• Non ci sono risultati.

LA GESTIONE DELLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI IN GRAVIDANZA: ESPERIENZA MONOCENTRICA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA GESTIONE DELLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI IN GRAVIDANZA: ESPERIENZA MONOCENTRICA"

Copied!
86
0
0

Testo completo

(1)

LA GESTIONE DELLE MALATTIE

INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI IN

GRAVIDANZA: ESPERIENZA MONOCENTRICA

(2)
(3)

3 Indice 1. INTRODUZIONE ... 6 1.1. DEFINIZIONE... 6 1.2. EPIDEMIOLOGIA ... 6 1.3. FATTORI DI RISCHIO ... 9 1.4. PATOGENESI ...11 1.4.1. FATTORI GENETICI ...11 1.4.2. FATTORI MICROBICI ...13 1.4.3. FATTORI IMMUNOLOGICI ...14 1.5. ANATOMIA PATOLOGICA ...18 1.5.1. COLITE ULCEROSA...18 1.5.2. MORBO DI CROHN ...21 1.6. CLASSIFICAZIONI ...23 1.6.1. COLITE ULCEROSA...24 1.6.2. MORBO DI CROHN ...28 1.7. CLINICA ...33 1.7.1. COLITE ULCEROSA...33 1.7.2. MORBO DI CROHN ...37 1.8. MANIFESTAZIONI EXTRAINTESTINALI ...41 1.9. DIAGNOSI ...43 1.10. CENNI DI TERAPIA ...48

2. APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE NELLA GESTIONE DELLE MICI ... 54

3. MICI IN GRAVIDANZA ... 56

3.1. FERTILITÀ ...57

3.2. GRAVIDANZA ...58

3.3. TERAPIA DELLE MICI IN GRAVIDANZA ...60

3.4. ALLATTAMENTO ...64

4. STUDIO CLINICO ... 65

4.1. SCOPO DELLO STUDIO ...65

4.2. MATERIALI E METODI ...66 4.3. RISULTATI ...68 4.4. DISCUSSIONE ...74 4.5. CONCLUSIONI ...80 5. BIBLIOGRAFIA ... 81 6. RINGRAZIAMENTI ... 85

(4)

4

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1 Active Disease at conception/Desease in remission at Conseption ...71

Figura 2 Modalità di allattamento delle pazienti in terapia dopo il parto ...73

Figura 3 Modalità di allattamento delle pazienti non in terapia dopo il parto ...73

INDICE DELLE TABELLE Tabella 1 classificazione di Montreal (CU) ...24

Tabella 2 classificazione di Truelove-Witts ...25

Tabella 3 Mayo score ...27

Tabella 4 classificazione di Montreal (MC) ...29

Tabella 5 CDAI ...30

Tabella 6 Harvey-Bradshaw index ...32

Tabella 7 Sicurezza dei farmaci durante la gravidanza e l’allattamento (tratto “The second European evidenced-based consensus on reproduction and pregnancy in inflammatory bowel disease”) 31 ...61

Tabella 8 Caratteristiche basali (non sono stati inclusi i dati delle 3 gravidanze in corso) ...69

Tabella 9 Correlazione tra attività di malattia al concepimento per ogni gravidanza e outcomes neonatali ...70

(5)
(6)

6

1. INTRODUZIONE

1.1. DEFINIZIONE

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono un gruppo eterogeneo di patologie strettamente correlate ad andamento cronico recidivante, caratterizzate da una sregolata risposta infiammatoria immuno-mediata localizzata prevalentemente a livello del tratto digerente.

Le 2 principali entità di questo gruppo sono il Morbo di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU), due patologie ben definite ma non del tutto distinte, la cui diagnosi si basa su evidenze cliniche, istologiche, laboratoristiche ed endoscopiche.1 Qualora il quadro clinico-istologico non permetta di stabilire con

sicurezza di quale delle due patologie si tratti, si parla di Colite Indeterminata (5-15% dei pazienti con MICI). Quest’ultima non rappresenta un’entità nosologica a sé stante, bensì una diagnosi ad interim fino a quando non siano presenti elementi sufficienti per definire se si tratti di CU o MC.

Si tratta di patologie idiopatiche in quanto l’eziologia non è ancora stata compresa del tutto; tuttavia, si ritiene che l’aberrante risposta infiammatoria intestinale sia innescata da un fattore scatenante ambientale che andrebbe ad agire su individui geneticamente suscettibili.

1.2. EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza e la prevalenza del MC (rispettivamente 1-6 e 10-100/100000) e della CU (rispettivamente 2-10 e 35-100/100000) variano molto a secondo della localizzazione geografica. Questi dati sono relativi alla popolazione caucasica nel Nord Europa e nel Nord America. In Italia per il MC è stata stimata un’incidenza

(7)

7

di 3,7-4,2/100000/anno ed una prevalenza di 50-54/100000; per la CU invece l’incidenza è pari a 5-5,5/100000/anno e la prevalenza è pari a 60-70/100000.

Dal 1990, l’incidenza delle MICI si è stabilizzata nel mondo occidentale, sebbene la prevalenza rimanga comunque elevata. Nei paesi di recente industrializzazione invece, si osserva un incremento dell’incidenza, analogo a quello che aveva subito il mondo occidentale durante l’ultima metà del ventesimo secolo. Sfortunatamente il picco di incidenza delle MICI in questi paesi deve ancora essere raggiunto.2

Questi dati potrebbero indicare la presenza di un fattore ambientale comune alla base di queste patologie, ma potrebbero anche essere semplicemente il risultato dei diversi livelli di assistenza sanitaria nei vari paesi. Quest’ultima ipotesi è però smentita dal fatto che il fattore geografico (occidentalità) sembra avere un ruolo maggiore del fattore economico (industrializzazione), infatti in paesi orientali economicamente avanzati, come Giappone e Korea, l’incidenza, sebbene in aumento, è comunque bassa.3

Vi sono anche dati a sostegno dell’influenza che fattori razziali ed etnici eserciterebbero sulla prevalenza di queste patologie. Nel contesto della stessa area geografica l’incidenza fra i neri è circa 2-5 volte minore di quella fra la popolazione caucasica, nonostante negli ultimi anni questa differenza sembri essersi ridotta. Gli ebrei sono quelli con più alto rischio, infatti il MC e la CU sono rispettivamente 3-8 volte e 2-4 volte più frequenti tra gli ebrei3

Parte dell’aumento dell’incidenza delle MICI nel corso degli ultimi anni potrebbe riflettere una miglior conoscenza di queste patologie e un miglioramento nelle metodiche di approfondimento diagnostico.

Un tempo la CU era molto più frequente del MC (5:1) ma oggi questa differenza in incidenza si sta via via riducendo (2:1). Infatti, in Nord Europa e

(8)

8

Nord America, dove l’incidenza di entrambe le patologie è elevata, l’incidenza della CU ha raggiunto un plateau, mentre quella del MC è ancora in aumento.

L’età di insorgenza di entrambe le patologie si aggira generalmente intorno ai 20 anni

La CU può insorgere a tutte le età, ma il picco di incidenza è tra i 15-25 anni, anche se sembra esserci un ulteriore picco a 60 anni. Sono invece estremamente rari i casi di insorgenza prima dei 5 anni o dopo i 75 anni. (nelle donne sembra esserci un piccolo calo dell’incidenza a seguito di un picco a 35 anni. Negli uomini invece l’incidenza rimane la stessa)

Nel MC invece l’incidenza ha un picco a 20 anni ma poi tende a ridursi gradualmente dopo di esso. Sembrerebbe esserci anche un altro picco tra i 50 e i 70 anni. Alcuni autori però non sembrano essere d’accordo con questa ipotesi, in quanto sostengono che questi casi in età avanzata siano invece su base ischemica.1

Non vi è una significativa differenza nell’incidenza tra i due sessi. Alcuni studi mostrano però una lieve prevalenza della CU nell’uomo, mentre il MC ha una prevalenza fino al 30% maggiore nella donna.

Questo potrebbe essere conseguenza del ruolo dell’autoimmunità nel MC, dato che tutte le patologie su base auto immunitaria hanno prevalenza maggiore nel sesso femminile. Queste differenze potrebbero però essere dovute a fattori ambientali confondenti come il fumo di tabacco.

(9)

9

1.3. FATTORI DI RISCHIO

Dieta

Trattandosi di patologie del tratto gastrointestinale sorge il sospetto che vi sia un qualche fattore alimentare che contribuisca al processo infiammatorio, che partendo dal lume si espande attraverso la parete dell’intestino.

I carboidrati, soprattutto quelli raffinati, sembrano rappresentare il principale fattore alimentare nel MC.

