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I vincoli del sistema italiano

Nel documento LE AZIONI CORRELATE (pagine 97-101)

EMITTENTE AZIONI CORRELATE

3.2 I vincoli del sistema italiano

L’individuazione di una disciplina per i rapporti tra azionisti correlati e azionisti ordinari, e più in generale tra diverse classi di azionisti, è una questione che non trova una soluzione agevole nemmeno all’interno dell’ordinamento societario nazionale. Si parta dall’assunto tale per cui, a differenza del sistema statunitense, i diritti dei soci correlati (così come i diritti di tutti i soci di categoria), non sono e non possono essere affidati alla mera discrezionalità dell’organo amministrativo.

100 L’osservazione ovviamente non si estende al modello delle subsidiary shares,

perle quali l’autonomia giuridica dell’ente ai cui risultati le azioni sono correlate, implicala presenza di autonomi organi di gestione, amministrazione e controllo: sul tema, molto importante e significativa è la riflessione di P. F. Mondini in “Le azioni correlate”, cit., p. 120 e ss.

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Così, V. Minervini, “Cronache”, cit., p. 894

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La qualificazione indubbia delle azioni correlate come categoria speciale103 ci impone di indagare se, l’assetto normativo previsto in via generale dal Legislatore, per la composizione degli interessi in una società con pluralità di categorie di azioni, costituisca una soluzione adeguata anche per quanto concerne le problematiche che stiamo esaminando.

La disciplina s’incentra sulla previsione di un particolare iter procedimentale di formazione della volontà per l’approvazione delle delibere della società emittente che determinano un pregiudizio dei diritti di una delle categorie: in tali ipotesi l’ordinamento ha subordinato all’approvazione degli appartenenti alla categoria lesa, riuniti in assemblea speciale, l’efficacia della decisione dall’assemblea generale.

Si tratta di una disciplina, che si concreta in un sistema di risoluzione dei conflitti operante solo quando essi afferiscono al piano della modificazione delle posizioni partecipative degli azionisti.

L’ordinamento, con una tecnica avvicinabile a schemi di matrice eminentemente contrattuale, sottrae alle regole del codice societario, nonché alla esclusiva competenza dell’assemblea

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Depongono in tal senso, sia la significativa collocazione delle disposizioni dell’art 2350, comma 2 e 3 c.c., che sono in rapporto di eccezione rispetto alla regola generale per l’attribuzione dei diritti patrimoniali, secondo uno schema espositivo ripetuto dall’art. seguente per le categorie speciali di azioni, sotto il profilo dei diritti amministrativi (primo e secondo comma dell’art 2351 c.c.); sia il disposto letterale circa la “conversione in azioni di altra categoria”, che altrimenti sarebbe

incomprensibile. Il dato, nella dottrina italiana è assolutamente pacifico, vedi ad esempio quanto affermato da Cottino in “Diritto societario” cit., p.285 o da Presti – Rescigno in “Corso di diritto commerciale”, vol. 2.; soprattutto alla luce del recente orientamento dottrinale che, specie in conseguenza della riforma societaria, estende in modo significativo il concetto di categoria di azioni, fino a ricomprendere qualsiasi modificazione rispetto all’assetto legale previsto, anche non inerente al contenuto della partecipazione.

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generale, la disponibilità dei diritti della categoria indicati nello statuto104, assegnando ai titolari un potere di determinazione concorrente e quindi di autonoma valutazione della conformità della delibera rispetto all’interesse proprio.

Tutto questo viene elevato a valore della organizzazione e nell’eventualità di un conflitto con l’interesse più propriamente sociale, non assume carattere recessivo.

Siamo in presenza di uno schema elementare di soluzione dei conflitti il quale, però, opera solo nel limite negativo della immodificabilità in peius della posizione partecipativa da parte dei non titolari.

L’assemblea speciale, come espressione del gruppo di soggetti da cui è composta, si attiva infatti, solo in caso di corrispondenza di una delibera dell’assemblea generale, assunta in sede straordinaria105, foriera di un potenziale pregiudizio per la categoria: non basta quindi un qualsiasi atto pregiudizievole degli organi, è necessario che tale atto sia proveniente da altri soci.

Le altre competenza legali dell’assemblea speciale, previste per la sola ipotesi delle società quotate, quali ad esempio quelle attinenti al rapporto organico con il rappresentante comune o alla soluzione transattiva delle controversie tra società e soci di

104 In tal senso Mingoli in “ Le assemblee”, cit., p.181: il diritto speciale della

categoria, esula dagli schemi egualitari del moderno diritto azionario e quindi sfugge, per definizione, al potere della società, deliberante a maggioranza.

105 È opinione unanime che le delibere dell’assemblea generale pregiudizievoli ai

sensi dell’art. 2376 c.c., possano essere solo quelle aventi ad oggetto una modifica statutaria e quindi, di competenza dell’assemblea straordinaria: sul punto, è molto importante l’opera di Mignoli “ Le assemblee” cit., p. 210 e ss.

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categoria, hanno una rilevanza solo marginale e non spostano i termini della questione.

Casomai è più complesso capire quale sia il ruolo del rappresentante comune nel nuovo ambito applicativo, e come possa concretizzarsi la tutela degli interessi degli azionisti che la legge, anche a mezzo di un rinvio all’autonomia statutaria gli attribuisce; fino ad ora è tuttavia chiaro, che tale figura, resta estranea, sotto ogni profilo, alla governance dell’impresa.

I suoi poteri di controllo sono limitati al solo ambito assembleare, cui sono progressivamente state sottratte le attribuzione in ordine alla gestione dell’impresa sociale ed i suoi poteri d’informazione, non sembrano affatto particolarmente incisivi106, seppur ampliati rispetto all’originaria formulazione. Contro tali vincoli normativi si scontra quindi inevitabilmente, ogni tentativo messo in campo dalla dottrina, di assicurare una tutela che sia realmente effettiva, agli azionisti correlati ( o comunque agli azionisti speciali in generale) tramite la valorizzazione delle funzioni effettive del rappresentante, anche per via statutaria107.

106 Art. 147 t.u.f., comma 4 :la disposizione, che rinvia all’atto costitutivo per la

“determinazione delle modalità per assicurare un’adeguata informazione al rappresentante comune sulle operazioni societarie che possano influenzare l’andamento delle quotazioni delle azioni di categoria”, sembra troppo generica per poter garantire un’effettiva tutela della categoria, almeno sul piano informativo. La formulazione della disposizione consente infatti, interpretazioni che, riducono il rappresentante comune ad un ruolo meramente passivo, quale destinatario delle altrui comunicazioni; basti segnalare il fatto che, non è stato chiarito se le

comunicazioni debbano essere preventive rispetto alle decisioni (ipotesi sostenuta da De Chiara), ovvero meramente tempestive (ipotesi sostenuta da Chiappetta); in tal senso P. F. Mondini in “Le azioni correlate”, cit., p. 142 e nt. 51.

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Forti dubbi sussistono riguardo alla legittimità dell’attribuzione al rappresentante comune di funzioni o poteri non spettanti ordinariamente ai soci e che comunque deve ritenersi inammissibile una “estensione dei poteri che entri in conflitto con la normativa inderogabile dettata dal legislatore in ordine alla struttura organizzativa ed all’assetto di poteri della società per azioni, nonché con il principio della riservatezza e dell’efficiente svolgimento dei processi deliberativi: in tal senso

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3.3 Inadeguatezza degli strumenti di tutela della

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