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Ottimizzazione della qualità dell'immagine diagnostica e riduzione della Dose di radiazioni ionizzanti in esami TAC con tecnica ASiR

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE

Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica

Ottimizzazione della qualità dell'immagine diagnostica e

riduzione della Dose di radiazioni ionizzanti in esami TAC con

tecnica ASiR

Tesi di Laurea Magistrale

RELATORI CANDIDATO

Ing. Vincenzo Positano Salvatore Maugeri

Dott. Giuseppe Capodieci

(2)

Indice

Introduzione ... 1

Capitolo 1 – La Tomografia Computerizzata ... 3

1.1 Principio di funzionamento ... 3

1.2 Evoluzione degli scanner CT ... 7

1.2.1 Prima generazione ... 7

1.2.2 Seconda generazione ... 8

1.2.3 Terza generazione ... 8

1.2.4 Quarta generazione ... 10

1.2.5 TC spirale o elicoidale o multistrato ... 10

1.3 Dalla formazione dell’immagine all’algoritmo iterativo “ASiR” ... 12

1.3.1 Formazione delle immagini TC ... 13

1.3.2 L’algoritmo iterativo “ASiR” ... 18

Capitolo 2 – La dose e la qualità dell’immagine in TC ... 20

2.1 Dosimetria radiobiologica ... 20

2.1.1 Esposizione X ... 20

2.1.3 Kerma (k) ... 21

2.1.4 Dose equivalente (H) ... 22

2.1.5 Dose efficace (ED) ... 22

2.2 Indicatori di Dose in TC ... 23

2.2.1 CTDI ... 23

2.2.2 DLP ... 26

2.2.3 LDR ... 27

2.3 Influenza dei parametri di acquisizione in TC sugli indicatori di dose ... 28

2.3.1 Modalità di scansione ... 28

2.3.2 Spostamento del tavolo/ Incremento 
 ... 29

2.3.3 Configurazione del Detettore 
 ... 29

2.3.4 Pitch ... 29

2.3.5 Tempo di Esposizione per Rotazione ... 30

2.3.6 Intensità della Corrente ... 31

2.3.7 Tensione ... 31

(3)

2.5.1 Rumore e SNR ... 33

2.5.2 Risoluzione di contrasto ... 35

2.5.3 Risoluzione spaziale ... 35

Capitolo 3 – Misure sperimentali ... 41

3.1 Scanner TC ... 41

3.2 Strumentazione per le misure dosimetriche ... 41

3.2.1 Fantoccio ... 42

3.2.2 Camera a ionizzazione ... 42

3.2.3 Elettrometro ... 43

3.3 Strumentazione per la misura della qualità dell'immagine ... 45

3.4 Misure sperimentali ... 47

3.4.1 Misura del Rumore e dell’SNR ... 51

3.4.2 CNR ... 54 3.4.3 Risoluzione Spaziale ... 56 Capitolo 4 – Risultati ... 58 4.1 Uniformità dell’Immagine ... 58 4.2 SNR ... 61 4.3 Contrasto e CNR ... 64 4.4 Risoluzione Spaziale ... 68 5 Conclusioni ... 72 Bibliografia ... 73

Indice delle Figure

Figura 1: Hounsfield ed il suo primo tomografo. ... 3

Figura 2: Schema di un tomografo ... 4

Figura 3: Struttura di un tomografo Siemens scattata all’interno della struttura ospedaliera Umberto I di SR ... 4

Figura 4: Schema di acquisizione dati ... 6

Figura 5: Visualizzazione di una fetta di un distretto anatomico tramite voxel ... 6

Figura 6: Acquisizione scanner di prima generazione – fascio parallelo e movimento di traslazione e rotazione sia del generatore di raggi X che del detettore . ... 8

Figura 7: Acquisizione scanner di seconda generazione – fascio a ventaglio stretto e movimento di traslazione e rotazione. ... 8

(4)

Figura 8: Acquisizione di terza generazione – fascio a ventaglio ampio e movimento di

rotazione/rotazione . ... 9

Figura 9: TC di terza generazione artefatto ad anello ... 9 Figura 10: Acquisizione negli scanner di quarta generazione – fascio a ventaglio e movimento di

rotazione/stazionario. ... 10

Figura 11: Rappresentazione schematica dell’acquisizione ad elica . ... 11 Figura 12: Confronto tra scanner Single Slice e Multiple Slice . ... 11 Figura 13: TC spirale – il tavolo del paziente si sposta attraverso l’anello mentre la rotazione e la

raccolta dati continuano ... 12

Figura 14: Historical image quality challenges GE Healthcare . ... 13 Figura 15: Principio di funzionamento della retroproiezione ... 14 Figura 16: Differenze tra retroproiezione semplice e filtrata, la sfocatura dell’immagine ottenuta

mediante retroproiezione semplice scompare utilizzando quella filtrata ... 16

Figura 17: Impiego di diversi filtri di convoluzione. ... 17 Figura 18: ASIR: a new reconstruction technique to lower dose without compromize, ASIR white

paper, GE Healthcare. (Christopher Argaud) ... 19

Figura 19: Calcolo del CTDI tramite camera a ionizzazione ... 24 Figura 20: Spostamento del lettino in funzione del pitch.. ... 30 Figura 21: Modulazione automatica della corrente. Si nota come venga data molta meno corrente in

prossimità di zone a bassa densità come il torace . ... 32

Figura 22: Immagine realizzata con un livello di ASiR del 100% si nota come nonostante la presenza

delle alterazioni di grigio l’immagine appaia piuttosto omogenea. ... 34

Figura 23: Immagine ottenuta senza l’utilizzo di ASiR, le alterazioni di grigio rendono l’immagine

granulosa ... 34

Figura 24: Pattern di barre di pmma intervallate da acqua utilizzate sia per una valutazione

qualitativa della risoluzione sia per il calcolo dell’MTF. ... 36

Figura 25: Spot di un tubo a raggi X. Un’area relativamente grande bombardata può dare uno spot

di dimensioni minori. ... 37

Figura 26: Formazione dell’immagine tramite convoluzione dell’oggetto iniziale per la PSF ... 37 Figura 27: LSF immagine tratta da internet ... 38 Figura 28: Calcolo dell’LSF e del ESF tramite rispettivamente il profilo attraverso una linea ed

attraverso un bordo ... 39

Figura 29: Aumento della frequenza spaziale. ... 39 Figura 30: Esempio di calcolo della curva dell’MTF e della sua valutazione considerado MTF90% ed

(5)

Figura 31: Camera ‘pencil’ di lunghezza 10 cm posizionata o al centro o alla periferia del fantoccio

di PMMA ... 41

Figura 32: Fantocci in PMM, versione “Head” (piccolo) e “Body” (grande). ... 42

Figura 33: Camera a ionizzazione di tipo ‘pencil’, di 10 cm di lunghezza e circa 1 cm di diametro. 43 Figura 34: Solidose, Model 400 ... 44

Figura 35: Sezioni del fantoccio QA utilizzato per le verifiche di qualità ... 45

Figura 36: Schema per il posizionamento del fantoccio nel lettino ... 46

Figura 37: Posizionamento ed allineamento del fantoccio tramite l’utilizzo dei laser ... 47

Figura 38: A sinistra, misurazione del ‘kerma in aria’ utilizzando la pencil camera posizionata all’isocentro del gantry. A destra, l’elettrometro Solidose collegato alla pencil camera. ... 48

Figura 39: Allineamento del phantom per il calcolo del CDI ... 49

Figura 40: Posizionamento della pencil nei fori del phantom ... 50

Figura 41: Prove per l’uniformità dell’immagine. Si effettua posizionando delle ROI in varie zone del fantoccio cercando di coprire sia zone periferiche sia zone centrali. ... 51

Figura 42: Per analizzare come la posizione influisca sul rumore si considerano delle ROI posizionate in vari punti del fantoccio ... 53

Figura 43: ROI utilizzata per il calcolo del SNR. Si considera una regione centrale dell’immagine. 54 Figura 44: Sezione 1 del fantoccio si posizionano 2 ROI una nel pmma in alto a sinistra e l’altra in basso a destro all’interno del cerchio riempito di acqua. ... 55

Figura 45: Barre utilizzate per il calcolo della risoluzione spaziale ... 56

Figura 46: Vengono posizionate delle ROI in ogni pattern e se ne calcola la deviazione standard. . 57

Figura 47: Analisi dell’uniformità dell’immagine, i valori oscillano in un intorno di +- 4 HU dallo zero ... 58

