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Valutazioni dosimetriche in colografia TC

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Academic year: 2021

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Indice

1 Introduzione ... 3

2 La Colografia TC ... 4

2.1 Linee guida ESGE/ESGAR: indicazioni cliniche per la colografia TC ... 8

2.2 Procedure di esecuzione ... 9

2.3 Linee guida ESGAR: come condurre ed interpretare la colografia TC ... 11

3 La dose in TC ... 17

3.1 Fattori determinanti la dose in TC ... 25

3.1.1 Tensione del tubo ... 25

3.1.2 Intensità di corrente e Tempo di esposizione ... 26

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2

3.1.4 Collimazione ... 27

3.2 Danni da radiazioni ionizzanti ... 29

4 Materiali e metodi ... 32

4.1 Apparecchiature TC ... 32

4.2 Protocolli di studio ... 39

4.3 Software di monitoraggio della dose ... 41

4.4 Pazienti ... 45

5 Risultati ... 51

6 Discussione ... 58

7 Conclusioni ... 61

8 Elenco delle abbreviazioni ... 62

Bibliografia ... 64

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Capitolo 1

Introduzione

Il tumore del colon retto occupa il secondo posto tra le cause di morte per neoplasia nei paesi industrializzati. E’ ormai un’evidenza clinica che il tumore del colon abbia origine da polipi adenomatosi attraverso un processo evolutivo-degenerativo. L’identificazione del polipo adenomatoso rappresenta l’obiettivo dei programmi di screening. La colonscopia virtuale si inserisce come utile strumento di indagine del colon soprattutto grazie alla buona compliance da parte del paziente e alla facile esecuzione dell’esame. Poiché sottoponiamo il paziente ad una TC a bassa dose, quindi ad un’esposizione a raggi X, deve essere strettamente monitorata la quantità di radiazioni ionizzanti fornita per ridurre il rischio cancerogeno stocastico. Oggi questo è possibile utilizzando i software di monitoraggio della dose installati sulle macchine TC 128 strati e TC 64 strati della AOUP che raccolgono, analizzano ed elaborano i dati dosimetrici degli esami effettuati. Questo lavoro si pone l’obiettivo di valutare l’uso di questi software, quindi di monitore la dose radiante durante un esame di colografia TC al fine di incentivare i fenomeni di best practice e allo stesso tempo ridurre i fenomeni di

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Capitolo 2

La colografia TC

Il carcinoma colorettale rappresenta una delle principali cause di morbilità e mortalità per neoplasia in tutti i Paesi occidentali e ad alto sviluppo tecnologico. Si riscontrano 678.000 nuovi casi nel mondo, 150.000 in Europa, 30.000 in Italia ed il picco di incidenza del carcinoma colorettale è compreso tra 60 e 79 anni di età [1]. Nonostante questa neoplasia presenti elevati livelli di curabilità rispetto a quelle insorgenti in altri distretti dell’apparato digestivo, la sopravvivenza a 5 anni si attesta mediamente sul 40-50%, potendo raggiungere l’80-90% nelle forme precoci [2].

Molti casi di cancro del colon si sviluppano a partire da un piccolo gruppo di cellule non cancerogene che vanno a formare un polipo adenomatoso. Talvolta alcuni di questi polipi acquisiscono elementi di malignità e danno luogo al cancro del colon. Poiché i polipi possono essere piccoli e possono produrre pochi sintomi si raccomandano test di screening eseguiti regolarmente per prevenire l’evoluzione maligna di queste formazioni [3].

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5 I test di screening attualmente in uso sono:

- la Ricerca del Sangue Occulto nelle feci (RSO):consiste nella ricerca di tracce di sangue non visibili ad occhio nudo in un piccolo campione di feci. Queste tracce possono essere dovute raramente al sanguinamento di un polipo; ma nella maggior parte dei casi rappresentano la spia di una neoplasia colica. Tuttavia anche la presenza di emorroidi può falsare il test e, inoltre, non tutti i polipi né lesioni tumorali sanguinano o, se lo fanno, può non succedere nello stesso giorno dell’esame. Per ovviare questo possibile limite, viene eseguito su tre campioni differenti ogni due anni nelle persone tra i 50 e i 70-74 anni d’età.

- la Rettosigmoidoscopia: si tratta di un esame analogo alla colonscopia classica (utilizzerò in questo elaborato le parole colonscopia ottica,

colonscopia tradizionale, colonscopia classica e colonscopia diretta come sinonimi, nda) ma che si differenzia da questo per la lunghezza

dell’intestino esplorato. Infatti permette la visualizzazione della parte finale dell’intestino, retto e sigma, sede del 70% dei tumori del colon-retto. Ovviamente questa indagine impedisce di individuare i polipi che insorgono nella parte più alta del colon ed è per questo che frequentemente si consiglia l’esecuzione di una colonscopia ottica.

La colonscopia tradizionale rappresenta il gold standard per la ricerca di eventuali lesioni coliche, essendo al tempo stesso diagnostica e terapeutica; con la possibilità di effettuare prelievi bioptici ed eventualmente asportare le formazioni polipoidi. La colonscopia classica ha però costi eccessivamente elevati per il Sistema Sanitario Nazionale tanto da non poter essere utilizzata come test di

screening di massa, inoltre, essendo un esame invasivo ha scarsa accettabilità per i

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l’asportazione di tutte le formazioni polipoidi individuate in sede di colonscopia tradizionale ha un significato minimo o addirittura nullo in termini di prevenzione [4-5].

Negli ultimi anni si è iniziato a prendere in considerazione la possibilità di utilizzare nello screening del cancro colon-rettale la colonscopia virtuale che permetterebbe di anticipare la diagnosi rispetto alla RSO e che risulta meno invasiva rispetto ad una retto-sigmoidoscopia o ad una colonscopia classica [6].

La colografia TC, conosciuta anche come colonscopia virtuale o CTC, è una tecnica di imaging in trasmissione che sfrutta radiazioni ionizzanti. Si tratta di una tecnica non invasiva in cui il paziente è sottoposto ad un esame TC dell’addome e della pelvi le cui immagini, attraverso l’uso di software molto avanzati, permettono uno studio accurato e completo del colon.

La CTC si è sviluppata nel 1994 ed è stata introdotta negli studi clinici a partire dal 1996 [7]. Si è affermata come la principale tecnica radiologica di studio del colon applicabile nei quadri clinici in cui la colonscopia tradizionale risulti incompleta, come nel caso di lesioni cancerose stenosanti o dolicocolon, o qualora la colonscopia classica non possa essere utilizzata come in caso di diatesi emorragica o terapia anticoagulante in corso, di pazienti anziani o con quadri clinici fortemente compromessi ed in caso di rifiuto del paziente alla colonscopia tradizionale [8].

Dal 5 marzo 2008 la colonscopia virtuale è stata ufficialmente inserita tra le metodiche di screening del cancro del colon-retto [9] offrendo nuove prospettive in termini di prevenzione secondaria, quindi di incremento della sopravvivenza e di riduzione della mortalità.

Pur essendo capace di individuare polipi e tumori del colon, la CTC è un esame alternativo all’endoscopia diretta ma non sostitutiva in quanto non è in

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grado di permettere l’esecuzione di biopsie e polipectomie né di valutare gli stati di iperemia e di sanguinamento del colon [10].

Diversi studi riportano percentuali di perforazione che variano tra lo 0.06% e lo 0.08% contro lo 0.1%-0.2% della colonscopia tradizionale (CC), dimostrando come la CTC sia più sicura della CC, nonché meno invasiva per i pazienti, i quali non necessitano di sedazione, possono fare a meno di un accompagnatore e possono ritornare al lavoro subito dopo l’esame [7].

Figura 2.1: Lo stesso tipo di formazione polipoide sessile a livello intestinale visualizzata in A con colonscopia virtuale 2D, in B con ricostruzione 3D di

un’immagine acquisita in colonscopia virtuale, in C reperto osservabile con colonscopia tradizionale.