È stato osservato che l’incidenza della patologia è maggiore nei paesi con una dieta ricca di latticini mentre è minore nei paesi con dieta ricca di soia. Tuttavia, questa differenza sembra essere principalmente dovuta ad aspetti puramente geografici dato che né la rimozione dei latticini dalla dieta, né l’introduzione della soia sembrano migliorare l’attività della malattia.4

Sono stati chiamati in causa come possibili fattori dietetici: margarina, alcool, alcuni tipi di acidi grassi e anche le fibre. Tuttavia, nessuno di questi è stato dimostrato essere un fattore causale o contribuente (alcuni di questi fattori potrebbero addirittura essere protettivi)

Fumo

Il fumo ha un effetto controverso sulle MICI. Studi epidemiologici hanno evidenziato che tra i pazienti con CU l’abitudine al fumo è meno frequente rispetto alla popolazione generale. L’ uso del tabacco protegge dalla CU e ne riduce la severità, sebbene non sembri migliorare la storia naturale della patologia. Al contrario gli ex-fumatori hanno un rischio circa il 70% maggiore di sviluppare la malattia, che spesso in questi casi si presenta più estesa e maggiormente refrattaria alla terapia rispetto alla patologia negli individui che non hanno mai fumato.

(10)

10

Bisogna tuttavia tener presente che questo è comunque un rischio minore di quello che ha costituisce il fumo per la salute globale.

Il fumo è stato da tempo accettato come fattore di rischio per il MC, in quanto peggiora il decorso della malattia, determina una ridotta risposta alla terapia e un aumentato rischio di riacutizzazioni e complicazioni. Nella CU invece il fumo sembrerebbe avere un ruolo protettivo nei confronti dei medesimi outcomes.

Il ruolo del fumo nell’ insorgenza della patologia è invece meno chiaro, ma la maggior incidenza del MC tra i fumatori sembrerebbe suggerire che il fumo sia parte di un evento primario e non solo un fattore secondario che influenza il decorso della malattia. Anche l’esposizione al fumo passivo durante l’infanzia è stato dimostrato influenzare il rischio di MICI.5

I motivi degli effetti divergenti del fumo sulle due patologie non sono ancora ben noti, ma sono stati chiamati in causa gli effetti sulla permeabilità intestinale, la produzione di citochine, e la coagulazione a livello microvascolare. Studi recenti si stanno concentrando sul ruolo del monossido di carbonio nello stimolare un’immunosoppressione mediata dall’eme-ossigenasi1.6

Appendicectomia

L’appendicectomia protegge significativamente dall’insorgenza della CU, mentre sembrerebbe non avere alcuna influenza sul MC. L’effetto sulla CU si nota soprattutto quando l’appendicectomia viene eseguita per una problematica di tipo infiammatorio, come ad esempio la linfangite o l’appendicite, e se fatta prima dei 21 anni. Quando eseguita dopo l’insorgenza della CU, l’effetto sull’andamento della patologia, se esistente, è molto meno chiaro ed ancora oggi oggetto di studi.7

(11)

11

1.4. PATOGENESI

Le MICI sembrano essere il risultato di una continua e inappropriata risposta infiammatoria alla flora intestinale in individui suscettibili.

Recenti sviluppi nella comprensione dei meccanismi alla base della fisiopatogenesi di queste patologie hanno permesso di capire come i fattori genetici interagiscano con fattori microbici e ambientali, quali siano i checkpoint coinvolti, e come la plasticità della risposta biologica esiti in fenotipi diversi.

1.4.1.

FATTORI GENETICI

Negli ultimi decenni c’è stato un marcato progresso nella comprensione del ruolo della genetica nella patogenesi delle MICI, grazie ai miglioramenti nel campo dell’analisi genomica e all’utilizzo di database multinazionali.

Secondo alcuni studi un quarto dei pazienti con MICI ha un familiare affetto. I parenti di primo grado di pazienti affetti da MICI hanno un’incidenza 30-100 volte maggiore della popolazione generale. Inoltre, sebbene i parenti di soggetti affetti da MC siano più inclini a sviluppare la medesima patologia, l’incidenza di CU in questo gruppo risulta aumentata.6

Approssimativamente 1 paziente su 5 affetti da MC riferisce di avere almeno un parente affetto. Molte famiglie hanno più di un membro affetto e, sebbene vi sia la tendenza all’ interno di una famiglia a presentare esclusivamente o il MC o la CU, è possibile osservare famiglie che presentano al loro interno entrambe le patologie. Ciò sembrerebbe suggerire la presenza di tratti genetici condivisi dalle due patologie, ipotesi che infatti è stata recentemente confermata.

(12)

12

Anche lo studio di gemelli omozigoti fornisce dati a favore del ruolo di fattori genetici nell’insorgenza della patologia, infatti la concordanza tra gemelli omozigoti è del 67% per il MC e del 13-20% per la CU.

Recenti studi hanno portato all’ ampiamento delle conoscenze riguardanti i loci genici associati alle MICI, tra i quali alcuni sono in comune a CU e MC, mentre altri sono specifici per patologia. Lo studio dei loci genici comuni a entrambe le patologie potrebbe rappresentare un mezzo per arrivare alla comprensione della loro patogenesi comune.

Il primo gene di suscettibilità per il MC è stato identificato nel 2001, il gene NOD2 (nucleotide-binding-oligomerization domain 2), anche conosciuto come CARD15 (caspase-recruitment domain 15).

Il gene NOD2 codifica per una proteina citosolica espressa dai monociti, che è stata originariamente descritta come un recettore intracellulare per un prodotto batterico, il muramil-dipeptide (MDP).

Mutazioni di questo gene, più frequentemente associate a MC, inducono una difettiva capacità di risposta dell’intestino alla LPS, cosa che potrebbe contribuire alla suscettibilità per questa patologia.8

Sebbene le mutazioni di NOD2 siano di più frequente riscontro nel MC rispetto alla popolazione generale, solo una piccola quota (circa 15%) di tutti i pazienti con MC ha una mutazione di NOD2. Questo dimostra che il MC è una patologia geneticamente eterogenea e suggerisce che possano essere coinvolti nella patogenesi anche altre mutazioni a livello di altri geni.6

È stata inoltre dimostrata un’associazione significativa tra le MICI e il gene per IL23R.9 Questo gene codifica per una subunità del recettore per IL23, un

(13)

13

L’associazione del MC con mutazioni di NOD2 e IL-23R suggerisce che entrambe le forme di immunità, innata e adattiva, prendano parte nella patogenesi.

Altri loci di suscettibilità coinvolti nella patogenesi di queste patologie sembrano essere CARD9, IL1R2, REL, SMAD3 e PRDM1.

1.4.2.

FATTORI MICROBICI

È stata riscontrata un’associazione tra le alterazioni del microbioma intestinale e le MICI. Il microbioma intestinale viene costituito durate le prime 2 settimane di vita e successivamente rimane pressoché stabile. Molti studi hanno esaminato la flora intestinale in corso di MICI, sia a livello di segmenti interessati dalla flogosi che a livello di quelli non colpiti, ed hanno evidenziato la presenza di una significativa riduzione della biodiversità a livello del microbioma intestinale rispetto alla popolazione generale.10

E’ stato inoltre dimostrato che il microbiota dei pazienti affetti da MICI è maggiormente instabile rispetto a quello di individui sani. Nella popolazione generale predominano i Phyla dei Firmicuti e dei Bacteroidetes, che contribuiscono alla produzione di substrati metabolici per l’epitelio intestinale. Il microbiota dei pazienti affetti da MC sembra invece caratterizzato da una relativa deficienza di questi batteri e da una sovrarappresentazione degli enterobatteri. Nella CU invece sembra esserci una riduzione dei Clostridium spp. e un eccesso di E. coli.

Vi è una forte evidenza dell’aumento dell’ E. coli associato alla mucosa sia nell’ ileo che nel colon, e la sua presenza all’ interno dei granulomi del CD implicherebbe un ruolo primario nella patogenesi della malattia.11

Tra le ipotesi patogenetiche più accreditate vi è quella che vede il Mycobacterium Paratubercoulosis come agente eziologico del MC. Questa teoria risale al 1913 quando fu osservato che l’enterocolite granulomatosa idiopatica

(14)

14

era per certi aspetti simile alla malattia di Johne, una patologia granulomatosa intestinale dei ruminanti, causata dal M. paratuberculosis. Molti studi in questo ambito non si sono però dimostrati ad oggi in grado di confermare o escludere questa ipotesi

1.4.3.

