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analisi agli elementi finiti del supporto del sistema motore riduttore per imbarcazioni militari in composito

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Ingegneria

Corso di laurea in Ingegneria Aerospaziale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

ANALISI AD ELEMENTI FINITI DEL SUPPORTO DEL

SISTEMA MOTORE RIDUTTORE PER IMBARCAZIONI

MILITARI IN COMPOSITO

RELATORE

Prof. Aldo Frediani

CANDIDATO

Mattia Mariotti

(2)

2

Sommario

1. INTRODUZIONE... 5

2. DESCRIZIONE DEL FENOMENO “ESPLOSIONI SUBACQUEE” ... 7

2.1 Evoluzione del Fenomeno ... 7

2.2 Onda di shock ... 8

2.3 Bolla Gassosa ... 10

2.4 Distribuzione energetica ed interazione con la superficie ... 13

3. RISPOSTA E DANNEGGIAMENTO DELLO SCAFO ALLE ESPLOSIONI SUBACQUEE ... 15

3.1 Shock Factor ... 15

3.2 Danneggiamento da shock ... 17

3.3 Danneggiamento da prima espansione della bolla ... 21

3.4 Danneggiamento da impulso della bolla ... 21

3.5 Danneggiamento da collasso della bolla ... 22

3.6 Effetti derivanti dalla cavitazione ... 23

3.7 Effetti di whipping ... 25

4. RISPOSTA E DANNEGGIAMENTO DELLE ATTREZZATURE ALLE SOLLECITAZIONI DERIVANTI DA ESPLOSIONI SUBACQUEE ... 27

4.1 Trasmissione delle sollecitazioni attraverso lo scafo ... 27

4.2 Danneggiamento causato alle attrezzature ... 29

5. SCOPO DEL LAVORO ... 39

6. REQUISITI E VINCOLI AL PROGETTO ... 41

6.1 Generale ... 41

6.2 Motore ... 41

6.3 Ingombri ... 44

6.4 Interfacce ... 44

6.5 Materiali ... 48

6.6 Condizioni operative e di sollecitazione per shock ... 54

7. SELEZIONE DEI CRITERI DI DANNO E VERIFICHE ... 57

7.1 Calcolo del livello di shock in ingresso ... 57

7.2 Analisi di verifica ... 57

8. CONDIZIONI DI CARICO E CARATTERISTICHE DEI MATERIALI ... 60

8.1 Determinazione delle condizioni di shock ambientali ... 60

8.2 Caratteristiche meccaniche dei materiali ... 60

9. PROGETTO PRIMA SOLUZIONE... 62

10. ANALISI PER LA VALUTAZIONE STRUTTURALE DELLA PRIMA SOLUZIONE ... 66

10.1 Analisi Modale ... 66

10.1.1GEOMETRIA DEL MODELLO ... 66

(3)

3

10.1.3 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO ... 75

10.1.4 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI CARICO ... 75

10.1.5 RISULTATI DELL’ANALISI MODALE ... 75

10.2 Analisi vibrazionale ... 78

10.2.1. GEOMETRIA DEL MODELLO ... 78

10.2.2 MESH ED ELEMENTI ... 78

10.2.3 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO ... 79

10.2.4 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI CARICO ... 79

10.2.5 ANALISI DEI RISULTATI... 79

10.3 Analisi dinamica ... 84

10.3.1 GEOMETRIA DEL MODELLO ... 84

10.3.2. MESH ED ELEMENTI ... 84

10.3.3 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO ... 84

10.3.4 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI CARICO ... 85

10.3.5 ANALISI DEI RISULTATI... 86

10.4 Analisi statica equivalente ... 90

10.4.1 GEOMETRIA DEL MODELLO ... 90

10.4.2. MESH ED ELEMENTI ... 90

10.4.3 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI VINCOLO ... 90

10.4.4 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI CARICO ... 91

10.4.5 ANALISI DEI RISULTATI... 93

10.5 Conclusioni ... 104

11. PROGETTO SECONDA SOLUZIONE ... 105

12 ANALISI PER LA VALUTAZIONE STRUTTURALE DELLA SECONDA SOLUZIONE ... 108

12.1 Risultati analisi modale della sola fondazione in acciaio ... 109

12.2 Risultati analisi vibrazionale ... 110

12.3 Risultati analisi dinamica ... 113

12.4 Analisi statica equivalente ... 116

12.4.1 DESCRIZIONE DELLE CONDIZIONI DI CARICO ... 116

12.4.2 ANALISI DEI RISULTATI... 118

12.5 Conclusioni ... 129

13 VERIFICA DEI VINCOLI ... 134

13.1 Verifica sui bulloni ... 134

13.2 Verifica sul collegamento col composito... 137

13.3 Verifica sulla saldatura ... 139

(4)

4

SOMMARIO

Questo documento descrive l’attività di progettazione del supporto del sistema motore-riduttore da installarsi a bordo di una nave realizzata in materiale composito, mediante analisi agli elementi finiti (FEA).

L’analisi (modale , vibrazionale e dinamica) è stata effettuata con il codice agli elementi finiti ANSYS. La progettazione e l’analisi sono state svolte secondole procedure classificate del Cantiere, basate sulle esperienze maturate nelle precedenti costruzioni e convalidate da prove a shock “full-scale” realizzate su una parte di esse.

Nella suddetta analisi si è tenuto conto delle interfacce della struttura con il gruppo motore-riduttore-linea d’assi e con il ponte-paratia della nave, e del database storico dell’azienda, ovvero le soluzioni costruttive adottate sulle navi precedenti.

L’attività di calcolo è stata quindi svolta con l’intento di ottimizzare gli spessori e la geometria di dettaglio del sistema, lasciando al Cantiere costruttore il compito di verificare la robustezza della struttura in composito a cui la fondazione è collegata. L’analisi dimostra che la struttura realizzata è in grado di sopportare le sollecitazioni derivanti dall’azione di carico considerata (carico dinamico derivante dalla sollecitazione a shock), che gli stress calcolati rientrano nei limiti di accettabilità e che le frequenze di risonanza della struttura non coincidono con quelle operative dell’impianto motore-riduttore.

(5)

5

1.

INTRODUZIONE

Le unità navali militari sono soggette ai normali carichi meccanici tipici delle costruzioni navali, pressioni statiche e dinamiche derivanti dalla navigazione, ed a condizioni di carico peculiari relativi ai soli mezzi militari quali le pressioni dinamiche derivanti da esplosioni subacquee non a contatto.

I carichi dovuti al moto ondoso sono modellati in modo sufficientemente esatto per mezzo di metodi statistici normati dai Registri Navali (RINAMIL 2011), mentre maggiori problemi sorgono nella modellizzazione dei carichi dovuti alle esplosioni subacquee.

Una esplosione subacquea che avviene in prossimità di una nave può risultare devastante per la sopravvivenza della nave stessa o per la sua capacità di continuare ad operare.

L’interazione dell’onda di pressione, generata dallo scoppio, con la superficie esterna dello scafo può causarne il danneggiamento sotto forma di deformazione plastica fino, nei casi peggiori, alla rottura.

Inoltre possono prodursi danni a causa della propagazione dell’onda di shock attraverso le strutture della nave a strutture/macchinari interni non a contatto diretto con l’onda di pressione stessa: i carichi procurati sulle strutture e sulle apparecchiature possono essere tali da danneggiarle, riducendo l’operatività del mezzo.

A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale si è compresa la pericolosità delle esplosioni non a contatto e sono stati compiuti notevoli sforzi per studiarne sistematicamente gli effetti sulle navi al fine di progettare strutture ed attrezzature resistenti allo shock.

La prima risposta è stata quella di definire specifiche e standard con cui testare in laboratorio le attrezzature ed i sistemi di vincolo delle stesse alla nave, prima di installarle a bordo, per cercare di garantire in tal modo la sopravvivenza durante le situazioni di stress.

Comunque, poiché le variabili coinvolte nel processo sono numerose, è estremamente difficile sia progettare un componente meccanico in grado semplicemente di resistere alle sollecitazioni, senza risultare sovradimensionato, sia di testarlo in laboratorio secondo ogni possibile condizione di carico.

(6)

6

Questo può portare a produrre componenti sovradimensionati ed estremamente costosi, a causa del numero di iterazioni di prova necessarie per soddisfare gli standard di shock.

