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L'obesita, una patologia multifattoriale: la dieta mediterranea come fattore di trattamento e prevenzione.

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Specialistica in

Scienze della nutrizione umana

TESI DI LAUREA

L’OBESITA’, UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE:

DIETA MEDITERRANEA COME FATTORE DI

TRATTAMENTO E PREVENZIONE

                 

               Relatore

:    

               Prof.ssa  Maria  Claudia  Gargini  

               Dott.ssa  Beatrice  Francioni                                                                    

                                                                                                                                                                                                                                         Candidata:  

                                                                                                                                                                                                           Rosalia  Lisacchi  

 

                                                                             

 

                                                                     

 

                                                                             ANNO  ACCADEMICO  2018-­‐2019                

(2)
(3)

INDICE

RINGRAZIAMENTI ... I

ABSTRACT………...III

CAPITOLO I ... 1  

1.1 DEFINIZIONE DI OBESITA’ E CENNI STORICI ... 1  

1.2 OBESITA’ E MISURE ANTROPOMETRICHE ... 4  

1.3 CLASSIFICAZIONE DELL’OBESITA’ ... 9  

1.4 EPIDEMIOLOGIA E DIFFUSIONE DELL’OBESITA’ ... 10  

1.4.1  IL  SISTEMA  DI  SORVEGLIANZA  “OKKIO  ALLA  SALUTE”  NEL  CONTESTO  INTERNAZIONALE  ....  12  

1.4.2  “OKKIO  ALLA  SALUTE”  E  DATI  NAZIONALI  ...  13  

1.4.3  I  PASSI  ...  15  

1.4.4 I  PASSI  D'ARGENTO………...17

CAPITOLO II

2.1 L’OBESITA’, UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE ... 19  

2.2 FATTORI GENETICI ... 19  

(4)

2.4 CAUSE IPOTALAMICHE ... 23  

2.5 CAUSE NEUROLOGICHE ... 23  

2.6 L’ALIMENTAZIONE ... 23  

2.7 SEDENTARIETA’ ... 25  

2.8 CAUSE PSICOLOGICHE ... 27  

2.9 FARMACI ... 28  

CAPITOLO III ... 30  

3.1 CONSEGUENZE ... 30  

3.2 OBESITA’, DIABETE E INSULINO RESISTENZA ... 30  

3.3 OBESITA’ E ALTERAZIONI CARDIOVASCOLARI ... 33  

3.4 OBESITA’ E MALATTIE DELL’APPARATO RESPIRATORIO…. 34  

3.5 OBESITA’ E MALATTIE GASTRO-INTESTINALI ... 37  

3.6 OBESITA’, IPERURICEMIA E STEATOSI EPATICA ... 38  

3.7 OBESITA’ E MALATTIE OSTEOARTICOLARI ... 40  

(5)

CAPITOLO IV ... 44  

4.1 L’ABC DELLA SANA ALIMENTAZIONE ... 44  

4.1.1  I  CARBOIDRATI  ...  45  

4.1.2  I  GRASSI  ...  46  

4.1.3  LE  PROTEINE  ...  48  

4.1.4  I  MICRONUTRIENTI  ...  49  

4.2 LA DIETA MEDITERRANEA: IN COSA CONSISTE? ... 49  

4.3 PREVENIRE L’AUMENTO DI PESO: BUONE ABITUDINI DA

METTERE IN PRATICA ... 58

 

4.4 L’ABC DELL’ATTIVITA’ FISICA ... 59  

4.5 CONSIGLI PER UNO STILE DI VITA ATTIVO ... 62  

4.6

CENNI

SULL’AGOPUNTURA,

COME

TRATTAMENTO

INTEGRATO DELL’OBESITA’ ... 63

CAPITOLO V ... 65  

5.1 OBIETTIVO DELLO STUDIO ... 65  

(6)

 

5.2.1  MISURE  ANTROPOMETRICHE  E  DELLA  COMPOSIZIONE  CORPOREA  ...  66  

5.2.2  REGIME  DIETETICO  ...  67  

5.2.3  RISULTATI  ...  68  

5.2.4  ANALISI  DEI  RISULTATI  ...  72  

CAPITOLO VI ... 75  

6.1 CONCLUSIONI ... 75  

BIBLIOGRAFIA

APPENDICE

(7)
(8)

I

RINGRAZIAMENTI

Il mio viaggio è giunto al termine. Un particolare ringraziamento va alle mie relatrici, la Prof.ssa Maria Claudia Gargini, per la sua disponibilità, per l’impegno e il tempo dedicatomi, e alla Dott.ssa Beatrice Francioni, per avermi trasmesso nozioni e avere avuto pazienza ed entusiasmo. Il suo aiuto e i suoi preziosi consigli hanno fornito un contributo determinante per la stesura dell’intero elaborato.

Alla mia famiglia va un enorme GRAZIE perché senza di loro non avrei potuto intraprendere questo percorso. In particolare ringrazio: papà Giacomo, che mi ha sempre dato forza anche quando questa vacillava; mi ha ascoltato e incoraggiato costantemente spingendomi ad affrontare ogni esame con serenità e senza preoccuparmi del voto preso; mamma Maria Rosaria, per l’amore e per la serenità che mi ha sempre dimostrato. Non mi ha mai fatto sentire sola anche quando eravamo a più di 1200 km di distanza ed è anche per merito suo se sono arrivata a questo punto; il mio fratellone Pietro che, scherzosamente, è per la famiglia il “genio”. Grazie anche ai suoi piccoli consigli posso dire: “Ce l’ho fatta!”. Ringrazio i miei zii per i loro saggi consigli, per avermi ascoltato quando lo sconforto era veramente tanto e se ho potuto terminare il mio percorso è anche in parte grazie a loro che mi hanno sostenuto sotto tutti i punti di vista.

Una dedica speciale, quanto speciale lo è per me, va ad Adriano, la persona con cui quotidianamente condivido la mia vita e che in questi due anni e mezzo mi ha sopportato, supportato e creduto in me e nelle mie potenzialità.

Ringrazio il Centro di Sanità Solidale “Amici del cuore” di Lucca per la splendida accoglienza e per avermi dato la possibilità di vivere questa bellissima esperienza formativa. Si tratta di una struttura che ha voluto dare una risposta concreta alle esigenze sanitarie dei cittadini che non trovano la giusta e tempestiva assistenza nel nostro sistema di sanità nazionale, garantendo prestazioni sanitarie a basso costo. In particolare, oltre all’equipe medica, un grazie speciale va a Federica, eccezionale segretaria, e Giulia,

(9)

II bravissima infermiera, con cui ho condiviso le mie ansie e instaurato un bellissimo rapporto di amicizia.

Infine, un pensiero va ai miei suoceri, e non perché siano meno importanti, ma perché mi hanno sempre trattato come una figlia e, come tali, mi hanno dato dei consigli preziosi.

(10)

III

ABSTRACT

In questa tesi viene analizzata l'importanza della dieta mediterranea come metodo efficace nella lotta all'obesità e al sovrappeso, attraverso anche uno studio effettuato presso il

Centro di Sanità Solidale “Amici del cuore” di Lucca, che ha mirato alla raccolta di dati

scientifici che ne hanno dimostrato la valenza, a sostegno delle ipotesi iniziali. L’indagine ha cercato di fornire, innanzitutto, una panoramica sul contesto storico e socio-culturale che ha prodotto, a partire dal secondo dopoguerra, in Europa e, in particolar modo, in Italia, condizioni economiche tali da influire sulla scelta degli alimenti da parte della popolazione, che hanno determinato un aumento di peso, degenerato poi in patologie gravemente compromettenti per la stessa salute. Le conseguenze di questi fenomeni sono state poi trattate nel dettaglio nei diversi capitoli che compongono questo studio.

La tesi è suddivisa in cinque capitoli.