Nel campo della ricerca dei polipi, la CTC ha nei confronti della CC una sostanziale sovrapponibilità con una sensibilità del 90% e una specificità dell’86% nella diagnosi di polipi ≥10 mm di diametro e con una sensibilità del 78% e una specificità dell’84% per i polipi ≥6mm [11].

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2.1 Linee guida ESGE/ESGAR: indicazioni

cliniche per la colografia TC

In data 3 ottobre 2014 sono state pubblicate, sulle riviste scientifiche ENDOSCOPY e EUROPEAN RADIOLOGY, le Linee Guida Europee sulle indicazioni cliniche della colonscopia virtuale [12], a cui ha partecipato il Prof.. Emanuele Neri, ricercatore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa. È stata effettuata una ricerca tra la letteratura scientifica per valutare e supportare la CTC e, utilizzando il sistema GRADE (Grading of

Raccommendations Assessment, Development and Evaluation), sono state definite

varie raccomandazioni sull’uso della CTC.

ESGE/ESGAR raccomandano la CTC come esame radiologico di scelta per la diagnosi di neoplasia colorettale a discapito dell’uso del clisma a doppio contrasto che risulta ben più invasivo della colonscopia virtuale, con minore accuratezza diagnostica, maggiore dose radiante e ridotta tollerabilità da parte del paziente; non esiste dunque giustificazione per tale esame.

La CTC è raccomandata in caso di colonscopia incompleta ed è preferibile eseguirla il giorno stesso, evitando così una seconda preparazione intestinale, o il giorno successivo all’esame colonscopico non riuscito. Un’indagine di CTC può essere rimandata qualora fosse stata eseguita una polipectomia endoscopica, al fine di evitare una possibile perforazione intestinale. In caso di un’ostruzione colorettale di natura neoplastica l’esecuzione di una CTC con mezzo di contrasto in fase preoperatoria permette di definire la localizzazione locoregionale della neoplasia, la stadiazione e il successivo planning terapeutico.

Qualora la colonscopia classica sia controindicata o impossibile da eseguire, ESGE/ESGAR raccomandano la CTC come alternativa valida e

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altrettanto sensibile per i pazienti che presentano una sintomatologia fortemente suggestiva di cancro del colon.

Si raccomanda inoltre che, nel caso in cui alla CTC si riscontri almeno un polipo con diametro tra 6 e 9 mm, la polipectomia endoscopica sia rimandata e che venga eseguita la sorveglianza nel tempo, utilizzando sempre la colonscopia virtuale.

Importante raccomandazione emersa nel confronto tra esperti è stata quella di non utilizzare la CTC come test di screening primario o in pazienti che presentano una storia familiare di cancro colorettale. Può essere però proposta come test di screening su base individuale, cioè basato su scelta libera ed individuale del paziente (screening opportunistico), adeguatamente informato sulle caratteristiche, sui benefici ed i rischi del test, che decide di sottoporsi ad un’indagine di prevenzione del cancro colorettale.

2.2 Procedura di esecuzione

La procedura di esecuzione della TC colon è caratterizzata da varie fasi. Il paziente nei giorni precedenti l’esame deve effettuare un’adeguata pulizia intestinale con lassativi. Questa prima parte è decisiva per la buona riuscita dell’esame in quanto la presenza di residui fecali solidi abbondanti può simulare la presenza di una massa neoplastica vegetante nel colon oppure mascherare la presenza di un polipo o di un tumore; nel caso di residui solidi meno evidenti si possono creare falsi positivi durante la ricerca di polipi del colon. Allo stesso modo la presenza di livelli fluidi impedisce la corretta visualizzazione 2D e 3D e valutazione della parete colica.

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Poiché spesso il paziente risulta poco “compliante” alla fase di pulizia intestinale negli ultimi anni sono stati creati dei protocolli di preparazione definiti ridotti. Presso l’ UO Radiodiagnostica 1 AOUP di Cisanello i pazienti devono seguire una preparazione che si ottiene attenendosi a questo schema:

Giorno 1 (Dieta)

Evitare: pane, pasta, frutta, verdure, alimenti contenenti semi Preferire: una dieta a base di pesce e uova

Bere: 2 litri di acqua nell’arco della giornata Giorno 2 (Dieta + Preparazione)

Ore 7.30 colazione: caffè, tè senza latte, miele biscotti o fette biscottate non integrali, succhi di frutta senza polpa

Ore 13.00 pranzo: semolino o brodo di carne, uno yogurt senza frutta in pezzi o semi, succhi di frutta senza polpa e/o acqua non gassata

Ore 16.00: pulizia intestinale: assumere Moviprep in 2 litri di acqua in circa 1-2 ore

Ore 20.00 cena: brodo di carne, succhi di frutta senza polpa e/o acqua non gassata

Giorno 3 (Esame)

Colazione: caffè o tè zuccherato, acqua

Dopo una breve indagine anamnestica volta a chiarire le cause dell’esecuzione dell’esame, la presenza di eventuali malattie concomitanti, farmaci assunti e allergie note, il paziente viene fatto accomodare in uno spogliatoio.

Una volta pronto, si fa distendere sul lettino della sala TC; in decubito laterale sinistro viene introdotta una sonda di piccole dimensioni nel retto del paziente. Al fine di marcare i residui fecali per evitare falsi positivi o negativi, viene somministrato per os o per via rettale mezzo di contrasto iodato idrosolubile

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(Gastrographin). Successivamente si procede alla distensione del colon, con CO2 attraverso un insufflatore automatico o con aria ambiente in modo manuale

Per favorire la corretta distribuzione in tutto il colon del fluido marcante introdotto per via rettale, il paziente durante la fase di distensione viene invitato ad assumere anche il decubito prono, laterale destro e supino.

La fase successiva è l’acquisizione definita “a doppia scansione”, ormai diventata procedura standard della colon TC. Dopo l’acquisizione di due immagini scout (AP e LL) a paziente supino, viene effettuata una scansione a respiro trattenuto della durata di circa 10 secondi. Facendo cambiare decubito al paziente, passando dal fianco destro, si ripete l’acquisizione degli scout e la scansione in decubito prono in modo da consentire un differente posizionamento dell’aria nei vari segmenti intestinali, una ridistribuzione nelle sedi declivi del contenuto fluido e la mobilizzazione di eventuali residui fecali solidi [10].

2.3 Linee Guida ESGAR: come condurre ed

interpretare la colografia TC

Al fine di avere indicazioni su come condurre ed interpretare la colon TC, nel 2007 è stata pubblicata la dichiarazione di consenso della Società Europea di Radiologia Gastrointestinale e Addominale ( European Society of Gastrointestinal and Abdominal Radiology, ESGAR) [13].

Questo documento si basava sull’esperienza collettiva, a partire dal 2006, degli esponenti delle Nazioni Europee in cui l’utilizzo della CTC aveva mostrato un’importante implementazione clinica.

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Negli ultimi 5 anni l’espansione della letteratura inerente la CTC si è ampliata portando alla pubblicazione di studi importanti tra cui studi multicentrici [14-16]. I nuovi dati forniti hanno quindi permesso di ottimizzare le tecniche di colografia e le capacità diagnostiche ed interpretative della CTC.

Una commissione Europea di 9 membri dell’ESGAR CTC Working

Group, utilizzando il metodo Delphi [17-18] come metodo d’indagine iterativo

basato sui livelli di concordanza di opinione tra i diversi esperti, si è espressa riguardo ad una serie di asserzioni (Figura 2.2) inerenti la preparazione, l’acquisizione, l’interpretazione e l’esecuzione della CTC. Da questo confronto e dal successivo dibattito sono derivate 86 differenti indicazioni.