Figura 48: Andamento del rumore in funzione della posizione, ai numeri 1 e 7 corrispondono le ROI più esterne. ... 59

Figura 49: Andamento del rumore in immagini ricostruite con riduzione di corrente del 30% e ASiR 10%, 50%, 100% . ... 60

Figura 50: Andamento del rumore in immagini con riduzione di corrente del 50% e ASiR del 10%, 50%, 100% ... 60

Figura 51: Andamento del rapporto segnale rumore al variare del peso dell’algoritmo per vari valori di riduzione di corrente ... 62

Figura 52: Andamento del rapporto segnale rumore in funzione della corrente con valori di ASiR fino al 60% ... 62

Figura 53: Andamento del rapporto segnale rumore in funzione della corrente per valori di ASiR fino al 100%. ... 63

(6)

Figura 54: Grafico della matrice SNR. ... 64

Figura 55: Effetto visivo su immagini ricostruite con ASiR rispettivamente del 10% ,50%, 100% .... 64

Figura 56: Andamento del rapporto contrasto rumore in funzione di ASiR ... 65

Figura 57: Andamento del rapporto contrasto rumore in funzione della riduzione di corrente per un peso di ASiR fino al 60% ... 65

Figura 58: : Andamento del rapporto contrasto rumore in funzione della riduzione di corrente per un peso di ASiR fino al 100%. ... 66

Figura 59: Differenza dei valori di pmma e acqua in funzione di ASiR. ... 66

Figura 60: Andamento delle differenze dei valori di pmma e acqua al variare della corrente per ASiR fino al 60% ... 67

Figura 61: : Andamento delle differenze dei valori di pmma e acqua al variare della corrente per ASiR fino al 100%. ... 67

Figura 62: Il grafico mostra la curva dell’MTF al variare della corrente con ASiR del 10%. . ... 68

Figura 63: Grafico MTF al variare della corrente con ASiR 30%. ... 69

Figura 64: Grafico MTF al variare della corrente con ASiR 80% la riduzione di corrente non incide sulla risoluzione spaziale. ... 69

Figura 65: Grafico MTF al variare di ASiR con riduzioni di corrente del 10% ... 70

Figura 66: Grafico MTF al variare di ASiR con riduzione della corrente del 30% ... 70

Indice Tabelle

Tabella 1: Coefficienti di conversione per le varie regioni del corpo [21] ... 22

Tabella 2: Livelli diagnostici di riferimento di alcuni esami per persone adulte [34] ... 27

Tabella 3: ... 46

(7)

Introduzione

Attualmente, le radiazioni ionizzanti provenienti dagli scanner di tomografia computerizzata (TC) rappresentano la maggiore esposizione medica pro-capite per la popolazione dei Paesi industrializzati. Anche se questa crescita è dovuta principalmente al crescente numero di esami TC, la dose di radiazioni ionizzanti per esame è ancora elevata e rappresenta una preoccupazione non indifferente [14].

1. Nel corso degli anni la ricerca della qualità migliore possibile dell’immagine ha provocato lo spostamento dei parametri di acquisizione verso i limiti più alti, senza considerare la dose erogata alla popolazione. Oggi invece, sia per adempiere pienamente al principio ALARA (As Low As Reasonable Achievable) [19] sia per la normativa Euratom (59/2013) [13], in tutto il mondo i centri che si occupano di diagnostica per immagini stanno rivedendo i parametri di acquisizione dei protocolli.

L’ottimizzazione dei protocolli consente una diminuzione anche consistente della dose erogata, attraverso tecniche di modulazione automatica della corrente del tubo radiogeno, riduzione del voltaggio applicato al tubo, variazione della velocità di rotazione di quest’ultimo e avanzamento del lettino porta-paziente, pur mantenendo una buona qualità diagnostica delle immagini diagnostiche [14]. Oltre al settaggio dei parametri di

acquisizione, è possibile ottenere una riduzione della dose erogata dal tubo radiogeno utilizzando degli algoritmi di ricostruzione delle immagini TC. L’algoritmo standard in uso nella ricostruzione delle immagini è la retroproiezione filtrata, la cui sigla è FBP (Filtered Back Projection) [4], ovvero un algoritmo di tipo analitico che utilizza diverse relazioni matematiche per manipolare i dati in ingresso e produrre un’immagine finale. Le approssimazioni impiegate per modellizzare il sistema TC possono essere causa di un forte degrado della qualità dell’immagine, se le scansioni si effettuano con basse dosi. Per tale motivo, negli ultimi anni, sono stati introdotti gli “algoritmi iterativi”, dove l’immagine finale è ottenuta attraverso un processo iterativo di confronto e correzione dei dati elaborati dall’algoritmo con quelli misurati (derivanti dalla scansione TC).

Nel 2008 la General Electric ha introdotto il primo algoritmo iterativo commerciale per applicazioni cliniche, denominato ASiR [35]. L’algoritmo ASiR, partendo da un’immagine iniziale derivante da ricostruzione FBP, può lavorare su diversi “livelli” (da 0% a 100%, con incrementi del 10%). A differenza di quanto accade con la FBP, non potendo conoscere il codice dell’algoritmo ASiR (coperto da segreto industriale), non è possibile associare direttamente l’effetto di quest’ultimo sulle caratteristiche dell’immagine o eventuali artefatti

(8)

Il lavoro di tesi svolto si pone l’obiettivo di ridurre al minimo la dose assorbita dalla popolazione della provincia di Siracusa sottoposta ad esami TC, tramite il giusto utilizzo dell’algoritmo ASiR di General Electric [36].

L’elaborato si articola in tre fasi:

Inizialmente si descrive il funzionamento della TC e la sua evoluzione nel corso degli anni; in particolare si descrive il processo di acquisizione delle immagini tomografiche ed i principali componenti hardware che costituiscono i nuovi tomografi. Inoltre, viene descritto il processo di formazione delle immagini TC, soffermandosi sull’algoritmo FBP e sul funzionamento degli algoritmi iterativi in generale.

Successivamente, si descrive la dose con gli indicatori dosimetrici più rilevanti ed i parametri di acquisizione del tomografo che li influenzano. Inoltre, l’attenzione si focalizza sui metodi di riduzione di dose.

Il fulcro del lavoro svolto vede l’analisi sperimentale, effettuata solo dopo aver validato i dati macchina. Nel dettaglio, sono state acquisite immagini tomografiche di fantocci standard utilizzati di routine nei controlli di qualità delle macchine TC, adoperando protocolli di scansione simili alla pratica clinica. Dopodiché ci si è concentrati sui principali parametri di qualità di un’immagine TC, ovvero sullo studio del rumore (deviazione standard dei livelli di grigio su una regione di interesse dell’immagine, ROI) e sulla risoluzione spaziale assiale. Quest’ultima è stata valutata tramite il calcolo della Modulation Transfer Function (MTF).

Infine, dopo aver testato l’algoritmo, applicandolo in diverse percentuali, si ottengono i risultati finali, ovvero i protocolli che riducono al minimo la dose assorbita dal paziente durante l’esame TC.

(9)

Capitolo 1 – La Tomografia Computerizzata

La Tomografia Computerizzata, in breve TC, nasce a Londra alla fine degli anni ’70, per merito di Goedfrey N. Hounsfield, al quale nel 1979 fu attribuito il premio Nobel per la medicina (Fig.1).

Figura 1: Hounsfield ed il suo primo tomografo [38].

La TC supera i limiti radiografici in quanto è basata sulla generazione di immagini di sezioni trasversali del corpo del paziente [7]. Questa tecnica di diagnostica radiologica, che utilizza radiazioni ionizzanti per ottenere immagini tomografiche dei vari distretti del corpo umano, negli ultimi decenni ha assunto un ruolo centrale.

La frequenza d’uso di tale modalità di imaging è aumentata vertiginosamente negli ultimi anni poiché, a differenza della radiografia convenzionale, si avvale di un potente elaboratore matematico che riesce a valutare anche le più lievi perdite di intensità del fascio di raggi X, differenziando strutture con modesta differenza di densità ed ottenendo una sezione del corpo umana finemente dettagliata, superando il limite della sovrapposizione delle strutture tipiche della radiografia tradizionale.