Inoltre è, comunque, necessario sottoporre l’imbarcazione completa ad un test di scoppio in mare, per assicurarsi che l’equipaggiamento, così come è stato installato, sopravviva al carico di shock.

Ovviamente i test di shock sulla nave sono costosi e complessi: costosi perché occorre impiegare e stressare l’intera nave e complessi perché l’esecuzione della prova è in mare aperto con i problemi logistici che ciò comporta.

Attualmente gli sviluppi nella capacità di analisi numerica permettono di modellare la risposta di uno scafo ad una esplosione subacquea ed identificare i problemi potenziali e gli eventuali danneggiamenti associati alla risposta.

Tale capacità offre l’opportunità di diminuire molto i costi e ridurre il numero di test e le dimensioni delle cariche esplosive, sebbene sia necessario sempre sottoporre l’imbarcazione ad un programma di prove.

Inoltre la modellazione gioca un ruolo molto importante nel progetto di sistemi di vincolo delle attrezzature sulla nave in grado di isolarle dallo shock, permettendo un più ampio impiego di attrezzature commerciali (off-the-shelf) non “irrobustite” (ruggedized) per l’impiego speciale in campo militare.

Lo scopo di ogni programma di analisi, progettazione e valutazione dello shock è di assicurare che le strutture e le attrezzature in esame siano capaci di funzionare durante e dopo l’applicazione di pressione dinamica derivante da esplosioni sub-acquee non a contatto.

A tale scopo si assume che lo scafo non sia danneggiato in modo letale (falla)La corretta progettazione dei sistemi di vincolo dei componenti/macchinari degli impianti della Nave deve garantire che gli shock meccanici residui trasmessi non le danneggino in modo inaccettabile;

Il problema è generalmente scomposto in differenti fasi: - Emissione dei requisiti;

- Selezione dei Criteri di Danno;

- Determinazione delle condizioni di shock ambientali (operative); - Sviluppo delle procedure di Analisi e Progettazione.

(7)

7

2.

DESCRIZIONE DEL FENOMENO “ESPLOSIONI SUBACQUEE”

Nel presente capitolo si presenta una descrizione sintetica della fenomenologia delle esplosioni subacquee, per una trattazione completa dell’argomento si rimanda al testo diR.H.Cole“Underwaterexplosion” [1].

2.1

Evoluzione del Fenomeno

Come risultato di una detonazione di una carica esplosiva subacquea si ha la produzione di una bolla di gas fortemente compresso e caldo e la trasmissione di un’onda di shock all’acqua circostante.

Quando una carica esplosiva viene innescata genera al suo interno un’onda di shock (di detonazione) che si propaga coinvolgendo tutto il materiale esplosivo, causando e sostenendosi dalla reazione esoterma dello stesso.

L’onda di shock si presenta come un picco di discontinuità di pressione (si veda Figura 1), che decade esponenzialmente nel tempo, e si propaga sfericamente nel fluido intorno alla carica.

Figura 1 - profilo temporale del valore della pressione nel mezzo al passaggio dell’onda di shock in una determinata posizione

La velocità iniziale di propagazione dell’onda di shock è superiore alla velocità del suono nel mezzo essendo proporzionale all’intensità del picco di pressione.

Il suo valore, così come il valore del picco di pressione, decresce man mano che la perturbazione si allontana dal punto di innesco, fino al valore della velocità del suono, che in acqua è pari a circa 1.500 m/sec.

Contemporaneamente la bolla di gas inizia ad espandersi, in virtù dell’alta pressione, spostando il fluido circostante: man mano che il processo procede, la pressione del gas si riduce.

(8)

8

A causa degli effetti inerziali, il processo di espansione continua oltre la condizione di equilibrio, cioè raggiunge la condizione in cui la pressione del gas è inferiore alla pressione idrostatica.

Dopo aver raggiunto un raggio massimo con una pressione minima, la bolla si contrae, sostenuta dalla pressione del fluido, fino ad un raggio minimo a cui corrisponde un valore massimo di pressione, sebbene ampiamente inferiore alla pressione iniziale a seguito della detonazione.

Questo ciclo può ripetersi più volte con l’emissione di un impulso di pressione in corrispondenza di ogni minimo del raggio della bolla: il primo di tali impulsi può avere una intensità massima di pressione pari a circa 10-15% del picco di pressione dell’onda di shock iniziale.

Durante le differenti fasi del processo la bolla gassosa migra verso l’alto fino a raggiungere la superficie.

2.2

Onda di shock

L’onda di shock generata in acqua, a seguito della detonazione del materiale esplosivo, come mostrato in figura 1, consiste in una salita quasi-istantanea del valore della pressione nel mezzo, fino ad un valore di picco, seguita da una diminuzione esponenziale al di sotto del valore idrostatico.

Questo fenomeno si trasmette a tutto il mezzo circostante la posizione occupata dalla carica esplosiva, con una distribuzione tendente allo sferico (può dipendere dalla forma della carica e dalla posizione dell’innesco, ma la dissimmetria risulta più evidente in prossimità della carica per scomparire allontanandosi).

Il valore del picco di pressione e la costante di decadimento dipendono dalla quantità e dal tipo di materiale esplosivo, dal tipo di confinamento dello stesso e dalla distanza percorsa rispetto alla posizione della carica.

Utilizzando i numerosi rilievi sperimentali e considerazioni teoriche sono state proposte svariate formule empiriche per legare i differenti parametri caratterizzanti il fenomeno.

Nella formulazione proposta da R.H.Cole[1]:

(9)

9

dove:

• K1 e A1 sono coefficienti sperimentali che dipendono dal tipo di

materiale esplosivo; • W è il peso di carica [Kg];

• R è la distanza dal punto di detonazione [m].

• L’andamento temporale del decadimento della pressione P(t):

dove:

• t0 è l’istante di innesco;

• θ è la costante temporale, che dipende a sua volta dalla quantità e tipo di materiale esplosivo e dalla distanza R:

[sec]

• K2 e A2 sono coefficienti determinati sperimentalmente che dipendono

dal tipo di materiale esplosivo.

Nelle analisi dell’interazione dell’onda di shock con le strutture investite risultano utili le quantità definite come impulso, I, energia specifica (densità del flusso di energia),ε, e velocità delle particelle del fluido nel fronte dell’onda, V.

L’impulso specifico I è definito come l’integrale nel tempo della pressione P(t):

! "

#

L’energia specifica è una misura del lavoro fatto su una superficie dall’onda di shock (o l’energia che accompagna il fronte di shock per unità di area investita):

$ ! % "

(10)

10

Essendo v(t) la velocità delle particelle che in una determinata posizione la porzione di fluido acquista quando è attraversata dall’onda di shock (ovviamente nella direzione di propagazione dell’onda).

Tale velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’onda di pressione P(t), che attraversa quella porzione di acqua.

Nel caso di un’onda piana (o in una approssimazione locale):

&'% Per cui: $ &' !1 " # Essendo: ρ la densità dell’acqua;

c la velocità del suono nell’acqua.

2.3

Bolla Gassosa

I gas generati a seguito della detonazione del materiale esplosivo formano una bolla, che, durante lo stadio iniziale, presenta una forma approssimativamente sferica ed è in espansione.

Il trasferimento di energia cinetica alla massa d’acqua circostante genera un fenomeno inerziale per cui la bolla raggiunge la massima espansione con una pressione interna minima inferiore alla pressione idrostatica.

Di conseguenza si verifica una contrazione fino ad un raggio minimo in cui la pressione del gas raggiunge un valore massimo, per poi iniziare un nuovo ciclo di oscillazione.

Esistono formule empiriche per il calcolo del raggio massimo della bolla (corrispondente al primo ciclo),Rmax, e dell’intervallo temporale necessario a

raggiungere il primo raggio minimo,Tmin.

Tali valori dipendono dal tipo e quantità di materiale esplosivo e dalla profondità di scoppio (D, in metri):

*+

(11)

-11

. /0 1+

,#1 *

-dove:

W è la quantità di carica in TNT equivalente [Kg]

Z0 = D + D0 è la pressione statica totale nella posizione di scoppio, espressa in

metri, dove D0 = 9.8 m è la pressione atmosferica.

