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LA MORFOLOGIA DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI E I PROBLEMI DEL MULTICULTURALISMO

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Rivista N°: 4/2013 DATA PUBBLICAZIONE: 04/10/2013 AUTORE: Narciso Leandro Xavier Baez*

LA MORFOLOGIA DEI DIRITTI UMANI E I PROBLEMI DEL MULTICULTURALISMO

1. L’Epistemologia del Genere Diritti Umani – 2. Le dimensioni di attuazione dei diritti umani: Il dialogo tra il Fondamentale e il Dipendente da fattori culturali. – 3. La morfologia dei Diritti Umani Fondamentali e la sfida della sua protezione nelle società multiculturali - La coesistenza dell’Universale con il Relativo. – 4. Riferimenti bibliografici.

Che cosa sono i diritti umani fondamentali? Qual è la portata e il contenuto di questi diritti? Sono u-niversali o dipendenti da fattori culturali? Queste tre domande hanno sfidato filosofi, pensatori e scienziati politici, soprattutto negli ultimi decenni. È pur vero, che con la globalizzazione dell’economia e la mondializ-zazione della cultura e dei media, differenti visioni e differenti pratiche culturali intorno al mondo, esse hanno avuto un risalto internazionale, sia per la nobiltà dei loro valori, come è il caso della solidarietà buddista rico-nosciuta praticamente da tutti i popoli, sia per le polemiche delle loro tradizioni, come la questione dell’uso del burqa da parte delle donne mussulmane che, per alcune civiltà è un obbligo religioso e morale, mentre per altre è una frma di sottomissione e di degrado della dignità femminile.

All’interno di questa diversità culturale e alle risposte che ogni popolo ha sviluppato nel corso della storia, per affrontare i loro problemi, sorge la questione nel sapere come i diritti umani fondamentali potranno essere rispettati e protetti dinanzi a questi antagonismi assiologici così estremi. In questo senso, si vede che il primo passo per superare queste difficoltà è quello di stabilire i parametri epistemologici interculturali che permettano di identificare cos’è e cosa non è un diritto umano fondamentale, giacché questa categoria viene utilizzata per descrivere qualsiasi situazione di frustrazione, d’ingiustizia e d’incomprensione tra le civiltà, il che rende confusa la comprensione della sua portata e dei suoi contenuti. È essenziale chiarire in quali cir-costanze una situazione pratica di conflittualità si limita ad un attrito tra due culture condizionate da tradizioni morali divergenti, o quando il caso va al di là di questo contrasto sì da perpetrare delle violazioni gravi dei diritti umani fondamentali usando l’allegazione che esse sono una componente della cultura.

Il presente articolo ha come obiettivo quello di sviluppare questa discussione attraverso la presenta-zione di una nuova teoria dei diritti umani fondamentali che sia in grado di fornire strumenti oggettivi per la valutazione di casi concreti che coinvolgono situazioni polemiche sulle tradizioni culturali. Il marchio teorico proposto permette di valutare se la pratica adottata da un popolo rappresenti la forma di realizzazione cultu-rale della dignità umana, scelta dai suoi membri, o se essa configuri la violazione di un diritto umano fonda-mentale. La proposta cerca di superare gli antagonismi tra le tesi a sostegno di un’osservanza universale di questi diritti che operi indipendentemente dalle peculiarità culturali, e quelle che difendono la relatività dei valori morali espressi nei diritti umani fondamentali i quali, secondo i loro teorici, dovrebbero essere adeguati alle peculiarità culturali di ogni popolo.

* Professore e Ricercatore del Programma di Post lauream in Giurisprudenza dell’Universidade do Oeste de Catarina. Juiz

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1. L’Epistemologia del Genere Diritti Umani

Le Dichiarazioni dei Diritti Umani dell’Organizzazione degli Stati Americani1 e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite2, entrambe del 1948, hanno riconosciuto nei loro preamboli, un valore comune che do-vrebbe essere utilizzato come base di tutti i diritti in essi contemplati: tale la dignità umana3, che è ormai

ri-conosciuta come il valore essenziale e pietra angolare di tutti i diritti che vi sono enunciati.4 Nello stesso senso, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea riconosce anche che “valori indivisibili e univer-sali della dignità dell’essere umano, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà” come base dei diritti che dichiara5. Nella raccolta filosofica, le varie teorie occidentali che cercano di fondamentare i diritti umani6

sostengono anche, attraverso differenti argomentazioni e percorsi, che questi diritti sono forme di realizza-zione della dignità umana, sottolineando che nella visuale occidentale tale è l’elemento etico nucleare di questa classe di diritti che hanno come radice il valore intrinseco alla dignità che è propria degli esseri uma-ni.7

Si avverte, tuttavia, che l’uso della dignità come base dei diritti inerenti agli esseri umani non è una scoperta dell’Occidente, dal momento che questa base morale si ritrova anche in altre tradizioni sociali, in epoche precedenti al cristianesimo.8 Per esempio, per i popoli che seguono i valori morali del Confucianesi-mo che esprime una tradizione che ha avuto inizio in Cina più di 2.500 anni fa, non sussiste un’idea indivi-dualistica dei diritti, auspicando che ogni persona svolga pienamente un ruolo attivo nell’ambiente in cui vive, compiendo obblighi con se stessa e con la società.9 Infatti i valori morali del confucianesimo trovano svilup-po in un sistema di relazioni interpersonali che hanno radici nell’umanità e che si chiamano ren o jen, la più basica di tutte le virtù che si trova in ogni individuo portandolo a rispettare, a preoccuparsi ed a prendersi cura della vita dell’altro. In ciò consiste la sintesi pratica del shu, ovvero del non imporre agli altri ciò che non desideriamo sia fatto a noi stessi.10 Come si può vedere, la base dei diritti e dei doveri delle persone in que-sto sistema morale è la propria intrinseca umanità, l’attributo che nobilita ogni essere umano e che fa in mo-do che gli altri lo rispettino e si preoccupino del suo benessere.

Per quanto riguarda la filosofia buddista sviluppatasi nel VI e IV secolo a.C. attraverso gli insegna-menti del Buddha, che viene adottata dalla maggior parte delle persone che vivono tra la regione dello Sri Lanka, Sud-Est asiatico e in gran parte del Giappone, è evidente che essa non contempla direttamente i va-lori legati alla dignità umana considerata isolatamente in ogni essere umano: infatti, secondo questo sistema morale, l’individuo è una parte inseparabile di un tutto: la collettività.11 In questa logica, l’io è un’illusione dal momento che tutti gli esseri umani sono interdipendenti e che la loro esistenza si giustifica alla luce del rap-porto che stabiliscono tra di loro. Per questo motivo la difesa dei diritti individuali sarebbe di per sé una

1 Nel primo paragrafo del preambolo della Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell’Uomo è stato stabilito

espres-samente: “Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali in dignità e diritti e, come sono dotati dalla natura di ragione e di coscienza, devono comportarsi fraternamente gli uni con gli altri “. In LAWSON, Edward. Encyclopedia of Human Rights. 2 ed. Washington: Taylor & Fran-cis, 1999, p. 71.

2 La Dichiarazione delle Nazioni Unite stabilisce nel primo paragrafo del suo preambolo: “Considerando il riconoscimento della

dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Inoltre, stabilisce nel suo primo articolo che: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. In GHANDHI,P. R. Internacional Human Rights Documents. 4 ed. New York: Oxford University Press, 2004, p. 22/3.

3 In quest’opera, l’opzione è quella di utilizzare il termine “dignità umana”, poiché rappresenta astrattamente un attributo noto

all’umanità nel suo insieme, evitando, quindi l’uso della espressione “dignità della persona umana”, poiché è associata a situazioni con-crete, individualmente considerate nei contesti dei loro sviluppi morali e sociali. Viene quindi utilizzata la medesima distinzione fatta da Ingo SARLET, Dignidade da Pessoa Humana e Direitos Fundamentais na Constituição Federal de 1988. Porto Alegre: Livraria do Ad-vogado, 2001, p.38.

4 M

AHONEY, Jack. The Challenge of Human Rights: Origin, Development, and Significance. Oxford: Blackwell Publishing, 2007, p. 145.

5 G

HANDHI, op. cit., p. 378.

6 B

AEZ, Narciso Leandro Xavier; BARETTO, Vicente. Direitos Humanos e Globalização (a cura di), Direitos Humanos em Evo-lução. Joaçaba: Editora Unoesc, 2007, p. 18.

