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La villa Sacripanti sorgeva nelle immediate vicinanze della porta S. Lorenzo, lungo la strada che da questa conduceva verso la chiesa di S. Eusebio. Confinava verso ovest con la vigna dei Celestini di S. Eusebio, mentre verso est e lungo il lato meridionale era delimitata dalla strada che da porta S. Lorenzo si dirigeva alla chiesa di Santa Bibiana. All’interno di questo perimetro, di forma vagamente pentagonale, si sviluppava un sistema di lunghi viali alberati che attraversavano l’intera proprietà. Fulcro del complesso era il casino, costruito all’interno di un ‘teatro di verzura’ circolare realizzato all’incrocio di due viali alberati. Da questo ‘teatro’ partivano poi alcuni vialetti minori, diretti verso i confini della villa; due di questi erano interrotti, verso la metà del percorso, da una piazzola con fontana. Questo schema, anche se nella villa appare notevolmente semplificato, sembra trovare una corrispondenza con una delle tavole del trattato di D’Argenville in cui compare un analogo impianto radiale con i vialetti interrotti da piccoli cabinet con fontana106. Sulla base del rilievo del Nolli si direbbe che il casino doveva essere costituito da un corpo di fabbrica a pianta rettangolare attraversato da un atrio passante, posto in asse con il principale dei viali del giardino107. Non è rilevata, invece, la presenza di parterres.

La villa compare per la prima volta nella pianta del Nolli del 1748, mentre non appare nel Falda, non solo nella ‘Pianta Grande’ del 1676, ma anche nei successivi aggiornamenti del 1697, del 1705 e del 1730. Queste considerazioni non autorizzano però ad affermare che la villa possa essere stata realizzata tra il 1730 e il 1748. Nell’elenco di ville e giardini compilato dal Bernardini in occasione del riordino dei rioni del 1744 egli cita la “Villa Sacripanti, prima Nunez, presso porta S. Lorenzo”.108 In effetti, come villa Nunez compare in una lettera patente datata 5 maggio 1716, quando il marchese Prospero Nunez fu autorizzato a ricostruire il muro di recinzione della villa109. Questo documento costituisce la prima informazione circa l’esistenza della villa, costituendo un sicuro terminus ante quem per la sua costruzione. Difficile è

106 Dezailler D’Argenville, La théorie et la pratique du Jardinage, La Haye, 1739. 107

La Belli Barsali, invece, aveva interpretato il rilievo del Nolli come due palazzine gemelle (I. Belli Barsali, Le Ville di Roma, Milano, Rusconi, 1970, p.). Per quanto non si possa escludere che modifiche di rilievo possono essere intervenute nella seconda metà del Settecento, l’ipotesi dell’edificio unico

stabilire se si tratti di una realizzazione tardo-seicentesca o di primo Settecento. Si può solo osservare che, mentre il rione Monti è caratterizzato sin dal Cinquecento dalla presenza di prestigiosi insediamenti aristocratici, l’area più prossima alle mura sembra ‘strutturarsi’ in senso monumentale nella prima metà del Settecento. La villa è indicata come Nunez dal Valesio ancora nel 1726, quando vi registra una passeggiata del pontefice110. Questa testimonianza restringe ulteriormente il periodo (1726-1744) durante il quale deve essere avvenuto il passaggio ai Sacripanti. Altrettanto difficile è determinare se l’assetto del complesso rilevato dal Nolli risalga all’epoca Nunez, o sia dovuto ai nuovi proprietari, che proprio all’inizio del XVIII si affacciano con accresciuto prestigio sulla scena romana. Alla metà degli anni Novanta del Seicento risale, infatti, la nomina a cardinale di Giuseppe Sacripanti, originario di Narni, già avvocato del Concistoro111. Un altro membro della famiglia, l’avvocato Filippo, risulta essere dal 1700 ‘ministro nella corte di Roma’ del principe vescovo di Salisburgo, Monsignor di Thun. In questa veste, come testimonia un carteggio conservato presso l’Archivio di Stato, seguirà la realizzazione della scultura di Sant’Andrea compiuta da Camillo Rusconi per la Basilica di San Giovanni in Laterano, finanziata proprio dal vescovo di Salisburgo112. Nel 1738 un altro membro della famiglia, Carlo Maria, nipote di Giuseppe ed arcade acclamato col nome di Lamisto Easio, ottenne la porpora113. L’acquisto della villa si inserisce, dunque, in un preciso programma di

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F. Valesio, Diario di Roma, Vol. IV, pp.705-6.

