• Non ci sono risultati.

Verso una “zona di rischio penale” legislativamente sancita?

167 In argomento, PISANI, Attualità dell’offesa e “zona di rischio penale”, cit., p. 18, ad avviso del quale “l’idoneità della

condotta distrattiva a compromettere la garanzia patrimoniale deve valutarsi in relazione alla situazione di rischio di decozione (zona di rischio) che qualifica il pericolo, concretizzandolo”.

168 Per tali convincenti osservazioni, cfr. BUSETTO, Giudice penale e sentenza dichiarativa di fallimento, Milano, 2000,

p. 215-216.

169 Sottolinea l’esigenza di ridefinire gli spazi del sindacato del giudice sulle scelte imprenditoriali, al di fuori delle

soluzioni di gestione negoziata della crisi, INGRASSIA, Rischio d’impresa come rischio penale?, cit., p. 205.

Una lettura della norma coerente con la ratio legis, che precluda il ricorso a subordinati percorsi interpretativi contra litteram e che, soprattutto, rifletta valutazioni di normalità aziendale sembra allora praticabile.

Com’è evidente, infatti, lo sforzo ricostruttivo del giudice sarà tanto meno oneroso quanto più ci si trovi in prossimità del fallimento, quando i tipici ‘segnali di allarme’, che di solito precedono la completa decozione dell’impresa, e di cui l’imprenditore è generalmente a conoscenza, sono in grado di «orientare la “lettura” di ogni sua iniziativa di distacco dei beni ... nel senso della idoneità a creare un pericolo per l’interesse dei creditori sociali»171.

Quand’anche la fibrillazione economica fosse dovuta a fattori del tutto indipendenti o eccezionali, distrarre in prossimità, o addirittura in costanza della stessa, significa in ogni caso approfondire e aggravare consapevolmente la lesione alle ragioni della massa creditoria, e difficilmente l’imprenditore potrà lamentare un addebito di responsabilità oggettiva.

Se si riconosce all’insolvenza, o alla prossimità alla stessa, la capacità di segnare la zona di (maggior) rischio – come pare ormai fare anche la giurisprudenza, quando afferma che «nella valutazione della concretezza del pericolo, il dato temporale rappresenta uno dei criteri da combinare, evidentemente, con le caratteristiche dell’atto dispositivo»172 –, e se è vero che le tecniche di anticipazione della tutela

penale debbano sempre ricollegarsi all’id quod plerumque accidit, forse allora non pare azzardato auspicare una più esatta demarcazione, da parte del legislatore, della «zona di rischio penale», in termini di un limite temporale esplicito oltre il quale le condotte distrattive perdono di tipicità, perché essendo eccessivamente datate rispetto al fallimento, possono ragionevolmente presumersi – ma si tratterebbe di una presunzione pro reo – non collegate al dissesto neppure da un ‘nesso di rischio’173.

Quella di perimetrare una ‘zona rossa’ sarebbe, d’altronde, un’operazione già sperimentata dal legislatore (civil-)fallimentare. Nel disciplinare l’istituto della revocatoria di cui all’art. 67 l. fall. – strumento con il quale i creditori sollecitano il recupero alla garanzia patrimoniale di un bene che l’imprenditore ha fatto uscire dal suo patrimonio (id est: ha distratto) – ha infatti previsto, tra i requisiti di esperibilità dell’azione, quello del compimento dell’atto nei sei o dodici mesi precedenti la dichiarazione di fallimento, a seconda della natura onerosa o gratuita dello stesso174.

171 Cass. Pen., sez. V, 7 aprile 2017, n. 17819, Palitta, punto 7 della motivazione. È evidente l’adesione alle riflessioni del

PEDRAZZI, Art. 216, cit., 76, che sottolinea come «nella consapevole prospettiva di un dissesto eventuale (a maggior ragione se già in atto) gli episodi di sottrazione di attività si caricano, anche psicologicamente, di potenziale offensivo, colorandosi come fattori capaci vuoi di provocarne o affrettarne l’insorgenza, vuoi di aggravarne l’entità».

