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contro l’assimilazione etnica e religiosa

35 ZBS 430-431 36 Nichoritis 370-371.

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Santa Unzione, la confessione, la comunione, la preghiera per il viaggio. Alcuni prendevano i voti monastici maggiori (mgãlh sx∞ma). In diversi casi grande importanza si dà alla benedizione o maledizione della madre.

 Il viaggio per il martirio.

Il posto per il martirio si sceglieva accuratamente – il futuro Martire raramente tornava nel paese nativo, di solito si andava nei principali centri urbani dell’impero – Salonicco, Istanbul, Adrianopoli, Smirne, Tiro, Chio, Brussa, Mitilene... Il candidato era accompagnato da uno starec, che gli serviva come appoggio morale e spirituale. Anche lui era in pericolo, perché gli Ottomani cercavano anche i compagni del Neomartire; conosciamo almeno una storia in cui l’accompagnatore è stato denunciato dai monaci torturati durante il processo, arrestato e giustiziato.

 La preparazione – vestiti, barba, riti liturgici.

Arrivati nel luogo prescelto, il candidato e l’accompagnatore trovano nascondiglio presso i Cristiani, spesso preti. Comincia la preparazione, in alcuni casi assai lunga – digiuno, confessioni, Comunione, unzione con l’olio di lampade, preghiere, inchini. Spesso si continuava con la lettura delle Vite dei Neomartiri. Si trovano dei vestiti colorati (rossi, verdi), riservati ai Musulmani e dunque proibiti ai Cristiani; i più significativi erano i cappelli (čalma verde, feso rosso) e le scarpe rosse; si tagliano i capelli e la barba. In alcuni casi il candidato gira per la città, offre l’elemosina, entra nelle chiese, ordina servizi liturgici, visita posti conosciuti come posti di martirio di Cristiani uccisi precedentemente, bacia le icone e le reliquie. Come sempre all’ultimo momento chiede perdono a tutti i presenti.

 L’insulto all’Islam.

I futuri martiri trovano diversi modi di provocare le autorità del posto per ricevere la condanna a morte. Arrivato davanti al giudice (krtÆw, kadi) e agli altri esponenti musulmani (mufti), il monaco cominciava ad insultare l’Islam, il Profeta e i Musulmani in generale. Spiegava la propria situazione, diceva che la sua accettazione dell’Islam era stato uno sbaglio, una ferita che non guariva e ritirava le proprie promesse o

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professioni di fede. Spesso si lodava il Cristianesimo, alcuni portavano con sé un’icona o un copricapo monastico. Quasi sempre offendevano i vestiti turchi – gettavano la čalma o turbante, la calpestavano, vi sputavano sopra.

 Reazione dei musulmani. Convizioni, torture, morte. I Musulmani (giudici, sacerdoti, alti funzionari) erano soprattutto sorpresi e sconvolti. Dapprincipio pensavano alla follia, e controllavano lo stato mentale del futuro neomartire. Conosciamo un caso (S. Gedeone), che fu cacciato via dal tribunale parecchie volte ed riuscì ad essere condannato dopo alcuni anni di azioni provocatorie.37 Raramente la decisione è

immediata, gli ex-Musulmani pentiti sono invitati a ripensare, si propongono loro diverse cose in cambio, e dopo il rifiuto sono incarcerati, torturati e condannati.

Durante il processo, una delle cose principali era di non rivelare il proprio status di monaco, di non tradire l’accompagnatore e i sostenitori locali; così i Martiri raccontano agli Ottomani storie diverse – che sono stati in Russia, che sono marinai, che vengono da altri luoghi dell’impero. Le torture erano molto diverse: a S. Niceta, per es., hanno bruciato il naso e il pene, gli hanno messo una corona di spine, gli hanno infilato schegge di legno sotto le unghie. Conducendo il Martire alla morte, in alcuni casi38

l’araldo avvisava che questa sarebbe stata la fine di chiunque avesse osato lasciare la vera fede.

I Martiri morivano o impiccati, o decapitati. Si preferiva l’impiccagione, perché si toglieva la possibilità dell’uso del sangue come reliquia. Gli Ottomani capivano perfettamente la funzione del Neomartirio e cercavano di bloccare la produzione di reliquie: gettavano i corpi in mare, scavavano la terra bagnata del sangue e la gettavano nell’acqua; una volta hanno addirittura lavato la barca, con quale avevano portato il santo per evitare che i cristiani la baciassero...