1.1 Principio di funzionamento

Il principio di funzionamento della TC prevede una serie di misure di attenuazione da varie angolazioni attraverso una sezione di uno spessore definito del distretto anatomico da esaminare, ovvero tante proiezioni radiografiche dello stesso oggetto ad angolazioni diverse. Successivamente, mediante l’uso di un calcolatore che implementa precisi algoritmi di ricostruzione, viene ricostruita l’immagine digitale dell’oggetto tridimensionale. Grazie

(10)

di attenuazione lineare su tre dimensioni, in modo da poter distinguere tessuti simili tra loro [7].

Come per la radiografia tradizionale, anche in questo caso il fascio collimato di raggi X attraversa la sezione da esaminare fino ad arrivare al detettore, posto oltre il paziente. I detettori, costituiti da cristalli, solitamente di ioduro di cesio o tungsteno di cadmio, hanno la caratteristica di emettere luce quando colpiti da raggi X. L’intensità di luce emessa è misurata dai fotodetettori e fornisce la quantità di energia assorbita dal mezzo attraversato dai raggi X [1].

Figura 2: Schema di un tomografo [1]

Sia la sorgente radiogena che i detettori si trovano nel gantry, ovvero l’anello attraverso il quale scorre il lettino del paziente da esaminare, e possono ruotare (Fig.2).

(11)

Lo scanner, composto da sorgente e detettore, compie una rotazione di 360 gradi attorno al paziente ad una velocità che oscilla tra i 350 ed i 500 msec (Fig.3).

Di seguito l’analisi dei singoli componenti che costituiscono il gantry.

Tubo radiogeno

Il generatore di raggi X è il tubo radiogeno, all’interno del quale si verifica il fenomeno dell’emissione dei fotoni. Il tubo è costituito da un catodo, che rappresenta l’elettrodo negativo, e da un anodo, che rappresenta l’elettrodo positivo.

L’emissione fotoelettrica si realizza montando nel catodo un filamento di tungsteno sul quale scorre la corrente elettrica che lo riscalda e determina la fuoriuscita degli elettroni di conduzione per emissione termoionica. Tali elettroni vengono poi accelerati verso l’anodo grazie alla differenza di potenziale che viene applicata tra il catodo e l’anodo. In genere solo l’1% dell’energia cinetica degli elettroni è disponibile per la produzione di raggi X, il resto viene convertita in energia termica. Per tale motivo, per evitare l’eccessivo riscaldamento dell’anodo, vengono utilizzati anodi rotanti in modo che il fascio di elettroni incida in punti diversi.

Collimatori

Il fascio di radiazioni viene collimato sia all’ingresso che all’uscita dei detettori. Per tale motivo, affinché si ottenga la massima risoluzione e si determini lo spessore della sezione tomografica, i due collimatori devono essere allineati.

Detettori

I detettori raccolgono l’energia del fascio di raggi X, dopo che esso ha attraversato la regione anatomica da trattare.

Si distinguono due tipologie di detettori: solidi e gassosi.

I detettori solidi sono costituiti da cristalli a scintillazione associati a tubi fotomoltiplicatori per fornire un segnale elettrico. Il fotone raggiunge il cristallo e produce la scintillazione di intensità proporzionale all’energia dello stesso. La luce emessa dal cristallo colpisce il catodo che, successivamente, emette un certo numero di elettroni proporzionale all’intensità della luce. Dopodiché, grazie ai tubi fotomoltiplicatori, questi vengono moltiplicati, ottenendo in uscita un segnale amplificato proporzionale alla scintillazione in ingresso. I detettori gassosi sono costituiti da camere a ionizzazione contenenti gas ad alta pressione, come lo xenon. Il fotone raggiunge la camera a ionizzazione e, interagendo con le molecole di gas, produce ioni. Il numero di ionizzazioni è proporzionale all’energia dei raggi X che raggiungono il detettore.

(12)

Il dispositivo è inoltre composto dal lettino porta-paziente, da un elaboratore elettronico, da una console di comando (per visualizzare le immagini) e da un sistema di registrazione dei dati acquisiti (Fig.4) [2].

Figura 4: Schema di acquisizione dati [2]

I dati di assorbimento relativi ad un determinato angolo rappresentano una proiezione. Quest’ultima ha come larghezza quella del corpo e come spessore quello della fetta impostato [3].

Figura 5: Visualizzazione di una fetta di un distretto anatomico tramite voxel [3]

L’immagine TC è composta da pixel (picture elements) (Fig. 5). Ogni pixel dell’immagine visualizza le informazioni sulla luminosità relative all’anatomia del paziente che si trova nel voxel (volume element) corrispondente. Quest’ultimo, oltre ad avere lunghezza ed altezza uguale al pixel, presenta una terza dimensione. Lo spessore del voxel (Fig.5), ovvero la terza dimensione, è determinato dallo spessore della fetta, che è governato dalla collimazione meccanica del fascio di raggi X per mezzo di griglie di piombo. I valori tipici per le dimensioni dei pixels sono 0,5 mm x 0,5 mm; mentre lo spessore tipico della fetta è compreso tra 1 mm e 10 mm [4].

In TC il tubo radiogeno ruota attorno al paziente ad una distanza di circa 60 cm dal centro del gantry. Le dimensioni del fascio che attraversa il paziente sono di circa 50 cm nella

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scansione ogni voxel è irradiato da un fascio stretto di raggi X mille volte. Ogni volta che viene irradiato l’informazione sarà contenuta in una diversa proiezione. Durante l’esecuzione dell’esame il lettino, su cui è posto il paziente, trasla lungo l’asse di rotazione del tubo. La traslazione può essere di tipo sequenziale o elicoidale (detta anche spirale o volumetrica). La lunghezza di scansione, la collimazione del fascio ed il valore del pitch (avanzamento del lettino in una rotazione) determinano quanti giri effettua il tubo in un esame tomografico.

1.2 Evoluzione degli scanner CT

L’evoluzione degli scanner CT ha reso possibile l’incremento delle performance del tubo radiogeno, la riduzione dei tempi di scansione, dei tempi di ricostruzione, la diminuzione o addirittura l’eliminazione degli artefatti ed infine ha ridotto i tempi di esposizione alle radiazioni del paziente [22].

Come già detto, gli apparecchi TC convenzionali hanno subito un’evoluzione tecnologica tale da avere la prima, la seconda, la terza e la quarta generazione.

1.2.1 Prima generazione

Nello scanner CT di prima generazione (Fig.6), il fascio era costituito da un sottile pennello di raggi X solidale con un singolo rivelatore, solitamente uno scintillatore di Ioduro di Sodio. Essi si muovevano perpendicolarmente allo strato in esame (traslazione). Questo processo veniva ripetuto un grado alla volta fino a 180°. Per tale motivo i tempi di scansione erano abbastanza lunghi, circa 5-10 minuti per strato, rendendo impossibile lo studio di parti in movimento, come ad esempio il torace (affetto da respirazione e battito cardiaco) o l’addome (affetto da movimenti peristaltici). Il percorso del fascio a raggi X attraverso il soggetto è definito “raggio” e l’insieme di essi costituisce una “vista”. I primi scanner raccoglievano 160 raggi per vista.

(14)

Figura 6: Acquisizione scanner di prima generazione – fascio parallelo e movimento di traslazione e rotazione sia del generatore di

raggi X che del detettore [2].

1.2.2 Seconda generazione

Gli apparecchi di seconda generazione continuavano ad utilizzare il movimento di traslazione-rotazione (Fig.7). La differenza stava nel fascio di raggi X che questa volta assumeva una forma “a ventaglio”, di ampiezza variabile tra i 3° ed i 20°. L’ampiezza dipendeva dal numero di detettori, che da uno diventavano 3-30. Tutto ciò portava ad una riduzione del numero di rotazioni, una ogni 3°-20°, e quindi, una diminuzione del tempo di scansione (15- 30 secondi). Il fattore limitante per un’ulteriore velocizzazione dell’acquisizione è dato dalla complessità meccanica della traslazione e rotazione, effettuata in maniera accurata, per evitare eccessive vibrazioni delle strutture pesanti, poiché persino piccole variazioni della posizione dello scanner rispetto ai voxel della matrice di ricostruzione potrebbero provocare importanti artefatti nell’immagine finale.

Figura 7: Acquisizione scanner di seconda generazione – fascio a ventaglio stretto e movimento di traslazione e rotazione [2].

