ruolo della rappresentazione teatrale come “via di conoscenza”.

L’illusione del potere, infatti, indica che il potere non è altro se non l’immagine di sé che il potere stesso ha creato e che chi non ha potere accetta come se fosse realtà.

Intendere il potere come un gioco significa riconoscere che il potere è una costruzione, una “fiction” e che le regole del gioco sono finzioni. Anche se c’è molta gente che prende sul serio quel gioco.

La retorica del bipolarismo, per esempio, ha portato a ritenere reale l’esistenza illusoria di due poli. [...]

Ma come gli attori che si oppongono nel dramma trasformano il sistema attraverso la rimodellazione del contesto, indifferenti ad assu-mere il ruolo di vincitori o vinti perché il loro obiettivo è più vasto, le opportunità di interazione fra oppositori apparenti nell’arena politica possono essere correttamente usate per una trasformazione sociale anziché per inibire questa trasformazione.

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