Quando la bolla raggiunge il suo minimo diametro, la pressione gassosa raggiunge il massimo e tale valore viene trasmesso all’acqua circostante sotto forma di impulso di pressione, il cui valore (per il primo ciclo) è pari a circa il 10-15% del picco di pressione di shock.

L’andamento della pressione in una determinata posizione spaziale in relazione agli stadi evolutivi della bolla è mostrato in Figura 2[1].

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12

Durante lo stadio di minima dimensione, la bolla presenta il massimo rateo di migrazione verso la superficie, come si può osservare nel secondo grafico riprodotto in figura 2.

Questo comportamento appare contradditorio, in quanto la massima spinta idrostatica corrisponde al massimo diametro della bolla, ma è il risultato di due sollecitazioni opposte.

Infatti al massimo diametro corrisponde anche la massima forza di inerzia dovuta all’acqua circostante, che domina e riduce gli effetti della spinta idrostatica.

La migrazione verticale m, che corrisponde alla distanza fra il punto di detonazione e la posizione del primo minimo di bolla, si può calcolare empiricamente per il TNT tramite la seguente equazione:

2 12.2,

#

La migrazione fra il primo ed il secondo minimo di bolla è circa la metà della prima migrazione.

Sovraimposto al meccanismo di oscillazione della bolla vi è il meccanismo idrodinamico di collassamento della stessa.

Le bolle generate dall’esplosione di grandi cariche, quali le mine, perdono la loro simmetria durante la prima oscillazione a causa della differenza di pressione idrostatica tra la parte inferiore della bolla (maggiore pressione) e quella superiore, come mostrato schematicamente in Figura 3.

(13)

13

Quando la bolla si contrae verso il minimo, l’acqua nella parte inferiore della bolla si muove verso il centro più velocemente di quella ai lati, che a sua volta è più veloce di quella in prossimità della parte superiore.

Ciò comporta la formazione di un rapido getto di acqua che penetra la bolla, che prende forma toroidale.

2.4

Distribuzione energetica ed interazione con la superficie

Secondo la documentazione sull’argomento [2], circa il 53% dell’energia totale rilasciata da una esplosione subacquea è trasmessa all’onda di pressione di shock iniziale, di cui una parte (circa 20% del totale) viene persa durante la propagazione, mentre la rimanente parte (circa 33% del totale) è disponibile per il danneggiamento di eventuali bersagli.

Il restante 47% dell’energia totale dell’esplosione è convertito nelle pulsazioni della bolla gassosa, di cui:

1. Circa il 13% del totale è irradiato durante il primo periodo di espansione e contrazione;

2. Circa il 17% del totale è emesso come impulso di pressione in corrispondenza del primo minimo di bolla;

3. Il rimanente 17% del totale è rilasciato nelle successive pulsazioni.

Quando l’onda di shock iniziale raggiunge la superficie del mare produce una deformazione a forma di cupola di spray ampia e relativamente bassa, come mostrato inFigura 4.

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14

Il fenomeno è causato dalla riflessione dell’onda di shock iniziale quando raggiunge la superficie dell’acqua. A causa del minor valore dell’impedenza meccanica (densità per velocità del suono nel mezzo) dell’aria rispetto all’acqua l’onda riflessa risulta di tensione [8].

Poiché l’acqua presenta un limite di tensione molto basso, si produce una cavitazione e quindi uno spray.

Inoltre i getti di acqua, che si formano durante i minimi di bolla, possono raggiungere la superficie marina e, penetrando lo spray, dare luogo a colonne di acqua a getto in aria (figura 5 da [4]).

Figura 5: diverse conformazioni degli effetti in superficie.

Se l’esplosione avviene in prossimità della superficie, la bolla rompe la superficie e non si producono oscillazioni della stessa.

In presenza di acque poco profonde, si verifica la riflessione delle onde di shock sul fondale (in questo caso le onde riflesse sono a compressione in quanto l’impedenza meccanica del fondale è superiore a quella dell’acqua) e, a secondo delle condizioni, anche le riflessioni delle onde di pressione sul fondo possono causare addizionali danni alle imbarcazioni.

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15

3.

RISPOSTA E DANNEGGIAMENTO DELLO SCAFO ALLE ESPLOSIONI

SUBACQUEE

La detonazione subacquea di cariche esplosive è in grado di produrre severi danneggiamenti alle imbarcazioni eventualmente presenti.

Infatti una stessa quantità di esplosivo può causare un danno maggiore rispetto alla situazione in aria in quanto l’acqua è molto meno comprimibile dell’aria.

3.1

Shock Factor

Poiché la severità della esplosione subacquea a cui può essere esposta una imbarcazione dipende da svariati parametri (diversità di peso di carica esplosiva, distanza di scoppio, orientazione relativa di attacco) è necessario determinare la relazione fra severità di attacco e le condizioni geometriche e fisiche.

Normalmente si utilizza il FATTORE DI SHOCK (SF = Shock Factor) per caratterizzare la severità di una determinata condizione di sollecitazione; esso è proporzionale alla densità di energia dell’onda di shock incidente sullo scafo della nave.

Fattori di shock maggiori rappresentano un proporzionale aumento dell’energia “ceduta” all’imbarcazione dallo shock subacqueo.Di conseguenza la resistenza agli shock subacquei di una imbarcazione è specificata, a livello progettuale, in termini di shock factor.

Sostituendo nell’equazione della densità di flusso di energia (integrata per un tempo di 6.7θ) l’andamento temporale della pressione di shock proposto dal Cole per cariche di peso W di TNT equivalente (ponendo t0=0):

$ &' !1 *.5 "

# 6 2&'

essendo:

Ad una distanza R dal punto di scoppio, una carica W di TNT equivalente produce:

(16)

16

Per un sottomarino il fattore di shock si definisce come fattore di shock di scafo (HSF = hull shock factor), e rappresenta l’energia contenuta nell’onda di shock che può contribuire al danneggiamento dello scafo, come illustrato nello schema riprodotto in Figura 6, e può essere calcolato [3]:

;<= √

Figura 6: shock factor

Per una nave di superficie, dove la risposta è principalmente verticale, è necessario correggere la definizione di shock factor con l’angolo a cui l’onda di shock investe il bersaglio.

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17

Se α è l’angolo fra la verticale e la linea che congiunge la carica alla chiglia della nave (figura 5 b) si definisce fattore di shock di chiglia (KSF = keel shock factor):

<= √ 1 ? '@AB2

Per cui quando la carica è posizionata direttamente sotto l’imbarcazione,α è piccolo e:

<= C ;<=

Se, viceversa,α è grande:

<= C12 ;<=

Sia i test sperimentali che considerazioni teoriche mostrano che KSF è indicativamente proporzionale alla velocità verticale impartita all’imbarcazione, quando si comporta come un corpo rigido.

3.2

Danneggiamento da shock

Il danneggiamento di uno scafo di una imbarcazione, esposta ad una esplosione subacquea, può presentare vari livelli di severità a seconda dei carichi prodotti dall’esplosione, che dipendono dalle dimensioni, dalla distanza e dalla orientazione della carica esplosiva.

Dalla descrizione fatta da Keil [2] delle tipologie di sollecitazione sullo scafo in funzione della posizione relativa tra la carica e l’imbarcazione, alcuni autori hanno sintetizzato la grafica riportata in Figura 7 [2].

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18

Se la carica è posizionata vicino o direttamente al di sotto dello scafo (posizione B di figura 6), sia il collassamento della bolla che le sue pulsazioni contribuiscono in maniera predominante al danneggiamento dell’imbarcazione.

Tali casi saranno esposti nel seguenti paragrafi, mentre in questo paragrafo si considererà il meccanismo di danno derivante dall’onda di shock iniziale.

Un’esplosione che avviene in prossimità della nave può produrre rotture dello scafo ed anche nelle strutture interne a causa sia dell’esplosione diretta allo shock che delle deformazioni imposte alle strutture interne dalla deformazione dello scafo stesso.

Come aumenta la distanza di scoppio della carica esplosiva dalla nave, si giunge ad una posizione in cui non si presentano più rotture, mentre le deformazioni rimangono elevate.

Continuando ad allontanare il punto di scoppio il livello di deformazione continua a diminuire, fino a raggiungere una distanza oltre la quale si verificano solo deformazioni elastiche.