Il primo, come già si è accennato, ha inquadrato il problema legato al sovrappeso e all'obesità dal punto di vista storico: partendo dal Medioevo e arrivando fino alla ripresa economica dopo la Seconda Guerra mondiale, si è visto che il grasso in eccesso veniva considerato, a fasi alterne, come segno di cattiva salute (al tempo dei Greci e della Rivoluzione Francese) o di benessere (Rinascimento). Ai giorni nostri, si tratta di una condizione molto diffusa che colpisce particolari regioni e fasce d'età, così come dimostrato da diversi studi in ambito nazionale ed internazionale, come “Okkio Alla

Salute”, “I Passi” e “Passi d'argento”.

Il secondo capitolo tratta, invece, le cause che possono portare a una condizione di aumento della massa grassa corporea e prende in esame alcuni fattori, come quelli genetici, le cause endocrine, ipotalamiche, neurologiche e psicologiche che, unite a una scorretta alimentazione e all'eccessiva sedentarietà, figlia del tempo in cui viviamo, non fanno altro che aggravare queste patologie.

Nel terzo vengono poi affrontate le conseguenze in cui i soggetti incorrono quando sviluppano sovrappeso e obesità. Lo studio evidenzia come possano insorgere importanti

(11)

IV patologie a carico dell'apparato cardiovascolare, di quello respiratorio e gastrointestinale. Inoltre, c'è un'alta percentuale di rischio di potere aggravare ulteriormente il proprio stato di salute, favorendo lo sviluppo di diabete e insulino-resistenza, iperuricemia e steatosi epatica, malattie osteoarticolari e persino tumori.

Il quarto capitolo contiene le linee guida della dieta mediterranea. In esso vengono descritti i principali alimenti che la compongono, la quantità e la frequenza in cui è giusto assumerli. I pilastri su cui si basa sono diversi: tra questi si menzionano, prevalentemente, frutta e verdura, ortaggi, pesce (soprattutto quello azzurro) e legumi. Non mancano anche altri alimenti, quali pane e pasta, carni bianche e farinacei, seppur nelle giuste quantità. Per spiegare meglio come funziona la dieta mediterranea, si è fatto riferimento a uno schema di forma piramidale in cui, partendo dalla base, troviamo gli elementi indispensabili che è possibile assumere in quantità maggiori e giornalmente, fino ad arrivare in cima, dove invece ci sono gli alimenti per i quali è sconsigliabile fare un uso quotidiano. Accanto a questo tipo di dieta, si è visto che uno stile di vita più sano, caratterizzato da un esercizio fisico costante, aiuta ulteriormente a vivere meglio. A conclusione del capitolo vi è una breve disamina sull’agopuntura come trattamento integrato dell’obesità.

Infine, il quinto capitolo si concentra sullo studio effettuato presso il Centro di Sanità

Solidale “Amici del Cuore” di Lucca, dove sono stati raccolti dei dati relativi a pazienti

con problemi di obesità e sovrappeso, con lo scopo di valutare gli effetti della dieta mediterranea nel corso del tempo. Nonostante fosse necessario un periodo di tempo molto più lungo per potere effettuare un'analisi più precisa, si sono comunque potuti notare dei risultati notevolmente apprezzabili in termini di riduzione della massa adiposa, al netto di alcuni fattori di resistenza che hanno rallentato questi processi. Tra i più comuni, poca fiducia nel regime alimentare da seguire, perplessità sui tempi di miglioramento della propria condizione fisica e scarsa o totale assenza di volontà nel fare esercizio fisico

(12)

1

CAPITOLO I

1.1 DEFINIZIONE DI OBESITA’ E CENNI STORICI

L’obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo peso corporeo dovuto ad un accumulo di tessuto adiposo che influisce negativamente sullo stato di salute, con conseguente riduzione dell’aspettativa di vita. Il grasso in eccesso e la sensazione di pesantezza, tipici di questa condizione, possono derivare da una serie di fattori di tipo comportamentale, come un regime alimentare sbagliato e la sedentarietà, patologici, come squilibri metabolici e ormonali, e psicologici di tipo relazionale, emozionale e mentale (1). Nel corso della storia dell'umanità, tante sono state le evoluzioni di un modello culturale di uomo e donna. Ai greci e ai romani si deve il canone di bellezza classico, caratterizzato da proporzioni armoniose, fisico atletico negli uomini e leggiadria nelle donne. I greci furono i primi a riconoscere l'obesità come un disturbo medico: Ippocrate scrisse che “la

corpulenza non è solo una malattia in se ma il presagio di altre”. Il sovrappeso era

comune tra gli alti funzionari europei nel Medioevo e nel Rinascimento, così come nelle antiche civiltà dell'Asia orientale. Da sempre, accanto a un uomo importante, non poteva esserci una donna filiforme ed esile, poiché era, per la società di quei tempi, considerata poco rappresentativa e inadeguata al ruolo matronale. Le rotondità, quindi, nelle figure femminili delle classi più agiate, erano quelle meglio apprezzate e, soprattutto, erano doti richieste. La concezione di grasso come indicatore di benessere e salute viene demolita con l’avvento della rivoluzione Francese ma è con la fame patita nelle guerre mondiali che viene ripreso il principio secondo cui, avere una modesta riserva adiposa, conferisca all’organismo maggiori difese preziose per fronteggiare la denutrizione generalizzata. Questo perché la maggior parte delle popolazioni ha lottato contro la scarsità di cibo: l'obesità è pertanto rimasta storicamente circoscritta a una minoranza, venendo considerata come un segno di ricchezza e di prosperità. A partire dagli anni cinquanta, l'aumento della ricchezza nei paesi industrializzati ha condotto a una diminuzione della mortalità infantile

(13)

2 ma ha portato all'aumento del peso corporeo e, di conseguenza, sono diventate più frequenti le patologie a carico di diversi organi (2).

L’eccesso di peso rappresenta una delle sfide di sanità pubblica più serie del XXI secolo per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), secondo cui, negli ultimi due decenni, la prevalenza dell’obesità è triplicata e ha ormai raggiunto proporzioni epidemiche. Il motivo fondamentale è, appunto, l’alimentazione non corretta e i livelli bassi di attività fisica (3). La patologia funge, inoltre, da fattore causale di un ampio spettro di malattie metaboliche tra cui il diabete, le malattie cardiovascolari, la steatosi epatica, i tumori e l’osteoartrite. Molte prove hanno evidenziato che il sovraccarico di nutrienti, e quindi la sovranutrizione, porta a delle risposte infiammatorie nei tessuti degli organi coinvolti nella regolazione dell’omeostasi metabolica sistemica. Questa, associata all’obesità, è di solito di basso grado ed è considerata infiammazione metabolica (4-5). Quando l’infiammazione persiste, altera in modo inappropriato alcune vie metaboliche, come la cascata di segnalazione dell’insulina, provocando insulino-resistenza e disregolazione metabolica sistemica, con conseguente deposito di grasso locale nei tessuti degli organi periferici, come il tessuto adiposo, il fegato e i muscoli scheletrici (6).

E’stato dimostrato che nella maggior parte dei casi si presenta un’obesità di tipo essenziale che dipende da uno stile di vita errato, mentre solo una piccola percentuale presenta un’obesità di tipo secondaria, dovuta a cause patologiche. Alla base di tutto c’è uno squilibrio tra introduzione e consumo di calorie, che può essere dovuto sia alle abitudini alimentari, che ad altri fattori, come quelli già menzionati, relativi alla sfera emozionale-psicologica, che causano un maggiore introito calorico con atteggiamenti di tipo compulsivo (7-8). Un altro fattore che risente negativamente dell’eccesso ponderale è la salute psicosociale e la qualità di vita dell’individuo, condizioni che gravano sullo sviluppo socio-economico, aumentando i costi dell’assistenza sanitaria e riducendo la produttività ed il reddito. La prevalenza dell’obesità varia tra un paese e l’altro e, soprattutto, fra i diversi gruppi socio-economici all’interno del paese dove risultano importanti i determinanti ambientali e socioculturali legati alla dieta e all’attività fisica.

