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Introduzione

La instabilità di rotula è un tema complesso ove diversi fattori possono portare ad una sintomatologia dolorosa. L’instabilità può derivare da un evento traumatico acuto in un ginocchio con anatomia normale ovvero da un inci-dente traumatico apparentemente minore in un ginocchio predisposto all’instabilità 1. L’incidenza annuale risulta 5,8 per 100.000 nella popolazione generale con la più alta rappresentazione in giovani adolescenti sportivi tra i 10 e i 17 anni 2. Lesioni condrali associate sono molto comu-ni, ritrovandole fino al 95% dei casi di primo episodio di lussazione di rotula. Circa il 60% delle lussazione di rotula avvengono durante attività sportiva, circa il 10% durante attività di danza. Più frequentemente ciò avviene nel sesso femminile. Infatti quest’ultimo fattore insieme a una storia familiare positiva per episodi di lussazione sono correlati con un più alto rischio di instabilità rotulea. Il meccanismo lesivo risulta essere uno stress in valgo del ginocchio con il femore che intraruota, la tibia extratuota con il piede in ap-poggio. Fattori di rischio sono: elevata statura e peso del soggetto interessato, displasia della troclea, patella alte, malallineamento degli arti inferiori, lassità dei tessuti mol-li e insufficienza del complesso legamentoso mediale del ginocchio per pregresso trauma. Patologie condrali sono spesso associate, verificandosi nel 95% dei casi di primo episodio di lussazione di rotula 3. L’instabilità di rotula può essere causa di dolore, limitazione funzionale, lussazione rotulea recidivante ed osteoartrosi femoro-rotulea.

Considerazioni Anatomiche

L’articolarità della rotula è determinata dalle caratteristiche di fattori quali muscoli, legamenti, morfologia dell’osso e allineamento arti inferiori. Oltre i 30 gradi di flessione il maggiore elemento stabilizzatore è rappresentato dalla troclea femorale. Altri elementi stabilizzatori sono il retto femorale, il vasto intermedio, il vasto mediale e laterale, il tendine rotuleo ed il retinacolo mediale e laterale. In par-ticolare il retinacolo mediale consiste nel legamento me-nisco patellare mediale e nel legamento medio patellare mediale (MPFL).

Diagnosi e Classificazione

Una anamensi accurata, un esame clinico e adeguati in-dagine strumentali sono fondamentali per una corretta gestione del paziente. Dovranno esser valutati eventuali mal-allineamenti ed eterometria degli arti inferiori, l’angolo Q, la dinamica della rotula in flesso-estensione e la validità del vasto mediale obliquo. Il “moving patellar apprehen-sion test” risulta essere altamente specifico e sensibile 4. L’esame inizia con il ginocchio in estensione completa e la rotula traslata lateralmente. Il ginocchio viene flesso a 90 gradi e riportato in estensione mantenendo la rotula

lussata lateralmente. Per la positività del test il paziente deve sentire apprensione e deve avere il riflesso di con-trazione del quadricipite; si ripete la sequenza ma con la rotula lussata medialmente. In questa fase il paziente non deve avvertire i sintomi prima descritti. Le radiografie del ginocchio in proiezioni antero-posteriore, latero-laterale a 30° di flessione e assiale di Merchant sono utili per valu-tare evenutali fratture associate, l’altezza della rotula, l’alli-neamento femoro-tibiale, il grado di artrosi, la forma della troclea e la posizione della rotula. Il Blackburne Peel ratio è uno dei parametri più utilizzati per determinare l’altezza della rotula. Questa misurazione è indipendente dalla lun-ghezza del tendine rotuleo ed è basato sulla proiezione anteriore del piatto tibiale. Un valore di 0,8 è considerato normale. Se maggiore di 1,0 la rotula è considerata alta 5. La RM è in grado di visualizzare l’integrità delle struttu-re cartileginee, la lesione del MPFL e la distanza TA-GT. La distanza TA-GT misurata con TC o RM rappresenta la forza di spostamento laterale della rotula nella flesso-estensione del ginocchio. È la distanza tra l’apofisi tibiale anteriore e la parte più profonda della gola condiloidea Va-lori oltre i 20 mm sono considerati patologici 6. Sopratutto in presenza di emartro importante sarà utile approfondire tramite esame RM.