172 Così, Cass. Pen., sez. V, 21 maggio 2018, n. 32654, punto 2 della motivazione.

173 Occorre dar conto del tentativo di DONINI, L’imputazione oggettiva dell’evento. Nesso di rischio e responsabilita` per

fatto proprio, Torino, 2006, di rivitalizzare la teoria della zona di rischio penale attraverso la teoria della c.d. imputazione

oggettiva dell’evento. Per una lucida trattazione della costruzione dogmatica in parola, vedi PANTANELLA, La Corte di

Cassazione e la Damnatio Memoriae della “Sentenza Corvetta” in tema di bancarotta fraudolenta propria e nesso di causalità, in Cassazione Penale, fasc. 10/2015, p. 3737 ss.

174 Sulla natura e sui requisiti della revocatoria fallimentare, approfonditamente BONFATTI CENSONI, Manuale di diritto

Rileva, in altre parole, un periodo – definito dalla migliore dottrina commercialista come “periodo di sospetto legale”175 – nel quale il legislatore, attesa la contiguità dell’atto di distacco alla declaratoria

di fallimento, presume iuris et de iure l’incapienza del patrimonio al momento dell’estromissione e, di qui, l’intenzione di sottrarre i beni alla futura procedura esecutiva, elementi che invece difetterebbero laddove la medesima operazione avvenisse a distanza più risalente rispetto al fallimento.

Mutuare un simile modus ragionandi per la fattispecie di bancarotta fraudolenta, con margini temporali ovviamente ben più ampi, significherebbe delimitare, già a livello tipologico, un’area di rischio consentito, ove eventuali condotte di mala gestio, in quanto eccessivamente datate rispetto al dissesto irreversibile, rimarrebbero estranee al severo raggio punitivo della stessa.

Si impongono, a scanso di equivoci, due necessarie precisazioni.

La prima: escludere dal braccio della bancarotta le condotte anteriori alla soglia di rischio tipico non significherebbe ‘disarmare’ i creditori da qualunque forma di protezione delle proprie pretese, nemmeno, a ben vedere, da quella penale, che si fa sempre un po’ fatica a rinunciare176.

Come si è già evidenziato nel corso del lavoro, l’imprenditore acquista su di sé, sin dalla fase primigenia dell’attività economica, l’obbligo di comportarsi in modo da non pregiudicare le istanze creditizie, per effetto delle disposizioni civilistiche in tema di responsabilità patrimoniale, alle cui violazioni soccorrono appositi rimedi di conservazione della garanzia, anche fortemente incisivi, come quello della succitata revocatoria fallimentare, cui si aggiungono l’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.) e l’azione revocatoria ‘ordinaria’ (art. 2901 c.c.), tutti attivabili senza sia necessario che la condotta maturi un significato penale.

In più, com’è noto, le fattispecie di bancarotta non costituiscono certo l’unica chance per stigmatizzare ‘dissennate’ conduzioni d’impresa, posto che, ricorrendone i presupposti, gli atti dispositivi di beni societari per finalità estranee a quelle aziendali ben possono integrare le (meno gravi) ipotesi dell’appropriazione indebita o dell’infedeltà patrimoniale ex art. 2634 c.c.

Seconda precisazione: ‘al di là della rete’, nessuna presunzione di impoverimento dell’asse patrimoniale, ne´ di intenzione fraudolenta dell’imprenditore.

Il richiamo a quel «periodo assai malamente chiamato “sospetto”»177, lungi dal suggerire impropri

parallelismi, valga soltanto ad evidenziare la consapevolezza del legislatore – ed ora anche della giurisprudenza piu` recente – dell’esistenza di un segmento d’impresa più pregnante, in termini di rischio, rispetto alle fasi pregresse.

175 Per tutti, GUGLIELMUCCI, Diritto Fallimentare, Torino, 2011, 154.

176 Rassicura in tal senso SANDRELLI, Il convincimento offerto dalla Sentenza della V Sezione della Cassazione: lo stato

di insolvenza è l’evento del reato di bancarotta; critica dell’opinione, in Cassazione Penale, 2013, 1441.

Tradotto in norma, limiterebbe soltanto cronologicamente, senza mai esautorarlo, quel potere del giudice di accertare, esattamente nei termini di pregnanza sopra precisati, le componenti oggettive e soggettive della fattispecie. E’ chiaro che si tratta di discipline di diversa natura, deputate ad assolvere differenti funzioni, ma, in ossequio al principio di offensività del fatto e di sussidiarietà dello strumento punitivo, soprattutto quella penale meriterebbe una più precisa delimitazione del proprio severo compasso applicativo.