7 F

LOOD,Patrick James. The Effectiveness of UN Human Rights Institutions. Westport: Praeger Publishers, 1998, p. 09.

8 P

AREKH,Bhikhu. Pluralist universalism and human rights. In: SMITH, RHONA K. M.; ANKER, Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 284.

9 C

HAN,Joseph. Confucianism and human rights. In: SMITH, RHONA K. M.; ANKER, Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 55/6.

10 L

ENG, Shao-Chuan. Human Rights in Chinese Political Culture. In: THOMPSON, Kenneth W. The Moral Imperativs of Human Rights: A World Survey. Washington: University Press of America, 1980, p. 83.

11C

HAN,Stephan. Buddhism and human rights. In: SMITH,Rhona K. M.; ANKER, Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 25/6.

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traddizione, dal momento che porrebbe l’individuo al primo posto separandolo dall’unità collettiva che questi integra.12 In questo modo, si predica l’esistenza di un’uguaglianza essenziale tra gli esseri umani, la virtù essendo esternalizzata dalla fraternità, generosità e rispetto per l’altro senza discriminazioni di qualsiasi na-tura: un criterio che valorizza l’essere umano e che deve essere adottato affinché si abbia una società paci-fica.13 Le violazioni come la schiavitù e la tortura non trovano spazio alcuno nella filosofia buddista, in quanto sono il risultato di una forte connessione con l’io di trasgressori che evidentemente non considerano se stes-si come parte di un tutto.14 È per questo motivo che i buddisti sostengono che, se si evitassero il

rafforza-mento dell’individualismo e la consapevolezza dell’io, che sono tanto proclamati dalle culture occidentali, non vi sarebbero nemmeno motivi per la violazione dei diritti previsti nella Dichiarazione Universale, giacché il rispetto dei valori ivi sanciti sarebbero una conseguenza naturale della coscienza collettiva sussistente tra gli esseri umani.15

Un altro aspetto degno di nota è che nel Buddismo gli individui si intendono come parte di tutti gli esseri che popolano il pianeta, siano essi senzienti16 oppure no, poiché hanno in comune il fatto di essere ugualmente mutevoli e temporanei; agli esseri umani, giacché sono gli unici che hanno la capacità di scelta morale, compete la responsabilità cosmica di aiutare gli altri esseri nel progresso evolutivo.17 Si noti che, a differenza di quanto accade nella Dichiarazione delle Nazioni Unite, la quale esprime una tendenza esclusi-vamente antropocentrica ponendo l’uomo come unico destinatario di tutti i diritti lì previsti, nella filosofia bud-dista i diritti devono essere condivisi con tutti gli altri esseri della natura. Inoltre, ogni essere umano ha un ruolo da sviluppare, al fine di sostenere e promuovere la giustizia sociale e l’ordine attraverso l’adempimento degli obblighi sacri e reciproci che devono esistere tra tutti: tra genitori e figli, insegnanti e studenti, marito e moglie, parenti, amici, vicini di casa, e tra i datori di lavoro e i dipendenti.18 Questo insieme di valori morali percepiti nel Buddismo rivela dunque che il fondamento di ogni diritto inerente agli esseri umani si troverà nei doveri sacri che essi hanno tra di loro. Secondo questa percezione la dignità umana è dimensionata col-lettivamente e la cessazione della sofferenza è stabilita come meta principale dell’umanità.

Per quanto riguarda la tradizione Indù, che forma la terza maggiore religione del mondo adottata principalmente in India da più di 3500 anni, sono riconosciuti distinti livelli nella natura umana, che si suddi-vide in caste.19 Nel quadro di questo sistema morale, il punto di partenza del ragionamento è nella constata-zione che tra gli esseri umani esistono differenze fondamentali e immutabili che danno luogo alla necessità di stabilire differenti norme di comportamento che siano appropriate alla posizione di ognuno nell’esistenza.20 Come conseguenza, sorgono vari livelli di verità spirituali che sono ugualmente validi anche se tutta la verità sia una e sia la stessa per ogni essere umano.21 Per tale motivo, non vi è alcun modo di fondare una condizione di uniformità di norme applicabili a tutti nello stesso modo, dal momento che ogni gruppo (casta) ha il proprio dharma (legge) tradizionalmente definito e religiosamente sanzionato.22 Ne con-segue che, per raggiungere la perfezione, gli individui devono cercare di adempiere ai propri obblighi in ar-monia con la casta nella quale sono nati, ma anche ricevendo l’opportunità, in ogni rinascita terrena, di sot-toporsi a differenti caste e diritti, fino a raggiungere la perfezione (moksha).23 È interessante notare, ancora,

12 I

HARA,Craig K. Why There Are no Rights in Buddhism: A Repply to Damien Keown. In: KEOWN,Damien V.; CHARLES,S. Prebish; WAYNE, R. Husted. Buddhism and Human Rights. Cornwall: Curzon, 1998, p. 44/5.

13 H

ONGLADORM, Soraj. Buddhism and Human Rights in the Thoughts of Sulak Sivaraksa and Phra Dhammapidok (Prayudh Prayutto). In: KEOWN, Damien V.; CHARLES, S. Prebish; WAYNE,R. Husted. Buddhism and Human Rights. Cornwall: Curzon, 1998, p. 99-100.

14 Ibidem, p. 100. 15 Ibidem.

16 Senzienti sono tutti gli esseri viventi, umani o no, in grado di sofferenze fisiche e psichiche, ossia, che hanno sensazioni,

come, ad esempio, i cani, i gatti, tra gli altri. In: SINGER,Peter. Animal Liberation. 2 ed. New York: The New York Review of Books, 1990, p. 8.

17 J

UNGER, Peter D. Why the Buddha Has no Rights. In: KEOWN, Damien V.; CHARLES, S. Prebish; WAYNE, R. Husted. Buddhism and Human Rights. Cornwall: Curzon, 1998, p. 54.

18 K

EOWN, Damien. Are There Human Rights in Buddhism?. In: KEOWN, Damien V.; CHARLES,S. Prebish; WAYNE, R. Husted. Buddhism and Human Rights. Cornwall: Curzon, 1998, p. 20-21.

19 B

UULTJENS,Ralph. Human Rights in Indian Political Culture. In: THOMPSON, Kenneth W. The Moral Imperativs of Human Rights: A World Survey. Washington: University Press of America, 1980, p 112/3.

20 S

OUTH ASIA HUMAN RIGHTS DOCUMENTATION CENTRE.Human Rights and Humanitarian Law. New Dehli: Oxford University Press, 2008, p. 215.

21 B

UULTJENS,op. cit., p 112/3.

22 S

OKO, Keith. A Mounting East-West Tension. Milwaukee: Marquette University Press, 2009, p 61.

23 H

ARSH, Bhanwar Lal. Human Rights in India: Protection and Implementation of the Human Rights Act, 1993. New Delhi: Regal Publications, 2009, p. 32/3.

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che anche all’interno delle diverse caste ogni individuo occupa un posto centrale e inviolabile, e ciò in ragio-ne della sua potenziale realizzazioragio-ne spirituale: infatti tutti seguono il cammino evolutivo che porterà alla

moksha.24 Come si può vedere, anche il sistema induista, allo scopo di definire i diritti che devono essere riconosciuti ai singoli individui e le responsabilità loro proprie, muove dalla natura umana e dalla sua dignità. Non altera la realtà il fatto che, per misurare il livello dei diritti di ogni essere umano nel contesto sociale in cui vive, questa cultura adotti il controverso sistema di caste: il punto di partenza di questo ordine morale è pur sempre la dignità inerente agli esseri umani, giacché in ogni casta l’individuo è centro inviolabile del po-tenziale di realizzazione spirituale. Tale la base su cui si fonda il riconoscimento dei differenti livelli di diritti a cui le persone hanno accesso.