Una delle classificazioni più accreditate per inquadrare la patologia femoro-rotulea è quella proposta da Dejour 7

che considera tre gruppi:

Instabilità rotulee obiettive: a questo gruppo

appar-tengono quelle ginocchia con instabilità permanenti o abituali o in cui si è verificato almeno un episodio di lussazione o sublussazione rotulea in cui è riscontrabile almeno uno dei 4 fattori di instabilità (troclea displasica, rotula alta, TAGT patologica, basculle rotulea).

Instabilità rotulee potenziali: in queste ginocchia

non si è mai verificato un episodio di lussazione o su-blussazione ma è presente almeno uno dei 4 fattori di instabilità.

Sindromi dolorose rotulee: a questo categoria

ap-partengono quelle ginocchia il cui sintomo principale è il dolore, in cui non si è mai verificato un episodio di lussazione o sublussazione e in cui non è rilevabile nessuno dei 4 fattori di instabilità.

Per decidere come gestire un paziente con instabilità ro-tulea è necessario distinguere tra primo episodio acuto e instabilità cronica ricorrente.

Primo episodio di lussazione di rotula

In letteratura diversi autori raccomandano un periodo di immobilizzazione seguito da terapia riabilitativa come pri-mo step 5. Le tempistiche di immobilizzazione descritte in letteratura variano da 0 a 6 settimane seguite da 3 a 6 mesi di fisioterapia per recupero dell’articolarità e del

tro-fismo muscolare. Anche se non è ancora possibile ave-re delle linee guida univoche, sembra che un periodo di immobilizzazione di 3 settimane con tutore in estensione seguito da un periodo intenso di fisiokinesiterapia per il recupero del trofismo muscolare e dell’articolarità possa dare dei buoni risultati a breve e medio termine. Le indica-zioni per un trattamento chirurgico immediato includono un frammento osteocondrale o condrale diagnosticato alla radiografia o alla RM ovvero una importante instabilità rotulea con lesione palpabile del complesso legamentoso para rotuleo con persistente sublussazione rispetto al gi-nocchio controlaterale 8 9. Le lesioni osteocondrali posso-no essere rimosse o sintetizzate in base alle caratteristiche di posizione e dimensione. Le lesione del MPFL diagno-sticate alla RM possono essere riparate con trattamento chirurgico in acuto se localizzate all’inserzione femorale o rotulea. Procedure chirurgiche aggiuntive potranno esser effettuate analizzando le caratteristiche individuali del sin-golo paziente ma non sono considerate necessarie come primo approccio dopo un primo episodio di lussazione di rotula 10.

Instabilità ricorrente

Nelle lussazioni ricorrenti un periodo di immobilizzazione seguito dalla riabilitazione ha solitamente scarsi risultati. Nei pazienti con lussazioni occasionali e senza anomali anatomiche o radiografiche posso trarre beneficio dalla sola terapia fisica riabilitativa. Nei pazienti che presenta lussazioni recidivanti o abituali con anomalie predisponenti dovranno esser attentamente valutati per un programma chirurgico individuale. La scelta della tecnica chirurgica utilizzata non può prescindere dalla storia individuale del paziente, dall’esame clinico e strumentale.

Le diverse opzioni chirurgiche includono:

• Lateral retincaular relase: nella nostra esperienza

poco utilizzato per il rischio di destabilizzare ulterior-mente la rotula. Può essere preso in considerazione come procedure finale in aggiunta ad altre procedure chirurgiche che correggano le anomalie presenti.

• Osteotomia per correzione profondità trocleare:

indicate nei casi di malformazione della troclea. Poco utilizzate per difficoltà della tecnica chirurgica e per ri-schio di fratture osteocondrale ed osteoartrosi preco-ce.