(14)

3 Il luogo comune, abbastanza diffuso, per il quale l’obesità è un problema dei ricchi, è da sfatare. Infatti, le fasce di popolazione più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico, tendono a consumare alimenti di scarsa qualità, come carni processate, grassi saturi e zuccheri semplici, piuttosto che frutta e verdura che dovrebbero costituire la base di una sana alimentazione.

Particolarmente preoccupanti sono i dati sullo stato ponderale dell’infanzia in Europa: dal 1975 l’obesità nei bambini e negli adolescenti è aumentata di dieci volte nel mondo e di tre volte in Italia. Anche questa risulta essere quindi una delle più grandi sfide per la salute pubblica del XXI secolo (9). Il problema è globale e sta interessando in maniera crescente molti paesi a basso e medio reddito, in particolare nei contesti urbani.

E’possibile che la condizione di obesità infantile persista fino all’età adulta e induca a una maggiore probabilità di sviluppare malattie non trasmissibili. La prevenzione necessita quindi di alta priorità.

(15)

4

1.2 OBESITA’ E MISURE ANTROPOMETRICHE

L’obesità, in quanto fenomeno patologico, impone la ricerca di metodi corretti per la sua valutazione. La distribuzione del tessuto adiposo ha molta importanza: infatti, dal punto di vista prognostico, l’obesità androide, o addominale, è molto più pericolosa di quella ginoide o gluteo-femorale (10). La misurazione della distribuzione del grasso corporeo può essere effettuata con diverse metodiche che valutano, appunto, la condizione di eccedenza ponderale e la distribuzione della massa adiposa. Attualmente, quelle utilizzabili nella comune prassi ambulatoriale consistono nella:

• misurazione del peso corporeo e dell’altezza con determinazione del BMI (Body Mass Index);

• misurazione delle circonferenze; • determinazione delle pliche cutanee;

• valutazione della composizione corporea tramite BIA o bioimpedenziometria.

La misurazione dell’altezza si esegue tramite un antropometro, o stadiometro, fissato accuratamente al muro. E’uno strumento costituito da un’asta verticale, graduata in mm e cm dal basso verso l’alto, in cui è inserita una barra mobile orizzontale che andrà posta sul punto più alto del capo, in modo tale da orientare lo sguardo diritto all’orizzonte. Il soggetto sarà misurato privo di scarpe, occorre quindi essere scalzi o indossare calze molto fini, i talloni uniti, le punte dei piedi devono essere leggermente divaricate a 60° e le ginocchia non devono essere piegate. L’occipite, le scapole, i glutei e i talloni devono rimanere, durante la misurazione, a contatto con la parete. La barra mobile deve esercitare sul capo una pressione sufficiente a comprimere i capelli che devono essere liberi da code di cavallo, rasta, trecce e cerchietti che possono alterare la misurazione dell’altezza. Il soggetto verrà quindi invitato ad inspirare profondamente per raggiungere l’altezza massima, in modo tale da ridurre le oscillazioni, mantenendo sempre fissa la linea di visione secondo il piano di Francoforte (piano che passa tra il forame uditivo ed il margine inferiore dell’orbita), parallelo alla base di appoggio.

(16)

5 La misura del peso, invece, avviene tramite una bilancia ben tarata. Anche qui si invita il soggetto a rimanere senza scarpe e, possibilmente, senza vestiti. La maggiore precisione è raggiunta quando il soggetto viene pesato al mattino, dopo una notte di digiuno, a vescica e intestino svuotati.

Dal rapporto peso-altezza si ricava il BMI o l’IMC (Indice di Massa Corporea, secondo la definizione italiana), considerato come il metodo più rappresentativo della presenza di grasso corporeo in eccesso (11). Il BMI si calcola secondo la formula seguente:

1.2 Statimetro

(17)

6 Le classi di peso per gli adulti indicate dal BMI sono:

• <18,5 sottopeso;

• 18,5 – 24,9 normopeso; • 25 – 29,9 sovrappeso; • >30 obesità.

Risultano essere molto importanti anche le misurazioni delle circonferenze come metodica di valutazione dell’obesità e della distribuzione del grasso corporeo. Esse sono misurate semplicemente utilizzando un metro in plastica flessibile millimetrato. Il soggetto è invitato a stare in piedi e dovrà tenere quest’ultimi ad una distanza di 10-15 cm, in modo da bilanciare quanto più possibile il peso del corpo. La circonferenza vita è un utile parametro nella pratica clinica e viene rilevata a metà dell’addome circa, tra il livello dell’ultima costola (subito sotto il limite costale laterale) e il margine superiore della cresta iliaca (12). Questo parametro è forse più importante del BMI poiché, a parità di massa corporea, il rischio di mortalità aumenta linearmente con esso. Infatti secondo diverse ricerche, a un aumento del girovita di soli 5 cm, corrisponde un incremento del rischio cardiovascolare del 17%. I valori limite sono 102 per gli uomini e 88 per le donne (13).

1.4 Classificazione Bmi

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7 Spesso l’obesità addominale è associata a glicemia, colesterolo e trigliceridi alti, colesterolo HDL basso e pressione alta. Circonferenza vita e BMI sono fattori associati ma indipendenti: il BMI, infatti, definisce il grado di obesità mentre la circonferenza vita stima l’accumulo di tessuto adiposo viscerale ma entrambi contribuiscono al rischio di sviluppare altre malattie associate all’obesità. Infine, la circonferenza dei fianchi misura la massima ampiezza intorno ai glutei mentre la circonferenza della coscia, in particolare quella destra, è misurata a livello della piega dei glutei.

Per fare una stima della massa grassa sottocutanea, ovvero quella localizzata al di sotto del derma, la plicometria è una delle metodiche più utilizzate. E’ di rapida esecuzione, a basso costo, non invasiva e facilmente interpretabile nel tempo per il monitoraggio dello stato nutrizionale, sia attraverso l’utilizzo delle pliche, che tramite la combinazione di pliche e circonferenze. Lo strumento utilizzato, in questo caso, è il plicometro, facilmente trasportabile, costituito da una pinza e da una scala graduata, che misura la distanza tra le punte, e può essere di tipo manuale o digitale. Con il termine plica si indica lo spessore di una piega costituita da cute e relativo tessuto adiposo sottocutaneo in un punto specifico del corpo. E’ fondamentale, per una corretta tecnica di rilevazione, che la misurazione venga fatta dallo stesso operatore e con lo stesso strumento e che la pressione del plicometro sia costante nei tessuti in modo da non introdurre errori di misurazione, che andrebbero ad alterare il valore ottenuto. Di seguito vengono riportate le principali pliche e quindi i punti in cui queste vengono prese:

• addominale; • coscia anteriore; • pettorale; • bicipitale; • avanbraccio; • soprailiaca; • tricipitale.

(19)

8 Un’altra metodica precisa, non invasiva e di semplice esecuzione in campo ambulatoriale è la BIA (Bioelectrical Impedance Analysis, o analisi dell’impedenza biolelettrica). Questa tecnica parte dal presupposto che i tessuti biologici hanno la proprietà di condurre corrente e, attraverso la determinazione dell’impedenza corporea al passaggio di una corrente elettrica alternata, è possibile ottenere informazioni sulla composizione tissutale di un organismo vivente. La misura dell’impedenza bioelettrica dipende dalla presenza di acqua nei vari distretti corporei. Il corpo umano, se normopeso, è costituito per 2/3 da fluidi, suddivisi nei compartimenti intra (ICW) ed extracellulare (ECW). Si ha, quindi, in modo schematico, che l’impedenza che la massa magra oppone al passaggio della corrente elettrica è costituita da due componenti fondamentali:

• la resistenza, dovuta ai fluidi intra ed extracellulari; • la reattanza capacitativa dovuta alle membrane cellulari.