37 Alla fine, però, il martirio di Gedeone fu molto spettacolare: gli hanno

tagliato i capelli, l’hanno messo su un’asino all’indietro facendone spettacolo per le strade, gli hanno tagliato tutte le dita e l’hanno annegato in una latrina, ŽS 12, 852-853.

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 Reazione degli accompagnatori e dei cristiani del luogo durante il martirio e dopo la morte.

I Cristiani del posto cercavano di sostenere moralmente il Neomartire. Si organizzavano preghiere nelle chiese e nelle case, alcuni gli facevano visita il carcere, portando anche la Santa Comunione. Alcuni si facevano anche incarcerare, per esempio per motivi di tasse, allo scopo di stare vicino al martire.

Dopo la morte si cercava di raccogliere tutto quanto fosse legato al martire. La gente prendeva la terra bagnata del sangue, bagnava i fazzoletti col sangue; un igumeno (Macario di Mavromola) comprò la porta di un negozio spruzzata con il sangue del martire39. L’accompagnatore cercava di comprare il corpo. Alcune reliquie erano divise tra i cristiani del posto, mentre la parte maggiore era portata al Monte Athos.

 Il culto al Monte Athos e nei luoghi del martirio. La diffusione del culto.

Gli accompagnatori portano al Monte Athos tutto ciò che era legato al martire – le parti del corpo che si riusciva ad ottenere, i capelli (che di solito venivano tagliati prima di intraprendere il martirio), il sangue e i vestiti. Subito si scriveva la Vita ed altri testi liturgici e venivano dipinte icone. La loro memoria si espandeva dal Monte Athos e dal luogo del martirio verso gli altri territori ortodossi. Nella seconda metà dell’Ottocento si dà attualità a questi culti in funzione del risveglio nazionale (particolarmente in Bulgaria). Di grande importanza era l’attività editoriale, soprattutto a Venezia.

 I Neomartiri come esempio e invito.

Nell’introduzione e nella conclusione alla Vita di S.

Onofrio, scritta da Onofrio di Iviron e stampata nel 1862,40 si

esprimono importanti caratteristiche sociali, che rivelano l’importanza e le funzioni del culto dei Neomartiri: il sostegno all’opposizione del Cristianesimo all’Islam, l’affermazione dell’Ortodossia nel confronto con le altre religioni e la

39 ŽS 11, 399-402. 40 Nichoritis 320-341.

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rivalutazione del modello della vita religiosa tradizionale, così diversa della vita laica contemporanea, borghese e consumista. Non c’è più un uomo fedele – esclama con il profeta Davide l’autore – è scomparsa la fedeltà tra i figli

dell’uomo! (Sal 11,2). L’autore riporta anche le parole del

profeta Michea (7,2): L’uomo pio è scomparso dalla terra,

non c’è più un giusto fra gli uomini e dell’Apostolo Paolo (2

Tim 3, 2-4): Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro,

vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall’orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio. Viene

ricordata la fermezza del martire d’Antiochia Varlaam.41 Alcuni addirittura disprezzano questi martirii, dicendo che sono derivati dalla vanagloria (konodoj¤a, slavoljubije). E ciò porta a fermare altri che avessero voglia di imitarli per