Pieno consenso tra i componenti del gruppo di lavoro è stato raccolto dalla commissione nell’82% delle affermazioni e nelle rimanenti asserzioni è emerso un buon livello di concordanza. Tutti gli esponenti hanno mostrato un alto livello di approvazione per le performance tecniche, con chiare raccomandazioni sulla distensione colica, sui parametri TC, sull’uso di mezzi di contrasto intravenosi e sulla preparazione dei pazienti; piena approvazione invece è stata riscontrata sul ruolo del CAD (Computer-Aided Diagnosis) e della misurazione delle lesioni riflettendo così una omogeneità nell’approccio al paziente da parte dei vari membri nonostante le differenze geografiche [19].

Allo stesso modo alcuni aspetti della pratica mostrano tutt’altro che buoni livelli di concordanza tra esperti come l’esecuzione di esplorazione rettale digitale prima dell’introduzione della sonda rettale e l’utilizzo di spasmolitici per via intravenosa [20-21].

Nello specifico il gruppo di lavoro ha tracciato le linee guida per l’esecuzione della colografia TC fornendo precise indicazioni su:

 Insufflazione

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13  Preparazione del paziente  Modalità di lettura

 Refertazione

Piccoli punti di disaccordo sono emersi riguardo la necessità di calibrare gli effetti lassativi della preparazione intestinale in base al singolo paziente e al potenziale tipo di lesione, ma tutti gli esperti concordano sulla possibilità di introdurre come pratica di routine il tagging fecale. Quest’ultima pratica consiste nella marcatura dei residui fecali solidi e fluidi facendo assumere per via orale, 2 ore prima dell’esecuzione dell’esame, un mezzo di contrasto positivo, che aumenta la densità dei residui fecali ad di sopra della densità dei tessuti molli, favorendo così una differenziazione da eventuali polipi sessili ed una corretta interpretazione dell’immagine. I mezzi di contrasto più utilizzati sono quelli iodati verso cui non si sono riscontrati effetti avversi acuti e che garantiscono una marcatura omogenea di entrambe le tipologie di residui. Le linee guida ESGAR mostrano comunque che il tipo di lassativo e di marcatore utilizzato rispecchia una differenza locale della preparazione intestinale pur sottolineando l’importanza di questa fase.

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Figura 2.2: Affermazioni sulle quali si sono espressi i 9 esponenti dell’ESGAR CT Working Group

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È emerso, dai dati raccolti, una forte approvazione all’utilizzo di insufflatori automatici di CO2 per la distensione colica [22-25].

Tutti gli esponenti raccomandano le acquisizioni dei dati in almeno due posizioni (paziente supino e prono) senza una preferenza riguardo l’ordine di acquisizione ma raccomandando, se necessario, uno scout aggiuntivo per valutare la qualità dell’esame diagnostico.

Nonostante le tecnologie tomografiche a disposizione dei vari esperti siano differenti, è opinione comune che, al massimo, sia possibile utilizzare collimatori da 2.5 mm e che l’uso di protocolli a basse dosi (dose efficace a valori inferiori a 5.7 mSv) possa essere usato quando lo scopo dello studio sia l’indagine del lume colico come in caso di screening [26-27]. Allo stesso modo possono essere utilizzati protocolli standard e mezzo di contrasto intravenoso quando si ha la necessità di stadiare un paziente con lesione maligna nota.

Gli esperti enfatizzano la combinazione della lettura 2D e 3D delle immagini consigliando una prima lettura bidimensionale ma riconoscendo l’importanza dell’integrazione 3D. Inoltre l’utilizzo del CAD in una seconda lettura è raccomandato come aiuto nell’aumentare la sensibilità nel rilevamento di polipi senza un’inaccettabile riduzione della specificità [28-32].

Secondo le linee guida ESGAR, la dimensione delle lesioni dovrebbe essere valutata utilizzando una proiezione assiale o una MPR (Multi Planar

Reconstruction) 2D in quanto una lettura 3D può, talvolta, essere non veritiera. In

contrasto con il C-RADS [33] (Colonography Reporting And Data System) gli esperti della commissione hanno anche sottolineato come i fattori di rischio del paziente, insieme al numero di lesioni minime (diametro inferiore a 6 mm), influenzino la decisione se refertare o meno la presenza dei polipi; rimane comunque forte l’opinione che lesioni inferiori ai 6 mm abbiano limitato significato diagnostico.

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Alla base del dibattito e del confronto è sempre stata presente una forte unanimità nel sostenere che la CTC dovrebbe essere eseguita da un medico radiologo dopo un adeguato percorso formativo. Sia il medico esperto che il principiante devono costantemente aggiornare le loro conoscenze alla luce dei recenti sviluppi della colon TC [34].

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Capitolo 3

La dose in TC

La colon TC è un’indagine di tomografia computerizzata acquisita in modalità elicoidale in cui è possibile acquisire dati TC con una rotazione del complesso tubo-detettori associata ad uno scorrimento continuo del tavolo porta-paziente. In questo modo non si ha più l’acquisizione di una serie di strati contigui tra loro indipendenti bensì di un volume continuo di dati che può essere rappresentato in forma spazio-temporale come un’elica: pertanto la generazione di immagini assiali del volume elicoidale acquisito non è diretta ma, a differenza di una TC sequenziale, richiede un processo di interpolazione matematica.

Lo spessore dell’elica corrisponde alla collimazione del fascio e la sua ampiezza dipende dalla velocità di avanzamento del tavolo porta-paziente. Il passo dell’elica è espresso in pitch, definito come

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dove è la velocità di avanzamento longitudinale del tavolo porta-paziente, il tempo di rotazione del complesso tubo-detettori ed s lo spessore nominale di strato.

Oltre ad utilizzare macchine che sfruttano scansioni spirali, la colon TC si avvale dell’utilizzo di macchine TC Multistrato Spirali (TCMS), nelle quali il fascio di raggi X raggiunge non più una sola fila di detettori allineati lungo l’asse longitudinale Z del paziente, ma più file che convogliano il segnale a multipli canali di rilevazione. Questo permette di usare collimazioni del fascio più ampie e contemporaneamente di acquisire, ad ogni singola rotazione del complesso tubo-detettori, le informazioni di attenuazione provenienti da più strati di spessore anche inferiori al millimetro, pari cioè all’ampiezza di ciascuna fila di detettori lungo l’asse Z. Ciò, unitamente ad una maggiore velocità di rotazione del complesso tubo-detettori, permette di coprire ampi volumi corporei con risoluzione spaziale submillimetrica in pochi secondi.

La TCMS presenta il vantaggio di una drastica riduzione dei tempi di acquisizione rispetto alla TC a singolo strato, inoltre l’acquisizione volumetrica consente di ottenere ricostruzioni 3D e multiplanari di miglior qualità e con migliore risoluzione spaziale [35].

In TC la sorgente di radiazioni è un tubo a raggi X. I raggi X sono radiazioni indirettamente ionizzanti che interagiscono in modo stocastico con la materia e sono in grado di ionizzare gli atomi del mezzo con cui interagiscono. Si definisce dose assorbita la quantità di energia assorbita per unità di massa in un punto specifico. Se con dƐ media intendiamo l’energia media e con dm l’unità di massa otterremo:

D=

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A parità di dose assorbita, la probabilità di induzione di effetti biologici stocastici in un tessuto dipende dal tipo e dalla qualità (spetto di energia) della radiazione. Per tenere conto di questa dipendenza è stata introdotta la grandezza radioprotezionistica dose equivalente:

in cui DT è il valore medio della dose assorbita dall’organo/tessuto T e wR è il fattore di ponderazione per la radiazione; il fattore w esprime l’efficacia biologica relativa dei diversi tipi di radiazione. Poiché per definizione per i raggi X vale la relazione wX=1, la dose equivalente nel caso degli esami TC risulta coincidere numericamente con quello della dose assorbita media, DT, però si misura in Sievert.

La dose efficace invece prende in considerazione le diverse radiosensibilità tissutali ed è descritta dall’equazione

in cui E rappresenta la dose efficace, wT il coefficiente di ponderazione tissutale specifico per ogni tessuto (Tabella 3.1), HT la dose equivalente. La dose efficace è espressa in Sievert (Sv) [35].