Il tessuto adiposo, invece, costituito da adipociti, oppone al passaggio della corrente

elettrica un’impedenza dovuta dalla componente resistiva dei depositi lipidici. Il soggetto da esaminare, in questo caso, si deve distendere in posizione supina su un

lettino piano, senza che venga a contatto con parti conduttive, in particolare parti metalliche, come bracciali, anelli o parti del lettino stesso, che potrebbero sfasare il risultato dell’esame. Il soggetto deve mantenere una posizione con arti superiori e inferiori abdotti a 30-45°, in maniera tale che le braccia non tocchino il busto e le cosce non tocchino tra di loro. Gli elettrodi verranno così disposti: una coppia, uno iniettore e l’altro sensore, disposta dorsalmente sulla mano, a livello della 3^ articolazione metacarpo-falangea e dell’articolazione radio-ulnare; l’altra coppia invece, sul piede omolaterale, a livello della 3^ articolazione metatarso-falangea e dell’articolazione tibio-tarsica.

Il riferimento standard è l’emisoma destro. La misura da tenere in considerazione è quella rilevata tra i 2 e i 10 minuti a partire da quando il soggetto si è disteso. Per una corretta misurazione è necessario assicurarsi sul posizionamento del soggetto, che non abbia fatto attività fisica nelle ore precedenti, che non abbia bevuto alcol almeno 12 h prima o che non abbia fumato nelle 2 h ore precedenti alla misurazione. Inoltre, è necessario che questi non

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9 abbia una temperatura corporea oltre i 38°C per non indurre a una riduzione della resistenza (12).

1.3 CLASSIFICAZIONE DELL’OBESITA’

L’obesità può essere classificata come:

• lieve o di 1° grado (IMC = 30-34.9, eccedenza ponderale del 20-40%); • media o di 2° grado (IMC = 35-39.9, eccedenza ponderale del 41-100%);

• grave o di 3° grado o patologica (IMC = >40, eccedenza ponderale oltre il 100%).

In condizioni fisiologiche, maschio e femmina si distinguono per una diversa distribuzione della massa adiposa ma in situazioni patologiche tali differenze possono aggravarsi dando luogo a diverse tipologie di obesità. Possiamo classificarla in tre forme, in base alla distribuzione del tessuto adiposo, cioè alla localizzazione del grasso:

• obesità addominale, detta anche viscerale o androide: è caratterizzata da una distribuzione del grasso corporeo prevalentemente a livello addominale ed è la forma comunemente definita “a mela”; l’obesità centrale è associata a disordini metabolici (quali diabete e dislipidemia) e malattie cardiovascolari (quali ipertensione, aterosclerosi e cardiopatie);

• obesità periferica, detta anche sottocutanea o ginoide: quando il grasso si distribuisce prevalentemente a livello sottocutaneo, in particolare nei glutei, nella regione posteriore del tronco, a livello delle anche e delle cosce, della zona sotto ombelicale dell’addome ed è la forma comunemente definita “a pera”;

• obesità diffusa o mista, che costituisce la forma più comune di obesità, specie nelle classi a più alto indice di massa corporea, e consiste in un incremento omogeneo del tessuto adiposo in tutto il corpo, sia in sede viscerale che sottocutanea (10).

Le forme corporee sono infatti legate al rapporto tra ormoni sessuali maschili (androgeni) e femminili (estrogeni). Tale fenomeno diventa evidente nella donna nel periodo

(21)

10 postmenopausale, nel quale, a causa del calo dei livelli estrogenici, si assiste a una redistribuzione del grasso corporeo anche in zone tipicamente assimilabili all’uomo. La necessità di questa differenziazione in queste tre tipologie ha un’importanza clinica: quella addominale, infatti, è risultata, da diversi studi, quella più pericolosa (12).

1.5 Tipi di obesità

1.4 EPIDEMIOLOGIA E DIFFUSIONE DELL’OBESITA’

In Italia, secondo il rapporto “Osserva Salute 2016”, che fa riferimento ai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat, “Aspetti della vita quotidiana”, emerge che, nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) è in sovrappeso mentre una persona su dieci è obesa (9,8%). Complessivamente, il 45,1% dei soggetti di età ≥ di 18 anni è in eccesso ponderale. Le differenze sul territorio, come negli anni precedenti, confermano un gap nord-sud, in cui le regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone maggiorenni obese (Molise 14,1%, Abruzzo 12,7% e Puglia 12,3%) e in sovrappeso (Basilicata 39,9%, Campania 39,3% e Sicilia 38,7%), rispetto a quelle settentrionali (obese: PA di Bolzano 7,8% e Lombardia 8,7%; sovrappeso: PA di Trento 27,1% e Valle d’Aosta 30,4%). La percentuale di popolazione in eccesso ponderale cresce all’aumentare

(22)

11 dell’età e, in particolare, il sovrappeso passa dal 14% della fascia di età 18-24 anni al 46% tra i 65-74 anni, mentre l’obesità passa dal 2,3% al 15,3% per le stesse fasce di età.

Inoltre, la condizione di eccesso ponderale è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (sovrappeso: 44% vs 27,3%; obesità: 10,8% vs 9%) (14).

Il Centro Nazionale di Prevenzione e Controllo delle malattie (Ccm) del ministero della Salute, nel 2007, ha promosso e finanziato il sistema di sorveglianza “OKkio alla Salute”, che fornisce dati misurati dello stato ponderale dei bambini delle terze primarie (8-9 anni) (15), delle abitudini alimentari, dell’abitudine all’esercizio fisico, nonché delle iniziative scolastiche favorenti la promozione del movimento e della corretta alimentazione. Il sistema di sorveglianza “Passi” raccoglie, invece, informazioni sugli stili di vita e fattori di rischio comportamentali connessi all’insorgenza delle malattie croniche non trasmissibili ma anche sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di intervento che il Paese sta adottando per la prevenzione dell’obesità dell’età adulta. Infine, la sorveglianza “Passi

d’Argento” (PdA) fornisce informazioni sulle condizioni di salute, abitudini e stili di vita

della popolazione con 65 e più anni del nostro Paese, quindi relativa all’obesità in età anziana.

(23)

12

1.4.1 IL SISTEMA DI SORVEGLIANZA “OKkIO ALLA SALUTE” NEL CONTESTO INTERNAZIONALE

Un recente studio condotto dall’Imperial College di Londra e dall’OMS ha evidenziato che nel mondo, negli ultimi 40 anni, il numero di bambini e adolescenti obesi, di età compresa tra i 5 e i 19 anni, è aumentato di 10 volte, passando dall’1% del 1975 (pari a 5 milioni di ragazze e 6 milioni di ragazzi) a quasi il 6% nelle ragazze (50 milioni) e l’8% nei ragazzi (74 milioni) nel 2016. A questi vanno aggiunti i 213 milioni di bambini e ragazzi che nel 2016 erano stimati in condizione di sovrappeso. Se l’aumento continuerà a questi ritmi, si prevede che nel 2022 i livelli globali di obesità tra bambini e adolescenti supereranno quelli osservati nel 2016 riferiti ai moderatamente e gravemente sottopeso (75 milioni di ragazze e 117 di ragazzi), fenomeno che rappresenta ancora un rilevante problema nelle zone più povere del mondo. Utilizzando i valori soglia raccomandati dall’OMS, nel 2016 il 10,4% delle femmine e il 14,5% dei maschi, nella fascia d’età 5-19 anni, erano obesi. A livello mondiale, l’Italia si posiziona al 61° posto per le femmine e al 46° per i maschi ma, tra i Paesi ad alto reddito, la nostra nazione raggiunge rispettivamente il 6° e l’8° posto, evidenziando una situazione che merita sicuramente attenzione. Nonostante ultimamente vi siano diversi segnali positivi che derivano, principalmente, da un appiattimento della prevalenza dell’obesità nell’infanzia, fino ad oggi nessun paese ha invertito la sua tendenza. Persistono le disuguaglianze nella prevalenza di questa patologia anche lì dove ci sono stati progressi. I gruppi socialmente vulnerabili sono, infatti, i più colpiti perché hanno meno accesso all’educazione e alle corrette informazioni sugli stili di vita e salute, consumano cibi più economici che hanno spesso minore qualità nutrizionale ed elevata densità energetica e vivono, di solito, in zone che non facilitano il trasporto attivo e l’attività fisica. E’ necessario, quindi, promuovere l’empowerment individuale e comunitario per la realizzazione di interventi integrati. Molti sono i documenti e le iniziative promosse dall’OMS volti a favorire scelte salutari su questi aspetti della salute e con l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020, pubblicato a febbraio 2014 (17), i

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13 paesi membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, hanno voluto rispondere all’esigenza di contribuire ad arrestare l’aumento di sovrappeso e obesità nei bambini e ragazzi fino ai 18 anni entro il 2020. Il Piano d’azione, rivolto ai diversi paesi europei, fornisce una base su cui lavorare per implementare politiche nazionali di contrasto all’obesità, basate su otto aree prioritarie di intervento:

• sostenere un sano inizio della vita;

• promuovere ambienti sani (in particolare nelle scuole e gli asili); • rendere l’opzione sana la scelta più semplice;

• limitare la commercializzazione e la pubblicità rivolta ai bambini; • informare e responsabilizzare le famiglie;

• incoraggiare l’attività fisica; • monitorare e valutare il fenomeno; • potenziare la ricerca.