1.2.3 Terza generazione

Con gli scanner di terza generazione, ancora presenti in molti laboratori di radiologia, il movimento di traslazione-rotazione viene sostituito dalla sola rotazione, eliminando così

(15)

forma di un ampio ventaglio (35°-50°), mentre i detettori saranno disposti ad arco, opposti e solidali al tubo radiogeno, in modo da ruotare contemporaneamente intorno al paziente (movimento rotazione-rotazione). I movimenti di rotazione (180°-360°) sono limitati dalla presenza dei cavi elettrici, per tale motivo vengono effettuati una volta in senso orario e, successivamente, in senso antiorario (Fig.8).

Figura 8: Acquisizione di terza generazione – fascio a ventaglio ampio e movimento di rotazione/rotazione [2].

I primi modelli di terza generazione (anni ’70-‘80) utilizzavano 250 rivelatori, mentre quelli attuali arrivano ad averne circa 750, passando da tempi di scansione di 5 sec a qualche frazione di secondo. Contrariamente a quelli di prima e seconda generazione, dove prima di ogni traslazione veniva effettuata una ricalibrazione dinamica, gli scanner di terza generazione richiedono un’elevata stabilità dei rivelatori.

In questa generazione, ciascun rivelatore misura il raggio passante solo attraverso una determinata distanza dal centro di rotazione, dipendente dalla posizione del rivelatore nell’array, per cui qualsiasi errore o deriva nella calibrazione di un dato rivelatore rispetto agli altri è retroproiettato lungo gli stessi tragitti, provocando un artefatto ad anello (Fig.9), visibile anche per una non accuratezza dello 0,1%.

Figura 9: TC di terza generazione artefatto ad anello

Questi artefatti ad anello, anche utilizzando rivelatori di alta qualità (a volte si utilizzano rivelatori a stato solido), saranno minimizzati ma comunque presenti. Infine, esistono

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di ricostruzione dell’immagine.

1.2.4 Quarta generazione

Gli scanner CT di quarta generazione sono, in un certo senso, l’estrema conseguenza del processo di incremento del numero di rivelatori (Fig.10). Un grande numero di rivelatori (600 i primi, adesso fino a 4800) è disposto a formare una corona circolare stazionaria intorno al paziente, mentre il tubo radiogeno ruota all’interno dell’anello, nello spazio compreso tra il paziente ed i rivelatori stessi. I tempi di scansione possono essere ridotti a meno di un secondo.

Figura 10: Acquisizione negli scanner di quarta generazione – fascio a ventaglio e movimento di rotazione/stazionario [2].

Questi scanner non sono molto utilizzati poiché limitati dalla minor efficienza nell’uso dei rivelatori e dalla maggiore sensibilità agli artefatti dovuti alla diffusione dei fotoni, in quanto non possono essere impiegati dei collimatori antiscattering.
In conclusione, il metodo convenzionale di acquisizione sezione per sezione produce registrazioni poco accurate causa dei movimenti involontari, portando all’esigenza di un’acquisizione simultanea di più sezioni che ha portato allo sviluppo della tecnologia ad elica.

1.2.5 TC spirale o elicoidale o multistrato

Questa TC è un’evoluzione degli scanner della terza generazione. In questo caso il sistema tubo-rivelatori ruota continuamente intorno al paziente mentre, simultaneamente, il lettino trasla avanti e indietro, costituendo la forma a spirale (Fig.11).

(17)

Figura 11: Rappresentazione schematica dell’acquisizione ad elica [2].

L’anello rotante, grazie a dei contatti striscianti che permettono una rotazione continua del tubo radiogeno e dei detettori, mantenendo il contatto elettrico con i componenti stazionari, riduce il tempo che intercorre tra una scansione e l’altra. Ciò richiede anche prestazioni più elevate del tubo a raggi X, ovvero una potenza istantanea superiore rispetto ai modelli utilizzati nelle generazioni precedenti ed un sistema per dissipare il calore in maniera più efficace e resistere a temperature più elevate. Inoltre, anche l’algoritmo di ricostruzione dell’immagine deve essere modificato, affinché i metodi di interpolazione possano generare le proiezioni in un unico piano, in modo che le varie sezioni si sovrappongano lungo l’asse di scansione migliorando il campionamento dei dati senza dover impartire una dose maggiore.

Un’ulteriore miglioria è stata apportata grazie all’introduzione di “array multipli” di rivelatori (Fig.12).

Figura 12: Confronto tra scanner Single Slice e Multiple Slice [5].

Con la TC multistrato (Fig. 12) il corpo umano viene virtualmente “affettato” in tanti strati sub-millimetrici (fino a 160 al secondo) che, in seguito all’elaborazione tramite software, forniscono immagini 3D ed informazioni sulla funzionalità della struttura anatomica

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quando il fattore limitante è il respiro da trattenere. Le prestazioni, quindi, sono notevolmente migliori, tali da ottenere ricostruzioni multi-planari ottime [6].

Figura 13: TC spirale – il tavolo del paziente si sposta attraverso l’anello mentre la rotazione e la raccolta dati continuano [7].

L’evoluzione della TC spirale (Fig.13), caratterizzata dall’aggiunta di più file di rivelatori, ha permesso di studiare volumi corporei velocemente (Fig.13) (acquisizione dell’immagine in 30-40 sec) e con fette più sottili (migliorando la risoluzione lungo l’asse x), rendendo virtualmente nulla la possibilità di introdurre artefatti dovuti a movimenti fisiologici o alla registrazione dell’immagine stessa ma, contemporaneamente, ha determinato un aumento della radio- esposizione media della popolazione sottoposta ad indagini di Diagnostica per Immagini. Ciò si verifica perché l’irraggiamento del paziente avviene da tutte le direzioni radiali e quindi la distribuzione di dose nel corpo si discosta molto dalla radiografia convenzionale. Inoltre, a differenza di quest’ultima, poiché il tubo a Raggi X ruota intorno al paziente, la dose erogata sulla superficie è uniforme e tende a decrescere passando dalla superficie verso il centro del paziente.

Da qui si evince che i descrittori di dose utilizzati per la radiografia convenzionale non sono adatti nell’ambito della TC ed è necessario definire delle grandezze specifiche [12].

1.3

Dalla formazione dell’immagine all’algoritmo iterativo

“ASiR”

I principi fisici alla base della formazione di un’immagine di Tomografia Computerizzata sono caratterizzati dalle fasi di acquisizione, elaborazione e visualizzazione (Fig. 14).

(19)

Figura 14: Historical image quality challenges GE Healthcare [35].

Affinché sia possibile produrre l’immagine tutti i dati provenienti dal paziente devono essere acquisiti, cioè registrati sistematicamente, utilizzando uno dei metodi di scansione visti in precedenza. Inoltre, per ottenere una localizzazione spaziale dei vari tessuti e una misura della loro attenuazione lungo ciascuna vista occorre misurare un numero elevato (centinaia) di proiezioni, ottenendo diversi profili di attenuazione fotonica, di cui è possibile calcolare la distribuzione.

La fase di elaborazione dei dati consiste in un processo fisico-matematico cui vengono sottoposti i coefficienti di attenuazione media di ciascun voxel della sezione acquisita mediante un numero elevato di viste angolari.

Infine, la fase di visualizzazione prevede la riproduzione su monitor della scala di grigi ottenuta. Poiché questi dispositivi di visualizzazione consentono di differenziare solo un numero limitato di livelli di grigio, si preferisce rappresentare solo un certo intervallo di numeri TC, corrispondenti alle strutture di maggiore interesse in rapporto al quesito clinico e al distretto anatomico in esame. Tale intervallo è determinato da una finestra di visualizzazione che, in base alla sua ampiezza, quali coefficienti densiometrici devono essere visualizzati.

Vediamo nel dettaglio la fase di elaborazione e quindi di ricostruzione dell’immagine.

1.3.1 Formazione delle immagini TC

Il processo di ricostruzione dell’immagine avviene in funzione del coefficiente di attenuazione lineare di ciascun voxel della sezione, ottenuto da varie misure effettuate con diversi angoli di rotazione. L’attenuazione propria del voxel aumenta al crescere della densità e del numero atomico del tessuto (mediati sui voxel), mentre diminuisce con l’aumentare dell’energia dei raggi X. Il valore di attenuazione per ciascun voxel viene determinato matematicamente, utilizzando tutte le proiezioni che intersecano quel dato

(20)

La misura di attenuazione dei raggi X permette di calcolare la riduzione dell’intensità del fascio che attraversa uno specifico materiale di spessore Dx, come espresso nella seguente formula:

I

t

= I

0

e

-µDx

dove It è l’intensità misurata oltre il materiale attraversato dal fascio di raggi X, I0 è l’intensità misurata in assenza di materiale e µ rappresenta il coefficiente di attenuazione lineare del materiale in questione.

