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2. IL MARKETING 0

2.4 Verso un nuovo brand management

Da questo quadro di riferimento deriva altresì una gestione rinnovata del brand. Abbiamo visto in precedenza cha la marca si compone, a livello superficiale, di un nome o identificativo e, a un livello superiore, di una dimensione simbolica (Murphy, 1990). Essa evoca un immaginario ben definito, il quale rappresenta il tentativo di dare una certa lettura del mondo. Le imprese creano differenziazione per mezzo delle marche (Porter, 1980). Un tempo, il prodotto nuovo, puro e semplice, era sufficiente. Oggi, invece, ci troviamo in condizioni di eccesso di offerta. Da qui, l’esigenza di connotare, di dare un’identità. Per il marketing, quindi, la marca è un attributo, il quale, in alcuni casi, prevale sul prodotto.

Il marchio esiste poiché assolve diverse funzioni. Possiede una certa utilità, in quanto aiuta nel processo di scelta, il quale implica un rischio. Perciò esso personalizza il prodotto, nel senso che si pone come identificativo del produttore, cercando di farsi garante e d’ispirare fiducia. Inoltre, facilita e orienta i consumatori, bisognosi d’informazioni, poiché esposti a un’ampia offerta e sottoposti alle

condizioni di razionalità limitata. Un cliente che si trova ad aver vissuto un’esperienza positiva rispetto a una marca, può velocizzare le sue decisioni. Infatti, non rimetterà in discussione il proprio processo d’acquisto, più semplicemente riapplica la scelta, secondo una logica di economicità rispetto al proprio tempo e alle proprie risorse cognitive. La marca, perciò, è pratica e da questo punto di vista rappresenta una rendita per le aziende, perché i consumatori soddisfatti tendono a essere fedeli e a ripetere l’acquisto. Un’altra funzione della marca è la personalizzazione. Essa, infatti, riesce a portare fuori dall’anonimato, per esempio, valorizzando il mito del fondatore. Perciò diventa come una carta d’identità del prodotto. Non solo rispetto a certi livelli di standard industriali e produttivi, ma anche in termini di reputazione. I parametri funzionali da soli, ormai, non sono più sufficienti, ci troviamo in un contesto più complesso. Infine, la marca possiede anche una funzione ludica, perché le persone tendono a giocarci. Il consumo ha assunto una componente di attività ludica, di divertimento. Assistiamo all’emergere di una dimensione edonistica e di una creativa da parte dei consumatori, poiché giocare con le marche vuol dire giocare con i significati.

L’evoluzione del concetto di marca si manifesta nel nuovo senso che assume: la marca intesa come uno fra tanti mondi possibili. Il brand è un simbolo che rappresenta un mondo, non più un semplice logo. Si tratta, perciò, di un vero e proprio progetto comunicativo. Fra le sue caratteristiche fondamentali troviamo innanzi tutto la visibilità. I punti vendita monomarca, per esempio, rappresentano le porte d’ingresso nel mondo della marca (Cappellari, 2016). È abbastanza comune che essi possano lavorare in perdita, poiché la loro ragione d’essere sta sul versante della comunicazione, rispetto alle vendite in sé. Possiamo pensare a questi negozi come a investimenti in

comunicazione, infatti il punto vendita diviene il luogo nel quale rendere concreto e vivibile lo storytelling aziendale. In secondo luogo, abbiamo la caratteristica della permanenza perché i significati e i valori devono restare costanti nel tempo. Un marchio è riconoscibile proprio perché è permanente. Infine, tutti gli atti comunicativi devono convergere. La coerenza è fondamentale, in ogni aspetto, dal più piccolo al più grande. Se venisse meno, ciò minerebbe la permanenza e il consumatore ne risulterebbe confuso e disorientato. Perciò, qualsiasi mondo possibile si voglia costruire, esso deve necessariamente essere in sé coerente, rispettoso delle proprie regole. Per questo motivo risulta possibile riconoscere questi mondi, infatti essi sono differenziati verso l’esterno e omogenei al proprio interno.

Il brand, così, si fa supplemento d’anima. Esso gioca su dimensioni simboliche e valoriali. Attraverso l’acquisto, si viene in possesso del prodotto, ora divenuto un passaporto per entrare in quel mondo, per aderire a un certo stile di vita, per affermare la condivisione rispetto a un determinato sistema di valori. Costruire un mondo possibile significa possedere la capacità di costruire un discorso autonomo sulla marca, indipendentemente dal prodotto. I limiti stanno in questioni di coerenza. Essere coerenti e quindi avere un brand permanente, implica essere conservativi, senza spingersi troppo in là. Inoltre, esiste anche una limitazione rispetto alla natura della relazione che si crea. Essa, infatti, è asimmetrica, poiché l’azienda crea il brand e il consumatore può solamente decidere se aderire o meno al mondo evocato. Come possiamo notare, ci troviamo di fronte a una gerarchia e questo significa l’impossibilità di spazio per l’interazione e il coinvolgimento attivo. Per risultare credibili, il riconoscimento deve essere reciproco. Dunque, una possibile soluzione potrebbe essere l’accettazione di diversi punti di vista e

questo significa saper cambiare opportunamente e adattandosi ai tempi. Prestiamo attenzione, però, perché i consumatori tendono a proiettare le proprie emozioni, fino al punto, in alcuni casi, da creare delle love marks. In questo caso limite, il brand diventa una rendita e allo stesso tempo un vincolo. Ogni modifica diviene impossibile perché le persone amano o odiano profondamente il marchio. Più in generale, invece, i consumatori sono alla ricerca di autenticità, non di qualcosa che si ripete. Ciò può funzionare solamente per quanto riguarda i prodotti culto. L’autenticità costituisce un tema fondamentale. Essa si rende possibile attraverso il coinvolgimento attivo e il dialogo, poiché, in questo modo, i valori del brand possono definirsi e ridefinirsi in maniera costante nel tempo. Se così non fosse, il marchio è destinato inesorabilmente a logorarsi (Bettiol, 2015).