Tessuto

Colon Stomaco Fegato Petto Gonadi Vescica

wT

0,12 0,12 0,04 0,12 0,08 0,04

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Oltre alle grandezze fisiche appena introdotte esistono dei descrittori di dose specifici per la TC.

Il CTDI (Computer Tomography Dose Index) rappresenta il valore della dose assorbita che si avrebbe all’interno dello strato nominale acquisito (nel caso della TC multistrato è inteso come la sezione trasversale del corpo avente uno spessore pari al prodotto del numero di strati elementari simultaneamente acquisiti per lo spessore dello strato elementare stesso) durante la rotazione del tubo e in assenza dell’allargamento dovuto alla diffusione (si immagina che il fascio abbia un profilo rettangolare) (Figura 3.1) ed è definito dalla relazione:

Dove N e T sono rispettivamente il numero e lo spessore degli strati elementari acquisiti simultaneamente, NT la collimazione, D(z) il valore della dose assorbita nel punto z.

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Il CTDI è misurato utilizzando due fantocci di polimetilmetacrilato (PMMA) di 16 cm di diametro, definito fantoccio “tipo testa” o Head, e di 32 cm di diametro, definito “tipo corpo” o Body, all’interno dei quali sono alloggiate 5 camere a ionizzazione cilindriche (Figura 3.2). Utilizzando il fantoccio di 32 cm di diametro è possibile vedere come la dose al centro sia circa il 50% del valore misurato in un punto periferico (Figura 3.3). Allo stesso modo misurando il profilo dose in un fantoccio “tipo testa” con diametro di 16 cm le misurazioni del centro e della periferia sono pressoché identiche mostrando come il valore della differenza tra il centro e la periferia sia dimensione-dipendente; indica inoltre che anche il valore assoluto della dose assorbita è dimensione dipendente [36].

Figura 3.2: Fantocci in PMMA utilizzati per la misurazione del CTDI. A sinistra è collocato quello Body, a destra quello Head

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Figura 3.3: Schematizzazione della distribuzione della dose in un fantoccio Body

Poiché nella pratica la misura del CTDI si esegue tramite una camera a ionizzazione cilindrica lunga 100 mm si usano come limiti di integrazione -50 mm e +50 mm ed il relativo simbolo diventa CTDI100. L’unità di misura utilizzata per

il CTDI è il mGy [35].

Il CTDIw (CTDI weighted) è stato invece creato per rappresentare un

indice di dose che rappresenti una media ponderata del contributo alla dose fornito dal centro e dalla periferia compresi all’interno del piano di scansione. La definizione matematica è la seguente:

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Nelle scansioni elicoidali, strati nominali successivi possono essere, in funzione del valore del pitch, parzialmente sovrapposti o distanziati, con conseguente incremento o diminuzione della dose. Per tenere conto, da un punto di vista dosimetrico, del pitch è stato introdotto il CTDIvol

ed in un esame TC rappresenta l’ordine di grandezza della dose assorbita.

Altro descrittore di dose correlato al CTDI, comunemente riportato nelle scansioni TC ed in letteratura, è il DLP (Dose Lenght Product)

in cui L rappresenta la lunghezza in cm della scansione. Questo valore ci serve come indice della dose radiante dovuto alla scansione ma non può essere inteso come una stima accurata della dose a cui un paziente è stato sottoposto [37].

Sia il CTDI che il DLP sono indici sensibili alla variazione di parametri quali kV, mA, tempo di rotazione ma sono indipendenti dalla dimensione del paziente in esame perché misurati su fantocci standard. La dose finale però è correlata non solo ai parametri impostati sulla macchina all’inizio dell’esame ma anche alle dimensioni effettive del paziente quindi non prendere in considerazione le sue dimensioni significa non stimare in modo corretto la dose.

L’indice SSDE (Size Specific Dose Estimate), definito nel Report of

AAMP numero 2049, prevede di stimare la dose tenendo in considerazione le

dimensioni reali del paziente. Quindi si prende in considerazione la differenza tra la grandezza reale del paziente e la dimensione standard del fantoccio di

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riferimento, permettendo un’analisi migliore e più accurata in base alla taglia del paziente.

L’SSDE può essere calcolato identificando la fetta media su un’immagine

scout e misurando su questa il diametro del paziente (LL+AP). A partire da questi

dati viene calcolato un fattore di conversione che verrà poi moltiplicato al CTDIvol per ottenere una stima del parametro SSDE.

in cui rappresenta il fattore di conversione.

Figura 3.4: Schermata del software di monitoraggio della dose, Dose

Watch, che mostra l’immagine scout sulle cui dimensioni viene calcolato il

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3.1 Fattori determinanti la dose in TC

Alla luce di quanto detto finora è facile intuire come, ad eccezione di alcuni parametri immodificabili, intrinseci nell’apparecchiatura, ci siano fattori che hanno un’influenza diretta sulla dose radiante tra cui l’energia del fascio di raggi X (kVp), la corrente del tubo radiogeno (mA) , il tempo di rotazione del sistema tubo-rivelatori, i pitch, lo spessore della fetta.

La geometria del fascio, la qualità del fascio, la distanza del tubo radiogeno dall’isocentro, l’efficienza geometrica dell’apparecchiatura, sono fattori fondamentali intrinseci dell’apparecchiatura quindi non modificabili. Altri fattori invece influenzano in maniera indiretta la dose come i parametri di ricostruzione (a loro volta influenzati da filtro, intervallo, spessore di strato e algoritmo) da cui in parte dipende il “rumore”, quindi la qualità, dell’immagine.

3.1.1 Tensione del tubo

Il tecnico di radiologia prima di iniziare la scansione, sotto precisa indicazione del medico radiologo, sceglie l’energia del fascio radiante (dƐ) le cui variazioni influenzano in maniera diretta il . Più è alto il valore dei kVp, maggiore sarà la capacità di penetrazione del fascio e quindi il CTDIvol secondo la relazione:

La gestione dell’energia del fascio è fondamentale non solo da un punto di vista dosimetrico ma anche dalla relazione che è presente tra kVp e qualità dell’immagine; infatti il contrasto e il rumore dell’immagine tendono a diminuire

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man mano che aumentiamo il valore dei kVp. La relazione tra tensione del tubo e dose radiante è esponenziale quindi piccole modifiche dei kVp possono portare a grandi variazioni di dose.

3.1.2 Intensità di corrente e Tempo di esposizione

La quantità di fotoni incidenti sul paziente nell’unità di tempo (milliAmperes per secondo, mAs) rappresenta un elemento in grado di influenzare direttamente la dose radiante. Un aumento del tempo di esposizione determina un aumento della dose finale se i mA rimangono costanti. Se invece si decide di utilizzare un minor tempo di esposizione sarà opportuno aumentare i mA per contenere il rumore delle immagini. Inoltre, il rumore dell’immagine finale ha una relazione inversamente proporzionale al valore della fluenza fotonica secondo la seguente equazione:

quindi per abbassare il rumore è necessario aumentare il valore di mAs con il conseguente aumento della dose.

L’impostazione dell’intensità di corrente sarà stabilita cercando un compromesso tra la qualità dell’immagine che si vuole ottenere e la dose che verrà data al paziente.

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3.1.3 Pitch

Per le scansioni elicoidali quali la TC, il numero dei pitch influenza la dose di irraggiamento del paziente. Infatti, a parità di altri parametri utilizzati, il è inversamente proporzionale al pitch e, parimenti, un aumento del pitch

può essere impiegato per ridurre la dose in quanto il tempo in cui ogni punto della superficie è esposto al fascio di raggi X diminuisce.

3.1.4 Collimazione

Nelle apparecchiature tradizionali e nelle TC spirali lo spessore di strato è un parametro che esprime la larghezza lungo l’asse Z della sezione ricostruita e, a seconda della collimazione, varia da 1 mm a 10mm. Ovviamente per sezioni più sottili è necessario un numero maggiore di immagini per un dato volume il che si associa ad un prolungamento del tempo e quindi ad un incremento del valore della dose.

