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I Sistemi di Misurazione delle Performance. Il valore di un cruscotto di indicatori nella realtà delle PMI: applicazione pratica al caso Pacini Editore Srl.

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(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI

ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

STRATEGIA MANAGEMENT E CONTROLLO

Tesi di laurea

“Il valore degli indicatori di performance

nella realtà delle PMI:

il caso Pacini Editore Srl”

Relatore Candidata

Prof. Nicola Giuseppe Isabelle

CASTELLANO CASULLI

(2)

[i]

INDICE

pag.

Introduzione………...…...(iv)

1. I Sistemi di Misurazione delle Performance………..………...1

1.1 Le ragioni dell’esistenza di un Sistema di Misurazione delle Performance (PMS)………1

1.2 La costituzione di un Sistema di Misurazione delle Performance………5

1.3 I Sistemi di Misurazione delle Performance nelle Piccole-medie Imprese (PMI)………...10

1.3.1 Definizione di Piccola-media Impresa………..10

1.3.2 Applicazione dei PMS alle PMI: i problemi di compatibilità…………...14

2. Gli indicatori di Performance………...17

2.1 Lo studio degli indicatori……….18

2.1.1 Le funzioni degli indicatori………...21

2.1.2 La suddivisione degli indicatori………23

2.1.3 L’uso improprio degli indicatori………...27

2.2 Critical Success Factors e Key Performance Indicators…………...………29

2.2.1 I Fattori Critici di Successo………...30

2.2.2 Key Performance Indicators………...………...37

3. Il Cruscotto aziendale………...43

3.1 Il Sistema di Reporting………...……….….43

(3)

[ii]

3.3 La Dashboard come strumento di report aziendale………...……47

3.3.1 I benefici e le peculiarità del cruscotto aziendale……….50

3.3.2 Le principali funzioni………54

3.3.3 La struttura………..55

3.3.4 Il Design di una Dashboard………..57

3.4 La Balance Scorecard………...63

3.4.1 La prospettiva economico-finanziaria…………...………..69

3.4.2 La prospettiva dei processi aziendali interni………..…...71

3.4.3 La prospettiva della clientela………...………..72

3.4.4 La prospettiva dell’apprendimento e della crescita………75

3.4.5 Benefici e limiti della Balanced Scorecard………..76

3.5 Analogie e difformità tra il Cruscotto Aziendale e la Balanced Scorecard…....78

4. Il Cubo delle Performance: il Caso Pacini Editore S.r.l……....……..83

4.1 La struttura del Cubo delle Performance………...83

4.1.1 Il Capitale Tecnico………87

4.1.2 Il Capitale Umano……….88

4.1.3 Il Capitale Relazionale………..90

4.1.4 Risultati Economico-finanziari………..…………...92

4.2 L’azienda Pacini Editore S.r.l………...………93

(4)

[iii]

4.2.2 L’impostazione strategica…………..………...96

4.2.3 Il sistema informativo………97

4.3 L’applicazione del Cubo delle performance al caso Pacini Editore S.r.l………...98

4.3.1 Il Capitale tecnico………100 4.3.2 Il Capitale Umano………...103 4.3.3 Il Capitale Relazionale………104 4.3.4 La dimensione economico-finanziaria………106

Conclusioni………...108

Bibliografia e Sitologia………....111

Ringraziamenti………115

(5)

[iv]

INTRODUZIONE

Oggetto di questa tesi è quello di offrire una più chiara illustrazione dell’attuale neces-sità, delle imprese, di munirsi di un Sistema di Misurazione delle Performance (PMS) per rispondere ai continui cambiamenti dei contesti ambientali in cui esse competono, che sempre più incidono sull’organizzazione aziendale interna, sulle decisioni aziendali, sui sistemi di controllo e sul perseguimento dei risultati attesi.

I manager si trovano oggi a valutare una serie di asset intangibili e beni immateriali che hanno assunto nel corso del tempo una sempre maggiore importanza per il raggiungi-mento del successo economico e competitivo aziendale; ciò “sprona” le aziende ad avvi-cinarsi ai nuovi sistemi di valutazione, in grado di conciliare lo studio e la misurazione di questi nuovi fenomeni con le misurazioni economiche.

L’insufficienza di quest’ultime, ha iniziato ad essere oggetto di discussione intorno alla seconda metà degli anni Settanta: fino a quegli anni, la miglior strategia competitiva era totalmente basata sul minor costo (ossia orientata a presentare il costo più basso sul mercato), quindi, era necessario per le aziende, mantenere alti i livelli di efficienza, per-dendo però la capacità di esprimere la loro posizione nel tempo e nello spazio.

In primo luogo, la tesi prende in esame, analiticamente e statisticamente, dopo una spie-gazione generale sui Sistemi di Misurazione delle Performance, l’approccio che essi hanno in particolar modo con le Piccole-Medie Imprese (PMI) che, pur avendo dei pro-blemi di compatibilità con questi tipi di strumenti, pian piano hanno iniziato a sentire il bisogno del loro utilizzo.

L’intento di questo elaborato è fornire un quadro generale di questi modelli, interpretati come l’insieme dei processi, delle metodologie, dei criteri e dei sistemi necessari per

(6)

[v]

valutare le prestazioni di un’azienda, integrati nel sistema di management e coordinati con i sistemi di pianificazione e controllo.

I capitoli successivi al primo prendono in esame il concetto di indicatore; in primis nella sua singolarità, capendone le proprietà, le funzioni, le classificazioni, le problematiche ed interpretandolo come mero strumento utile per raccogliere informazioni, valutare gli aspetti caratteristici e studiare l’evoluzione dei sistemi. Ma soprattutto, partendo dall’es-senziale distinzione tra indicatori “economico-finanziari” ed indicatori “di processo”, la tesi si concentra sulla necessità di un “Set di indicatori”, interpretato come modello di rappresentazione, su cui basare le valutazioni e le decisioni aziendali, utili per poter andare a descrivere le varie dimensioni aziendali.

Per saper selezionare le giuste informazioni, a supporto della pianificazione strategica, l’azienda deve tradurre la Vision e la Mission aziendale in una serie di obiettivi, per i quali vengono poi individuati i rispettivi Critical Success Factors (CSF) che poi, in ter-mini operativi, vengono tradotti negli indicatori chiave di performance (KPI).

La difficoltà aziendale nell’impiego di un” cruscotto di indicatori” (Dashboard), non risiede di fatto principalmente nella loro identificazione, quanto nell’individuare quelli che più correttamente sono in grado di rappresentare il processo: i cosiddetti Key Per-formance Indicators (KPI), ossia quelle misure necessarie a fornire ai sistemi di produ-zione, la capacità di definire gli obiettivi, valutare le prestazioni e prendere le decisioni operative.

Successivamente a questa necessaria presentazione, nell’elaborato vengono proposti gli strumenti necessari per la realizzazione del cruscotto: dai software di Business Intelli-gence per le grandi imprese, agli strumenti più adatti per le realtà aziendali di più piccole dimensioni.

(7)

[vi]

Nella tesi infatti, vengono proposti vari modelli di valutazione delle performance, dalla “Balanced scorecard” (modello più utilizzato ed adattabile teoricamente a qualsiasi tipo di business, anche se nella pratica risulta essere più indicato a contesti aziendali di più grandi dimensioni), al “Cubo delle Performance”, uno strumento ideato per le realtà più piccole, in cui non vi è presente l’abitudine di una pianificazione strategica.

Per concludere, l’ultimo capitolo, illustra l’integrazione del tema di tale tesi alla mia esperienza di tirocinio, effettuata presso l’azienda “Pacini editore Srl” nel trimestre Gennaio-Marzo 2019.

Nonostante il mio stage si sia svolto in ambito amministrativo, in un settore quindi com-pletamente diverso da quello manageriale, la mia permanenza in azienda mi ha per-messo, grazie alle possibilità, ai dati ed alle informazioni datemi dai miei responsabili, di conoscere meglio l’organizzazione di un’azienda famigliare, di piccole dimensioni ma con egregi risultati.