41 Interessante il confronto con un testo occidentale di sant’Alfonso

Maria de Liguori (1696-1787): “S’impara inoltre a fidare in Dio, e ad

affezionarci sempre più alla nostra fede, rilucendo ammirabilmente nella costanza de’ martiri la potenza di Dio, in dar loro forza di superare con tanto coraggio e giubilo i tormenti e la morte. Come mai tante persone deboli, tenere verginelle e fanciulli, o vecchi decrepiti avrebber potuto resistere al dolore di tanti tormenti, che fa orrore il solo udirli narrare: graticole, piastre, corazze infocate, verghe, flagelli, unghie di ferro che laceravano il corpo sino a scoprire le ossa e le viscere di quei santi, se non vi fosse stato Dio che loro avesse data la forza di soffrirli? S. Barlamo (posto nel martirologio al 19. novembre) povero contadino di un villaggio di Antiochia, stando forte a confessar la fede, il tiranno lo fece flagellare per molto tempo sino a stancarsene i carnefici; di poi lo costrinse a tener la mano sulla fiamma che ardea davanti un idolo, e sulla mano fece mettere carboni ardenti insieme con incenso, affinché scotendo il santo la mano per lo dolore, e cadendo l’incenso col fuoco sull’altare dell’idolo, potesse dire che Barlamo avea sacrificato a quel simulacro. Ma il santo si contentò che ‘l fuoco gli bruciasse la carne ed i nervi sino all’ossa, e non volle muover la mano, ed in mezzo ai dolori di questo supplicio, come dice l’istoria, finì di vivere. Questo martire è lodato da s. Giovanni Crisostomo e s. Basilio”, S. Alfonso Maria de Liguori, Vittorie dei martiri ovvero le vite dei più celebri martiri della Chiesa,

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seguire il loro esempio ed a raffreddare i sentimenti verso di loro. La Chiesa invece da sempre glorifica e festeggia i Santi i quali avevano rinnegato la fede cristiana e poi erano tornati all’Ortodossia, subendo il martirio. Onofrio di Iviron porta come esempio S. Giacomo il Persiano42 e S. Mirace

l’Egiziano43. Grazie a loro, dice, quei antichi e nuovi eroi, anche tutti noi possiamo diventare dei “martiri nella coscienza” (katå tØn proa¤rsn).

42 S. Giacomo Interciso (il Solitario) “apostatò dalle fede cristiana che

condivideva con sua madre e la sua sposa. Non appena queste lo seppero, gli inviarono una lettera per farlo rinsavire e questo bastò a farlo ritornare, e con più fervore, alla fede primitiva. Sorpreso un giorno a leggere le Sacre Scritture, fu denunciato al re. Sottoposto a un lungo interrogatorio, confessò coraggiosamente la sua fede. Irritato da tale ostinazione, il re lo condannò al terribile supplizio che gli meritò il soprannome di interciso, cioè a quello dell’amputazione successiva delle dita delle mani e dei piedi, quindi dei piedi, delle mani, delle braccia e delle gambe. Ogni nuovo supplizio fu accompagnato da un’invocazione di Giacomo al Signore attinta da un versetto biblico! Il martirio si concluse con la decapitazione [+421]. Avendo poi il re di Persia scoperto che i cristiani rendevano culto alle reliquie dei martiri, ordinò di bruciare i resti di Giacomo e di disperderli ma alcuni cristiani riuscirono a impadronirsene e li trasportarono a Gerusalemme” v. http://www.santiebeati.it/dettaglio/91626. Si festeggia il 27 novembre.

43 S. Mirace era un Egiziano cristiano. Viene costretto da un Emiro

mussulmano a convertirsi all’Islam. Pentitosi poco dopo, per le preghiere dei suoi genitori, entra in una moschea con la croce in mano, si dichiara Cristiano, invitando i Musulmani ad abbandonare loro falsa fede ed ad accettare quella vera. Fu torturato, decapitato e gettato in mare verso il 640. Si festeggia in Oriente l’11 dicembre.

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Indice delle abbreviazioni

Nichoritis К. Г. Нихоритис, Света Гора – Атон и българското новомъченичество, София, Академическо издателство “Проф. Марин Дринов”, 2001. Perantonis Ί. Μ. Περαντώνης, Λεξικόν των Νεοµαρτύρων 1-3. (=Έκκλησιαστκαί Έκδόσεις Έθνικης Έκατονπεντηκονταετηρίδος τ. 8-10). Svetačnik Хризостом (Столић) Хиландарац, Православни светачник. Месецослов светих. Том 1: Септембар-јун, Београд 1988; Том 2: Јул-август. Триод. Пасхалија. Поглавари аутономних и автокефалних Цркава, Београд 1989.

Treasures Treasures of Mount Athos (Catalogue of the Exhibition), B’ Edition, ed. A. A.

