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Orbite singolari nel sistema deterministico di Kuramoto e conseguente divergenza del modello stocastico

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Academic year: 2021

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(1)

FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Matematica

Tesi di Laurea magistrale

Orbite singolari nel sistema deterministico di

Kuramoto

e conseguente divergenza del modello stocastico

Candidato: Eugenio Prina

Relatore:

Prof. Vladimir Georgiev

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(3)

Indice

Introduzione 5

Introduzione 7

1 Modello di Kuramoto 11

1.1 Il modello discreto . . . 11

2 Studio del sistema linearizzato 15 2.1 Equazione di Langevin semplificata . . . 16

2.2 Analisi spettrale . . . 18

3 Comportamento asintotico delle soluzioni 23 3.1 Convergenza di Kuramoto implica convergenza di Langevin . . . 23

3.2 Soluzioni esplicite di Langevin . . . 28

4 Confronto tra Kuramoto e Langevin 31 4.1 Caso di frequenze nulle . . . 31

4.1.1 Esistenza della soluzione . . . 31

4.1.2 Parametro d’ordine crescente . . . 32

4.2 Caso generale . . . 37

4.3 Un problema aperto . . . 38

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(5)

Abstract

Il modello di Kuramoto, che descrive l’evoluzione di un sistema di oscillatori accop-piati, non `e sempre trattabile numericamente e pu`o richiedere l’approssimazione ad un modello stocastico a fasi discrete.

Questa versione si comporta bene quando converge al modello originale all’aumenta-re dei passi di discall’aumenta-retizzazione, ma alcune soluzioni del sistema non si comportano in questo modo e, anzi, divergono dal modello che si vorrebbe approssimare in maniera esponenziale nel tempo.

Studieremo dei criteri per riconoscere queste soluzioni e per aggirarle nelle sperimen-tazioni, equipaggiandoci con una strumentazione apposita per esaminare il problema. Apriremo inoltre una congettura su come caratterizzarle con criteri topologici.

(6)
(7)

Introduzione

In questa tesi presentiamo nuovi risultati nell’analisi del modello di Kuramoto-Langevin, una approssimazione a fasi discrete dell’originale sistema dinamico di Kuramoto, che descrive l’evoluzione di un sistema di N oscillatori accoppiati.

Il sistema classico `e descritto dall’equazione dΦi

dt = ωi+ κ X

j

cijΓ(Φi− Φj)

dove Φi `e la fase dell’oscillatore i-esimo per i = 1, ..., N , mentre le altre grandezze

rappresentano rispettivamente:

• ωi la frequenza intrinseca dell’oscillatore i-esimo

• κ la forza di accoppiamento del sistema

• cij i coefficienti della matrice di accoppiamento tra gli oscillatori

• Γ(·) la funzione di accoppiamento del sistema

La funzione di accoppiamento presenta un comportamento sinusoidale (in generale si prende Γ(φ) = sin(φ − φ0) con φ0 fase iniziale), e questo rende il sistema fortemente

nonlineare, escludendo soluzioni esplicite per elevati valori di N .

Il problema di conoscere l’evoluzione del sistema in mancanza di tali soluzioni, ha attratto un crescente interesse verso lo studio di possibili approssimazioni numeriche, basate sulla discretizzazione delle fasi.

Noi esamineremo un modello di questo tipo, in cui le fasi dei singoli oscillatori φi sono

date da: φ(m)i (t) = Φi(t) + r 2π mξi(t) + O(m −1)

dove m `e il passo di discretizzazione delle fasi e ξi `e un termine governato dalla

(8)

8 Introduzione dξi dt = κ X j cijΓ 0 (Φj− Φi)(ξj− ξi) + √ µiηi

(l’ultimo addendo `e un rumore bianco ηi pesato rispetto alla sua entit`a µi: questo

rende ξ(t) un processo stocastico).

Le equazioni descritte fanno pensare che le orbite φ(m) convergano a Φ al tendere a infinito del passo di discretizzazione: la nostra analisi mostrer`a che, in effetti, questo accade sotto certe ipotesi, in particolare vale il teorema:

Teorema 0.0.1. Se vale

<ehζ(0), Φj(0)i > 0 j = 1, ..., N (1)

con ζ(t) = N1 PN

j=1Φj(t) media aritmetica delle fasi degli oscillatori, allora φ(m)(t) →

Φ(t) uniformemente per m → +∞.

Non sempre si verifica questa convergenza uniforme: esistono orbite del sistema dina-mico che non solo non sono riscostruibili facendo tendere m a infinito, ma divergono dal modello deterministico in maniera esponenziale nel tempo. Il primo esempio si trova alla sezione 4.1.2.

Per arrivare a dimostrare questo risultato, osserveremo che `e possibile caratterizzare il comportamento del sistema discretizzato sulla base di un di un sistema lineare in dimensione N2

˙

X = αX (2)

la cui matrice si decompone come somma α(t) = α0+β(t) di un termine indipendente

dal tempo, che definiremo induttivamente sulla base di relazioni da noi scoperte, e un termine β(t) dipendente dal tempo, il cui comportamento `e ignoto a priori. Sotto l’ipotesi (1) questo termine decresce esponenzialmente e verifica i risultati del Teorema 0.0.1., mentre nel caso delle orbite singolari `e limitato dal basso.

Dimostreremo quindi il Teorema:

Teorema 0.0.2. Esistono orbite del sistema dinamico di Kuramoto-Langevin lungo le quali il termine |φ(m)(t) − Φ(t)| cresce esponenzialmente nel tempo.

Basandoci sul sistema (2), presenteremo inoltre una formula per il calcolo delle soluzioni dell’equazione di Langevin, della forma

ζ(t) = exp  Z t 0 Dc(τ )dτ  ζ0

(9)

Introduzione 9

dove la matrice Dc(t), dipendente dal tempo, `e ricostruibile direttamente sulla base

delle soluzioni del sistema di Kuramoto.

Ci auguriamo che questa scoperta possa portare a interessanti sviluppi in successive sperimentazioni numeriche.

Presentato questo risultato, ce ne serviremo per dimostrare l’esistenza di orbite del sistema di Kuramoto in corrispondenza delle quali il termine ξ(t) esplode, dunque φ(m)(t) diverge da Φ(t) nel tempo anche per valori elevati di m. Osserveremo inoltre che queste orbite si trovano in corrispondenza di punti instabili secondo Lyapounov, e ci serviremo di questo fatto per suggerire un modo di evitarle nelle sperimentazioni. Infine introdurremo un problema aperto, che ci affascina per il suo interesse geometrico, e che ci auguriamo possa servire, una volta risolto, a caratterizzare le orbite singolari da noi presentate.

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Capitolo 1

Modello di Kuramoto

Il modello di Kuramoto, introdotto nel 1975 (si veda 3. nella bibliografia), `e un mo-dello matematico che descrive la dinamica di un sistema di N oscillatori debolmente accoppiati, espressi tramite la loro fase. Esso trova applicazione in molti ambiti, fra cui neuroscienze e biologia, e descrive fenomeni di sincronizzazione, con le frequenze relative che tendono a zero.

Nei recenti anni si `e sviluppato un crescente interesse per il comportamento dei modelli di oscillatori a stati discreti, che permettono di approssimare le soluzioni del sistema (non sempre trattabili numericamente). La scelta di usare fasi discrete definisce una generalizzazione del modello classico, in cui ogni transizione tra le fasi vale a ritmi di transizione definiti: ci`o rende il nuovo modello inerentemente stocastico. In par-ticolare `e possibile modellizzare il nuovo vettore delle fasi come somma del vettore deterministico pi`u una componente probabilistica.

