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Vivere in condizioni estreme

Nel documento Aphros. Drone a scopo umanitario (pagine 48-54)

l’acqua che assorbono dalla terra o dal cielo. In poche ore crescono i germogli, e dopo poche settimane fioriscono e producono semi propri, e prima che crescono ulteriormente vengono seccati dal sole e sembrano morire. In realtà i semi continuano a crescere all’interno dei rami secchi, aspettando le prossime risorse d’acqua. In realtà il Sahara non è sempre stato inospitale, ci sono ancora degli scorci di vita che ricordano com’era questa terra prima dei drastici cambiamenti. A nord vi sono resti di sedimenti bianchi, che ricordano l’esistenza del lago più grande del mondo ed alcune città distrutte richiamano un passato di prosperità. Sulle pietre sono raffigurate centinaia di incisioni di animali, fantasmi di un periodo più florido. In nord africa sopravvive un ricordo di tutto questo, un riflesso del paesaggio che ricopriva un tempo tutto il nord Africa . La vasta distesa erbosa è scomparsa quando uno spostamento dell’orbita terrestre, ha trasferito le piogge verso sud, permettendo al deserto del Sahara di inghiottire tutto il nord africa nel giro di pochi secoli. Si è calcolato che questo cambiamento ha avuto luogo circa 6000 anni fa, un periodo troppo breve per far sì che le specie abbiano potuto adattarsi. Solo poche forme di vita particolarmente resistenti possono affrontare la vita fra le dune. I cammelli sono spesso chiamati “navi del deserto” e come le rondini sono semplici ospiti, possono attraverare il Sahara ma non passarci un periodo troppo lungo di tempo; per raggiungere oasi e pozzi dipendono infatti dall’uomo. Il folcrore racconta di carovane che sono scomparse per non aver incontrato un pozzo che potesse

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dissetarli. Il “Deserto Bianco”, in Egitto, è disseminato di enormi pilastri di gesso scolpiti dalle tempeste di sabbia. Questo paesaggio è accecante ed incandescente. Il cibo è quasi inesistente in questa zona. La maggior parte del Sahara è inabitabile ma ci sono luoghi in cui è possibile per la presenza dell’acqua. Alcune piogge cadute migliaia di anni fa, quando il Sahara era verde, sono penetrate nel terreno ed emergono ora dalla superficie creando piccole oasi. Gli antichi abitanti di queste zone hanno quindi la possibilità di sopravvivere insieme ad alcune specie di animali, capaci di trovare le risorse necessarie per sopravvivere. Antichi pozzi sotterranei, affiorano in superficie: alcuni, per il sole sono diventati avvelenati e più salati del mare. Ma anche qui alcune specie trovano un modo per sopravvivere, nutrendosi degli insetti che ricoprono la superficie dell’acqua e dissetandosi grazie ai liquidi filtrati dal loro corpo. La temperatura della sabbia può superare i 70 C° e quando ciò accade anche le dune del deserto si ribellano, spostandosi e creando un suono che dà il nome alle famose “dune cantanti”. Se si osservano le dune abbastanza a lungo, si può osservare come esse sembrino mari in burrasca, un inarrestabile tsunami di sabbia in continuo mutamento.

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Nel Sahara mancano totalmente corsi d’acqua e pertanto l’idrografia è rappresentata da una rete di valli disseccate e di fiumi fossili orientati verso il Niger, il Ciad, e il Nilo, nei quali scorre l’acqua solo in caso di piogge eccezionalmente abbondanti. Ricchissima è invece la circolazione sotterranea alimentata da numerose falde poste a diverse profondità che danno origine alla grande maggioranza delle oasi. Il Sahara comprende differenti ecoregioni, ciascuna caratterizzata da differenti condizioni climatiche, con differenti comunità vegetali e animali. Nel Deserto costiero atlantico, ad esempio, a sud del Marocco, la nebbia generata dalla fredda corrente delle Canarie fornisce sufficiente umidità da sostenere una varietà di licheni, piante e piccoli arbusti. Nel deserto del Sahara centrale invece le precipitazioni sono minime e sporadiche. La vegetazione è rara, comprende principalmente dune sabbiose, altipiani rocciosi, deserto roccioso, torrenti asciutti e laghi salati. Spostandosi nel Sahara meridionale, tra luglio e agosto, la regione riceve precipitazioni sufficienti a sostenere una savana erbosa ed una vegetazione arborea. La caratteristica fondamentale del Sahara è la forte siccità: le precipitazioni sono ben al di sotto dei 100 mm annui. Rapidissima è l’evaporazione, fortissimo il riscaldamento diurno e intensa l’irradiazione notturna che provoca ampie escursioni termiche. Le temperature diurne raggiungono punte molto alte, nella stagione estiva comprese tra i 45 °C e i 50 °C di media (nelle zone più interne si stima che questi valori possano essere superati, sebbene non ci siano stazioni