• Procedure per riallineamento distale: utilizzata in

pazienti con TT-TG patologica (maggiore di 20 mm) o patella alta. Il grado di anteriorizzazione, distalizzazione e/o medializzazione dipendono dall’associazione del grado di artrosi della faccetta laterale della rotuela e dalla altezza della rotula. Controindicazione è l’asso-ciazione con condrosi mediale o prossimale della rotu-la per rischio di sovraccaricare tessuti già degenerati.

• Ricostruzione del MPFL: negli ultimi anni si è posta

molta attenzione sul ruole di questo legamento nell’in-stabilità rotulea e diverse tecniche sono state presen-tate. Le tecniche più utilizzate sono quelle che utilizza-no il semitendiutilizza-noso per la ricostruzione. Il graft dovrà guidare la patella all’interno della troclea nei primi 10-30 gradi di flessione del ginocchio, oltre i quali la sta-bilizzazione sarà garantita dalle componenti ossee. La ricostruzione del MPFL non deve esser effettuata per correggere mal-allineamenti o per rimuovere dolore o in casi di osteoartrosi femoro-rotulea. Altre procedure come il riallineamento distale devono essere effuttate quando indicate. Risultati iniziali suggeriscono una mi-nore incidenza di osteoartrosi e recidiva di lussazione rispetto ad altre tecniche ma non vi è ancora consenso univoco per via di studi con casistiche ridotte, eteroge-nee e con follow up ancora troppo limitati.

Esiti dell’instabilita e condropatia

La condropatia femoro-rotulea è spesso associata all’in-stabilità. Le diverse opportunità terapeutiche che possono esser messe in atto sono:

• Condroabrasioni: i risultati descritti in letteratura non

sono delltutto soddisfacenti.

• Debridment: consiste in una toilette chirurgica con lo

scopo di regolarizzare il piano cartilagineo rimuovendo i lembi di cartilagine fibrillante e riducendo di conse-guenza lo stimolo infiammatorio.

• Radiofrequenze: rappresentano l’evoluzione del

de-bridment con motorizzato. La tecnica prevede l’uso di sonde termiche mono o bipolari che generano una corrente alternata ad alta frequenza (500-1000 Khz) che viene emessa attraverso un terminale. Il princi-pale vantaggio è rappresentato da una migliore sta-bilizzazione e compattazione della sede della lesione evitando così la ulteriore frammentazione cartilaginea a distanza, possibile usando gli strumenti motorizzati. La tecnica prevede di mantenere una distanza di 1-2 mm tra l’elettrodo e l’area di cartilagine fibrillante o lesionata e di non soffermarsi con l’elettrodo in nessuna zona ma di continuare il movimento secondo uno schema a tergicristallo.

• Microfratture: loro obiettivo è quello di stimolare un

sanguinamento dell’osso con formazione di un coa-gulo e afflusso di cellule pluripotenti in grado di diffe-renziarsi e produrre fibrocartilagine che possa ricoprire il difetto osseo che comunque non può essere troppo esteso.

• Trapianto autologo di condrociti: la tecnica

origina-le è stata descritta da Brittberg e Peterson 11 nel 1994. Prevede l’impianto di condrociti in sospensione in una tasca creata mediante applicazione sulla lesione di un

lembo di periostio. L’introduzione successiva di tessuti bio-ingegnerizzati (acido ialuronico, collagene) su cui i condrociti venivano seminati e su cui si differenzia-vano, ha semplificato la tecnica, rendendo il prodotto più adattabile ed utilizzabile anche per aree complesso come l’articolazione femoro-rotulea. Questa tecnica può essere presa in considerazione nel trattamento delle lesioni isolate a tutto spessore della rotula o del-la troclea femorale di dimensioni superiori ai 2,5 cm quadrati in pazienti sintomatici che non rispondono ad un prolungato trattamento riabilitativo o in cui tecniche alternative hanno dato risultati poco soddisfacenti. In presenza di una instabilità rotulea obiettiva o potenziale il risultato può esser migliorato correggendo chirurgi-camente anche il o i fattori principale dell’instabilità.