1.1

Il modello discreto

Da questo momento in poi indicheremo con N ≥ 2 il numero degli oscillatori del sistema. Partizioniamo lo spazio delle fasi [0, 2π) in m parti, e scriviamo l’ampiezza di fase ε := 2πm. Per ogni indice i = 1...N possiamo modellizzare l’oscillatore i-esimo tramite una funzione ϕi : [0, +∞) → Z del tempo, e considerare come sua fase φi = εϕi ∈ R.

Definizione 1.1.1. Il sistema (φi)i≤N presenta una completa sincronizzazione di fase

se:

lim

(12)

12 1. Modello di Kuramoto

Definizione 1.1.2. Il sistema (φi)i≤N presenta una completa sincronizzazione di

fre-quenza se esiste una costante chk tale che:

lim

t→∞|φh(t) − φk(t)| = chk ∀h, k = 1...N

Mettiamoci, per ora, nel caso di completa sincronizzazione di fase (che `e garantito sotto opportune ipotesi).

Il modello discreto che abbiamo appena introdotto `e una approssimazione per la versione continua in base alla formula:

φi(t) = Φi(t) + r 2π mξi(t) + O(m −1 )

Dove Φi `e una variabile di fase macroscopica che segue la dinamica deterministica di

Kuramoto dΦi dt = ωi+ κ X j cijΓ(Φi− Φj)

E ξi `e la parte probabilistica determinata dall’equazione di Langevin:

dξi dt = κ X j cijΓ 0 (Φj− Φi)(ξj− ξi) + √ µiηi

Dove ωi`e la frequenza intrinseca dell’oscillatore i-esimo, κ `e la forza di accoppiamento,

cij sono i coefficienti della matrice di accoppiamento, Γ `e una funzione continua detta

funzione di accoppiamento, ηi `e un rumore bianco e µi `e la sua entit`a.

Mettiamoci nel caso standard in cui ωi= 0 per ogni i e Γ `e una sinusoide:

Γ(φ) = sin(φ)

Concentriamoci poi sul caso in cui tutti gli oscillatori sono accoppiati con la stessa forza, ma senza autointerazione. La matrice associata a questo sistema `e determinata dalla scelta del parametro κ = 1 e dai coefficienti cij = 1 − δij per i, j = 1...N .

L’equazione di Langevin in questo caso `e: dξi dt = X j (ξj− ξi)cos(Φj− Φi) + √ µiηi

Vogliamo studiare questa equazione per capire come si comporta il termine ξi: per

cominciare vogliamo accertarci che una soluzione esista. Questo fatto in effetti `e ga-rantito dal teorema di esistenza e unicit`a forte per equazioni differenziali stocastiche.

(13)

1.1 Il modello discreto 13

Enunciamo il teorema di esistenza e unicit`a forte per equazioni differenziali stocasti-che, per la dimostrazione del quale rimandiamo al corso di Istituzioni di probabilit`a.

Data la generica EDS con condizioni iniziali assegnate: (

dXt= b(t, Xt)dt + σ(t, Xt) · dBt

X(0) = x0

Ricordiamo le seguenti definizioni

Definizione 1.1.3. C’`e esistenza forte se, fissati una base stocastica Ω, F , (Ft)t≥0, P, (Bt)t≥0

 e X0 F0-misurabile, esiste un processo Xt misurabile rispetto alla base assegnata.

Definizione 1.1.4. Vale l’unicit`a forte se per ogni base stocastica Ω, F , (Ft)t≥0, P, (Bt)t≥0

 e per ogni X0 F0-misurabile, se X1, X2 sono sue soluzioni sulla base assegnata, allora

X1, X2 sono indistinguibili. Vale allora il teorema

Proposizione 1.1.5 (Teorema di esistenza e unicit`a forte di una soluzione). . Nella generica EDS

dXt= b(t, Xt)dt + σ(t, Xt) · dBt

se b, σ : R × RN → R sono continue e uniformemente lipschitizane, allora sono verificate sia l’esistenza forte sia l’unicit`a forte di un processo Xt che `e soluzione per

l’equazione.

——————-Verifichiamo di essere nelle ipotesi nel teorema.

L’equazione di Langevin corrisponde, coordinata per coordinata, a: dξk= κ N − 1 X j (ξj− ξk)cos(Φj− Φk)dt + √ µkdBkt

Dove abbiamo usato il fatto che l’integrale di Ito di un moto Browniano `e un white noise gaussiano centrato (si pu`o dimostrare mediante il teorema di Caratterizzazione di L´evy applicato alle coordinate Rt

0 ηk(s)ds), dunque ηk(t)dt = dB k t. In forma vettoriale: dξt= κ N − 1    P j(ξ j t − ξt1)cos(Φj− Φ1) .. . P j(ξ j t − ξtN)cos(Φj− ΦN)   dt +    √ µ1 . .. √ µN   · dBt

(14)

14 1. Modello di Kuramoto Dunque abbiamo b(t, x) = N −1κ    P j(xj − x1)cos(Φj− Φ1) .. . P j(xj − xN)cos(Φj− ΦN)    E chiaramente: −X j (xj − xk) ≤ X j (xj− xk)cos(Φj − Φk) ≤ X j (xj− xk)

per ogni k e qualunque sia il valore preso da Φj − Φk.

In norma 1 vale quindi:

kb(t, x)−b(t, y)k ≤ 2κ N − 1 X k X j (xj−yj−xk+yk) ≤ 2κ N − 1 X k  X j | xj−yj | + | xk−yk|  = 2κ N − 1  X k kx − yk + N xk− yk  = 2κ N − 1 N kx − yk + N kx − yk = 4κ N N − 1kx − yk Abbiamo dunque la lipschizianit`a uniforme nel termine b(t, x) (possiamo anche eli-minare la dipendenza da N scegliendo un opportuno multiplo di κ come costante di lipschitzianit`a), mentre il termine σ(t, x) ≡

   √ µ1 . .. √ µN    con µk =| ωk | +κck `e costante.

Concludiamo che il processo ξt esiste ed `e unico.

(15)

Capitolo 2

Studio del sistema linearizzato

Da qui in poi denoteremo con e(n)il vettore di Rnin cui ogni coordinata vale 1. Inoltre dato k intero, per comodit`a denoteremo con Jn,k la matrice di ordine n che vale k sulla

diagonale e -1 altrove.

Sar`a utile questa osservazione:

Osservazione 1. La matrice Jn,−2 `e di rango pieno per ogni n.

Dim.

Vale Jn,k = kIn+ Jn,0, e la matrice Jn,0 ha come spettro l’insieme {−1, n}, a cui il

valore −2 non appartiene per alcun valore positivo di n. 

Definizione 2.0.1. Dato n ≥ 2, chiamiamo cornice di ordine n la matrice rettango-lare:

"

Te(n)

−In

#

Esempio 1. Per n = 3 abbiamo      1 1 1 −1 0 0 0 −1 0 0 0 −1     

Definizione 2.0.2. Con l’idea di accostare cornici di ordine crescente, definiamo induttivamente multicornice di ordine n la matrice rettangolare di ordine n ×n(n+1)2 :

Cn= " Te(n) 0...0 In Cn−1 # con C1 = " 1 −1 #

(16)

16 2. Studio del sistema linearizzato Ad esempio, si ha C4 =      1 1 1 0 0 0 −1 0 0 1 1 0 0 −1 0 −1 0 1 0 0 −1 0 −1 −1     

2.1

Equazione di Langevin semplificata

Vogliamo ora ricostruire il comportamento dell’equazione di Langevin, studiando dap-prima dei casi semplificati e facendo successive estensioni.

