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Vero o falso? Fiducia dei consumatori, regolamentazione e mercat

Nel documento Il Pensiero di Giovanni Anania (pagine 78-80)

Nadia Cuffaro1, Marina Di Giacinto1

Uniclam, Dipartimento di Economia e Giurisprudenza

Il lavoro analizza il ruolo dell’efficacia della regolamentazione sulla qualità nello sviluppo del mercato interno e estero di beni, la cui vera qualità è difficilmente accertabile dai consumatori (ad esempio per caratteristiche di salubrità, di impatto ambientale, di modalità di produzione come “bio” o “equo”) anche dopo il consumo, ovvero beni cosiddetti “fiducia” (trust o credence goods). Nel modello prodotti di qualità diversa possono essere venduti come di alta qualità nel senso di un prodotto che rispetta lo standard specificato; la qualità attesa dai consumatori è funzione delle loro convinzioni riguardo all’efficacia della regolamentazione interna. I consumatori esteri, che hanno minori informazioni rispetto a quelli interni, fondano in parte le loro aspettative su uno stereotipo basato sul livello di sviluppo del paese esportatore. I risultati analitici suggeriscono che scarsa efficacia della regolamentazione, stereotipo negativo e bassa fiducia dei consumatori possono causare fallimenti nel mercato di questi beni, fallimenti a cui sono particolarmente esposti i paesi meno sviluppati. Migliorare l’efficacia della regolamentazione interna favorisce lo sviluppo dei mercati, il benessere interno e le esportazioni. La definizione e implementazioni degli standard da parte di attori esterni, come supermercati, o Ongs nel caso di alcuni mercati etici di nicchia del tipo fair trade, è vantaggiosa.

Infine, ai risultati analitici si possono aggiungere, sulla base della letteratura, due ulteriori considerazioni. La prima, ben nota, è che se un attributo “fiducia” è collegato alla salubrità, episodi negativi tendono a causare una caduta improvvisa e più che proporzionale nella fiducia dei consumatori, a seconda della natura del problema, con conseguenze gravi sul settore coinvolto, come dimostrato da molte crisi degli ultimi decenni. La seconda è che incidenti sulla qualità e stereotipo negativo si rafforzano a vicenda e possono essere estremamente dannosi soprattutto per paesi piccoli e prodotti di nicchia5.

Conclusioni

Una regolamentazione poco efficace sulla qualità causa fallimenti dei mercati interni e di esportazione di beni con forti problemi di informazione sulla vera qualità, specialmente in presenza di uno stereotipo di “paese d’origine” negativo. Quindi le politiche che migliorano l’efficacia della regolamentazione (legislazione e monitoraggio) sono cruciali per lo sviluppo dei mercati di questi beni. Se un paese non è in grado di adeguare la propria regolamentazione pubblica (e/o vi è un forte pregiudizio negativo) gli standard privati possono integrare o sostituire efficacemente quelli pubblici. Per alcuni mercati di nicchia che si basano sulla disponibilità dei consumatori a pagare per attributi etici di tipo solidaristico è indispensabile il ruolo di entità sovranazionali del tipo Ong.

Note

1 I modelli analizzano il tema dal punto di vista teorico generale (Marette et

al.,1999; Anania e Nisticò, 2004; Zago e Pick, 2004; McCluskey e Loureiro ,2005;

Roe e Sheldon 2007;) oppure concentrandosi su meccanismi o attributi specifici, incluse le indicazioni geografiche (Menapace e Moschini, 2012), gli organismi geneticamente modificati (Fulton e Giannakas, 2004; Moschini e Lapan, 2005), i prodotti bio (Dabbert et al., 2014) e i prodotti “etici” come fair trade (Chang e Lusk, 2009).

2 Per la rassegna della letteratura e per un’esposizione completa e analitica del

modello si veda Cuffaro e Di Giacinto (2015).

3 Questo argomento è molto presente nella letteratura sull’etichettatura ambientale

(es. Costa et al., 2009).

4 Le rassegne della letteratura sull’argomento includono Bilkey e Nes, 1982;

Papadopoulos e Heslop, 2014.

5 Un’illustrazione interessante è rappresentata dalla crisi della cyclospora in

Guatemala e il conseguente reindirizzo della domanda di importazioni di lamponi da parte degli Stati Uniti verso il Messico, un caso dal quale il settore non si è mai ripreso (World Bank, 2005); una sequenza simile si è verificata per l’industria tessile in Colombia (Chisik, 2003).

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Secondo quanto riportato da Travaglini (Tabella 2), su elaborazioni di dati dell’Infc, risulta una suddivisione per categorie forestali, che considera le specie forestali esistenti sul territorio e di cui sono indicati anche taluni parametri produttivi (volume ed incremento legnoso ad ettaro). Si tratta di parametri importanti che ci permettono di quantificare in termini di volume legnoso le superfici presenti nel ns. territorio. Se riconduciamo queste categorie forestali secondo il governo del bosco esistente, risulta una prevalenza del bosco ceduo2 rispetto alla fustaia, nel territorio toscano ma anche nel resto dell’Italia Centrale.

Tabella 2 - Stime quantitative delle categorie forestali rilevate in Toscana dall’Inventario forestale nazionale

Fonte: Elaborazione Travaglini 2014 su dati Infc, 2005

Tabella 3 – Distribuzione delle superfici forestali in base alla forma di governo

Fonte: Istat, 2004

Il dato fornito dall’Istat (Annuari Istat, 2001-2009) indica una superficie forestale di 874.417 ettari, che corrisponde al 60% della superficie forestale dell’Italia centrale e del 9,5% di quella nazionale.

Quando si esaminano i dati sulle superfici forestali, emergono

Risorse forestali della Toscana e

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