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Voci con microstruttura semplificata

III. Un glossario diacronico dei dialettismi

3. La macrostruttura

3.2. Voci con microstruttura semplificata

Le voci stampate in corpo minore e introdotte dal simbolo ‣ presentano una scheda lessicografica semplificata. Si tratta, infatti, di dialettismi fonetici che differiscono dalle voci italiane corrispondenti esclusivamente per via di fenomeni fonetici o fono-morfologici talmente frequenti nel Baldus, e ampiamente diffusi nell’Italia settentrionale (con l’eccezione di quelli caratteristici della sola redazione P: vedi ai punti 1 e 9), che una loro discussione caso per caso sarebbe superflua. Si presenta di seguito l’elenco numerato di tali fenomeni in dodici punti, basato in buona parte su quello fornito da Zaggia 1987: 694, di undici «tratti principali che caratterizzano (più o meno tutti) i dialetti settentrionali in opposizione a quelli toscani, particolarmente in relazione ai fenomeni che appaiono più di frequente nel macaronico folenghiano». In particolare, rispetto all’elenco di Zaggia (di cui si è modificato l’ordine secondo la più tradizionale scansione: vocalismo tonico e atono, consonantismo, ‘accidenti generali’) si sono esclusi i punti relativi allo scempiamento consonantico (e alla geminazione ipercorretta), di cui, come si è già detto, non si è tenuto conto ai fini

360 Cfr. Uguccione da Pisa, Derivationes, edizione critica princeps a cura di Enzo Cecchini e di Guido

Arbizzoni, Settimio Lanciotti, Giorgio Nonni, Maria Grazia Sassi, Alba Tontini, Firenze, Sismel – Edizioni del Galluzzo, 2004.

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dell’inclusione nel glossario, e al prefisso s-, che non interessa le voci del segmento A-B. Si è invece ritenuto opportuno aggiungere i punti 1, 4 e 9. Nel glossario, ciascuna voce con microstruttura semplificata contiene entro parentesi graffe {} il numero relativo al tratto (o ai tratti) di questo elenco che la caratterizza. Per questi e altri tratti fonetici e morfologici si rimanda al cap. I, in partic. ai parr. 3.3.4. e 4.2.

1. Esito non dittongato di Ĕ e Ŏ toniche in sillaba libera (e e o in corrispondenza dei dittonghi toscani ie e uo); e anche in corrispondenza del dittongo ie in prestiti galloromanzi, in primo luogo nel suffisso -iere (< -ARIUS). Una caratteristica fonetica peculiare della redazione P è l’esito i in corrispondenza del dittongo ie (bandira ‘bandiera’, barbirus ‘barbiere’,

braghirus ‘brachiere’, ecc.), corretto in modo pressoché sistematico a partire dalla redazione

successiva (dove si hanno bandera, barberus, bragherus, ecc.). Si ha quindi una corrispondenza costante tra il dittongo ie di voci italiane, la i di P e la e di T, C e V.361

2. Mancanza di anafonesi, primaria (ad es. arengus ‘aringo’) e secondaria (arengare ‘arringare’).

3. Mancata chiusura di e e o protoniche e intertoniche rispettivamente in i e u (ad es.

besazza ‘bisaccia’, asenīnus ‘asinìno’, bosardus ‘bugiardo’, baboīnus ‘babbuino’).

4. Conservazione di a protonica nel gruppo ar (mancata evoluzione ar > er), o esito er > ar in posizione protonica.

5. Sonorizzazione delle consonanti occlusive sorde intervocaliche (ad es. bastonada ‘bastonata’ e braga ‘braca’).

6. Affricata dentale sorda o sonora per l’affricata palatale sorda o sonora (geminata oppure in posizione iniziale o postconsonantica) delle corrispondenti voci toscane (ad es. bilanza ‘bilancia’, bonazza ‘bonaccia’, al(l)oz(z)are ‘alloggiare’). Rientrano in questo punto anche la vitalità del suffisso spregiativo o accrescitivo -az(z)us (it. -accio) e del suffisso verbale -

ez(z)are (it. -eggiare).

7. Sibilante per l’affricata sorda o sonora (scempia e in posizione intervocalica) delle corrispondenti voci toscane (ad es. basare ‘baciare’ e busīa ‘bugìa’).