Per cominciare trascuriamo il rumore e il contributo dovuto alle fasi, e consideriamo solo l’equazione differenziale:

dξi

dt = X

j

(ξj− ξi)

Vogliamo studiare non pi`u il comportamento delle singole coordinate ξk, bens`ı quello

delle differenze ξhk := ξh− ξk. Per far ci`o ordiniamo gli indici in modo lessicografico e

studiamo il sistema dinamico:

d dt                           ξ12 ξ13 .. . ξ1N ξ23 .. . ξ2N .. . .. . ξN −2,N −1 ξN −2,N ξN −1,N                           =                           P jξj1− P jξj2 P jξj1−Pjξj3 .. . P jξj1− P jξjN P jξj2−Pjξj3 .. . P jξj2−PjξjN .. . .. . P jξj,N −2− P jξj,N −1 P jξj,N −2− P jξj,N P jξj,N −1−Pjξj,N                          

Dove vale ξhk = Pjξjh−Pjξjk per ogni h, k = 1...N . Notiamo che se denotiamo

ξ =    ξ1 .. . ξN  

, allora il nuovo vettore pu`o essere espresso come ˆξ =

TC Nξ e vale d dt ˆ ξ = α0ξˆ

(17)

2.1 Equazione di Langevin semplificata 17

Con α0 matrice quadrata di ordine N (N +1)2 . Vogliamo vedere, dato N , come si scrive

questa matrice (che scriveremo α(N )0 quando vorremo evidenziarne l’ordine). Proposizione 2.1.1. Vale la formula ricorsiva:

α(N +1)0 = " JN +1,−2 CN TC N α(N )0 # Con α(1)0 = [(−2)] ——-Dim. Per N = 2 si ha ˙ξ12= ξ21− ξ12= (−2)ξ12 e quindi α(N )0 = [(−2)]. Sia N > 2. Vale ˙ ξ1k= X j ξj1− X j ξjk = − X j ξ1j− X j ξjk = −X j ξ1j − ξ1k | {z } ha almeno un indice 1 − X 1<j<k ξjk+ X j>k ξkj

per ogni k = 1...N , perci`o il contributo dato dalle prime coordinate alle prime

coordi-nate `e dato dalla matrice quadrata JN,−2 =

      −2 −1 . . . −1 −1 −2 . . . −1 .. . ... . .. ... −1 −1 . . . −2       .

Per verificare che CN `e una multicornice, consideriamo separatamente le sue

coordi-nate positive e quelle negative.

Vogliamo indagare come le coordinate ξ23...ξN −1,N, ossia quelle in cui non compare

l’indice 1, contribuiscono a scrivere le derivate delle coordinate ξ12, ...ξ1N in cui l’indice

compare.

Analogamente a prima, scriviamo: ˙ ξ1k = − X j ξ1j − ξ1k− X 1<j<k ξjk | {z } [1] +X j>k ξkj | {z } [2]

(18)

18 2. Studio del sistema linearizzato             1 1 1 . . . 1 1 1 . . . 1 1 . . . 1 . . .            

Dove nella riga k-esima compare 1 per N − k volte.

Il contributo negativo [1] `e associato alla matrice a blocchi: "

0 0 . . . 0

−IN −IN −1 . . . −1 #

Dunque CN `e la matrice data dalla somma di questi due contributi, ossia `e la

multi-cornice di ordine N .

Infine, la matrice CN compare nuovamente trasposta in basso perch`e α0 `e simmetrica.

Si verifica infatti, per la simmetria del sistema originale, che ξh1k1 influisce su

d dtξh2k2

allo stesso modo in cui ξh2k2 influisce su

d

dtξh1k1 per ogni scelta di coppie ordinate

(h1, k1) e (h2, k2).



2.2

Analisi spettrale

Stabilita la scrittura della matrice α0, vorremmo calcolarne gli autovalori.

Lemma 2.2.1. Data α(n)0 di ordine n(n+1)2 , la multicornice Cn e la matrice Jn,−2

Valgono i seguenti risultati: (i) Jn,−22 = In− (n + 2)Jn,−1 (ii) Jn+1,−2Cn= −Cn (iii) CT nCn= Jn+1,n (iv) Cnα(n)0 = −(n + 1)Cn (v) TCnCn= −α(n)0 ——-Dim.

(i) Basta prendere le righe aidella matrice e verificare cheTaiaj = n+δij per i, j = 1...n

(ii) Per induzione:

(19)

2.2 Analisi spettrale 19 Jn+2,−2Cn+1=       −2 −1... − 1 −1 .. . Jn+1,−2 −1       " 1...1 0...0 −In Cn # = " −1... − 1 0...0 In −Cn # = −Cn+1

(iii) Come al punto (i), in questo casoTaiaj =

(

n i = j −1 i 6= j (iv) Per induzione:

Con n = 2 non c’`e nulla da dimostrare. Il resto `e una verifica:

Cn+1α(n+1)0 = " 1...1 0...0 −In Cn # " Jn+1,−2 Cn TC n α(n)0 # = " −(n + 2)... − (n + 2) 0...0 −(n + 2)In −(n + 2)Cn # = −(n + 2)Cn+1

Nel passaggio intermedio abbiamo usato il fatto che la somma degli elementi sulle colonne di Jn+1,−2 `e n + 2 mentre per Cn`e zero.

(v) Per induzione:

Con n = 2 non c’`e nulla da dimostrare. Il resto `e una semplice verifica:

TC n+1Cn+1=            1 .. . −In 1 0 .. . TCn 0            " 1...1 0...0 −In Cn # = " −Jn+1,−2 −Cn −Cn −α(n)0 # = −α(n+1)0

Corollario 2.2.2. Il quadrato della matrice α(n)0 `e nα(n)0 . —–

Dim.

Per induzione:

[n = 2] niente da dimostrare [n ⇒ n + 1]

(20)

20 2. Studio del sistema linearizzato [α(n+1)0 ]2= " Jn+1,−2 Cn TC n α(n)0 #2 = " Jn+1,−22 + CnTCn Jn+1,−2Cn+ Cnα(n)0 TC nJn+1,−2+ α(n)0 TCn TCnCn+ [α(n)0 ]2 #

sfruttando il lemma precedente e l’ipotesi induttiva, riscriviamo il membro a destra

= " In+1− (n + 3)Jn+1,−1+ Jn+1,n −Cn− nCn −TC n− nTCn −α(n)0 − nα (n) 0 # = = " −(n + 1)Jn+1,−2 −(n + 1)Cn −(n + 1)TC n −(n + 1)α (n) 0 # = −(n + 1)α(n+1)0 

Riassumendo, il quadrato di α0 `e una matrice che ha rango N , in cui tutte le colonne

sono autovettori di autovalore −N . Segue che −N `e autovalore di molteplicit`a N per α0.

Vogliamo ora calcolare gli autovalori della matrice α0, di cui riportiamo per chiarezza

la scrittura della per N = 3 :          −2 −1 −1 1 1 0 −1 −2 −1 −1 0 1 −1 −1 −2 0 −1 −1 1 −1 0 −2 −1 1 1 0 −1 −1 −2 −1 0 1 −1 1 −1 −2         

Proposizione 2.2.3. Gli autovalori di α(N )0 sono 0 con molteplicit`a N (N −1)2 e −N con molteplicit`a N .

Dim.

Applichiamo alle righe di α0 le seguenti trasformazioni:

Rk(k+1) 2 +h

− Rk(k−1) 2 +h

h = 1...k − 1 k = 1...N − 1 Otteniamo una matrice formata da N k-uple di righe eguali.

