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Voyage du Sieur de Champlain, en la nouvelle France, faict

en l’année, 1615

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La relazione, a differenza della prima, non si apre con l’inizio del viaggio, ma in un periodo precedente, quando Champlain è ancora in Francia. Egli comincia dicendo che la passione per le scoperte e i viaggi nella Nuova Francia lo ha reso sempre più

desideroso di scoprire nuove terre, con lo scopo di avere una conoscenza sempre più precisa del territorio. Quest’ultima, ovviamente, non si ferma allo spazio geografico, ma comprende anche i popoli che questi territori lo abitano, nei confronti dei quali il suo grande obiettivo è la conversione alla religione cattolica. A questo progetto asserisce di avervi lavorato per circa quindici anni senza mai raggiungere grandi risultati in quanto, a suo dire, non era stato adeguatamente sostenuto in tale impresa. Tuttavia, asserisce, non si arrenderà: dopo aver conosciuto e frequentato molteplici popoli selvaggi la cosa migliore da fare è pazientare, aspettare che passino le difficoltà, fino a che sua Maestà non riporterà l’ordine necessario. Fino a che questo non sarà assicurato, la cosa migliore da fare sarà continuare le scoperte e continuare a frequentare questi popoli, sia per stringere rapporti di amicizia sia per meglio imparare la loro lingua. Egli continua dicendo che la relazione tratterà delle sue nuove scoperte. Ritorna però subito su uno dei temi principali dei suoi progetti: la cristianizzazione dei popoli selvaggi. Afferma che sarebbe stata una grande colpa lasciare queste nazioni nel loro attuale stato , ed è per questo che bisognava prepararli alla gloria del Signore. Per questo si impegnò a cercare un religioso che avesse la possibilità e la volontà di trasferirsi nella Nuova Francia per adempiere a questo scopo. Per fare ciò aveva però bisogno di una dispensa che non era in suo potere dare. In questo frangente gli venne utile l’amicizia del signor HoÜel , segretario generale del Re e “ Contrerouller General de Sallines de Brouage”106 uomo descritto

come molto devoto e pio. Egli infatti conosce dei buoni padri religiosi, dell’ordine dei Recolletti, con i quali aveva grande familiarità. Hoüel credeva di poter facilmente convincere due o tre religiosi a compiere questo santo viaggio. Tali padri risiedevano a Xaintonge, da dove due di loro furono mandati a Parigi con una commissione, senza però potere assoluto, rimettendo il più nelle mani del Nunzio apostolico ( che al tempo era il fiorentino Roberto Ubaldini ). Essi erano molto convinti e insieme visitarono l’ambasciatore del Papa, supplicandolo di interporre la sua autorità per poter avvallare il progetto. Egli però comunicò che non aveva alcun potere per aiutarli, ed era al loro

105 Champlain S., Voyages et decouvertures faites en la nouvelle France, depuis l’année 1615. Iusques à la fin de l’année

1618., Paris, 1619; Pag.1

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Generale che dovevano rivolgersi. A quel punto iniziarono a sorgere dei problemi: essi non volevano intraprendere il viaggio e temevano che il potere del padre Verger non fosse autentico, così come la sua commissione: per questo motivo il tutto venne rimandato all’anno successivo. In questo lasso di tempo Champlain mise a posto i suoi affari, mentre i religiosi soggiornavano nel loro convento di Brouge. Qualche mese dopo la situazione si sbloccò, infatti il reverendo padre provinciale dei recolletti, Padre

Chapouin, fu di ritorno a Parigi, dove ebbe un incontro con il Signor di Hoüel. Con lui toccò diversi argomenti, tra cui il potere attribuito a Padre du Verger, e la missione che egli aveva dato ai due preti: a proposito della quale egli ne lodò molto il progetto, promettendogli che se ne sarebbe occupato personalmente. Promise inoltre che ne avrebbe parlato con il Principe di Condè e con i Vescovi, riuniti a Parigi per il consiglio di Stato. Essi furono assai contenti e assicurarono che avrebbero creato un piccolo fondo per i quattro cardinali scelti. A questo punto Champlain stesso interagì con loro per rendere più veloce l’affare facendo notare l’utilità del progetto, cercando di

smuoverli a donare e a convincere gli altri a far lo stesso, senza però costringere

nessuno. I soldi raccolti vennero da lui utilizzati per le cose necessarie ai religiosi e per la loro dispensa; esse vennero poi mandate ad Honfleur per essere imbarcate. I religiosi scelti per questa impresa furono infine Padre Denis, Padre Jean Delbeau, Padre Joseph le Caron e infine Padre Pacifico du Plessis. Tutti vengono descritti come volenterosi di partire, per vedere se possono contribuire a piantare lo stendardo della Santa Croce in quelle terre selvagge.

A questo punto l’azione di Champlain si spostò verso Rouen, dove doveva incontrare gli associati della sua compagnia e a loro parlò anche di questi religiosi, e della volontà del Principe di Condè che questi affrontino il viaggio, e questi dissero che non avrebbero fatto mancare il loro appoggio. Egli si rincontrò con i padri il 20 marzo, e da quella città andarono a Honfleur, luogo della loro partenza. Essi vi soggiornarono qualche giorno, giusto il tempo di fare imbarcare il necessario per un così lungo viaggio. Il tempo venne anche impiegato da Champlain per un profondo esame di coscienza, per purificarsi e per poter affrontare un così pericoloso tragitto . Esso venne fatto a bordo del vascello dell’associazione di mercanti che lui rappresentava, il Saint Etienne, comandato dal Signor Gravè du Pont. Il viaggio iniziò il 24 aprile e si concluse, senza particolari

problemi e senza che l’autore avesse ritenuto opportuno segnalare avvenimenti, un mese dopo, quando il Vascello arrivò al porto di Tadoussac.

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Da Tadoussac al grande incontro con i selvaggi a Sault Saint Louise