Ciascuna regione anatomica può essere trattata come una pila di voxel lungo il percorso lineare del fascio attraverso il paziente, dal punto focale del tubo radiogeno fino al rivelatore, per cui la misura di attenuazione rappresenta la somma delle singole attenuazioni di tutti i materiali attraversati. Quindi, considerando Dx lo spessore di ogni voxel e µ il coefficiente di attenuazione lineare (costante per ogni voxel), l’intensità trasmessa sarà data dalla seguente formula:

𝑰 = 𝑰

𝟎

𝒆

% ∑ 𝝁𝒊∆𝒙

𝒌 𝟏

Dove k è il numero di voxel attraversati.

Quando tutte le proiezioni sono state raccolte è possibile iniziare la ricostruzione della sezione con un algoritmo detto retroproiezione [6] .

La retroproiezione può essere vista come il processo inverso all’acquisizione.

(21)

La ricostruzione dell’immagine si può ottenere riproiettando all’indietro le proiezioni ottenute (Fig 15). Facendo ciò si ottiene un’immagine poco definita. Per superare tale problema si ricorre alla cosiddetta “retroproiezione filtrata” (Filtered Back Projection) (Fig16). Tale tecnica, prima di immettere i dati nella matrice di ricostruzione, filtra matematicamente il valore di attenuazione di ciascun raggio secondo ogni proiezione. In particolare, tale metodo retroproietta il valore numerico di attenuazione di ciascun fascio lungo la sua stessa traiettoria verso il campo di ricostruzione, ottenendo un insieme di valori numerici per ciascun punto del campo di ricostruzione. Questi numeri vengono trasformati in corrispondenti toni di grigio, in modo da ottenere un’immagine che rappresenta un’approssimazione dell’oggetto esaminato. Una volta eseguita la retroproiezione, che genera un’immagine distorta dell’oggetto esaminato, i dati grezzi vengono modificati mediante un processo matematico detto convoluzione che modifica il valore di un raggio in base al valore di quelli vicini. Ai dati grezzi possono essere applicati diversi tipi di filtri in grado di modificare le caratteristiche dell’immagine, esaltandone alcuni aspetti e riducendone altri (Fig 17).

(22)

Figura 16: Differenze tra retroproiezione semplice e filtrata, la sfocatura dell’immagine ottenuta mediante retroproiezione semplice

scompare utilizzando quella filtrata [12].

L’immagine TC di solito viene prodotta su una matrice di 512x512 pixel, dove a ciascun pixel (corrispondente a un voxel in 3D) corrisponde un particolare valore di attenuazione.

(23)

Dato il valore di attenuazione di ciascun voxel, esso viene scalato ad un determinato valore intero e normalizzato rispetto ad un voxel contenente acqua, per mezzo del calcolo dei rispettivi numeri CT (denominati anche “numeri di Hounsfield”), secondo la seguente formula:

𝑪𝑻 = 𝑲 1

𝝁𝒎 3 𝝁𝒘

𝝁𝒘

5

dove µm è il valore misurato del materiale nel voxel in esame e K, con valore compreso

nell’intervallo [1,100], rappresenta il fattore di scala. Il coefficiente di attenuazione dell’acqua è ottenuto durante le procedure di calibrazione della macchina. I voxels contenenti un materiale che attenua più dell’acqua (ne è un esempio il tessuto muscolare o l’osso) possiedono un numero CT positivo, mentre i materiali con un coefficiente di attenuazione inferiore a quello di riferimento (ne è un esempio il tessuto adiposo o i polmoni) hanno numeri CT negativi.

Per quanto riguarda i livelli di grigio dell’immagine radiologica, essi corrisponderanno ai numeri CT in relazione ai coefficienti di attenuazione dei singoli tessuti contenuti e rappresentati nei pixel che compongono la matrice.

Figura 17: Impiego di diversi filtri di convoluzione. a Sezione TC torace con filtro standard (media frequenza). b Sezione TC torace

con filtro per parenchima polmonare (alta frequebnza). c ricostruzione piano coronale con filtro standard eseguita a bassa dose radiante. d ricostruzione piano coronale con filtro per tessuti molli eseguita a bassa dose radiante. Elementi di tomografia computerizzata, Springer (Faggiani, Paolicchi, Neri) [35].

(24)

1.3.2 L’algoritmo iterativo “ASiR”

L’approccio convenzionale di ricostruzione TC noto come “filtered back projection” (FBP) è veloce ed è stato molto utile alla comunità radiologica negli ultimi trent’anni. Tuttavia, le ipotesi semplificate fatte nel FBP spesso portano a prestazioni non ottimali in termini di rumore e artefatti d’immagine. Di solito, il modo più semplice per sopprimere il rumore è quello di aumentare il flusso di fotoni, ovvero la corrente di tubo radiogeno. L’aumento del milliamperaggio provoca un incremento della dose somministrata al paziente.

Un modo per superare i limiti delle tecniche FBP è quello di utilizzare metodi di “Ricostruzione Iterativa” (Fig 18). Le ricostruzioni iterative funzionano sulla base della stima di una soluzione, per poi perfezionarla con diverse iterazioni. Il processo di affinamento consiste nel migliorare l’accuratezza del calcolo iniziale. La ricostruzione iterativa inizia con una prima stima (solitamente si sceglie la soluzione FBP); in seguito i passi successivi migliorano la stima attuale dell’oggetto. In particolare, il metodo iterativo si articola nel seguente modo:

1) Si calcola cosa ci si aspetterebbe di misurare se la corrente stimata fosse corretta ("proiezione sintetizzata”). Questo passo modella il processo di generazione del segnale.

2) La proiezione sintetizzata viene poi confrontata con il reale e la differenza tra i due sistemi di misura fornisce informazioni per ottimizzare la stima attuale della soluzione.

3) Si ripetono i passi precedenti finché non si raggiunge il criterio di qualità dell’immagine.

Un altro aspetto importante del processo di ricostruzione iterativa sono i compromessi tra i risultati migliori ed i tempi di ricostruzione più lunghi. La modellazione di tutti i componenti del processo di generazione del segnale è eccellente dal punto di vista della qualità dell’immagine, ma di intensità computazionale, tale da costituire una delle principali barriere all’implementazione nell’uso clinico di routine.

Il metodo di “Ricostruzione Iterativa Statistica Adattiva” (ASiR) si concentra sulle cause profonde del rumore nel processo di generazione del segnale:

§ Le fluttuazioni nella misura di proiezione dovute a statistiche limitate sui fotoni, specialmente quando i valori bassi di kV e mA sono utilizzate per ridurre la dose e il rumore elettronico;

§ Le caratteristiche di rumore dell’oggetto scansionato sono modellate (dispersione, ecc…).

(25)

Questo metodo affina anche la corrente della soluzione stimata modellando le statistiche dei fotoni e l’oggetto scansionato, sottraendo così il rumore nell’immagine finale [35].

Figura 18: ASIR: a new reconstruction technique to lower dose without compromize, ASIR white paper, GE Healthcare. (Christopher

Argaud) [36]

Per gestire i crescenti carichi di lavoro computazionale, ASiR è abbinato ad un nuovo motore di ricostruzione che ricostruisce le immagini ASiR a velocità equivalenti o superiori a quelle degli attuali scanner basati su FBP.

Inoltre, è importante sottolineare che ASiR offre vantaggi significativi nell’uso clinico, soprattutto per le acquisizioni che generano un rumore sostanziale dell’immagine come esami a basse dosi, pazienti di grandi dimensioni, fette sottili, ecc.

Il processo si basa sulla capacità di riconoscere il rumore nelle immagini e progressivamente sottrarlo, restituendo l’immagine 𝐴𝑆𝑖𝑅:;;%.