Di nuovo riportiamo l’esempio per N = 3, solo per chiarezza espositiva:

     −2 −1 −1 1 1 0 −1 −2 −1 1 0 1 −1 −1 −2 −1 0 1 1 −1 0 −2 −1 1 1 0 −1 −1 −2 −1 0 1 −1 1 −1 −2      →      −2 −1 −1 1 1 0 −2 −1 −1 1 1 0 −2 −1 −1 1 1 0 1 −1 0 −2 −1 1 1 −1 0 −2 −1 1 0 1 −1 1 −1 −2      →      0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −1 −1 −2 −1 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 −1 −1 −2 −1 0 1 −1 1 −1 −2     

(21)

2.2 Analisi spettrale 21

Ci`o `e dovuto al fatto che, dati indici a < b < c si pu`o sempre ottenere ˙ξac come

combinazione lineare di ˙ξab e ˙ξbc: ˙ ξac = X j ξja− X j ξjc = X j ξja− X j ξjb− X j ξjb − X j ξjc = ˙ξab+ ˙ξbc

il che ha anche un significato fisico nel modello di Kuramoto-Langevin: i contributi formati da un sistema di tre oscillatori uguali, accoppiati tra loro, si annullano. Vale perci`o dimKerα0 ≥ N (N −1)2 . D’altra parte dimKerα0 ≤ N (N −1)2 perch´e α0

con-tiene il minore JN,−2 che ha rango pieno, perci`o dimKerα0 = N (N −1)2 .

Infine, sappiamo dal Corollario 2.2.2. che il quadrato di α0 `e una matrice che ha

rango N , in cui tutte le colonne sono autovettori di autovalore −N . Segue che −N `e autovalore di molteplicit`a N per α0, e questo conclude la dimostrazione.

(22)
(23)

Capitolo 3

Comportamento asintotico delle

soluzioni

Sotto certe ipotesi la convergenza di fase del modello deterministico `e garantita: per una dimostrazione di questo fatto si rimanda all’Appendice.

Controlliamo che in questi particolari casi anche la componente stocastica si comporta bene, e anzi converge a zero a prescindere dal valore di m.

3.1

Convergenza di Kuramoto implica convergenza di

Lan-gevin

Riprendiamo in considerazione l’equazione d

dtξ = αˆ 0ξˆ

in cui il termine ˆξ =TCNξ `e quello introdotto al capitolo precedente.

Notiamo che esso si pu`o riscrivere, tenendo conto del fatto che alcune coordinate si esprimono come combinazione lineare di altre.

Ad esempio, per N = 4:          ξ12 ξ13 ξ14 ξ23 ξ24 ξ34          =          ξ14− ξ24 ξ14− ξ34 ξ14 ξ24− ξ34 ξ24 ξ34          = ξ14          1 1 1 0 0 0          + ξ24          −1 0 0 1 1 0          + ξ34          0 −1 0 −1 0 1          Osserviamo che vale la proposizione:

(24)

24 3. Comportamento asintotico delle soluzioni

Proposizione 3.1.1.

L’autospazio Ker(α0+ N I) relativo all’autovalore −N `e generato dalle colonne della

matriceTC N.

———– Dim.

Sia x ∈ RN +1 e sia y la sua proiezione sul sottospazio Im(JN +1,N).

Per il Lemma 2.2.1. vale

α(N +1)0 TCNy = −TCNCNTCNy = −TCNJN +1,Ny = −(N + 1)TCNy

dove nell’ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che JN +1,N ∼

      N + 1 . .. N + 1 0       

Abbiamo dunque una base di autovettori per l’autospazio Ker(α0 + N I) relativo

all’autovalore −N . `

E chiaro che se prendiamo ˆξ(0) ∈ Ker(α0+N I), valedtdξ = −N ˆˆ ξ e dunque, banalmente,

ˆ

ξ(t) = e−N tξ(0), ossia le soluzioni del sistema dinamico convergono esponenzialmente.ˆ Adatteremo questo risultato all’equazione di Langevin. Facciamo un ulteriore passo in avanti nel ricostruirla, e consideriamo l’equazione:

dξi

dt = X

j

(ξj− ξi)cos(Φj− Φi)

Ripercorrendo la procedura del capitolo precedente otteniamo il sistema: d

dtξ = α ˆˆ ξ (3.1)

per una qualche matrice dipendente dal tempo α(t) = α0+ β(t).

Verifichiamo che quando gli oscillatori convergono in fase, il termine β decresce espo-nenzialmente.

Ricordiamo la definizione di norma p:

Definizione 3.1.2. Dato un vettore x ∈ Rn e dato p ∈ [1, +∞), si dice norma p di x la quantit`a: kxkp = n X i=1 |xi|p !1p

(25)

3.1 Convergenza di Kuramoto implica convergenza di Langevin 25

Lemma 3.1.3. La norma 1 di α(n)0 `e 2n. Dim.

Data la partizione a blocchi di α0:

kα(n)0 k1 = kJn,−2k1+ kCn−1k1= (n + 1) + (n − 1) = 2n



In particolare, se definiamo cij := cos(Φj − Φi) e c la matrice diagonale che ha per

autovalori i coefficienti cij ordinati in modo lessicografico, la matrice del sistema (3.1)

`e α(t) = α0· c(t). Vale dunque β(t) = α0· (I − c(t)), e nelle ipotesi di sincronizzazione

di fase si ha:

kβ(t)k22 ≤ kα0k1· kI − c(t)k∞≤ 2N e−Kt (3.2)

per qualche K > 0 ——–

Da qui in poi indichiamo con k · k := k · k2 la norma 2 sullo spazio R

N (N +1) 2 .

Esaminiamo il sistema ˙X = αX, dove α(t) = α0+ β(t).

Lemma 3.1.4.

Se β(t) → 0 esponenzialmente, allora X(t) `e limitata. ——– Dim. Il sistema ˙X = αX si traduce in ˙ X = α0X + βX h ˙X, Xi = hα0X, Xi | {z } ≤0 +hβX, Xi d dt  kXk2 2  ≤ kβk kXk2 per il lemma di Gronwall vale dunque

kXk2 ≤ kX(0)k2exp  2 Z t 0 kβ(τ )k dτ

ma β(t) decade esponenzialmente, dunque il secondo integrale `e limitato uniforme-mente nel tempo.

(26)

26 3. Comportamento asintotico delle soluzioni

Lemma 3.1.5. Sia ϕ(t) una funzione C1 a valori in R. Se vale ϕ2(t) ≤ ϕ2(0) +

Z t

0

γ(τ )ϕ(τ )dτ

per qualche funzione γ(t) ≥ 0 integrabile su [0, t], allora vale la relazione: ϕ2(t) ≤ 2ϕ2(0) +  Z t 0 γ(τ )dτ 2 ————— Dim. Definiamo ˜ϕ(t) := sup0≤σ≤tϕ(σ). Per ogni 0 ≤ σ ≤ t vale

ϕ2(σ) ≤ ϕ2(0) + Z σ

0

γ(τ ) ˜ϕ(τ )dτ e dunque, passando al limite superiore di entrambi i membri

˜

ϕ2(t) ≤ ϕ2(0) + Z t

0

γ(τ ) ˜ϕ(τ )dτ

ma poich´e γ(t) ≥ 0, possiamo maggiorare ulteriormente il secondo membro sostituendo ˜ ϕ(t) a ˜ϕ(τ ). Otteniamo ˜ ϕ2(t) ≤ ϕ2(0) + ˜ϕ(t) Z t 0 γ(τ )dτ. Per la disuguaglianza di Young vale

˜ ϕ(t) Z t 0 γ(τ )dτ ≤ 1 2ϕ˜ 2(t) + 1 2  Z t 0 γ(τ )dτ 2 e unendo questa disuguaglianza alla precedente, otteniamo

˜ ϕ2(t) ≤ 1 2ϕ˜ 2(t) + ˜ϕ2(0) + 1 2  Z t 0 γ(τ )dτ 2 ma certamente ϕ(t) ≤ ˜ϕ(t) e ϕ(0) = ˜ϕ(0), da cui la tesi.



Proposizione 3.1.6.

Se β(t) −→ 0 esponenzialmente, allora X(t) converge a un valore finito, e la sua proiezione sul sottospazio Ker(α0+ N I) converge a zero.