Karakatsanis, Holy Community of Mount Athos, Thessaloniki 1997. ŽBS Жития на българските светии. Съдържа 64 жития на светии, почитани по българските земи, Славянобългарски манастир “Св. Вмчк. Георги Зограф”, Света Гора Атон, 2002. ŽS 1-7, 11- 12: Јустин (Поповић), Житија светих [:] [1:] за месец јануар, Београд 1972 [2:] за месец фебруар, Београд 1973 [3:] за месец март, Београд 1973 [4:] за месец април, Београд 1973 [5:] за месец мај, Београд 1974 [6:] за месец јуни, Београд 1975 [7:] за месец јули, Београд 1975 [11:] за [месец] новембар, Београд 1977 [12:] за [месец] децембар, Београд 1977

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Ovvero quando la minoranza vuole dominare Il programma politico dei Cattolici bulgari

nel secolo XVII

Krassimir Stantchev In questa sede vorrei riprendere il discorso su un tema che ho soltanto sfiorato nella mia relazione ad uno dei precedenti convegni di questa serie, tenutosi otto anni fa a Cividale del Friuli e intitolato Culture maggioritarie e culture minoritarie:

incontri e scontri1. Allora, indagando sull’immagine della maggioranza ortodossa negli scritti secenteschi dei Cattolici bulgari, ero arrivato alla conclusione che quest’immagine veniva costruita in sintonia con le idee politiche della comunità cattolica bulgara dell’epoca, idee che avevo illustrate soprattutto con l’analisi delle opere epistolografiche e storiografiche del Vescovo, e poi Arcivescovo di Serdica / Sofia Petăr Bogdan (1600 / 01 – 1674), l’indiscutibile leader di questa comunità nel corso di quasi quattro decenni e, indubbiamente, il più illustre intelettuale bulgaro dell’epoca2. Nei suoi scritti P. Bogdan evocava l’immagine di un grande e bellissimo Regno di Bulgaria che, “se havesse un Signore christiano e bono, non cederebbe alli molti regni in Europa”, un regno in cui la stragrande maggioranza della popolazione era sì, ortodossa però, essendo essa composta di “gente idiota et ignorante”, avrebbe potuto essere guidata dai Cattolici con l’aiuto di Dio e di “qualche Signore cattolico”3. Vorrei dimostrare, ora, che quest’immagine e le idee alle quali essa

1 K. Stančev, L’immagine della maggioranza ortodossa negli scritti

secenteschi dei bulgari cattolici, in: “Letterature di Frontiera”, IX

(1999), pp.281-295.

2 Sulla vita e l’opera di P. Bogdan si veda la bibliografia citata in

Stančev, art. cit. Il nome di P. Bogdan veniva tradotto come Pietro Deodato.

3 P. Bogdan, La visita della Bulgaria al 1640, in: Acta Bulgariae

ecclesiastica. Аb a. 1565 usque ad a. 1799. Collegit et digessit p. fr.

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corrispondeva facevano davvero parte di piani politici d’ampio respiro che coinvolgevano anche i Bulgari cattolici dell’epoca.

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Nei piani politici per la rinascita del “Regno” di Bulgaria, la sua liberazione dal dominio ottomano veniva affidata alla forza militare della Serenissima e degli Asburgo, mentre la Santa Sede aveva già proveduto a creare una gerarchia cattolica che, almeno nei centri principali, controbilanciasse quella ortodossa che era nelle mani dei prelati greci (un elemento ostile che si sperava di cacciar via dai territori bulgari assieme agli Ottomani). Negli anni ‘40, alla vigilia della guerra di Candia, al posto dell’unica Diocesi cattolica che esisteva sin dal 1601, nelle terre bulgare furono istituite

tre Arcidiocesi le quali, nell’arco di un decennio, si trovarono

nelle mani dei cattolici bulgari originari di Čiprovci. Che questo facesse parte di un preciso disegno politico, lo dimostra in modo molto esplicito un documento pubblicato dieci anni fa che, nel mio precedente articolo, non avevo preso in considerazione e che ora vorrei confrontare con gli scritti di P. Bogdan da me allora analizzati.