Un’altra cultura che merita di essere evidenziata è quella adottata dalla maggior parte dei popoli che vivono nel centro, nell’est e nel meridione del continente africano, i quali seguono un antico codice morale, chiamato ubuntu, che sottolinea l’importanza dell’ospitalità, del rispetto e della generosità che gli individui devono esercitare l’uno verso l’altro per il semplice fatto che tutti appartengono a un’unica famiglia umana.25 In questo sistema assiologico l’individuo è persona attraverso le altre persone: vale a dire che la dignità dell’essere umano è costruita, da come il singolo partecipa e condivide la propria vita collettivamente, aiu-tando gli altri esseri umani.26 Queste caratteristiche rendono evidente che in questo ordine culturale la

digni-tà inerente agli esseri umani è anche la base ideologica che governa le norme poste alla base dei diritti es-senziali all’interno dei gruppi sociali. La prova di questo, si trova nel fatto che, nel 1981, la Carta Africana dei Diritti Umani e dei Popoli, ha incoronato, nel terzo paragrafo del suo preambolo, la realizzazione della dignità umana come uno degli obiettivi essenziali raggiungere per l’intero popolo africano.27 Già nella cultura

islami-ca, che si basa sulla morale religiosa per regolare i comportamenti sociali ed è la seconda maggior religione del mondo per numero di adepti, si ravvisa che i testi sacri sono caratterizzati da una preoccupazione co-stante per la conservazione della dignità umana, stabilita attraverso comandamenti che proteggono le varie forme della sua realizzazione quali la vita, la libertà, l’uguaglianza.28 D’altronde queste condizioni sono

cul-minate nella promulgazione della Dichiarazione Generale dei Diritti Umani dell’Islam il cui testo, quale risulta-to del lavoro di studiosi, di giuristi e di rappresentanti dei diversi movimenti musulmani, è basarisulta-to sul Corano e sulla Sunnah.29 Nel primo paragrafo della prefazione di questa dichiarazione è stato stabilito che «(...)

L’Islam ha conferito all’uomo un codice ideale di diritti umani. Questi diritti mirano a conferire onore e dignità all’essere umano e ad eliminare lo sfruttamento, l’oppressione, l’ingiustizia e la prevaricazione».30 È pertanto

evidente che anche nell’Islam la dignità umana è l’elemento centrale e il principale obbiettivo dei diritti fon-damentali. Nello stesso senso si dirige la Carta Araba dei Diritti Umani che nel primo paragrafo del suo pre-ambolo, esprime la «credenza delle Nazioni Arabe nella dignità umana, che Dio l’ha onorata», sottolineando altresì che tutti gli esseri umani hanno «diritto ad una vita dignitosa basata sulla libertà, sulla giustizia e sulla

pace».31

Per quanto riguarda la tradizione giudaica, si osserva che i valori morali che conducono la vita dei suoi seguaci sono considerati come precise responsabilità alle quali si deve dare compimento in osservanza dei decreti divini inseriti nella Torah, il cui nord è nella santità della vita e nella conservazione e tutela della dignità umana, dal momento che gli uomini e le donne sono stati creati come immagine di Dio.32 Come si vede, la concezione di se stesso che identifica l’essere umano con Dio lo rende speciale e diverso dalle altre specie, il che dimostra che anche questo sistema assiologico utilizza la dignità umana come fondamento dei diritti che si definiscono umani. E infine, per quanto riguarda le culture dell’Est Europeo e della regione dell’ex Unione Sovietica, si osserva che, dopo il crollo del comunismo, questi popoli hanno realizzato riforme

24 T

ALWAR, Prakash. Human Rights. Delhi: Isha Books, 2006, p. 72.

25 M

URITHI,Tim. Ubuntu and human rights. In: SMITH, Rhona K. M.; ANKER,Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 341.

26 L

EGESSE, Asmarom. Human Rights in African Political Culture. In: THOMPSON, Kenneth W. The Moral Imperatives of Human Rights: A World Survey. Washington: University Press of America, 1980, p 123/4.

27 G

HANDHI, op. cit., p. 423.

28 P

ISCATORI,James P. Human Rights in Islamic Political Culture. In: THOMPSON, Kenneth W. The Moral Imperativs of Human Rights: A World Survey. Washington: University Press of America, 1980, p. 152/3.

29 M

AYER, Ann Elisabeth. The Islamic Declaration on Human Rights. In: SMITH, Rhona K. M.; ANKER, Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 209.

30 D

ALACOURA, Katerina. Islam and human rights. In: SMITH, Rhona K. M.; ANKER Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 207/8.

31 G

HANDHI, op. cit., p. 465

32 S

OETENDORP,Awraham. Jewish Tradition and Human Rights. In: SMITH, Rhona K. M.; ANKER, Cristien van den. The es-sentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 211.

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politiche e istituzionali su vasta scala che sono culminate nell’incorporazione, nelle loro carte costituzionali, dei valori della Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite in tal modo rafforzandosi la massima che rico-nosce la dignità inerente agli individui come fondamento dei diritti e delle garanzie individuali.33

Questa breve panoramica sui princìpi adottati nelle culture di maggiore espressione ci porta alla conclusione che i valori morali in materia di diritti umani non costituiscono un privilegio o un’invenzione di un singolo gruppo sociale o politico, e che nei singoli contesti culturali sussistono differenti tipi di rappresenta-zione e molteplici forme di comprensione che nella dignità inerente agli esseri umani, nelle sue complesse forme di esternalizzazione e di interpretazione che rappresentano la persona sia a livello individuale sia co-me parte di un tutto collettivo, configurano il tratto comune che legittima l’impleco-mentazione dei diritti essen-ziali.34 Questa conclusione è rafforzata anche dalla Dichiarazione per un’Etica Globale, promulgata nel 1993 in occasione dell’incontro del Parlamento delle Religioni del Mondo35, svoltosi a Chicago, USA: evento, che ha riunito 6500 leader religiosi provenienti da ogni parte del mondo, il cui obiettivo è stato il dare sviluppo a una nuova etica globale mediante l’individuazione di un comune complesso di valori fondamentali che siano presenti negli insegnamenti delle differenti fedi.36 Il valore di questa Dichiarazione consiste principlamente nel fatto che essa è stata il frutto di una discussione democratica tra i rappresentanti delle diverse culture, le quali hanno trovato un punto di convergenza nel riconoscimento dell’esistenza di valori cogenti e irrevocabili che devono guidare le azioni di tutte le persone del mondo, indipendentemente dal fatto di aderire o non a-derire a una credenza religiosa.37

I valori etici riconosciuti dalla Dichiarazione in questione si basano sull’esistenza di una fondamenta-le unità della famiglia umana sulla terra, un’unità che si manifesta nella piena realizzazione della dignità in-trinseca della persona umana espressa dalla libertà inalienabile, dall’uguaglianza e dalla necessaria solida-rietà, nonché dall’interdipendenza esistente tra tutti gli individui.38 È per tali motivi che nel suo testo è stato esplicitamente registrato che ogni essere umano, senza distinzione di età, sesso, razza, colore, abilità men-tale o fisica, lingua, religione, ideologia politica o origine nazionale o sociale «possiede un’inalienabile e

un’intangibile dignità, che deve essere protetta da tutti gli individui e dallo Stato, i quali sono obbligati a ono-rarla e proteggerla».39 Tenendo conto che il punto convergente tra le religioni, le culture e le Dichiarazioni internazionali sui diritti umani è il riconoscimento espresso che il fondamento e la finalità stessa di questi diritti si trovano nella realizzazione e nella tutela della dignità umana, che diventa elemento primordiale, si rende possibile una miglior comprensione del concetto di dignità e delle sue dimensioni di attuazione.

Invero trovare una definizione univoca della dignità umana non è compito facile, perché ciò implica risposte che vanno dalla sfera religiosa e filosofica fino a quella scientifica.40 Inoltre, l’espressione stessa è così ampia, vaga e contestata41 che alcuni autori come François Borella42 e Claire Neirink43 sostengono che,

posto anche se il diritto debba riconoscere e proteggere la dignità umana, non sia possibile attribuirle una definizione giuridica dal momento che essa rappresenta una nozione filosofica della condizione umana, as-sociata alle sue incommensurabili manifestazioni di personalità. La difficoltà evidenziata dagli autori trova conferma mel momento in cui si parla della dignità umana come attributo degli individui. Normalmente si os-serva che la comprensione generale di tale concetto è relativamente più facile di quanto essa rappresenti in

33 M

IKLÓS,András. Central and Eastern Europe: The Reality of Human Rights. In: SMITH,Rhona K. M.; ANKER,Cristien van den. The essentials of human rights. London: Oxford University Press, 2005, p. 37.

34 L

I, Xiaorong. Ethics, human rights, and culture: beyond relativism and universalism. New York: Palgrave Macmillan, 2006, p. 145.

35 C

OUNCIL FOR A PARLIAMENT OF THE WORLD’S RELIGIONS. Declaration Towards a Global Ethic. Disponível em <http://www.parliamentofreligions.org/_includes/FCKcontent/File/TowardsAGlobalEthic.pdf>. Acesso em: 07 maio 2011.