Pacini editore Srl non ha ancora adottato concretamente un SMP e, proprio per tale motivo, ho provato ad applicare lo studio descritto in questa tesi, alla realtà in cui ho convissuto.

Pertanto, vi ho infine illustrato l’implementazione dello strumento “Cubo delle Perfor-mance” all’azienda appena esposta.

(8)

[1]

CAPITOLO 1

I SISTEMI DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE

1.1 Le ragioni dell’esistenza di un Sistema di Misurazione delle

Perfor-mance

Oggigiorno, è un dato oggettivamente osservabile che la gran parte delle aziende, con la finalità di assicurare la giusta attenzione ai risultati conseguiti, alle responsabilità e al raggiungimento degli obiettivi, concordano sulla necessità di dotarsi di un sistema di misurazione delle performance.

Il termine “performance” in economia racchiude i concetti di prestazione e di rendimento della realizzazione pratica delle attività, ma soprattutto dei comportamenti aziendali.

La misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qua-lità, che negli anni, con i continui e rapidi progressi tecnologici, è diventata una compo-nente centrale della realtà aziendale in quanto, con “Qualità” si intende la capacità di soddisfare esigenze, di tipo produttivo, economico e sociale, in termini operativi, concreti e misurabili. La misura della qualità delle prestazioni è quindi un elemento determinante per la differenziazione sul mercato da parte delle organizzazioni.

La varietà delle performance aziendali e delle relative misure rende la progettazione del sistema di misurazione complessa e delicata: di volta in volta deve essere riferita alla specifica realtà aziendale, agli obiettivi perseguiti e alle esigenze degli utilizzatori. L’esigenza di tali valutazioni nasce verso la fine degli anni Settanta, e ha assunto nel corso del tempo un ruolo di sempre maggiore importanza.

Tradizionalmente, la misurazione della performance aziendale era intesa come valuta-zione della convenienza economica circa le azioni intraprese, basata su dati contabili ed

(9)

[2]

indicatori economico- finanziari; negli anni Sessanta ed i primi anni Settanta infatti (de-finiti come “Periodo Budgetario”) gli indicatori avevano un forte indirizzamento verso l’interno dell’azienda. Essi puntavano all’efficienza aziendale, raggiungibile con strategie mirate a presentare il costo più basso possibile sul mercato, concentrandosi pertanto solo sui risultati e non sulla gestione operativa.

“I report finanziari come bilanci, budget e analisi per margini sono troppo generici, in

ritardo e monodimensionali per essere utili ai manager operativi. I manager hanno biso-gno di indicatori chiari, tempestivi e rilevanti da parte dei propri sistemi informativi in-terni per comprendere le cause alla radice dei problemi, per porre in atto azioni corret-tive e supportare le decisioni a tutti i livelli dell’organizzazione”1.

La definizione del valore economico fornisce un dato fondamentale per inquadrare l’azienda nei suoi punti di forza e nelle sue peculiarità, e la sua osservazione spinge a chiedersi quali siano le capacità aziendali nel generare risultati positivi e sostenibili nel tempo; ma la semplice lettura dei modelli tradizionali ( i report economico-finanziari) si è dimostrata insufficiente nel fornire valutazioni relative agli asset intangibili2, non per-mettendo di identificare le strategie migliori per incrementare le performance del modello di business dell’organizzazione.

Il budget e gli indicatori come il ROI, sembravano utili al sistema di Pianificazione e controllo nella quantificazione degli obiettivi, nella misurazione dei risultati e nella iden-tificazione delle cause che ne determinavano il conseguimento; ma l’attenzione nei con-fronti della formulazione delle strategie e della realizzazione del piano strategico ad esse

1AA.VV., “Do financial and nonfinancial measures have to agree?”, Management Accounting, 1990. 2Con l’espressione asset intangibili si intendono tutte quelle variabili di carattere non contabile, e quindi

non rappresentate nei bilanci, capaci però di creare nel tempo valore per gli azionisti. Comprendono tre categorie: il Capitale Umano, il Capitale Strutturale ed il Capitale relazionale.

(10)

[3]

congiunte, si è spostata verso un concetto di “gestione strategica” più ampio, che incor-pora l’intera multidimensionalità della realtà aziendale.

Quindi gli indicatori tradizionali (come ROI, ROS) sono degli indicatori generalmente scollegati dalla mission aziendale; essi sono considerati perlopiù indicatori “leading”, orientati solo verso l’efficienza aziendale.

Il budget resta sempre il principale strumento di analisi e di controllo, ma presenta una serie di limiti tali da non colmare le esigenze aziendali che sono emerse nel tempo. Tra i principali aspetti critici riconducibili al budget tradizionale, esso è:

▪ basato esclusivamente su misure economico-finanziarie; ▪ uno strumento che si riferisce al breve periodo;

▪ considerato un bilancio di previsione; ▪ un sistema chiuso al cambiamento; ▪ poco flessibile;

▪ uno strumento che non elabora dati di natura qualitativa, e genera solo output mi-surabili;

▪ uno strumento che manca di attenzione rispetto alla variabile rischio (costo op-portunità del capitale proprio);

ed in più:

▪ Difficilmente le aziende competano l’intero processo di budgeting;

▪ Nella pratica, poche aziende nel redigere il budget, rispondono alla logica di ac-countability.

Nel corso degli anni sono stati proposti degli strumenti tecnici e culturali per cercare di superare tali criticità:

(11)

[4]

➢ Apportare migliorie tecniche allo strumento, attraverso:

• L’introduzione della dimensione finanziaria nel budget,

• Proposte di budget più flessibili, a scenario multiplo, budget rivisti e rifor-mulati ad hoc,

• L’ampiamento dell’orizzonte temporale3,

• L’arricchimento del budget, incorporando misure quantitative fisiche ed orientandolo verso il cliente.

➢ Agendo sulla filosofia sottostante alla natura del controllo, in modo tale da rendere il budget uno strumento di controllo e non solo un profit plan. Tale filosofia può migliorare:

• Affiancando alla dimensione economico-finanziaria la dimensione strate-gica risolta ad aspetti quali qualità, capacità innovativa, reputazione, sod-disfazione del cliente, e tanti atri;

• Utilizzando modelli causali, tracciando delle relazioni causa-effetto tra obiettivi da raggiungere e risultati ottenuti;

• Creando una fase antecedente al momento della misurazione ai fini del reporting, costituita dalla ricerca di un set di indicatori che risulta utile al fine di un controllo anticipato e più efficace. Tale fase ha il compito di rispondere a quel trade-off fra tempestività ed affidabilità degli indicatori a monte e a valle.

Sono stati sviluppati pertanto i cosiddetti modelli multidimensionali di misurazione della performance, che si basano su sistemi di indicatori, a supporto del processo decisionale (operativo e strategico), coerenti con la formula imprenditoriale e finalizzati a monitorare,

3 A tal proposito, è stato introdotto uno strumento, il “rolling budget”, ovvero un budget a scorrimento

(12)

[5]

nel breve come nel lungo termine, il perseguimento degli obiettivi stabiliti a livello stra-tegico.

Il focus della misurazione della performance è quindi orientato a tutte quelle variabili che effettivamente determinano la creazione di valore di un’azienda.

Nella costruzione di tali modelli si è pertanto rivolta l’attenzione verso la definizione di nuove misure in grado di coniugare risultati consuntivi con risultati prospettici, di affian-care ai sistemi di misurazione tradizionali, sistemi di misurazione innovativi4, non fer-mandosi quindi ad un’analisi meramente economica-finanziaria, ma ragionando in un’ot-tica gestionale focalizzata sulle attività e sui processi, che dovranno essere analizzati sia con gli indicatori tradizionali di efficacia e di efficienza, ma anche con indicatori gestio-nali.

Per poter andare a ricercare questi indicatori strategici e collegarli a quelli tradizionali, l’azienda deve improntare il controllo di gestione seguendo una “logica per processi”5, considerando e suddividendo tutte le attività finalizzate ad uno stesso scopo, che usufrui-scono di tutte le competenze funzionali presenti in azienda.