Il documento in questione è un’anonima Relazione del

regno di Bulgaria, compilata da qualche funzionario di Propaganda fide tra gli anni 1656 e 1662 sulla base della

relazione di P. Pogdan La visita della Bulgaria al 1640, su alcune altre fonti provenienti dalla Bulgaria stessa4 e sugli atti

4 I. Spisarevska, La “Relazione del Regno di Bulgaria” anonyme de la

Bibliotèque Apostolique Vaticane (Codex Barberinianus latinus 5305),

in: “Palaeobulgarica”, XX (1996), 4, pp. 27-57 (presentazione, testo e trad. in lingua bulgara); in questa pubblicazione la relazione è stata datata in un lasso di tempo abbastanza ampio: tra il 1656 e il 1674. Dato che conosco il manoscritto della relazione de visu, mi permetterò ogni tanto di correggere la grafia di alcune forme; per quanto concerne la datazione, il confronto del testo con alcuni altri documenti, ancora inediti, mi permette di credere che essa si possa restringere tra l’anno 1656 e l’anno 1662.

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della Santa Sede concernenti l’istituzione delle nuove Diocesi. Questo testo ufficioso, il cui compilatore, a differenza di chi scriveva dall’interno dell’Impero Ottomano, non era costretto a trattare i temi politici con troppa cautella, inizia così5:

Questo regno è molto grande habitato da Turchi, Bulgari scismatici, Greci, Armeni et hebrei, fra q[ua]li per quanto si è potuto vedere per la Visita fatta, vive grand[issi]mo numero de Cat[toli]ci. […] se questo Regno fusse posseduto dal suo

antico Re Cat[toli]co sarebbe de primi d’Europa. Il dominio temporale fù occupato dal gran Sig[no]re dal quale hoggi vengono deputati tutti

gl’Officiali conf[orm]e uso Turcico, benché si permetta liberam[en]te il vivere ad’ogn’uno nella sua legge.

Il governo spirituale per q[ua]nto si è potuto è stato commesso à diversi Prelati Cat[toli]ci de rito

latino da questa S. Sede Ap[osto]lica,

anticam[en]te vivevano li Cat[toli]ci sotto la Cura del Vescovo di Sofia. Hoggi à Mon[signo]r Arciv[escov]o di Sardica fra Pietro Deodato […], da una parte, dall’altra vien governata da Mon[signo]r Arcivescovo d’Ocrida primatiale in detto Regno fr. France[as]co da Chiprovaz […], l’altra parte verso il Ponte Evsino vien governata da Mons[igno]r Pietro Parceviche Bulgaro Arciv[escov]o di Marcianopoli e final[me]nte per la Natione Paolianista fù provista la chiesa de Nicopoli nel Danubio della persona de Mons[igno]r Felippo Stanislao simil[me]nte Bulgaro, e questa è la p[rim]a volta detta chiesa fusse provista dopo l’occupat[ion]e del Regno.

5 I. Spisarevska, La “Relazione del Regno di Bulgaria” anonyme, p. 31;

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Anche P. Bogdan, all’inizio della sua celeberrima relazione del 1640, parlava di “Regno di Bulgaria” affrettandosi, però, a spiegare che vorrebbe “dar d’intendere alli leggenti la

grandezza del regno e la pochezza delli Cattolici che si

trovano in esso, essendo tutto il paese immerso nello scisma”6; precisava, inoltre, che “tutto questo regno è sotto il Vescovo [cattolico – K.S.] di Sofia, essendo catholici

pochissimi al rispetto del paese et detti scismatici”7. E, com’è noto, il numero dei cattolici nelle terre bulgare non aveva subito un sensibile aumento né tre anni dopo, quando nacquero le tre Arcidiocesi, né vent’anni dopo, quando fu stilata la Relazione anomima. Perché, allora, furono istituite le tre Arcidiocesi e perché l’anonimo compilatore parla di “grandissimo numero de Cattolici”? Penso che a entrambe le domande si possa dare una sola risposta: perché a partirte dai primi anni ‘40 del XVII secolo era notevolmente cambiata la visione sul ruolo della gerarchia cattolica nel territorio bulgaro. Dallo scopo missionario di difendere e diffondere la fede cattolica in partibus infidelium si era passati al compito di esercitare “il governo spirituale” in un regno occupato che si sperava di poter sottrarre presto sia al potere temporale ottomano, sia allo “scisma delli Greci”, affidandolo ad un “buon Signore cattolico”. A questo punto l’applicazione del principio cuius regio eius religio avrebbe dovuto assicurare una posizione dominante alla fede cattolica nel Regno di Bulgaria; anzi, essendo questo stato privato “dal suo antico Re Cattolico” (v. la Relazione anonima), si tratterebbe “semplicemente” di ricondurlo alla sua antica fede. Da un tale punto di vista l’affermazione del compilatore della Relazione

anonima che nel Regno di Bulgaria “vive grandissimo numero

de Cattolici” troverebbe una sua giustificazione. Ma sull’idea, condivisa anche da P. Bogdan, che in Bulgaria “semper viguit