Nell’attesa, non resta che affidarsi alla prudente autolimitazione dei giudici. E sul punto, a tre anni dalla ‘svolta’, il bilancio può dirsi sostanzialmente positivo.

Nelle pur poche ipotesi in cui si è vista nuovamente investita della questione, la Suprema Corte ha condiviso la qualificazione dogmatica della declaratoria di fallimento come condizione obiettiva di punibilità, riconoscendone la capacità di «rende[re] più coerente il sistema nel suo complesso» e di risultare «di gran lunga più aderente ai principi generali in tema di imputazione soggettiva»178.

E, soprattutto, si è posto l’accento sulla necessità di rifuggire approcci di tipo presuntivo, da sostituirsi con una minuziosa ricerca dei «possibili (positivi o negativi) “indici di fraudolenza” necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa funzionale ad assicurare la garanzia dei suoi creditori e, dall’altro, alla proiezione soggettiva di tale concreta messa in pericolo»179.

Di qui un ulteriore tassello al mosaico ermeneutico iniziato con la configurazione della fattispecie in termini di pericolo concreto, ora arricchito da alcune direttici esemplificative fruibili per il giudizio di prognosi postuma180. Difficile, allora, non riconoscere, senza trascurare con ciò le contraddizioni

a suo tempo denunciate, l’ammirevole impegno profuso dal formante giurisprudenziale per dare pratica incidenza nelle motivazioni, con le dovute prudenze esegetiche, ai canoni costituzionali di offensività e colpevolezza.

Ma è pur vero che, «in un ordinamento costituzionale, [dove] la legge la fa il legislatore, non l’autorità dei precedenti»181, quella del self restraint è una precaria soluzione, soggetta a possibili quanto

repentini mutamenti di prospettiva.

Alcune dissenting opinion circa la natura della sentenza di fallimento non hanno, infatti, tardato ad arrivare. In un caso di bancarotta pre-fallimentare recentemente giunto al vaglio di legittimità, la

178 Così Cass. Pen., Sez. V, 12 ottobre 2017, n. 53184. In termini analoghi, Cass. Pen., Sez. V, 6 ottobre 2017, n. 4400. 179 Cass. Pen., Sez. V, 1˚ agosto 2017, n. 38396, Sgaramella, cit.

180 Così prosegue, infatti, la Corte: «“indici di fraudolenza” rinvenibili, ad esempio, nella disamina del fatto distrattivo,

dissipativo, etc. alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e della congiuntura economica in cui la condotta pericolosa per le ragioni del ceto creditorio si è realizzata; nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’imprenditore o dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte nei fatti depauperativi; nella “distanza” (e, segnatamente, nell’irriducibile estraneità) del fatto generatore di uno squilibrio tra attività e passività rispetto a qualsiasi canone di ragionevolezza imprenditoriale».

181 VIGANÒ, Una sentenza controcorrente della Cassazione in materia di bancarotta fraudolenta: necessaria la prova del

Quinta Sezione della Corte, chiamata ad individuare, ai fini dell’applicabilità dell’indulto, il momento consumativo del reato, ha espressamente aderito alla qualificazione della declaratoria di fallimento in termini di elemento costitutivo, pur segnalandone la sostanziale irrilevanza sulla determinazione del

tempus commissi delicti, in ogni caso ancorato alla data del provvedimento182.

Ma, in termini difformi rispetto al dictum Santoro, la Corte si era invero già espressa in occasione di un ricorso avverso una mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione di quei fatti di bancarotta pre-fallimentare accertati nei precedenti gradi di giudizio183.

In tal sede, si precisò come questa decorresse soltanto dalla data dell’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza, cristallizzato nel provvedimento, in quanto elemento costitutivo della fattispecie che, ancorchè improprio, «serve a connotare di lesività i comportamenti tipizzati dalle norme di riferimento»184.