36 KÜNG, Hans; KUSCHEL, Karl-Josef. A Glogal Ethic: The Declaration of The Parliament of the World’s Religions. New York:

The Continuum International Publishing Group Inc., 1993, p. 08.

37 Ibidem, p. 18. 38 Ibidem, p. 20

39 Negli esatti termini della Dichiarazione per un’Etica Globale: “This means that every human being without distinction of age,

sex, race, skin color, physical or mental ability, language, religion, political view, or national or social orign possesses na inalienable and untouchable dignity, and everyone, the individual as well as the state, is therefore obliged to honor this dignity and protect it.”. In: Ibi-dem, p. 6.

40 C

OMPARATO, Fábio Konder. A afirmação histórica dos direitos humanos. 2.ed. São Paulo: Saraiva, 2001, p. 01.

41 O

REND,Brian. Human Rights: Concept and Contxtex. Peterborough,(Ontario-Canada): Broadview Press, 2002, p. 87/8.

42 B

ORELLA,François. Le Concept de Dignité de la Personne Humaine. In: PEDROT, Philippe (Dir). Ethique Droit et Dignité de la Personne. Paris: Economica, 1999, p. 37.

43 N

EIRINCK, Claire. La Dignité de la Personne ou le Mauvais Usage d’une Notion Philosophique. In: PEDROT, Philippe (Dir). Ethique Droit et Dignité de la Personne. Paris: Economica, 1999, p. 50.

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via effettiva; tuttavia, quando si cerca di esprimere il suo significato in parole sorgono molte controversie, perché l’espressione viene caricata di diversi sentimenti.44

Un altro problema da affrontare, come ben evidenzia Boaventura de Souza Santos, consiste nella forte resistenza culturale nei riguardi dell’uso dell’espressione “dignità umana”, dal momento che, come molti orientamenti culturali hanno osservato, a partire dalla promulgazione della Dichiarazione delle Nazioni Unite, essa è stata posta secondo parametri morali esclusivamente occidentali, senza alcun rispetto o considera-zione per la storia e i modi con cui lungo il loro percorso le altre culture mondiali hanno dato forma al rispetto e alla tutela della dignità dei loro membri.45 Ma nonostante tutta questa forte controversia, si osserva che le

differenti proposizioni che cercano di concettualizzare la dignità umana convergono nel senso che essa è un attributo posseduto da tutti gli esseri umani e che differenzia questi ultimi dalle altre creature della natura.46 In questo senso, Immanuel Kant47 sosteneva che la dignità umana è la qualità congenita e inalienabile di tutti gli esseri umani, il che impedisce la sua coseificazione e si materializza attraverso la capacità di autode-terminazione che gli individui possiedono attraverso la ragione; così è realmente dal momento che gli esseri umani hanno, nella manifestazione della loro volontà, il potere di determinare le loro azioni secondo l’idea che si son fatti del rispetto di determinate leggi da essi adottate, tale essendo caratteristica esclusiva degli esseri razionali.48 Inoltre il filosofo prussiano sottolineava che l’uomo è un fine in se stesso perché non si

presta a fungere da semplice mezzo per soddisfare i desideri degli altri.49 In virtù di tali caratteristiche la di-gnità umana è attribuita agli individui, indipendentemente dalle circostanze concrete o dai danni che even-tualmente abbiano causato alla realtà esterna: ciò vale a dire che la dignità si riconosce anche ai più crudeli criminali o ai terroristi, o a qualsiasi altra definizione che si voglia attribuire agli individui che violano i diritti dei loro simili, poiché essi sono riconosciuti come persone e i loro atti, per i più tenebrosi che siano, non so-no capaci di cancellare questa caratteristica innata.50 Dworkin completa questo ragionamento sostenendo che, nel caso dei detenuti, le ragioni che li hanno portati alla carcerazione compulsoria non autorizzano nes-suno a trattarli come meri oggetti.51 Giacché gli esseri umani possiedono talune caratteristiche che li

distin-guono dalla natura impersonale, essi hanno l’intrinseca capacità di prendere coscienza di se stessi e di alte-rare il loro inserimento nell’ambiente in cui vivono.52 Per rendere meglio il concetto, si può osservare che un oggetto qualsiasi, se deve servire ai desideri degli altri, può essere facilmente rimosso da un luogo all’altro, modificato nella sua forma, adattato agli scopi diversi e, nel caso, anche scartato poiché esso non ha l’attributo innato posseduto dagli esseri umani di essere un fine in se stesso. Un oggetto non reagirà allo scarto effettuato dal suo proprietario che, giacché inutile, ha deciso di gettarlo nella spazzatura; un essere umano, in quanto dotato di capacità di decisione e di coscienza, abbozzerà differenti reazioni dinanzi a qual-siasi processo che coinvolgerà la sua riduzione a mero strumento della volontà altrui. È proprio in questa caratteristica inerente alla specie umana che si colloca l’attributo definito “dignità”. Sulla scorta di tali peculia-rità la dignità umana, per sussistere, non dipende dal riconoscimento giuridico53: difetti essa è un bene inna-to ed etico che si pone al di sopra delle specificità culturali e delle diverse morali che ne sono espressione, e che ha la capacità di persistere anche all’interno di quelle società che non la rispettano ove la sua violazione testimonia una violazione della capacità di autodeterminazione dell’essere umano ed alla propria condizione di essere libero.54

44 C

ARVALHO, Luís Gustavo Grandinetti de. Processo Penal e Constituição. 4. ed. Rio de Janeiro: Lumen Juris, 2008, p.21/2.

45 S

ANTOS, Boaventura de Souza. Para uma concepção multicultural dos direitos humanos. Contexto Internacional, Pontifícia Universidade Católica do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, v. 23, n.1, p. 18, jan./jun. 2001.

46 S

ARLET, Ingo Wolfgang. As Dimensões da Dignidade da Pessoa Humana: construíndo uma compreensão jurídico-constitucional necessária e possível. In: _____ (Org). Dimensões da Dignidade: Ensaios de Filosofia do Direito e Direito Constitucional. Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2005, p. 35.

47 K

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48 Ibidem, p. 67. 49 Ibidem, p. 55. 50 S

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52 S

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53 M

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(7)

Per quanto riguarda tuttavia una delle questioni evidenziate da Kant, ovvero che l’uomo è un fine in se stesso non potendo essere uno strumento di soddisfazione delle volontà altrui, va notato che ciò non gli impedisce, in determinate circostanze, di servire volontariamente a terzi senza che in tal modo si configuri una violazione della sua dignità.55 È quello che accade, per esempio, con un fornitore di servizi che intende

svolgere un compito arduo, come la pulizia di un grande terreno coperto di macerie, in cambio di un corri-spettivo economico. In questo caso, lo scopo della condotta in sé non è quello di strumentalizzare l’altro, anche se una delle parti stia servendo come strumento di volontà degli altri, perché c’è la chiara sottomis-sione reciproca in cui entrambi gli individui traggono beneficio dal processo. Se, da un lato, il proprietario del terreno può ottenere la pulizia dell’area avvantaggiandosi in tal modo dello sforzo fisico di un terzo, dall’altro lato quest’ultimo riceve un pagamento che implica una diminuzione patrimoniale del contraente che ha cedu-to parte del suo capitale per ricevere il servizio. Tuttavia, ben altra sarebbe stata la risposta se l’individuo volontariamente si fosse messo come oggetto dei desideri altrui, esponendosi a situazioni degradanti in cui lo scopo del comportamento non fosse una sottomissione reciproca delle parti coinvolte, ma bensì la sempli-ce strumentalizzazione di uno dei componenti del rapporto. Così accadrebbe, per esempio, qualora una per-sona si impegni a vendere un proprio organo in cambio di una grossa somma di denaro. In questo caso una simile pratica ridurrebbe la persona ad un semplice oggetto, in quanto parte del suo corpo le sarebbe tolta a fini commerciali, in tal modo l’autonomia della sua volontà relativizzandosi e trovando un limite nel divieto della pratica. La restrizione applicata, in altri termini, si basa sul fatto che l’autonomia individuale deve esse-re limitata se si rivela pesse-regiudizievole alla dignità di chi la sta esercitando a favoesse-re di terzi.56 Inoltre giova ri-cordare ancora una volta la lezione di Kant, secondo il quale la dignità umana è al di sopra di qualsiasi prez-zo, non ammettendo alcun valore di sostituzione poiché nulla vi è nel mondo materiale che possa esserle equivalente.57 Per tali motivi, si può affermare che la dignità umana, considerata come valore, è un bene inalienabile che non può essere oggetto di transazione o rinuncia da parte del titolare della stessa, in tal mo-do superanmo-dosi persino l’autonomia della volontà nel casi in cui il suo esercizio porta a qualsiasi forma di sottomissione o di degradazione della persona.