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Nato a Narni il 19 marzo 1642, fu avviato agli studi di giurisprudenza in Roma presso il prelato Girolamo Priuli, uditore di rota. L’esperienza acquisita patrocinando nel foro ne fece presto uno dei più stimanti avvocati della curia. Avvocato concistoriale dal 1683, nel 1695 venne creato da Innocenzo XII cardinale prete del titolo di S.ta Matia in Traspontina. Membro di numerose congregazioni e prefetto, in particolare, di quelle di Propaganda e del Concilio, venna nominato da Clemente XI Prodatario, carica che esercitò per ben quattro lustri. Morì a Roma nel 1727 e fu sepolto nella propria cappella in S. Ignazio. (G. Moroni, Dizionario di Erudizione Storico Ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emiliana, 1853, Vol. LX, pp. 169-170).

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ASR, Miscellanea Famiglie, busta 155/ 4-5. Dall’insieme delle missive si apprende che il principe- vescovo aveva stanziato complessivamente la somma di 5000 scudi. In qualità di agente il Sacripanti si

committenze volte ad esprimere il nuovo rango della famiglia. Un primo segnale in tal senso fu l’acquisto, nel 1709, della cappella di S. Luigi Gonzaga in S. Ignazio, riconfigurata come cappella gentilizia ad opera dell’architetto Nicola Michetti a partire dal 1712 e nuovamente intitolata a S. Giuseppe, eponimo del cardinale114. Sebbene nulla, al momento, autorizzi a ipotizzare un qualche intervento del Michetti nella villa di Porta San Lorenzo dopo il suo acquisto da parte dei Sacripanti, appare comunque interessante osservare che il rapporto tra la famiglia e l’architetto fu intenso e protratto nel tempo115 e che lo stesso Michetti ebbe modo, in più occasioni, di occuparsi della sistemazione di ville116. La residenza urbana della famiglia era costituita invece da un

veda A. M. Giorgetti Vichi, Gli Arcadi dal 1690 al 1800 – Onomasticon, Roma, Arcadia, 1977). Era membro dell’Arcadia anche un altro membro della famiglia, Giacinto, col nome di Alandro Pellenio.

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J. A. Pinto, An early design by Nicola Michetti: the Sacripante Chapel in the Roman Church of S.

Ignazio, in: "Journal of the society of Architectural Historians", XXXVIII, 1979, pp. 375-381. Nella

cappella, la pala d’altare, rappresentante la Morte di San Giuseppe, fu dipinta da Francecso Trevisani. Le altre opere sono dovute a Giuseppe Chiari e a Luigi Garzi. Si tratta, peraltro, degli stessi pittori presenti nella collezione del cardinale, il cui inventario, attualmente in corso di trascrizione ad opera dello scrivente, è conservato presso l’Archivio di Stato (ASR, Trenta Notai Capitolini, off. 27, vol. 293, pp.61 sgg., Notaio Franciscus Cimarronus). Il testamento, aperto il 4 gennaio 1727, offre sin dalle prime righe preziose indicazioni circa i rapporti –e i relativi obblighi di riconoscenza- intrattenuti dal cardinale con Papa Albani ed altri grandi personaggi dell’epoca. A Clemente XI, che nel frattempo è deceduto, viene lasciato come segno di ringraziamento per la nomina a Prodatario e Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide “il migliore dei miei quadri, cioè quello di S. Andrea Apostolo dipinto dal celebre pittore Carlo Maratta”, mentre al nipote del pontefice, Don Annibale Albani, viene destinato “un quadro di palmi nove, e sette del martirio di S. Giuseppe, dipinto da Francesco Trivisani (sic!)”. Interessante appare anche il lascito ai nipoti di “una croce con un grande zaffiro e diversi diamanti maggiori, e minori donatami dalla fu regina Casimira di Polonia, et un ritratto tempestato di diamanti donato dal Serenissimo Sig. Duca di Parma in occasione del battesimo di Gio. Francesco mio nipote…” celebrato il 25 febbraio 1720.