In particolare, l’OMS ha elaborato strategie e programmi che puntano a incoraggiare l’allattamento materno, a incrementare il consumo di alimenti salutari, l’attività fisica, la prevenzione prenatale, nella prima infanzia e in età scolare, prestando particolari attenzioni al controllo e alla valutazione del peso corporeo da parte delle strutture sanitarie pubbliche. Fra i tanti provvedimenti, vi sono misure atte a ridurre la distribuzione di cibi e bevande ad alto contenuto calorico nelle scuole e, soprattutto, l’adozione di interventi fiscali per disincentivare il consumo di bevande con additivi di zucchero e suoi derivati (15).

1.4.2 “OKkiO ALLA SALUTE” E DATI NAZIONALI

Dall’ultima indagine condotta nel 2016, con oltre 48.400 genitori e 48.900 bambini coinvolti in oltre 2600 classi di tutto il territorio nazionale, emerge che il 21,3% dei bambini partecipanti è in sovrappeso mentre il 9,3% risulta obeso. Riguardo la variabilità regionale, si confermano prevalenze più elevate al sud e al centro, anche se il gap tra le regioni è leggermente diminuito nel corso degli anni. Il confronto con le rilevazioni passate

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14 evidenzia un trend di lenta ma costante diminuzione per quanto riguarda la diffusione del sovrappeso e dell’obesità tra i bambini:

• per l’obesità, si è passati dal 12% del 2008/2009, al 9,3% del 2016, con una diminuzione relativa del 22,5%

• per il sovrappeso, si è passati dal 23,2% del 2008/2009 al 21,3% del 2016, con una diminuzione relativa dell’8% (anche se si osserva un leggero aumento, non statisticamente significativo, del sovrappeso nell’ultima rilevazione rispetto a quella del 2014).

1.7 Prevalenze di sovrappeso e obesità tra i bambini di 8-9 anni per regioni: confronto a partire dai dati del 2008-09.

Complessivamente, dunque, in meno di dieci anni, l’eccesso ponderale dei bambini (sovrappeso più obesità) è diminuito del 13%, passando dal 35,2% nel 2008/2009, al 30,6% nel 2016. Tuttavia, confermando i dati precedenti, e nonostante questo andamento sia in calo, si evidenzia la grande diffusione tra i bambini di abitudini alimentari poco salutari, anche se si registra un aumento del 20%, rispetto al 2014, nel consumo di frutta e una diminuzione nel consumo di bevande zuccherate e gassate che si assesta al 36%. L’8% dei bambini salta la prima colazione, il 33% consuma una colazione sbilanciata in termini di carboidrati e proteine e il 53% fa una merenda di metà mattina non adeguata. Inoltre, i

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15 dati 2016 continuano a mostrare elevati valori di inattività fisica e di comportamenti sedentari che risultano stabili (15):

• il 18% dei bambini, il giorno prima dell’indagine, non ha svolto nessuna attività fisica;

• il 44% ha la tv nella propria camera;

• 1 bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta;

• il 41% trascorre più di due ore davanti la tv/videogiochi/cellulare/tablet.

Infine, un aspetto da tenere in considerazione è che i genitori spesso tendono a sottostimare lo stato ponderale dei propri figli: per esempio, nel 2016, tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 37% ha ritenuto che il proprio figlio fosse sotto-normopeso e solo il 30% pensava che la quantità di cibo assunta sia eccessiva.

1.4.3 LA SORVEGLIANZA “I PASSI”

I dati riferiti dagli intervistati “I Passi”, relativi a peso e altezza, portano a stimare che circa 4 adulti su 10 siano in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso, con un indice di massa corporea (Imc) compreso fra 25 e 29,9, e 1 obeso (Imc ≥ 30). L’essere in eccesso ponderale è una caratteristica più frequente con l’avanzare dell’età, più negli uomini rispetto alle donne, fra le persone con difficoltà economiche e quelle con un basso livello di istruzione (18).

Il gradiente geografico è chiaro e mostra quote crescenti di persone in sovrappeso o obese dal nord al sud Italia. La Campania continua a detenere il primato per quota più alta di persone in eccesso ponderale (più della metà). Seguono Molise, Sicilia e Calabria, con valori non molto distanti. Le analisi temporali mostrano un aumento nella quota di persone in eccesso ponderale come risultato di andamenti diversi fra le due componenti di sovrappeso e obesità, nelle tre ripartizioni geografiche: la quota di persone in sovrappeso

non si modifica, mentre l’obesità aumenta ovunque, in particolare nel sud, con l’eccezione tuttavia del centro, in cui si registra una riduzione.

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16 Questi individui sembrano essere poco consapevoli del loro stato di eccesso ponderale e non si percepiscono tali: fra le persone in sovrappeso, meno della metà ritiene troppo alto il proprio peso corporeo. Fra le persone obese, invece, c’è maggiore consapevolezza. Tuttavia non è trascurabile il numero di persone (1 su 10) che ritiene il proprio peso non troppo alto. Generalmente, le donne sono più consapevoli del problema rispetto agli uomini e l’essere coscienti del proprio eccesso ponderale favorisce l’adozione di comportamenti alimentari corretti.

Appena la metà degli intervistati in eccesso ponderale riferisce di aver ricevuto, dal proprio medico, il consiglio di perdere peso. Questo è dovuto a una bassa attenzione al problema da parte degli operatori sanitari. Inoltre, ci si focalizza soprattutto sulle persone obese, molto meno su quelle in sovrappeso. Questo aspetto è molto importante, perché quando il consiglio di mettersi a dieta arriva da parte di un medico, incoraggia chi lo riceve a metterlo in pratica. Infatti, la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è tre volte maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (39% vs 13%). E’ stato inoltre evidenziato che l’attenzione degli operatori a questo problema è più scarsa proprio dove ce ne sarebbe più bisogno, come per esempio nelle regioni meridionali.

Risulta ancora meno frequente il consiglio medico di praticare attività fisica per le persone in eccesso ponderale.

(28)

17

1.4.4 I PASSI D’ARGENTO

La percentuale di persone in sovrappeso tra gli anziani ultra 64enni è del 42% mentre quella degli obesi è del 15%. In questa fascia di popolazione, così come le altre, l’eccesso di peso è più frequente nelle persone con basso livello di istruzione e in quelle con molte difficoltà economiche. L’eccesso ponderale è più ricorrente negli uomini e cresce all’aumentare dell’età, raggiungendo un valore percentuale massimo nella fascia di età tra i 65 e i 74 anni (62%), per poi diminuire in quella 75-84 (56%) e raggiungere un valore ancora più basso negli ultra 85enni (44%). L’indice di massa corporea, superati i 65 anni, è soggetto a variazioni legate a fattori biologici e patologici. Progressivamente, infatti, aumenta la percentuale di persone che perdono peso (mediamente il 5% del peso iniziale in un anno) indipendentemente dalla loro volontà. Questo aspetto, che è un fattore potenzialmente fragilizzante, si verifica più spesso nelle donne, con l’avanzare dell’età e con il crescere delle difficoltà economiche (18). Appare comunque evidente che la distribuzione dell’eccesso di peso disegna un chiaro gradiente nord-sud con una maggiore diffusione di sovrappeso e obesità nelle regioni meridionali. Negli anziani, le persone

1.8 Salute delle persone in eccesso ponderale. Prevalenze di patologia per eccesso ponderale: I Passi 2010-13

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18 sovrappeso/obese registrano più frequentemente ipertensione e diabete rispetto alla popolazione generale.

