• Non ci sono risultati.

La presente scheda non ha certo il compito di ricostruire per intero la storia della villa, che comporterebbe, peraltro, un approfondimento sulle vicende e sul collezionismo della famiglia, non consentito dal ‘taglio’ di questa ricerca. Nel constatare la clamorosa mancanza, ad oggi, di uno studio monografico dedicato alla villa, si vuole piuttosto evidenziare come nel corso del Settecento, pur in un contesto critico per le finanze di famiglia, non si sia rinunciato ad un aggiornamento del complesso, attuato mediante il ridisegno dei giardini e l’apertura di un nuovo portale affiancato da un caffeaus. La recente pubblicazione di un nutrito corpus documentario166 concernente la famiglia Giustiniani –inventari, testamenti, atti d’acquisto e di pagamento- consente tuttavia di delineare con maggior precisione anche le vicende seicentesche della dimora. La villa, che sorge nelle immediate vicinanze della basilica lateranense, fu costruita ai primi del Seicento dal marchese Vincenzo Giustiniani, colto mecenate e collezionista167, che nell’area aveva acquistato un primo appezzamento nel 1605.168 All’epoca la famiglia già possedeva una residenza suburbana fuori Porta del Popolo, edificata dal cardinale Benedetto su un terreno acquisito nel 1573. La villa esquilina appare già costruita nella pianta di Roma di Matteo Greuter del 1618. Ad oggi non sono emersi riscontri documentari probanti circa il nome dell’architetto, che il Titi identifica in Carlo Lambardi per quel che riguarda il portale, oggi trasferito a villa Celimontana, e in Borromini per il casino169. L’edificio d’inizio Seicento era caratterizzato da una notevole sobrietà: alla facciata, appena animata dall’aggetto della parte centrale, faceva riscontro sul lato opposto una semplicissima e nitida loggia a tre archi. Dall’inventario

166

S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani. Inventari, Documenti. Torino, Einaudi, 2003.

167

Per un profilo intellettuale del marchese Vincenzo Giustiniani e per la ricostruzione delle vicende della Famiglia nel Seicento si rimanda ai saggi contenuti in Caravaggio e i Giustiniani, catalogo della mostra, Roma, 2003

168

Una prima ricostruzione della storia della villa era stata tentata da: I. Belli Barsali, Ville di Roma, Milano, Rusconi, 1983, pp. 392-393. L’atto di acquisto del 1605 (ASR, Fondo Giustiniani, Busta 12, ff. 158v 164v) è citato in Danesi Squarzina, 2003.

169 “Villa Giustiniani sul monte Celio. Sul canto dello stradone di s. Gio: Laterano, che conduce a S.

Maria Maggiore, a mano destra è posta questa Villa, che ha un portone di magnifica architettura di Carlo Lombardo. Il casino è architettura del Borromino, e dentro ad esso, e per la villa sono sparsi molti marmi antichi tanto di statue, e busti, quanto di bassirilievi, tra i quali uno il più bello, e il più conservato, che ci sia rimasto dall' antichità, è un bassorilievo scolpito intorno ad un gran vaso,

redatto nel 1638, in occasione della morte del marchese Vincenzo170, apprendiamo che a quella data l’allestimento della villa era ancora in uno stato embrionale: sebbene vi fosse documentato già un certo numero di sculture, infatti, il casino è definito ‘non fornito’, mentre dell’intera proprietà risulta sistemata solo la parte prospiciente la loggia. Si trattava di un piccolo giardino segreto racchiuso da muri sui quali si aprivano otto nicchie di peperino all’interno delle quali erano collocate delle statue171. Altre sculture erano disposte lungo il viale d’accesso –un Apollo e una Venere moderni- e nelle nicchie del portico; “la sala da basso” del casino ospitava alcuni rilievi antichi mentre nell’adiacente “sala grande” era l’unico dipinto presente nell’edificio, “un quadro sopraporto della città di Genova in tela alto palmi 8 e largo18 incirca”. Nel corso del secolo una serie di interventi, dovuti all’iniziativa di Andrea Giustiniani, avrebbero progressivamente trasformato l’aspetto della villa, facendone un compiuto luogo di delizie. Andrea impreziosì i prospetti del casino incastonandovi busti e bassorilievi, in ossequio ad un gusto che risaliva al secolo precedente e che all’inizio del Seicento aveva trovato una prestigiosa espressione nel casino di villa Borghese. L’attenzione riservata dal marchese nei confronti della villa trova puntuale riscontro nel suo testamento, nel quale egli sottolinea “il miglioramento fatto al giardino nostro di S. Giovanni Laterano con averci fatto condurre con spesa non ordinaria le otto once di Acqua Felice benignamente concessami dalla Santa memoria di Papa Innocenzo X da Porta Maggiore sino al Giardino : e di più, le fontane e i muri fatti”172. Negli stessi anni Andrea aveva provveduto a far trasferire nella villa una parte dei quadri della collezione di famiglia, come è testimoniato da un inventario fatto stilare dallo stesso marchese nel 1662173. Vi risultano, infatti, ben settantun dipinti tra paesaggi, vedute, nature morte, ritratti e scene di genere, tutti temi particolarmente appropriati per una residenza suburbana. Sul finire degli anni Sessanta la villa aveva

