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Volume di coerenza

`e l’angolo solido sotto il quale il punto OAdella fig. 8.4.b) vede l’area della sorgente. Tra ∆Ω e ∆Ωc

esiste la relazione ∆Ω = 0.62λ 2 r2 1 ∆Ωc . (8.46)

La superficie della sorgente As determina quindi un angolo solido massimo ∆Ωc = 0.62λ2/As entro al quale il campo di radiazione ha coerenza spaziale. Una volta fissate le dimensioni della sorgente, la superficie di coerenza Ac = πd2 aumente con il quadrato della distanza r dalla sorgente, o, che `e lo stesso, in modo inversamente proporzionale all’angolo solido ∆Ω. Data la grande distanza dalle stelle, e il conseguente piccolo valore di ∆Ω nella (8.45), la luce di una stella ricevuta da un telescopio `e spazialmente coerente su tutta la superficie dell’apertura del telescopio stesso, nonostante il grande diametro della sorgente di radiazione.

8.6 Volume di coerenza

Con una lungheza di coerenza ∆lc = c τc = c/∆ν nella direzione di propagazione della radiazione e la superficie di coerenza Ac = 0.62λ2r2/As abbiamo un volume di coerenza

Vc = Ac∆lc = 0.62λ

2r2c ∆ν As

. (8.47)

La radianza spettrale L(ν) di una sorgente `e definita in modo che L(ν)dν sia la potenza radiante emessa dall’unit`a di superficie della sorgente stessa nell’intervallo spettrale (ν, ν + dν) all’interno dell’angolo solido unitario. Le unit`a di misura per L(ν) somo quindi [W/(m2·sterad·Hz)]. Se L(ν) `e la radianza spettrale della nostra sorgente di superficie As, il numero medio di fotonihni di frequenza compresa nell’intervallo spettrale (ν, ν + ∆ν) entro l’angolo solido di coerenza ∆Ω = 0.62λ2/As

durante il tempo di coerenza τc = 1/∆ν sar`a

hni = 1AsL(ν)∆ν ∆Ω τc = 1 hν AsL(ν)∆ν 0.62 λ2 As 1 ∆ν = 0.62 L(ν) λ2. (8.48) E’ possibile calcolare il numero g delle celle dello spazio delle fasi occupato dai fotoni di un fascio luminoso di apertura ∆Ω partendo dall’espressione per il numero delle celle dello spazio delle fasi a grandi volumi spaziali V

g = V 4πp

2∆p

h3 , (8.49)

sostituendo l’angolo solido 4π, che abbraccia tutto lo spazio, con l’angolo solido ∆Ω entro cui vediamo arrivare i fotoni del fascio, e ricordando che, per un fotone, p =

c , ottenendo cos`ı

g = V ∆Ων

2∆ν

c3 . (8.50)

Se vogliamo che i fotoni occupino un’unica cella dello spazio delle fasi dobbiamo porre g = 1, ed otteniamo per il volume “spaziale” V

V = c

3

∆Ων2∆ν = λ2c

A distanza r dalla sorgente, la sorgente stessa viene vista sotto un angolo ∆Ω = As/r2, ed i fotni vengono visti arrivare entro questo angolo solido. SostituendoAs/r2 al posto di ∆Ω nella (8.51) otteniamo

V = λ

2r2c

As∆ν, (8.52)

che, a parte il fattore 0.62, coincide con la (8.47).

Il volume occupato dai fotoni che attraversano una generica superficie S, sufficientemente lontana dalla sorgente e perpendicolare al fascio, durante il tempo tm di una misura pu`o essere scritto

V = S c tm. (8.53)

Dalla superficie S la superficie della sorgente As viene vista sotto un angolo solido ∆Ω. Quindi, per il numero di celle dello spazio delle fasi occupato dagli stessi fotoni abbiamo

g = S c tm∆Ω ν2∆ν c3 = S∆Ω λ2 tm τc . (8.54)

Definiamo una grandezza caratteristica del fascio, detta estensione del fascio U, come

U = AsS

r2 = As∆Ω = S∆Ω, (8.55) dove S `e la superficie il cui contorno delimita il fascio ad una distanza r dalla sorgente. L’estensione U `e importante perch´e rimane costante nella propagazione senza perdite di un fascio luminoso sotto le leggi dell’ottica geometrica. Per fotoni che viaggiano entro l’angolo solido ∆Ωc determinato dalla diffrazione alla superficie As della sorgente, dato dalla (8.43), l’estensione assume il valore critico Uc

Uc = As∆Ωc = As· 0.62 λ

2

As

= 0.62 λ2. (8.56)

Quindi abbiamo λ2 = Uc/0.62 che possiamo sostiture nell’espressione (8.54) per il numero di celle dello spazio delle fasi, ottenendo

g = S∆Ω λ2 tm τc = 0.62 U Uc tm τc , (8.57)

dove il termine U/Uc viene definito fattore di coerenza spaziale, ed il termine tmcfattore di coerenza temporale. Utilizzando la 8.44, il fattore di coerenza spaziale pu`o anche essere definito

U Uc = S∆Ω 0.62λ2 = S Ac , (8.58)

cio`e come rapporto tra la superficie del fascio e la superficie di coerenza, mentre il fattore di coerenza temporale `e il rapporto tra il tempo di misura ed il tempo di coerenza. Il valore pi`u basso di g, cio`e 0.62, si ha quando l’area ed il tempo di misura coincidono con l’area ed il tempo di coerenza.

E’ da notare che n´e il fattore di coerenza spaziale, n´e il fattore di coerenza temporale, possono essere presi come minori di 1. Quindi, per esempio, un tempo di misura minore del tempo di coerenza non compensa una superficie del fascio maggiore dell’area di coerenza.