FATTORI IMMUNOLOGICI

L’analisi della patogenesi delle MICI è stata a lungo dominata dallo studio dell’immunità mucosale, specialmente quella T- mediata. Le evidenze disponibili suggeriscono che una disfunzione dell’immunità innata e di quella adattiva contribuisca all’ aberrante risposta infiammatoria intestinale nei pazienti con MICI.

Il MC è da tempo ritenuto scatenato da un’aberrante risposta immune Th1-mediata, mentre la CU è stata associata ad una risposta Th2-mediata non convenzionale. Anche le cellule Th17 sembrerebbero coinvolte nella risposta infiammatoria intestinale nelle MICI

Immunità innata

La risposta immunitaria innata rappresenta la nostra prima linea di difesa contro i patogeni. È non specifica e permette quindi al nostro organismo una risposta rapida, spesso nel giro di minuti o ore. La risposta immunitaria innata è mediata da un’ampia varietà di tipi cellulari, incluse cellule epiteliali, neutrofili, cellule dendritiche, monociti, macrofagi e cellule natural killer. Una delle manifestazioni precoci della flogosi intestinale è l’infiltrazione da parte dei neutrofili dell’epitelio intestinale, che persiste per tutta la durata delle MICI fintanto che è presente flogosi attiva.

Questa forma di immunità è scatenata dal riconoscimento di antigeni microbici, il quale è mediato da recettori tra cui i toll-like receptors (TLRs) sulla

(15)

15

superficie delle cellule e NOD-like receptors nel citoplasma. Studi recenti hanno evidenziato che il comportamento delle cellule che mediano la risposta innata e l’espressione e la funzione di entrambi TRLs e NOD sono significativamente alterati negli individui affetti da MICI.

Le mutazioni di NOD2, comunemente riscontrate nei pazienti con MC, sembrano associate ad una ridotta attivazione di NF-kB. Questa risposta inadeguata potrebbe esitare in una ridotta produzione di agenti antibatterici e in un’invasione microbica.

Altri studi suggeriscono che la perdita di funzione di NOD2 potrebbe esitare nella mancata inibizione della stimolazione di TLR2, che porterebbe all’attivazione di pathways dell’infiammazione e ad un’eccessiva risposta Th1-mediata.

IL-23 è una citochina fondamentale sia nell’ immunità innata che in quella adattiva ed ha un ruolo centrale nel guidare la risposta precoce contro i microrganismi. I polimorfismi di IL23R sono stati associati sia al MC che alla CU, suggerendo che l’IL-23 rappresenti una molecola infiammatoria cruciale nell’ infiammazione intestinale cronica. Studi recenti hanno dimostrato che, oltre la sua attività sui Th17, IL-23 può anche agire sulle cellule dell’immunità innata.

Inoltre, nei pazienti affetti da MICI sono da tempo stati osservati un’alterata permeabilità intestinale e un difetto di barriera. La prima barriera fisica che incontrano i batteri intestinali e gli antigeni ambientali sulla superficie della mucosa è rappresentata dallo strato di muco che riveste l’epitelio intestinale. L’importanza del muco nella prevenzione della penetrazione dei batteri e della flogosi intestinale è stata dimostrata da molti studi. La seconda linea di difesa dall’ invasione batterica è data dall’ epitelio intestinale, che consta di enterociti e cellule epiteliali specializzate, come le globet cells e le cellule di

(16)

16

Paneth. Oltre a formare una barriera fisica contro i batteri, le cellule epiteliali possono secernere anche un certo numero di peptidi antimicrobici. Una difettiva espressione di questi peptidi antimicrobici è stata riscontrata nei pazienti affetti da MC.

Immunità adattiva

Al contrario dell’immunità innata, l’immunità adattiva è altamente specifica e spesso necessita di giorni per attivarsi. Le cellule Th1, indotte dall’ IL-2, producono grandi quantità di INF-γ, mentre le cellule TH2 producono IL-4, IL-5 e IL-13. Un’alterata risposta Th1-mediata sembrerebbe alla base della flogosi intestinale nel MC; è stato inoltre osservato che le cellule T della mucosa di pazienti affetti da questa patologia producono maggiori quantità di IL-2 e IFN-γ rispetto ai pazienti affetti da CU e alla popolazione generale.

È stato anche dimostrato che nella CU le cellule NK atipiche producono maggiori quantità della citochina Th2 IL-13 rispetto alle cellule della popolazione generale o dei pazienti con MC. Quindi, mentre il MC viene considerato caratterizzato da una risposta Th1-mediata, la CU viene considerata una patologia Th2 medita.

Le cellule Th17 sono un sottogruppo di cellule T caratterizzato dalla produzione di IL-17A, IL-17F, IL-21 e IL-22. Sono indotte da una combinazione di IL-6 e TGF-β (transforming growth factor) e la loro espansione è favorita dall’IL-23. Il coinvolgimento nella flogosi intestinale delle cellule Th17 e, in particolare, della loro principale citochina (IL-17) è stato ampiamente studiato. Alti livelli trascrizionali di IL-17 sono stati riscontrati in entrambi CU e MC. Inoltre, la mucosa infiammata di soggetti affetti da MICI, se coltivata in vitro, esprime livelli di IL-17 maggiori rispetto alla popolazione generale.

(17)

17

Le cellule Th17 sono una fonte importante di IL-21, una citochina IL-2 correlata che è sovra espressa nella mucosa infiammata delle MICI. Il reale ruolo delle cellule Th17 nella patogenesi delle MICI è tutt’ora oggetto di studi ma è particolarmente interessante il fatto che queste cellule esprimano sulla loro superficie IL-23R.12

L' analisi istologica della mucosa colica infiammata indica un marcato aumento nel numero delle plasmacellule. Questo aumento non è uniforme tra cellule producenti classi differenti di immunoglobuline. L’aumento proporzionalmente maggiore si ha nella sintesi delle IgG.

L’ incremento della sintesi delle IgG nella CU è più marcato per le sottoclassi IgG1

e IgG3, in contrastocon quanto accade nel MC, dove predomina l’aumento della

sottoclasse IgG2.

Questa divergenza nella risposta locale IgG mediata verosimilmente riflette differenze negli stimoli antigenici o nelle risposte immunoregolatorie tra questi due gruppi di pazienti affetti da MICI.

La convinzione che la CU sia una patologia autoimmune è supportata dall’aumentata associazione con altri disordini autoimmuni, tra cui patologie tiroidee, diabete mellito e anemia perniciosa. I pazienti con la CU hanno livelli variabili di anticorpi; l’autoantigene intestinale meglio caratterizzato è un antigene epiteliale di 40-kDa, che si trova nell’ epitelio colico normale. La risposta anticorpale a questa proteina sembra essere esclusiva della CU, in quanto non si ritrova né nel MC, né in altre patologie infiammatorie.

Un autoanticorpo che è stato oggetto di importanti studi sulla CU è pANCA. Questo anticorpo, presente in circa il 60-85% dei pazienti affetti da CU, è sintetizzato a livello della lamina propria intestinale e appartiene alla sottoclasse delle IgG1. L’ antigene contro cui sono diretti gli anticorpi pANCA non è ancora

(18)

18

stato determinato con certezza, ma sono stati proposti una varietà di antigeni putativi, incluse proteine nucleari istoniche e non. Le evidenze più recenti suggeriscono che l’antigene sia una proteina nucleare di 50-kd, specifico delle cellule mieloidi.

1.5. ANATOMIA PATOLOGICA

1.5.1.

COLITE ULCEROSA

Caratteristiche macroscopiche

La CU è una malattia infiammatoria del colon che coinvolge il retto e si estende prossimalmente ad interessare il colon, in parte o interamente. Al momento della presentazione inziale circa il 45% dei pazienti affetti da CU ha una patologia limitata al retto-sigma (proctosigmoidite), il 35% ha una patologia estesa oltre il sigma ma che non coinvolge l’intero colon e il 20% dei pazienti ha una pancolite. L’ estensione prossimale della patologia avviene in maniera continua, senza essere intervallata da aree di mucosa indenne. Quando coinvolto l’intero colon, l’infiammazione si estende all’ileo per 2-3 cm in circa il 10-20% dei pazienti ed in questi casi si parla di “backwash ileitis”. Molto raramente si osservano erosioni ileali in assenza di un coinvolgimento ciecale, il che confuta l’ipotesi patogenica che vedrebbe alla base delle lesioni ileali un reflusso del contenuto ciecale. Andrebbero quindi presi in considerazioni studi imaging aggiuntivi del tenue nei casi di interessamento macroscopico dell’ileo, così da poter fare diagnosi differenziale con il MC

La patologia è tipicamente più severa a livello distale e progressivamente meno severa procedendo prossimalmente. L’interessamento continuo e simmetrico dell’intestino, con una brusca transizione tra segmento infiammato e quello non coinvolto dalla patologia rappresenta il tratto caratteristico della CU.