D’altra parte, autori come Benedetto Croce58 e Perez-Luno59 danno il loro contributo all’approccio ontologico alla questione della dignità umana, che qualificano come un attributo intrinseco all’individuo, per aggiungerle un senso culturale, crescente e variabile, all’interno di ogni momento storico. A questo livello complementare, la dignità è concepita come il risultato dell’impegno di varie generazioni, sviluppatosi sulla base dei bisogni umani che nascono all’interno di ogni società e che richiedono una condotta istituzionale e sociale informata a rispetto e tutela. In questo contesto storico-culturale, la dignità umana esige il rispetto e la protezione, tanto da parte della società quanto da parte dello Stato, perché è il risultato di un determinato consenso sociale che si pone come parametro per l’esercizio del potere di controllo della società e delle au-torità politiche, sulle quali incombe il compito di proteggerla contro qualsiasi forma di violazione.60 Pertanto, pur avendo alcune caratteristiche universali, la dignità umana espressa, in questa dimensione, avrà il suo riferimento culturale relativo61 che porterà ad una combinazione di diritti variabili, a seconda del contesto

cul-turale, nel tempo e nello spazio. Secondo Jürgen Habermas, tuttavia, la dignità umana non è una proprietà innata o biologica degli individui come l’intelligenza o il colore degli occhi che sono posseduti per natura; es-sa invece consiste in una specie di inviolabilità che assume significato solo nei rapporti interpersonali di reci-proco rispetto, derivanti dell’uguaglianza dei diritti che innervano i rapporti tra le persone.62 Si può pertanto

notare che, nella visione di Habermas, la dignità umana è collegata, nello stretto senso morale e legale, in simmetria relazionale: essa non sarebbe un valore o un attributo naturale dell’uomo, ma costituirebbe un

55 S

ARLET,2005, p. 36.

56 A

NDORNO,Roberto. Liberdade e Dignidade da Pessoa: dois paradigmas opostos ou complementares na bioética? In: M AR-TINS-COSTA,Judith; MÖLLER,Letícia Ludwig (Org.). Bioética e responsabilidade. Rio de Janeiro: Forense, 2009, p. 73.

57 K

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58 C

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59 P

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60 M

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61 H

ÄBERLE, Peter. A dignidade humana como fundamento da comunidade estatal. Trad. Ingo Wolfgang Sarlet e Pedro Sche-rer de Mello Aleixo. In: SARLET,Ingo Wolfgang. (Org.). Dimensões da dignidade: ensaios de filosofia do direito e direito constitucional. Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2005, p. 127.

62 H

(8)

compito che l’individuo può rendere concreto, allo Stato spettando il ruolo di fornire le condizioni affinché questo compito venga eseguito.63

Le considerazioni teoriche sopra ripercorse dimostrano che il concetto di dignità umana si presta ad essere meglio compreso quando lo si distribuisce in due livelli di analisi: il primo, che in questa sede si può definire di dimensione basica e nel quale si include la teoria di Kant, individua i beni giuridici basici ed es-senziali all’esistenza umana che sono necessari per l’esercizio dell’autodeterminazione di ogni individuo e per evitare la sua cosificazione; il secondo, definibile di dimensione culturale e che comprende le teorie di Benedetto Croce e Perez-Luno, in cui si inseriscono i valori che variano nel tempo e nello spazio che tenta-no di soddisfare le esigenze sociali di ogni epoca, e in ogni società, in relazione alle loro possibilità ecotenta-nomi- economi-che, politiche e culturali.

Stanti queste premesse, si nota che la dimensione basica della dignità umana rappresenta una qua-lità propria dell’individuo che esige il rispetto per la sua vita, per la sua libertà e per la sua integrità fisica e morale, materializzandosi in un complesso di diritti elementari che impediscono la cosificazione dell’essere umano.64 La si trova senza distinzione alcuna in tutti gli individui poiché riguarda le caratteristiche che essi possiedono indipendentemente dalla religione, dalla cultura, dalla lingua o dall’orientamento ideologico a cui aderiscono. A tal proposito Bradley Munro65 sottolinea che esiste una lista di bisogni umani che è comune a

tutte le persone ed è finalizzata alla sopravvivenza individuale, e che riflette gli stessi diritti umani che sono proclamati nella Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite. Questi bisogni pratici rivelano che alle perso-ne compete un insieme di diritti iperso-nerenti e indispensabili per il raggiungimento di una vita minimamente de-gna. Pertanto, la violazione della dimensione basica della dignità umana è facilmente verificabile, dal mo-mento che sarà caratterizzata in qualsiasi situazione in cui una persona venga a subire la riduzione del suo

status come soggetto di diritti che lo trasformi in mero strumento o cosa, e che neghi il suo essere un fine in

se stesso. Per illustrare questa premessa, si farà riferimento ai casi della schiavitù e della tortura, che nelle vittime comportano la violazione della dimensione basica della dignità umana in quanto comportano la totale mancanza di considerazione dell’individuo, riducendolo a mero strumento di soddisfazione e sottomissione alle volontà altrui. È evidente che in questo livello di analisi la dignità umana, in quanto configura un attributo insuscettibile di riduzione sotto il duplice profilo legale e culturale. si propone come un limite all’azione dello Stato e dell’ordine sociale di cui l’individuo è parte,

La dimensione culturale della dignità umana, a sua volta, rappresenta le forme e le condizioni sue proprie, e che si rinvengono nella dimensione basica, così come sono rese concrete da ogni gruppo sociale nel corso della storia. In questo livello di analisi si aprono gli spazi delle peculiarità culturali e delle loro forme pratiche che sono variabili nel tempo e nello spazio, poiché vi si cerca una comprensione etica delle finalità di ogni gruppo sociale al fine di costruire dei significati che abbiano la capacità di essere compresi intercultu-ralmente.66 In ultima analisi, la definizione della dignità umana è un compito di tutti gli attori sociali il cui sco-po sia offrire opsco-portunità per lo svilupsco-po di ogni individuo in coerenza con le specificità morali così come es-se risultano delineate attraverso la cultura di cui sono espressione. Sotto tale profilo è dato pertanto definire i contorni di una comprensione etica della dignità umana nella sua duplice dimensione, e orientarsi nel senso di questa comprensione sia come limite sia come compito dello Stato e della società stessa: un limite, nella misura in cui l’affermazione della dignità protegge l’individuo contro ogni forma di cosificazione opponendosi alle pratiche culturali riduttive della personalità; un compito, nella misura in cui esige dallo Stato e dalla col-lettività che, attraverso la creazione di condizioni materiali ed emozionali che facilitino il loro godimento, sia-no poste in essere delle politiche positive di promozione e di protezione che trovisia-no sviluppo nel contesto delle peculiarità culturali di ciascun popolo.67

63 H

ÄBERLE, op.cit., p. 120.

64 S

ARLET, 2005, p. 37/38.

65 Nelle esatte parole de Bradley Munro: “I can go on with a list of needs that reflects many of the rights in the Universal

Dec-laration of Human Rights(UDHR). These practical needs are common to all human beings for individual survival. If we can begin our discussion with the dignity of every human being, then estabilish the rights a human being must have if he/she is to have a dignified life, we can move into na agreement on a list of rights such as we find in the UDHR”. In: MUNRO, Bradley R. Maritain and the Universality of Human Rights. In: SWEET, William. Philosophical Theory and the Universal Declaration of Human Rights. Ottawa: University of Ottawa Press, 2003, p. 122.

66 H

ÖFFE, Otfried. A democracia no mundo de hoje. Trad. Tito Lívio Cruz Romão. São Paulo: Martins Fontes, 2005, p. 77/8.

67 M

ORAES,Maria Celina Bodin de. O Conceito de Dignidade Humana: Substrato Axiológico e Conteúdo Normativo. In: S AR-LET, Ingo Wolfgang (Org.). Constituição, Direitos Fundamentais e Direito Privado. Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2003, p. 116-118.

