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vincolo è soggetta ad un termine temporale di cinque anni.

Nel documento L’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (pagine 134-136)

aree, tranne i casi di affidamenti qualificati.”. E ancora: “La presentazione di osservazioni dei privati, costituente una forma di apporto critico o collaborativo nel procedimento di formazione del Piano Regolatore, difatti non muta l'ambito e l'estensione dell'obbligo di motivazione, né comporta l'esigenza di un'analitica confutazione con riferimento alle singole situazioni evidenziate dai privati, anche di sacrificio, essendo al contrario sufficiente che le rispettive osservazioni siano state esaminate e ritenute, sia pure succintamente e collettivamente, in contrasto con le linee guida del piano e con gli interessi pubblici che richiedano il sacrificio di tali contrapposti interessi privati coinvolti” (conformi anche Cons. Stato, sez. IV, n. 3449 del 12 giugno 2012; n. 3263 del 31 maggio 2012; n. 2836 del 17 maggio 2012, n. 6049 del 16 novembre 2011; n. 9006 del 29 dicembre 2009, in Giornale Dir. Amm., 2010, 3, p.281, comento di CARBONE Luigi, LO MEO Luciana,

Intervento sostitutivo regionale in caso di mancata adozione del P.R.G. da parte del Comune). In

virtù dell’art. 11 del Testo Unico, tuttavia, l’onere motivazionale della p.a., quanto meno con riferimento alle prescrizioni impositive di vincoli preordinati all’esproprio, andrebbe inteso nel senso di assicurare una più approfondita valutazione delle scelte della p.a.. Pertanto, quando le osservazioni riguardino i vincoli preordinati all’esproprio e siano formulate dai titolari dei beni vincolati, l’autorità urbanistica dovrebbe essere comunque chiamata a pronunciarsi motivatamente sulle osservazioni degli interessati (così MARUOTTI Luigi, Art. 11, in Caringella Francesco- De Marzo Giuseppe - De Nictolis Rosanna - Maruotti Luigi, L’espropriazione per pubblica utilità, Milano, 2003, pp.141-142).

231 L’avviso di avvio del procedimento è indefettibile (art. 11, comma 1, lett. a)) nel caso di

adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica (o opera privata di pubblica utilità), e nel caso di intese, accordi di programma o altri atti, adottati ai sensi dell’art. 10, comma 1 (art. 11, comma 1, lett. b)).

232 Va rimarcato che il principio, generale ed inderogabile, per cui al privato proprietario di un'area

destinata all'espropriazione, siccome interessata dalla realizzazione di un'opera pubblica, deve essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l’amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima ancora che intervengano dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, progetto definitivo, era già stato affermato dalla giurisprudenza amministrativa prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327/2001 (cfr. Cons. di Stato, Ad. Pl., 20 dicembre 2002, n. 8, in Giornale Dir. Amm., 2003, 5, p.485, con nota di MAZZARELLI Valeria, tempestività dell’appello, localizzazioni e risarcimento senza annullamento: aspettando

Godot (o è arrivato?); Cons. di Stato, 24 gennaio 2000, n. 2, in Urb. e app., 2000, 3, p.271, con

nota di CARINGELLA Francesco, Al vaglio del consiglio di Stato i rapporti tra legge 241/90 e

proroga della dichiarazione di pubblica utilità; Cons. di Stato, 15 settembre 1999, n. 14, in Giur. It., 2000, 2, con nota di VERZARO Silvia, Il principio del «giusto procedimento» nelle procedure di esproprioe in Corriere Giur., 1999, 11, 1342, a cura di CARBONE Luigi, Occupazione d'urgenza e avviso di avvio del procedimento). Più recentemente cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 09

dicembre 2010, n. 8688 e Cons. di Stato, sez. IV, del 2 luglio 2013, n. 4230, consultabili su

www.giustizia-amministrativa.it.