1.9 Salute delle persone in eccesso ponderale. Prevalenze di patologia per eccesso ponderale

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19

CAPITOLO II

2.1 L’OBESITA’, UNA PATOLOGIA MULTIFATTORIALE

L’obesità è una forma particolarmente grave di sovrappeso, definita come una patologia con cause multiple che interagiscono fra di loro (19). I fattori riconosciuti come causali sono:

• genetici; • endocrini; • neurologici; • ipotalamici;

• comportamentali (alimentazione, sedentarietà, psichici); • farmaci.

E’ definita patologia multifattoriale perché è determinata da più fattori interconnessi tra loro e questo determina le difficoltà terapeutiche, anche a causa delle numerose associazioni con altre patologie.

2.2 FATTORI GENETICI

Tante sono le ricerche fatte nel campo della genetica e tanti sono i risultati di possibili correlazioni tra l’obesità e la predisposizione genetica. In particolare, le continue analisi hanno permesso di identificare la correlazione con un gene chiamato FTO (Fat Mass and Obesity Associated), riconosciuto come il più forte predittore genetico dell’obesità (20). Infatti, risulta evidente la presenza di una sequenza specifica all’interno di questo gene, correlata all’aumento di tre caratteri tipici della patologia: l’indice di massa corporea BMI, la circonferenza dei fianchi e il peso corporeo. La sequenza genica dell’FTO è espressa nei nuclei arcuati dell’ipotalamo dove sono presenti i centri deputati al comportamento alimentare dell’individuo. Studi successivi hanno inoltre evidenziato l’ipotalamo come fonte eziologica della manifestazione dell’obesità che coinvolge, in particolar modo, geni

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20 come MC4R, MC3R, BDNF. Per quanto riguarda il gene MC4R, ci sono degli studi che dimostrano l’associazione tra alcuni polimorfismi a singolo nucleotide vicino al gene appena menzionato e il contenuto di grasso corporeo, l’assunzione di cibo, l’attività fisica e le differenze metaboliche nello stato post-prandiale (21). Nei portatori dell’allele C in rs17782313, è stato osservato un maggiore accumulo di grasso viscerale con un livello di sazietà basso e con una maggiore prevalenza di spuntini. Analizzando anche i portatori omozigoti dell’allele A in rs1350341, si è notata la presenza di un alto indice di massa corporea e di grasso viscerale e sottocutaneo, al contrario invece dei portatori del genotipo GG che presentavano un più basso contenuto di grasso viscerale (21). L’approccio genetico su larga scala offre il vantaggio di individuare nuove relazioni tra obesità e vie metaboliche in modo da sperimentare nuovi targets terapeutici. Al momento, però, l’unica via rimane quella della prevenzione.

Tra le cause genetiche troviamo anche la sindrome di Prader-Willi, una malattia molto eterogenea sia dal punto di vista clinico che genetico. Essa si manifesta già alla nascita del bambino con una grave ipotonìa muscolare, che comporta problemi alla deglutizione e all’allattamento. Il bambino affetto, a partire dai due anni di età, mostra una costante assenza di sazietà (iperfagia) la quale, se non controllata, può portare a obesità grave. La malattia è inoltre associata a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali (comportamento ossessivo-compulsivo oppure manipolativo) e psichiatrici (difficoltà nell’interpretazione e nell’uso appropriato delle informazioni sociali, che comportano disturbi simili a quelli caratteristici dello spettro autistico) di entità variabile. Sono state spesso segnalate caratteristiche facciali peculiari come fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso, mani e piedi molto piccoli, scoliosi. Altre anomalie endocrine portano a bassa statura, dovuta a deficit dell'ormone della crescita, e a uno sviluppo puberale incompleto (22).

La sindrome di Prader-Willi è dovuta ad anomalie a carico di geni presenti in una particolare regione del braccio lungo del cromosoma 15 (15q11-q13), ereditato dal padre. Questa regione, infatti, è sottoposta a un particolare fenomeno genetico chiamato “imprinting parentale”, per cui sono attivi solo i geni presenti nella regione ereditata da

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21 uno dei genitori (in questo caso specifico, il padre) ma non dall'altro (in questo caso la madre). Poiché i geni materni sono “spenti”, la manifestazione della malattia si ha in caso di anomalie a carico della regione di origine paterna.

2.3 CAUSE ENDOCRINE

Sebbene i primi responsabili dell’obesità siano le cattive abitudini alimentari e lo scarso movimento, vari studi indicano altre possibili cause nell’assetto endocrino delle persone obese, in particolare (23):

• ipotiroidismo: è la riduzione della funzionalità della tiroide e della produzione degli ormoni tiroidei circolanti, fondamentali per la regolazione del metabolismo energetico. Questi ormoni regolano il metabolismo basale, ossia il consumo di energia in condizioni di riposo e una loro ridotta produzione determina una riduzione del consumo di energia e un aumento di peso a parità di introito calorico (24);

• ipercortisolismo: detto anche morbo o sindrome di Cushing, in cui si verifica un eccesso di cortisolo, prodotto dalla ghiandola surrenale. Questo ormone, prodotto normalmente, è fondamentale per la nostra vita. La sindrome di Cushing si presenta con un quadro clinico caratterizzato dall’obesità, dalla miopatia e atrofia muscolare e da una serie di alterazioni di tipo sessuale, psichiatrico e cardiovascolare (25). L’obesità è solitamente di grado lieve-moderato e raggiunge raramente il III grado, come invece può avvenire nell’obesità classica (26); questo perché, nella sindrome di Cushing, l’obesità è per lo più di tipo tronculare (cioè il grasso in eccesso si concentra prevalentemente sul tronco e non sugli arti che appaiono spesso più sottili). Inoltre, il tessuto adiposo si deposita in sedi caratteristiche, come la regione cervicale (gibbo di bufalo), le fossette sovraclaveari e attorno alle guance e nella regione temporale, determinando, in tal modo, la classica faccia lunare. Il grasso, inoltre, può depositarsi anche a livello orbitario, favorendo la comparsa di esoftalmo, e nello spazio epidurale, contribuendo allo sviluppo di deficit

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22 neurologici. L’obesità a essa associata può portare anche a problemi di insulino-resistenza, diabete, ipertrofia cardiaca, ulcere e depressione;

• sindrome dell’Ovaio Policistico o PCOS: caratterizzata da alterazioni sia del quadro anatomopatologico, con ovaie ingrandite e micropolicistiche, sia del quadro clinico, con alterazioni endocrinologiche, come l’iperandrogenismo e alterazioni metaboliche (27). Le implicazioni sulla salute della donna sono rilevanti sia dal punto di vista estetico che riproduttivo e metabolico. I sintomi collegati a questa sindrome sono amenorrea, oligomenorrea o polimenorrea, condizione di anovularietà o pauci-anovulatorietà, ipertricosi / irsutismo, seborrea, acne, alopecia e acantosi, tendenza a sovrappeso e obesità, accumulo di grasso addominale (nel 50% dei casi), frequente correlazione con diabete mellito, ipertensione, cardiopatie, ipercolesterolemia, insulino-resistenza, infertilità o poliabortività (28). Lo stato infiammatorio che deriva da questa sindrome porta a diminuzione dei livelli di

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23 adiponectina e un aumento di adipochine, chemochine e interleuchine, ansia e depressione e infine, nei casi più gravi, carcinoma dell'endometrio (29);

• insulinoma: tumore, solitamente benigno, che ha origine dalle cellule beta del pancreas. Provoca un’eccessiva produzione di insulina con conseguente ipoglicemia che causa il riflesso della fame.