(19)

19

Ci sono alcune eccezioni a questa regola generale. Sono stati descritti casi di risparmio macroscopico e microscopico del retto in bambini non trattati. Nell’ adulto invece un apparente risparmio della mucosa rettale è generalmente da imputare alla terapia medica topica. Inoltre, fino al 75% dei pazienti con CU sinistra ha una flogosi periappendicolare a livello del colon con flogosi maculare a livello del cieco ( “caecal patch” ), simile all’aspetto a salto tipico delle lesioni del MC. Questi pattern con risparmio rettale e lesioni a salto possono portare a diagnosi erronea di MC.7

La mucosa nella CU appare iperemica, edematosa e granulosa nelle forme di malattia lieve. Col progredire della patologia, la mucosa diventa emorragica, con ulcere puntiformi visibili, che possono allargarsi ed estendersi nella lamina propria. Queste ulcere sono spesso di forma irregolare con margini rialzati, ma possono anche essere lineari lungo il margine delle tenie coliche. La rigenerazione epiteliale conseguente agli attacchi ricorrenti porta alla formazione di pseudopolipi, tipici della CU di lunga durata ma che possono essere riscontrati anche nella patologia acuta. Un altro aspetto caratteristico della CU di lunga durata è l’atrofia della mucosa colica, associata ad un accorciamento e ad un restringimento del colon.

Caratteristiche microscopiche

Gli stadi iniziali della CU sono caratterizzati dall’edema della lamina propria e dalla congestione dei capillari e delle venule, speso con stravaso dei globuli rossi. In seguito, si ha la comparsa di un infiltrato infiammatorio acuto, costituito da neutrofili, linfociti, plasmacellule e macrofagi, frequentemente accompagnato da un aumento di eosinofili e mastocellule.

L’infiltrazione da parte dei neutrofili delle cripte coliche porta alla criptite e successivamente alla formazione di ascessi criptici, con l’accumulo dei

(20)

20

neutrofili a livello del lume delle cripte. Questa migrazione dei neutrofili dal circolo verso la lamina propria avviene in risposta ad una varietà di chemochine, inclusi i peptidi chemotattici dei batteri colici, IL-8, complemento attivato, fattore piastrinico attivato e leucotriene B4. La criptite si associa al rilascio di muco da parte delle globet cells e ad un aumentato turnover cellulare. Quindi la flogosi acuta risulta nella deplezione di mucina delle globet cells, nella formazione di essudati, e nella necrosi delle cellule epiteliali. Nessuno di questi reperti istologici è tuttavia specifico per la CU

L’ infiammazione nella CU è caratteristicamente confinata alla mucosa, in contrasto con l’interessamento transmurale tipico del MC. Le alterazioni infiammatorie sono tipicamente confinate dalla muscolaris mucosae. Con la progressione della flogosi tuttavia, si ha appiattimento delle cellule epiteliali. In questa fase della malattia, l’infiammazione e la congestione vascolare possono estendersi alla sottomucosa e le ulcere possono estendersi fino alla muscolaris mucosae. Questa maggior profondità dell’interessamento infiammatorio potrebbe creare confusione con il MC, ma è solitamente diffuso, a differenza del tipico andamento segmentario del MC.

Durante le fasi di remissione della CU, l’infiltrato infiammatorio si riduce, lasciando spazio alla rigenerazione epiteliale. Le cellule epiteliali che vanno in contro a cambiamenti di tipo rigenerativo diventano cuboidali con grandi nuclei eccentrici e nucleoli prominenti. Questi aspetti possono essere confusi con la displasia. Pertanto, una diagnosi di displasia in corso di CU va posta con cautela se in presenza di flogosi acuta.

Quindi, in accordo con quanto appena detto, la sorveglianza mediante colonscopia andrebbe fatta nei periodi di remissione.

(21)

21

Un classico reperto istologico della CU quiescente è la distorsione dell’architettura delle cripte coliche o l’effettiva perdita delle ghiandole. Le alterazioni architetturali includono diramazioni delle cripte o cripte bifide, ampia separazione tra le ghiandole, con accorciamento di quest’ultime, che non arrivano quindi alla muscolaris mucosae.

Un’altra caratteristica tipica della CU cronica quiescente è la metaplasia delle cellule di Paneth, con localizzazione delle cellule di Paneth distalmente alla flessura colica epatica, dove normalmente non sono presenti. Altre alterazioni aspecifiche riscontrate nella CU cronica includono l’ipertrofia neuronale e l’iperplasia fibromuscolare della muscolaris mucosae.

1.5.2.

MORBO DI CROHN

Caratteristiche macroscopiche

La flogosi intestinale focale è il tratto caratteristico del MC. Anche a livello microscopico è possibile osservare una marcata variabilità nel grado di infiammazione.

Nel MC di fatto l’infiammazione può coinvolgere potenzialmente qualsiasi tratto del tubo digerente, dalla bocca all’ ano. Il 30-40% dei pazienti ha una patologia limitata al solo intestino tenue, il 40-55% ha una patologia che coinvolge sia il tenue che il colon e il 15-25% hanno una colite isolata. Nel 75% dei pazienti con patologia del tenue, l’ileo terminale è interessato nel 90% dei casi (ileite terminale). Al contrario della CU, in cui l’interessamento rettale è un reperto pressoché costante, nel MC il retto è spesso risparmiato.

La gastrite, caratterizzata da un infiltrato linfomonocitico perifoveolare o peri ghiandolare , rappresenta un riscontro frequente ( 43% dei pazienti con MC).

(22)

22

La flogosi nel MC è transmurale e ciò in seguito al coinvolgimento della sierosa può dare luogo a fenomeni di fissurazione.

La patologia lieve si caratterizza per la presenza di ulcere aftoidi, lesioni precoci caratteristiche del MC, che rappresentano aree focali di attivazione immunologica. Queste ulcere superficiali sono molto piccole, con dimensioni che vanno dall’ appena visibile a 3 millimetri e sono circondate da un alone eritematoso. Nel tenue le ulcere aftoidi insorgono solitamente su aggregati linfoidi, con distruzione delle sovrastanti cellule M. nel colon. Le ulcere possono presentarsi senza un’erosione centrale visibile endoscopicamente e possono associarsi a complessi linfoepiteliali. Le afte del MC insorgono tipicamente su una mucosa sana sebbene la mucosa circostante possa presentare villi smussati.

Le ulcere aftoidi tendono a guarire nel tratto di intestino escluso al transito fecale dall’ ileostomia, mentre in seguito al ripristino della continuità intestinale ricompaiono; questa osservazione avvalora la teoria dell’importanza dei fattori luminali nella patogenesi precoce del MC.

Quando la patologia diventa cronica le afte posso fondersi, dando delle lesioni di maggiori dimensioni. Si possono formare ulcere lineari o serpiginose quando si ha la fusione di più ulcere in direzione longitudinale. L’ aspetto ad “acciottolato romano”, tipico del MC, si delinea quando si intersecano ulcere lineari e trasversali, dando una rete di ulcere che circonda aree di mucosa relativamente sana, con marcato edema della sottomucosa.

Nella malattia avanzata si possono osservare ulcere estese e tratti stenotici. Penetrazione e fistolizzazione rappresentano l’estensione delle fissurazioni. Con l’estensione della flogosi alla sierosa, si possono sviluppare sierositi, con conseguente formazione di aderenze tra colon, anse intestinali o altri organi adiacenti. Come risultato della cronicità del processo infiammatorio e

(23)

23

della formazione di adesioni, le perforazioni libere sono molto meno frequenti di quelle coperte, degli ascessi intraddominali o dei tragitti fistolosi. Fissurazioni e fistole sono circondate da istiociti e cellule mononucleate; spesso è possibile osservare anche un epitelizzazione parziale, probabilmente espressione di un parziale processo riparativo.

La fibrosi rappresenta un altro aspetto transmurale della patologia; si può presentare come irregolare ispessimento della parete intestinale e, insieme alla ipertrofia della muscolaris mucosae, contribuisce allo sviluppo delle stenosi. Caratteristiche microscopiche

I granulomi rappresentano un reperto caratteristico del MC, sebbene non siano né patognomonici né sempre presenti. Possono essere riscontrati sia nel tratto interessato dalla patologia, sia in tratti apparentemente risparmiati, a livello di qualsiasi strato della parete, oltre che nei linfonodi mesenterici. È possibile riscontrare i granulomi anche al di fuori del tratto intestinale (occhio, cute, fegato) ma questo avviene raramente.

