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Il trattamento con ipotermia nel neonato asfittico: dalla terapia intensiva al follow-up ambulatoriale.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI MEDICINA DELLA PROCREAZIONE E DELL’ETA’ EVOLUTIVA

Scuola di Specializzazione in Pediatria

Direttore: Prof. Giuseppe Saggese

Tesi di Specializzazione in Pediatria:

“Il trattamento con ipotermia nel neonato asfittico: dalla terapia intensiva al follow-up ambulatoriale”

Relatore: Chiar.mo Prof. Antonio Boldrini Correlatore: Dott.ssa Laura Bartalena

Candidato: Dott. Matteo Giampietri

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3 INDICE

Riassunto ………Pag 4 Introduzione ……….Pag 6 Scopo della tesi………..Pag 26 Pazienti e metodi ………..Pag 27 Risultati………..Pag 29 Discussione……….Pag 42 Conclusioni……….Pag 51 Bibliografia ……….Pag 52

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4 RIASSUNTO

L’encefalopatia ipossico-ischemica (EII) è la piu’ comune causa di danno neurologico nel periodo neonatale. Le cause di EII sono da ricercare in tutte quelle condizioni che possono alterare la perfusione e l’ossigenazione cerebrale del feto e del neonato e che si possono verificare antepartum, intrapartum o postpartum. Il danno cerebrale conseguente è un processo in evoluzione in cui distinguiamo una prima fase di danno precoce da una seconda fase di danno ritardato. Durante la prima fase si ha una necrosi neuronale (Primary death), mentre nella seconda si verifica la morte neuronale prevalentemente per apoptosi (Delayed neuronal death).

Secondo l’AAP (American Academy of Pediatrics) l’ipotermia moderata è attualmente ritenuta cura standard nei neonati a termine asfittici in quanto rappresenta l’unico intervento di neuroprotezione di provata efficacia. Nella U.O. di Neonatologia di Pisa il trattamento con ipotermia moderata generalizzata è stato introdotto dal mese di Aprile 2009 e sono stati trattati 24 neonati.

Scopo della tesi è la ricerca di indicatori precoci di outcome in neonati con EII. E’ stato fatto uno studio osservazionale retrospettivo della nostra casistica focalizzando l’interesse sull’ elettrofisiologia e sulla valutazione dell’asse dello “stress” ipotalamo-ipofisi-surrene dosando la cortisolemia. E’ stata fatta una analisi dei tracciati elettroencefalografici ad ampiezza integrata (aEEG) ed il dosaggio della cortisolemia ogni 24 ore nei primi quattro giorni di vita. Nei

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5 pazienti con outcome normale a 12 o 18 mesi si è registrata una normalizzazione del tracciato a 24h dall’inizio del trattamento e contestualmente una netta riduzione della cortisolemia rispetto al valore della nascita (< 300 ng/ml). Nei pazienti con outcome patologico a 12 o 18 mesi si è riscontrato a 24 ore dall’inizio del trattamento la persistenza di un tracciato aEEG patologico e valori di cortisolemia elevati (>300 ng/ml). Abbiamo concluso che il pattern del tracciato aEEG ed il valore di cortisolemia dopo 24 ore di trattamento con ipotermia possono essere considerati indicatori precoci di outcome.

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6 INTRODUZIONE

Cenni generali

L’asfissia perinatale è una condizione patologica che si realizza come conseguenza dell’alterazione degli scambi gassosi nel feto e nel neonato con riduzione della PaO2, aumento della PaCO2 e diminuzione del Ph. Tali

alterazioni se modeste e transitorie sono ben tollerate, quando invece raggiungono livelli patologici si associano a profonde alterazioni a livello di vari apparati. Inizialmente si attuano dei meccanismi di compenso (diving reflex) che assicurano un sufficiente apporto di sangue ad organi “nobili” come cuore, encefalo e surrene. Se però l’ipossia persiste, la gittata cardiaca diminuisce e ne deriva una ipotensione sistemica con ischemia cerebrale. L’associazione di ipossia e di ischemia è la causa principale del danno cerebrale feto-neonatale (encefalopatia ipossico-ischemica)(1).