Quando posso ricostruire solo il MPFL?

La ricostruzione isolata del MPFL può essere eseguito solo quando non sono presenti fattori secondari di insta-bilità che hanno un’indicazione di correzione chirurgica. Non deve esser presente una patella alta, la troclea deve avere una morfologia normale o al massimo presentare una displasia di tipo a seconda la classificazione di Dejour ed infine il valore tagt deve essere inferiore a 20 mm.

Conclusioni

L’approccio da parte del chirurgo al trattamento dell’in-stabilità femoro-rotulea deve esser sempre molto attenta e deve analizzare ciascuna delle caratteristiche individua-li del paziente. La corretta scelta passo per passo delle indicazioni conservative e chirurgiche è determinante per ottenere buoni risultati a breve e lungo termine.

Bibliografia

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2 Fithian DC, Paxton EW, Stone ML, et al. Epidemiology and natural history of acute patellar dislocation. Am J Sports Med 2004;32:1114-21.

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5 Steiner T, Parker RD. Section C subluxation and dislocations: 2. Patellofemoral instability: recurrent dislocation of the pa-tella. In: JC Delee, D Drez, MD Miller, eds. Delee and Drez’s Orthopaedic Sports Meicine. 3rd ed. Philadelphia: Saunders Elsevier 2009.

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7 Dejour D. Nouveau classfication de l’instabilitè rotulienne. 10Eme Journee Lyonnaise de Chirurgie du Genou. Book of Abstracts 2002.

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9 Colcin AC, West RV. Patellar instability. J Bone Joint Surg Am 2008;90:2751-62.

10 Sillanpaa PJ, Maenpaa HM. First-time patellar dislocation: surgery or conservative treatment? Sports Med Arthrosc 2012;20:128-35.

11 Brittberg M, Lindahl A, Nilsson A, et al. Treatment of deep cartilage defects in the knee with autologous chondrocyte transplantation. N Engl J Med 1994;331:889-95.

Riassunto

Le lesioni traumatiche del bacino possono esitare in vizi di consolidazione e pseudoartosi, i cui sintomi principali sono dolore pelvico, problemi urogenitali da impingement e la difficoltà nel man-tenimento della posizione seduta o nella deambulazione. La valutazione radiografica preoperatoria è essenziale e dev’essere eseguita con proiezioni RX adeguate (AP, inlet, outlet) e proiezioni in standing e sotto stress, oltre alla valutazione TC con ricostruzione 3D per il planning preoperatorio. Il trattamento chirurgico si esegue in uno o più stages e consiste nella liberazione del compartimento anteriore e posteriore, corretta riduzione e sintesi stabile, eventualmente utilizzando graft ossei. Sono interventi molto complessi, con maggior tasso di fallimento e outcome peggiori rispetto al trattamento chirurgico in acuto.

Parole chiave: instabilità cronica di bacino, vizi di consolidazione, pseudoartrosi, outcome funzionali

Summary

Pelvic ring fractures may lead to malunion or nonunion. Symptoms are pelvic pain, impingement related urogenital problems, sitting and walking discomfort. The x-ray evaluation with standing and under stress projection is fundamental, as well as, the CT evaluation with 3D reconstruction finalized to elaborate preoperative planning. The surgical treatment – in one or three stages – consists in debridement and mobilization of anterior and posterior compartment, correct reduction and stable fixation, bone grafting, if necessary. These are very complex surgeries, with higher failure rate and worse outcomes respect early surgical treatment.

Key words: chronic pelvic instability, malunion, nonunion, functional outcomes

K. Zoccola¹ S. Cambursano² A. Aprato¹ M. Favuto¹ G. Cominetti¹ A. Massè¹ ¹ Dipartimento di Ortopedia e

Traumatologia, Città della Salute e della Scienza di Torino; ² Università degli studi di Torino, Scuola di Ortopedia e Traumatologia

Indirizzo per la corrispondenza: Kristian Zoccola

kristianz@hotmail.com

Instabilità cronica ed esiti: