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Capitolo 2. L’Unione Bancaria europea: ragioni struttural

2.3 Un esempio di financial trilemma: il caso europeo

2.3.1 Zona euro: dall’integrazione finanziaria

Nel corso dei dieci anni che hanno preceduto la crisi globale, l’Unione Europea e in modo particolare l’area euro, hanno vissuto un significativo incremento nell’attività finanziaria transfrontaliera. In larga misura questo fenomeno è da considerarsi come parte del trend globale verso la disintermediazione e la globalizzazione dei mercati finanziari, indotta dalla liberalizzazione dei mercati finanziari e dalle nuove possibilità tecnologiche. Tuttavia ci sono anche altri specifici fattori che hanno fornito un ulteriore impulso alla integrazione intra-europea (Beck e al., 2012).

In particolare i movimenti transfrontalieri dentro e fuori i paesi dell’Europa occidentale sono stati dominati dai flussi bancari, riflettendo la natura bancaria del sistema finanziario europeo.

Il primo importante passo verso una unificazione dei mercati bancari europei si ha nel 1989 con l’introduzione della Singola Licenza Bancaria che determina la convergenza della legislazione e regolamentazione finanziaria tra i paesi membri. È tuttavia l’introduzione dell’euro, nel 1999, la conseguente eliminazione del rischio di cambio e la sempre più forte armonizzazione della regolamentazione tra i paesi membri, nonché l’aumento nel volume degli scambi, a produrre una significativa spinta verso l’integrazione bancaria.

Uno studio sulle partecipazioni bancarie bilaterali cross-border, condotto da Kalemli- Ozcan, Papaioannu e Peydro (2009) su un campione di 20 banche e in un orizzonte temporale di 30 anni, mostra che i paesi membri dell’EMU hanno incrementato del 40% le partecipazioni bancarie bilaterali rispetto ai paesi non membri. L’analisi conferma che l’incremento è imputabile in larga parte all’eliminazione del rischio di cambio; il processo di armonizzazione a livello UE ha fornito una ulteriore spinta verso l’integrazione.

L’incremento relativo dei contratti bilaterali bancari tra i paesi membri dell’area euro può essere invece attribuito a tre diversi effetti (Spiegel 2009):

a) un effetto ‘borrower’: l’appartenenza all’EMU ha migliorato il merito creditizio dei paesi membri, i quali hanno così potuto ampliare il range delle le fonti di finanziamento;

b) un effetto ‘creditor’: con la creazione dell’area euro è aumentato l’interesse degli intermediari finanziari per le banche con sede in un paese membro;

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c) un effetto ‘pair-wise’: il numero delle transazioni bancarie transfrontaliere tra coppie di paesi membri perché la qualità dell’intermediazione è migliore quando sia il lender e il borrower appartengono alla stessa area.

Spiegel trova che tra i tre l’effetto dominante è quest’ultimo, ovvero il ‘pair-wise’. Egli inoltre mostra che gli effetti sopra elencati risultano particolarmente forti in alcuni dei paesi periferici dell’area euro, in particolare per le banche portoghesi e greche che con l’ingresso nell’EMU hanno radicalmente mutato le fonti esterne di finanziamento: se prima del passaggio alla moneta unica, le banche dei due paesi periferici si affidavano perlopiù a fonti denominate in dollari, in seguito queste sono state in grado di reperire fondi da tutte le controparti dell’area.

La rapida integrazione del sistema finanziario è stata inoltre facilitata dall’istituzione della relativa infrastruttura per i sistemi di pagamento all’ingrosso, il sistema TARGET, in seguito sostituito dal TARGET 234.

Con la nascita dell'euro è quindi aumentata l’interconnessione tra i paesi europei. I mercati bancari presentano tuttavia una differenza tra le attività connesse alle attività interbancarie, ai sistemi di pagamento all’ingrosso, alle attività bancarie al dettaglio. Nei servizi bancari al dettaglio non vi sono stati progressi sostanziali nell’integrazione. Di fatto, si possono riscontrare differenze nell’impatto del tasso di mercato monetario sui tassi d’interesse bancari al dettaglio tra i paesi dell’area, in termini sia di livello che di variazioni nel tempo. Mentre vi è una piccola convergenza nei tassi d’interesse sui prestiti per l’acquisto di abitazioni o alle società non finanziarie, vi sono notevoli differenze fra i tassi d’interesse sui prestiti al consumo erogati alle famiglie. Tale frammentazione non deve sorprendere in quanto può essere ricondotta all’importanza delle informazioni locali nel fornire prestiti a famiglie e piccole imprese, oltre che alle differenze nei sistemi locali nazionali nell’esecuzione delle modalità di rimborso e esclusione (Lane, 2008).

