• Non ci sono risultati.

La violazione delle ceneri paterne

Capitolo V ORAZIO sat 1.3.115 ss e ars 470 ss.:TRA IUS SACRUM E IUS CIVILE

10. La violazione delle ceneri paterne

Quanto alla violazione delle ceneri paterne (minxerit in patrios cineres)676 giova, anzitutto, soffermarsi, in generale, sul tema della sacralità delle ceneri.

Nel mondo antico le ceneri (paterne e/o materne) – che costituivano oggetto di culto e simbolo del sepolcro avito – erano, per lo più, evocate per giuramenti e glorificazioni.

Ma le ceneri potevano essere altresì intese come correlate alle res religiosae, cioè alle cose dedicate agli dei Mani (Gai 2.4: ...religiosae, quae diis Manibus relictae sunt).

Volterra, infatti, proprio nell’ambito della trattazione delle res religiosae, ha evidenziato chiaramente come un terreno diventasse religioso, e quindi extra commercium, senza bisogno di alcuna formalità, bensì per il semplice fatto che il proprietario che ne avesse diritto vi seppellisse un cadavere umano o le ceneri di esso677: nel periodo antico si può supporre pertanto che la sepoltura di un cadavere (o delle sue ceneri) rendesse il luogo religioso, separato quindi rispetto al mondo dei viventi678.

676 Cfr. C. O. BRINK, Horace on poetry. The Ars Poetica, Cambridge 1971, 429, parla di «violation of graves» e

sostiene che il senso del passo «accomodates an occasional lowering of verbal propriety» come Pers. 1.113-114 pueri, sacer est locus, extra / miite e Juv. 1.131 cuius ad effigiem non tantum meiiere fas est. Cfr. FEDELI, Quinto Orazio Flacco, Le opere, II.4 cit., 1611, rispetto ai vv. 470-471 parla di «delitti orrendi perché accomunati dal sacrilegio». In particolare egli rileva come l’espressione minxerit in patrios cineres richiami il delitto di profanazione della tomba paterna.

677 VOLTERRA, Istituzioni cit., 275.

678 Ringrazio sentitamente il Prof. Sini per tutte le delucidazioni in merito al tema in esame e per le fonti che

cortesemente mi ha indicato al riguardo, che riporto qui di seguito. Le fonti medesime ribadiscono la necessità di offrire sepoltura alle spoglie umane, anche se solo simbolica (Ps. Quint. Declamationes XIX maiores 5, 6: Hinc et ille venit affectus, quod ignotis cadaveribus humum <in>gerimus, et insepultum quodlibet corpus nulla festinatio tam rapida transcurrit, ut non quantulocumque veneretur aggestu; Horat. carm. 1, 20, 23-25: At tu, nauta, vagae ne parce malignus harenae / ossibus et capiti inhumato / particulam dare; Petr., sat. 114, 11: ‘si nihil aliud, certe diutius’ inquit ‘iuncta nos mors feret, vel si voluerit <mare> misericors ad idem litus expellere, aut praeteriens aliquis tralaticia humanitate lapidabit, aut quod ultimum est iratis etiam fluctibus, imprudens harena componet’. Vd. anche Plaut., most. 500-504: Deceptus sum: hospes hic me necavit, isque me / Defodit insepultum clam [ibidem] in hisce aedibus, / Scelestus, auri causa. / Nunc tu hinc emigra: / Scelestae hae sunt aedes, impiast habitatio). L’inumazione appare completata da una serie di adempimenti liturgici codificati dalla disciplina pontificale (Cic. leg. 2, 55: Iam tanta religio est sepulchrum, ut extra sacra et gentem inferri fas negent esse). Con il tempo, si precisarono le peculiarità dei luoghi che non potevano divenire religiosi nonostante l’inumazione. La regolamentazione dei riti funebri da parte del diritto pontificale, era scrupolosa in quanto deorum Manium iura sancta sunto (Cic. leg. 2, 22), e proprio tale diritto doveva preservare la sanctitudo delle sepolture.

Ora, alle ceneri avite si riferiscono, fra gli altri, Properzio, Orazio e Seneca il Vecchio, in contesti diversi fra loro679.

Osserviamo, quindi, Prop. 2.20.15-16: Ossa tibi iuro per matris et ossa parentis / (si fallo,

cinis heu sit mihi uterque gravis!) / me tibi ad extremas mansurum, vita, tenebras. Qui il poeta

promette amore eterno nei confronti di Cinzia, giurando sulle ossa di sua madre, di suo padre e sulle loro ceneri.

In Hor. carm. 2.8.9-10: Expedit matris cineris opertos / fallere680 il poeta, nel riferirsi alla spergiura Barine681, afferma che alla medesima giova perfino farsi beffa delle ceneri sepolte di sua madre.

Infine, in Sen. Rhet. contr. 7 praef. 7: Placet, inquit, tibi rem iureiurando transigi? Iura, sed

ego ius iurandum mandabo: iura per patris cineres, qui inconditi sunt, iura per patris memoriam l’autore, in un processo davanti ai centumviri, fa chiedere ad Albuzio di giurare

solennemente - nei confronti di Arrunzio - sulle ceneri del padre (che ha lasciato insepolte) e cioè sulla sua memoria.