I granulomi del MC hanno aspetto simile a quelli della sarcoidosi: aggregati di istiociti epitelioidi e altre cellule infiammatorie, in assenza di necrosi centrale. I granulomi si ritrovano nel 15-70% dei pazienti a seconda delle casistiche; la presenza di aggregati linfoidi nella sottomucosa ed esterni alla muscolaris mucosae, tuttavia, rappresenta un segno affidabile di MC anche in assenza dei granulomi

1.6. CLASSIFICAZIONI

Dal punto di vista clinico, un accurata classificazione di queste patologie ha potenziali benefici in quanto permette una miglior definizione prognostica e

(24)

24

un’appropriata scelta dell’approccio terapeutico per ciascun sottotipo di patologia.

1.6.1.

COLITE ULCEROSA

Per quanto riguarda l’estensione di malattia, la classificazione utilizzata è quella di Montreal (2005), che permette di individuare 3 sottogruppi (tabella1). Questa classificazione viene considerata avere una chiara rilevanza biologica in termini di risposta dei pazienti alla terapia (diversa risosta alla terapia topica).

Il principale svantaggio di questa classificazione basata sull’ estensione di malattia è quello di non tener conto dell’instabilità dell’estensione stessa della malattia nel tempo. Il rischio effettivo di estensione prossimale della proctite a 10 anni è stato stimato essere circa del 41-54%, mentre quello della colite sinistra sembrerebbe essere addirittura maggiore. L’ estensione della malattia può anche ridursi col trascorrere del tempo, con un tasso di remissione che va dal 1,6% al 71% a 10 anni.13

CLASSIFICAZIONE DI MONTREAL

E1 Proctite ulcerosa

E2 Rettocolite distale (interessamento del colon sinistro distalmente alla flessura splenica)

E3 Pancolite (sconfinamento oltre la flessura splenica) Tabella 1 classificazione di Montreal (CU)

Esistono molti strumenti per valutare l’attività di malattia nella CU, alcuni dei quali sono puramente clinici, endoscopici o istologici, mentre altri combinano valutazioni cliniche e endoscopiche. Quando valutiamo questi indici

(25)

25

di attività di malattia, è importante ricordare che solitamente questi score non sono specifici, quindi pazienti con patologie quali la sindrome dell’intestino irritabile potrebbero avere punteggi alti anche non avendo la CU. Sebbene nessuno di questi sistemi classificativi sia universalmente accettato, uno di quelli più usati è il Truelove and Witts (tabella 2). Si tratta di una classificazione puramente clinica che suddivide la malattia in lieve, moderata o severa sulla base di reperti clinici (frequenza delle scariche, sanguinamento rettale, febbre, tachicardia) e laboratoristici (anemia, aumento della VES).

CLASSIFICAZIONE DI TRUELOVE-WITTS

Parametro Lieve Moderata Severa

Evacuazioni/24 ore (n.) <4 4-6 >6

Febbre(T°C) Assente <37,5 >37,5

Frequenza cardiaca (bpm) Normale <90 >90 Emoglobina (g/dl) Normale >75% v.n. <75% v.n.

VES (mm/ora) <30 >30 >50

Tabella 2 classificazione di Truelove-Witts

Si tratta di uno score affidabile e di facile esecuzione nella pratica clinica, sebbene non possa essere applicato in caso di pancolite e potrebbe non riflettere adeguatamente la severità della malattia in pazienti con colite limitata.13

Un altro score molto usato è il Mayo Score (tabella 3). Questa classificazione, che combina accertamenti clinici ed endoscopici, si ottiene dalla somma dei punteggi di 4 diversi parametri:

(26)

26

1. frequenza delle scariche 2. sanguinamento rettale 3. reperti endoscopici

4. esame obbiettivo globale

Questo score va da un punteggio minimo di 0. ad un massimo di 12; generalmente un paziente viene considerato in remissione con un punteggio uguale o inferiore a 2, mentre si parla di malattia grave se il punteggio è superiore a 10.

Solitamente si parla di risposta clinica quando si ha una riduzione dello score di almeno 3 punti rispetto al valore iniziale.

Esiste poi il Mayo Score clinico, o parziale (PMS - Partial Mayo Score), che utilizza i tre componenti non-invasivi del Mayo Score completo (frequenza di evacuazione, sanguinamento rettale e giudizio complessivo). Viene quindi escluso il punteggio relativo ai rilievi endoscopici, e il punteggio massimo si riduce da 12 a 9 punti.

Questo indice semplificato mantiene una buona correlazione con il Mayo Score endoscopico completo nell’identificare la risposta clinica percepita dai pazienti. L’indice considera tre parametri clinici, a ciascuno dei quali viene assegnato un punteggio da 0 a 3 in base alla valutazione clinica.

(27)

27

MAYO SCORE (FULL)

Parametro

Valutazione

Punteggio

Frequenza di evacuazione (al giorno)

Nella norma 0 1-2 oltre la norma 1 3-4 oltre la norma 2 ≥5 oltre la norma 3 Sanguinamento rettale Assente 0

Feci striate di sangue in meno

della metà dei casi 1

Sangue evidente nelle feci nella

maggior parte dei casi 2 Sanguinamento in assenza di feci 3

Valutazioni endoscopiche

Mucosa normale o esiti di

guarigione 0

Patologia lieve (eritema,

riduzione del disegno vascolare,

moderata friabilità) 1

Patologia moderata (eritema marcato, perdita del disegno

vascolare, friabilità, erosioni) 2 Patologia grave (sanguinamento

spontaneo, ulcerazioni) 3

Giudizio complessivo del medico

Normale 0

Patologia lieve 1

Patologia moderata 2

Patologia grave 3

(28)

28

1.6.2.

MORBO DI CROHN

Le classificazioni più comunemente utilizzate per il MC sono la classificazione di Montreal (tabella 4) e il Crohn disease activity index system (CDAI) (tabella 5), basati rispettivamente sul fenotipo e sull’attività di malattia.13

La classificazione di Montreal (2005) costituisce una revisione della precedente classificazione di Vienna del 1998.

Gli elementi fenotipici considerati nella classificazione di Montreal sono: 1. età di insorgenza (A)

2. sede della patologia (L)

3. comportamento della patologia (B)

L’importanza del parametro A si basa sull’evidenza che specifici sottotipi o genotipi sono più frequentemente riscontrati nel MC ad esordio precoce.

Il comportamento della patologia rappresenta un elemento dinamico nel tempo. Studi recenti hanno infatti dimostrato che i pazienti con una malattia con flogosi predominante tendono a sviluppare complicazioni, quali fistole e stenosi, nel giro di 5, 10 o 20 anni.

(29)

29

CLASSIFICAZIONE DI MONTREAL

Età alla diagnosi

A1→ esordio età <16 anni A2→ esordio a 17-40 anni A3→ esordio età >40 anni

Sede delle lesioni

L1→ sede ileale L2→ sede colica L3→ sede ileocolica

L4→ sede nel tratto GI superiore

Comportamento

B1→ malattia infiammatoria senza stenosi né fistole B2→ malattia stenosante

B3→ malattia fistolizzante (presenza di fistole, masse infiammatorie e/o ascessi in sede

intraddominale) p→ malattia perineale

Tabella 4 classificazione di Montreal (MC)

Le classificazioni dell’attività di malattia, più comunemente il CDAI, vengono utilizzate nel tentativo di integrare i molti possibili aspetti del MC. I vari indici si differenziano per i parametri inclusi nel sistema classificativo, ma la maggior parte di essi considera una combinazione di sintomi soggettivi e reperti oggettivi rilevati con indagini obbiettive e laboratoristiche.

Il CDAI permette di valutare l’attività di malattia (lieve, moderata, severa), attribuendo al paziente un punteggio sulla base di parametri clinici e di laboratorio (numero di evacuazioni quotidiane, presenza di dolore e masse

(30)

30

addominali, presenza di complicanze quali fistole, ascessi, manifestazioni extraintestinali, assunzione di farmaci anti-diarroici, stato generale, ematocrito ed entità del calo ponderale).

In base al punteggio totale, è possibile stabilire se il paziente presenta malattia attiva, remissione o ripresa di malattia.