Per esplosioni distanti dalla imbarcazione (posizione A di figura 6), il fronte d’onda è essenzialmente piano e l’imbarcazione è approssimativamente investita globalmente, piuttosto che localmente, come avviene per scoppi ravvicinati.

Anche in questo caso le differenti parti dell’imbarcazione rispondono acquistando velocità differenti, che dipendono dalla massa per unità di area.

La maggior parte dei test di shock sono eseguiti a grande distanza di scoppio.

Quando un’onda di shock (rappresentata dall’andamento di figura 1) arriva sullo scafo della imbarcazione, il carico di pressione presenta una crescita quasi istantanea, fino ad un picco di pressione a cui fa seguito una caduta esponenziale. Come rappresentato dai rilievi sperimentali riportati in Figura 8 [2], l’andamento temporale della pressione rilevata in acqua a varie distanze dallo scafo conferma questo andamento del carico durante la fase iniziale.

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19

Figura 8: profili onda di shock in prossimità dello scafo

La curva inferiore mostra l’andamento della pressione per una posizione molto vicino alla parete dello scafo (45 inch): si osserva il passaggio del caratteristico impulso di shock (salita verticale e discesa esponenziale) seguito da un secondo impulso dovuto all’onda riflessa dallo scafo stesso.

Avvicinandoci sin sullo scafo (curva superiore), l’effetto di riflessione si sovrappone all’onda incidente: infatti, subito dopo il quasi-istantaneo raggiungimento di un primo picco corrispondente allo shock incidente, l’impulso continua a crescere fino al valore massimo, per poi decrescere rapidamente a causa del fenomeno di cavitazione. Infatti, se la parete dello scafo è relativamente elastica, in risposta al carico accelera fino a raggiungere una velocità maggiore di quella che l’acqua adiacente ad essa può sostenere [5].

Poiché l’acqua non può sostenere la tensione, si crea un a regione localizzata di cavitazione; di conseguenza il carico sulla parete si riduce a zero e la velocità della stessa raggiunge un massimo.

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20

Figura 9: meccanismo di cavitazione localizzata presso lo scafo.

Successivamente la cavitazione adiacente allo scafo si chiude e lo scafo può risultare soggetto nuovamente a carico, ma generalmente a livelli inferiori.

In Figura 10 [2] è riprodotto un tipico andamento temporale della deflessione della parete dell’imbarcazione durante le fasi di carico.

La curva espansa mostra che dopo il rapido aumento iniziale del valore di deflessione, si ha un rallentamento dovuto all’irrigidimento della risposta del sistema, seguito da una nuova fase di carico, risultante dalla richiusura dello spazio di cavitazione immediatamente esterno allo scafo, che causa un nuovo impulso incrementale della deformazione.

Figura 10: andamento temporale della deflessione della parete dell’imbarcazione durante le fasi di carico

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21

Nell’esempio in figura, la seconda fase di carico contribuisce poco al valore finale di deformazione, ma per diverse condizioni di attacco l’incidenza può essere più significativa.

3.3

Danneggiamento da prima espansione della bolla

Anche il flusso incomprimibile di acqua che accompagna l’espansione della bolla, può contribuire al danneggiamento dello scafo.

L’acqua che viene spostata in fronte alla bolla gassosa in espansione è in grado di applicare un notevole carico di pressione sullo scafo grazie al suo momento.

Inoltre agisce per un periodo di tempo maggiore di quello relativo all’onda di shock iniziale.

In alcune circostanze è stato valutato che l’energia coinvolta nel danno per deformazione plastica dello scafo è circa per il 60% dovuta alla prima espansione della bolla e solo per il 40% per l’onda di shock [2].

3.4

Danneggiamento da impulso della bolla

La bolla gassosa generata dall’esplosione segue il percorso evolutivo delineato nel capitolo 2; in particolare, nel momento in cui la sua dimensione decresce, fino a raggiungere il minimo volume, la pressione diventa massima.

La fase finale di contrazione risulta molto rapida e questo repentino cambiamento della pressione nella bolla gassosa genera l’emissione di un impulso di pressione in acqua.

L’impulso di pressione emesso al primo minimo di bolla trasporta circa il 17% dell’energia iniziale dell’esplosione, per cui si ha una capacità ridotta di creare danno singolarmente, ma, a seconda della tempistica, può contribuire al danno dovuto allo shock in particolare sulle attrezzature interne.

Infatti, in talune circostanze, è necessario realizzare montaggi anti-shock delle attrezzature per prevenirne il danneggiamento a causa dell’impulso di bolla, in quanto la risposta delle attrezzature risulta fuori fase rispetto al moto del basamento. Inoltre poiché l’impulso di bolla avviene in un secondo tempo rispetto al carico dovuto all’onda di shock iniziale, il carico dell’impulso può risultare applicato ad una porzione differente della nave.

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22

La bolla gassosa migra verso l’alto a maggior velocità quando ha dimensioni minori (nel momento in cui emette l’impulso) e, se l’imbarcazione è sul cammino della bolla, l’impulso di pressione può avvenire molto vicino allo scafo, aumentando la severità del carico.

Se la frequenza degli impulsi di shock e di bolla coincide con la frequenza naturale di oscillazione dello scafo allora l’elevato momento flettente applicato alla nave può causare un danno da WHIPPING.

3.5

Danneggiamento da collasso della bolla

Un altro meccanismo di danno, che accompagna quello prodotto dal carico derivante dalle pulsazioni della bolla, è procurato dal collassamento della bolla stessa.

Se la bolla gassosa è sufficientemente vicino allo scafo (che, in questo caso, può essere considerato un corpo rigido), nella fase temporale in cui la bolla diminuisce di volume, il differenziale di pressione causato sia dalla differenza nel valore della pressione idrostatica fra la parte superiore e quella inferiore (si veda figura 3) sia dalla resistenza dell’acqua vicino allo scafo a fluire, produce il collassamento della bolla contro lo scafo (Figura 11).

Figura 11: collassamento bolla contro lo scafo.

Infatti l’analisi idrodinamica del comportamento della bolla in presenza di un confine solido nel fluido (si veda Costanzo [4]), mostra che la parete rigida agisce impedendo il flusso di contrazione ed influenza il moto della bolla gassosa.

Per cui la parte di bolla più vicina allo scafo rimane stazionaria, mentre il lato opposto si muove verso il centro e quindi verso lo scafo stesso.

Durante l’evoluzione del fenomeno, la forma della bolla si distorce ed il centro si avvicina allo scafo; tale comportamento si accentua sempre più, come se lo scafo attraesse la bolla.

(23)

23

In Figura 12 sono riprodotte due immagini di un filmato [6], che mostrano il meccanismo di attrazione della bolla da parte di una parete rigida ed il suo collassamento.

Figura 12: meccanismo di collassamento della bolla.

Il collassamento della bolla genera un getto d’acqua al suo interno, ad alta velocità (figura 3), che impatta contro lo scafo.

3.6

Effetti derivanti dalla cavitazione

Quando l’onda di shock a compressione, emessa dall’esplosione, raggiunge la superficie del mare, poiché l’impedenza meccanica dell’aria è inferiore a quella dell’acqua, viene riflessa come un’onda di tensione: infatti, affinché all’interfaccia la pressione in aria sia uguale a quella in acqua, si deve formare un’onda di rarefazione, che, in approssimazione elastica, si può immaginare come emessa dal punto immagine del punto di scoppio, rispetto alla superficie del mare (Figura 13 [5]).

(24)

24

Per cui in una certa posizione rispetto alla carica e alla superficie (posizione indicata come P nella Figura 14 [4]) giunge prima l’onda di shock a compressione e poi l’onda di rarefazione riflessa dalla superficie, ma, poiché l’acqua, normalmente, non può sostenere un carico a tensione, si produce il fenomeno della cavitazione.

Il mezzo (porzione di mare interessata al fenomeno) si trasforma da un liquido omogeneo e continuo in una regione di vapore non omogeneo.

Figura 14: composizione delle onde di pressione.

La zona di cavitazione, il cui inviluppo è mostrato in Figura 15 [4], è incapace di trasmettere ulteriori shock.