233 Il riferimento è alle sentenze della Corte Costituzionale del 1960 e del 1999, in tema di vincoli

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ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge 1150 del 1942 (cd. Legge urbanistica) nella parte in cui prevedeva la possibilità di apposizione di vincoli preordinati all’esproprio a tempo indeterminato e senza indennizzo, osservando che tali vincoli si appalesavano contrari al sistema di tutela della proprietà disegnato dall’art. 42 della Cost.: difatti “I vincoli di cui ai nn. 2, 3 e 4 dell'art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sono immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato. Viene pertanto a determinarsi un distacco fra l'operatività immediata dei vincoli previsti dal piano regolatore generale ed il conseguimento di risultati finali del piano stesso, che sono dilazionati a data incerta, imprevista ed imprevedibile nel suo verificarsi. Peraltro, nel sistema della legge, non è di regola previsto indennizzo per nessuno dei detti vincoli, né, in particolare, nel caso di trasferimenti coattivi, per il vincolo di immodificabilità cui il proprietario è tenuto a sottostare per il tempo illimitato durante il quale rimarrà in attesa del trasferimento”. Il legislatore sarebbe successivamente intervenuto introducendo con legge n. 1187 del 1968, art. 2, un termine di efficacia del vincolo preordinato all’esproprio (cinque anni), spirato il quale il procedimento di esproprio doveva considerarsi caducato. Con successiva sentenza Corte cost. del 20 maggio 1999, n. 179, la Consulta si occupò della prassi delle pp.aa. di reiterare i vincoli espropriativi dopo la scadenza del periodo di efficacia, affermando che “La reiterazione in via amministrativa di vincoli decaduti (preordinati all'espropriazione o con carattere sostanzialmente espropriativo), ovvero la proroga in via legislativa o la particolare durata dei vincoli stessi prevista in alcune regioni a statuto speciale non sono fenomeni di per sé inammissibili dal punto di vista costituzionale; tuttavia assumono certamente carattere patologico quando vi sia una indefinita reiterazione o una proroga "sine die" o all'infinito (attraverso la reiterazione di proroghe a tempo determinato che si ripetono aggiungendosi le une alle altre), o quando il limite temporale sia indeterminato, cioè non sia certo, preciso e sicuro e, quindi, anche non contenuto in termini di ragionevolezza. Ciò ovviamente in assenza di previsione alternativa dell'indennizzo, e fermo, beninteso, che l'obbligo dell'indennizzo opera una volta superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge (periodo di franchigia). Negli anzidetti casi, la mancata previsione di qualsiasi indennizzo si pone in contrasto con i principi costituzionali ricavabili dall'art. 42 comma 3 Cost., e di conseguenza ne deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale. Pertanto l'obbligo specifico di indennizzo deve sorgere una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea (a sua volta preceduto da un periodo di regime di salvaguardia) del vincolo (o di proroga per legge in regime transitorio), quale determinata dal legislatore entro limiti non irragionevoli, come indice della normale sopportabilità del peso gravante in modo particolare sul singolo, qualora non sia intervenuta l'espropriazione ovvero non siano approvati i piani attuativi. …... Spetta al legislatore determinare la disciplina dell'indennizzo, considerato che il sacrificio subito dal proprietario consiste, soprattutto nella ridotta utilizzazione del bene rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo”. L’indirizzo così espresso è stato successivamente riconfermato da Corte cost. del 18 dicembre 2001, n. 411 (in Giur. Costit., 2001, f. 6; in Riv. Giur. Edil., 2002, I, p.31; in Giust. Civ., 2002, I, p.276; in Foro It., 2002, I, p.2252; in Urb. e app., 2002, 2, p.185; in Corriere Giur., 2002, 2, p. 231, a cura di FELICETTI Francesco e SAN GIORGIO Maria Rosaria, Reiterazione dei

vincoli preordinati all'espropriazione).

La sollecitazione dei giudici costituzionali è stata raccolta dai compilatori del Testo Unico delle espropriazioni nell’art. 39, che positivizzando quanto statuito dalla Corte costituzionale del 1999, dispone l’obbligo di indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio o sostanzialmente espropriativo, stabilendo che la somma da corrispondere deve essere commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto, con riguardo alle condizioni del bene ed alla sua utilità al momento della reiterazione. Il diritto all’indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio è stato ancora oggetto di una pronuncia della Corte cost., del 20 luglio 2007, n. 314 (in Urb. e app., 2007, 10, p.1211; in Corriere Giur., 2008, 3, p.339, con nota di MARZANO Laura, Incostituzionalità della legge-provvedimento che si traduca in una

reiterazione non procedimentalizzata dei vincoli espropriativi). La Consulta è stata chiamata a

pronunciarsi sull’art. 10, comma 9, della L.R. 13 agosto 1998, n. 16, Regione Campania, e sull’art. 77, comma 2, della L.R. 11 agosto 2001, n. 10, Regione Campania, con cui erano prorogati per un triennio i piani regolatori dei nuclei e delle aree industriali già scaduti rilevato che la proroga (rectius il rinnovo) dei vincoli era intervenuta senza una qualsivoglia valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, sulla base della sola necessità da parte della pubblica amministrazione di disporre della proprietà privata per realizzare un progetto di interesse generale, e in difetto di

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