L’encefalopatia ipossico-ischemica (EII) è la piu’ comune causa di danno neurologico nel periodo neonatale (2). Ha una incidenza di circa 2-3‰ nati vivi (3). E’ associata ad un alto tasso di mortalità e di morbilità (4). Dei neonati con EII circa il 15-20% muore in epoca neonatale e circa un altro 25% presenta deficit neurologici permanenti. L’evento ipossico puo’ presentarsi antepartum (20%), intrapartum (30%), antepartum ed intrapartum (35%) o postpartum (10%) (5).

L’EII non è un singolo evento ma piuttosto un processo in evoluzione (6). L’evento ipossico ischemico causa la prima fase del danno cellulare; durante questa fase si avvia un metabolismo anaerobio con conseguente diminuita

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7 produzione di energia sotto forma di ATP con conseguente accumulo di lattati. Questo determina alcune modificazioni a livello cellulare: una progressiva depolarizzazione di membrana con accumulo intracellulare di calcio ione con associato edema citotossico; un accumulo extracellulare di aminoacidi eccitotossici (glutammato) per mancato re-uptake ed eccessivo rilascio che mediano il danno cellulare (Primary death). Con la riperfusione si assiste poi ad un ripristino parziale del metabolismo ossidativo . Durante questa fase latente si ha un accumulo di radicali liberi dell’ossigeno e di mediatori citochinici pro infiammatori che sono i presupposti del danno neuronale irreversibile (Delayed neuronal death) (7). Molti neuroni non muoiono durante la prima fase dell’insulto, ma paradossalmente dopo la riossigenazione cerebrale. Si tratta prevalentemente di morte neuronale per apoptosi, un processo di distruzione cellulare che richiede energia e che puo’ perdurare anche per alcuni giorni.(Fig 1) (6).

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Le manifestazioni cliniche legate a questo tipo di danno correlano con la gravità dell’insulto ipossico (6). Esistono tre stadi clinici di encefalopatia ipossico-ischemica secondo la classificazione modificata da Sarnat e Sarnat (8). Il primo stadio è caratterizzato da ipereccitabilità, ipertono simpatico con midriasi e tachicardia ed ha una durata della sintomatologia di circa 24 ore. Il secondo stadio è caratterizzato da ipotonia e letargia, tendenza alla bradicardia ed alla miosi, riflessi scarsamente evocabili e possibilità di episodi convulsivi. La durata della sintomatologia puo’ arrivare anche a 14 giorni. Il terzo stadio è caratterizzato da stato stuporoso, flaccidità diffusa con funzioni tronco-encefaliche ed autonomiche soppresse. Tale sintomatologia puo’ perdurare anche per settimane (Tab1).

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(Tab1) Stadiazione clinica dell’ encefalopatia ipossico-ischemica. (8)

La comprensione dei meccanismi coinvolti nella morte cellulare secondaria a danno ipossico-ischemico ha permesso un corretto approccio terapeutico anche in termini di neuroprotezione (9). Bisogna distinguere la neuroprotezione farmacologica da quella non farmacologica.

Un trattamento con reali effetti neuroprotettivi deve agire sui seguenti processi:  Riduzione deplezione di ATP

 Blocco dei recettori del glutammato

 Riduzione accumulo intracellulare di calcio

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10  Rallentamento dei processi apoptotici

Restando nell’ambito della neuroprotezione farmacologica molte sono state le molecole sperimentate come l’allopurinolo, la nicardapina, il topiramato e l’eritropoietina.Un farmaco neuroprotettivo ideale per essere efficace deve essere capace di attraversare la barriera ematoencefalica, si deve concentrare nel sito di azione, non deve interferire con altri farmaci, non deve rallentare i processi maturativi cerebrali e non deve presentare importanti effetti collaterali (9).

L’Allopurinolo, inibitore della xantina ossidasi, ha mostrato in molti studi un effetto neuroprotettivo ma solo se somministrato molte ore prima dell’insulto ipossico (10).

La Nicardapina, un calcio antagonista, ha mostrato alcuni benefici ma come effetto collaterale una marcata ipotensione (11).

Antagonisti del recettore AMPA/Kainato, come il Topiramato, sono tuttora in corso di sperimentazione (12).

Alla luce di risultati poco confortanti dalla sperimentazione della neuroprotezione farmacologica l’interesse si è spostato sulla neuroprotezione non farmacologica. Sulla base di studi su modelli animali e di tre trials clinici randomizzati maggiori (13,14,15) l’ipotermia è attualmente ritenuta lo standard per la neuroprotezione nei neonati a termine asfittici (16), poiché riduce il danno neuronale ritardato da riperfusione e tossicità calcio-mediata (apoptosi).

Fin dal passato erano stati notati benefici nel raffreddamento corporeo in pazienti feriti. Già alla fine del ‘600 il medico inglese John Floyer proponeva bagni freddi come terapia per molteplici patologie (17). Il barone Dominique

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11 Jean Larrey, chirurgo in capo delle armate napoleoniche, aveva notato come soldati feriti morissero prima se posti al caldo vicino al fuoco (18). Negli anni ’30-’40 l’interesse per l’ipotermia si fece sempre piu’ vivo. In questi anni visse il pioniere della ipotermia terapeutica, Temple Fay, neurologo statunitense inventore del primo dispositivo di refrigerazione umana ancora oggi visitabile al British Museum. La maggior parte dei pazienti di Fay con malattie in fase terminale mostravano risultati positivi dopo la refrigerazione ed i tassi di mortalità erano piu’ bassi (19).

Il raffreddamento corporeo interferisce con tutti i meccanismi coinvolti nella morte neuronale ritardata. L’ipotermia riduce il consumo cerebrale di ossigeno, riduce l’accumulo di mediatori eccitotossici, riduce i livelli di citochine pro infiammatorie, sopprime l’attività dei radicali liberi e rallenta i processi di morte cellulare per apoptosi (20).

Molteplici studi (13,14,15) hanno dimostrato che il danno neuronale da apoptosi dopo un evento ipossico-ischemico è ritardato per diverse ore e che il trattamento prolungato con ipotermia moderata riduce il danno neuronale e che migliora l’outcome neurologico. Una revisione sistematica della letteratura pubblicata dalla Cochrane Library nel 2007 (21) ha concluso che 72 ore di trattamento con ipotermia moderata iniziato entro le 6 ore di vita riduce la mortalità e le disabilità a 18 mesi di vita. Questi dati sono stati ricavati da una meta-analisi dei principali trials randomizzati controllati sul trattamento ipotermico (22).

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12 Indicazioni al trattamento

Le raccomandazioni della Società Italiana di Neonatologia (23), sulla scorta delle linee guida internazionali, indicano il trattamento per neonati con età gestazionale ≥ 36 settimane e con un peso alla nascita ≥ 1800 grammi che soddisfino i seguenti criteri:

CRITERIO A: ipossia intrapartum definita da almeno uno dei seguenti criteri:  Punteggio di Apgar ≤ 5 a 10’ oppure

 Necessità di proseguire la rianimazione con tubo endo-tracheale o maschera e pallone ancora a 10’ di vita oppure

Acidosi fetale o neonatale definita come Ph ≤ 7 oppure BE ≥ 16 mmol/l (da qualsiasi EGA ottenuta nei primi 60’ di vita).

CRITERIO B: segni di encefalopatia ipossico-ischemica moderata o severa secondo la classificazione di Sarnat & Sarnat valutata tra 30 e 60 minuti di vita.

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13 CRITERIO C: anomalie al tracciato aEEG (anomalie moderate, gravi, presenza di convulsioni).

Sono esclusi dal trattamento neonati con:

 Età gestazionale <36 settimane o peso <1800 grammi  Tempo dalla nascita > 6 ore

 Altre cause note di encefalopatia (malformazioni, malattie metaboliche, etc)

 Sanguinamento incoercibile.

Fra alcuni mesi verrà pubblicata una revisione delle Raccomandazioni per l’assistenza al neonato con EII candidato al trattamento.

Le principali novità riguarderanno:

 La modificazione dei parametri di definizione di acidosi fetale o neonatale (PH < 7 oppure BE ≥12mmo/l)

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(Fig2)Esame obiettivo neurologico(23) e modello semplificato(24)

Al momento restano comunque ancora valide le Raccomandazioni redatte dal Gruppo di Studio di Neurologia Neonatale nel 2009.

Il trattamento con ipotermia può essere attuato solo da centri di III° livello che dispongano di una terapia intensiva neonatale opportunamente attrezzata.