Grazie a questa tecnica, la dose può essere abbassata mentre la qualità dell’immagine e l’integrità anatomica sottostante dovrebbe essere mantenuta o migliorata. In realtà in ambito clinico con l’applicazione della soglia 100% non viene apprezzata in quanto i medici radiologi lamentano una plasticità visiva dell’immagine, tale da compromettere la diagnosi finale. A tal fine solitamente si preferisce utilizzare una combinazione lineare pesata fra

(26)

l’immagine ricostruita tramite (FBP) e l’immagine ricostruita tramite 𝐴𝑆𝑖𝑅:;;%. A titolo di

esempio, impostando un peso di ASiR del 50% si otterrà una ricostruzione di questo tipo: 𝐼 = 0.5 × 𝐹𝐵𝑃EFFGHEIJ + 0.5 × 𝐴𝑆𝑖𝑅:;;%

Capitolo 2 – La dose e la qualità dell’immagine in TC

Come già anticipato, la TC oggi copre un ruolo fondamentale nella diagnostica per imaging, grazie alla sua duttilità (che ne consente un ampio campo di applicazione) ed alle sue notevoli performance in termini di qualità delle immagini che ne escono fuori. Questo largo impiego pone il problema di ridurre il più possibile la dose erogata al paziente, pur mantenendo un’ottima qualità delle immagini.

2.1 Dosimetria radiobiologica

Per analizzare il concetto di dose bisogna quantificare il livello di radiazioni ionizzanti utilizzato, ovvero di radiazioni in grado di ionizzare la materia con cui vengono a contatto, trasformando gli atomi di cui essa è composta in particelle cariche, dette ioni.

Di seguito si descrivono le principali unità di misura della dosimetria radiobiologica.

2.1.1 Esposizione X

La più antica delle grandezze dosimetriche, essa descrive la capacità dei raggi X di produrre ionizzazione in aria.

L’esposizione è definita come:

dove dQ è il valore assoluto della carica totale degli ioni, dello stesso segno, prodotti in aria quando tutti gli elettroni liberati dai fotoni nell'elemento di massa dm, sono completamenti fermati in aria.

L'unità di misura originale dell'esposizione era il Roentgen (simbolo R) ed è stata progressivamente sostituita dal C⋅Kg−1 . L'esposizione X può essere inoltre definita come il prodotto tra l'intensità della radiazione per il tempo. Con intensità di radiazione si intende il numero di fotoni x che colpiscono la pellicola fotografica nell'unità di tempo, essa è

(27)

Vale quindi la relazione:

X =kV⋅n⋅mA⋅s

dove:
kV è la tensione ai capi del tubo radiogeno, espressa in kilovolt di picco, n è un numero compreso tra 3 e 5,
mA è il valore medio della corrente nel tubo radiogeno, espressa in milliampere ed infine,
s è il tempo di esposizione del corpo alla radiazione x, espresso in secondi.
Questa espressione è di notevole importanza in quanto descrive la dipendenza dell'esposizione dai parametri tecnologici dell'apparecchiatura che vedremo in seguito.


2.1.2 Dose assorbita (D)

La dose assorbita è la più importante grandezza dosimetrica e rappresenta la quantità di energia assorbita dall'unità di massa di un tessuto irradiato.


È definita dall'espressione:

D=dE/dm

Dove dE è l’energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia

in un elemento volumetrico, mentre
dm è la massa di materia contenuta in tale elemento volumetrico. L'unità di misura corrente nel sistema internazionale è il Gray (Gy), pari a 1 Joule/Kg.
Solitamente si utilizzano i suoi sottomultipli, ovvero il mGy ed il μGy.


2.1.3 Kerma (k)

Il kerma (Kinetich Energy Released in Matter), rappresenta la somma di tutte le energie cinetiche delle particelle cariche, prodotte da radiazioni ionizzanti in un campione, divise per la massa del campione stesso.

Per i raggi x il kerma coincide con la dose assorbita e si misura quindi in Gray (Gy).
Un kerma di 1Gy equivale all'assorbimento di 1 Joule di energia da parte di 1 Kg di aria. La differenza tra kerma in aria e kerma del tessuto è circa del 10% quindi essi si assumono uguali ai fini di radioprotezione.

(28)

2.1.4 Dose equivalente (H)

La dose equivalente esprime la capacità della radiazione di generare effetti biologici sui tessuti non solo in rapporto all'energia ceduta ma anche in base al tipo di radiazione.
 È una grandezza dosimetrica convenzionale ottenuta moltiplicando la dose assorbita D per un fattore di ponderazione della radiazione WR

H=D⋅W R

Dove quest’ultimo tiene conto del danno biologico arrecato dalle diverse radiazioni. L'unità di misura della dose equivalente è il Sievert (Sv), che ha sostituito il Rem (Radiation equivalent man).

2.1.5 Dose efficace (ED)

La dose efficace rappresenta un parametro che descrive il rischio prodotto dalle radiazioni ionizzanti, considerando sia il tipo di radiazione utilizzata sia l’organo irraggiato. In questo modo è possibile confrontare le diverse tecniche radiologiche ed inoltre permette di informare il paziente sul diverso rischio associato (ad esempio confronto tra radiografia e TC del torace) [21]. La relazione che permette questa stima dipende da un coefficiente di

conversione “k” che tiene conto dell’età e del distretto corporeo esaminato (Tabella 1).

Dose efficace= DLP x k

dove k (mSv*mGy-1*cm-1) è dato dalle linee di guida europee [25].

Tabella 1: Coefficienti di conversione per le varie regioni del corpo [21]

Regione corporea k

Testa 0.0023

Collo 0.0054

Torace 0.017

(29)

Bacino 0.019

L'unità di misura della dose efficace è il Sievert (Sv).

2.2 Indicatori di Dose in TC


La dose di radiazione assorbita viene misurata con l'utilizzo di svariati strumenti tra i quali: camera di ionizzazione, dosimetro a termoluminescenza e fantoccio di simulazione.

Gli indicatori di dose sono delle grandezze fisiche misurate sul fantoccio in grado di determinare la dose erogata durante la procedura radiologica in questione.
Per conoscere gli effetti dovuti alle scansioni multiple, sono stati delineati gli indici di dose indicativi della dose di radiazione emessa durante una scansione CT, pur non fornendo nessuna informazione sulla dose realmente assorbita dal paziente in esame.

A differenza della radiografia convenzionale, in cui c’è un solo punto sorgente, per cui la dose che si ha in ingresso è molto maggiore di quella in uscita, in Tomografia Computerizzata l’esposizione avviene su 360°, fornendo un gradiente di dose simmetrico attorno al paziente.

La scelta dei parametri da utilizzare nelle diverse prove, tra cui la tensione (kV), l’intensità di esposizione (mAs), gli spessori T, il numero di strati N e la spaziatura I delle scansioni, dipende dai protocolli utilizzati normalmente nei vari tipi di esami.

Oggi, i due principali descrittori di dose in TC sono il CTDI (Computed Tomography Dose Index) ed il DLP (Dose Length Product) [11], riportati sulla console di comando in base ai

parametri di scansione impostati dall’operatore.

2.2.1 CTDI

Il CTDI (Computed Tomography Dose Index) è stato introdotto da Shope nel 1981, definendolo come l’integrale del profilo di dose lungo l’asse z di una singola scansione, normalizzato per lo spessore dell’immagine acquisita.
Quindi, esso può essere definito come il valore della dose assorbita che si ha nello strato acquisito durante una singola rotazione del tubo,

(30)

stimata su fantoccio in PMMA (polimetilmetacrilato) di lunghezza 14 cm e con diametro 16 cm per l ‘Head e 32 cm per il Body [17].

Da un punto di vista matematico, il CTDI è definito dalla seguente relazione:

dove z è la coordinata nella direzione longitudinale, n è il numero degli strati elementari acquisiti simultaneamente, T è lo spessore di questi ultimi, mentre il prodotto n*T è la collimazione. Infine D(z) è il valore della dose assorbita nel punto z. L’unità di misura è il Gray [Gy] [25].

Figura 19: Calcolo del CTDI tramite camera a ionizzazione [26]

Da un punto di vista geometrico il CTDI è l’altezza del rettangolo che ha per base la collimazione e per area la stessa area compresa sotto il profilo di dose (Fig. 19).
Nella pratica, poiché la misura del CTDI si esegue tramite una camera a ionizzazione cilindrica lunga 100 mm, per convenzione i limiti di integrazione vengono fissati a -50 mm e 50 mm

(31)

Tuttavia, dal momento che la dose assorbita dalla superficie del distretto esaminato può avere un valore molto diverso da quello della dose che raggiunge il centro del target e quindi può variare in base alla posizione lungo il FOV, è stato introdotto il CTDIw (Weighted Computed Tomography Dose Index), definito sulla base delle misure del CTDI eseguite al centro ed in periferia del fantoccio secondo la seguente formula [12]

:

Il valore del CTDI periferico è la media di almeno 4 misure alla periferia del fantoccio. La scelta dei pesi relativi alle componenti periferiche e centrale segue l’indicazione di Leitz et al. del 1995 che mostrarono la dipendenza lineare del CTDI100 dalla distanza radiale dall’asse del fantoccio. Nel 2009 l’IEC (International Electrotechnical Commission) ha indicato nel CTDIw un utile indicatore dell’output dello scanner [18].

