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Un fisiologo di Oxford

1. La vita del fuoco

Pur senza essere nominata la teoria cartesiana della combustione, che ne indicava la causa nell‟agitazione velocissima della materia del primo elemento,309 è presente nei Nuovi esperimenti di Robert Boyle. Posta in una macchina pneumatica una candela accesa si spegne dopo che viene sottratta l‟aria. Lo stesso accade alla brace, che riarde rapidamente all‟immissione di nuova aria.310 Il ruolo che Cartesio aveva assegnato all‟aria nella combustione consisteva nella ventilazione della fiamma, attraverso un immancabile vortice che si forma intorno al corpo del fuoco.311 La questione che Boyle si era posto, «se l‟estinguersi della fiamma derivasse dalla mancanza d‟aria o semplicemente dalla pressione delle sue stesse esalazioni», era indicativa dei dubbi posti dai nuovi esperimenti nei confronti della spiegazione cartesiana dei fenomeni della combustione.312 Il venir meno del fuoco anche in presenza di una limitata quantità di fumo nella campana della pompa indica che la causa non può che essere la mancanza di aria fresca intorno ad esso. Nel Chimico scettico Boyle, seguendo Gassendi, avanza l‟idea della combustione come un processo di «dissoluzione» dei legami dei corpi, la cui struttura o disposizione corpuscolare viene alterata dal moto di «piccoli agilissimi atomi di fuoco». Al pari di Cartesio e Gassendi Boyle è fermo nella convinzione che esista una particolare materia responsabile dei fenomeni della combustione, la sostanza stessa del fuoco che «consiste in sciami di corpuscoli che si muovono velocemente».313

Robert Hooke, che pure aveva partecipato agli esperimenti boyleani a partire dal 1657, era giunto nella Micrographia a conclusioni molto diverse.314 Hooke accetta l‟idea cartesiana secondo cui il calore dei corpi consiste nell‟agitazione delle loro

309 Descartes 1994, II: 311. 310 Boyle 1977: 788-91. 311 Descartes 1994,II: 322.

312 Boyle 1772, I: 29; tr. it. Boyle 1977: 793-4.

313 Id.: 523; tr. it. Boyle 1977: 616; cfr. Gassendi 1648, I: 395. 314 Frank 1983: 230; cfr. Chapman 1996: 7; Hall 1983: 125.

particelle costituenti315. Il fuoco produce calore e luce, movimenti trasmessi all‟etere dalle particelle dei corpi coinvolti nella combustione. Ma l‟idea che la combustione si identifichi con l‟agitazione delle particelle di una particolare materia viene messa in discussione. Un interessante esperimento svoltosi nella seduta della Royal Society del 18 febbraio 1665 assume una tesi che si potrebbe attribuire ad Hooke, assai probabilmente colui che lo realizzò: «che non era l‟agitazione del corpo in combustione che mantiene la sua combustione».316 Ponendo un piatto con dei carboni ardenti sotto una coppa di vetro questi ultimi tendono a spegnersi con maggiore rapidità rispetto alle condizioni normali, senza che il moto cui viene sottoposto il piatto all‟interno della coppa contrasti lo spegnimento. Un altro interessante esperimento non attribuito a nessun membro, ma anche questa volta realizzato da Hooke, vede la luce agli inizi di marzo dello stesso anno: gettando dello zolfo sul nitro riscaldato, posto nella campana della pompa priva d‟aria, si può osservare lo stesso effetto che avviene all‟esterno, a contatto con l‟aria.317 L‟idea di verificare il comportamento dello zolfo e del nitro in assenza d‟aria era probabilmente di Hooke, che il 25 gennaio aveva riacceso la fiamma di alcuni carboni ardenti, precedentemente spenti dall‟estrazione dell‟aria dalla campana della pompa, immettendo nitro al posto dell‟aria fresca318. Questi esperimenti sembrano indicare che il ruolo dell‟aria nella combustione non è di tipo meccanico, e suggeriscono una significativa analogia tra l‟aria e il nitro in questi fenomeni. Se il nitro e lo zolfo bruciano anche in assenza d‟aria e il nitro riaccende la brace spenta dalla mancanza d‟aria, si può concludere che nitro e aria svolgono la stessa funzione nella combustione. Nitro e zolfo, quindi, non costituiscono più un fenomeno particolare all‟interno del mondo complesso delle combustioni, ma il modello esplicativo di riferimento per un intera classe di fenomeni.