(25)

25

La regione di cavitazione è interessante dal punto di vista del danneggiamento dell’imbarcazione, perché può dar luogo a due contributi.

In primo luogo, per le imbarcazioni posizionate entro la zona di cavitazione, la pressione sperimentata dallo scafo, dopo la fase iniziale di compressione, cade velocemente alla pressione ambiente: questa condizione può risultare dannosa quando un secondo impulso di pressione (ad esempio dovuto alla pulsazione della bolla), chiudendo la cavitazione, produce un nuovo carico sullo scafo che si sta muovendo in senso opposto per effetto del rilassamento della struttura.

In secondo luogo, a causa degli effetti dovuti alla gravità e alla pressione atmosferica che spingono l’acqua dall’alto e del flusso dovuto all’espansione della bolla dal basso, si verifica la situazione in cui due masse di fluido collidono creando una specie di ‘martellata’ di acqua, che a sua volta genera un’onda di pressione, denominata ‘impulso di cavitazione’, come mostrato in Figura 16 [4].

Figura 16: impulso di cavitazione.

Se il punto di chiusura della cavitazione avviene vicino allo scafo si produce un ulteriore carico sulla struttura.

3.7

Effetti di whipping

Mentre il carico di pressione dovuto allo shock ha una durata molto breve rispetto alle dinamiche della struttura della nave, la frequenza del carico prodotto dalla pulsazione della bolla, può essere prossima alle frequenze proprie della struttura, dando luogo al fenomeno di whipping.

(26)

26

Infatti, quando l’esplosione avviene sotto la chiglia della nave, si può innescare una vibrazione trasversale della intera struttura della nave, che può risultare violenta e dannosa.

La “trave-nave” deve essere dimensionata per sopportare tale carico per evitare danneggiamenti che possono portare alla perdita dell’Unità navale stessa.

(27)

27

4.

RISPOSTA E DANNEGGIAMENTO DELLE ATTREZZATURE ALLE

SOLLECITAZIONI DERIVANTI DA ESPLOSIONI SUBACQUEE

4.1

Trasmissione delle sollecitazioni attraverso lo scafo

Durante le varie fasi di risposta dello scafo alle sollecitazioni generate dall’esplosione subacquea non a contatto, l’intera nave è soggetta ad un alto transiente di velocità, seguito da moti a più bassa velocità (risposta ad heaving, pitching, whipping) che possono essere associati a spostamenti relativamente più grandi.

Quindi la risposta immediata di una nave di superficie ad un esplosione consiste principalmente in un rapido moto verso l’alto, con un piccola componente trasversale, indipendentemente dalla posizione della carica.

Come l’onda di shock raggiunge lo scafo dell’imbarcazione, parte della sua energia è trasmessa allo scafo che a sua volta la trasmette alle strutture interne in termini di velocità relativa di traslazione.

Questi moti di shock possono causare danni sia alle strutture di rinforzo dello scafo che alle attrezzature installate.

Nelle aree più rigide dello scafo della nave (paratie e strutture principali), il gradiente di velocità è trasmesso molto bene (con bassa attenuazione) e raggiunge i ponti superioriattraverso le paratie.

Normalmente, però, le accelerazioni variano in misura elevata (anche del 300%) tra le differenti aree della nave.

Nella zona di chiglia la misura di un accelerometro riflette accuratamente sia la accelerazione dell’intera nave all’onda di shock che, sovrapposta, la risposta (a frequenza maggiore) locale, dovuta alla struttura della nave in quella particolare area.

Per questo motivo, se si vuole misurare la risposta della trave nave come un corpo rigido, trascurando quindi gli effetti locali, si usano dei misuratori di velocità.

In tal caso eseguendo l’integrazione dei dati si ottiene il calcolo degli spostamenti, mentre tramite derivazione si valutano le accelerazioni, epurate dalle componenti ad alta frequenza relative alle risposte locali poiché i dati di partenza non contengono le componenti ad alta frequenza.

(28)

28

Per cui i misuratori di velocità possono essere utilizzati solamente per valutare la parte iniziale delle accelerazioni dovute al carico di shock e le successive decelerazioni dell’intera nave.

Man mano che ci si allontana dalla chiglia la risposta viene modificata dal percorso e dai materiali coinvolti dallo shock, che possono attenuare e ridistribuire in frequenza l’impulso di velocità.

Ovviamente esiste una correlazione tra il livello di shock a cui la nave è soggetta (rappresentato dal KSF) e la sua risposta in termini di velocità e accelerazione.

Come spiegato precedentemente, le velocità e le accelerazioni dipendono dalla posizione sulla nave, cioè decrescono man mano che ci si allontana dal fondo e sono funzione della distanza dalle paratie.

Tale distribuzione risulta più marcata per le accelerazioni rispetto alle velocità, in quanto la velocità, essendo l’integrale delle accelerazioni, media (filtra) i contributi ad alta frequenza caratteristici del comportamento locale.

Il picco di velocità traslazionale (PeakTranslationalVelocity - PTV) per una nave rappresenta il picco di velocità che l’intera nave raggiunge quando la sua struttura è considerata come un unico corpo rigido, cioè quando sono escluse le risposte di velocità ad alta frequenza relative a specifiche posizioni locali(che si verificano in sub-componenti o in sezioni di strutture).

Il PTV è generalmente direttamente proporzionale al KSF o alla densità di flusso di energia dell’onda di shock che raggiunge lo scafo della nave.

In teoria la relazione tra il PTV e la massa di esplosivo è di tipo lineare ma, al di fuori di un certo range, cioè per cariche molto grandi o piccole, il comportamento reale è simile a quello tracciato nella Figura 17.

Figura 17: PTV vs Massa di esplosivo

PTV

(29)

29

Infatti, aumentando il peso della carica, per mantenere il KSF costante si deve aumentare la distanza di scoppio ed in tali condizioni l’onda di shock riflessa dalla superficie marina tende a ridurre gli effetti dell’onda di shock diretta, prodotta dallo scoppio.

Nella direzione opposta del grafico, a brevi distanze dellacarica esplosiva dalla nave, il peso di carica è proporzionalmente ridotto, ma l’onda di shock prodotta raggiunge lo scafo con una forma che è ancora sferica, causando una risposta più localizzata. In entrambe i casi l’effetto prodotto sulla nave, rappresentato dalla risposta PTV, è ridotto.

4.2

Danneggiamento causato alle attrezzature

Quando il carico di shock raggiunge le attrezzature installate nelle varie aree della nave può causare, a seconda di come queste rispondono, un danno dovuto alle alte accelerazioni o agli alti spostamenti.

Il danno potenziale è legato alla velocità di risposta indotta in quella sezione di nave in cui è posizionata la attrezzatura ed ai livelli di stress sopportati dalle attrezzature. Ad esempio, la maggior parte di attrezzature elettroniche, computer ed in generale di componenti non progettati appositamente per resistere allo shock, ha una alta probabilità di subire danneggiamenti quando è sottoposta anche a bassi livelli di gradiente di velocità prodotti quali risposta allo shock.

Viceversa le attrezzature elettroniche di tipo analogico o meccaniche sopportano maggiori severità di stress (più alte risposte di velocità).

In generale il livello, in termini di velocità, a cui si produce un danno in una specifica attrezzatura è una informazione riservata, però possono essere espresse alcune considerazioni generali.

Un semplice carico impulsivo, che è trasmesso ad un componente meccanico, genera una risposta nel materiale in termini di accelerazione (a(t)), velocità (v(t)) e spostamento (s(t)) che può essere schematizzata come in Figura 18.

(30)

30

Figura 18: regioni di diversa risosta del sistema.

Il fenomeno può essere diviso in tre regioni distinte in cui classificare la tipologia di danno provocato.

La prima regione (IA) è caratterizzata dal grande valore del picco di accelerazione, a cui corrisponde la rapida escursione della velocità, mentre, essendo di breve durata temporale, gli spostamenti risultano relativamente piccoli.

In questa regione si verifica la maggior parte delle rotture: i materiali ed i componenti più sensibili al danneggiamento sono di tipo fragile.

Nei componenti più grandi e complessi si verificano anche movimenti a taglio che possono dar luogo di rotture a taglio.

Nella seconda regione (IIA), l’azione dell’impulso iniziale di sollecitazione è terminata e si verifica la decelerazione con conseguente lento decremento della velocità.