2.4 CAUSE IPOTALAMICHE

L’ipotalamo è la zona intorno al terzo ventricolo del cervello in cui ci sono i centri della fame e della sazietà. Malattie dell’ipotalamo portano ad alterazioni dei comportamenti alimentari (30) e a un maggior introito di alimenti. Le cause possono essere:

• trauma cranico;

• tumori (craniofaringioma); • infezioni (meningiti); • malformazioni.

2.5 CAUSE NEUROLOGICHE

Le cause neurologiche possono portare a una riduzione dell’attività motoria delle persone (immobilità parziale o totale) e questo si traduce in una diminuzione della spesa calorica. Le cause più frequenti sono:

• paralisi o paresi, anche parziale, di un distretto muscolare; • sclerosi multipla (31);

• sclerosi laterale amiotrofica (SLA);

• spina bifida (malformazione della colonna vertebrale).

2.6 L’ALIMENTAZIONE

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nutrizione adeguata e salute sono da considerarsi diritti umani fondamentali, assai correlati l’uno all’altro (32). Nutrirsi tramite

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24 una dieta corretta diventa, quindi, un validissimo strumento di prevenzione di molte malattie e di gestione e trattamento per molte altre.

La proporzione dei tipi di alimenti e la qualità dei cibi che mangiamo sono alla base di uno sviluppo umano completo, sia fisico che mentale (32). D’altra parte, cibi di cattiva qualità, contaminati o non conservati correttamente, possono costituire fattori di rischio consistenti e sono causa di malattia e morte per milioni di persone ogni anno. Inoltre, anche un’alimentazione squilibrata o scorretta può generare condizioni di disordine o vere e proprie patologie che risultano, in molti casi, addirittura mortali (32). L’eccessivo introito calorico rispetto alle necessità energetiche giornaliere costituisce la principale causa per lo sviluppo dell’obesità. Fattori psicologici (emozioni, stati d’animo, stress), sociali (basso ceto), economici, culturali (bassa istruzione) e l’iperpalatabilità dei cibi industriali ricchi di glucidi e lipidi, portano a un incremento ponderale del peso. Questi fattori appena descritti agiscono in particolari regioni del nostro cervello e inconsciamente influenzano ed attivano meccanismi neuronali di dipendenza dal cibo (33).

Molecole come la dopamina, che stimola i centri della fame e, quindi, l’assunzione di cibo, e la serotonina, che stimola invece il centro della sazietà, sono tutte collegate a uno stato psicologico. E’ stato visto come la variazione di altri due ormoni, la leptina e la ghrelina, possano incidere sull’aumento o meno di peso. La leptina è una delle principali adipochine che influenza l'assunzione di cibo, il peso corporeo e l’omeostasi energetica (34). Questo ormone è sintetizzato e secreto dal tessuto adiposo, entra nella circolazione sistemica e, prima di legarsi al recettore specifico presente a livello dell’ipotalamo, attraversa la barriera ematoencefalica; questo processo da informazioni sull'energia del corpo e memorizza e attiva l'espressione di neuropeptidi anoressigeni per inibire l'assunzione di cibo e regolare l'omeostasi energetica (35-36). La concentrazione di leptina è variabile e proporzionale all’aumento del tessuto adiposo (37). Tuttavia, gli studi dimostrano che la sua concentrazione nel siero può essere modificata dai macronutrienti (acidi grassi, carboidrati e proteine) e dai micronutrienti (minerali e vitamine) assunti. L'assunzione di sostanze nutritive ha un'influenza diretta sull'aumento di peso e, di conseguenza, sul BMI, sul grasso corporeo, su altri parametri antropometrici e sui livelli di altre adipochine (37).

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25 La ghrelina, invece, è classicamente nota come ormone stimolante dell'appetito centrale, i cui livelli aumentano rapidamente prima del pasto e diminuiscono un’ora dopo (38).

2.7 SEDENTARIETA’

Accanto all'alimentazione sregolata, uno dei fattori che favorisce maggiormente sovrappeso e obesità è la sedentarietà che caratterizza lo stile di vita di molti adulti e bambini (39). Secondo l'Istat, nel 2002, soltanto il 20% della popolazione dai 3 anni in su praticava con continuità una o più attività sportive, mentre il 10% vi si dedicava saltuariamente. Inoltre, circa il 29% ha dichiarato di svolgere qualche attività fisica come andare in bicicletta, nuotare o fare passeggiate, pur non praticando regolarmente alcuno sport. La quota di sedentari è risultata, quindi, pari al 41%, per un totale di quasi 23 milioni di persone. Le donne sono più sedentarie degli uomini (47% contro 35%), gli anziani più dei giovani. Solo una piccola parte della popolazione italiana ha dichiarato di muoversi secondo i livelli minimi raccomandati (30 minuti di attività moderata almeno 5 giorni alla settimana, oppure 20 minuti di attività intensa 3 o più volte alla settimana) (40). Le conseguenze sono serie, sia in termini di riduzione delle aspettative di vita, sia di malattia o invalidità a causa delle patologie associate all'obesità. Anche le conseguenze economiche sono pesanti: non solo si ha una riduzione della produttività ma anche un aumento delle spese per l'assistenza e la previdenza.

Il concetto di attività fisica è molto ampio. Comprende, infatti, tutte le forme di movimento realizzate nei vari ambiti di vita. Secondo l’OMS, con questo termine, si intende “qualunque movimento determinato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello delle condizioni di riposo”. In questa definizione rientrano non solo le attività sportive, ma anche semplici movimenti come camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, fare giardinaggio e lavori domestici, che fanno parte della “attività motoria spontanea” (41).

L’espressione “attività motoria” è sostanzialmente sinonimo di “attività fisica”. Con il termine “esercizio fisico” si intende, invece, l’attività fisica in forma strutturata, pianificata ed eseguita regolarmente. Le attività sedentarie sono quelle caratterizzate da un

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26 dispendio energetico inferiore a quello di riposo, esemplificate dallo stare seduto o in posizione reclinata (guardare la televisione, guidare l’auto, leggere, stare seduti alla scrivania, etc).

I dati del sistema di sorveglianza “PASSI”, relativi al triennio 2014-17, mostrano che il 31,7% degli intervistati nella fascia d’età 18 - 69 anni, può essere classificato come attivo (cioè effettua un lavoro pesante oppure 30 minuti di attività moderata per almeno 5 giorni alla settimana, oppure attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni), il 34,7% come parzialmente attivo (non svolge un lavoro pesante ma fa qualche attività fisica nel tempo libero, senza però raggiungere i livelli raccomandati) e il 33,6% come sedentario (non fa un lavoro pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero). La proporzione di adulti sedentari aumenta con l’età: è maggiore fra le donne, fra i più svantaggiati economicamente, fra i meno istruiti (42). Il sistema di sorveglianza “PASSI d'argento” misura il livello di attività degli anziani oltre i 65 anni, utilizzando uno strumento (il PASE - Physical Activity Scale for Elderly) che consente di “quantificare” i livelli di attività fisica considerando le attività comunemente svolte da persone di questa età (passeggiare, fare giardinaggio, curare l’orto, attività domestiche, prendersi cura di un’altra persona), oltre alle attività sportive o ricreative. I dati relativi alla raccolta 2016-2017 mettono in evidenza che camminare fuori casa è l’attività maggiormente praticata tra quelle di svago, molto è il tempo dedicato ad attività

domestiche, troppo poco quello per le attività orientate ad allenare la forza muscolare (43). In alcuni paesi, i livelli di inattività possono arrivare fino al 70%, a causa del cambiamento

dei modelli di trasporto, dell'aumento dell'uso della tecnologia e dell'urbanizzazione. Nella maggior parte dei paesi, ragazze, donne, anziani, gruppi svantaggiati, persone con disabilità e malattie croniche hanno minori opportunità di essere fisicamente attivi.