1.2 La costituzione di un Sistema di Misurazione delle Performance

I Sistemi di Misurazione delle Performance (PMS) si collocano all’apice del sistema informativo aziendale; con essi la dottrina definisce: “l’insieme degli strumenti e processi

4 La differenza tra PMS tradizionali e PMS innovativi è riportata al paragrafo 1.2 pag 9

5 I processi, in questo contesto, sono dei sistemi di attività collegate per realizzare uno specifico obiettivo,

sulla base di un rapporto clienti-fornitori, in cui l’output di un’attività costituisce l’input dell’attività suc-cessiva.

(13)

[6]

in grado di orientare il management verso l’adozione di comportamenti validi a produrre risultati misurabili in un futuro più o meno immediato.”6

I PMS rappresentano la traduzione pratica della necessità di sviluppare in azienda “sistemi

integrati di monitoraggio delle performance aziendali, in grado di rappresentare in ma-niera dinamica il sistema di relazioni causa-effetto tra variabili-gestionali e misure di risultato”7.

L’idea dunque non è più unicamente quella di riuscire a formulare una buona strategia, ma è anche quella di essere in grado di affermarla e realizzarla efficacemente partendo innanzitutto da una chiara comprensione dei legami di causa-effetto tra la strategia deli-neata e le variabili di gestione operativa coinvolte. In altri termini, la tendenza è oggi quella di rendere chiari i numerosi legami di causalità tra le performance aziendali e le sue stesse determinanti, sulla cui base, avviare un’efficace gestione strategica dell’im-presa, in grado di indirizzare i comportamenti e le decisioni dei soggetti economici verso gli obiettivi fissati.

Le misure di performance utilizzate, assumono un duplice significato in quanto: ➢ Forniscono indicazioni circa il percorso da seguire per raggiungere il risultato ➢ Motivano al raggiungimento di obiettivi esplicitamente quantificati.

Il significato, quindi, non ha solo natura informativo-valutativa, ma ha anche una valenza direttiva e motivazionale.

I manager utilizzano spesso i sistemi di misurazione delle performance per seguire il grado di realizzazione della strategia di business confrontando i risultati effettivi con gli obiettivi e le finalità strategiche.

6 Lebas, Euske,” A conceptual and operational delineation of performance”,2007. 7 Nicola Castellano, “La misurazione delle performance perle piccole imprese”, 2012.

(14)

[7]

Un efficace sistema di misurazione della performance, in grado di guidare il management aziendale verso il conseguimento degli obiettivi di breve, medio e lungo periodo, deve avere determinati requisiti obbligatori8:

• Completezza: il sistema è completo quando misura tutte le componenti nelle quali si può suddividere il concetto di valore creato dall’impresa;

• Rilevanza: il sistema è rilevante quando monitora e supporta le decisioni nelle aree critiche di gestione. Il concetto di rilevanza si lega con quello di selettività poiché l’esistenza di troppe variabili da monitorare crea un sistema difficile da gestire. È opportuno invece, concentrare l’attenzione su informazioni signi-ficative, ossia quelle ritenute più funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati;

• Flessibilità: il sistema è flessibile quando si modifica in funzione delle esi-genze informative dell’impresa. Negli attuali contesti produttivi, dominati da condizioni di forte dinamismo e complessità dell’ambiente esterno e delle stra-tegie d’impresa, le variabili possono cambiare in tempi molto brevi. Deve quindi adattarsi e favorire il cambiamento.

• Comprensibilità: il sistema è comprensibile quando è in grado di diffondersi all’interno dell’organizzazione con un linguaggio adeguato alle esigenze degli utenti. In tal modo tutta l’organizzazione ha la consapevolezza degli obiettivi di performance, delle variabili critiche che la determinano e dei risultati pro-dotti da tutte le attività dell’impresa.

Altre caratteristiche secondarie, ma ugualmente importanti, sono:

(15)

[8]

• Tempestività: il sistema è tempestivo quando ha la capacità di produrre e tra-smettere informazioni nei tempi più adatti ai processi decisionali;

• Frequenza: il sistema deve utilizzare la giusta cadenza temporale delle misu-razioni;

• Coerenza organizzativa: il sistema deve utilizzare degli indicatori conformi con la struttura organizzativa, con i ruoli e con la ripartizione delle responsa-bilità;

• Affidabilità: il sistema deve raccogliere, elaborare e integrare dati nel rispetto delle norme stabilite dalle procedure aziendali;

• Comparabilità: il sistema deve disporre di dati che permettano un raffronto omogeneo sia interno che esterno.

Nel progettare un PMS è necessario prendere in considerazione tre elementi fondamen-tali: la strategia aziendale, le azioni e le misure.

Strategia

Azioni

Misure

(16)

[9]

Questo grafico rappresenta la coerenza che deve esserci tra i tre elementi; il PMS deve poter consentire la “chiusura” su tutti i lati del triangolo, agevolando un perfetto allinea-mento tra misure e strategia, tra strategia e azioni e tra azioni e misure.

In sostanza, le strategie una volta fissate possono essere raggiunte solo se le azioni sono ad esse coerenti e, per far si che ci sia questa coerenza, l’azienda deve proporre delle misure (ovvero parametri/ indicatori) che orientino le azioni direttamente verso le strate-gie.

Nei numerosi studi teorici, per la progettazione di un SMP si distinguono proposte legate alle dimensioni aziendali, alle misure e ai modelli di misurazione riferiti all’intera azienda, o a contesti competitivi più circoscritti come le strategie di marketing9.

Riguardo l’implementazione del sistema invece, gli studi analizzano che quest’ultimo non risulta aggiornato con la stessa rapidità con cui l’azienda cresce (ossia la dimensione aziendale interna) e con il contesto competitivo in cui essa interagisce (la dimensione aziendale esterna), e questo può incidere anche negativamente sull’azienda stessa.

In generale però, è stato dimostrato che l’utilizzo di un PMS da parte delle aziende ha rilevato impatti positivi sui processi di formulazione delle strategie delle aziende stesse, aumentandone la frequenza e la chiarezza nell’esplicitazione dei rapporti causa-effetto tra obiettivi strategici e operativi. Ciò ha impattato positivamente soprattutto sul grado di soddisfazione del personale, migliorando il grado di discrezionalità degli operatori, che è un fattore determinante per la valutazione delle performance individuali.

Come precedentemente affermato10, per una buona misurazione delle performance, è im-portante affiancare ai sistemi di misurazione tradizionali, sistemi di misurazione

9 Nicola Castellano, Management Control, Articolo 1/2011. 10 Concetto esposto nel paragrafo 1.1 pag. 5

(17)

[10]

innovativi e non sostituire gli uni dagli altri. La dottrina, in merito a ciò, ha stanziato una serie di differenze tra Sistemi di Misurazione delle Performance tradizionale e Sistemi di Misurazione delle Performance innovativi:

PMS Tradizionali

PMS Innovativi

Basati sul costo /sull’efficienza Basati sul valore

Trade- off tra prestazioni Compatibilità fra prestazioni

Orientati al profitto Orientati al cliente

Di breve termine Di lungo termine

Misure individuali Misure di gruppo

Misure funzionali Misure traversali

Confronto con standard Miglioramento continuo

Valutazione Valutazione / coinvolgimento

Fonte: Professoressa Corsi Katia, Valutazione delle performance aziendali, a.a. 2017/2018

1.3 I sistemi di misurazione delle performance nelle piccole medie

im-prese

È importante, per applicare un PMS ad un’azienda, conoscere se essa è una grande com-petitor sul mercato, o se si contraddistingue come una Piccola-Media Impresa; per tale motivo è bene analizzare, brevemente, i criteri per qualificare un’azienda in base alla dimensione.

1.3.1 Definizione di piccola-media impresa

Esistono molte caratteristiche con il quale poter definire una piccola impresa. Se ne pos-sono citare alcune di base quali:

(18)

[11] ▪ La piccola dimensione;

▪ Il ruolo dominante della proprietà nella gestione aziendale; ▪ Il limitato ricorso ai sistemi manageriali.

Da questi profili ne derivano molti altri, ma il parametro di maggior utilizzo per definire una PMI è la dimensione.