Anche se aveva descritto l‟azione del nitro nei termini di un mantice interno al fuoco, Bacone nella Sylva aveva ascritto la combustione all‟azione della componente volatile del nitro presente

315 Hooke 1665: 13, 37; cfr. Descartes 1994, II: 280. 316 Birch 1756-57, II: 7-8.

317 Id.: 19. 318 Id.: 15.

nell‟aria.319 Seguendo la tradizione spagirica,320 che costituisce la fonte dell‟ipotesi baconiana, Hooke assume una prospettiva assai diversa dalla filosofia meccanica cartesiana e atomista che pure in passato aveva sempre, compatibilmente ai propri principi, fornito una spiegazione dell‟interazione tra nitro e zolfo. Come Boyle, Hooke pensa alla combustione nei termini di una dissoluzione, che non avviene ad opera di atomi di fuoco o di corpuscoli di un particolare elemento igneo bensì della componente nitrosa dell‟aria, che gli esperimenti boyleani hanno dimostrato essere indispensabile a ogni possibile combustione.

Anche per spiegare la formazione delle scintille dallo sfregamento dei metalli Cartesio aveva fatto ricorso all‟interazione delle particelle del primo elemento con quelle della selce che vengono staccate, dando così origine all‟accensione delle scintille.321 All‟analisi microscopica le scintille appaiono ad Hooke realmente pezzi di pietra o metallo staccati dal corpo. Tuttavia la loro accensione non pare dovuta ad altro che all‟interazione della componente sulfurea del metallo, riscaldata dallo sfregamento, con quella nitrosa dell‟aria:

Così, considerate queste cose, non abbiamo bisogno di preoccuparci di cercare quale tipo di pori abbiano la selce e l‟acciaio, che contengano gli atomi di fuoco, né come a questi atomi possa essere impedito di saltar fuori, quando un passaggio o un varco nei loro pori è prodotto dallo sfregamento; né dobbiamo preoccuparci di indagare da quale Prometeo l‟elemento del fuoco venga portato giù dalle regioni superiori dell‟aria, in quali celle o contenitori è trattenuto, e quale Epimeteo lo lasci andare.322

Le teorie della combustione peripatetica, cartesiana e atomistica sono accomunate, agli occhi di Hooke, dal ricorso a una sostanza particolare cui viene attribuita una particolare qualità ignea, identificata con il fuoco stesso e ritenuta responsabile di ogni possibile combustione che si svolge nell‟universo. L‟elemento primitivo e generativo degli aristotelici, gli atomi ignei degli atomisti e la materia del primo elemento dei cartesiani rappresentano diverse versione dello stesso principio all‟interno di teorie della materia assai