(27)

———-3.1 Convergenza di Kuramoto implica convergenza di Langevin 27

Dim.

Sia π(·) il proiettore che manda ogni elemento di RN (N +1)2 nella sua proiezione su

Ker(α0+ N I). Si tratta ovviamente di un operatore lineare limitato.

Per ogni valore di X ∈ RN (N +1)2 scriviamo la sua decomposizione ortogonale X = Y +Z,

dove Y = π(X). Vale dunque ˙ Y + ˙Z = α0Y + α0Z |{z} =0 +βX Facciamo il prodotto scalare rispetto a Y e otteniamo h ˙Y , Y i = hα0Y, Y i + hβX, Y i d dt  kY k 2 2 = −N kY k2+ hπβX, Y i

Nell’ultimo passaggio abbiamo considerato il fatto che solo la proiezione su Ker(α0+

N I) contribuisce al prodotto scalare.

Per il Lemma 3.1.4. possiamo scrivere kXk ≤ L per qualche L > 0. Concludiamo che d dt  kY k 2 2 ≤ −N kY k2+ L kβk kY k

Ora, sappiamo che β(t) decade esponenzialmente, ad esempio come kβk ≤ 2N e−Kt come in (3.2). Sia allora δ < min{K, N }, vale:

d dt  e2δtkY k 2 2 ≤ e2δtL kβk kY k Definiamo la funzione ϕ(t) := eδtkY (t)k a valori in R. Vale

d dtϕ

2(t) ≤ 4N Le(δ−K)tϕ(t)

e poich`e il membro destro `e positivo per ogni valore di t, posso prendere l’integrale di entrambi i membri:

ϕ2(t) ≤ ϕ2(0) + 2N L Z t

0

e(δ−K)τϕ(τ )dτ

(28)

28 3. Comportamento asintotico delle soluzioni ϕ2(t) ≤ 2ϕ2(0) + 4N2L2  Z t 0 e(δ−K)τdτ 2

ma δ < K, dunque il secondo integrale converge a un valore finito C > 0. Per la definizione di ϕ(t) abbiamo quindi:

e2δtkY (t)k2≤ kY (0)k2+ 4N2L2C2 da cui kY (t)k decade esponenzialmente.



Corollario 3.1.7. Se β(t) decade esponenzialmente, allora ξ(t) converge a zero a meno di traslazione lungo la direzione v =

   1 .. . 1  

, ossia a meno di fissare il centro di massa ξ1+ ... + ξN del sistema.

—— Dim.

Per la Proposizione 3.1.1., l’autospazio Ker(α0+ N I) `e generato dalle colonne diTCN,

dunque si ha:

π( ˆξ(t)) =TCNξ(t)

ma per la proposizione precedente vale π( ˆξ(t)) → 0. Deduciamo che TCNξ(t) → 0, e

dunque ξ(t) → 0 a meno di traslare lungo Ker(TCN).

Ma dimKer(TCN) = 1 e v ∈ Ker(TCN) e questo conclude la dimostrazione.



3.2

Soluzioni esplicite di Langevin

Al di fuori dell’ipotesi di convergenza del termine β, il termine ˆξ pu`o non convergere. Esaminiamo in che modo questo `e possibile.

Supponiamo senza perdita di generalit`a, per la simmetria del sistema, che il centro di massa sia fissato, ossia ξ1+ ... + ξN = 0.

Quando consideriamo l’equazione dξi

dt = X

j

(ξj− ξi)cos(Φj− Φi)

(29)

3.2 Soluzioni esplicite di Langevin 29 d dt ˆ ξ = α0c ˆξ Dove c =    c12 . .. cN −1,N  

`e la matrice dei termini cij = cos(Φi− Φj). Sfruttando per`o la correlazione tra ξ e ˆξ possiamo ricondurci a studiare il sistema in dimensione N :

d dt(

TC

Nξ) = α0cTCNξ

e abbiamo dimostrato, nel Capitolo 2, che valgono le propriet`a TCNα0 = −N · α0

e CT

NCN = JN,N. Per comodit`a di notazione scriviamo ∆ := JN,N. Moltiplicando

entrambi i membri a sinistra per CN, otteniamo

d dt(C T NCNξ) = CNα0cTCNξ d dt∆ξ = −N · CNc TC Nξ e se denotiamo ∆c:= CNcTCN d dt∆ξ = −N · ∆cξ (3.3)

Cambiamo base in modo che il vettore v =    1 .. . 1  

 (fisso, perch´e abbiamo fissato il centro di massa del sistema) sia l’ultima coordinata del sistema.

Le matrici di cambiamento di base saranno le matrici di dimensione N

M−1 =          1 1 . . . 1 1 −1 0 . . . 0 1 0 −1 . .. 0 1 .. . ... . .. ... ... 0 0 . . . −1 1          , M = 1 N          1 −(N − 1) 1 . . . 1 1 1 −(N − 1) 1 ... .. . 1 . .. . .. 1 .. . ... . .. 1 −(N − 1) 1 1 . . . 1 1         

Con M−1 ottenuta accostando i vettori vi = e1 − ei per i = 2, ...N e v in coda.

Denotiamo ζ = M ξ il vettore delle nuove coordinate.

(30)

30 3. Comportamento asintotico delle soluzioni D =       −N . .. −N 0       , e poich`e il vettore v =    1 .. . 1    appartiene al nucleo di ∆ si ha M ∆M−1 = D.

Il sistema (3.3) perci`o si riduce, quando facciamo il cambiamento di base, a: d

dtDζ = −N · Dcζ Con Dc:= M ∆cM−1.

L’ultima coordinata in effetti pu`o essere ignorata, in quanto vale Dc= M CNcTCNM−1

e si annullano l’ultima riga di M CN e l’ultima colonna di TCNM−1, perci`o Dc `e una

matrice della forma "

˜ Dc 0

0 0 #

. Ci restringiamo perci`o alla proiezione ˜ζ di ζ su RN −1: −N · d dt ˜ ζ = −N · ˜Dcζ˜ d dt ˜ ζ = ˜Dcζ.˜

Il sistema dinamico che abbiamo ottenuto pu`o essere risolto in maniera esplicita supponendo di conoscere la matrice ˜Dc: la sua soluzione sar`a

˜ ζ(t) = exp  Z t 0 ˜ Dc(τ )dτ  ˜ ζ0.

Conoscere tale matrice equivale a conoscere i valori cij(t); sulla base di questo

risul-tato potremmo ricavare la soluzione del sistema originale.

In generale questi valori non sono noti, ma sappiamo che per valori elevati di t la fun-zione c(t) approssima bene lo stato finale delle fasi degli oscillatori. Questo risultato apre la strada per fare sperimentazioni e testare quali conformazioni iniziali possono essere associate a quali stati finali di evoluzione del sistema.

Possiamo inoltre caratterizzare il comportamento della soluzione ξ(t), che dipende soltanto dagli autovalori della matrice ∆c a loro volta varianti nel tempo.

(31)

Capitolo 4

Confronto tra Kuramoto e

Langevin

Siamo pronti per studiare la crescita del termine ξ(Φ), che governa la differenza tra il modello deterministico e quello stocastico.

In base ai precedenti risultati, ci occorre conoscere il comportamento degli autovalori dipendenti dal tempo λ1(t), ..., λN(t) della matrice simmetrica ∆c(t). Abbiamo

osser-vato che nel caso di sincronizzazione di fase, questi decadono nel tempo e sono tali che ξ(t, Φ(t)) −−−→ 0, viene naturale chiedersi se esistono soluzioni che innescano unt→∞ comportamento diverso. Dimostreremo che non solo la risposta `e s`ı, ma per questi particolari casi lo stesso termine diverge a infinito.