Per qualificare dimensionalmente un’azienda si possono esaminare due diversi criteri: l’uno quantitativo, l’altro qualitativo.

1) Criterio quantitativo: è il più semplice ed oggettivo nella classificazione delle im-prese.

La Comunità Europea ha definito dei parametri quantitativi che suddividono le aziende in quattro tipologie dimensionali: micro imprese, piccole imprese, medie

im-prese e grandi imim-prese (in via residuale).

Micro-imprese

Piccole imprese

Medie imprese

Numero Addetti

≤ 10 ≤ 50 ≤ 250

Fatturato

Annuo

≤ 2 Milioni ≤ 10 Milioni ≤ 50 Milioni

Totale

dell’Attivo

dello SP

(19)

[12]

Per poter rientrare in una delle categorie d’impresa, l’azienda deve rispettare contempo-raneamente il parametro interno (il numero degli addetti) ed almeno uno dei due parametri economico-finanziari (fatturato annuo o totale dell’attivo dello SP).

Laddove vi siano rapporti di partecipazione (che si configurano nell’esistenza di un gruppo aziendale), è inoltre opportuno identificare le imprese in: Imprese Autonome,

Im-prese Associate ed ImIm-prese Collegate.

Imprese

Autonome

Imprese

Associate

Imprese

Collegate

Rapporti di partecipa-zione inferiori al 25% del

Capitale o dei diritti di voto

Rapporti di partecipa-zione compresi tra il 25% ed il 50% del

Capi-tale o dei diritti di voto

Rapporti di partecipa-zione superiori al 50% del Capitale o dei diritti

di voto

Soglie dimensionali= Valori aziendali

Soglie dimensionali= Valori aziendali + % delle partecipate pari ai

diritti di voto/ capitale posseduti

Soglie dimensionali= Valori aziendali + 100%

(20)

[13]

2) Criterio qualitativo: è utilizzato in aggiunta a quello quantitativo per rappresen-tare le PMI.

Nelle aziende di piccole dimensioni la proprietà ha un ruolo dominante all’interno delle funzioni e decisioni strategiche; la struttura è molto semplice ed informale ed il potenziamento dei sistemi informativi non è considerato un bisogno aziendale prima-rio (è raro trovare la contabilità analitica nelle piccole imprese, esse preferiscono esternalizzare la contabilità ed a gestire solo gli obblighi informativi per legge). L’azienda si identifica con i proprietari stessi, che adoperano davvero poco l’utilizzo della delega, al punto che i dipendenti ed i pochi responsabili non proprietari, sono poco coinvolti e poco propensi ad attuare eventuali processi di crescita.

Questo accentramento della gestione comporta molto spesso una confusione dei ruoli ed una sovrapposizione delle funzioni che la maggior parte delle volte penalizza l’azienda stessa. Non sempre però quest’organizzazione è un punto a sfavore per l’impresa; sono stati studiati negli anni alcuni casi aziendali, tali per cui quest’elevata flessibilità aziendale è risultata più adeguata ad affrontare alcune problematiche, da-vanti alla quale altre aziende più strutturate, non avrebbero saputo farvi fronte.

Tuttavia, questo tipo di modello di gestione, non rimane sempre ad un livello primor-diale, ma si sviluppa in parallelo con l’evolversi delle fasi del ciclo di vita aziendale, avanzando uno stadio evolutivo ed uno stadio di rivoluzione.

La crescita dei volumi, della produzione e delle vendite influisce sulle soglie dimen-sionali dell’azienda, che crescendo, risente dell’esigenza di allargare i suoi modelli organizzativi, di migliorare il coordinamento gestionale, di modificare il sistema di controllo, di introdurre le attività di pianificazione e programmazione degli obiettivi, di allargare la visione temporale al lungo periodo e di creare uno stile di Leadership.

(21)

[14]

1.3.2 Applicazione dei PMS alle PMI: i problemi di compatibilità

I PMS non sono considerati gli strumenti più idonei per rappresentare i risultati raggiunti dalle piccole imprese (per esempio un Sistema come la Balanced Scorecard11 è di sicuro uno strumento più adatto ad un contesto di impresa di più grande dimensioni).

La maggior parte delle PMI preferisce infatti fare ancora prevalentemente utilizzo degli indicatori economico-finanziari per misurare obiettivi e risultati, mentre l’utilizzo degli indicatori più qualitativi sembra non essere necessario fin quando l’azienda non rag-giunge una certa dimensione e non si discosta dall’accentramento organizzativo presente fino a quel momento.

Per comprendere meglio il motivo di quanto appena esposto, è necessario fare un con-fronto tra le difficoltà gestionali delle piccole aziende12 e i fattori che influenzano, posi-tivamente e negaposi-tivamente, il buon risultato di un SMP.

Tali fattori, sono suddivisi in fattori abilitanti e fattori di ostacolo13; i primi sono ricon-ducibili:

1) Al grado di coinvolgimento organizzativo;

2) Ai benefici attesi dall’implementazione del sistema;

i fattori di ostacolo si riferiscono:

3) Al tempo e agli sforzi aggiuntivi richiesti al management rispetto a quanto quoti-dianamente necessario per lo svolgimento delle rispettive mansioni;

4) alla mancanza, nel sistema informativo aziendale, dei dati o delle applicazioni necessarie per calcolare le misure ritenute più efficaci;

11 Strumento di misurazione delle performance che sarà trattato nel capitolo 3. 12 Descritte nel paragrafo 1.3.1

(22)

[15]

5) alla reticenza al cambiamento da parte dei vari operatori, preoccupati dalla per-cezione di possibili ripercussioni negative;

6) agli ostacoli posti, in maniera più o meno consapevole da aziende controllanti che condizionano l’assegnazione delle risorse, la definizione delle priorità gestio-nali e la modifica degli obiettivi strategici.

L’abbinamento tra le caratteristiche aziendali e i fattori sopra elencati, si traduce nella tabella così rappresentata:

Caratteristiche PMI

Fattori abilitanti/limitanti PMS

Ruoli e mansioni non chiaramente Definiti

Condivisione ed esplicitazione della stra-tegia e delle relative politiche operative

Controllo ispettivo e scarso ricorso alla Delega

Necessario coinvolgimento organizzativo; Reticenza al cambiamento degli strumenti di controllo;

Condizionamenti imposti da società con-trollanti

Tutti i responsabili aziendali sono intensa-mente impegnati nello svolgimento di mansioni operative

Necessità di tempo aggiuntivo da dedicare alla implementazione ed al successivo funzionamento del SMP

Potenzialità informative generalmente al-lineate al soddisfacimento di fabbisogni esterni

Potenziamento del sistema informativo gestionale

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[16]

Molti studi affermano che l’accrescere della dimensione aziendale con il correlato biso-gno di una riorganizzazione gestionale, derivano da fattori esterni, quali le pressioni eser-citate dagli stakeholder con un’importante influenza sull’azienda stessa, e quelle eserci-tate dalle azioni e dalle strategie delle aziende concorrenti presenti sul medesimo mercato.

Essenziale per la creazione di un sistema di misurazione delle performance e per l’otteni-mento dei risultati da esso attesi, è innanzitutto un cambial’otteni-mento culturale: l’alta direzione deve percepire la vera importanza e la vera utilità di una cultura gestionale, del coordina-mento, dell’assegnazione dei ruoli e di tutti gli elementi di cambiamento e di crescita.

(24)

[17]

CAPITOLO 2

GLI INDICATORI DI PERFORMANCE

Migliorare le prestazioni aziendali significa innanzitutto essere in grado di misurarle at-traverso gli indicatori, che rappresentano informazioni critiche, sintetiche, significative e prioritarie, in grado di poter valutare l’andamento aziendale nei suoi più svariati aspetti.

Gli indicatori aziendali sono informazioni:

• critiche: in quanto su di esse il management opera le proprie scelte; • sintetiche: perché espresse da una variabile semplice o composta;

• significative: in quanto ben rappresentano i fenomeni aziendali alle quali si rife-riscono;

• prioritarie: poiché fondamentali nei cicli di pianificazione e controllo a tutti i li-velli aziendali (strategico, direzionale, operativo).