Questa regione è caratterizzata dell’ampia variazione degli spostamenti e le rotture sono legate a fenomeni a tensione, come nei giunti saldati.

Infine la terza regione (II), la risposta in velocità si annulla e le rotture si possono verificare per deformazione, a causa degli spostamenti eccessivi.

In quest’ultima situazione i materiali possono entrare in regime plastico, dando luogo a danneggiamenti permanenti del componente o struttura fino alla sua rottura.

Accelerazione Spostamento Velocità Tempo Tempo Tempo IA IIA B

(31)

31

Inoltre gli elevati spostamenti possono dar luogo a urti fra i diversi componenti, con possibili danneggiamenti.

Le misure condotte sulla nave o su un componente durante un test di shock in mare od in laboratorio, come si è visto, sono relative al rilievo della storia temporale dello spostamento, o della velocità o della accelerazione di una determinata posizione. L’analisi di questi rilievi permette di caratterizzare il comportamento a shock (la risposta) della particolare struttura/macchinario monitorata.

La analisi del dato nel dominio del tempo permette di valutare i valori sensibili dei tre parametri (massimi, minimi, medie, durata dei singoli impulsi,ecc…)

Nell’analisi delle vibrazioni risulta significativa anche la analisi nel dominio della frequenza (analisi in frequenza ed analisi modale), ma per gli shock questa analisi non è significativa e si conduce una analisi nel dominio della risposta, tramite il calcolo dello spettro di risposta allo shock.

Lo spettro di risposta allo shock descrive l’effetto causato da uno shock ad una struttura/macchinario in termini di picco di risposta, in altri termini la risposta di un sistema meccanico qualunque allo shock può essere espressa come la storia temporale di un parametro (spostamento, velocità, accelerazione) che descrive il moto del sistema.

Il processo prevede di analizzare il rilievo temporale condotto in una determinata posizione della nave (che esso sia la accelerazione uE t , velocità uG t o spostamentou t ) in termini di risposta (cioè spostamento relativo δ t ) di un semplice sistema meccanico a singolo grado di libertà (oscillatore smorzato) rappresentante un generico materiale/componente vincolato in quella posizione della nave: come mostrato in Figura 19.

In particolare per un sistema meccanico semplice, caratterizzato da una massa, una molla ed uno smorzatore, una scelta utile è quella di analizzare la ampiezza del picco di risposta allo shock.

(32)

32

Figura 19: sistema meccanico semplice: oscillatore smorzato.

Questo metodo permette di ridurre il numero di parametri liberi a due: • la frequenza naturale non smorzata del sistema ωn;

• la frazione di smorzamento criticoγ.

Con questi soli due parametri è possibile analizzare il dato di shock u(t) tramite una rappresentazione sistematica del picco di risposta di svariate strutture semplici (oscillatori smorzati).

Infatti il calcolo della risposta del sistema δ(t) ad un dato input u(t) può essere ripetuto (in maniera automatica) variando le caratteristiche dell’oscillatore ωn e γ.

L’applicazione di uno shock meccanico in ingresso ad una struttura semplice fornisce in uscita la ampiezza massima, per un dato valore di smorzamento, che sarà funzione della frequenza naturale dell’oscillatore I0 JK.

Variando il valore di ωn (applicando lo shock in ingresso ad un sistema di oscillatori)

si può costruire la curva della risposta massima in funzione della frequenza. Questa rappresentazione è chiamata Shock Spectrum.

I parametri di cui calcolare la risposta massima sono diversi, in particolare risulta appropriato per lo studio degli effetti degli impatti sulle strutture l’utilizzo dello spostamento relativo della massa m.

Questa quantità indica lo spostamento della struttura di cui si studia la risposta rispetto al supporto, che è proporzionale alle deformazioni e agli stress all’interno della struttura: per cui è relazionabile al danno.

Massa Spostamento assoluto

Shock in ingresso

Spostamento relativo Molla Smorzatore

(33)

33

L’equazione differenziale che descrive il sistema meccanico semplice (figura 19) sottoposta all’azione di una accelerazione alla sua base uE t (shock meccanico in input) è:

LxE t ? 2γI0O ? I0OG 0

dove:

δ(t) = U(t) – X(t) è lo spostamento della massa m rispetto al supporto; X(t) = spostamento assoluto della massa m;

I0 JK frequenza naturale del sistema non smorzato;

K = costante elastica;

Q I

0fattore di smorzamento;

C = coefficiente di smorzamento.

La risposta dello spostamento relativo di una struttura semplice sottoposta ad uno shock definito dalla accelerazione uE t del supporto si può calcolare tramite il seguente integrale di convoluzione, come è dimostrato in Harris “Shock and Vibrationhandbook” [7]:

O I1

R! SE

TU V sin IR L Z " #

dove IR I0 1 L & è la frequenza naturale del sistema smorzato.

Tramite il precedente integrale si può calcolare δMAX(ωn , γ) in funzione del valore ωn.

Si definisce ‘Accelerazione equivalente statica’ Aeq l’accelerazione applicata

costantemente alla massa m (espressa in multipli di g) che produce una deformazione della struttura pari alla deformazione massima δMAX causata dall’azione

dello shock.

Essendo la distorsione causata dall’azione della forza di gravità F=mg pari a δST:

δST = mg/K = g/ωn2

per analogia:

(34)

34

da cui si può calcolare il valore di accelerazione equivalente statica Aeq:

Aeq= δMAX(ωn) ωn2/g

Se al posto delle accelerazioni uE t , si utilizza la forza F(t) = m uE t in ingresso al sistema, l’integrale di convoluzione che permette di valutare lo spostamento relativo diventa:

O 2I1

R! = Z

TU V sin IR L Z " #

da cui si ricava, per ogni frequenza ωn del sistema meccanico, la risposta massima

δMAX(ωn) e la forza statica equivalente Feq(ωn) per un dato valore di γ:

=[\ I0 O]^_ I0 2I0O I0

Essendo: Feq(ωn) = m Aeq(ωn).

Quindi si è dimostrato che la forza equivalente che agisce sul sistema è proporzionale alla deformazione massima, che è utilizzata quale parametro dello shock spectrum e tale concetto è fondamentale nella valutazione del danno.

In Figura 20 sono riportati alcuni andamenti di shock spectrum relativi a storie di accelerazione di impatto particolari (shock di input).

(35)

35

Figura 20: Shock spectrum relativi ad accelerazioni particolari (con γ=ξ nei simboli della figura).

Ricordando che lo spettro di risposta allo shock costituisce una indicazione del danno potenziale che il moto di shock dello scafo o della struttura può causare ai materiali di cui è composta o che sono vincolati ad esso, dai grafici degli shock responsespectrum si possono ricavare svariate informazioni:

• si possono valutare le frequenze dominanti nella risposta del sistema di cui i progettisti devono tener conto sia alterando le caratteristiche delle strutture in esame per eliminare queste risonanze o dimensionando i supporti delle attrezzature che devono essere vincolate ad esse in modo da smorzare queste frequenze;

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36

• si ha una indicazione del massimo carico dinamico di un sistema, con cui determinare le massime accelerazioni e spostamenti per il sistema a cui confrontare i calcoli agli elementi finiti, per la valutazione del corretto dimensionamento;

• dal metodo di calcolo dello spettro di risposta allo shock, oltre allo spettro relativo agli spostamenti assoluti massimi δmax, si possono derivare gli spettri

delle pseudo-velocitàOG e delle accelerazioni assolute `E , che in prima approssimazione sono legati:

OG I0O

`E I0OG I0O

L’osservazione dei grafici di risposta allo shock per diversi valori di γ, permette di visualizzare l’effetto che si ottiene vincolando alla struttura supporti per attrezzature con rigidezza diversa; per cui si può determinare l’effetto (cioè il danno potenziale) di differenti soluzioni di montaggio (valori di γ).

Inoltre l’analisi del moto causato dallo shock, δ(t), permette di valutare il segnale di risposta residua per un dato supporto (un dato valore di γ), cioè la risposta del componente montato sulla struttura (sulla quale è misurato il segnale di shock uE t ), dopo che lo shock è terminato; tale valore può essere usato nell’analisi del comportamento a fatica del componente.