170

ormai raggiunto il suo assetto monumentale, come risulta dalla pianta di Roma realizzata dal Falda nel 1676.174 Nella pianta è perfettamente visibile la fontana realizzata da Andrea dopo la concessione dell’Acqua Felice. Concepita come elemento qualificante nell’organizzazione del giardino, era costituita da un fondale scenografico –una sottile quinta in muratura aperta da arcate- dinnanzi al quale era collocata la vasca. Questa costruzione, che sembra riecheggiare le mostre d’acqua realizzate tra la fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo, non appare troppo dissimile da quella presente in villa Conti, indicata nella pianta del Falda come giardino dell’Orsini.175. Questo assetto resterà immutato negli anni successivi, come risulta dalle immagini della villa contenute nel Cabreo Giustiniani del 1687.176

A partire dall’inizio del Settecento la famiglia assiste ad un progressivo peggioramento delle proprie condizioni finanziarie, cui si accompagnerà il tentativo di mantenere inalterato il tenore di vita attraverso un’opera costante di razionalizzazione del patrimonio. E’ esattamente in questo contesto che si inscrivono le trasformazioni della villa nei primi decenni del secolo. Alcune lettere scritte da Monsignor Andrea Giustiniani al fratello, il principe Vincenzo, documentano in modo eloquente le scelte di quegli anni: nel 1711 sarebbe stata vend uta la villa che la famiglia possedeva a Monte Mario, il cui ricavato venne investito in ‘luoghi di monte’, mentre in vista di una cessione in affitto della villa del Popolo si provvide a un progressivo trasferimento

174 In essa compare un casino a pianta rettangolare, su due piani, corrispondente nelle proporzioni a

quello giunto sino ai nostri giorni. La facciata è rivolta verso la via Merulana, sulla quale si apre il portale principale collegato al casino attraverso un viale. Le uniche differenze rispetto alla situazione attuale sono costituite dalla presenza di una seconda loggia sovrastante quella terrena e dal fatto che è proprio questo prospetto ad essere rivolto verso la via Merulana. Se la presenza del doppio loggiato può essere interpretata come testimonianza di un iniziale diverso assetto del casino, il differente orientamento dell’edificio, con la loggia rivolta ad ovest, può trovare una semplice spiegazione nel desiderio di immortalare nella pianta la facciata più interessante, vale a dire quella caratterizzata dal maggior contrasto chiaroscurale.

175

Si veda, in merito, la scheda relativa a Villa Conti. In entrambi i casi si assiste, nel Settecento, alla perdita di importanza di questo ‘arredo’.

176

In quell’anno Caterina Gonzaga, vedova del principe Carlo Benedetto Giustiniani, aveva commissionato a Giovan Battista Cingolani un cabreo che documentasse l’intero patrimonio immobiliare di famiglia. La proprietà lateranense risultava dotata di “terreno per uso di ortaglia, giardinetto de’fiori, Vigna, Palazzino per uso di sua Eccellenza, case per uso del giardiniere, dell’ortolano e del vignarolo”, nonché di cinque fontane e due torri antiche. I disegni allegati alla descrizione mostrano perfettamente il casino, il giardino segreto cinto da mura e la fontana-mostra dinnanzi alla quale è un viale di cipressi intersecato nel mezzo da un secondo viale coperto a berceau.