(9)

Per tutti questi argomenti, è pur vero che è stato sostenuto che il concetto di dignità umana, dal momento che è il fondamento di tutte le norme morali o giuridiche che tutelano i diritti inalienabili, è il punto di transizione dal diritto naturale ai diritti umani: esso sostituisce, per via razionale, qualsiasi idea di divinità o di natura.68

Avendo così delineato il concetto di dignità umana nella sua duplice dimensione e nella sua posizio-ne etica interculturale come fondamento e obiettivo dei diritti umani, si può dunque affermare che i diritti u-mani (genus) formano un insieme di valori etici, positivizzati o no, che hanno come obbiettivo la protezione e la realizzazione della dignità della persona umana nelle sue dimensioni: basica (proteggendo gli individui contro ogni forma di cosificazione o di riduzione del loro status come soggetti di diritti e culture) e della la diversità morale (rappresentata dalle differenti forme in cui ogni società rende concreto il livello basico della dignità). Proprio per rendere possibile la discussione filosofica delle differenti morali esistenti in argomento, tale concetto associa i diritti umani a un sistema di valori etici estraendo da essi i fondamenti comuni che saranno utili nel senso di un’approssimazione culturale che, nello stesso momento in cui esige il rispetto uni-versale dei valori protetti mediante l’osservanza della dimensione basica della dignità umana, preservi le peculiarità morali adottate da ciascun gruppo sociale per lo sviluppo della dimensione culturale di questa dignità. La definizione fin qui proposta non si spinge fino a certi dettagli morali o legali, per evitare il rischio di rendersi inapplicabile in relazione a taluni contesti culturali o legislativi: il che si motiva sulla base della con-statazione che qualsiasi tentativo di concettualizzare i diritti umani selezionando alcuni valori morali e scar-tandone altri comporterebbe una relativizzazione di questa categoria dal momento che la costruzione di una morale unicamente valida o assoluta è un obiettivo difficilmente realizzabile nel quadro multiculturale con-temporaneo.

La definizione di dignità umana fin qui emersa omette anche di riferirsi a qualsiasi norma di diritto, dal momento che i diritti umani sono sovra-legali, ovvero indipendenti dal riconoscimento giuridico di leggi o trattati come condizione della sua esistenza. A tal riguardo si veda, per esempio, la libertà che è considerata in molte culture nonché nella Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite come appartenente alla classe dei diritti umani; secondo il concetto di dignità proposto in questo studio, si può concludere che la libertà è stata riconosciuta come un diritto umano poiché, nella misura in cui in quanto mira ad impedire la cosificazione degli individui garantendo loro la libera circolazione, l’espressione del pensiero, la credenza religiosa, è for-ma della dimensione basica della dignità ufor-mana, In tal modo si indica un cammino per l’analisi di ogni singo-lo caso concreto, ove il processo di identificazione dei diritti umani sia reso più agevole facendo rcorso al seguente parametro: un diritto fondamentale sarà “umano” quando conterrà in sé dei valori etici che rappre-sentino forme di realizzazione della dignità della persona, e ciò sia nella dimensione basica, sia nella dimen-sione culturale. Tale concludimen-sione trova conferma se si analizzano sia il preambolo della Dichiarazione Uni-versale dei Diritti Umani, sia i 30 articoli al suo interno: nel preambolo si riconosce espressamente che i diritti hanno come base la dignità umana; ogni singolo articolo dimostra che tutti i diritti esprimono valori eletti e riconosciuti come forme di realizzazione della dignità umana.69 Allo stesso modo, come indicato in

prece-denza, la stessa attribuzione etica si trova alla base degli articoli che compongono la Dichiarazione Ameri-cana dei Diritti e Doveri dell’Uomo, la Dichiarazione Islamica Universale dei Diritti Umani, la Carta AfriAmeri-cana dei Diritti Umani e dei Popoli, la Carta Araba dei Diritti Umani e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

2. Le dimensioni di attuazione dei diritti umani: Il dialogo tra il Fondamentale e il Dipendente da fattori culturali

Partendo dunque dalla premessa che la dignità umana forma il nucleo etico di attuazione dei diritti umani e che essa si articola in due dimensioni, una basica e una culturale, conseguenza logica è che dei diritti umani esistano anche diversi livelli di attuazione.70 Oggi si parla, tra gli altri, di diritti umani ambientali, di diritti umani economici, di diritti umani culturali71 che si stanno sviluppando asimmetricamente entro i limiti

68 M

AHONEY, op. cit., p. 145.

69 B

AEZ, Narciso Leandro Xavier. Dimensões de Aplicação e Efetividade dos Direitos Humanos In: XIXCONGRESSO NACIONAL DO CONPEDI -Desafios da Contemporaneidade do Direito: diversidade, complexidade e novas tecnologias, 19, 2010, Florianópolis. Anais... Florianópolis, 2010, p. 7129-7131.

70 Ibidem, p.7128/9. 71 L

(10)

sociali, economici, politici e culturali esistenti in ogni Stato. Inoltre mentre attraverso l’adozione di sofisticati dettagliamenti dei valori culturali alcune società riescono a raggiungere alti livelli di realizzazione della digni-tà umana, in altre la maggior parte dei diritti basici ed essenziali restano privi di concretizzazione.72

A tal riguardo si può vedere come in Germania, allo scopo di combattere la diminuzione drastica del-la natalità, il Governo stia fornendo alle donne un’assistenza finanziaria aldel-la natalità che può giungere fino a 25000 euro, e inoltre per ogni figlio generato, assicura il versamento di una pensione fino all’età di 26 anni.73 Questa pratica si caratterizza come una forma di realizzazione della dignità umana in un particolare livello di attuazione, poiché essa, fornendo le risorse per soddisfare i bisogni materiali delle famiglie che intendono avere dei figli, ha come scopo la preservazione dell’esistenza del gruppo sociale e della sua cultura che gli è propria, Va messo in risalto che nella società tedesca questi ed altri diritti basici ed essenziali sono imple-mentati già da molto tempo: in tal modo si è reso possibile lo sviluppo di alti livelli di attuazione dei diritti u-mani, al fine di soddisfare una nuova domanda fattuale e culturale che è propria dell’attuale momento stori-co. Dall’altra parte, in contrasto con l’esempio precedente e con la situazione attuale, nella Repubblica del Congo, ove il 69% degli abitanti soffre di denutrizione cronica, responsabile di un alto tasso di mortalità in-fantile (77 morti per ogni 1000 bambini nati vivi)74, si verifica come un livello di attuazione dei diritti umani analogo a quello sviluppato in Germania sia del tutto impensabile in questo contesto, dal momento che la lotta per la dignità nella Repubblica del Congo è comprensibilmente limitata all’implementazione degli ele-menti basici della sua realizzazione. Non si riscontra pertanto, in questo paese, una base solida di diritti u-mani fondamentali su cui si possa pensare di dare sviluppo ad altri livelli di realizzazione della dignità uma-na, visto che neanche il livello basico di questi diritti è stato raggiunto in modo soddisfacente.

Questo sviluppo asimmetrico dei diritti umani corrobora l’idea che questa la categoria della dignità si sta sviluppando in varie dimensioni di attuazione, che vanno dalla tutela dei bisogni umani basilari fino alla più sofisticata forma di realizzazione culturale, economica e sociale della dignità umana. Inoltre, è dato per-cepire anche un allargamento oggettivo e soggettivo75 dei diritti umani, poiché questi risultano invocati

nell’ambito di tematiche prima inimmaginabili: per esempio, tra le diverse questioni complesse e istiganti, nel campo delle manipolazioni genetiche e delle ricerche sulle cellule tronco con embrioni umani76, e del diritto ad un ambiente equilibrato e sano77. Questi dati fattuali recano con sé la sfida della comprensione dei modi in cui i diversi livelli dei diritti umani debbano essere trattati sia in una visuale internazionale, sia nel contesto interno di ogni società nazionale; difatti non si vede ancora come si possa immaginare in qual modo tutti i diritti della persona possano essere accolti uniformemente dalle diverse nazioni, le cui differenti realtà eco-nomiche, politiche e culturali non permettono una tale proiezione. Ma d’altra parte esiste una determinata dimensione di diritti che richiedono, per la loro propria natura, l’osservanza incondizionata da parte di tutte le culture. È il caso, per esempio, dell’insieme dei diritti umani che proteggono gli individui contro la schiavitù, che non ammettono alcuna opposizione legale o morale alla loro osservanza.78

La situazione della Germania, del Congo, e l’esempio appena citato della schiavitù, permettono di affermare che a riguardo dei diritti umani sussistono due dimensioni di attuazione. La prima è costituita dai diritti il cui ruolo è salvaguardare gli esseri umani contro qualsiasi atto di riduzione, e ciò anche se per garan-tirli sia necessario opporsi a pratiche o credenze morali secolari. È in questo livello di attuazione che si collo-ca la realizzazione della dimensione basicollo-ca della dignità umana; motivo per cui a questa collo-categoria di diritti si è voluto attribuire la denominazione di diritti umani fondamentali, sulla cui morfologia si dirà qualcosa più

72 S

TRECK,Lenio Luiz. Verdade e Consenso: Constituição, Hermenêutica e Teorias Discursivas. Lumen Juris, Rio de Janeiro: 2006, p. 17-37.