• Malattia attiva: CDAI>220 • Malattia grave: CDAI>450 • Risposta: CDAI>70-100 • Remissione: CDAI <150

• Ripresa di malattia: in caso di comparsa di nuovi sintomi dopo la remissione, con CDAI aumentato di 70-100 punti e maggiore di 150

CDAI

Parametri clinici e di laboratorio (e

relativo punteggio)

Fattore di correzione Numero di evacuazioni quotidiane X2

Dolore addominale (0-3) X5

Stato generale (0-4) X7

Complicanze generali quali fistole, ascessi e manifestazioni extraintestinali (1 pt per ogni complicanza)

X20

Assunzione di farmaci anti-diarroici X30

Massa addominale (0-5) X10

Ematocrito X6

Calo ponderale X1

(31)

31

Un altro sistema classificativo frequentemente utilizzato per il MC è l'indice di Harvey-Bradshaw (Harvey-Bradshaw Index – HBI); è stato concepito nel 1980 come una versione semplificata dello CDAI, per favorire una raccolta sistematica dei dati clinici relativi alla malattia di Crohn.

L’indice considera cinque parametri, esclusivamente clinici, a ciascuno dei quali viene assegnato un punteggio:

1. Benessere del paziente 2. Dolore addominale

3. Numero di evacuazioni liquide o molli 4. Massa addominale

5. Presenza di complicanze

Vengono poi sommati i punteggi dei 5 parametri per ottenere lo score. Uno score inferiore a 5 è generalmente considerato come una remissione clinica e una riduzione di 3 punti viene considerata significativa nel definire una risposta clinica.

(32)

32

HARVEY-BRADSHAW INDEX (HBI)

Parametri clinici valutati Punteggio

Benessere del paziente 0→ buono

1→ leggermente inferiore alla norma 2→ scarso

3→ molto scarso 4→ pessimo

Dolore addominale 0→ assente

1→ lieve 2→ moderato 3→ severo

Numero di evacuazioni liquide o molli 1 pt per ogni evacuazione

Massa addominale 0→ assente

1→ dubbia 2→ definita

3→ definita e sensibile alla palpazione

Complicanze 1 pt per ogni complicanza

(33)

33

1.7. CLINICA

1.7.1.

COLITE ULCEROSA

L’insorgenza della CU è solitamente lenta e insidiosa. Solitamente i sintomi sono presenti da settimane o mesi al momento in qui il paziente decide di recarsi dal medico. L’ intervallo medio tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi è circa 9 mesi.

La manifestazione clinica distintiva della CU è il sanguinamento rettale, a cui si associano comunemente mucorrea, tenesmo, urgenza defecatoria e dolore addominale.

Le caratteristiche del sanguinamento rettale dipendono dall’estensione di malattia. Questo sintomo può essere confuso con il sanguinamento emorroidario anche se, al contrario di quest’ultimo, il sanguinamento dei pazienti con proctite è spesso frammisto a feci e muco.

La diarrea è un sintomo comune ma non sempre presente, infatti fino al 30% dei pazienti con proctite lamenta invece la stipsi. Nei casi di retto molto infiammato si riscontrano frequentemente incontinenza fecale, urgenza e tenesmo.

I sintomi tendono a differire a seconda dell’estensione della patologia lungo il colon. Pazienti affetti da proctite hanno spesso sintomi locali quali tenesmo, urgenza defecatoria, mucorrea e sanguinamento rettale; i pazienti con esteso interessamento colico invece hanno più frequentemente sintomi quali diarrea, perdita di peso, febbre, perdite ematiche clinicamente significative e dolore addominale. In linea generale la severità dei sintomi correla con la severità della patologia; tuttavia, è possibile riscontrare una patologia attiva all’esame endoscopico in pazienti altrimenti del tutto asintomatici. Inoltre,

(34)

34

bisogna considerare che nei pazienti affetti da CU la gravità dei sintomi può essere aumentata da altre patologie intestinali intercorrenti, come ad esempio coliti infettive.

La valutazione clinica del paziente permette l’elaborazione di score clinici, quali Truelove-Witts (il più comunemente usato), Ulcerative colitis activity index (UCAI) e Mayo Score (partial e full), che costituiscono un importante ausilio nella gestione del paziente. Infatti, mediante i soli parametri clinici, è possibile valutare la necessità di ospedalizzazione dei pazienti; un’attività di malattia definita severa secondo i criteri classificativi di Trulove-Witts, costituisce difatti un’indicazione all’ ospedalizzazione.

Nell’ambito del paziente ospedalizzato con CU grave può insorgere una delle complicanze più temute della colite severa, il megacolon tossico. In questa condizione il lume colico si dilata fino a un diametro di almeno 6 cm con perdita delle austrature, ed associata evidenza di tossicità (disidratazione, ipotensione, alterazione dello stato mentale o alterazioni elettrolitiche)

I reperti radiografici della dilatazione possono essere estesi a tutto il colon o limitati a un segmento. Il colon trasverso è solitamente interessato, probabilmente a causa della distribuzione dei gas intestinali in posizione supina; infatti spostando il paziente in decubito laterale destro e successivamente in posizione prona si osserva un temporaneo sgonfiamento del colon.

Tra le condizioni che possono scatenare o esacerbare il megacolon troviamo l’uso di narcotici o farmaci anticolinergici, squilibri elettrolitici, interruzione della terapia steroidea, clistere baritato o colonscopia.

In questi pazienti è raccomandata la decompressione intestinale sia mediante SNG che per via transrettale, oltre che la terapia medica a base di corticosteroidi e antibiotici endovena. In circa il 50% dei pazienti questo è sufficiente a

(35)

35

determinare la risoluzione del quadro ma se sono presenti segni di dilatazione progressiva o tossicità è necessario ricorrere ad una colectomia d’urgenza, in quanto il corretto timing operatorio riduce la mortalità per perforazione dal 44% al 2%.

La perforazione colica rappresenta un’altra complicanza della CU severa e può anche verificarsi in assenza di megacolon tossico.

Le perforazioni subacute, spesso limitate a livello della sierosa dalla formazione di flemmoni o ascessi, sono più frequenti nel MC o in associazione a malattia diverticolare, ma possono talvolta verificarsi anche nei pazienti con CU. Nei pazienti con presunta perforazione o diverticolite è controindicata la colonscopia, ma in casi selezionati può essere utile un clisma con gastrografin.

Un’altra complicanza, sebbene rara (1% dei pazienti), è l’emorragia massiva o intrattabile, che si presenta con gravi riacutizzazioni di malattia e viene solitamente arrestata col trattamento per la CU. Tuttavia, se è richiesta la trasfusione di 6-8 unità di sangue nel giro di 24-48 h, è necessaria una colectomia d’urgenza.14

Pazienti con CU estesa hanno anche un rischio aumentato di sviluppare cancro del colon-retto (CCR) rispetto alla popolazione generale.

Nello sviluppo della maggior parte dei carcinomi del colon sporadici la perdita di funzione dell’oncosoppressore APC (Adenomatosis Polyposi Coli) è un evento precoce ed associato alla formazione di polipi adenomatosi. Tuttavia, nella CU, l’alterazione di APC è un evento tardivo e solitamente non si ha la formazione dei polipi adenomatosi. Al contrario, la mutazione di p53, che compare tardivamente nella genesi dei carcinomi sporadici, ha una comparsa precoce nella CU. Queste differenze negli eventi molecolari che conducono al cancro sono associate a diversità di presentazione.

(36)

36

I tumori associati alla CU sono più frequentemente sottomucosi e non associati a polipi adenomatosi; inoltre nel 20% dei casi sono multicentrici, a differenza delle forme sporadiche, in cui la multicentricità si riscontra solo nel 2-3% degli individui.

Sono stati identificati alcuni fattori di rischio per lo sviluppo del CCR in corso di CU, tra i quali troviamo la durata e l’estensione della malattia e la concomitante presenza della colangite sclerosante primitiva; anche la storia familiare per CCR rappresenta un fattore di rischio indipendente.

Il rischio di sviluppare CCR diventa apprezzabile 8-10 anni dopo la diagnosi di CU e tende ad aumentare con il trascorrere del tempo (il rischio aumenta circa di 0,5-1% annuo). L’età di insorgenza della patologia intestinale sembra impattare minimamente sul rischio neoplastico, sebbene, data la maggiore aspettativa di vita, i soggetti che sviluppano la CU in età precoce abbiano un maggior rischio cumulativo. L’incidenza del CCR in corso di CU varia a seconda di molti fattori, durata ed estensione della patologia in primis, ma si stima che si aggiri intorno al 7-10% dopo 20 anni di malattia

Sebbene il rischio di CCR sia aumentato nei pazienti con CU, non lo è abbastanza da raccomandare una resezione chirurgica in tutti i pazienti dopo un determinato periodo dalla diagnosi. Tuttavia, il rischio è alto abbastanza da considerare lo screening dei pazienti con CU, così da identificare quelli particolarmente a rischio per CCR. Lo screening dovrebbe iniziare 8-10 anni dopo la comparsa dei sintomi nei pazienti con pancolite o colite sinistra. In questi pazienti la sorveglianza andrebbe ripetuta a intervalli di 1-2 anni. Nei pazienti con proctosigmoidite il rischio neoplastico è molto minore, quindi in questi pazienti si raccomanda uno screening analogo a quello che viene effettuato nella popolazione generale.