Grazie agli indicatori di performance il management può, non solo misurare i fenomeni aziendali nel tempo e nello spazio, ma può pianificare e programmare le attività aziendali (definendone gli obiettivi), valutare gli scostamenti tra obiettivi attesi e risultati ottenuti, e intraprendere le azioni necessarie per correggerne gli scostamenti.14

Un buon sistema di indicatori permette la rilevazione tempestiva di criticità che altri-menti, con la sola contabilità, potrebbero essere rilevate troppo tardi.

La norma UNI 11097:200315 in merito afferma che: “Il sistema degli indicatori dovrebbe

divenire uno strumento informativo per valutare il grado di raggiungimento degli obiet-tivi per la qualità prefissati”.

14 Amedeo De Luca, “Indicatori di Performance e analisi finanziaria”, Controllo di Gestione, Articolo PMI

n° 2/2012.

15 La norma UNI 11097:2003 è entrata in vigore l’1 Dicembre 2003, intitolata: “Gestione per la Qualità.

(25)

[18]

2.1 Lo studio degli Indicatori

Un indicatore di performance è un indice che monitora l’andamento di un determinato processo aziendale.

Il concetto formale di indicatore si identifica con quello di obiettivo di rappresentazione, che la dottrina definisce come una descrizione finalizzata a rendere “tangibile” un conte-sto empirico per effettuare valutazioni, previsioni e prendere delle decisioni16.

Per ogni obiettivo di rappresentazione, non è detto che l’indicatore o il set di indicatori in grado di rappresentarlo sia unico; se ne possono individuare molteplici indipendenti tra loro.

Un indicatore che si può ottenere tramite la diretta osservazione di un sistema empirico, si chiama Indicatore base17; l’aggregazione di più indicatori base, genere Indicatori

deri-vati18 e, per entrambe le categorie, è dimostrata la condizione di non unicità

precedente-mente descritta.

Per essere efficacemente utilizzati, tali indicatori devono formare un Sistema, che possa simultaneamente:

➢ Rappresentare i risultati con riferimento all’intera azienda;

➢ Essere scomposto in un reticolo gerarchizzato di indicatori legati fra di loro da relazioni causali o funzionali19.

16 Franceschini F., “Indicatori e misure di prestazione per la misura dei processi”, 2012.

17 Alcuni esempi di indicatore base sono: il numero di prodotti difettosi in una linea di produzione o il

tempo che intercorre tra due eventi successivi.

18 Alcuni esempi di indicatori derivarti sono: la somma dei prodotti realizzati da più linee di produzione o

il numero massimo di prodotti difettosi realizzati in un giorno.

19 Fiocco A., L’evoluzione del rapporto fra modelli di misurazione delle performance e processi di

(26)

[19]

La creazione di un buon Sistema di misurazione delle performance e quindi la scelta dei corrispettivi indicatori avviene attraverso delle specifiche fasi:

Come illustrato nel grafico, per poter definire gli indicatori chiave di performance (Key Performance Indicators), si parte dalla traduzione della strategia aziendale in una serie di obiettivi, che rappresentano i traguardi che l’azienda si prefigge di raggiungere per rea-lizzare con successo la propria missione. In base ad essi, vengono poi individuati le va-riabili chiave (Fattori Critici di Successo) ed i parametri funzionali al raggiungimento di tali obiettivi. Questi ultimi saranno poi interpretati in indicatori necessari per la valuta-zione dei risultati, che dovranno essere coerenti con la strategia iniziale.

Ripercorrendo questa strada per la scelta degli indicatori, al fine di costruire un efficace sistema di misurazione delle performance, i principali elementi da considerare, nell’ana-lisi della scelta delle fonti informative, sono:

(27)

[20] • Il Piano strategico;

• L’analisi dei sotto-processi chiave;

• I requisiti delle parti in causa (stakeholder needs).

Il piano strategico rappresenta la struttura portante di un PMS, in quanto la definizione degli obiettivi e dei risultati da perseguire trova risposta nell’individuazione delle presta-zioni che il processo è chiamato a garantire. La finalità del piano è infatti, definire la mission del processo, l’esito che si intende raggiungere e descrivere le attività con la quale raggiungerlo.

I processi rappresentano il “braccio operativo” degli obiettivi individuati nel piano stra-tegico; una struttura ben organizzata si compone di numerosi sotto-processi, anche se non tutti hanno lo stesso impatto sugli obiettivi dichiarati. Perciò, è necessario individuare quei sotto-processi chiave, capaci di influenzarne l’esito.

I portatori di interesse invece, sono coloro che, pur in maniera diversa l’uno dall’altro, interagiscono al conseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.

È necessario capire le aspettative di ciascuno stakeholder al fine di prevedere strumenti adeguati all’acquisizione e al reporting delle informazioni del sistema; ad esempio, per i clienti si possono adoperare indagini di mercato, mentre per i dipendenti, indagini tramite questionari o interviste personalizzate. 20

È bene notare, che le misure di prestazione sono da integrare sia nella dimensione

verti-cale che in quella orizzontale dell’organizzazione; la prima consente di focalizzare

l’im-pegno della struttura sugli obiettivi strategici, l’integrazione orizzontale invece, permette di collegare le varie funzioni operative.

(28)

[21]

2.1.1 Le funzioni degli Indicatori

Il focus di questi indicatori risiede principalmente nella loro capacità di estrapolare le informazioni utili, altrimenti non individuabili, non solo dai documenti di bilancio, ma anche dagli altri dati disponibili in azienda.

Ogni azienda deve essere in grado di selezionare gli indicatori più adatti alla sua struttura organizzativa ed alla sua strategia, andando a “filtrare” i dati di cui necessita tra l’enorme quantitativo che sempre più intensamente si presenta nel contesto in cui opera.

Una difficoltà rilevante legata all’uso degli indicatori infatti è il problema della sintesi in quanto, utilizzando un gran numero di informazioni, l’azienda rischierebbe di perdere di vista le finalità d’indagine e non verrebbe garantita la giusta capacità informativa di cia-scun dato.

Progettare un buon cruscotto è essenziale per evitare che gli indicatori siano troppi, di-spersivi e non adeguatamente rappresentativi dei diversi livelli di responsabilità.

Gli indicatori di sintesi possono essere selezionati sulla base di diverse logiche operative, tra cui21:

▪ Sintesi basata sui valori di “importanza relativa”:

tecnica che si basa sulle relazioni tra indicatori/obiettivi.

Il cruscotto che ne deriva si focalizza su pochi ma importanti aspetti e non moni-tora tutti gli obiettivi, ma solo quelli di maggior peso.

▪ Sintesi “minimo set coprente”:

tecnica che seleziona il più piccolo insieme di indicatori che un set possa avere, ma in grado di influire su tutti gli obiettivi del processo, tenendo conto della loro importanza relativa.

(29)

[22]

▪ Sintesi basata sul “grado di correlazione tra indici”:

tecnica basata sul grado di correlazione espresso in termini qualitativi.

La correlazione, in questo contesto, rappresenta l’influenza che un indicatore è in grado di esercitare sull’altro e viceversa.

Fra le varie logiche non ne esiste una “ottimale”, ma ciascuna azienda sceglie secondo le proprietà dei dati che dispone e secondo il tipo di processo presente nell’organizzazione, al quale abbinare il set.

Tuttavia, in linea di massima, le funzioni degli indicatori si possono racchiudere in tre principali categorie:

1. Funzione di controllo: gli indicatori consentono ai manager di valutare e control-lare le performance di cui sono responsabili;

2. Funzione di comunicazione: gli indicatori consentono di rendere le informazioni visibili e chiare a tutti gli utenti che interagiscono con loro;

3. Funzione di miglioramento: gli indicatori consentono di identificare il gap tra aspettative e risultati raggiungi e a valutare le future scelte strategiche in un’ottica di miglioramento continuo.

Per poter assolvere correttamente alle loro funzioni, gli indicatori devono essere: • Pratici: in grado di trasmettere in modo chiaro, semplice, efficace ed intuitivo

le giuste informazioni a tutti gli utilizzatori, nonostante questi ultimi abbiano conoscenze e competenze diverse.