Per mantenere fisso il rapporto tra segnale e rumore al dimezzare dello spessore di strato è necessario aumentare il numero di mA erogati aumentando quindi proporzionalmente la dose erogata al paziente.

Il vantaggio delle apparecchiature TCMS è che il campionamento di un volume consente di poter variare lo spessore di strato indipendentemente dagli altri parametri di acquisizione grazie alla possibilità di scelta dello spessore di ricostruzione in un secondo momento.

Non solo a maggiori spessori corrisponde una maggiore attenuazione ma c’è da considerare la diversa densità dei tessuti attraversati. Per ottenere una

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28

qualità di immagine sufficiente ai fini diagnostici con un rumore contenuto, all’aumentare dello spessore dovrebbe aumentare il valore di mAs impostato.

La dose totale di esposizione dipenderà quindi dalle aree anatomiche che si devono attraversare con il fascio di raggi X e, in considerazione del fatto che i livelli di mA utili dipendono dal volume da esaminare, si può decidere di utilizzare i sistemi di esposizione automatica per la modulazione dei mA. In questo caso è fondamentale il centraggio del paziente cioè il gap, la differenza, che è presente, tra la posizione del paziente e l’isocentro del gantry, prima dell’esecuzione dello scout e dell’esame stesso.

Figura 3.5: Schermata acquisita con il software di monitoraggio

Dose Watch che mostra il posizionamento del paziente sul

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Ciò che fino a qui è stato descritto mostra come si possa agire su numerosi fattori che influenzano direttamente la dose e che possono essere modificati per cambiare la quantità di radiazioni ionizzanti a cui un paziente viene sottoposto.

Riassumendo, l’obiettivo di ridurre la dose a cui il paziente viene esposto durante l’indagine TC può essere raggiunto:

 riducendo l’intensità della corrente,

 variando l’intensità della corrente in relazione alle dimensioni del paziente,

aumentando il numero di pitch,  riducendo l’energia del fascio.

Questa attenzione alla dose a cui un paziente è sottoposto deve, allo stesso tempo, garantire immagini di buona qualità con scarso rumore per evitare che si abbia una compromissione della qualità diagnostica dell’esame di imaging [36].

3.2 Danni da radiazioni ionizzanti

L’importanza della radioprotezione deriva dagli effetti fisici e biologici, quindi clinici, indotti dalle radiazioni ionizzanti.

Gli effetti clinici sono suddivisi in:

A) danni deterministici B) danni stocastici

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I danni deterministici, conosciuti anche come danni graduati, non casuali o acuti includono:

 radiodermite  eritemi cutanei  necrosi della pelle

 opacità osservabili del cristallino e cataratta  sterilità temporanea o permanente

 sindrome acuta da irradiazione

Sono quadri patologici che insorgono abbastanza rapidamente (giorni o settimane) dopo l’esposizione e generalmente nei casi in cui la dose soglia sia superata; al di sotto di questa l’effetto non si manifesta.

I danni stocastici sono a carattere probabilistico e sono determinati dall’induzione di mutazioni a livello delle cellule somatiche e germinali. Essendo correlati al processo cancerogenetico i danni somatici comprendono:

 leucemie  tumori solidi

mentre i danni germinali sono responsabili di:

 mutazioni genetiche trasmissibili alla progenie

Questi danni non richiedono il superamento di una dose soglia per comparire e possono manifestarsi anche dopo anni, talora decenni, dopo l’esposizione.

Tutti gli effetti stocastici sono aspecifici, distribuiti casualmente tra individui esposti alla medesima dose e sono a carattere probabilistico. La loro

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frequenza d’insorgenza è proporzionale alla dose assorbita mentre l’entità del danno è indipendente dalla dose [38].

In radioprotezione, per esposizione alle basse dosi di radiazioni ionizzanti, la valutazione di rischio è basata sulla premessa che qualunque dose di radiazione, non importa quanto piccola, può risultare in effetti negativi mediante una relazione lineare senza soglia (Linear No-Threshold, LNT). Questo modello è adottato da tutti gli organismi internazionali che si occupano di radioprotezione quali la BEIR (Biological Effects of Ionizing Radiation) della National Accademy

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Capitolo 4

Materiali e metodi

L’obiettivo di questa tesi è quello di analizzare i protocolli di acquisizione e fare una valutazione dosimetrica su esami TC colon effettuati su due differenti apparecchiature TC, una 64 strati ed una 128 strati.

4.1

Apparecchiature TC

Le componenti principali di un’apparecchiatura TC sono:  il gantry,

 il tavolo porta-paziente,  il tubo a raggi X,  il sistema di detettori.

Il gantry è la struttura meccanica a cui sono rigidamente fissati il tubo radiogeno ed i detettori, consente la rotazione del sistema tubo-detettori durante la scansione e comprende il tunnel dentro il quale viene inserito il paziente durante l’esame.

Il tavolo porta-paziente è il lettino su cui si distende il paziente per l’esame e consente movimenti verticali e longitudinali.

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Il complesso radiogeno è costituito da un tubo a raggi X ad anodo rotante. Il fascio di raggi emesso attraversa un collimatore che ridimensiona il fascio di raggi X in modo appropriato al tipo di scansione, attraversa il paziente e va ad incidere sui detettori.

Esistono due tipi di detettori, a conversione diretta ed a conversione indiretta. Alla prima categoria appartengono i rivelatori a strato solido che sono in grado di produrre un segnale elettrico in seguito all’impatto con il fotone; alla seconda categoria appartengono gli scintillatori che rispondono all’impatto del fotone con un’emissione luminosa che, a sua volta, genera il segnale elettrico.

Oltre alle componenti strutturali fanno parte dell’apparecchio TC:

un sistema di acquisizione e trasformazione dei dati (DAS, Data

Acquisition System) in grado di raccogliere i segnali elettrici dei

detettori e di trasformarli in dati numerici

un elaboratore elettronico (CPU, Central Process Unit) che modula e gestisce l’intero processo di funzionamento dell’impianto, che raccoglie ed integra i dati numerici del DAS e li trasforma in immagine.

Oltre ai principi fisici che abbiamo descritto fino ad ora, esistono procedimenti di calcolo fondamentali per elaborare i dati. Deve infatti essere ricostruito lo strato e, per farlo, la sua superficie viene suddivisa in elementi bidimensionali di dimensioni uniformi (pixel). Per i valori di attenuazione di ciascun pixel, l’oggetto viene diviso in una matrice costituita da 512 piccoli elementi per lato di volume uniforme (voxel) e viene misurato il rispettivo coefficiente di attenuazione da differenti punti di vista lungo un arco di circonferenza.

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In questo lavoro abbiamo preso in considerazione le procedure diagnostiche effettuate con due tipi di apparecchi TC:

1) Discovery CT 750 HD® (General Electric Milwaukee Wisconsin U.S.A.) 2) Light Speed VCT 64® (General Electric Milwaukee Wisconsin U.S.A.)

Sono installati presso l’Unità Operativa Radiodiagnostica 1 dell’AOUP dell’Ospedale di Cisanello e sono le macchine principalmente utilizzate per l’esecuzione delle colonscopie virtuali.

Sono macchine definite di terza generazione (Figura 4.1) che presentano il detettore largo a sufficienza da intercettare tutto il fascio che ha attraversato il paziente. La rotazione è di 360° per ottenere tutta l’informazione necessaria. Il tempo di acquisizione dell’intera sezione si riduce a pochi secondi.

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La Discovery CT 750 HD® è una macchina TC 128 strati (utilizzerò la dicitura TC 128s nel resto della descrizione del lavoro in riferimento a questa apparecchiatura) in grado allo stato attuale di produrre 6 retro-ricostruzioni, cioè 6 volumi di dati, ottenuti a partire dai dati grezzi delle due acquisizioni supino/prono.