Nei neonati provenienti da centri periferici che soddisfino i criteri A e B, in assenza dei criteri di esclusione, occorre evitare il riscaldamento corporeo spegnendo il lettino di rianimazione e cercare di mantenere la temperatura di circa 35°C fino all’arrivo al Centro di riferimento. In tale sede viene effettuata la registrazione aEEG per almeno 30 minuti e quindi deciso se iniziare il trattamento.

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15 Degenza in terapia intensiva neonatale

All’arrivo del neonato in Terapia Intensiva Neonatale deve essere già pronta la postazione per eseguire il trattamento. Tale postazione deve essere dotata di apparecchiatura per lettura aEEG, sistema di raffreddamento attivo con materassino termico, respiratore meccanico. Se indicato il trattamento ipotermico deve essere iniziato il prima possibile.

Durante il trattamento occorre valutare i parametri vitali (FC, FR, satO2),

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16 per prevenire le lesioni da freddo. E’ importante anche il monitoraggio della pressione arteriosa ed effettuare il conteggio della diuresi e del bilancio idrico ogni circa 12 ore. Il neonato asfittico è a rischio di insufficienza renale e di sindrome da inappropriata secrezione di ADH, pertanto inizialmente necessita di un apporto di liquidi di 40-50 mg/kg/die. Se necessario va intrapreso un supporto farmacologico cardiovascolare su base clinico-strumentale. Il trattamento anticomiziale va iniziato in caso di comparsa di crisi convulsive o di equivalenti elettrici registrati nel tracciato aEEG. Vanno effettuati esami ematochimici seriati per poter valutare il danno multi organo (MOF) e per valutare eventuali terapie di supporto (trasfusione di emazie concentrate, trasfusione di piastrine). Terminato il trattamento ipotermico inizia la delicata fase di riscaldamento e successivamente la normale assistenza al neonato fino al momento della dimissione. Spesso questi neonati hanno difficoltà ad alimentarsi per difficoltà nella suzione e quindi si può rendere necessario l’utilizzo del gavage o di latti artificiali speciali.

CFM (Cerebral Function Monitor)

Nella maggior parte dei centri in cui si effettua il trattamento con ipotermia non si ha a disposizione 24 ore su 24 un neurofisiologo con competenze nella registrazione e nella lettura interpretativa del tracciato elettroencefalografico standard (EEG) quindi viene utilizzata piu’ frequentemente una registrazione ad ampiezza integrata (aEEG) tramite un CFM (cerebral function monitor).

Il CFM fu progettato da Maynard ed originariamente applicato nelle cure intensivistiche dell’adulto da Prior (25). Tale metodo fu utilizzato per la prima volta in neonati alla fine degli anni ‘70.

Il segnale aEEG è registrato da un canale con due elettrodi parietali simmetrici in posizione P3-P4, oppure può essere registrato da due canali con quattro

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17 elettrodi fronto-parietali simmetrici in posizione F3-P3 F4-P4 in accordo con il sistema internazionale 10-20. (26) (Fig3).

(Fig3) Posizionamento corretto degli elettrodi(26).

E’ possibile l’utilizzo di elettrodi ad ago oppure altri in hydrogel per i quali, per ridurre l’impedenza, prima della applicazione è consigliabile l’utilizzo di pasta abrasiva (Nuprep®).

Per creare un segnale aEEG il segnale EEG viene modificato attraverso un filtro a banda asimmetrica che attenua l’attività al di sotto di 2 Hertz (Hz) e al di sopra di 15Hz, viene rettificato in modo da invertire il voltaggio da negativo in positivo e compresso nel tempo (6cm/h) ed in ampiezza. L’altezza della banda riflette le variazioni dell’ampiezza minima e massima (Fig 4), espressa in forma lineare tra 0 e 10 µV ed in forma logaritmica tra 10 e 100 µV. Tale modalità valorizza l’attività a basso voltaggio e ridimensiona quella ad alto voltaggio.

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(Fig4) Determinazione del margine inferiore e superiore in un tracciato discontinuo (26)

Un normale tracciato aEEG è rappresentato dalla presenza dei cicli veglia/sonno della durata di circa 20 minuti o più che determinano regolari modificazioni del margine inferiore che però è sempre > 5µV. Il margine superiore resta sempre > 10µV (Fig 5-6).