8. Sibilante per la fricativa palatale delle corrispondenti voci toscane (ad es. assugare ‘asciugare’ e bressanus ‘bresciano’).

9. All’esito toscano /kj/- o -/kkj/- (graficamente rappresentato dai gruppi chi- e -cchi-) del nesso latino -CL- (-TL-) corrisponde nella redazione P la grafia gi-/-(g)gi-, che ha il valore di

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affricata palatale. Tale grafia è corretta in modo sistematico a partire dalla redazione successiva, che instaura negli stessi contesti la grafia ‘toscana’ chi-/-(c)chi-, il cui effettivo valore fonetico, verosimilmente ancora palatale, è stato ampiamente discusso (cfr. almeno Zaggia 1987: 620; Lazzerini 1988b: 217-220; Isella Brusamolino 1993).362

10. Semivocale -i- per la laterale palatale delle corrispondenti voci toscane (ad es. anticaia ‘anticaglia’, bat(t)aia ‘battaglia’), assorbita da i precedente (ad es. bria ‘briglia’).

10a. Si sono incluse nel glossario, tra le schede con microstruttura semplificata, anche le voci volgari che presentano una grafia latineggiante o pseudolatineggiante -li- in corrispondenza di una laterale palatale toscana, ad es. boschalia ‘boscaglia’ e brilia ‘briglia’. Si tratta infatti di una grafia diffusissima nei testi mantovani del sec. XVI per esprimere gli esiti del nesso latino -LJ- (cfr. Borgogno 1978: 69), dietro alla quale si cela verosimilmente un esito fonetico analogo a quello del punto 10. Nel contesto del latino macaronico, tuttavia, tali forme sono piuttosto controverse, dal momento che la latinizzazione non è solo grafica: ad es.

brilĭa è misurato come trisillabo, mentre bria è bisillabo. Si è optato comunque per

l’inclusione nel glossario di forme di questo tipo, individuate con il numero 10a.

11. Esito r dal nesso latino -RJ-, come nei suffissi -arus per il toscano -aio (lat. -ARIUS) e -

arolus per il toscano -ai(u)olo.

12. Mobilità di a- iniziale, la cui origine (prefisso dal lat. AD o vocale prostetica) non è sempre chiara. Tale fenomeno è rilevato dallo stesso Folengo nella glossa a T 2.275: «“Atacat”: reperies multa verba composita in principio cum -a, quae ponuntur ad placitum: ‘ataccat’, ‘agraffat’, ‘achiappat’».

Tali tratti si ritrovano, naturalmente, anche in molte delle voci con microstruttura completa (in questi casi non li si segnala entro parentesi graffe perché le schede dedicate a tali voci comprendono già un campo riservato all’etimo e ad eventuali commenti sulla fonetica), che, tuttavia, o non possiedono un corrispondente toscano (ad es. il tratto numero 6 si ha in boazza ‘sterco bovino’ < lat. *BO(V)ACEA,mauna voce toscana corrispondente *buàccia non esiste), oppure presentano ulteriori differenze (fonetiche, semantiche, ecc.) rispetto a tale corrispondente (ad es. agiazzare corrisponde all’it. agghiacciare, da cui differisce, oltre che per il tratto 6, dall’esito palatale del nesso latino -GL-, che non figura nell’elenco dei tratti più frequenti; asprezare ‘essere aspro, impervio’ corrisponde nella forma all’it. aspreggiare, sempre con il tratto numero 6, ma il significato della voce folenghiana non è quello registrato

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nei dizionari dell’italiano, ‘trattare qualcuno con durezza’). Inoltre, si è preferito sviluppare una microstruttura completa anche per voci il cui corrispondente toscano sia a sua volta una forma marcata rispetto a quella prevalente in lingua (ad es. boientus: corrisponde al tosc.

bogliente per bollente), oppure risulti attestato in lingua solo sporadicamente (ad es. bandezare ‘mettere al bando’, it. bandeggiare) o solo a un’altezza cronologica assai

posteriore rispetto alle occorrenze folenghiane (ad es. brodaia: in lingua brodaglia si trova solo a partire dal sec. XX): tra questi ultimi casi si ritrovano, infatti, anche alcune delle retrodatazioni registrate al cap. II, par. 6.