delle sculture nella residenza esquilina177. Questo ‘trasloco’ poteva dirsi concluso nel 1742, quando si trasferì anche la colossale statua di Giustiniano, come riferisce l’iscrizione murata su uno dei fianchi del casino178. La scelta di privilegiare la villa di San Giovanni rispetto alla più antica e ‘strutturata’ proprietà fuori Porta del Popolo può certamente essere letta quale testimonianza dell’accresciuto prestigio del rione Monti. Negli anni successivi al trasferimento delle statue si intrapresero dei lavori di ampliamento e riassetto dei giardini, certamente determinati, almeno in parte, dalla necessità di offrire nuova e adeguata sistemazione al ricco apparato scultoreo che aveva raggiunto la villa.179 La pianta del Nolli del 1748 documenta in modo esemplare il nuovo assetto della proprietà: alle spalle del casino nobile, dal lato prospiciente la loggia, è ancora visibile l’antico ‘giardinetto segreto’; verso nord, l’area che ancora alla fine del Seicento risultava incolta appare ora organizzata in un insieme di regolari parterre mentre, sul lato opposto, fortemente ridimensionata risulta l’importanza del fondale prospettico seicentesco e la piccola fontana circolare è ora sostituita da una semplice vasca ovale. Confrontando la pianta del Nolli con i rilievi del Catasto Urbano emerge con chiarezza che una nuova, importante campagna di lavori interessò la villa nel secondo Settecento, a riprova dell’interesse manifestato dalla famiglia e dall’allora principe Benedetto per questa proprietà. Di questi interventi resta traccia documentaria in una lettera patente e in un memoriale della Presidenza delle Strade datati 1780. Nel febbraio di quell’anno infatti il capomastro Paolo Geminelli richiese licenza, per conto del principe Benedetto Giustiniani, per procedere al restauro di una porzione del muro di cinta affacciato su piazza San Giovanni, per la realizzazione di un nuovo portone

177

ASR, Fondo Giustiniani, Busta 113, (Cfr, Danesi Squarzina, cit., pp. 45 e sgg.). Lettera del 19 maggio 1711: “Ho un infinito gusto della vendita della vigna di Monte Mario e mi pare siasi fatto un buon negotio mentre à causa della salita era per noi un grande incomodo, e poi sarà comodo (…) far tutta una cosa à S. Giovanni e portarci le statue come abbiamo tante volte detto…”. Lettera del 23 maggio 1711: “(…) e però ho gusto di monte Mario e fate buona spesa à ingrandir S. Giovanni. E poi vorrei aver l’occhio al Popolo et intanto se vi pare vorrei cominciare à portar via qualche cosa di piccolo

d’ingresso sulla piazza e per l’edificazione di un piccolo edificio in prossimità del nuovo cancello180. Si tratta certamente del caffeaus della villa, espressamente menzionato nel testamento del principe del 1793181 e censito dal catasto urbano come “casa di delizie con corte”.182 Più o meno negli stessi anni, come già osservato, si procedette ad un totale riassetto dei giardini. L’intervento più rilevante riguarda l’area alle spalle del casino, un tempo occupata dal giardino segreto: al centro di un’area vagamente rettangolare conclusa da un’esedra appena accennata, viene realizzata una fontana circolare dalla quale si dipartono vialetti radiali. Questo disegno trova una significativa assonanza in una delle tavole del trattato di Dezailler D’Argenville, La

théorique et la pratique du jardinage, uno dei testi presenti nella biblioteca personale

del principe Benedetto.

Le trasformazioni settecentesche della villa, benché condizionate da una scarsa disponibilità di mezzi finanziari, assumono particolare rilievo in considerazione della personalità e della storia personale del principe. Nato nel 1734 dal matrimonio tra Girolamo Vincenzo e Anna Maria Ruspoli, nel 1757 divenne erede universale del fedecommesso183 e sposò, lo stesso anno, l’inglese Cecilia Mahony, figlia del conte James Joseph Mahony e di Lady Anne Clifford. La nobildonna, arcade con il nome di Rosinda Dircesia, dovette esercitare un ruolo non secondario nella vita artistica romana; soprattutto, sollecitò le frequentazioni internazionali del marito nel contesto della Roma cosmopolita del secondo Settecento.184 Il carattere ‘aggiornato’ della

180 ASR, Presidenza delle Strade, LP 1.2.1780; Memoriali, b. 206, n.89: “Paolo Geminelli capomastro

muratore di Sua Eccellenza il sig. Principe Benedetto Giustiniani (…) con il più umile ossequio la supplica di volerli concedere la solita licenza del filo, e suoi consueti aggetti, per la ristrutturazione delle mura, e nuova fabrica, che si fa edificare da detto sig. Principe nella Piazza di S. Giovanni prossima alla Scala Santa, avanti la sua villa”.