Poiché δmax, δG]^_ e xE]^_ sono correlati, è conveniente riprodurre sullo stesso grafico,

gli spettri di risposta allo shock di una data struttura per individuare le regioni in cui si presentano le differenti tipologie di induzione di danno (in relazione alla figura 18). La seguente figura mostra questo tipo di analisi.

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37

Figura 21: esempio di grafico tri-assiale di risposta allo shock di una struttura.

Le regioni sono riferite a sezioni di spettro che possono essere correlate a risposte del moto delle attrezzature, vincolate sulla struttura su cui è stato rilevato lo shock, che differiscono per la tipologia di danno potenziale, secondo il medesimo schema già illustrato inFigura 18.

Nella regione a bassa frequenza (designata con A nellaFigura 21), i danneggiamenti dovuti agli alti spostamenti ( alti valori di δmax nel grafico) sono predominanti e

corrisponde alla regione III del grafico diFigura 18.

Il danneggiamento per spostamento si verifica normalmente per disallineamenti nei componenti o per urti tra più componenti.

Viceversa nella regione ad alta frequenza (regione C) i danneggiamenti relativi alle alte accelerazioni sono predominanti e corrisponde alla regione I diFigura 18.

Infatti aumentando la frequenza, il sistema oscillante ad un grado di libertà, diventa molto rigido fino a comportarsi come un corpo rigido; alla alta frequenza, il valore di accelerazione di risposta allo shock tende asintoticamente al massimo valore di accelerazione esistente nello shock in ingresso.

La regione B corrisponde alla zona di risonanza del sistema, infatti in questa zona

δG]^_presenta il massimo.

Il parametro velocità relativa δG]^_ è quello che meglio fornisce l’indicazione della severità di potenziale di danneggiamento dei materiali.

(38)

38

Ciò è dovuto al fatto che tipicamente il massimo stress in una struttura (σ]^_ ) sottoposta ad un carico dinamico è dovuto ai modi normali di vibrazione della struttura, cioè alla risposta alle frequenze naturali.

Per ogni frequenza naturale, lo stress in un materiale è proporzionale alla velocità relativa di risposta del materiale δG]^_ (per quel modo):

σ C δG]^_bEρ

E = modulo di Young del materiale; ρ = densità del materiale.

In prima approssimazione la velocità relativa δG]^_ della struttura sottoposta ad un dato shock è proporzionale all’impulso di shock (all’intesità dell’onda di shock generata dall’esplosione quando raggiunge lo scafo della nave) cioè alla severità di una data configurazione di attacco.

La severità di una data condizione di carico dovuta ad esplosione subacquea non a contatto, come già indicato, è rappresentata dal parametro KSF (Keel Shock Factor), per una nave, per cui la velocità relativa è proporzionale allo KSF:

δG]^_ C KSF

Questa considerazione è valida solo con un certo grado di approssimazione, perché rappresentare la severità con il parametro KSF non tiene conto degli effetti dovuti alle effettive condizioni di carico (disposizione geometrica della carica rispetto alla nave) e della complessità della struttura della nave.

(39)

39

5.

SCOPO DEL LAVORO

Lo scopo del seguente lavoro di tesi è di dimensionare in modo adeguato la fondazione di sostegno del motore termico principale di una nave cacciamine prodotta dal Cantiere Intermarine S.p.a.

L’unità è propulsa da 2 linee d’assi e dai relativi due motori termici principali simmetrici rispetto alla mezzeria della nave.

Nel progetto si considera solo il dimensionamento di una singola linea di propulsione in quanto i carichi sono i medesimi.

La fondazione oggetto del sistema di propulsione è situata nel locale sala macchine, che si trova tra le paratie 6 e7 ed occupa a tutta altezza i ponti di sentina e copertino e si estende fino al ponte principale, come si vede nella Figura 22.

Figura 22: area di installazione del sistema.

La fondazione deve garantire l’appropriato vincolo del motore durante le normali operazioni di navigazione ed in caso di esplosione subacquea non a contatto.

Infatti durante la navigazione la nave è soggetta a vibrazioni indotte sia dal mare che dagli altri apparati installati, mentre nel caso di esplosione la nave è sottoposta ad un’onda di pressione come descritto nel capitolo 2.

I requisiti sono specificati dalle esigenze contrattuali e dalle normative e sono descritti nel capitolo 6.

La caratteristica peculiare delle costruzioni cacciamine del Cantiere Intermarine quella di realizzare la struttura della nave mediante un fasciame “monocoque” in materiale composito, per permettere la dissipazione dell’energia derivante da esplosione subacquea non a contatto, tramite la deformazione in campo elastico dello stesso.

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40

L’impiego del materiale composito permette anche di soddisfare il requisito proprio di un cacciamine che è quello di presentare bassa segnatura magnetica al fine di non attivare l’esplosione delle mine.

Questa soluzione funziona se la struttura è libera di permettere elevati spostamenti. Pertanto il cantiere ha sviluppata una tecnologia costruttiva che prevede l’impiego di strutture di sospendita, dette culle, dell’assieme motore-riduttore, collegate alle paratie della nave, lasciando libero il pannello del fondo di deflettersi.

La suddetta culla è realizzata anch’essa in materiale composito al fine di contribuire alla dissipazione dell’energia residua trasmessa dalle paratie all’assieme motore-riduttore; la culla è fissata meccanicamente alla paratia tramite bulloni passanti. Sulla culla viene poi installata una fondazione in materiale amagnetico che funziona come interfaccia tra il macchinario e la culla; tale fondazione ha lo scopo di creare una base “rigida” per consentire ai resilienti del macchinario di funzionare in modo appropriato. I resilienti sono delle molle, di materiale metallico o gomma, che hanno lo scopo di:

• Durante la normale navigazione, filtrare le vibrazioni indotte dal mare attraverso la trave nave indotte dagli altri macchinari installati a bordo dell’unità mil167d

• Rendere meno severo lo shock che si propaga attraverso la struttura della nave

(41)

41

6.

REQUISITI E VINCOLI AL PROGETTO

6.1

Generale

Nel progettare un’installazione si deve tener conto sia dell’oggetto che deve essere installato che dell’ambiente in cui deve essere introdotto e si deve garantirne il corretto funzionamento in relazione alle condizioni di impiego.

Nella progettazione dell’installazione del gruppo motore-riduttore sono stati considerati i seguenti requisiti e vincoli:

• Installazione e successivi sbarchi per manutenzioni “pesanti”; • Ingombri;

• Interfacce previste; • Materiali;

• Condizioni operative;

• Condizioni di stress allo shock.

La prima condizione, ovviamente, è l’oggetto stesso dell’installazione, mentre gli ultimi due sono i requisiti che descrivono le condizioni che devono essere sopportate dall’installazione sia nella normale vita operativa della nave sia durante situazioni di sollecitazioni estreme, ma previste nell’impiego della specifica unità navale.

Le altre condizioni riguardano i limiti che sono imposti dall’integrazione del motore con l’ambiente in cui deve essere disposto.

6.2

Motore

Il motore , di fornitura dell’azienda tedesca MTU, è un componente “speciale” che è stato dimensionato per resistere ai carichi a shock forniti dal Cantiere Intermarine e che presenta una bassa segnatura magnetica, ottenuta mediante l’adozione di materiali opportuni.

I dati tecnici del gruppo motore-riduttore che sono stati utilizzatiper il dimensionamento della fondazione, in particolare le masse, i momenti d’inerzia, le costanti elastiche dei resilienti, le frequenze di lavoro, sono riportati nelle tabelle 1 e 2.

(42)

42

Tabella 1: Masse e momenti di inerzia Gruppo Motore

Componente Massa [Kg] Momento Inerzia Ixx [Kg m2] Momento Inerzia Iyy [Kg m2] Momento Inerzia Izz [Kg m2] Motore 5138 1119 1910 1902 Riduttore 1229 177.62 150.16 222.56 Trave linea d’assi 88.5 2.58 9.915 9.915 Trave tra motore e

riduttore

47.5 0.6 4.338 4.338

Tabella 2: Costanti elastiche Resilienti

Componente Momento Inerzia Kx [N/m]

Momento Inerzia Ky [N/m]

Momento Inerzia Kz [N/m]

Resilienti motore prua 3.18 106 3.18 106 1.49 106 Resilienti motore poppa 5.55 106 5.55 106 2.46 106 Resilienti riduttore prua 2.54 107 2.18 106 2.54 106 Resilienti riduttore poppa 3.17 107 2.72 106 3.17 107 Resilienti tra motore e riduttore 1.16 108 1.16 108 4.4 105 Resilienti linea d’assi 1.16 108 1.16 108 4.4 105

(43)

43

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44

6.3

Ingombri

I due gruppi motore-riduttore devono essere installati nel locale Sala Macchine, che è posizionato tra le paratie 6 e7 e si estende in altezza dalla sentina fino al ponte principale, come mostrato in figura 22.