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2.8 CAUSE PSICOLOGICHE

Dal punto di vista psicologico, le dinamiche che si instaurano con il cibo sono tante e anche molto complesse (44). Spesso, quello che emerge è che gli individui hanno un rapporto conflittuale e problematico con esso. Si riscontrano, infatti, dei veri e propri problemi psicologici in cui si manifesta un desiderio irrefrenabile di alimentarsi e la seguente frustrazione. Nella società occidentale contemporanea, la smania di consumare cibo non trova certamente le sue cause nella necessità dell’organismo di ricevere un surplus nutritivo (45). Il più delle volte, viene ingurgitato in fretta per riempire, magari, un vuoto interiore, confondendolo con la sensazione di fame vera e propria (44). Si mangia, infatti, per stress, per mancanza di affetto, per solitudine, paura, inerzia ma anche per noia. La conseguenza è l’alterata percezione sul controllo fisiologico della fame e lo sviluppo di un pensiero ossessivo riguardo al peso. Mangiare può essere, quindi, un modo per compensare un’affettività carente e non gratificante, può placare un’aggressività che non viene esternata in altri modi, può calmare momentaneamente stati d’ansia o attenuare

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28 sintomi depressivi, può consolare delusioni o fallimenti, può alleggerire la sofferenza conseguente ad eventi traumatici (lutti, separazioni, etc) (45). In questi casi, il cibo diviene la miglior droga legale di pronto consumo per sedarsi, mettendo a tacere temporaneamente emozioni, percezioni, pensieri che non siamo in grado di gestire ed affrontare (45). Spesso sensazioni ed emozioni sono confuse con la fame, che in questi casi non è fisiologica ma ha origini psicologiche (44). Il grasso diventa una sorta di protezione e una difesa dai pericoli e dalle aggressioni del mondo esterno o serve per inibire forti pulsioni interiori, come accade spesso in adolescenza, dovute magari ai cambiamenti ormonali. Il cibo presenta due funzioni principali:

• anestetico e sedativo, per non percepire rabbia, frustrazione, ansia, vuoto, tensione, conflitto;

• di gratificazione momentanea di altri piaceri apparentemente inaccessibili (sessuali, relazionali, lavorativi, esistenziali) (45).

Tutto questo può innescare un circolo vizioso tra malessere psichico e assunzione eccessiva di alimenti, due aspetti che si rinforzano a vicenda e sono vissuti entrambi negativamente, come causa di vergogna e sensazione di colpevolezza. Quindi, queste forme di alimentazione eccessiva possono portare allo sviluppo di veri e propri disturbi del comportamento alimentare.

E’ dunque fondamentale capire quali siano i vissuti psicologici del passato e del presente nella storia personale del paziente, che l’hanno portato a questo modo di rapportarsi con il cibo (43).

2.9 FARMACI

Esistono anche farmaci che causano aumento di peso (46), i quali hanno diversi meccanismi:

• farmaci per il diabete (insulina, tiazolindindioni, sulfonilurea); • farmaci per l’ipertensione (beta bloccanti);

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29 • corticosteroidi (se somministrati in eccesso determinano una sindrome simile a

quella di Cushing); • antistaminici; • antipsicotici; • antiepilettici;

• antidepressivi ciclici;

• litio, contro i disordini bipolari.

Tutte queste tipologie alternano il comportamento alimentare e sono associati alla comparsa di obesità.

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CAPITOLO III

3.1 CONSEGUENZE

L’obesità deriva da uno squilibrio tra assunzione di cibo e dispendio energetico che porta ad un eccessivo accumulo di tessuto adiposo, riconosciuto non solo come sito principale di stoccaggio di energia in eccesso derivante dall’assunzione di cibo, ma anche come organo endocrino (47-48). L’espansione del tessuto adiposo produce una serie di sostanze bioattive, come le adipocitochine o adipochine, che attivano l’infiammazione di basso grado e agiscono con una serie di processi in diversi organi, favorendo lo sviluppo di malattie legate all’obesità che si ripercuotono sulla salute (49). I soggetti obesi hanno, infatti, maggiori probabilità di sviluppare svariati disturbi che comprendono malattie metaboliche (NIDDM, insulino resistenza, dislipidemia, iperuricemia, steatosi epatica non alcolica NAFLD, litiasi delle vie biliari), cardiovascolari (ipertensione, ischemia miocardica, aritmie, ictus), respiratorie (di tipo restrittivo, ipoapnea, apnee notturne, atelettasie, asma,insufficienza respiratoria), nefro-urologiche (microalbuminuria, insufficienza renale, calcolosi e compressione delle vie urinarie che portano ad incontinenza urinaria), ginecologiche (sindrome dell’ovaio policistico, alterazione del ciclo mestruale, alterazioni fetali), alterazione del circolo venoso e linfatico (ulcere e varici venose), osteoartrosi (gonartrosi e coxartrosi, problemi alla colonna vertebrale e a carico del piede, fratture ossee), a carico del tratto gastrointestinale (ernia iatale, reflusso gastroesofageo, infiammazione intestino tenue) e un aumentato rischio di sviluppo di tumori di diverso tipo (colon e mammella).

3.2 OBESITA’, DIABETE E INSULINO RESISTENZA

Una delle conseguenze più importanti dell’obesità nei paesi più industrializzati, ma anche in India, Cina ed Estremo Oriente, è lo sviluppo di diabete non insulino-dipendente. Il diabete è stato anche definito “peste del terzo millennio” (50). I dati forniti dall’Oms sono impressionanti: oggi i malati nel mondo sarebbero 422 milioni e il tasso di crescita,

(42)

31 attualmente, è di 21.000 nuovi casi al giorno, di cui circa il 20% riguarda i bambini (51). Il diabete mellito fa parte di un gruppo di malattie caratterizzate da iperglicemia cronica conseguente a dei disordini della secrezione e/o della sensibilità insulinica, con disturbi del metabolismo dei lipidi, carboidrati e proteine (52). Di solito, sorge nell’adulto oltre i 35/40 anni ed è dovuto per lo più ad una resistenza dei tessuti periferici all’insulina, un ormone, secreto dalle ghiandole di Langherans che svolge un ruolo chiave nella regolazione del metabolismo glicolipidico.

L’insulino resistenza può essere definita come una mancata o ridotta risposta tissutale agli effetti biologici dell’ormone (52). Quest’ultima è una condizione patofisiologica, in cui i livelli fisiologici di insulina non producono adeguatamente una risposta nei tessuti bersaglio insulino-sensibili, tra cui il tessuto adiposo, muscolo scheletrico e fegato. Alla base della resistenza insulinica c’è, quindi, un difetto nella via di segnalazione dell’insulina. Contribuisce alla resistenza, ad esempio, l’alterazione dei substrati del recettore dell’insulina IRS, in particolare del recettore IRS-1/2(53-54). L’obesità e l’eccessivo introito calorico portano a un aumentato deposito di trigliceridi, specialmente localizzato a livello viscerale con formazione di adipociti voluminosi che risultano particolarmente resistenti all’effetto antilipolitico dell’insulina e che quindi rilasciano grandi quantità di acidi grassi liberi (FFA) e glicerolo. Un aumento degli acidi grassi liberi altera il segnale dell’insulina nei muscoli e stimola notevolmente la gluconeogenesi epatica (sintesi di nuovo glucosio a partire da substrati non glucidici), contribuendo, così, all’aumento di produzione di glucosio e ad iperglicemia. Gli acidi grassi in eccesso sono tossici per le cellule beta pancreatiche e possono causare una ridotta produzione di insulina.

“Lipotossicità” è un termine usato per descrivere l’effetto deleterio dell’accumulo tissutale di grasso sul metabolismo del glucosio (52). Negli ultimi 15 anni, evidenze scientifiche hanno documentato come l’infiammazione sia uno dei meccanismi cruciali nello sviluppo della insulino resistenza associata a malattie metaboliche, quali l’obesità e il diabete di tipo 2. L’eccessivo accumulo di lipidi all’interno dei macrofagi nell’endotelio vascolare promuove la secrezione di citochine pro-infiammatorie (54). Ad esempio, nell’obesità vi è

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