181

L’atto è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (ASR, Archivio Giustiniani, Busta 133). Alla pagina 323 dell’inventario allegato al testamento si legge: Dopo la descrizione di detto casino si andiede alli due caffeaos, esistenti accanto il portone maestro di detta villa”. Dall’inventario, come si vede, i caffeaos risulterebbero addirittura due, fatto che non si ricava dalla lettura delle lettere patenti. E’ probabile che il nuovo portone fosse inquadrato da due edifici gemelli, con funzione di caffeaos e di affaccio panoramico sulla piazza. In effetti i brogliardi del catasto urbano segnalano la presenza, accanto al cancello, di un secondo edificio (n. 290), definito però semplicemente come “casa con botteghe e corte”. Quanto agli ambienti dei due caffeaos, l’inventario vi registra la presenza di pochissimi e malandati arredi, segno, probabilmente, delle crescenti difficoltà economiche della famiglia. Nel giro di qualche anno la villa sarebbe stata ceduta alla famiglia Massimo.

182

ASR, Brogliardi del Catasto Urbano, Rione I – Monti, n. 291.

183

K. Hopf, Storia dei Giustiniani di Genova tradotta da A. Wolf, Genova, 1882.

184

cultura del principe trova un preciso riscontro nella sua biblioteca personale.185 Accanto ai consueti classici latini e greci compaiono infatti le Opere dell’Algarotti, il

Contratto Sociale di Rousseau edito ad Amsterdam nel 1762, le opere di Montesquieu

e di Voltaire. Vi sono poi la Storia Naturale di Buffon, i quattro tomi del Dictionnaire

philosophique de la Religion, e numerosi resoconti di viaggio, a cominciare dal Voyage au tour du Monde di Auson, edito a Parigi nel 1764. La rassegna dei volumi

contenuti nella biblioteca rivela interessanti presenze anche in relazione al tema della Natura, dei giardini e della cura della campagna. Oltre al citato La théorie et la

pratique du Jardinage, infatti, vi compare l’edizione del 1775 de La maison rustique, ou Economie génerale de la campagne, un testo largamente diffuso e concernente

l’efficace gestione del territorio agricolo. Un interesse che trova riscontro nella

Descrizione di Roma e dell’Agro Romano dell’Eschinardi186, nonché nelle opere del Pascoli187, tra gli intellettuali più impegnati nel corso del secolo nella promozione di un più razionale governo del territorio, a cominciare dall’agricoltura. Da ultimo, non può non destare interesse la presenza, in un quadro sorprendentemente povero di opere letterarie inglesi, del Paradiso perduto di Milton, che un’ampia letteratura ha riconosciuto come uno dei testi che maggiormente hanno favorito l’affermazione di un nuovo sentimento della natura188.

In questo contesto appare particolarmente significativa la scelta ‘conservatrice’ del principe Benedetto. Nonostante la consorte anglosassone e il carattere aggiornato della

185

L’inventario dei libri contenuti nella biblioteca del principe Giustiniani è già stato oggetto di studio da parte della Rolfi (Cfr., S. Rolfi, “La committenza. Da Mercanti a Principi: i Giustiniani a Roma” e “La collezione Giustiniani: storia e caratteri di una galleria romana” in: Il restauro di Palazzo

Giustiniani, a cura di A. Ippoliti, Roma, 2000, pp. 41-74 e 75-124). Il documento, conservato presso

l’Archivio di Stato di Roma (ASR, Archivio Giustiniani, Busta 133, pp. 202-235), è stato riesaminato dallo scrivente in relazione ai fini della presente ricerca.

186

Il principe possedeva l’edizione del 1750, che costituiva l’aggiornamento, curato da Ridolfino Venuti, del testo pubblicato dall’Eschinardi nel 1696. L’interesse di questa edizione risiede nel carattere ‘aggiornato’ delle idee del curatore che, nel deplorare lo stato in cui versava la campagna romana, sollecitava l’applicazione di più moderni e razionali criteri di gestione. Dopo aver censito nell’Agro 411 tenute e svolto alcune considerazioni sui criteri di misurazione, il Venuti rifletteva in questi termini sulle

propria cultura, infatti, Benedetto opterà per una sistemazione più in linea con la tradizione romana.189

Nelle due immagini, la villa nelle piante del Falda (1676) e del Nolli (1748)

189

Non si può non osservare, tuttavia, che una scelta ‘conservatrice’ consentiva un minor dispendio economico rispetto alla creazione di un giardino all’inglese, che avrebbe comportato, tra l’altro, una

Qui sopra, la Villa Giustiniani nei rilievi del Catasto Urbano. In basso, una tavola del trattato di D’Argenville, probabile modello per il disegno dei giardini