319 Bacon 1857-74, II: 351. 320 cfr. Debus 1982: 35. 321 Descartes 1994, II: 322-3. 322 Hooke 1665: 46.

differenti. Il fuoco, sostiene Hooke, non ha una natura specifica né è dovuto a una particolare materia ignea. «Quel corpo luminoso e trasparente che chiamiamo fiamma non è altro che la mistura di aria e parti sulfuree volatili dei corpi combustibili o solubili».323 Questa ipotesi, pubblicata nella Micrographia deve aver guadagnato consensi se, come scrive Hooke nel 1674, «da allora molti autori ne hanno fatto uso e l‟hanno sostenuta».324 Nella History of the Royal Society Sprat nell‟introdurre i primi esperimenti dei virtuosi in materia di combustione li ascrive alla volontà di «esaminare una teoria proposta ad essi, secondo cui non c‟è nessuna cosa come il fuoco elementare dei peripatetici né gli atomi di fuoco degli epicurei, ma il fuoco è solo l‟azione della dissoluzione dei corpi solforosi riscaldati ad opera dell‟aria che agisce da dissolvente»325. Sembra la descrizione della teoria di Hooke, sottoposta a quelle verifiche sperimentali alle quali appartengono gli esperimenti del 1665 con nitro e zolfo in assenza d‟aria. Esperimenti che non si esaurirono in quegli anni. Ancora nel 1673 Hooke è intento a «generare aria con acquaforte e polvere di conchiglie», per verificare se in un ambiente di questo tipo possa aver luogo una combustione. Ma la candela posta nel recipiente pieno di questa «aria fittizia» non accenna a bruciare.326 Se non tutte le “arie” permettono la combustione allora l‟aria «in cui viviamo, ci muoviamo e respiriamo» non svolge una funzione semplicemente meccanica, ma è provvista di qualcosa che è indispensabile alla combustione: «una sostanza inerente e mista all‟aria, che è simile, se non identica, a quella che è fissata nel salnitro». Quando l‟aria interagisce con le sostanze solforose ne causa la dissoluzione. Ogni combustione è una dissoluzione in quanto in essa la componente nitrosa dell‟aria dissolve quella solforosa dei corpi. L‟aria, quindi, «è il dissolvente universale di tutti i corpi solforosi», il «menstruum» della chimica spagirica, grazie al nitro volatile o aereo che in essa è presente.327 Così la fiamma di una candela posta nella campana della pompa appare ad Hooke circondata da una corrente d‟aria, uno «jet

d’eau» formato da aria e sostanze della candela dissolte dalla

combustione, lo stesso che si può osservare, questa volta invertito,

323 Id.: 105. 324 Hooke 1679: 155. 325 Sprat 1667: 215. 326 Birch 1756-7, III: 89-90. 327 Hooke 1665: 103-4.

intorno al salnitro dissolto in acqua.328 I corpi combustibili sono tali poiché costituiti da una componente solforosa, che reagisce col nitro volatile dell‟aria. Questa parte viene liberata durante la dissoluzione sottoforma di fuligine, mentre la parte restante costituisce il residuo dell‟intero processo di combustione, la cenere, «che contiene una sostanza, o sale, che i chimici chiamano alkali». La stessa calcinazione dei metalli di cui parlano i chimici è dovuta al dissolvente salino responsabile della combustione, che corrode i metalli e li converte in scorie, sostanze vetrificate.329 Nonostante si configuri come un‟alternativa chimica alle concezioni meccaniche della combustione quella di Hooke, come ha osservato Ferdinando Abbri, non è una «teoria della combinazione chimica», ma piuttosto «una teoria della dissoluzione dei corpi».330

La componente nitrosa dell‟aria, fondamentale nella teoria, e il suo rapporto con l‟etere sono di difficile definizione. Tra le «questioni» relative all‟etere, in un‟opera destinata alla formazione di una storia naturale e sperimentale, Hooke si chiede «se esso assista l‟azione del fuoco, la combustione e la dissoluzione di altri corpi attraverso dissolventi (menstruums)». In un'altra query si chiede «se l‟aria non sia un insieme di corpi volatili o piccole ramificazioni presenti nell‟etere, come una tintura in acqua o in corpi fluidi simili». L‟etere è la sostanza sottilissima che pervade ogni interstizio tra i corpi. Pertanto l‟aria appare «una tintura di particelle saline» disciolte in esso. Il vetro della pompa ad aria separa l‟etere dall‟aria, permettendo di sperimentare in un ambiente privo di aria e ancora attraversato dall‟etere. Ma non è l‟aria il dissolvente dei colpi solforosi, il responsabile delle dissoluzioni che chiamiamo fuoco, bensì una sua componente, volatile e sottile.331 L‟identificazione e la definizione di questa sostanza è un‟operazione assai complessa. Alla sua base è stata individuata la distinzione boyleana tra parti volatili e fisse del salnitro.332 Questo «dissolvente universale dei corpi solforosi» o «spirito volatile nitroso»,333 associato da Hooke alla componente volatile del salnitro, è assai simile al sale universale che in quegli anni

328 Birch 1756-7, III: 19-20, 30. 329 Hooke 1665: 104, 51. 330 Abbri 1980: 178. 331 Hooke 1705: 29, 33. 332 Frank 1983: 230. 333 Hooke 1705: 169.