Non può allora che rafforzarsi l’auspicio ad un contributo chiarificatore delle Sezioni Unite o, ancor più preferibilmente, ad un intervento di riforma che si presti a contenere il rischio di un uso eccessivamente ‘disinvolto’ della fattispecie. Un ritocco in tal senso sarebbe, peraltro, aggiornato a quel cambio di marcia sotteso alla recente riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza185. Quest’ultima, offrendo al debitore tutti gli strumenti per cogliere il malessere

economico dell’impresa già dalle prime avvisaglie, sì da porvi prontamente rimedio (con misure premiali, in punto di responsabilità penale, tutt’altro che irrilevanti per l’imprenditore tempestivamente attivatosi), lascia affiorare una più evoluta concezione dell’attività economica d’impresa, quale attività fisiologicamente rischiosa, e un mutato approccio al momento patologico della stessa, teso al ‘recupero’ prima che al rimprovero, in apprezzabile superamento dell’impronta autoritaria e indiscriminatamente repressiva che ha segnato storicamente la disciplina fallimentare186.

182 Ciò in quanto «il reato fallimentare, in assenza della sentenza dichiarativa di fallimento, non può essere considerato

ontologicamente integrato in tutte le sue componenti essenziali», indifferentemente dallo specifico ruolo assunto dalla stessa nell’economia della fattispecie. Cosı`, Cass. Pen. Sez. V, 12 settembre 2018, n. 40477.

183 Cass. Pen., Sez. V, 2 ottobre 2017, n. 45288. 184 Ibidem.

185 Legge 19 ottobre 2017, n. 155.

186 Per un autorevole commento ‘a caldo’, all’indomani dell’approvazione del disegno di legge, CASTALDO, Un sistema

Bibliografia

ACANFORA, Bancarotta fraudolenta pre-fallimentare: i tempi sono maturi per un intervento di

riforma, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2019, p. 132 ss.

ALESSANDRI, Diritto penale e attività economiche, Bologna, 2010, p. 19.

ALESSANDRI, Diritto penale commerciale, vol. IV, I reati fallimentari, Torino, 2019, p. 43.

AMBROSETTI, I reati fallimentari, in Ambrosetti - Mezzetti - Ronco, Diritto penale dell'impresa, II

edizione, Zanichelli, 2009, p. 294 ss.

ANGIONI, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, II ed.,

Milano, 1994, p. 184 ss.

ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, a cura di Grosso, XII ed., Milano, 2008,

p. 107 ss.

BONFATTI –CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2009, 150 ss.

BOZHEKU, Riflessioni in ordine alle tematiche del pericolo e del dolo nella struttura del delitto di

bancarotta fraudolenta per distrazione, in Cass. pen., 2014, p. 2646.

BRANCACCIO-NAPOLITANO, I reati di bancarotta, in Cass. pen., 2018, suppl. fasc. 4, p. 108 ss.

BREMBATI, La bancarotta fraudolenta patrimoniale tra principi costituzionali e “indici di

fraudolenza”, in Società, 2018, p. 641 ss.

BRICCHETTI-PISTORELLI, La bancarotta e gli altri reati fallimentari, Milano, 2017, p. 298. BRICCHETTI -TARGETTI, Bancarotta e reati societari, Milano, 2003, p. 83.

BUSETTO, Giudice penale e sentenza dichiarativa di fallimento, Milano, 2000, p. 215-216.

CANESTRARI, “Rischio d’impresa” e imputazione soggettiva nel diritto penale fallimentare, in Riv.

trim. dir. pen. econ., 2003, p. 556.

CANESTRARI, Dolo eventuale e colpa cosciente nei contesti a rischio di base “consentito”, ne I criteri

di imputazione soggettiva nel diritto penale dell’economia. Nuove tendenze in Italia e in Austria a confronto, a cura di Ronco e Helfer, Milano, 2017, p. 44 ss.

CARNELUTTI, Recensione a Nuvolone: il diritto penale del fallimento, in Riv. dir. proc., 1956, p. 254. CASTALDO, Un sistema che premia chi lancia l’allerta, in IlSole24ore, 13 ottobre 2017.

CAVALLINI, La bancarotta patrimoniale tra legge fallimentare e codice dell’insolvenza, Cedam Milano, 2019.

CAVALLINI, La bancarotta fraudolenta “in trasformazione”: verso il recupero della dimensione

lesiva dell’archetipo prefallimentare?; la sentenza è stata altresì pubblicata in Società, 2018, p. 641

ss.

CHIARAVIGLIO, Danno e pericolo nella bancarotta c.d. “riparata”, in Dir. pen. cont., 29 maggio 2015.

CHIBELLI, Il ruolo della sentenza dichiarativa di fallimento nei delitti di bancarotta pre-fallimentare:

l'atteso revirement della Cassazione, su Cassazione Penale, fasc. 6, 2017, pag. 2205 ss.