Fino ad ora il CTDIw è stato definito solo per una singola scansione assiale e non prevede nessuna correzione per il valore del pitch utilizzato nella scansione spirale.

Nelle scansioni spirali, strati nominali successivi possono essere parzialmente sovrapposti o distanziati in base al valore del pitch, con conseguente incremento o diminuzione della dose. Per tenere in considerazione quest’ultimo è stato introdotto il CTDI volumetrico, il quale fornisce informazioni a proposito della quantità di radiazioni impiegate per eseguire uno studio TC:

Il CTDIvol è misurato in unità di mGy per esposizioni su un fantoccio in materiale acrilico, con diametro di 16 cm (esami encefalo) o di 32 cm (esami body). Impiegando parametri e tecniche di scansione identiche, il CTDIvol misurato nel fantoccio di 16 cm di diametro è circa il doppio di quello misurato nel fantoccio di 32 cm [12].

(32)

Ad oggi sussiste il problema per cui la verifica degli LDR richiede la misura del CTDIw per certi esami standard, mentre il valore più corretto di dose assorbita è dato dal CTDIvol e le due misure potrebbero essere diverse. Ad esempio lo stesso valore di CTDIvol può essere ottenuto con due pitch diversi e corrisponde a valori di CTDIw molto diversi: 10 mGy di CTDIvol con pitch uguale a 0.5 corrispondono ad un CTDIw di 20 mGy, mentre portando il pitch ad 1, corrisponderà un CTDIw di 10 mGy.

Poiché il CTDIvol non è uguale alla quantità di dose assorbita dal paziente, Il Report 204

AAPM [28] introduce un parametro denominato SSDE (Size Specific Dose Estimate) [37] che consente di stimare la “dose paziente” basandosi sul CTDIvol e sulle dimensioni del paziente. Per un identico CTDIvol, un paziente piccolo tenderà ad avere una “dose paziente” maggiore rispetto ad un paziente di grosse dimensioni [11]. I fattori di conversione basati sulla grandezza del paziente (ad esempio la dimensione AP o laterale, diametro effettivo) sono impiegati per stimare la dose paziente (per un paziente di quelle dimensioni). Nonostante tutto, il parametro SSDE non rappresenta l’esatta “dose paziente”, dal momento che fattori quali la lunghezza della scansione e la composizione del paziente possono differire da quelle standardizzate impiegate per calcolare l’SSDE. Quindi, quest’ultimo non rappresenta la dose organo specifica, ma la dose media misurata al centro del volume esaminato.

Ai fini del lavoro di tesi, il CTDIvol è un parametro utile se confrontato tra diversi pazienti e protocolli. Questo indice dosimetrico può essere usato come misura per confrontare l’accuratezza dei protocolli utilizzati in centri diversi e su tomografi differenti quando le variabili collegate, come la qualità delle immagini ottenute, vengono anch’esse considerate.

2.2.2 DLP

Il DLP (Dose Length Product) è la grandezza dosimetrica che descrive l’esposizione complessiva in un esame TC [25]. Il suo valore è ottenuto moltiplicando il CTDIvol per la

lunghezza di scansione, L:

Si misura in mGy*cm.
La verifica degli LDR comprende la stima del DLP che prende il significato di dose integrale ed anch’esso deve essere visualizzato sulla console dell’apparecchio tomografico per dare all’operatore le giuste informazioni sulla dose

(33)

fare una prima valutazione del rischio radiologico.

2.2.3 LDR

Gli LDR (Livelli Diagnostici di Riferimento) sono stati introdotti dalla ICRP (International

Commission on Radiological Protection) [31] nella pubblicazione 73 del 1996 e sono stati

riconfermati e definiti nella Direttiva europea 2013/59/Euratom come strumento per l’ottimizzazione dell’esposizione dei pazienti sottoposti ad indagini diagnostiche con radiazioni ionizzanti (Tabella 2). Si ritiene che tali livelli non debbano essere superati per procedimenti standard, in condizioni di applicazione corrette e normali dell’intervento diagnostico e tecnico [29].

In linea di principio, gli LDR si applicano alle procedure standard in tutti i settori della radiologia diagnostica e sono particolarmente utili nei settori in cui è possibile attuare una riduzione considerevole della dose individuale o delle dosi collettive, oppure nei casi in cui la diminuzione della dose assorbita comporti una diminuzione relativamente elevata del rischio:

• Esami frequenti, compresi gli screening sanitari; 


• Esami che comportano dosi elevate, quali TC e procedure che richiedono tempi 
lunghi di fluoroscopia (radiologia interventistica); 


• Esami con pazienti più sensibili alle radiazioni ionizzanti, come i bambini.


Per la tomografia computerizzata, l’indice di dose tomografico pesato (CTDIw) ed il prodotto dose per lunghezza (DLP) sono quantità adatte ad essere impiegate come LDR. Gli standard di sicurezza raccomandano che il CTDIw sia indicato sulla console del tomografo per dare all’operatore un’indicazione approssimata della dose al paziente. Per questo motivo i corrispondenti valori visualizzati dalle apparecchiature devono essere verificati periodicamente, tramite misure sperimentali. 


Tabella 2: Livelli diagnostici di riferimento di alcuni esami per persone adulte [34]

LIVELLI DIAGNOSTICI DI RIFERIMENTO

ESAME CTDIw (mGy) DLP (mGy x cm)

(34)

Trauma vertebrale 70 460

Torace di routine 30 650

Torace ad alta risoluzione 35 280

Addome di routine 35 780

Fegato e milza 35 900

Pelvi di routine 35 570

Pelvi per osso 25 520

Fonte: European Guidelines on Quality Computed Tomography, EUR 16262,1999.

2.3 Influenza dei parametri di acquisizione in TC sugli

indicatori di dose

I parametri di acquisizione vengono impostati nell’interfaccia utente in fase di preparazione e definiscono la tecnica che verrà usata e come procederà la scansione.
La variazione di un singolo parametro di acquisizione, mantenendo tutti gli altri costanti, influenzerà tipicamente il CTDIvol per quel determinato studio.

2.3.1 Modalità di scansione

Le moderne apparecchiature TC consentono diverse Modalità di Scansione, tipicamente caratterizzate dalla tipologia di movimento che effettua il lettino porta-paziente durante l’esame.
Gli “Scan Mode” possibili sono:

• Sequenziale (Axial) 


• Elicoidale o spirale (Helical or Spiral) 
 • Dinamica (Dynamic)


Nell’ultima modalità vengono realizzate acquisizioni multiple sullo stesso segmento corporeo, portando a grandi valori di CTDIvol dal momento che il tomografo registra la somma dei valori di CTDIvol di ogni rotazione. Viene utilizzata per gli esami di perfusione, bolus tracking o test bolus [32]. 


(35)

2.3.2 Spostamento del tavolo/ Incremento

Il parametro, noto come Spostamento del tavolo, per le acquisizioni volumetriche, o Incremento, per le acquisizioni sequenziali, rappresenta il movimento del tavolo attraverso il “gantry” durante una rotazione completa di 360°.
La velocità dello spostamento del tavolo provoca una variazione del CTDIvol, dato che è una variabile del pitch [32]. 


2.3.3 Configurazione del Detettore

La configurazione del fascio determina la Collimazione del fascio (nT), ovvero il prodotto tra il numero di canali (n) e la larghezza del rilevatore connesso con ogni canale dati (T). Solitamente, una collimazione del fascio ristretta determina un CTDIvol più elevato rispetto ad una collimazione del fascio ampia. 


E’ importante che gli operatori monitorino i valori di CTDIvol quando viene variata la configurazione del detettore [32].

2.3.4 Pitch

Il Pitch è il rapporto tra lo Spostamento del Tavolo per una rotazione del gantry diviso la collimazione (ampiezza del fascio). Questo è un parametro adimensionale importante sia per la determinazione della dose di radiazione ricevuta dal paziente sia per la qualità dell’immagine finale.

A seconda del tomografo può determinarsi una compensazione automatica delle variazioni del pitch (ad esempio varia la corrente di tubo) per mantenere costante il CTDIvol impostato.
In particolare, utilizzando tomografi GE, andando a variare altri parametri, è possibile notare come il CTDIvol sia indipendente dal pitch.