Questo locale, schematizzato nel disegno di Figura 25, ha le seguenti dimensioni: • Larghezza massima pari a 9.5 m

• Lunghezza pari a 7 m

• Altezza massima pari a 4.56 m

Figura 25: dimensioni locale motore.

L’installazione dei gruppi motore-riduttore all’interno del locale viene realizzato per mezzo di una‘culla’, che costituisce quindi l’oggetto del presente progetto.

6.4

Interfacce

Al fine di progettare la fondazione e le culle del gruppo motore-riduttoresi devono considerare le seguenti interfacce sia verso il macchinario da supportare che verso la struttura della nave:

9.5 m

(45)

45

Assieme riduttore e motore. Il basamento è l’interfaccia diretta su cui questo assieme è installato tramite fissaggio meccanico. Nella progettazione si deve tener conto degli ingombri e della “maschera” di foratura forniti dal Costruttore del motore-riduttore mediante opportuno disegno (vedi seguenti figure).

Figura 26: vista in pianta dell’interfaccia motore e riduttore

Figura 27: vista laterale dell’interfaccia motore e riduttore

Linea d’asse. Il basamento deve essere posizionato in modo opportuno al fine di garantire alla flangia di uscita del riduttore di essere collegata alla flangia di ingresso della linea d’asse (che comanda il posizionamento dell’assieme motore-riduttore) sia come posizione, riferita all’origine del sistema di riferimento usato nella progettazione

(46)

46

dell’imbarcazione, sia come inclinazione, essendo la linea d’assi inclinata di 3° rispetto alla linea di base dell’imbarcazione stessa.

Le Figura 28 e Figura 29 mostrano i requisiti di allineamento verso la linea d’asse.

Figura 28: vista frontale linea d’asse

Figura 29:posizione punto flangia riduttore.

Culle. Il basamento è collegato alla struttura di sospendita in FRP (detta culla) mediante collegamento meccanico.

Nella progettazione si deve tener conto sia della forma e dimensioni della culla (di cui inFigura 30 si anticipa un disegno) sia degli errori di posizionamento delle varie strutture “aggiunte” allo scafo (paratie e culle) che si possono determinare in fase di allestimento.

Infatti la catena di trasformazione del manufatto in FRP può introdurreerrori nel suo sviluppo: una volta laminata la carena, questa viene allestita posizionando a bordo e incollando (mediante laminazione secondaria) le paratie e successivamente imbullonando le culle alle paratie stesse.

Il basamento pertanto deve presentare una “clearance” rispetto alla culla (indicata inFigura 31) in grado di recuperare i suddetti errori.

3 ° Coordinate Punto flangia riduttore: X = 31855mm Y = 1400 mm Z = 1565 mm Angolo = 3°

(47)

47

La “clearance” viene poi riempita con un opportuno prodotto da colatura che, solidificato, presenta un elevato modulo a compressione.

Figura 30: culla 1500 1 0 0 1 0 0 3 5 6 0 R4 00 2 6 4 ,5 45° 45° 6945 3 5 6 0 R7 50 R75 0 R40 0 57 5 10 ° 5 7 5 8 1 6 4 2 .5 8 SEZIONE 4-D H ( V A R IA B IL E ) H ( V A R IA B IL E ) 240 180 120 600 SEZIONE 2-D 4 D 2 D 2 D R 40 0 R7 5 0 4 5 0 4 2 .5 8 4 0 7 .5 240 180 120 600 18.6 3 4 .5 2 3 .0 4 2 3 .0 4 18.6 6 4

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Figura 31: posizione basamento-culla

6.5

Materiali

Il materiale, con cui è costruito un ponte od una porzione di struttura di nave, ha un effetto rilevante sul tipo di risposta (moto) che si produce a seguito delle sollecitazioni (vibrazioni e shock) e quindi sul danno potenziale alle strutture stesse ed alle attrezzature su di esse vincolate.

I materiali da costruzione tradizionali, metallici, si comportano in base alla loro rigidezza.

L’acciaio, a causa della rigidezza maggiore, tende a trasmettere bene le componenti ad alta frequenza dello shock e concede un basso smorzamento attraverso le strutture.

I materiali compositi, quali la vetroresina, sono stati introdotti nella progettazione delle strutture navali sia perché permettono un risparmio in peso che per le prestazioni che offrono in qualità di smorzatori: infatti le caratteristiche di smorzamento naturale di questi materiali attenuano la risposta ai carichi di shock nelle porzioni superiori delle strutture della nave.

Viceversa, poiché tali materiali hanno una rigidezza di un ordine di grandezza minore dell’acciaio, si devono dimensionare le strutture in modo tale da prevenire gli eccessivi spostamenti che possono danneggiare le attrezzature previste su di esse.

C L E A R A N C E

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Contemporaneamente, calcolando le frequenze naturali delle strutture dei ponti, si possono prevenire gli eccessivi spostamenti delle attrezzature, montandole su supporti smorzanti opportunamente selezionati.

La metodologia di costruzione adottata da Intermarine è basata sulla produzione di laminati in vetroresina a pressione atmosferica e temperatura ambiente usando stampi femmina aperti e stampi piani.

Le materie prime principali sono:

• Resina poliestere insatura di tipo isoftalico • Rinforzi in fibra di vetro “E”

La tecnologia Intermarine per la fabbricazione di manufatti in vetroresina, che non può essere descritta per motivi di riservatezza, è stata studiata per il raggiungimento delle proprietà finali del materiale composito che sono ottimali per una vita di servizio a lungo termine di manufatti per uso navale.

Il processo di fabbricazione dello scafo consiste normalmente nella produzione di un laminato sviluppato longitudinalmente all’interno di uno stampo femmina , mediante laminazione trasversale di una sequenza di strati posizionati e sovrapposti in posizione adiacente.

La costruzione dei ponti e delle paratie stagne viene condotta mediante fabbricazione di laminati su stampi piani in acciaio . La costruzione delle sovrastrutture viene condotta per fabbricazione di laminati all’interno di stampi femmina o su stampo maschio.

I vari componenti in vetroresina dell’imbarcazione sono collegati allo scafo mediante laminazioni d’aggancio opportunamente dimensionate per spessore ed area di sovrapposizione.

I principali stampi sono serviti da impregnatori semiautomatici.

Per garantire il corretto processo di laminazione come precedentemente descritto, ed il raggiungimento delle proprietà meccaniche dei laminati sopraccitate, sono eseguiti i seguenti controlli :

• Controllo e monitoraggio delle caratteristiche chimiche e fisiche delle materie prime costituenti il laminato in vetroresina (resina poliestere e rinforzi in fibra di vetro)

• Sorveglianza di tutte le operazioni costituenti il processo di produzione laminati.

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• Determinazione e controllo delle proprietà finali dei laminati prodotti. La qualità finale del laminato viene determinata mediante valutazione dei valori delle proprietà meccaniche.I provini per le prove meccaniche sono ottenuti da laminazioni parallele alle costruzioni in atto. Tali laminati sono prodotti usando le stesse materie prime, la stessa scheda di laminazione e le stesse condizioni ambientali del manufatto che deve essere classificato.Questi provini sono tagliati dai suddetti laminati paralleli e sono formati secondo le indicazioni di prova standardizzate per la determinazione dei valori delle proprietà meccaniche in esame.

La struttura di sospendita in FRP (detta culla) segue quindi la tecnologia normalmente impiegata dal Cantiere: infatti è realizzata in materiale composito mediante laminazione manuale su stampo aperto (temperatura e pressione ambientale), vediFigura 32, Figura 33 e Figura 34.

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