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TARGET, Trans-european Automated Real-time Gross settlement Express Transfer system era il sistema europeo di regolamento lordo in tempo reale, nel senso che ogni pagamento raggiunge la sua destinazione istantaneamente. Target era un sistema costituito dai sistemi di regolamento lordo nazionali dei 15 paesi partecipanti all’UE, dalla procedura per i pagamenti della BCE e da un insieme di infrastrutture tecniche e procedure comuni atte a fornire un unico impianto per l’esecuzione dei pagamenti cross-border. I flussi di pagamento sono espressi in euro. Perciò il sistema operava compiutamente solo tra i Paesi aderenti all’Eurosistema. Tre sono i principali obiettivi di Target: a) agevolare la conduzione della politica monetaria unica; b) fornire procedure sicure e affidabili per il regolamento lordo in tempo reale dei pagamenti cross-border; c) aumentare l’efficienza dei pagamenti cross-border all’interno della UE. A partire dal 19 novembre 2007 il sistema TARGET è stato sostituito da TARGET2, caratterizzato da una piattaforma tecnica unica denominata la piattaforma unica condivisa (Single Shared Platform, SSP) realizzata e gestita dalle «BC fornitrici della SSP» Banca d'Italia, dalla Deutsche Bundesbank e dalla Banque de France nell’interesse dell’Eurosistema.

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Se il segmento retail è poco sviluppato il rischio di credito legato ai clienti nazionali è maggiore perché le banche incrementano il volume delle operazioni internazionali e quindi il rischio, ma le ripercussioni di eventuali fallimenti graveranno su mutuatari e depositanti nazionali.

Anche se il retail banking è rimasto frammentato, il settore bancario è stato un conducente centrale nel processo di integrazione finanziaria attraverso prestiti e depositi interbancari transfrontalieri (mercato interbancario) e sul mercato all’ingrosso (wholesale) in cui le banche sono i principali acquirenti di titoli emessi da altre banche. La forte crescita dei legami tra gli istituti bancari, sul mercato interbancario e sul sistema dei pagamenti ha tuttavia aumentato il rischio che gli shock si trasmettano da un paese all’altro e quindi il rischio di instabilità finanziaria.

La creazione del mercato unico ha inoltre segnato l’inizio di un processo di espansione geografica e aggregazione bancaria; molte banche hanno aperto sedi al di fuori dei confini dei paesi di origine, e hanno comprato partecipazioni azionarie di gruppi bancari esteri con cui, in molti casi, si sono integrate anche operativamente

L’integrazione bancaria europea si è quindi sviluppata attraverso l’apertura di succursali e filiali transfrontaliere35, ma anche nella forma di mergers and acquisitions (M&A): inizialmente l’Europa occidentale si è rivolta a paesi al di fuori della regione, in particolare America Latina, Africa e Europa centrale e orientale; in seguito le M&A si sono focalizzate all’interno della stessa Europa occidentale. Inizialmente questo fenomeno si è sviluppato all’interno dell’industria nazionale, aumentando così il livello di concentrazione soprattutto nei paesi più piccoli, in seguito però fusioni e acquisizioni transfrontaliere hanno generato grandi gruppi bancari pan-europei.

I principali ‘campioni nazionali’ appartengono alle cinque economie maggiori dell’aria, Germania, Francia, Inghilterra, Italia e Spagna, anche se la forza relativa non sempre va in linea con la grandezza dell’economia di riferimento: la Germania è presente con 2 grandi gruppi bancari di spessore internazionale, mentre la Francia e l’Inghilterra con 3, l’Italia e la Spagna con 2.

Oltre che integrato il sistema finanziario europeo risulta essere anche particolarmente interconnesso.

35 In linea con le prove fornite dalla Aviat et al. (2009), non vi è tuttavia alcuna evidenza di un effetto

euro sull’aumento delle fusioni e acquisizioni transfrontaliere nel settore bancario. Piuttosto potrebbe essere spiegato da fattori regionali e dalle strategie globali seguite da alcuni dei più grandi gruppi bancari. Questo risultato si allinea con i dati rilevati dalla Banca Centrale Europea (2008), che dimostrano che fusioni e acquisizioni transfrontaliere che coinvolgono le banche dell'area euro si dividono equamente tra quelle all'interno dell'Unione e quelle extra-unione.

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Una prima fonte di interconnessione deriva dalla fittissima rete di partecipazioni incrociate che lega praticamente tutte le maggiori banche europee.

Oltre alle partecipazioni azionarie, molte istituzioni finanziarie investono una parte cospicua delle loro risorse in obbligazioni emesse da altre società finanziare (detenzione incrociata di obbligazioni finanziarie).

Infine, fino allo scoppio della crisi finanziaria, molte banche detenevano titoli di Stato di altri paesi, alle volte in percentuale alta rispetto ai propri asset totali.

Accanto a banche troppo-grandi-per-fallire (too-big-to-fail) il sistema bancario europeo presenta dunque anche banche troppo-sistemiche-per-fallire, le quali anche senza una dimensione in termini di totale sull’attivo particolarmente rilevante, presentano un grado di complessità e interconnessione col resto del sistema talmente elevato, da poter destabilizzare, in caso di fallimento, l’intero settore reale.