L’algoritmo di ricostruzione prevalentemente utilizzato su questo apparecchio è di tipo iterativo. Si tratta di un metodo di approssimazioni successive con cui viene scelta un’immagine di partenza caratterizzata da valori arbitrari dei coefficienti di assorbimento, la quale viene via via comparata con misurazioni effettive e corretta per ottenere l’immagine finale. Questo processo di ricostruzione è associato a due inconvenienti: la lentezza del calcolo dovuta all’elevato numero di iterazioni necessarie e la necessità che la scansione dello strato sia terminata per effettuare il calcolo stesso.

L’uso di algoritmi di ricostruzione iterativa in TC è diventato un argomento cruciale per la riduzione della dose in questo genere di esami (Figura 4.2). Il principale vantaggio di questo tipo di algoritmi sta nell’incorporazione di modelli fisici i quali permettono studi tomografici a dose ridotta preservando la qualità dell’immagine e riducendo i livelli di rumore.

Nel nostro caso l’algoritmo iterativo scelto è ASiR (Adaptive Statistical

Iterative Recostruction, GE) applicato al 20%, 40%, 60%, 80% e 100% che

fornisce 5 differenti ricostruzioni. Nel caso di ASiR al 100% l’immagine che si ottiene viene definita “plastica”; non è applicabile in tutti i pazienti. Variando i valori di ASiR è possibile incrementare l’esperienza nella gestione delle immagini ottenute con questi nuovi metodi di ricostruzione iterativa.

La sesta ricostruzione è prodotta utilizzando la Filtered Back Projection (FBP) che ormai è stata soppiantata dagli algoritmi iterativi.

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La Light Speed VCT 64® è una macchina TC da 64 strati (utilizzerò la dicitura TC 64s nel resto della descrizione dello studio in riferimento a questa apparecchiatura) che utilizza un tipo di filtro soft, in grado di filtrare le alte frequenze, e che permette di ricostruire i dati utilizzando come solo algoritmo il FBP.

Tale metodo consiste nel retroproiettare il valore numerico di attenuazione di ciascun fascio lungo la sua stessa traiettoria verso il campo di ricostruzione; trasformando questi numeri in corrispondenti toni di grigio, si ottiene un’immagine che rappresenta un’approssimazione dell’oggetto in esame. La semplice operazione di retroproiezione però produce valori imprecisi in quanto i valori numerici dei singoli punti ricevono contributi anche dai punti adiacenti, ottenendo così un un’immagine distorta. È per eliminare questa imprecisione che viene utilizzato un metodo matematico definito “convoluzione” che modifica il valore di un raggio in base al valore dei raggi vicini. Inoltre ai dati grezzi vengono applicati numerosi filtri in grado di modificare le caratteristiche dell’immagine in modo da esaltare alcuni aspetti e ridurne altri [40].

Il principale parametro tecnico che differisce tra le due modalità di acquisizione sui due scanner è il valore di mAs più frequentemente usato. La TC 64s infatti usa valori di 50 mAs mentre la TC 128s valori di 20 mAs mantenuti fissi nel caso dell’esame TC che stiamo prendendo in considerazione nel nostro studio.

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Figura 4.3: Ricostruzione in coronale di un addome con tecnica FBP

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4.2 Protocolli di studio

L’indagine viene eseguita su entrambe le macchine allo stesso modo.

Prima di procedere all’esame tomografico vero e proprio vengono acquisiti due scanogrammi in proiezione Antero-Posteriore (AP) ed in proiezione Latero-Laterale (LL), definiti scout, necessari per valutare oltre alla corretta distensione del colon anche la distribuzione del mezzo di contrasto e la definizione del volume che si intende acquisire.

L’indagine viene eseguita rispettando prima di ogni altra cosa il BMI (Body Mass Index) espresso dalla formula Peso(kg)/ Altezza2(m2).

Nello specifico le diciture dei protocolli utilizzati visualizzabili sui computer della sala TC e sui software per il monitoraggio della dose sono:

per la TC 128s:

 6.14 COLONSCOPIA VIRTUALE 120 kV MBI<30 BSA<2.173 ss 30  6.14 COLONSCOPIA VIRTUALE 120 kV MBI<30 BSA<2.173 ss 40  6.15 COLONSCOPIA VIRTUALE 120 kV MBI>30 BSA>2.173 ss 60 per la TC 64s:

 6.21 COLONSCOPIA (BMI> 30) 140 kV  6.22 COLONSCOPIA (BMI< 30) 120 kV

I numeri che precedono la descrizione del protocollo sono assegnati in modo progressivo e automatico dallo scanner. Il BSA (Body Surface Area) rappresenta un altro metodo utilizzabile per stratificare i pazienti, il valore presente nella dicitura del protocollo rappresenta il valore di BSA corrispondente ad un BMI di 30. Attualmente questo metodo di classificazione dei pazienti basato

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sull’area di superficie corporea non è utilizzato dai medici radiologi della AOUP, che invece prendono in considerazione il BMI.

Nei protocolli utilizzati dalla TC 128s le immagini vengono ricostruite con algoritmi di tipo iterativo, in cui le varie percentuali sono espressione della percentuale di ASiR utilizzata, a 30%, 40% o 60%. Nella nostra Azienda Ospedaliera l’utilizzo di ASiR al 30% è pressoché raro e ciò è dimostrato dal fatto che nella totalità degli esami oggetto dello studio solo uno è stato realizzato con questo protocollo.

Come si può notare, tra le macchine cambiano i mA, mantenuti a valori fissi e non modulati; l’intensità di corrente è di 50 mA per la TC 64s e di 20 mA per la TC 128s.

Il pitch scelto ha un valore di 1,375 e le finestre di visualizzazione usate sono per entrambe le macchine W.W. 4000 W.L. 350. Il filtro utilizzato scherma le alte frequenze ed è per questo definito soft.

Eventuali ricostruzioni vengono fatte direttamente dal medico radiologo con l’apposito software, fornendo delle immagini “chiave” al fine di migliorare la comunicazione tra il radiologo e il clinico.

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4.3 Software di monitoraggio della dose

Un monitoraggio costante e sistematico della dose radiante è indispensabile per aumentare la qualità del servizio radiologico al paziente. Gli obiettivi di questa attività sono il controllo della performance, un’ottimizzazione del protocollo ed una rapida correzione delle pratiche scorrette.

Sfortunatamente il monitoraggio della dose fino a pochi anni fa non è stata un’attività semplice, prima di tutto perché gli strumenti a disposizione non erano in grado di misurare la quantità di dose trasferita per ogni procedura, secondariamente perché i dati dosimetrici erano spesso esportati al PACS (Pictures Archiving And Communication System) in una modalità tale da ostacolare l’utilizzo integrato delle informazioni [41-46].

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale Europea la Direttiva 2013/59/EURATOM [47] del Consiglio Europeo del 5 dicembre 2013 che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle dosi radianti. La nuova direttiva EURATOM impone agli stati membri di conformarsi entro il 6 febbraio 2018 e fissa i principi generali della radioprotezione, vincoli di dose, livelli di riferimento e limiti di dose applicati ai vari settori professionali.

Elementi fondamentali dettati dal decreto europeo sono:

 l’obbligo di informare il paziente sul rischio associato all’esposizione a dosi radianti,

 l’inclusione di informazioni dettagliate legate alla dose a cui il paziente è stato esposto in ogni referto radiologico

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Negli ultimi anni le cose sono cambiate in positivo grazie a nuovi software che automaticamente raccolgono, archiviano ed analizzano dati dosimetrici. Queste risorse possono essere installate sulla rete informatica ospedaliera in modo tale da permetterne un rapido accesso a tutti gli utenti autorizzati e in possesso di

password e login. Questi software sono in grado di recuperare i dati dosimetrici in

due modi:

 comunicando direttamente con i macchinari utilizzati

 recuperando in maniera retrospettiva le informazioni dosimetriche dal PACS che riceve i rapporti di dose dalle macchine stesse.