COCCO, Art. 216, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di Palazzo e Paliero, II ed., Padova, 2007, p. 1175.

CONTI, I reati fallimentari, II ed., Milano, 1991, p. 156.

D’ALESSANDRO, False comunicazioni sociali - la riforma delle false comunicazioni sociali al vaglio

del giudice di legittimità: davvero penalmente irrilevanti le valutazioni mendaci?, in Giur. it., 2015,

10, p. 2208.

D'ALESSANDRO, Reati di bancarotta e ruolo della sentenza dichiarativa del fallimento: la Suprema

Corte avvia una revisione critica delle posizioni tradizionali?, in Riv. trim. dir. pen. cont., 2013, 3, p.

365 ss.

D’AVIRRO-DE MARTINO, I reati di bancarotta societaria. Distrazione, infedeltà e operazioni dolose,

Milano, 2013, p. 73.

DELITALA, Contributo alla determinazione della nozione giuridica del reato di bancarotta, ora in Id.,

Raccolta degli scritti. Diritto penale, vol. II, Milano, 1976, p. 712.

DI MARZIO, (voce) Crisi d’impresa, in Enc. dir., Annali, V, 2012, p. 523.

DI VETTA, Tipicità e prova. Un’analisi in tema di partecipazione interna e concorso esterno in

associazione di tipo mafioso, su Archivio penale, 1, 2017.

DONINI, Per uno statuto costituzionale dei reati fallimentari. Le vie d’uscita da una condizione di

perenne “specialità”, in Jus, 2011, p. 4 ss.

DONINI, L’imputazione oggettiva dell’evento. Nesso di rischio e responsabilita` per fatto proprio,

Torino, 2006.

FALCINELLI, I delitti di bancarotta negli amletici percorsi dell’offensività penale: l’”essere” e il “non

essere” della sentenza dichiarativa di fallimento, su Riv. trim. dir. pen. econ., 3/2015, p. 470-471.

FASSI, Il revirement della Corte di Cassazione: la sentenza dichiarativa di fallimento è condizione

obiettiva di punibilità per il reato di bancarotta fraudolenta pre-fallimentare, in Cass. pen., 2017, p.

2226.

FIORE, La teoria generale del reato alla prova del processo. Spunti per una ricostruzione integrata

del sistema penale, Napoli, 2007.

GARGANI, Processualizzazione del fatto e strumenti di garanzia: la prova della tipicità “oltre ogni

ragionevole dubbio”, in Leg. pen., 2013, p. 839 ss.

GARGANI, Fattispecie sostanziali e dinamiche probatorie. Appunti sulla processualizzazione della

tipicità penale, in De Francesco - Marzaduri (a cura di), Il reato lungo gli impervi sentieri del processo, Giappichelli, 2016, pp. 89 ss.

GIULIANI BALESTRINO, La bancarotta e gli altri reati concorsuali, VI ed., Torino, 2012, p. 269 ss. GUGLIELMUCCi, Diritto Fallimentare, Torino, 2011, 154.

INGRASSIA, Rischio d’impresa come rischio penale? Il sindacato giudiziale sulle scelte di gestione

della crisi, Pavia, 2018, p. 3 ss.

LA MONICA, La tipicità della condotta nel delitto di bancarotta, in Giust. pen., 1984, III, p. 334 ss.

LA MONICA, I reati fallimentari, Milano, 1995, p. 236-237.

LUNGHINI, Problemi probatori e diritto penale sostanziale. Un'introduzione, in Dolcini - Paliero (a

cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, vol. I, Giuffrè, 2006, p. 409 ss.

MANES, La pervicace resistenza dei “reati di sospetto”, in Giur. cost., 2008, p. 2539. MANGANO, L’impresa come bene giuridico nei reati di bancarotta, Padova, 1998, p. 5-7.

MANNA, La sentenza dichiarativa di fallimento alla luce del novellato art. 1 l. fall., in Ghia-

Piccininni-Severini, (diretto da) Trattato delle procedure concorsuali, Roma, 2012, p. 66.

MANNING, The Business judgment rule and the Director's duty of attention: time of reality, The

Business Lawyer, 1984.

MANTOVANI, Diritto Penale, IX ed., Padova, 2015, 205.