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(Fig5) Tracciato aEEG nella norma con cicli veglia/sonno.

(Fig6) Tracciato aEEG nella norma con cicli veglia/sonno.

Una improvvisa modificazione della perfusione cerebrale comporta una alterazione dell’ampiezza e della continuità del tracciato EEG (26).

I vari patterns di attività cerebrale sono descritti dai seguenti tracciati aEEG:  Tracciato continuo normovoltato (Continuous normal voltage, CNV);

tracciato con limite inferiore di circa 7-10µV e margine superiore a circa 10-25 µV. Presenza di cicli veglia/sonno (Fig 7).

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20  Tracciato discontinuo (Discontinuous, DC): tracciato con limite inferiore

stabilmente <5µV e margine superiore >10µV (Fig 8).

 Tracciato continuo estremamente ipovoltato (Continuous extremely low voltage, CLV): tracciato continuo con attività ≤5µV (Fig 9).

 Tracciato Burst-suppression (BS): tracciato discontinuo con periodi di attività a basso voltaggio intervallati da altri ad alto voltaggio (Fig10-11).  Tracciato piatto (Flat tracing, FT): tracciato piatto, praticamente

isoelettrico con attività elettrica < 5µV (Fig12).

(Fig7) Tracciato aEEG continuo normovoltato,CNV.(26)

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(Fig 8) Tracciato aEEG discontinuo,DC.(26)

(Fig9) Tracciato aEEG continuo ipovoltato,CLV.(26)

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(Fig10) Tracciato aEEG tipo Burst suppression,BS.(26)

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(Fig12) Tracciato aEEG piatto,FT.(26)

Al Naqeeb nel 1999 ha creato una classificazione dei tracciati aEEG (27) che tuttoggi viene utilizzato nella stadiazione del danno ipossico-ischemico (Tab2): Sarnat 1

 Normale ampiezza con margine superiore > 10µV e margine inferiore >5µV

Sarnat 2

 Ampiezza moderatamente alterata con margine superiore > 10µV e margine inferiore < 5µV

Sarnat 3

 Ampiezza gravemente soppressa con margine superiore < 10µV e margine inferiore < 5µV spesso accompagnato da “Bursts” di attività ad alto voltaggio (Burst Suppression).

Il trattamento con ipotermia moderata viene riservato a quei neonati che presentano anomalie aEEG moderate e gravi

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Pattern Tipo Margine inferiore (µV) Margine superiore (µV) Continuo normovoltato (CNV) Normale >5 >10 Discontinuo (DC) Moderatamente alterato <5 >10 Continuo a basso voltaggio

(CLV) Gravemente alterato <10 Burst suppression (BS) Gravemente alterato <5 (0-1) >25 Flat Trace (FT) Gravemente alterato <5 <5

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25 Il Follow-up ambulatoriale

I pazienti con encefalopatia ipossico-ischemica vengono inseriti in un percorso di follow-up clinico al fine di monitorare lo sviluppo neurologico. Per ottenere misure quantitative di outcome neurologico, il follow up utilizza strumenti standardizzati di valutazione somministrate a precisi timing: la valutazione dei General Movements (GMs) rispettivamente ad 1 mese ed a 3 mesi di vita, la valutazione neurologica standardizzata Hammersmith Neonatal Neurological Examination o Hammersmith Infant Neurological Examination, rispettivamente ad 1 mese il primo e a 3 mesi il secondo, la Bayley Scales of Infant and Toddler Development a 12,18 e 24 mesi di età.