73 O

STNER,Ilona. Farewell to the Family as We Know it: Family Policy Change in Germany. In German Polyce Studies. Georg-August-University, Göttingen, v. 6, n.1, p. 230, 2010.

74 D

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76

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78 B

ALES,Kevin. Disposable People: new slavery in the global economy. Los Angeles: University of California Press, 2000, p. 31.

(11)

avanti. La seconda dimensione di attuazione dei diritti umani è quella entro cui si persegue la realizzazione della dignità umana nella sua dimensione culturale che trova sviluppo principalmente come il risultato dell’evoluzione storica delle società e che pertanto, proprio per tale motivo, ammette taluni adattamenti cultu-rali.79 Hannah Arendt ha consolidato questa idea affermando che i diritti umani situati in questa dimensione

non nascono tutti in una sola volta perché sono in costante costruzione e ricostruzione; tale è un dato di fatto che impedisce che essi siano dotati di un fondamento assoluto.80 Va rilevato come sia in questa dimensione che appaiono nuovi livelli di diritti umani, creati come risposta alle esigenze nate all’interno della società ed entro le coordinate economiche, politiche e culturali dell’epoca in cui sono proclamati.81 Tenendo conto di tali

caratteristiche, ai fini del discorso teorico che si sta qui sviluppando, i diritti che trovano attuazione in questa dimensione saranno denominati diritti umani dipendenti da fattori culturali. Questa espressione viene scelta, per il fatto che può esprimere quella serie di diritti umani attraverso cui si realizza la dimensione culturale della dignità umana, anche perché in questo livello di loro attuazione i diritti umani sono soggetti a variazioni a seconda della cultura in cui sono inseriti. L’espressione scelta, tra l’altro, è stata usata per la prima volta da Otfried Höffe, il quale sostiene anche l’esistenza di due livelli di diritti umani, che egli definisce di diritti gene-rici, che non sono soggetti ai fattori culturali, e di diritti umani dipendenti da fattori culturali, che sono di livello superiore e che «sono specificazioni di diritti umani generici» all’interno di ogni cultura.82

Si noti, tuttavia, che anche l’evoluzione storica delle società, opera nel senso del riconoscimento dell’esistenza dei diritti umani fondamentali. In questo caso non vi è la creazione di un nuovo diritto umano, ma la scoperta di un valore che fin dai primordi dell’umanità è sempre stato inerente agli individui, e che fino a quel momento storico non era rispettato all’interno del gruppo sociale che infine ne ha constatato l’esistenza. Per comprendere meglio la questione, si veda il parallelo con le scoperte delle scienze naturali. Quando nel XVI secolo Niccolò Copernico, dimostrando matematicamente che non era il sole a girare intor-no alla terra ma piuttosto che la Terra compiva questo movimento intorintor-no al sole, affermò la teoria eliocentri-ca del sistema solare, tale scoperta aveva creato qualcosa di nuovo nel sistema delle sfere celesti.83 La

con-statazione matematica di Copernico aveva solamente chiarito la dinamica delle sfere celesti, che, sebbene sempre esistita anche senza la diretta conoscenza dell’uomo, è stata riconosciuta solamente in quel deter-minato momento storico. Così sono i diritti umani fondamentali. Essi rappresentano una dimensione talmen-te basica di soddisfazione della dignità umana che la loro affermazione storica non può essere considerata come una nuova creazione, bensì la constatazione della realtà di alcuni attributi fondamentali degli esseri umani che sono loro inerenti fin dal loro inizio nel pianeta Terra.

Per illustrare la questione, si veda nuovamente l’esempio della schiavitù, che era una pratica comu-ne in certe epoche e che, comu-nel corso della storia, è stata inficomu-ne bandita in quanto rappresentava una forma di violazione nella dimensione basica della dignità umana.84 L’abolizione della schiavitù non ha creato una nuova forma di dignità per gli esseri umani, ma ha soltanto corretto un problema storico di violazione che si era verificato fin dai primordi dell’umanità, perché questa pratica ha sempre rappresentato uno svilimento della natura umana e non è mai stata accettata senza resistenze.85 In tal modo l’evoluzione sociale ha

porta-to l’umanità all’identificazione di una caratteristica negli individui che fino a quel momenporta-to non era stata pre-sa in considerazione, era sempre stata presente nel senso che l’uomo fine in se stesso in quanto essere dotato di ragione e sentimenti con intelligenza, libertà e capacità di amare86, non può essere sottoposto a situazioni che lo riducono a un mero strumento o ad un oggetto per scopi che sono al di fuori della sua vo-lontà, Diverso è quanto accade con i diritti umani che sono dipendenti da fattori culturali, i quali sono frutti diretti della costruzione morale di ogni popolo sviluppata nel corso della sua storia con l’obiettivo di promuo-vere la dignità umana attraverso l’elezione di valori che guideranno la vita individuale e collettiva. In questo livello di sviluppo si associano anche le condizioni politiche, economiche e giuridiche di ogni popolo

79 L

EAL,Rogério Gesta. Perspectivas Hermenêuticas dos Direitos Humanos e Fundamentais no Brasil. Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2000, p. 51.

80 A

RENDT Hannah. Origens do Totalitarismo. Trad. Roberto Raposo. Rio de Janeiro:Companhia das Letras, 2004. p. 332/3.

81 Ibidem. 82 H

ÖFFE, op.cit., p. 78.

83 C

OPERNICUS.Nicolaus. Copernicus: on ther revolutions of the haeavenly spheres. Trad. DUNACAN, A. N. New York: Barnes & Noble Books, 1976, p. 38-40.

84 B

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85 M

ELTZER,Milton. Slavery I: From the Rise of Western Civilization to the Renaissance. Chicago: Henry Regnery Company, 1971, p. 1-6.

86 M

(12)

so le quali, al fine di rispondere alle nuove sfide sociali delineate nel corso della storia, troveranno sviluppo differenti forme di realizzazione della dignità.

Un esempio utile che può contribuire alla comprensione della differenza tra le due dimensioni dei di-ritti umani è offerto dalla questione del controverso uso del burqa, di cui s’è già detto. Come si è visto in pre-cedenza, l’uso di tale indumento, il cui fondamento morale è la religione87, trova significati diversi a seconda del contesto culturale in cui è analizzato: un fatto, questo, che ha causato letture totalmente antagonistiche sulla sua relazione con la dignità umana delle donne. Questo disaccordo morale si è verificato soprattutto perché le culture coinvolte cercavano di valutare le pratiche connesse utilizzando i propri criteri di valutazio-ne, anche se in realtà l’unico modo per valutare correttamente una condotta sociale è quello di utilizzare lo specifico ambiente assiologico in cui questa è inserita.

Pertanto quando si analizza la questione del burqa sotto lo spettro delle due dimensioni della dignità umana e dei corrispondenti livelli di attuazione dei diritti umani, si può osservare che nella dimensione basi-ca l’uso del burqa potrà soltanto essere considerato violatore dei diritti umani fondamentali nella misura in cui reca con sé una riduzione dello status della persona che lo indossa, in questo caso considerata, anziché come soggetto di diritti, come un semplice strumento o cosa. Tenendo conto di questo parametro oggettivo di analisi, si osserva che tanto l’imposizione dell’uso del burqa, quanto il suo divieto materializzano delle forme di violazione della dimensione basica della dignità umana perché entrambe le opzioni mostrano di non considerare la donna come un soggetto di diritti, con volontà propria e in grado di esercitare il suo diritto di fede e di scelta. Quando una cultura, sotto la pena di soffrire sanzioni fisiche, morali o legali, impone alla donna l’uso di questo indumento, la sta riducendo a un mero strumento (oggetto) della volontà altrui, violan-do quell’attributo inerente a tutti gli esseri umani che ne implica la protezione da quegli atti che concretizzano un loro trattamento come cose. D’altra parte, anche il divieto di uso del burqa materializza la riduzione della donna come soggetto di diritti, in quanto le impedisce di esercitare la propria libertà di credo e di scelta, trat-tandola come un essere incapace di decidere da sola che tipo di vita intenda adottare per la ricerca della sua felicità e realizzazione.