6 P. Bogdan, La visita della Bulgaria al 1640, p. 68. 7 P. Bogdan, La visita della Bulgaria al 1640, p. 72.

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catholica fides”8 tornerò più tardi. Vorrei prima tentare un’analisi della ristrutturazione della gerarchia cattolica in Bulgaria effettuata negli anni ‘40, cercando di esplicitare sia le intenzioni che i risultati ottenuti con l’istituzione delle tre nuove Arcidiocesi.

Nel 1643, dunque, al posto dell’ex Vescovado di Sofia, sotto l’amministrazione del quale si trovavano anche la Valachia e la Moldavia, furono istituite due Arcivescovadi. A capo del primo fu nominato il già Vescovo di Sofia P. Bogdan, promosso ad Archiepiscopus Sardicensis. La seconda Arcidiocesi, quella di Marcianopolis, fu affidata al francescano bosniaco Marco Bandulović (nei documenti anche Bandulavić, lat. Bandinus, it. Bandini) 9. Il 6 febbraio1644 P. Bogdan e M. Bandulović firmarono una “pubblica scrittura della divisione et accordo, che habbiamo fatto fra di noi delle chiese et provincie a noi dalla S. chiesa Romana concredite” secondo la quale “al arcivescovo di Sardica, Sofia nuncupata, sia concessa la sua chiesa Sardicense con le sue sufraganee, et l’administrazione della Tracia, Dacia rippense e Valachia”, mentre “al arcivescovo elletto di Marcianopoli sia concessa la sua chiesa di Marcianopoli con le sue sufraganee e la provincia di Tomi, che confina con la sua, et la provincia di Moldavia, dove potrà far la residenza, essendo Provincia libera”; i confini tra le due diocesi venivano stabiliti così:

La Dacia Ripense sarà divisa dalle chiese sufraganee di Monsignor di Martianopoli con il

8 P. Bogdan, Relazione del 15 novembre 1667, in: Dokumenti za

katoličeskata dejnost v Bǎlgarija prez XVII vek. Săst. B. Primov, P.

Sarijski, M. Jovkov; naučen red. S. Stanimirov. Sofija, 1993, p. 231.

9 Ulpia Marcianopolis, fondata dall’imperatore Traiano, più tardi sede

dell’Arcivescovo della Moesia Secunda, oggi Devnja, nella Bulgaria nord-orientale, 30 km ad est dalla “capitale marittima” Varna; nei documenti concernenti la nomina di Bandulović troviamo

Martionopolis in Mesia inferiori – cfr. I. Dujčev, Il cattolicesimo in Bulgaria nel sec. XVII secondo i processi infromativi sulla nomina dei vescovi cattolici, P.I.O., Roma, 1937, pp. 91-97.

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fiume chiamato Iskar, che sbocca nel Danubio sopra Nicopoli. La metropoli di Sardica et la provincia della Tracia sarrà divisa dalla predetta chiesa di Martianopoli con il segnalato Mont’Hemo, chiamato volgarmente Catena mundi”10.

Questa divisione era stata voluta e sollecitata da P. Bogdan il quale incontrava sempre più gravi difficoltà sia nel gestire la comunità dei pauliciani a nord del Monte Hemus, sia nel visitare i pochissimi cattolici che risiedevano nel lontano nord-est del territorio bulgaro e in Moldavia. Con i decreti del 1643, però, a questa divisione venne data una giustificazione storico-geografica che incrementava il suo peso politico.

L’Arcivescovo di Sofia, com’è stato già detto, assumeva il titolo Sardicensis dall’antico nome romano della città. Non si

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