è al centro degli interessi di John Mayow, uno «spirito vitale, igneo e altamente fermentativo».334

Se si assume che ogni combustione non sia altro che una dissoluzione dei legami di corpi solforosi ad opera di particelle nitrose, fisse o volatili, allora non è difficile comprendere come Hooke possa aver fatto ricorso alla teoria dissolutiva per rendere conto di fenomeni assai complessi e difficilmente osservabili, come le comete, le macchie solari, le eruzioni vulcaniche. La luce del Sole o delle stelle diminuisce alla distanza con la stessa proporzione della luce prodotta dalla combustione.335 L‟analogia tra fenomeni terrestri e celesti, osservabili direttamente o indirettamente, spinge a considerare ogni raggio di luce dovuto alla stessa causa universale, la dissoluzione nitro-solforosa.336 Negli stessi anni in cui compie i primi significativi esperimenti sulla combustione Hooke si interroga sulla natura delle comete. Nel De cometis, pubblicato nell‟anno dell‟arrivo ad Oxord di Hooke, Seth Ward aveva attribuito alle comete natura ignea e luminosità propria. Ma soprattutto aveva preso in considerazione la possibilità che la materia delle comete fosse composta da «zolfo o nitro o altro», tale da spiegarne la luminosità.337 Ben prima di Ward, Galilei aveva parlato di «una substanza spiritosissima, tenuissima e velocissima», che ha nel corpo del Sole il «ricettacolo principalissimo». Questo spirito è il «pabulo» del Sole, il nutrimento di cui necessita per produrre luce e calore, i cui effetti, «o forse gli escrementi di esso», sono le macchie solari.338 Tra le questioni poste nel General Scheme Hooke si chiederà «se il fuoco nel Sole non sia mantenuto dall‟aria che lo circonda», «se le macchie solari non siano nubi di fumo o vapori risaliti in quell‟atmosfera» e infine «se la combustione delle comete non possa essere ascritta alla loro dissoluzione per opera dell‟aria che le circonda».339 In tal modo la coda delle comete, ritenuta da molti un effetto ottico, può essere giustamente considerata un corpo reale, che deve la sua direzione alla gravità del Sole e al moto del corpo.340 «Nonostante abbia affermato che il nitro aereo (nitrous air) non si

334 Mayow 1674: 1. 335 Hooke 1705: 93. 336 Id.: 110-1. 337 Ward 1653: 17-8. 338 Galilei 1890-1909, V: 301, 304. 339 Hooke 1705: 30. 340 Hooke 1679: 248.

estenda oltre l‟atmosfera della Terra», ha osservato James Partington nella celebre History of Chemistry, «Hooke ha sostenuto che il Sole è un corpo in combustione».341 L‟origine del nitro aereo è indicata nelle particelle saline terrestri disciolte nell‟etere. Questo dissolvente è presente solo nell‟atmosfera terrestre, che non si estende sino al Sole o alle stelle.342 Tuttavia quando Hooke sostiene l‟origine dissolutiva della luce solare o stellare ha ben presente il problema, perché attribuisce ai corpi celesti un‟atmosfera simile a quella terrestre e la stessa composizione materiale, unica cioè per pianeti e comete. Tutta l‟argomentazione di Hooke si fonda, in ultima istanza, su analogie ben evidenti:

Ci possono essere argomenti molto convincenti per provare che la luce di questo corpo del Sole può essere causata da un fuoco attivo, o dissoluzione delle sue parti superficiali, in parte ad opera dell‟atmosfera o aria che lo circonda e in parte ad opera dei suoi costituenti mescolati insieme in un‟unica massa, che è analoga al nostro zolfo e al nostro nitro.343

Ancora una volta Hooke fa uso del termine aria con un significato molto diverso da quello attuale. La Terra ha la sua atmosfera, nella quale è presente il nitro aereo. Così il Sole e gli altri pianeti dispongono di una propria aria, nella quale è lecito aspettarsi l‟esistenza di un dissolvente dello zolfo simile a quello terrestre, essendo simili gli effetti che produce (luce e calore). Il nitro aereo di Hooke non è un gas, ma qualcosa di volatile che è presente nell‟aria. Lo si può ritrovare nell‟atmosfera, in ogni atmosfera, in forme diverse, sebbene svolga sempre la stessa funzione, sciogliere i legami tra i costituenti solforosi dei corpi.