Costruiremo degli esempi studiando inizialmente il modello semplificato, in cui ogni oscillatore ha frequenza intrinseca nulla e forza di accoppiamento unitaria, per poi estenderci al caso generale.

4.1

Caso di frequenze nulle

Il modello di Kuramoto generico prevede che ogni oscillatore abbia una frequenza intrinseca ωi, poniamo inizialmente ωi= 0 per ogni i = 1, ..., N

4.1.1 Esistenza della soluzione

Il sistema differenziale descritto da dΦk dt = X j sin(Φj − Φk) 31

(32)

32 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin

ammette una e una sola soluzione Φ : [0, +∞) −→ RN per il teorema di esistenza e unicit`a di Cauchy.

Le ipotesi del teorema si assicurano semplicemente verificando la lipschitzianit`a della funzione F (t, Φ) :=    P jsin(Φj− Φ1) .. . P jsin(Φj− ΦN)   . Vale    P jsin(Φj− Φ1) .. . P jsin(Φj− ΦN)   ≤    P j(Φj− Φ1) .. . P j(Φj− ΦN)    dunque kF (t, Φ) − F (t, Ψ)k ≤    P j(Φj− Φ1) − (Ψj− Ψ1) .. . P j(Φj− ΦN) − (Ψj− ΨN)    =k∆Φ − ∆Ψk≤ k∆k · kΦ − Ψk dove ∆ =       −(N − 1) 1 . . . 1 1 −(N − 1) . .. ... .. . . .. . .. 1 1 . . . 1 −(N − 1)       , dunque F `e lipschitziana. —————

4.1.2 Parametro d’ordine crescente

Definiamo shk := sin(Φh − Φk) e chk := cos(Φh− Φk) per 1 ≤ h < k ≤ N . Siano

inoltre s =    s12 .. . sN −1,N    e diag(s) =    s12 . .. sN −1,N   , similmente c =    c12 .. . cN −1,N    e diag(c) =    c12 . .. cN −1,N   .

Lemma 4.1.1. Il parametro d’ordineP

i<jcij `e una funzione monot`ona crescente del

tempo, e vale d dt  X i<j cij(Φ(t))  = 0 ⇐⇒ s(Φ(t)) ∈ KerCN

(33)

4.1 Caso di frequenze nulle 33 -Dim. Vale dtdchk= −shk(Φ 0 h− Φ 0

k) = −shkPj(sjh− sjk). Questo sistema si scrive

d

dtc = −diag(s)α0s e moltiplicando a sinistra per il vettore trasposto [1, ..., 1]

d dt  X 1≤i<j≤N cij  = −Tsα0s

ora ricordiamo che, come dimostrato al Capitolo 2, valeTCNCN = −α0. Sfruttando

questo fatto, il sistema diventa d dt  X 1≤i<j≤N cij  =TsTCNCNs = kCNsk2 ≥ 0

E l’ultimo termine `e una norma vettoriale che si annulla se e solo se CNs = 0, ossia

s ∈ KerCN.

 .

Ricordiamo alcune definizioni dalla teoria dei sistemi dinamici. Sia F : RN −→ RN la mappa tale che d

dtΦ = F (Φ) `e l’equazione del sistema

determi-nistico:

Definizione 4.1.2. Un punto Ψ ∈ RN `e detto punto di equilibrio per il sistema deterministico se vale F (Ψ) = 0.

Definizione 4.1.3. Un punto di equilibrio Ψ `e detto instabile se ha un intorno U tale che per ogni intorno V 3 Ψ esiste una condizione iniziale Φ0 ∈ V la cui soluzione non

appartiene a U per qualche tempo t ≥ 0. `E detto stabile altrimenti. .

Vediamo una conseguenza del Lemma 1. Proposizione 4.1.4. .

Sia E(N ) l’insieme dei punti di equilibrio del sistema deterministico N -dimensionale, e sia Ψ ∈ RN. Sono equivalenti i seguenti fatti:

(1) Ψ ∈ E(N ) (2) s(Ψ) ∈ KerCN

(3)P

(34)

34 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin

-Dim.

Sia Φ(t) la soluzione del sistema con condizioni iniziali Φ(0) = Ψ. (1) ⇒ (2)

Per assurdo, se s(Ψ) /∈ KerCN allora per il Lemma 1 la funzione t 7−→ P cij(Φ(t)) `e strettamente crescente al tempo t = 0, dunque Ψ non pu`o essere di equilibrio.

(2) ⇒ (1)

La condizione CNs = 0 equivale a Pjsjk = 0 per ogni k = 1, ..., N , ma allora se

s ∈ KerCN si ha Φ

0

k(0) = 0 per ogni k, e dunque F (Ψ) = 0

(2) ⇔ (3) Gi`a dimostrata



Un’altra importante conseguenza del Lemma 1 `e che, i punti Φ che realizzano minΦPi<jcij(Φ)

sono di equilibrio instabile. Troviamoli.

Sia f (Φ) :=P

i<jcij(Φ), abbiamo:

∇f (Φ) = CNs(Φ)

Hf (Φ) = ∆c(Φ)

Dove con H abbiamo indicato la matrice hessiana del sistema.

Il punto Φ `e di minimo relativo se e solo se la matrice ∆c(Φ) `e semidefinita positiva.

———————

Mettiamoci nel caso in cui le fasi sono disposte lungo i vertici di un poligono regolare. Fissato N , sia ΦP,N il punto con questa propriet`a.

La matrice hessiana del sistema `e data da

c(ΦP,N)=        −P kcos(k2πN ) cos( 2π N) . . . cos( (N −1)2π N ) cos(2πN) . .. . .. ... .. . . .. . .. cos(2πN) cos((N −1)2πN ) . . . cos(2πN) −P kcos( k2π N )       

In effetti `e possibile caratterizzare gli autovalori di questa matrice, perch´e: (1) Per la geometria del sistema si ha P

(35)

4.1 Caso di frequenze nulle 35

questa ragione, gli elementi sulla diagonale sono tutti uguali

(2) Esaminando separatamente il caso N pari e N dispari, possiamo concludere che PN −1

k=0 cos( k

N2π) ≤ 0, infatti nel caso pari questa somma si decompone come cos(π) +

N 2 X k=0 cos(k N2π) + cos( N/2 − k N 2π) | {z } =0

= −1) e nel caso dispari si ha una somma analoga fino

alla parte intera di N2, con la differenza che in questo caso i valori negativi superano quelli positivi anzich´e eguagliarli e dunque la somma totale sar`a negativa.

(3) Per ogni h = 1, ..., N vale cos  (N −1)h N 2π  = cos  h N2π 

. Otteniamo una matrice circolante, di cui sappiamo calcolare gli autovalori.

Ricordiamo che per una generica matrice circolante circ[c0, ..., cn−1] si ha:

λj = n−1

X

i=0

ciωji

per ogni autovalore λj e per ωj = ei

2πj

N radice N -esima dell’unit`a.

∆c `e anche una matrice simmetrica, il che garantisce che questi autovalori siano anche

tutti reali.

Nel nostro caso abbiamo, per ogni j = 1, ..., N

λj = − N −1 X k=1 cos k N2π  + N −1 X k=1 cos k N2π  <e(ωjk) = N −1 X k=0 cos k N2π  cos jk N2π  − 1  ≥ − N −1 X k=0 cos k N2π  ≥ 0 e dunque la matrice `e semidefinita positiva.

——————–

Vediamo cosa succede per i casi N = 3, 4 . per [N = 3] si ha ∆c∼    3 2 3 2 0   

(36)

36 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin per [N = 4] si ha ∆c∼      2 2 0 0     

Questi stati rappresentano gi`a casi in cui il sistema di Langevin diverge da quello di Kuramoto, perch´e la matrice ∆c ha almeno un autovalore positivo. Notiamo che

questo risultato `e possibile solo in quanto queste conformazioni falsificano le ipotesi [3.1]: se cos`ı non fosse stato, per il Corollario 3.1.4. avremmo avuto ˆξ(t) → 0 e dunque ξ(t) → 0.