Infine, questo parametro può essere maggiore, minore o uguale a 1(Fig. 20).
 Ø Pitch < 1: l’ampiezza del fascio è parzialmente sovrapposta ad ogni angolo di proiezione da rotazione a rotazione; ciò implica una maggiore dose per il paziente; Ø Pitch = 1: nessuna sovrapposizione del fascio ad ogni angolo di proiezione e nessun

(36)

Ø Pitch > 1: alcuni angoli di proiezione sono scoperti dall’ampiezza del fascio in determinate posizioni del tavolo.

Figura 20: Spostamento del lettino in funzione del pitch. Si nota come per pitch >1 si ha un sottocampionamento del volume,

contrariamente a quanot succede per pitch<=1 [33].

Nei protocolli clinici solitamente utilizzati questo valore è compreso tra 1 e 2. Utilizzando un pitch pari ad 1 e uno spessore unitario, è possibile ottenere una risoluzione quasi isotropa tra il piano di scansione e l’asse del paziente, ma solo su lunghezze abbastanza brevi per le limitazioni imposte dal tubo radiogeno e dal mantenimento del respiro (non superiore ai 30 sec) [32].

2.3.5 Tempo di Esposizione per Rotazione

Rappresenta la durata temporale, espressa in secondi, in cui l’erogazione dei raggi X è attiva durante la rotazione del gantry. Quindi, prende in considerazione il tempo di rotazione del gantry e l’intervallo di acquisizione angolare.
Quando viene modificato il Tempo di Esposizione per Rotazione è importante il monitoraggio, da parte degli operatori, degli altri parametri. In base al tomografo utilizzato può verificarsi una compensazione automatica delle variazioni dei valori del Tempo di Esposizione per Rotazione (ad esempio varia la corrente di tubo) facendo si che il CTDIvol non vari, come magari spera l’operatore. Il tomografo GE rientra proprio in questo caso [32].

(37)

2.3.6 Intensità della Corrente

L’Intensità di Corrente determina il numero di elettroni accelerati tra gli elettrodi del tubo catodico nell’unità di tempo.
Il CTDIvol è direttamente proporzionale all’Intensità di Corrente (misurata in milliAmpere).

Inoltre, il CTDIvol è direttamente proporzionale al Prodotto Corrente-Tempo (misurato in mAs), ovvero il prodotto tra l’Intensità di Corrente applicata al tubo ed il Tempo di Esposizione per rotazione [32].

2.3.7 Tensione

E’ il potenziale elettrico applicato tra i due elettrodi del tubo per accelerare le cariche elettriche in direzione del target.
Il CTDIvol è circa proporzionale al quadrato della percentuale di variazione della Differenza di Potenziale (misurata in kV) [32].

2.3.8 Modulazione e Riduzione della Dose

Le tecniche di Modulazione e Riduzione della Dose variano notevolmente in base al costruttore della TC, al modello ed alla versione del software.
Nella maggior parte dei casi i parametri tecnici (e quindi anche il CTDIvol) vengono adattati in maniera automatica allo scopo di raggiungere un livello prestabilito di qualità dell’immagine e di ridurre al minimo la dose erogata.

I tomografi di ultima generazione (come quelli utilizzati durante lo studio) presentano un sistema di regolazione automatica, denominato AEC (Automatic Exposure Control) [33], in grado di controllare l’erogazione della corrente di tubo e modularla in base al diverso livello di attenuazione che il fascio di raggi X incontra durante il suo percorso (Fig. 21).
I sistemi AEC si basano su tre diverse tipologie di modulazione:

§ Patient size modulation: i mA vengono regolati in base alle dimensioni del paziente, ottenute mediante l’acquisizione di uno scanogramma.

§ Z-axis modulation: dipende dall’attenuazione del fascio nei diversi distretti anatomici. Ad esempio, la corrente fornita per ottenere una scansione del torace sarà inferiore a quella utilizzata per il bacino. La TC, quindi, si basa su una mappa di attenuazione misurata lungo l’asse longitudinale del paziente durante l’esecuzione di uno scanogramma.

(38)

§ Rotational modulation: i mA vengono modulati in base all’angolo di proiezione, per ridurre i raggi emessi in ciascuna rotazione di tubo.

Figura 21: Modulazione automatica della corrente. Si nota come venga data molta meno corrente in prossimità di zone a bassa densità

come il torace [32].

Oggi, le case costruttrici utilizzano sistemi di modulazione della dose combinati [24].
In particolare, nei macchinari General Electric, settando l’opzione “auto-mA” ad N (modalità Normale), si utilizzano valori di attenuazione ottenuti con lo scanogramma per:

- Aumentare la corrente nei punti a più alta attenuazione, ottenendo così una buona qualità dell’immagine; 


- Diminuire la corrente nei punti a più bassa attenuazione, riducendo così la dose fornita al paziente e mantenendo il rumore nelle diverse immagini. 


A differenza dell’Intensità di Corrente, la Tensione non varia a seconda della posizione del tubo (angoli di proiezione) intorno al paziente. La Tensione al tubo per un paziente specifico (regione anatomica ed esigenza diagnostica), viene scelta e mantenuta costante per tutta l’acquisizione, sebbene possa essere variata per un’esigenza diagnostica diversa.

Per i distretti anatomici presi in esame, la tensione di tubo oscilla tra i 120 ed i 140 kV.

2.5 Qualità dell’Immagine

Un’immagine biomedica può essere definita come un insieme di regioni adiacenti, ognuna caratterizzata da un proprio valore di grigio idealmente appartenente ad un determinato

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sistema riproduce l’oggetto ripreso, quindi, nel caso della TC come rappresenta l’oggetto O(x,y,z) in funzione della distribuzione tridimensionale dell’attenuazione µ(x,y,z). Per valutare le prestazioni complessive di un sistema è essenziale comprendere l’interdipendenza dei più importanti parametri di qualità dell’immagine, vale a dire principalmente rumore, dose e risoluzione. L’obiettivo di un esame TAC, e quindi la funzione di un’immagine diagnostica, è quello di riuscire a rispondere ad un quesito diagnostico. La dose di radiazioni ionizzanti emessa può essere ridotta solamente se i parametri di qualità dell’immagine non vengono deteriorati al punto che l’immagine non è più utile a quella funzione. Nel seguito verranno introdotti i parametri più importanti per valutare la qualità di un’immagine biomedica così da poter valutare in maniera oggettiva l’impatto dell’algoritmo iterativo sull’immagine finale.

2.5.1 Rumore e SNR

Il rumore è una quantità che è sempre presente nei sistemi di acquisizione, elaborazione e trasmissione dell’informazione e non è mai completamente eliminabile. Sostanzialmente i tipi di rumore che maggiormente influenzano un’immagine TC sono:

• Il rumore sistemico • Il rumore quantico

Il rumore sistemico, può essere attribuito alla risposta del rilevatore sia in presenza che in assenza di raggi X. In assenza di radiazioni ionizzanti infatti si verifica la prodizione spontanea di elettroni che prende il nome di “dark current”. Quando non sono presenti raggi X questo effetto solitamente è trascurabile, diventa invece causa di non uniformità di risposta del rilevatore e si manifesta come rumore quando impattano su di questo delle radiazioni ionizzanti. Il secondo tipo di rumore, invece, si forma a causa delle fluttuazioni casuali che si sovrappongono al segnale utile di un’immagine nella fase di acquisizione. Ipotizzando che i fotoni emessi da un tubo a raggi X seguano una statistica Poissoniana, si può esprimere la formula generale del rumore quantico come:

s

=

√𝑵

Dove N rappresenta il numero di eventi, ovvero il numero di fotoni emessi dal tubo a raggi X. Da questa relazione si evince come il rumore nelle immagini radiologiche abbia una dipendenza dal numero dei fotoni rilevati e quindi una relazione diretta, oltre che con

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lineare, anche con l’intensità del fascio radiante. In termini visivi è apprezzabile per la presenza di alterazioni locali e causali dell’intensità dei livelli di grigio, per cui regioni dell’immagine che dovrebbero apparire uniformi mostrano al contrario una spiccata granulosità, come si può notare nelle immagini sottostanti (Fig. 22, 23).

Figura 22: Immagine realizzata con un livello di ASiR del 100% si nota come nonostante la presenza delle alterazioni di grigio

l’immagine appaia piuttosto omogenea.

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