Nei passi considerati è chiaro che le ceneri richiamate vengano ritenute oggetto e simbolo meritevole di deferenza e rispetto; come s’è visto, in Properzio esse rappresentano il mezzo più significativo per giurare amore alla donna amata; in Orazio le ceneri sono evocate al fine di valorizzare l’atteggiamento ingiurioso di Barine; da ultimo, in Seneca, vengono addirittura richiamate in ambito processuale, come oggetto di un giuramento.

Vediamo, a questo punto, alcuni luoghi ove essa vengono glorificate.

679 Sulle ceneri paterne mi limito a citare i riferimenti evidenziati nella letteratura in questa sede citata. Vd,

tuttavia anche Virg. Aen. 4.427: nec patris Anchisae cinerem Manesve revelli ove Didone afferma di non aver violato le ceneri e i Mani del padre (di Enea) Anchise. Il passo mi sembra da collegare, in qualche modo (quanto meno per la ripetizione dei termini in esame), con il v. 34 del medesimo libro dove Anna, dopo aver invitato la sorella a non sentirsi in colpa per essersi innamorata di un altro (vd v. 19 ove Didone parla di peccato: culpa per il tradimento della fides maritalis), le chiede (in forma retorica, a me pare) id cinerem aut Manis credis curare sepultos?

680 Vd. R. G. M. NISBET, M. HUBBARD (cur.), A commentary on Horace Odes, Book II cit., 128, i quali, in

riferimento al giuramento oraziano sulle ceneri materne afferma che «a man would have sworn by his father’s ashes (Propertius – 2.20.15 cit. – is eccentric to mention both parents); a courtesan naturally concentrates on her mother, who may be the only parent she knows». Cfr. anche E. ROMANO,Q. Orazio Flacco, Le opere: Le odi, Il Carme secolare, Gli Epodi, I.2, 664, evidenzia che fallere è un tecnicismo giuridico-sacrale (vd. la formula si sciens fallo) che indica la violazione del giuramento e rinvia a Liv. 2.45.13 e Virg. Aen. 6.324.

681 Vd. ROMANO, Q. Orazio Flacco, Le opere, I.2 cit., 663, sottolinea come l’ode sia incentrata interamente

sulla sulla figura di Barine come donna spergiura. Si noti, inoltre, anche in quest’ode sono rievocati termini giuridici: vd. v. 5-6 obligasti...votis caput.

In Virg. Aen. 5.77-81: hic duo rite mero libans carchesia Baccho / fundit humi, duo lacte novo,

duo sanguine sacro, / purpureos que iacit flores ac talia fatur: / 'salve, sancte parens: iterum salvete, recepti / nequiquam cineres animae que umbrae que paternae! si fa riferimento ad

una cerimonia solenne nella quale vengono richiamate le ceneri, l’ombra e l’anima di Anchise. Il contesto del passo mi sembra di qualche interesse: Enea giunge in Sicilia dove è sepolto suo padre, il giorno dell’anniversario della sua morte. L’eroe, davanti all’assemblea degli uomini, annuncia dunque un sacrificio in onore di Anchise ed esclama «salve santo genitore, di nuovo salve ceneri ritrovate invano, anima e ombra del padre»682 (v. 80-81). Si verifica poi un

prodigium683: durante il discorso commemorativo di Enea, un serpente striscia sotto l’altare (v.

85-87): è il segno della presenza di Anchise. A questo punto si rinnovano, con maggior vigore, le onoranze al genitore (v. 94): Enea uccide, secondo il rito, una coppia di bidenti (caedit binas

de more bidentis v. 96). Il rito si è compiuto.

I versi in esame mi sembrano in grado di confermare, da un lato, che le ceneri paterne venissero glorificate con cerimoniali solenni, dall’altro, che verso le medesime si dovesse dunque assumere un atteggiamento di devozione e rispetto.

Ora, è chiaro che tale circostanza sia del tutto disattesa da Orazio in ars 471 il quale fa orinare il vesanus sulle ceneri paterne: la situazione è paradossale. Il poeta descrive una scena in cui non solo si offende la figura paterna – e l’offesa al padre, come visto a più riprese, costituiva una violazione gravissima e rappresentava uno dei topoi più frequenti negli ambienti retorici – ma si serve delle ceneri, sulle quali è compiuta un’azione empia, per indicare la profanazione di ciò che può essere collegato al sepolcro. In ars 471 si configura dunque – a me pare – una doppia violazione: verso il padre e verso gli dei, posto che le res religiosae fossero, come noto, quelle dedicate agli dei inferi.

Orazio, senza specificare l’illecito commesso da colui che è divenuto vesanus (diversamente da sat. 117 ove fa esplicito richiamo al sacrilegio – sacra divum legerit) lascia al lettore la possibilità d’interpretazione del passo in esame; possibilità che in questa sede non mi sembra possa essere ricondotta ad una fattispecie specifica, ma che, viceversa, ritengo possa ricomprendere le ipotesi diverse sopra delineate.