Bisogna inoltre sottolineare che il grado di interconnessione tra mercati e intermediari finanziari della zona euro è tale che non solo le grandi banche internazionali possono costituire una seria minaccia per la stabilità finanziaria ma possono costituire un pericolo anche le piccole banche locali.

Il caso più eclatante proviene dalle casse locali di risparmio spagnole (‘cajas’) le quali hanno finanziato uno smisurato boom immobiliare. Non appena il boom è scoppiato le perdite hanno minacciato di sopraffare le capacità fiscali dello Stato spagnolo e, visti gli stretti legami che queste casse di risparmio hanno con le grandi banche spagnole, le quali a loro volta sono finanziariamente legate ad altre banche europee, il problema è diventato europeo.

2.3.2 …all’instabilità finanziaria: crisi sistemiche e disintegrazione finanziaria

L’area euro è stata colpita da due crisi di portata sistemica le quali hanno avuto gravi conseguenze sull’integrazione finanziaria europea.

Le turbolenze scoppiate nei mercati finanziari nell’agosto 2007 innescate da un deterioramento del valore dei mutui ipotecari subprime, si sono ben presto propagate in altri segmenti dei mercati finanziari.

La crisi è stata infatti esasperata dall’alto grado di interconnessione del sistema bancario che ha notevolmente incrementato il rischio di contagio tra gli istituti finanziari di tutta l’area. A questo si è sommata una situazione di generale sottocapitalizzazione delle banche più esposte al rischio di contagio.

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Questa situazione ha dato luogo ad una generale perdita di fiducia nel settore bancario e fra le stesse banche.

La perdita di fiducia nel settore bancario è stata testimoniata da fenomeni di panico generalizzato tra i depositanti e corse agli sportelli.

La perdita di fiducia tra le stesse banche ha invece posto le basi per una sempre più crescente disintegrazione finanziaria.

Il mercato più colpito è stato quello monetario in euro, sia interbancario che wholesale. In sostanza, a seguito della crisi, le banche dell’Eurosistema hanno mutato le strategie di finanziamento preferendo ricorrere a fonti di finanziamento più sicure, come i depositi e la liquidità della BCE, ritenuta l’unica controparte sicura. La BCE ha infatti avuto un ruolo centrale nel gestire la crisi di liquidità che ha travolto le banche dell’area euro. Inoltre, a seguito della crisi finanziaria, è aumenta l’esposizione bancaria in titoli di Stato del paese di origine (home bias), fenomeno che ha riguardato per lo più i paesi periferici.

Con la crisi dei subprime anche il processo di espansione bancaria cross-border ha evidenziato una inversione di tendenza, anche perché sono stati necessari processi di nazionalizzazione delle banche in difficoltà.

Stesso discorso vale per la crisi dei debiti sovrani che ha messo in crisi la maggior parte dei gruppi bancari europei tramite la componente periferica che deteneva titoli di Stato dei paesi di origine.

La crisi del debito sovrano scoppiata nel 2010 ma intensificatasi nel 2011 ha infatti ulteriormente aggravato le condizioni del mercato finanziario, con una crisi sistemica in cui gli Stati si sono contagiati fra loro per poi contagiare le banche.

Anche in questa seconda fase della crisi la perdita di fiducia tra banche ha causato l’arresto dei mercati interbancari e il ricorso alla liquidità della BCE come fonte principale di finanziamento.

Le tensioni sui mercati delle obbligazioni pubbliche hanno inoltre colpito l’andamento dei tassi bancari attivi che riflettono diverse determinanti tra cui il costo della raccolta, la dinamica del PIL e i premi per il rischio sovrano. Attraverso il canale del rischio sovrano, i tassi bancari hanno riflesso il c.d. ‘rischio paese’, mostrando un ampia differenza fra i tassi dei paesi ‘core’, con un ‘rischio paese’ più basso e i tassi dei paesi periferici, con un ‘rischio paese’ molto elevato, a causa del possibile rischio di default. Lo stesso fenomeno ha riguardato i tassi bancari passivi al dettaglio, che beneficiano di forme di garanzia pubblica sia esplicita che implicita e che pertanto, in assenza di rischi

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per la stabilità complessiva del sistema, dovrebbero mostrare tendenze simili tra paesi di una stessa area valutaria.

Il mercato dei depositi, ha vissuto infatti una crescente frammentazione sin dal 2008 che tuttavia si è intensificata con lo scoppio della crisi del debito nel 2010. A partire dall’estate 2011 i non-residenti dell’area euro hanno iniziato a ritirare i loro depositi dalle banche dell’area, riflettendo le crescenti preoccupazioni circa lo stato di salute di alcune di queste banche a causa della loro esposizione verso gli Stati colpiti dalla crisi o a causa dei crescenti problemi di liquidità. Di conseguenza sia i tassi d’interesse sui depositi che il loro grado di dispersione transfrontaliera è cresciuto significativamente a partire dal 2010.

2.3.3 Caratteristiche dell’assetto istituzionale europeo per la salvaguardia

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