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meteorologiche che possano confermarlo con certezza), mentre le piogge, soprattutto in alcune regioni, mancano del tutto. Una particolarità del clima del Sahara sono i frequenti venti desertici. Da un punto di vista etnico, il Sahara rappresenta la zona di separazione tra la etnia bianca dell’area mediterranea e quella nera dell’Africa centrale; tuttavia, grazie alle continue correnti migratorie, le etnie si sono spesso fuse fra loro. Popoli caratteristici del Sahara sono i Tebu, assai ridotti numericamente e stanziati nel Sahara centrale, dall’oasi di Cufra fino al Tibesti, e i Tuareg (nomadi), dell’Algeria meridionale e del Fezzan libico. Nelle oasi settentrionali vivono Berberi e Arabo-Berberi sedentari e in quelle meridionali anche gruppi di Sudanesi. La densità della popolazione del Sahara è molto varia e mentre vastissime aree sono disabitate, nelle oasi si raggiungono i massimi valori. La religione prevalente è quella islamica. I Tebu, chiamati anche Toubou, Tubu o Tibbu (in lingua Tebu antica: “Popolo delle rocce”), sono una popolazione del Sahara, comprendente circa 200.000 individui, che vive sparsa su un’area molto vasta e discontinua, dal Ciad, fino all’Oasi di Cufra e fino al massiccio del Tibesti. Si dividono in due popoli strettamente correlati: i Teda o Tedda ed i Daza o Dassa. I Tebu appartengono alla razza sahariana del ceppo degli Etiopidi, caratterizzata da pelle bruna, alta statura, naso aquilino. La loro lingua appartiene alla famiglia sahariana occidentale. I Tebu sono pastori nomadi specialmente di dromedari. Abitano in grandi tende smontabili e percorrono ampi spazi alla ricerca dei

pascoli. Gli usi familiari e sociali sono strettamente regolati dall’Islam, di cui i Tebu sono nominalmente osservanti ma nella religione si notano ancora tracce dell’antico paganesimo. Con l’arrivo nel loro territorio degli Arabi, i Tebu furono progressivamente confinati ai margini delle oasi più lontane e, per tale estrema dislocazione, sono una delle popolazioni meno note. Con il termine Tuareg si identifica un nutrito popolo berbero, di oltre mezzo milione di persone. La definizione del nome, tuttavia, è esterna a questa affascinante popolazione nomade: i Tuareg, infatti, non si definisco come tali, bensì come Kel Tamahaq, ovvero “coloro che parlano la lingua Tamahaq”. Da sempre conosciuti per la loro abilità di sopravvivere in fiorenti gruppi sociali nonostante l’austerità del deserto, per secoli i Tuareg hanno basato la loro sussistenza sull’allevamento e sul commercio oltre il Sahara. Sono stati inoltre la prima popolazione ad aver colto l’opportunità di accompagnarsi da dromedari per le lunghe traversate sahariane: questi animali, dal fisico robusto e dall’ottima resistenza al calore e alla siccità, sono diventati simbiotici con la popolazione. Questa popolazione è nomade e solita ad accamparsi con elaborate tende. Principalmente di religione islamica, gli uomini si caratterizzano per il tipico turbante che ricopre tutto il viso lasciando liberi solo gli occhi. Essenziale anche per gestire le altissime temperature delle zone desertiche, tale turbante è solitamente di un indaco immediatamente riconoscibile, ma la tinta può variare anche in funzione della classe sociale: blu per i nobili, nero per le persone comuni,

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bianco per gli schiavi. I giovani hanno solitamente la testa rasata ed incominciano a lasciar crescere una folta barba durante l’adolescenza. Gli adulti, invece, non solo mantengono la barba, ma anche lunghi e fluenti capelli. Il movimento lungo il deserto avviene solitamente in piccoli gruppi, tramite l’ausilio dei dromedari, nonché di carovane per il trasporto delle tende e degli effetti personali delle famiglie. In genere, vengono seguite le rotte del commercio transahariano e dell’allevamento. Particolarmente nota è l’usanza del tè nel deserto, una cerimonia con cui i Tuareg augurano buoni auspici ai loro ospiti o, in alternativa, ai viaggiatori che incontrano sulla loro strada.

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L’analisi di queste popolazioni, abitanti le zone limitrofe del Sahara e viaggiatori attraverso le dune, suscita un forte interesse e dà spunto per diverse idee. Riflettere sui disagi che possono avere nella loro quotidianità porta a capire la loro cultura ed offrire quindi un’idea per dare un pratico contributo e realizzare un prodotto utile per loro ostile vita di tutti i giorni. Il tema sul quale sarà concepito il prodotto è la ricerca dell’acqua nel deserto. L’acqua è presente sono in alcune zone del Sahara, attorno alle quali sorgono le oasi ma è comunque troppo scarsa per dissetare tutte le popolazioni limitrofe. Vi sono inoltre numerose falde sotterranee ma l’arretratezza dei mezzi tecnologici, che possono in qualche modo identificarle, blocca il possibile sfruttamento di queste piccole risorse d’acqua. Oltre a ciò, i tempi di costruzione dei pozzi è molto lungo e non garantisce una riserva d’acqua sicura. È da questo problema che nasce il concept, cercando di accorciare i tempi di rilevamento dell’acqua e garantendo una quantità rilevante della stessa, per poi dare vita a dei nuovi pozzi.

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Nel documento Aphros. Drone a scopo umanitario (pagine 48-54)

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