• Pertinenti: appropriati ed adeguati a misurare il processo di riferito; questo concetto si intreccia con il problema della sintesi degli indicatori affrontato precedentemente.

(30)

[23]

• Economici: devono generare benefici; l’implementazione degli indicatori comporta costi più o meno elevati e per tale motivo, i benefici che ne derivano devono essere preferibilmente superiori ai costi del loro utilizzo.

Tali benefici vengono misurati in termini di qualità e significatività della mi-surazione effettuata.22

2.1.2 La suddivisione degli indicatori

Considerevoli classificazioni sono proposte nella norma UNI 11097:2003, essa infatti fornisce una metodologia per l’attuazione del sistema degli indicatori dandone le indica-zioni per la scelta, la classificazione e l’utilizzazione.

La norma traccia le linee guida generali per l’individuazione e l’adozione di indicatori e di quadri di gestione della qualità, necessari per supportare l’assunzione di scelte e deci-sioni, ai diversi livelli di responsabilità, relative alla migliore gestione per la qualità, rife-rita sia alle risorse, sia ai processi.

Una prima suddivisione, che distingue gli indicatori in base al “momento di osservazione” è tra:

▪ Iniziali o di struttura: sono relativi a tutti quegli elementi che costituiscono le risorse, comprensive di servizi provvisti dai fornitori in un determinato periodo. ▪ Intermedi o di processo: misurano il grado di conformità alle specifiche di

pro-cesso e forniscono un tempestivo segnale sulla raggiungibilità del risultato desi-derato.

▪ Finali o di esito: valutano i risultati ottenuti al termine del processo, sia in termini positivi che negativi.

22Di Crosta F., Indicatori di performance aziendali. Come definire gli obiettivi e misurare i risultati.,

(31)

[24]

Un’altra importante distinzione può essere fatta tra indicatori:

▪ Oggettivi: si basano su manifestazioni simboliche che non dipendono dai soggetti che effettuano la mappatura tra mondo reale e mondo simbolico.

▪ Soggettivi: si basano su valutazioni personali, giudizi e percezioni soggettive tali per cui, soggetti diversi, possono dar vita a mappature differenti.

Ancora, un altro notevole confronto, in questo contesto, è tra: indicatori

economico-fi-nanziari ed indicatori di processo.

1) Gli indicatori economico-finanziari sono quelli tradizionali, derivanti dalla conta-bilità generale23.

Andando però a scomporre gli indicatori economici da quelli finanziari, si può esaminare che:

▪ Le misure economiche rappresentano il risultato di decisioni passate e non inglo-bano le opportunità future attuabili per la sopravvivenza in un ambiente competi-tivo. Per cui, tra i limiti che si possono individuare per gli indicatori di perfor-mance di tipo economico, risaltano i seguenti:

- Sono poco tempestivi: in quanto l’aggregazione delle informazioni rela-tive alle singole transazioni fisiche possono richiedere molto tempo, in particolare per le imprese dotate di un’ampia gamma produttiva;

- Le informazioni sono riportante con maggiore attenzione verso l’esterno, piuttosto che verso l’interno dell’azienda;

- Ignorano aspetti fondamentali quali l’innovazione, la qualità, l’incremento delle competenze, la dimensione strategica della competitività e del valore aggiunto;

23 La definizione degli indicatori economico-finanziari è stata precedentemente affrontata nelle pagine

(32)

[25]

- Puntano l’attenzione prevalentemente sui costi, in particolar modo su quelli diretti di produzione;

- Rallentano gli sviluppi sull’innovazione della struttura organizzativa; - Sono poco sensibili ai cambiamenti del sistema competitivo esterno

all’azienda e delle scelte delle linee strategiche interne.

▪ Le misure finanziarie invece, nonostante hanno un’inclinazione più orientata al lungo periodo rispetto a quelle di tipo economico, in quanto rendono possibile l’analisi congiunta dei risultati di breve termine con quelli di lungo termine, nell’ambito delle misurazioni delle performance, presentano anch’esse delle limi-tazioni.

Il loro limite principale è la ridotta tempestività. Esse richiedono che tutte le in-formazioni (quote di mercato, caratteristiche dei prodotti, posizione competitiva ecc.) siano tradotti in termini monetari. Inoltre, mentre per gli indicatori econo-mici è sufficiente ricorrere a valori consuntivi, le tecniche finanziarie richiedono anche di una stima dei risultati futuri, allungando così il processo di analisi e ri-ducendo la possibilità di effettuare rilevazioni più frequenti e quindi di segnalare tempestivamente eventuali non conformità.

2) Gli indicatori di processo si distinguono dai precedenti per una maggiore tempe-stività ed un maggiore orientamento al lungo periodo. Possono essere ripartiti con riferimento al tipo di:

• finalità: indicatori che esprimono le performance dell’impresa rispetto ai clienti o rispetto alle modalità di gestione delle risorse all’interno dell’im-presa.

(33)

[26]

- tempo: relative sia al tempo inteso come fonte di efficienza interna, sia alla tempestività come risposta al mercato esterno;

- qualità: relative sia ad un’analisi del rapporto tra caratteristiche del prodotto/servizio e soddisfazione dei clienti, sia al rispetto dei cri-teri di efficacia e di efficienza dei processi (ad esempio l’analisi di eventuali sprechi);

- flessibilità: valutano la capacità dell’azienda di rispondere, con co-sti ridotti e tempi limitati, ai cambiamenti sia esterni che interni, sia qualitativi che quantitativi;

- produttività: sono rappresentate dal rapporto input / output di un processo e vengono utilizzate principalmente per analizzare la pro-duttività del fattore lavoro;

- compatibilità ambientale: evidenziano la volontà dell’azienda di operare con prodotti e processi “puliti”, garantendo una maggiore osservazione al rispetto per l’ambiente.

“Una strategia non può vivere senza predisporre indicatori finalizzati alla sua verifica; analogamente non ha senso definire indicatori di processo senza una strategia o un obiet-tivo da perseguire”24.

Secondo la dottrina, la “misura” è la condizione essenziale per il controllo ed il migliora-mento delle performance di un processo; infatti la complessità aziendale non risiede solo nella ricerca del set di indicatori, ma soprattutto nel determinare quali tra questi sono quelli chiave, che meglio riescono a rappresentare il processo stesso.

(34)

[27]

2.1.3 L’ uso improprio degli indicatori

Gli indicatori devono essere ponderati ed applicati correttamente poiché, un loro errato utilizzo, può portare ad un’analisi distorta dei processi e favorire procedure non corrette, anziché una maggiore attenzione alla qualità ed alle prestazioni.

Come letto precedentemente, è di fondamentale importanza ricercare il giusto numero di indicatori, per evitare di perdere il focus delle informazioni chiave necessarie per la va-lutazione (problema della sintesi); d’altro campo però, di tanto in tanto, gli indicatori da soli non sono sufficienti a valutare i risultati per definire le direzioni di sviluppo di un’or-ganizzazione o per effettuare una migliore allocazione delle risorse.

I principali problemi legati ad un utilizzo sbagliato degli indicatori25 possono essere ri-collegabili a:

➢ Un’interpretazione non omogenea dei concetti: gli indicatori sono inevitabilmente interpretati in modi diversi, il che può determinare dei risultati difficilmente com-parabili, nei casi in cui i dati provengono da fonti diverse o da personale non for-mato in maniera idonea.

Problematiche di questo genere possono però essere minimizzate, ad esempio, ri-ducendo lo spazio interpretativo del significato degli indicatori e migliorando l’addestramento, la responsabilizzazione ed il coinvolgimento degli addetti. ➢ Uno “spostamento” degli obiettivi: questa complicazione avviene quando gli

in-dicatori diventano essi stessi l’obiettivo da raggiungere, e non l’obiettivo che sono chiamati a rappresentare. In questo caso, si verifica una distorsione delle attività

25 Di Crosta F., “Indicatori di performance aziendali. Come definire gli obiettivi e misurare i risultati.”,

(35)

[28]

da svolgere, in quanto si orientano più ad ottenere i numeri desiderati che ad un miglioramento reale.