La richiesta viene effettuata utilizzando alcune caratteristiche dello standard DICOM (Digital Imaging and COmmunications in Medicine) che definisce i criteri per la comunicazione, la visualizzazione, l’archiviazione e la stampa di informazioni di tipo biomedico:

DICOM Radiation Dose Structured Report DICOM header analysis

CT Dose Reports

DICOM Modality Performed Procedure Step

Grazie a questi software il radiologo può valutare la storia dosimetrica del paziente e valutare l’adeguatezza della procedura soprattutto nei casi in cui siano necessari esami radiologici frequenti. Non solo, per ottimizzare l’esame, il radiologo può avvalersi di un altro strumento del sistema di monitoraggio della dose che permette la visualizzazione dei parametri tecnici delle precedenti procedure permettendo così di decidere la dose appropriata per ogni esame diagnostico. Inoltre un database di protocolli TC monitorato in maniera scrupolosa può aiutare il lavoro del gruppo di radiologi in modo tale da evitare

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ingiustificati aumenti di dose. Tutto questo permette un controllo ottimale grazie anche ad alert inviati dal sistema ogni volta che il protocollo viene modificato.

I sistemi di monitoraggio della dose permettono una valutazione della

performance in tempo reale e multiparametrica. In questo modo alla fine

dell’esame la procedura può essere confrontata con altri studi favorendo la realizzazione di analisi statistiche su grandi numeri. Questo strumento permette quindi di individuare i comportamenti scorretti e di correggere rapidamente i parametri di acquisizione; allo stesso tempo favorisce anche la ricerca delle procedure corrette in modo tale che queste possano essere utilizzate per la formazione del gruppo di lavoro e per l’ottimizzazione dei protocolli [41-46]. L’Unità Operativa Radiodiagnostica 3 dell’AOUP (Ospedale Santa Chiara) di Pisa sta sperimentando due piattaforme per il monitoraggio della dose radiante:

Total Quality Monitoring® (TQM) prodotto da Qaelum/Fujifilm Dose Watch® (DW) fornito da General Electric

Il software TQM, installato presso l’AOUP nel mese di Giugno del 2013, permette di acquisire e analizzare in automatico ed in maniera retrospettiva i dati dosimetrici ed i parametri tecnici. Può mostrare la storia radiologica e dosimetrica dei pazienti coadiuvando il medico radiologo nella valutazione della reale necessità di un esame soprattutto nei casi di follow-up o di controllo degli esiti che spesso richiedono numerosi esami ripetuti anche a breve distanza l’uno dall’altro.

Dal punto di vista dell’ottimizzazione, permette la visualizzazione dei parametri tecnici e dei dati dosimetrici relativi agli esami effettuati. Al termine di ogni procedura radiologica, il sistema rende disponibili statistiche sulla dose erogata durante l’esame: questa viene messa a confronto con le dosi erogate in

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corso di altre procedure con la stessa study description o riguardanti lo stesso distretto corporeo. Queste informazioni, correlate con il numero di fasi richieste dal quesito clinico e con la qualità diagnostica delle immagini, permettono l’individuazione rapida di comportamenti errati e di best practice: i primi possono essere corretti, i secondi utilizzati in sede di formazione del personale e per il miglioramento dei protocolli.

Un funzionamento interessante è quello di rendere disponibili statistiche capaci di mostrare il rispetto dei Livelli Diagnostici di Riferimento (LDR). Non meno importanti sono le valutazioni relative alla dosimetria media per tipo di esame, per apparecchiatura utilizzata, per operatore, per fascia oraria o per giorno della settimana in grado di mettere in luce vari tipi di criticità.

Il software DW presenta caratteristiche molto simili a quelle di TQM ma, a differenza di quest’ultimo, comunica direttamente con la macchina quindi le informazioni dosimetriche che può fornirci non sono di tipo retrospettivo ma sono relative agli esami fatti in data successiva all’istallazione del software. Inoltre con DW è possibile vedere il tipo di protocollo utilizzato in relazione alla study

description del paziente favorendo così anche una possibilità di interpretazione di

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4.4 Pazienti

Servendoci dei dati inviati dalle macchine al software Total Quality Monitoring® abbiamo selezionato il campione di studio della nostra analisi.

Da una totalità di 1238 colon TC, eseguite da aprile 2008 ad oggi presso l’AOUP, è stata selezionata retrospettivamente una coorte di pazienti nel periodo di 6 mesi compreso tra il 22 marzo 2014 ed il 22 settembre 2014. Un’ulteriore selezione è stata fatta in base a:

 tipo di macchina utilizzata : TC 128s e TC 64s  study description: TC Colon (colonscopia virtuale)

In questo periodo sulle due macchine sono state eseguite 200 colon TC di cui 93 utilizzando la TC 64s e 107 utilizzando la TC 128s.

Figura 4.5: Comparazione dati condotti sulle macchine di nostro interesse e per tipo di study description elaborata dal software TQM

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Analizzando i dati dei pazienti inviati dalla macchina TC ai software è possibile fare un’analisi di genere (Figura 4.6).

I pazienti studiati con la TC 128s sono:  36.63% maschi

 62.37% femmine

I pazienti studiati con la TC 64s sono:  35.52% maschi

 64.49% femmine

Un’ulteriore analisi che è possibile fare andando a studiare i grafici della distribuzione età-genere dei pazienti (Figura 4.7) mostra nella TC 64s che:

 nella fascia di età compresa tra 15-20 anni si ha una netta prevalenza di esami condotti su femmine

 nella fascia di età compresa tra 20-30 anni si ha una netta prevalenza di esami condotti su maschi

 la maggior parte degli studi è effettuata su pazienti di età compresa tra 60 ed 80 anni con una netta prevalenza di pazienti femmine rispetto a pazienti maschi

mentre la distribuzione età-genere dei pazienti della TC 128s mostra che:  nella fascia di età compresa tra 20-30 anni si ha una netta prevalenza di

esami condotti su femmine

 la maggior parte degli studi è effettuata su pazienti di età compresa tra 60 ed 80 anni con prevalenza di pazienti femmine rispetto a pazienti maschi  più di 17 pazienti hanno un età compresa tra 80-90 anni con prevalenza di

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Il software TQM fornisce anche grafici della Moment Evaluation (Figura 4.8). Si riferiscono alle colon TC eseguite su un apparecchio indipendentemente dal protocollo con cui sono state effettuate. Il filtro infatti è stato impostato per study

description e non per protocollo.

Andando a valutare le informazioni relative alla distribuzione dell’esecuzione degli esami di colon TC nella settimana si può valutare come la TC 64s sia utilizzata prevalentemente il giovedì dalle ore 8.00 alle ore 14.00 con picco di attività intorno alle 11.00 e con un’attività decisamente meno spiccata nei pomeriggi di mercoledì e venerdì.

Per quanto riguarda la TC 128s si osserva un utilizzo per il suddetto esame nel giorno di venerdì dalle ore 14.00 alle ore 19.00 con un aumento dell’attività, inteso come numero di esami effettuati in 60 minuti, che tende a disporsi intorno alle ore 16.00. Il grafico ci permette di valutare, tramite una scala cromatica, anche i dati dosimetrici. È evidente come a fronte di un’attività ridotta intorno alle 18.00 sia, inaspettatamente, associata un DLP superiore a 387 mG.cm (Figura 4.8).

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Figura 4.6: Pie Chart forniti da TQM per rappresentare un’analisi di genere relativa ai pazienti esaminati con TC 64s (sopra) e con TC 128s (sotto).

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Figura 4.7: Istogrammi forniti da TQM per analisi della distribuzione età-genere dei pazienti esaminati con TC 64s (sopra) e con TC 128s

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Figura 4.8: Rappresentazione grafica della Moment Evaluation fornita da TQM per TC 64s (sopra) e TC 128s (sotto)

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Capitolo 5

Risultati

Lo studio che abbiamo effettuato sui pazienti sottoposti a colon TC presso il reparto di Radiodiagnostica 1 dell’ AOUP (Ospedale Cisanello) ci ha permesso di valutare la quantità di dose radiante a cui il paziente è sottoposto.