Capitolo 9

Processi stocastici

9.1 Introduzione

Per processo casuale, o stocastico, si intende un processo in cui il valore di una certa variabile x dipende da un’altra variabile, per esempio dal tempo t, secondo una legge x(t) che comporta un certo grado di aleatoriet`a. Non esiste cio`e una funzione x(t) che descriva esattamente il variare di x al passare del tempo. Supponiamo per`o che sia possibile scrivere una densit`a di probabilit`a al primo ordine dipendente dal tempo

W1(x, t) (9.1)

tale che W1(x, t) dx sia la probabilit`a di avere il valore di x nell’intervallo (x, x + dx) all’istante t. La casualit`a pu`o essere descritta da un ensemble statistico, in cui ogni elemento dell’ensemble corrisponde ad un particolare, possibile decorso temporale della variabile x.

Possiamo anche definire una densit`a di probabilit`a al secondo ordine

W2(x1, t1; x2, t2) (9.2)

tale che W2(x1, t1; x2, t2) dx1dx2 sia la probabilit`a di trovare x nell’intervallo (x1, x1+ dx1) all’istante t1 e nell’intervallo (x2, x2 + dx2) all’istante t2. In modo analogo possono essere definite le densit`a di probabilit`a di ogni ordine superiore n

Wn(x1, t1; x2, t2; . . . ; xn, tn). (9.3) Qui e nel seguito, all’interno delle parentesi usiamo i punti e virgola per separare gli eventi, e la virgola per separare la coppia di valori x e t corrispondenti allo stesso evento. Un processo stocastico si dice stazionario quando le densit`a di probabilit`a di qualunque ordine n sono invarianti per traslazioni dell’origine dei tempi

Wn(x1, t1 + τ ; x2, t2+ τ ; . . . ; xn, tn+ τ ) = Wn(x1, t1; x2, t2; . . . ; xn, tn), (9.4)

con τ arbitrario. In altre parole, Wn dipende solo dalle differenza temporali t2 − t1, t3 − t1, . . . , tn− t1. Per un processo stazionario possiamo cos`ı scrivere

Wn(x1; x2, t2; . . . ; xn, tn), (9.5) dove t1 `e stato posto uguale a 0 e ignorato nella scrittura. Una condizione necessaria, ma non sufficiente, perch´e un processo stocastico sia stazionario, `e che W1(x, t) sia indipendente dal tempo

W1(x, t) = W1(x). Per un processo stazionario le funzioni di correlazione temporale sono indipendenti dal tempo.

Oltre alle densit`a di probabilit`a di ordine n, introduciamo le densit`a di probabilit`a condizionata P (x1, t1; x2, t2; . . . ; xn−1, tn−1|xn, tn) di definite in modo che

P (x1, t1; x2, t2; . . . ; xn−1, tn−1|xn, tn) dxn (9.6) sia la probabilit`a che x si trovi nell’intervallo (xn, xn+ dxn) all’istante tn, una volta noto che il valore era x1 all’istante t1, x2 all’istante t2, . . . , xn−1 all’istante tn−1. Come convenzione, all’interno della parentesi continuiamo ad usare i punti e virgola per separare i singoli eventi, e usiamo la barra “|” per separare gli n− 1 eventi condizionanti dall’evento condizionato. La condizione di stazionariet`a conti-nua a essere che P (x1, t1; x2, t2; . . . ; xn−1, tn−1|xn, tn) dipenda dal tempo solo attraverso le differenze t2− t1, t3− t1, . . . , tn− t1. In queste condizioni possiamo ancora una volta scrivere

P (x1; x2, t2; . . . ; xn−1, tn−1|xn, tn), (9.7) avendo posto t1 = 0. Nel caso di processi stazionari possiamo scrivere alcune relazioni importanti,

per esempio Z +∞

−∞

P (x1|x2, t) dx2 = 1, (9.8) che rappresenta la certezza che, qualunque sia il valore iniziale, dopo un tempo t la variabile abbia un valore qualunque. Poi abbiamo

W2(x1; x2, t) = W1(x1) P (x1|x2, t), da cui otteniamo P (x1|x2, t) = W2(x1; x2, t) W1(x1) . (9.9) Valgono le relazioni W3(x1; x2, t2; x3, t3) = W2(x1; x2, t2)P (x1; x2, t2|x3, t3) (9.10) e Z +∞ −∞ W3(x1; x2, t2; x3, t3) dx2 = W2(x1; x3, t3) (9.11)

per ogni t2 tale che 0≤ t2 ≤ t3.

Un caso importante dei processi casuali `e costituito dai processi markoviani, che sono definiti dalla relazione

P (x1, t1; x2, t2; . . . ; xn−1, tn−1|xn, tn) = P (xn−1, tn−1|xn, tn), (9.12) in altre parole, in un processo markoviano la densit`a di probabilit`a di avere il valore xn all’istante tn dipende solo da xn−1 all’istante tn−1, e non da tutta la storia precedente. In una catena markoviana, cio`e, dato lo stato presente, gli stati futuri sono completamente indipendenti dagli stati passati. Un esempio di processo markoviano `e quello di una variabile x che soddisfa l’equazione differenziale dx

dt = f (x). Una volta noto il valore x0 della variabile all’istante t0 l’evoluzione temporale di x `e determinata univocamente da una relazione del tipo x = ϕ(x0, t− t0). La x soddisfa la relazione di Markov con la densit`a di probabilit`a condizionata

P (x0, t0|x, t) = δ [x − ϕ(x0, t− t0)] . (9.13) Da qui segue che i processi deterministici sono casi particolari di processi markoviani.

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