➢ Un utilizzo di indicatori irrilevanti: in alcune circostanze gli indicatori scelti, per quanto possono essere accurati, non rappresentano adeguatamente l’obiettivo per cui sono stati selezionati.

➢ Un risparmio dei costi verso una loro posticipazione: talvolta gli indicatori osser-vano singoli aspetti dei processi ignorando le interazioni con gli altri indicatori e di conseguenza, i risultati, rappresenteranno dei costi “mobili” e non dei risparmi. ➢ Un utilizzo improprio degli indicatori derivati: gli indicatori derivati spesso

na-scondono eventuali differenze tra sottogruppi.

➢ Un’inutilità degli indicatori nel prendere decisioni e nell’allocazione delle risorse: gli indicatori da soli sono inefficaci per prendere delle decisioni strategiche; essi devono essere accompagnati da tutti gli altri strumenti utili per implementare un sistema di misurazione delle performance.

➢ Una minore attenzione ai risultati: un uso improprio degli indicatori, invece di migliorare la performance aziendale, può generare delle prestazioni più deboli; ciò accade quando essi evidenziano una giustificazione di quello che è stato fatto e una tacita affermazione che non è possibile fare di meglio.

➢ Delle limitazioni degli approcci basati sugli obiettivi: tali limitazioni ( come ad esempio obiettivi troppo ambiziosi rispetto a quelli appropriati, rigidità nel tempo, cambiamenti dei target) si ripercuotono quasi sempre sulla definizione degli in-dicatori.

(36)

[29]

2.2

Critical Success Factors e Key Performance Indicators

I Critical Success Factors e i Key performance Indicators rappresentano variabili e parametri chiave utilizzati per lo sviluppo dei moderni sistemi di misurazione delle performance; i due termini sono ampiamente usati nel contesto della pianificazione degli obiettivi rilevanti e nelle misurazioni e nell’analisi del raggiungimento dello scopo di un’organizzazione.

L’uso dei CSF e dei KPI è utilizzato per determinare dettagliatamente dove concen-trare gli sforzi dell’organizzazione per realizzare la Vision e gli Obiettivi strategici. Questa idea è di notevole influenza in molti metodi creati per allineare le azioni ope-rative dell’organizzazione con la strategia (la Balanced Scorecard si basa in modo significativo su questa concezione).

I CSF sono i fattori che determinano il successo di un business a livello aziendale globale mentre, a livello di funzione aziendale, di area, di processo e di attività , si parla di Key Performance Indicators.

Ma in che rapporto sono i fattori con gli indicatori?

CSF + KPI + TARGET = OBIETTIVO

Ogni fattore critico, consta di almeno un indicatore di misurazione ( un KPI) ed un Target per il budget corrente o per il prossimo; quindi secondo questa tecnica, ogni obiettivo, si compone di un CSF, più un KPI più un Target.26

Sostanzialmente, le fasi per creare un processo di questo tipo sono: ➢ Stabilire la Vision;

➢ Determinare gli obiettivi strategici;

➢ Analizzare ogni obiettivo per capire quale fattore influenza l’obiettivo;

(37)

[30]

➢ Assegnare almeno una misura per ogni fattore; ➢ Assegnare un Target per il budget corrente.

2.2.1 Fattori Critici di Successo

Con il termine Fattori Critici di Successo (Critical Success Factors), ci si riferisce generalmente alle aree di eccellenza dell’impresa e più precisamente a quelle variabili che, gestite in modo corretto, possono generare un concreto vantaggio competitivo rispetto ai competitors.

La prima definizione appare negli anni 1960, quando lo studioso D. Ronald Daniel di “McKinsey e Company” coniò il termine, definendo i CSF come: “variabili chiave di

numero limitato e di origine ambientale, che servono a selezionare le informazioni rilevanti nella creazione di sistemi informativi direzionali di supporto alla pianifica-zione strategica”.

Nel corso degli anni però sono state sviluppate molte definizioni diverse, quali, tra le più rilevanti:

(38)

[31]

Anno

Autore

Definizione

1979 Rockart Numero limitato di aree i cui risultati, se soddisfa-centi, consentono di assicurare performance com-petitive e di successo all’organizzazione.

1984 Bruno e

Leideker

Caratteristiche, condizioni o variabili, che se ge-stite in modo adeguato, possono avere un impatto rilevante per determinare il successo di un’impresa in uno specifico settore.

1988 Hoefel e

Shendel

Le variabili sulle quali il management può agire con le sue decisioni e che possono incidere in modo consistente sulla posizione competitiva delle im-prese all’interno di un settore. Si tratta di fattori che variano da un settore all’altro e che, nell’ambito di un particolare contesto, risultano dall’interazione di due serie di variabili: da un lato le caratteristiche economiche e tecnologiche di quel contesto e dall’altro gli strumenti competitivi sui quali le va-rie imprese operanti in quel contesto hanno co-struito la propria strategia.

1995 Vicari Capacità aziendali che abbiano, determinato per una data impresa, una stabile leadership. Si tratta di capacità su cui i vari concorrenti si confrontano, in un certo contesto competitivo, per conquistare una supremazia concorrenziale.

(39)

[32]

2009 Fontana e Caroli I CSF possono essere intesi sia dal punto di vista del mercato che da quello dell’impresa. Nel primo caso sono determinati da aspetti ritenuti rilevanti dalla domanda e che hanno un peso per determi-nare l’acquisto. Nel secondo i CSF sono relativi agli aspetti dell’organizzazione e/o offerta che con-sentono all’impresa di distinguersi dai concorrenti e di soddisfare meglio della concorrenza l’esigenza della domanda.

2009 Valdani e

Ancarani

I CSF sono rappresentati da quelle specifiche capa-cità di market driving o quelle risorse che sono cri-tiche e rilevanti per soddisfare i bisogni dei clienti di un settore.

2010 Grant Quei fattori all’interno di un mercato in cui opera l’impresa che determinano l’abilità dell’impresa di sopravvivere e svilupparsi.

Fonte: Michelini L., La competitività delle imprese nei settori in evoluzione. Un modello integrato per

individuare le determinanti del vantaggio competitivo, Franco Angeli, 2011.

Come è possibile notare da questa tabella, la definizione di CSF si è evoluta nel tempo. La versione di Daniel attribuisce ai fattori in causa un valore informativo, qualifican-doli come variabili utili ai fini di creare un sistema di reporting necessario per tra-smettere le giuste informazioni all’alta direzione; Rockart si distanzia da questa de-scrizione dando invece più enfasi ad un ruolo manageriale, definendoli come variabili su cui vale la pena intraprendere delle iniziative per acquisire un vantaggio competi-tivo.

(40)

[33]

Rockart attribuisce ai fattori anche totale soggettività, a differenza dei “successori” che fanno del mercato di riferimento, uno strumento determinante per la selezione dei CSF.

Per ultimo Grant, dando una definizione più generica, riprende un po' tutte le conce-zioni precedenti, secondo le quali i fattori non sono altro che quelle capacità che per-mettono all’impresa di svilupparsi ed ottenere una leadership di mercato.

Tuttavia, il concetto più diffuso e sviluppato in dottrina è quello di Rockart. Per quest’ultimo inoltre esistono 4 tipi di Critical Success Factors base:

1. Di Settore. 2. Di Strategia. 3. Ambientale. 4. Temporale.

Queste 4 diverse aree fondamentalmente rappresentano le “questioni strategiche” che un’organizzazione deve sostenere. Originariamente essi sono nati per operare a livello di strategia di business, ma l’idea di fondo, si è dimostrata così valida al punto che la sua applicazione è stata estesa a più livelli dell’organizzazione.

Pertanto, i CSF sono variabili:

▪ Esterne o Interne: se sono comuni a tutte le aziende o se dipendono dalle compe-tenze che l’azienda detiene al suo interno;

▪ Oggettive o Soggettive: se derivano dalle scelte del management o dal mercato di riferimento.