(37)

4.2 Caso generale 37

di sella; si tratta sempre di soluzioni associate alla condizione s(Φ) ∈ KerCN e che

verificano la divergenza di ξ. Uno di questi casi `e la soluzione costante, coincidente con la sella: oltre a questa vi sono soluzioni non costanti che hanno la sella come limite. Un esempio `e, nel caso N = 3, il punto di equilibrio Ψ =

   1 −1 1  

 che `e limite della

soluzione Φ(t) =    1 2+ g(t) −1 1 2+ g(t)  

 come `e facile verificare (g(t) `e la funzione a valori non negativi che risolve il sistema g0(t) = sin(−32 − g(t))).

4.2

Caso generale

I risultati ottenuti si estendono ad alcune delle soluzioni del caso generale, in cui ogni oscillatore ha una frequenza intrinseca ωi non nulla e una forza di accoppiamento

parametrica κ > 0: d dtΦi = ωi+ κ X j sin(Φj− Φi)

In questo caso, denotando ω =    ω1 .. . ωN    e ωhk:= ωh− ωk otteniamo d dtchk= −shk h ωhk+ κ X j (sjh− sjk) i

Supponiamo le frequenze uniformi: abbiamo ωhk = 0 per ogni 1 ≤ h < k ≤ N . Con

gli stessi conti fatti in precedenza otteniamo d dt  X cij  = κkCNsk2

e di nuovo, possiamo dire che il parametro d’ordine `e una funzione monot`ona cre-scente del tempo.

Abbiamo ottenuto un sistema le cui soluzioni all’equilibrio oscillano con frequenza co-stante. Alcune di esse coincidono, a meno di questa oscillazione, con le configurazioni di equilibrio trovate alla sezione precedente. Poich´e i coseni tra gli angoli coincidono con quelli trovati nel caso statico (cos((Φk+ ωt) − (Φh+ ωt)) = chk), gli autovalori della

(38)

38 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin

4.3

Un problema aperto

Prendiamo la conformazione di equilibrio con N = 4

E confrontiamola con il caso in cui 2 oscillatori sono nella stessa fase e gli altri due in quella opposta (ossia sfasata di mezzo giro)

Φ =      θ θ θ + π θ + φ      Nel primo caso si ha

         c12 c13 c14 c23 c24 c34          =          0 −1 0 0 −1 0          e di conseguenzaP i<jcij = −2.

Nel secondo caso si ha

         c12 c13 c14 c23 c24 c34          =          1 −1 −1 −1 −1 1         

(39)

4.3 Un problema aperto 39

e di conseguenza, ancora,P

i<jcij = −2.

In effetti `e possibile passare da una conformazione all’altra mantenendo il parametro d’ordine fisso. Basti considerare l’orbita periodica

Φ(t) =      θ θ + ωt θ + π θ + ωt     

in cui ogni punto `e anche punto di equilibrio per il sistema semplificato con ω = 0. Ricordiamo che lungo queste orbite la matrice ∆c ha almeno un autovalore negativo,

per cui si ha divergenza di ξ(Φ) e il modello stocastico diverge esponenzialmente da quello deterministico.

L’esistenza di tali orbite periodiche, data la non negativit`a del parametro d’ordine P

i<jcij, `e possibile solo in quanto per alcuni valori di N esistono soluzioni Φ del

si-stema CNs(Φ) = 0 che non sono punti isolati, ma variet`a contenenti archi non banali.

Volendo individuare queste soluzioni, prendiamo lo spazio vettoriale KerCN e lo

inter-sechiamo con l’immagine della mappa

S : [−π, π]N −→ R(N2)    Φ1 .. . ΦN   7−→            sin(Φ1− Φ2) sin(Φ1− Φ3) .. . sin(Φ1− ΦN) .. . sin(Φ1− Φ2)           

e ci chiediamo se `e possibile trovare una variet`a di tipo S1 in questa intersezione. Proponiamo quindi un PROBLEMA APERTO :

Per quali N ≥ 2 lo spazio topologico KerCn∩ =mS `e contiene variet`a di tipo S1?

Ci aspettiamo di trovare soluzioni con ξ(Φ) divergente per ognuna di queste variet`a.

——-Al fine di impedire la divergenza dei due modelli, infine, proponiamo una lieve modifica delle equazioni del sistema deterministico in cui introduciamo un rumore bianco di lieve entit`a: dΦk dt = ωk+ κ X j sin(Φj+ Φk) + εηk

(40)

40 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin

con ε > 0 valore reale sufficientemente piccolo da non disturbare il comportamento del sistema, di modo da far divergere il modello dalle orbite in equilibrio instabile, che non ci aspettiamo di trovare in natura.

(41)

Appendice

Dimostrazione del Teorema 0.0.1.

Il Teorema 0.0.1. presentato nell’Introduzione fornisce condizioni sufficienti per la sin-cronizzazione di fase nel sistema di Kuramoto.

La dimostrazione seguir`a dalla prova delle proposizioni di seguito elencate.

Per un generico sistema di oscillatori distribuito nello spazio, vale l’equazione di Schr¨odinger-Lohe: i∂tψj = − 1 2∆ψj + Vjψj+ i K 2N N X h=1  ψh− hψh, ψji kψjkL2 ψj  j = 1, ...N

Dove ogni oscillatore `e una funzione ψj : R+× Rd → C, i valori Vj sono potenziali

dipendenti dallo spazio, con Vj = V + Ωj e Ωj ∈ R, e K > 0 `e una costante.

Nel nostro caso consideriamo gli oscillatori a meno della loro distribuzione spaziale, perci`o possiamo scrivere direttamente

i∂tΦj = VjΦj+ i K 2N N X h=1  Φh− hΦh, Φji |Φj| Φj  j = 1, ...N Dove, tra l’altro, abbiamo sostituito la norma L2 con il valore assoluto.

Proposizione 4.3.1. Fissate le condizioni iniziali Φ1(0), ..., ΦN(0) il sistema

prece-dente ha un’unica soluzione Φ1, ..., ΦN ∈ C(R+, C)e la massa totale di ogni oscillatore

si conserva

j(t)| = |Φj(0)| j = 1, ..., N

-Dim.

Sostituendo l’equazione del sistema si verifica semplicemente: 41

(42)

42 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin d dt h1 2|Φj(t)| 2i= <e  ¯ Φj  K 2N N X l=1  Φl− hΦl, Φji |Φj| Φj  = K 2N N X h=1 <e  hΦj, Φhi − hΦh, Φji |Φj| |Φj|  = 0

La derivata temporale `e nulla per ogni oscillatore, dunque la massa rimane costante nel tempo.



In virt`u della precedente osservazione, possiamo assumere senza perdita di generalit`a kΦj(0)k = 1 per ogni j = 1, ...N e il sistema diventa

i∂tΦj = VjΦj+ i K 2N N X h=1  Φl− hΦh, ΦjiΦj  j = 1, ...N Possiamo inoltre supporreP

jΩj = 0, infatti se vale: 1 N X j Ωj = α 6= 0

allora possiamo definire

Φ0(t) = e−iαtΦj(t) j = 1, ...N

e gli oscillatori cos`ı trasformati soddisfano il sistema di Schr¨odinger-Lohe

i∂tΦ 0 j = VjΦ 0 j + i K 2N N X h=1  Φ0h− hΦ0h, Φ0jiΦ0j  j = 1, ...N dove ˜Vj = V + ˜Ωj, ˜Ωj = Ωj− α e N1 PjΩ˜j = 0 Supponiamo dunqueP jΩj = 0.