(37)

37

Lo screening con colonscopia andrebbe fatto durante periodi di remissione, così da evitare di confondere alterazioni reattive dovute alla flogosi con aree di displasia.

1.7.2.

MORBO DI CROHN

La presentazione del MC può essere subdola e molto varia. Questa variabilità dipende da alcuni fattori, tra cui la sede della patologia, l’intensità della flogosi e la presenza di complicanze intestinali o extraintestinali.

I pazienti si presentano dal medico solitamente dopo oltre 6 settimane dall’ insorgenza dei sintomi, ma, in caso di complicanze, il MC può anche avere esordio acuto, con dolore addominale intenso, occlusione intestinale o emorragia.

La diarrea cronica è il sintomo di più frequente riscontro, mentre dolore addominale e calo ponderale si presentano nel 60% dei pazienti.

Il dolore addominale è un sintomo molto più frequente nel MC di quanto non lo sia nella CU e questo può essere conseguenza dell’estensione transmurale della flogosi, che esita nella stimolazione di fibre dolorifiche a livello della sierosa e del peritoneo. Il dolore è attribuibile all’ infiammazione, agli ascessi o alle occlusioni intestinali, e può essere intermittente e colico o sostenuto e intenso.

In circa il 50% dei pazienti è possibile riscontrare sangue occulto nelle feci, ma a differenza della CU, è raro osservare importanti sanguinamenti rettali.

Sintomi costituzionali, soprattutto calo ponderale e febbre, o ritardo di crescita nei bambini, possono essere importanti e talvolta addirittura le uniche manifestazioni del MC in alcuni pazienti.

(38)

38

La sede ileale è quella più frequentemente colpita dalla patologia ed il suo interessamento si manifesta con una storia cronica di episodi ricorrenti di dolore addominale in fossa iliaca destra e diarrea.

Talvolta la presentazione iniziale simula un’appendicite acuta con marcato dolore in fossa iliaca destra, massa palpabile, febbre e leucocitosi. Il dolore è solitamente di tipo colico, attenuato dalla defecazione. Si può solitamente rilevare una febbricola, ma elevati picchi febbrili devono fare sospettare la formazione di un ascesso intra-addominale.

Talvolta è possibile palpare una massa addominale nei quadranti addominali inferiori destri. Questa massa è composta dall’ intestino infiammato, dal mesentere indurito ed adeso alla parete intestinale e dai linfonodi addominali. L’edema, l’inspessimento delle pareti intestinali, e la fibrosi parietale nel contesto della massa, sono responsabili dell’aspetto radiologico detto “string sign”, che indica un restringimento del lume intestinale.

La patologia ileale si può manifestare in maniera insidiosa. Alcuni pazienti si presentano con un’ostruzione del tenue. Nelle fasi precoci della patologia l’edema parietale e gli spasmi determinano manifestazioni occlusive intermittenti e dolore post-prandiale ingravescente. Nel corso di molti anni, la flogosi cronica progredisce gradualmente verso la fibrosi stenosante. Si ha una riduzione della diarrea, che viene sostituita dall’ occlusione intestinale cronica.

Manifestazioni meno frequenti del MC si hanno in corso di interessamento del tratto gastroenterico superiore (prossimalmente al ligamento di Treitz). Solitamente l’interessamento prossimale si accompagna alla malattia distale ma in circa il 33% dei casi di MC prossimale, non vi è evidenza di un interessamento distale. I segni e sintomi dell’interessamento del tratto gastrointestinale (GI)

(39)

39

superiore includono nausea, vomito e dolore epigastrico. Questi pazienti hanno solitamente una gastrite Helicobacter-pylori negativa.

È possibile riscontrare la presenza di fistole gastriche e duodenali, ma queste non necessariamente implicano un interessamento del tratto GI superiore, in quanto possono originare anche da un processo infiammatorio inizialmente localizzato a livello intestinale.

Dato che il MC è una patologia ad interessamento transmurale, si ha frequentemente lo sviluppo di aderenze sierose, che pongono le basi per lo sviluppo di perforazioni coperte, con formazione di ascessi e tragitti fistolosi, complicanze tipiche del MC.

Ascessi

Gli ascessi si riscontrano in fino al 20% dei pazienti affetti da MC; si localizzano in prossimità dell’intestino infiammato, tipicamente l’ileo terminale. I pazienti con ascesso si presentano classicamente con dolore addominale, febbre, brividi, ma questi sintomi potrebbero essere assenti o mascherati in corso di terapia con immunosoppressori. La terapia di scelta, quando possibile, è il drenaggio percutaneo sotto guida ecografica o TC, utile nel dare un rapido sollievo dalla sintomatologia dolorosa. Talvolta è necessario fare una resezione del segmento intestinale coinvolto per evitare l’eventuale ricorrenza della complicanza.

Fistole

Lo sviluppo di fistole complica il decorso del MC nel 20-40% dei casi. Si accompagnano frequentemente a un restringimento intestinale dell’area infiammata e possono localizzarsi in qualsiasi porzione dell’intestino interessata

(40)

40

dalla patologia. Sono il risultato del coinvolgimento a tutto spessore della parete intestinale.

La comunicazione può essere instaurata con un organo adiacente (es. vagina, vescica, ansa intestinale), con la cute o talvolta si può avere la formazione di un tragitto tortuoso che termina in una raccolta infiammatoria.

Occlusione intestinale

Le stenosi sono un’altra complicanza caratteristica del MC. Rappresentano l’esito di una flogosi di lunga durata e possono interessare qualsiasi segmento del tratto GI in cui sia stata presente flogosi attiva.

I restringimenti non si sviluppano in tutti i pazienti con patologia infiammatoria intestinale, ma tendono e recidivare, perlopiù a livello delle anastomosi, in quei pazienti sottoposti a resezioni coliche a causa di stenosi. Queste osservazioni suggeriscono che vi siano fattori aggiuntivi non meglio identificati che giocano un ruolo importante nella formazione delle stenosi.

La stenosi è solitamente silente, fino a che il diametro del lume intestinale non si riduce al punto da dare un’ostruzione critica. I sintomi possono includere dolore di tipo colico, per l’aumento della peristalsi mirato a valicare la stenosi, e tensione addominale, fino ad arrivare all’ostruzione completa.

Bisogna comunque considerare che non tutte le ostruzioni sono da attribuirsi a stenosi fibrotiche, infatti segmenti intestinali interessati dal processo flogistico presentano il tipico aumento di spessore parietale dovuto all’edema in corso di flogosi, il quale può determinare il corteo sintomatologico tipico di un’occlusione, sostenuta -in questo caso- da una stenosi o substenosi a carattere infiammatorio.

(41)

41

1.8. MANIFESTAZIONI EXTRAINTESTINALI

Le manifestazioni extraintestinali della CU possono colpire qualsiasi organo, ma coinvolgono con maggior frequenza cute, occhi, cavo orale, articolazioni e fegato. Queste complicanze possono presentarsi prima, durante o dopo le esacerbazioni della malattia colica. Le manifestazioni che decorrono parallelamente alla patologia attiva sono solite migliorare in seguito al trattamento della colite.

Per quanto riguarda il MC si stima che le manifestazioni extraintestnali siano presenti in circa 6-25% dei pazienti, un quarto dei quali ne presenta più di una. Molte di queste manifestazioni sono comuni anche alla CU, così come anche ad altre patologie infiammatorie intestinali non idiopatiche. Ad esempio, i pazienti affetti da ileite terminale hanno rischio aumentato di colelitiasi, ma anche i pazienti con CU estesa hanno pressoché lo stesso rischio. Nel MC tuttavia il principale fattore di rischio per lo sviluppo di queste manifestazioni sembra essere l’estensione della resezione ileale.

È stato evidenziato che le manifestazioni extraintestinali sono più frequenti nel MC rispetto alla CU, e lo sono maggiormente nei pazienti con coinvolgimento colico rispetto a quelli che hanno un risparmio del colon.

Alcune manifestazioni sono la conseguenza diretta della flogosi intestinale (es. nefrolitiasi conseguente al malassorbimento di ossalati), mentre altre, come quelle muco-cutanee, articolari o oculari, sono dovute al flusso verso gli organi colpiti delle cellule infiammatorie mononucleate attivate a livello intestinale.14

Tra le principali manifestazioni extraintestinali troviamo:

• Manifestazioni reumatologiche: il coinvolgimento articolare è la seconda manifestazione extraintestinale più frequente nella CU e si presenta in circa il 20% dei pazienti. L’artrite può essere distinta in periferica e assiale.