Per poter selezionare i giusti CSF necessari allo sviluppo di un sistema di misurazione delle performance, è possibile utilizzare due metodi:

➢ Quantitativi: strumenti più oggettivi e più semplici, ma che generano dei ri-sultati più vaghi e generici. Sulla base delle informazioni economico-

(41)

[34]

finanziarie, si individuano le aree che assorbono maggiori costi e sono più sensibili alle variazioni. Questi metodi si basano su un’analisi di bilancio e di sensitività. Attraverso quest’analisi, si possono effettuare delle simulazioni “what-if” e di variazione degli indici di bilancio, in modo da evidenziare quelle variabili che, gestire in modo corretto, sono in grado di apportare un valore aggiunto alla performance aziendale.

➢ Qualitativi: strumenti più efficaci che permettono di identificare i CSF attra-verso dei questionari che illustrano le percezioni e le opinioni dei responsabili delle diverse aree.

Tra i metodi qualitativi è opportuno analizzare il metodo delle interviste ed il metodo del sondaggio.27

Il metodo delle interviste è costituito da una serie di domande da porre ai re-sponsabili in modo da rintracciare i fattori più importanti per il raggiungi-mento di un buon vantaggio competitivo. Le interviste possono essere: strut-turate, semi-strutstrut-turate, non strutturale, a domande aperte ed a domande chiude.

Il metodo del sondaggio è invece formato da domande chiuse, aperte o multi-ple, utili soprattutto in aziende di grandi dimensioni, per finalità di ricerca di un campione estensivo di aziende.

Per creare entrambi i metodi qualitativi, è doveroso seguire una serie di pas-saggi:

1) Il primo passaggio si attua redigendo un elenco preliminare di possi-bili CSF in base alla mission ed agli obiettivi strategici, tenendo in considerazione però anche tutti gli altri elementi condizionanti che

(42)

[35]

gravitano sull’azienda (come ad esempio i competitors e la dimen-sione aziendale). Così facendo si ottiene una tabella di questo tipo:

Area aziendale CSF individuati Tipo CSF Commento

Fonte: Cantoni M., “Lo sviluppo dei sistemi informativi nelle organizzazioni. Teoria e casi”. Vol. 29, Franco Angeli, 2005.

2) Secondariamente l’elenco viene revisionato ed integrato tramite un’intervista ai manager aziendali. Questo passaggio è molto fonda-mentale, in quanto associa la visione esterna dell’analista precedente-mente effettuata, con la visione interna del management aziendale, producendo una selezione di CSF più dettagliati e specifici.

3) Successivamente è necessario verificare la robustezza degli indicatori scelti, ossia “il livello di soddisfazione dei requisiti qualitativi […],

per verificare la realizzabilità e l’utilizzabilità pratica degli indicatori selezionati con le interviste; essa si valuta stimando per ciascun indi-catore una serie di parametri, ad esempio su una scala da 1 (mas-simo/positivo) a 5 (minimo/negativo).”28

(43)

[36]

Con il punteggio ottenuto, sulla base dei parametri scelti, si possono così identificare i CSF ritenuti più robusti. Un esempio di questo passaggio si può rappresentare in una tabella di questo tipo:

CSF Facilità Costo

Significati-vità Frequenza Struttura-zione ROBU-STEZZA (media)

Fonte: Cantoni M., “Lo sviluppo dei sistemi informativi nelle organizzazioni. Teoria e casi”. Vol. 29, Franco Angeli, 2005.

Considerando gli studi in merito a questo argomento, solitamente si cade nell’er-rore di identificare i CSF negli obiettivi aziendali; è bene sottolineare che non sono la stessa cosa. Gli obiettivi sono i risultati che l’azienda stabilisce di conse-guire in un dato periodo ( ad esempio l’aumento del fatturato del 5% in un deter-minato trimestre) e quindi sono quantificati con precisione e collocati in uno spe-cifico arco temporale. I CSF invece, sono le variabili che l’azienda deve tenere sotto controllo per rispettare gli obiettivi proposti, infatti la loro scelta è successiva all’individuazione degli obiettivi.

I CSF si possono definire quindi come il mezzo opportuno all’azienda per rag-giungere il suo fine ultimo prefissato.

(44)

[37]

2.2.2 Key Performance Indicators

I Key Performance Indicators ( Indicatori Chiave di Prestazione) sono una serie di parametri utilizzabili per monitorare le prestazioni di un’azienda, un’attività o un pro-cesso; sono indicatori qualitativi e quantitativi necessari per la misurazione dei risul-tati conseguiti in rapporto agli obiettivi di business.

Il loro impiego si inserisce nel più ampio contesto del controllo di gestione; possono essere usati non solo come uno strumento di controllo delle performance, ma anche come uno strumento di pianificazione che aiuta a programmare le attività future in un’ottica di miglioramento continuo.

Laddove sussistono scostamenti tra obiettivi attesi e risultati ottenuti, grazie alle dicazioni derivanti da questi indici, il management ha la consapevolezza di dover in-traprendere le dovute azioni, in direzioni ben precise, per correggere il gap.

Sostanzialmente, se i CSF esplicitano le aree dove è necessario intervenire positiva-mente per rispettare gli obiettivi prefissati, allora i KPI rappresentano le misure di sintesi in grado di monitorare il lavoro svolto sulle suddette aree di intervento. Ovviamente, considerando che ogni azienda individua i propri CSF diversi da quelli delle altre, di conseguenza anche gli indicatori differiranno da impresa ad impresa. L’uso corretto di questi parametri favorisce le giuste informazioni che agevolano gli utenti, i team, i progetti, i manager ad essere prontamente organizzati per ottimizzare le prestazioni. Grazie al loro giusto utilizzo quindi, le organizzazioni hanno la possi-bilità di ottenere diversi vantaggi29:

▪ Un’analisi dei processi in corso;

▪ Una valutazione delle performance aziendali come profilo di risultato, non quindi esclusivamente di natura economico-finanziaria;

(45)

[38]

▪ Una valutazione delle performance aziendali come trend, grazie all’iden-tificazione di tendenze e segnali;

▪ Una gestione “metodologica” della programmazione e della pianificazione delle attività aziendali, attraverso l’impostazione di azioni preventive e correttive;

▪ Maggiori opportunità di raggiungere con successo obiettivi operativi e fi-nanziari.

I passaggi da svolgere per la selezione dei KPI non differiscono particolarmente da quelli necessari per rintracciare i CSF; gli step da seguire sono:

1) Individuazione e selezione dei processi da monitorare;

2) Identificazione dei KPI : dopo un’analisi dettagliata dei processi selezionati, si stanzia una prima lista di indicatori significativi, applicabili all’analisi in questione;

3) Rifinitura degli indicatori: a questo punto è utile creare una tabella per ogni processo preso in esame, in grado di illustrare gli output conclusivi dell’analisi effettuata fino a questo punto. Per essere efficiente, la tabella dovrebbe conte-nere il tipo di KPI e le correlate fonti, metriche e metodologia di calcolo. Un esempio di tale struttura potrebbe essere:

Tipo Kpi Metrica Metodologia di

calcolo

Fonte

Efficienza

(46)

[39] Servizio

……..

4) Verifica robustezza degli indicatori: proprio come per i CSF anche per i KPI si devono verificare le condizioni di facilità di comprensione, costo dell’infor-mazione, significatività, frequenza e strutturazione. Successivamente, una se-conda analisi di robustezza da effettuare, consiste nell’incrociare i KPI e i CSF selezionati, verificando così la copertura dei CSF da parte dei KPI.

CSF CSF CSF

KPI X X

KPI X X X

KPI X

Esempio di verifica della copertura dei CSF da parte dei KPI

5) Analisi dimensionale: attraverso un procedimento top-down si determine-ranno le dimensioni di analisi degli indicatori (ad esempio il profilo temporale, della clientela, dell’attività e tanti altri) e la frequenza di aggiornamento degli stessi.

6) Rifinitura dei requisiti: in quest’ultima fase si incrementa un prospetto con-clusivo in cui sono descritti tutti i KPI, le loro caratteristiche e i loro requisiti. È importante in questo passaggio, associare ad ogni indicatore due valori:

- Un valore soglia massimo o minimo da rispettare, per avere subito un impatto visivo degli scostamenti che potrebbero portare in situazioni di difficoltà;

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