Il software TQM fornisce gli scatter time plot (Figura 5.1) che riportano in ordinata il valore di DLP espresso in mGy*cm ed in ascissa il giorno in cui l’esame è stato condotto. In questi grafici ogni punto rosso rappresenta un esame di colon TC la cui posizione è in relazione al valore di DLP.

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Figura 5.1: Scatter time plot relativi ai dati dosimetrici raccolti con software TQM e provenienti da TC 64s (sopra) e TC 128s (sotto)

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Nello scatter time plot della TC 64s si può vedere che la maggior parte degli esami è stato effettuato con un valore di DLP inferiore ai 400 mGy*cm mentre in quello della TC 128 i valori di DLP più frequenti si collocano al di sotto dei 350 mGy*cm. Questa differenza di valori di DLP può essere giustificata prendendo in considerazione i valori di mA a cui le due macchine lavorano: 50 mA per la TC 64s e 20 mA per la TC 128s.

Per ogni paziente, “cliccando” sopra il punto rosso, è possibile conoscere le informazioni generali dello studio (Figura 5.2) quali la data, la study

description, l’ID paziente, sesso ed età del paziente, la parte del corpo esaminata,

il numero di eventi, la modalità e la macchina usata per l’acquisizione, la dose totale e la dose efficace. È possibile inoltre individuare la collocazione dell’esame in questione in termini di DLP rispetto a tutti gli altri esami che hanno la stessa

study description grazie ad un istogramma sul quale, con una freccia gialla, è

indicata la posizione dell’esame stesso. “Cliccando” inoltre su “Study

information” è possibile accedere ad una serie di informazioni specifiche (Figura

5.3) quali i valori di DLP, di CTDI, la lunghezza della scansione, i kVp e i mAs nonché il fantoccio di riferimento utilizzato per la stima dosimetrica.

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Figura 5.2: Informazioni generali dello studio

Figura 5.3: Informazioni specifiche dello studio

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Le medesime informazioni dosimetriche sono fruibili attraverso DW con la grafica mostrata in Figura 5.4 e 5.5.

In più, a differenza di TQM, DW permette di conoscere, oltre alla study

description, anche il protocollo che è stato utilizzato per ogni esame (Figura 5.5).

Figura 5.4: Localizzazione esame TC colon che stiamo studiando all’interno di tutti gli esami che presentano la medesima study description.

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Figura 5.5: Dettaglio dosimetrico fornito da DW in cui si può valutare anche il tipo di protocollo utilizzato

La colon TC, essendo utilizzata anche come test di screening del cancro del colon-retto, deve rispondere ai criteri di giustificazione della direttiva 2013/59/EURATOM [47]. Infatti, con l’Articolo 55, la direttiva richiede che le autorità competenti predispongano una giustificazione specifica per le procedure medico-radiologiche da svolgere nell’ambito di un programma di screening sanitario. Il soggetto che si sottopone a colografia TC per screening è in genere asintomatico e, per questo, deve essere esposto ad una bassa dose radiante. Secondo gli LDR proposti dal D.lgs 187 del 2000, in recepimento alla direttiva EURATOM 43 del 1997 [48], per una colon TC il DLP deve avere valori pari a meno della metà rispetto agli LDR per una TC Pelvi (600 mGy*cm) o per una TC

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Addome (800 mGy*cm). I software di monitoraggio ci confermano che i valori mediani di DLP per la colografia TC sono di 133.36 mGy*cm per la TC 64s e di 57.00 mGy*cm per la TC 128s (Figura 4.5).

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58

Capitolo 6

Discussione

Nonostante la maggior parte dei valori di DLP, rappresentati graficamente negli

scatter time plot precedentemente analizzati, si collochi in un range di valori

accettabile per il tipo di indagine che stiamo studiando, è possibile rilevare alcuni casi in cui i livelli di dose sono decisamente elevati o comunque superiori al valore della media. Questi dati dosimetrici vengono segnalati dai software con un

alert che fornisce ulteriori dettagli su CTDI e DLP.

In particolare utilizzando gli scatter time plot prodotti da TQM (Figura 5.1) ci siamo soffermati su vari pazienti andando a cercare una giustificazione al dato dosimetrico elevato.

Dai dati analizzati nel nostro periodo d’interesse abbiamo estrapolato il caso di un paziente, definito per convenzione “caso 1”, che ha condotto l’esame il 29 Aprile 2014 facendo registrare un DLP di 587.39 mGy*cm. In questo caso si può vedere che alla study description “TC colon (colonscopia)” non corrisponde un protocollo tra quelli comunemente usati per questo tipo di esame ma un protocollo “Addome completo” che utilizza maggiori livelli di dose radiante (Figura 6.1).

Estrapolando invece i dati di un paziente, definito per convenzione “caso 2”, che ha fatto l’esame nel giorno 16 Maggio 2014 utilizzando la TC 128s, si

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osserva un DLP totale pari a 322.52 mGy*cm. I dettagli dello studio ci informano sulla causa di questa dose aumentata nonostante il protocollo utilizzato sia stato quello corretto: è stata fatta un’acquisizione aggiuntiva in un decubito differente da quello supino e prono. Il dato riportato dal software è stato ulteriormente verificato andando a leggere sul RIS (Radiology Information System) il referto del medico radiologo; in questo caso, per indagare in maniera approfondita il paziente, aveva richiesto una terza scansione (Figura 6.2)

Figura 6.1: Report dosimetrico “caso 1”

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Quindi tra i fattori che possono essere responsabili di un aumento della dose di radiazioni ionizzanti che diamo al paziente in un esame come la colon TC che utilizza basse dosi possiamo trovare:

l’adozione di un protocollo differente rispetto alla study description  un aumento delle acquisizioni sotto esplicita richiesta del medico

radiologo per soddisfare il quesito diagnostico formulato dal medico richiedente

ma anche:

 necessità di indagare pazienti con patologia neoplastica nota o fortemente sospettata

 un’errata scelta del protocollo da parte del tecnico di radiologia medica o altro errore tecnico in fase di acquisizione come la scelta di un elevato valore dei mAs o un errore di centraggio del paziente.

Per le motivazioni suddette, i valori di DLP massimi erogati da ciascuna macchina per esami con study description “TC Colon (colonscopia)” risultano talvolta molto elevati. Si vede però che il valore di DLP mediano, che racchiude il 50% degli esami effettuati su ciascuna macchina, risulta comunque basso, in particolare 133.36 mGy*cm per la TC 64s e 57.00 mGy*cm per la TC 128s. Grazie ai software di monitoraggio della dose si ha la conferma che la TC 128s, lavorando a mA minori e utilizzando ricostruzioni iterative, è una macchina più performante della TC 64s e permette una riduzione della dose al paziente nel caso di esami di colografia TC.

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Capitolo 7

Conclusioni

Questo lavoro di tesi ha permesso di valutare l’andamento dosimetrico correlato alla colografia TC. È stato possibile confermare come uno strumento diagnostico, quale la colonscopia virtuale, possa trovare sempre più spazio nella ricerca di lesioni del grosso intestino e nello screening del tumore del colon confermando le recenti linee guida pubblicate da ESGE/ESGAR. Utilizzando radiazioni ionizzanti in dose ridotta rispetto ad una TC classica o ad un clisma opaco, favorisce l’acquisizione di immagini soddisfacenti e di importante significato diagnostico, superando i problemi legati al rischio radiologico, alla compliance del paziente e agli ostacoli anatomici e patologici che rendono difficoltosa e rischiosa una colonscopia classica.

I software impiegati garantiscono uno stretto monitoraggio della dose e i dati raccolti sono la base del lavoro di medici radiologi che, con la collaborazione dell’intero dose team, creano ed aggiornano i protocolli di studio, le linee guida, migliorano i risultati clinici del paziente quindi le performances del team medico e dell’intera Azienda Ospedaliera.

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