Per quanto riguarda l’analisi della situazione, dal punto di vista della dimensione culturale della digni-tà umana si osserva che, una volta rispettato il diritto di scelta della donna (diritto umano fondamentale) di optare o meno per l’uso del burqa, si dà spazio al riconoscimento di questa pratica come espressione di pe-culiarità culturali adottate da ciascuna società. Questo è possibile, perché la scelta del burqa si connette all’adozione libera di determinati valori morali: infatti colei che liberamente opta per indossare tale indumento l’ha eletto, in sintonia con il gruppo culturale in cui è inserita, l’ha eletto ai fini del proprio sviluppo personale. Si noti che, in questo livello di analisi, sono rispettate le peculiarità culturali e le loro pratiche, dal momento che si dovrebbe andare in direzione di una comprensione etica delle finalità di ogni gruppo sociale senza utilizzare giudizi di valore su quale sia la migliore forma per valorizzare la donna o renderla più felice (perché questi concetti sono per loto natura relativi). In tal modo è rispettata la dignità della donna nella sua dimen-sione basica, che in questo caso si esprime nel suo diritto umano fondamentale di libertà di credo88, e nel

contempo si preserva la forma da essa scelta per la realizzazione di questa dignità, una scelta compiuta in base ai valori morali che ha accettato di seguire liberamente, in questo caso la personificazione dal diritto umano dipendendo da fattori culturali di manifestazione della religione89 personalmente eletta. Sulla base di queste annotazioni appare evidente come la posizione, attualmente adottata secondo il concetto morale di dignità umana che è adottato nelle rispettive società, dalla Francia e da altri paesi occidentali circa il divieto o restrizione dell’uso del burqa nei luoghi pubblici , materializzi il tentativo di imposizione di un imperialismo culturale che si esprime nel totale non rispetto per le credenze e gli assiomi seguiti da quelle donne che con-siderano l’uso del burqa come forma di realizzazione della loro dignità. La pretesa esposta da questi Stati, che consiste nello scegliere ciò che è giusto, valido, e buono per le donne che vivono nei loro territori, è ba-sata esclusivamente su un concetto morale adottato dalla maggior parte dei cittadini, e pertanto rappresenta una violazione frontale al diritto umano fondamentale di libertà di credo. Inoltre configura anche un atteggia-mento irrispettoso della diversità, che è sotto la garanzia del diritto umano dipendente da fattori culturali di espressione e di religione. È per tale motivo che divieti di tal genere non tengono in considerazione che le donne che usano il burqa per convinzione, e che in questo caso sono trattate come meri oggetti, sono dotate di sentimenti, desideri, sogni e credenze che devono essere compresi e rispettati.

87 L

YON,Dawn; SPINI,Debora. Unveiling the Headscarf Debat. Feminist Legal Studies, Netherlands, v. 12. p. 342, 2004.

88 G

HANDHI, op. cit., p. 24.

(13)

La situazione delle donne musulmane nelle società occidentali è solo un esempio tra i tanti che si possono osservare ogni giorno nei media, ove una data cultura cerca sistematicamente di imporre una vi-sione morale sulla cultura altra, spesso utilizzando come propria giustificazione la bandiera dei diritti umani. Si consideri che i testi delle Dichiarazioni Internazionali riconoscono espressamente la libertà di religione e di credo, così come i loro rispettivi mezzi di esternazione, come forma di espressione della dignità umana.90 Tuttavia l’assenza di fondamentazione chiara e obiettiva sulla forma di come questi diritti debbono essere interpretati ha indotto alcuni governi a intendere che l’indumento indossato dalle musulmane contraddice il concetto morale della dignità umana. In altri termini, tali situazioni contraddittorie si concretizzano per via dell’assenza di una comprensione precisa delle differenti dimensioni di attuazione dei diritti umani, il che ac-cade perché i concetti fin qui culturalmente sviluppati, associati alla genericità dei testi delle dichiarazioni internazionali, non rendono chiari i parametri che debbono essere utilizzati per identificare un diritto e sulla sua qualificazione come “umano”, né informano su come questi diritti debbano essere interpretati.

La teorizzazione presentata in questo studio propone che a tal proposito, per via della sua capacità di dialogo con le diverse morali e nella sua qualità di strumento per concettualizzare e per costruire un pa-rametro di identificazione e di interpretazione dei diritti umani, si faccia uso dell’etica. Pertanto, una volta di fronte a casi concreti, le afferenze morali si sostituiscano con analisi oggettive ed etiche dei fatti nell’intento di verificare essenzialmente se le circostanze valutate implichino o meno, nel concreto, la riduzione degli individui coinvolti a meri oggetti privi di volontà. Se si ravvisa che una simile riduzione è presente nel caso studiato, si sarà configurata un’evidente situazione di violazione dei diritti umani fondamentali; in caso con-trario, ovvero se le pratiche valutate anche se controverse e incompatibili con alcune letture morali non im-plicano tale riduzione, e per questo gli individui sono rispettati come soggetti di diritti e liberi di seguire le proprie credenze che devono essere rispettate e protette, si materializza una forma di espressione culturale della dignità che è protetta dai diritti umani dipendenti da fattori culturali.

Questa forma di comprensione dell’esistenza di due dimensioni dei diritti umani rende possibile una valutazione obiettiva di casi concreti perché, essa è orientata nel contempo verso una forma di protezione universale della dimensione basica della dignità umana e di rispetto delle diversità morali che sono rese pro-prie da ciascuna società. Tuttavia va evidenziato che la distinzione qui proposta tra i diritti umani dipendenti da fattori culturali e i diritti umani fondamentali non intende relativizzare il rispetto di quest’ultima dimensione riguardo all’altra, bensì dimostrare che di queste categoria di diritti esiste un configurazione universale e ba-sica che esprime un livello fondamentale di attuazione dei diritti umani. È tenendo conto di questo livello che si costruscono le specificazioni culturali della dignità umana, in armonia con le peculiarità morali e le possibi-lità politiche ed economiche di ogni popolo. Si avverte nondimeno che la comprensione dell’esistenza di due distinte dimensioni dei diritti umani non equivale a destituirne di fondamento il carattere di indivisibilità, poi-ché le norme esistenti in questi due livelli di attuazione sono interdipendenti. Per illustrare questo ragiona-mento, si prende in prestito l’esempio addotto da Carol Devine, il quale ha evidenziato che assicurare all’individuo il diritto di voto (diritto umano fondamentale) non gli sarà sufficiente se questo non ha un lavoro, con una retribuzione, a un livello sufficiente per garantirgli di avere cibo da mangiare (diritto umano sociale); allo stesso modo, il fatto che qualcuno sia disoccupato e non abbia abbastanza cibo per via della carente realizzazione di un diritto umano sociale, non significa che egli non sia in grado di votare (vale a dire di eser-citare un diritto umano fondamentale).91

L’indivisibilità e l’interdipendenza dei diritti umani non entra in contrasto con la teoria qui sostenuta, nella misura in cui si assume che agli individui debbono essere garantiti uguali accessi a entrambe queste dimensioni attuative. La distinzione che invece è praticabile consiste nel sostenere che, se si opera nel livel-lo basico di realizzazione della dignità umana ossia sul piano dei diritti umani fondamentali, non si ammette l’imposizione di restrizioni politiche o culturali alla loro effettività, mentre se si guarda al secondo livello si può rilevare la sussistenza di norme, che siano di osservanza obbligatoria per la generalità, le quali ammettono differenti forme di realizzazione a seconda del contesto politico, economico o sociale di loro applicazione. Per esempio, non si può pensare a un’implementazione dei diritti umani e sociali nella Repubblica del

90 In campo internazionale, il diritto alla libertà di religione è previsto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948); la

Dichiarazione per l’Eliminazione di Tutte le Forme di Intolleranza e di Discriminazione Fondate sulla Religione o sul Credo (1981), la Dichiarazione di Diritti delle Persone Appartenenti a Minoranze Nazionali o Etniche, Religiose e Linguistiche (1992). In: Ghandhi, op. cit. p. 22-25, 107-109, 180-182.

91 D

EVINE,Carol; HANSEN,Carol Era; WILDE,Ralph. Human Rights: The Essential Reference. Phoenix: Oryx Press, 1999, p. 105.

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