MARINUCCI, (voce) Distrazione, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, p. 310.

MARINUCCI-DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, VI ed., Milano, 2017, p. 241.

MASUCCI, Infedeltà patrimoniale e offesa al patrimonio nella disciplina penali dei gruppi di società, Napoli, 2006, p. 53 ss.

MASULLO, La sentenza dichiarativa di fallimento è condizione obiettiva di punibilità: quando

affermare la verità non costa nulla, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, p. 1151.

MESSORI, Il pericolo concreto nella bancarotta prefallimentare: nulla poena sine crimine...et

condicione?, su Cassazione Penale, fasc.10, 1 ottobre 2018, pag. 3526 ss.

MESSORI, La bancarotta per dissipazione nella “vicenda Alitalia”: profili penali della responsabilità

MICHELETTI, La colpa nella bancarotta semplice patrimoniale. Contributo allo studio della regola

cautelare come criterio della delimitazione della tipicità colposa, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2000,

p. 643 ss.

MONTANARA, (voce) Fallimento (reati in materia di), in Enc. dir., Annali, VI; 2013, p. 304.

MUCCIARELLI, Sentenza dichiarativa di fallimento e bancarotta: davvero incolmabile il divario fra

teoria e prassi?, in Crisi dell’impresa, procedure concorsuali e diritto penale dell’insolvenza. Aspetti problematici, a cura di Borsari, Padova, 2015, p. 343.

MUCCIARELLI, Una rivoluzione riformatrice della Cassazione: la dichiarazione giudiziale

d’insolvenza è condizione obiettiva di punibilità della bancarotta pre-fallimentare, in Società, 2017,

p. 903.

MUCCIARELLI, Le ‘nuove’ false comunicazioni sociali: note in ordine sparso, in Dir. pen. cont. - Riv.

trim., 2015, 2, 159.

MUCCIARELLI, La bancarotta distrattiva è reato d'evento?, in Dir. pen. proc., 2013, p. 448.

NISCO, Recenti evoluzioni (e involuzioni) in tema di bancarotta: ruolo dell’insolvenza e adeguatezza

economica delle operazioni antecedenti, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2015, p. 851.

NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 1955, p. 42. NUVOLONE, (voce) Fallimento (reati in materia di), in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, p. 481.

PADOVANI, Il crepuscolo della legalità nel processo penale. Riflessioni antistoriche sulle dimensioni

processuali della legalità penale, in Ind. pen., 1999, 527 ss.

PAJARDI-FORMAGGIA TERNI DE’ GREGORJ, I reati fallimentari. Le responsabilità penali

dell’imprenditore nelle procedure di crisi, II ed., Milano, 1994, p. 20. PAJARDI –BOCCHIOLA, La revocatoria fallimentare, Milano, 2001, p. 22.

PALIERO, Oggettivisimo e soggettivismo nel diritto penale italiano. Lezioni del corso di diritto penale

progredito, a cura di Perini - Consulich, Milano, 2012, p. 58.

PANTANELLA, La Corte di Cassazione e la Damnatio Memoriae della “Sentenza Corvetta” in tema

di bancarotta fraudolenta propria e nesso di causalità, in Cassazione Penale, fasc. 10/2015, p. 3737

ss.

PARODI GIUSTINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990, p. 184, 328, 346.

PATTI, Crisi d’impresa e responsabilità degli amministratori di società, in Fall., 2018, p. 129-130. PEDRAZZI, Reati fallimentari, in AA. VV., Manuale di diritto penale dell’impresa, Bologna, 1998, p.

99 ss.

PEDRAZZI, Art. 216, in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare. Reati commessi dal fallito,

PEDRAZZI, Art. 217, in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare. Reati commessi dal fallito,

reati commessi da persone diverse dal fallito, Art. 216-227, a cura di Galgano, Bologna, 1995, p. 137.

PEDRAZZI, Gestione d’impresa e responsabilità penali, ora in Id., Diritto penale, vol. III, Scritti di

diritto penale dell’economia. Problemi generali, diritto penale societario, Milano, 2003, p. 611.

PEDRAZZI, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta?, ora in Id., Diritto penale, vol. IV, Scritti di

diritto penale dell’economia. Disciplina penale dei mercati, Diritto penale bancario, Diritto penale industriale, Diritto penale fallimentare, Varia, Milano, 2003, p. 1005 ss.