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Nicola Michetti (Roma, circa 1675 – ivi, 1758) aveva esordito come pittore, realizzando scene prospettiche. Negli anni immediatamente precedenti al rapporto coi Sacripanti era stato al servizio, in qualità di pittore e architetto, del cardinale Ottoboni, risiedendo nel palazzo del porporato insieme allo Juvarra e ricevendo uno stipendio mensile. I rapporti tra Michetti e il cardinale Sacripanti non si limitarono all’intervento in Sant’Ignazio: nel 1712 realizza opere per la famiglia a Narni, tra cui la nuova fabbrica per i panni di lana, mentre nel 1713 risulta architetto della Dataria, proprio grazie all’interessamento del cardinale Sacripanti. Nel 1714 è architetto dell’Ospizio Apostolico, nomina per la quale risulta determinante, ancora una volta, l’intercessione del Sacripanti, uno dei tre cardinali protettori dell’Ospizio, che ne appoggia la candidatura in quanto “suo architetto”, giovane di Carlo Fontana e “huomo molto esperto…e di gran rispetto”. (Queste notizie, come quelle che seguono, sono tratte dalla scheda curata da G. Curcio in : In Urbe Architectus. Modelli, Disegni, Misure. La professione

dell'architetto. Roma 1680-1750, a cura di B. Contardi e G. Curcio, Roma, Argos, 1991, pp. 401-404).

Su commissione dello stesso cardinale, titolare della chiesa di Santa Maria in Traspontina, progetta nel 1715 l’Oratorio della Dottrina Cristiana, donato dal cardinale ai Carmelitani. Dal 1724 al 1755 è documentato come architetto di S. Ivo alla Sapienza, il cui rettore sino al 1728, è Carlo Sacripanti, nipote del cardinale Giuseppe. In questa veste segue, tra l’altro, nel 1743, i lavori al Casino de’Semplici presso l’Orto Botanico. Nel 1728 risulta anche architetto della Congregazione di Propaganda Fide, di cui il cardinale Sacripanti è prefetto. Nel 1730 succede a Raguzzini come architetto misuratore della R.C.A.; il breve di nomina è indirizzato da Clemente XII al Tesoriere Generale, Carlo Sacripanti.

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palazzetto che sorgeva nell’area dell’attuale via Zanardelli, indicato nella pianta del Nolli col numero 529. Così lo descrive il Rossini nell’edizione del 1776 del Mercurio Errante: "Passandosi dalla detta chiesa per il vicolo incontro alla piazzetta detta Fiammetta vi si vede il bel Palazzo già de'Signori Corsini, oggi del Marchese Sagripante, edificato con disegno di Bartolomeo Ammannati Fiorentino celebre Architetto, e Scultore".117 Non sappiamo se la famiglia, al momento dell’acquisto, abbia intrapreso lavori di trasformazione del palazzo, dal momento che il primo intervento documentato dalle lettere patenti è piuttosto tardo.118 In ogni caso, tra i fattori che devono aver orientato la scelta della famiglia nell’acquisizione del palazzo, un certo peso fu certamente esercitato, oltre che dal prestigio del celebre architetto, anche dal rango dei più recenti proprietari, la famiglia Corsini. Si potrebbe addirittura leggere, in questa scelta, il desiderio di sottolineare i rapporti della famiglia con i Corsini, dal momento che proprio Clemente XII aveva attribuito la porpora a Carlo Sacripanti. Sempre dalla pianta del Nolli apprendiamo che la famiglia possedeva una seconda villa fuori Porta Portese. Benché il rilievo del Nolli non la ritragga completamente, si intuisce che il complesso aveva una forma irregolarmente trapezoidale: uno dei lati maggiori era affacciato sul Tevere, mentre sul lato corto, rivolto verso la città, si apriva il portale d’ingresso. Questo immetteva su uno spazio circolare dal quale partiva il lungo viale che attraversava la proprietà.

All’inizio dell’Ottocento, secondo quanto registra il brogliardo del Catasto Urbano, la villa a Porta San Lorenzo appartiene ancora alla famiglia Sacripanti, anche se è ormai prevalso l’uso agricolo dell’intera chiusa. Il sistema dei viali è ancora parzialmente leggibile, ma l’area caratterizzata dalla presenza delle due fontane è ormai registrata come ‘orto adacquativo’, mentre il casino, che pur doveva avere una aspetto più che decoroso, viene semplicemente menzionato come ‘casa ad uso della vigna’.119

Un’immagine di Villa Sacripanti tratta dalla pianta del Nolli del 1748. Qui sotto: l’assetto della chiusa rilevato dal Catasto Urbano.