Definiamo il parametro d’ordine:

ζ := 1 N N X j=1 Φj e otteniamo infine i∂tΦj = VjΦj + i K 2  ζ − hζ, ΦjiΦj  j = 1, ...N [1.0]

(43)

4.3 Un problema aperto 43

Denotiamo con [1.0] questa identit`a, che ci servir`a pi`u avanti.

Vi `e poi un’equazione analoga che governa il parametro d’ordine, e che si pu`o ottenere ditettamente da [1.0] scrivendo la media dei parametri al variare di j

i∂tζ = V ζ + 1 N N X h=1 ΩhΦh+ i K 2  ζ − hζ, ΦjiΦj  j = 1, ...N [1.1] Combinando le due equazioni si ottiene:

∂t( ¯ζΦj) =  iV ¯ζ + i N N X h=1 ΩhΦ¯h+ K 2  ¯ζ − 1 N N X h=1 hΦh, ζi ¯Φh  Φj + ¯ζ  − VjΦj+ K 2  ζ − hζ, Φji  = −iΩjζΦ¯ j + i N N X h=1 ΩhΦ¯hΦj+ K 2  (1 − hζ, Φji)¯ζΦj + |ζ|2− 1 N N X h=1 hΦh, ζi ¯ΦhΦj 

Integrando l’espressione precedente su tutto lo spazio, otteniamo infine:

d dthζ, Φji = −iΩjhζ, Φji+ i N N X h=1 ΩhhΦh, Φji+ K 2   1−hζ, Φji)hζ, Φji+ 1 N N X h=1 hΦh, ζi(1−hΦh, Φji  [2]

Ora vogliamo usare [1.0], [1.1] e [2] per ricostruire le condizioni che ci interessano. Introduciamo ulteriori parametri:

˜ rj := <ehζ, Φji = 1 N N X h=1 rhj, ˜sj := =mhζ, Φji = 1 N N X h=1 shj

Proposizione 4.3.2. Se (Φ1, ..., ΦN) `e soluzione per il sistema [1], e se vale ˜rj(0) > 0

per ogni j = 1, ..., N , allora:

|1 − ˜rj(t)| + |˜sj(t)| / e−Kt t → ∞

-Dim.

La tesi `e equivalente a provare che le quantit`a 1−hζ, Φji convergono esponenzialmente

a zero per ogni j = 1, ..., N . Riscriviamo [2] in questo modo:

d dt 1 − hζ, Φj) = iΩj− iΩj(1 − hζ, Φji) + i N N X h=1 Ωh(1 − hΦh, Φji)

(44)

44 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin −K 2 2(1 − hζ, Φji) − (1 − hζ, Φji) 2 1 N N X h=1 (1 − hΦh, ζi)(1 − hΦh, Φji)  imponendo Ωj = 0 per ogni j = 1, ...N , abbiamo

d dt(1 − hζ, Φji) = −K 2  2(1 − hζ, Φji) − (1 − hζ, Φji)2− 1 N N X h=1 (1 − hΦh, ζi)(1 − hΦh, Φji) 

per semplicit`a, definiamo

1 − hζ, Φji =: fj+ igj

di modo che fj = 1 − ˜rj e gj = −˜sj, e in maniera analoga 1 − hΦh, Φji =: fhj+ ghj,

con fhj e ghj funzioni a valori reali.

Consideriamo la quantit`a: 1 2N N X j=1 fj2+ gj2

differenziandola rispetto al tempo e usando la propriet`a ghj = −gjh otteniamo

d dt  1 2N N X j=1 (fj2+ gj2)  = − K 2N N X j=1 (2 − fj)(fj2+ g2j) + K 2N2 N X j,h=1 fhj(fjfh− gjgh)

Siccome flj ≥ 0, allora per la disuguaglianza di Young abbiamo

K 2N2 N X j,h=1 fhj(fjfh+ gjgh) ≤ K 2N N X j=1 fj(fj2+ gj2)

dove abbiamo usato il fatto che N1 P

hfjh= 1 N

P

hfhj = fj.

Come conseguenza otteniamo d dt  1 2N N X j=1 fj2+ gj2  ≤ e−Kt 1 2N N X j=1 (1 − fj) fj2+ gj2 

Ora entra in gioco il fatto che ˜r(0) > 0, infatti ricordiamo la relazione ˜r = 1 − fj,

da cui deriva 1 − fj(0) > 0 per ogni j = 1, ..., N . Ci`o significa che 2N1 PNj=1 fj2+ g2j

 decresce esponenzialmente nel tempo.

(45)

4.3 Un problema aperto 45

Di conseguenza 1 − fj(t) > 1 − fj(0) per tutti i t > 0, e dunque una volta trascorso

sufficiente tempo si ha: 1 2N N X j=1 fj2+ g2j(t) ≤ e−Kt 1 2N N X j=1 fj2(0) + gj2(0) 

In virt`u di questa proposizione

limt→∞hζ, Φji(t) = 1 j = 1, ..., N

con un tasso di decadimento dato da |1 − hζ, Φj(t)i| / e−Kt per t → ∞.

Proposizione 4.3.3. Se (Φ1, ..., ΦN) `e soluzione per il sistema [1], e se vale ˜rj(0) > 0

per ogni scelta di j, k = 1, ..., N , allora: lim t→∞|Φj(t) − Φk(t)| = 0 E inoltre: |Φj(t) − Φk(t)| / e−Kt t → ∞ ————-Dim.

Dal sistema [1] ricaviamo il sistema di equazioni differenziali ordinarie: d dthΦj, Φki = K 2(hΦj, ζi + hζ, Φki)(1 − hΦj, Φki) e di conseguenza vale: ( ˙f jk = −K2(2 − fj− fk)fjk+K2(gj − gk)gjk ˙gjk = −K2(2 − fj− fk)gjk−K2(gj− gk)fjk

consideriamo ora la quantit`a 12(f2

jk+ g2jk).

Differenziandola rispetto al tempo otteniamo:  1 2  fjk2 + g2jk  = −K 2(2 − fk− fj)(f 2 jk+ gjk2 )

e integrando l’equazione differenziale precedente otteniamo 1 2(f 2 jk+ gjk2 ) = e −KRt 0(2−fj−fk)ds(f2 jk+ gjk2 )(0)

(46)

46 4. Confronto tra Kuramoto e Langevin

Usando la convergenza esponenziale a 1 di fk, fj otteniamo

|1 − rjk(t)|2+ |sjk(t)|2/ e−Kt

Infine, poich`e rjk(t) = <ehΦj, Φki(t), otteniamo

j(t) − Φk(t)|2 / 2(1 − rjk) / e−

K 2t

(47)

Bibliografia

1. J¨org, David J. Stochastic Kuramoto oscillators with discrete phase states. Phys. Rev. E 96 (2017), no. 3, 032201.

2. Antonelli, P.; Marcati, P. A model of synchronization over quantum networks. J. Phys. A 50 (2017), no. 31, 315101.

3. Juan A. Acebr´on, L. L. Bonilla, Conrad J. P´erez Vicente, F´elix Ritort, and Renato Spigler The Kuramoto model: A simple paradigm for synchronization phenomena Rev. Mod. Phys. 77, 137 – Published 7 April 2005

4.Kuramoto, Y. Chemical oscillations, waves, and turbulence. Springer Series in Sy-nergetics, 19. Springer-Verlag, Berlin, 1984.

5. Kawamura, Yoji; Nakao, Hiroya; Arai, Kensuke; Kori, Hiroshi; Kuramoto, Yoshiki Phase synchronization between collective rhythms of globally coupled oscillator groups: noisy identical case. Chaos 20 (2010), no. 4, 043109.

6. Crawford, John D.; Davies, K. T. R. Synchronization of globally coupled phase oscil-lators: singularities and scaling for general couplings. Phys. D 125 (1999), no. 1-2, 1–46.

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