(42)

42

La forma periferica è presente nel 15-20% dei pazienti affetti da MICI e tende a peggiorare in concomitanza con le riacutizzazioni della malattia intestinale. È asimmetrica, poliarticolare e migrante e tende a colpire prevalentemente le articolazioni degli arti superiori e inferiori. La diagnosi si basa sul rilevamento di segni di flogosi e sull’ esclusione di altre forme specifiche di artrite.

• Manifestazioni oculari: colpiscono 1-10% dei pazienti con MICI e le presentazioni più comuni sono la congiuntivite, l’uveite/iridociclite anteriore e l’episclerite. L’uveite è associata ad entrambe le MICI e può essere riscontrata anche durante periodi di remissione. L’episclerite invece tende ad avere decorso parallelo a quello della malattia intestinale • Manifestazioni cutanee: l’eritema nodoso si presenta nel 15% dei pazienti

con MC e nel 10% dei pazienti con CU ed ha andamento solitamente correlato con l’attività infiammatoria intestinale. Colpisce solitamente la superfice esterna delle estremità inferiori, specialmente le aree tibiali anteriori, ed ha una distribuzione simmetrica

Il pioderma gangrenoso interessa 1-12% dei pazienti con CU ed è meno frequente nel MC. Sebbene si presenti solitamente dopo la diagnosi di MICI, può anche manifestarsi anni prima della comparsa dei sintomi intestinali, avere decorso autonomo e non rispondere nemmeno alla colectomia. Le lesioni del pioderma gangrenoso sono spesso precedute da un trauma, fenomeno conosciuto come patergia. Si manifestano frequentemente a livello pretibiale o in prossimità di stomie post-chirurgiche.

• Malattia metabolica dell’osso: la ridotta massa ossea si riscontra nel 3-30% dei pazienti con MICI, soprattutto se fanno terapie a base di

(43)

43

corticosteroidi. Anche alcuni mediatori della flogosi contribuiscono a ridurre la densità ossea. In circa il 36% dei pazienti con MC e il 45% di quelli con CU è possibile osservare un aumentato rischio di fratture.

• Manifestazioni epatobiliari: la steatosi epatica si riscontra in circa la metà delle biopsie su fegati anormali dei pazienti con MICI. Il fegato grasso è spesso il risultato della combinazione tra gli effetti della malattia cronica debilitante, della malnutrizione e della terapia steroidea. La colelitiasi si riscontra nel 10-35% dei pazienti con MC con ileite o sottoposti a resezione ileale.

La colangite sclerosante primitiva è una patologia caratterizzata da flogosi e fibrosi dei dotti biliari intra- e extra-epatici, che porta frequentemente alla cirrosi biliare ed all’ insufficienza epatica. Circa il 5% dei pazienti con CU ha la colangite sclerosante primitiva, ma il 50-75% dei pazienti con colangite sclerosante primitiva ha una MICI. La patologia biliare può essere riscontrata prima o addirittura anni dopo la colectomia. Come anche nella CU, nella colangite sclerosante è frequente la positività ai pANCA, anticorpi diretti contro il citoplasma dei neutrofili.

1.9. DIAGNOSI

Attualmente non vi è nessun’indagine specifica che permetta la diagnosi delle MICI con adeguata sensibilità e specificità, quindi ad oggi ci si basa su un’elaborazione d’insieme dei reperti clinici, endoscopici istologici e laboratoristici.

(44)

44

Esami di laboratorio

Nei pazienti con sospetta CU i reperti laboratoristici sono aspecifici e riflettono la severità della patologia. Vi sono stati vari studi nel campo delle indagini sierologiche, volti a tentare di identificare marker diagnostici e prognostici.

In corso di malattia attiva è possibile osservare un incremento delle proteine di fase acuta (PCR), della VES e delle piastrine oltre alla comparsa di anemia. Bisogna però considerare che la patologia limitata al retto o al retto-sigma, può anche presentarsi in assenza di alterazioni sierologiche.

Queste alterazioni sierologiche, sebbene né sensibili né specifiche per la patologia, possono essere usate nella pratica clinica per valutare l’attività di malattia nel singolo paziente, soprattutto se queste indagini si normalizzano durante i periodi di remissione.

Una buona parte (50-80%) dei pazienti con CU presenta la positività per pANCA, anticorpi rivolti verso il citoplasma dei neutrofili, il cui titolo rimane pressoché stabile nel corso della malattia. Sfortunatamente questi anticorpi si possono ritrovare in fino al 31% dei pazienti affetti da MC con pattern “ulcerative colitis like”

Nel MC abbiamo invece gli ASCA, anticorpi diretti contro il lievito Saccharomyces Cervisiae, presenti nel 40-60% dei pazienti. La positività a questi anticorpi sembra correlata alla patologia del tenue, dato che si ritrovano anche nel 40-60% dei pazienti con malattia celiaca. Un titolo elevato di ASCA è stato correlato a complicanze intestinali e alla necessità di intervento chirurgico nei pazienti con MC.

Un segno caratteristico della CU è la presenza di infiltrato neutrofilo a livello delle cripte e della lamina propria associato all’ essudazione dei leucociti nel lume colico. Tale fenomeno può essere studiato a scopo diagnostico

(45)

45

mediante la ricerca dei leucociti fecali ma soprattutto con il dosaggio della calprotectina fecale.

La calprotectina è una proteina della famiglia delle proteine leganti il calcio. Costituisce fino al 60% delle proteine citosoliche dei granulociti neutrofili e rappresenta il principale prodotto della loro degranulazione; sebbene in minor concentrazione, è presente anche nei monociti e nei macrofagi. Viene liberata nell’ambito extra-cellulare dai neutrofili attivati o al momento della morte cellulare o in seguito all’adesione endoteliale dei monociti.

La presenza di infiammazione a livello intestinale determina la migrazione e la traslocazione dei neutrofili nella mucosa intestinale, con conseguente degranulazione e liberazione di calprotectina, proteina dotata di elevatissima resistenza al calore e alla proteolisi; queste sue proprietà le garantiscono un’ottima stabilità nelle feci per 5-7 giorni. La sua concentrazione nelle feci correla direttamente con l’entità dell’infiltrato neutrofilo nella mucosa intestinale e quindi con la gravità dell’infiammazione. Ne deriva che il principale vantaggio della calprotectina come marker è proprio la sua specificità per il tratto intestinale. Purtroppo, la sua concentrazione aumenta in seguito a svariati disturbi gastrointestinali che causano infiammazione o lesioni mucosali; ha pertanto un basso valore predittivo positivo a fronte di un elevato valore predittivo negativo.

La calprotectina fecale gioca quindi un ruolo importante sia nell’ iter diagnostico delle MICI che nel monitoraggio dell’attività di malattia come predittore della risposta al trattamento. È stato infatti dimostrato che i valori di calprotectina correlano strettamente con l’attività endoscopica di malattia e sono superiori alla PCR ed agli score di attività nell’identificare l’infiammazione mucosale. Nei pazienti con MICI in terapia la riduzione o negativizzazione della

Riferimenti

Documenti correlati

Un terzo batterio che è stato studiato più recentemente è un’Escherichia coli in seguito all’osservazione che il ceppo del microrganismo isolato nei pazienti affetti da CD ha

The main indications to the treatment are steroid-dependent and steroid- refractory patients with moderate to severe active disease unresponsive to conventional

✓ the role of FCGR3A SNP in pediatric IBD patients: this SNP seems to affect infliximab response and influence anti-drug antibodies production susceptibility;

Here, we present the first results of point-contact spectros- copy (PCS) in the Mn-substituted MgB 2 single crystals grown at ETHZ, which allowed us to study the effects of

La stadiazione dell’encefalopatia epatica conclamata si effettua in base alle alterazioni dello stato mentale classificate secondo i criteri di West Haven e/o la scala di Glasgow.

Livingston, Pain Mechanisms si riferisce ad un importante e difficile gruppo di malattie, le algodistrofie simpaticoriflesse, e si propone, come scrive l’Autore, di “presentare

Il metodo clinico del nursing: il processo di assistenza infermieristica La pianificazione è l’insieme delle operazioni dedicate alla scelta e alla realizzazione degli interventi che

To provide information on recent changes in the burden of MRSA dis- ease, we sought to characterize trends in the incidence of MRSA and methicillin- susceptible S aureus (MSSA)