I General Movemnts (GMs) sono movimenti che coinvolgono tutto il corpo, generati in modo endogeno e precedenti lo sviluppo di una motricità volontaria. Sono presenti già in epoca fetale e perdurano nei primi mesi di vita (28). Esistono alcune differenze nella loro espressione in relazione all'età. All’epoca del termine, i GMs hanno un carattere contorsivo, generando movimenti secondo una forma che è tipicamente ellissoide (Writhing) (29). Esistono tre tipi principali di anomalie nella motricità spontanea da applicare al periodo del termine (30): movimenti tipo Poor Repertoire (PR), caratterizzati da una sequenza monotona senza le caratteristiche di fluidità, ricchezza e completezza della motricità normale; movimenti tipo Chramped Synchronized (CS), caratterizzati da rigidità ed assenza di scorrevolezza con i muscoli degli arti e del tronco che si contraggono e si rilassano in modo ipersincrono, Chaotic GMs (C) ovvero movimenti di grande ampiezza che appaiono poco organizzati e confusivi. Circa 2 mesi dopo il termine i movimenti tipo Writhing scompaiono gradualmente e lasciando il posto a movimenti tipo Fidgety (29). Questi movimenti sono presenti fino a 5 a 6 mesi dopo il termine. I movimenti del collo, del tronco e degli arti tipo Fidgety sono caratterizzati da piccola ampiezza,

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26 velocità moderata, e accelerazione variabile in tutte le direzioni, e sono costantemente presenti nel bambino in uno stato di veglia quieta. I GMs coesistono con altri movimenti, quali la manipolazione di indumenti, il sollevamento delle gambe, rotazioni della testa ed il controllo posturale. La presenza di movimenti tipo Fidgety (F+) indica una buona prognosi neurologica, diversamente dall’assenza di Fidgety (F-), che invece generalmente indica una cattiva prognosi (31).

L’esame neurologico standardizzato del neonato e del bambino (Hammersmith Neonatal/Infant Neurological Examination) consiste in una valutazione standardizzata del tono muscolare, dei riflessi, del range di movimenti, di segni e/o comportamenti anormali (32). Tale valutazione considera in modo più preciso la funzionalità dei nervi cranici, i passaggi posturali, il tono, i riflessi, la funzione motoria, lo stato comportamentale del bambino. Entrambe le valutazioni sono convertibili in un punteggio numerico, che viene confrontato con un optimality score in relazione all'età gestazionale. I risultati sono definiti come normale (N) o anormale (A), sulla base dell’Optimality Score (32).

La Bayley Scales of Infant and Toddler Development è una scala di sviluppo standardizzato per quantificare il livello di sviluppo neuropsichico del bambino. Essa è suddivisa in 5 sub-scale (cognitiva, linguaggio espressivo, linguaggio recettivo, fino-motorio e grosso-motorio). Ad ogni scala corrisponde un punteggio scalato, convertibile in percentili (sviluppo cognitivo, linguistico, motorio) (33).

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27 SCOPO DELLA TESI

Scopo di questo studio è stato quello di individuare indicatori precoci di outcome in neonati con encefalopatia ipossico-ischemica. E’ stato fatto uno studio osservazionale retrospettivo della nostra casistica focalizzando l’interesse sull’ elettrofisiologia e sulla valutazione dell’asse dello “stress” ipotalamo-ipofisi-surrene. Sono stati riletti tutti i tracciati aEEG dei neonati valutando le loro modificazioni nel tempo e sono stati interpretati i dosaggi di cortisolemia seriati nel tempo (nelle prime 96 ore di vita).

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28 PAZIENTI E METODI

Nella U.O. di Neonatologia di Pisa il trattamento con ipotermia moderata generalizzata è stato introdotto dal mese di Aprile 2009, nell’ambito del progetto regionale NeoNATI (Neonatal Neuroprotection for Asphyxiated Tuscan

Infants), attivato nella Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e nell’Azienda

Ospedaliera Universitaria Meyer. Tale progetto ha permesso la creazione di una Rete regionale fra tutti i punti nascita con la possibilità di invio, entro le 6 ore di vita, tramite servizio di trasporto neonatale (STEN) ai centri di III° livello di quei neonati eligibili al trattamento ipotermico.

I criteri di inclusione a tale tipo di trattamento sono stati quelli riportati nelle “Raccomandazioni per l’assistenza al neonato con encefalopatia ipossico-ischemica” redatte dal Gruppo di Studio di Neurologia Neonatale nel 2009. La valutazione dell’attività elettroencefalografica è stata effettuata tramite CFM BrainZ BRM3® per tutta la durata del trattamento comprensivo anche della fase di riscaldamento.

Il trattamento con ipotermia è stato effettuato con sistema di raffreddamento attivo servocontrollato con materassino termico (Blankettroll III CSZ®).

La durata del trattamento è stata di 72 ore. Durante tale periodo la temperatura corporea è stata mantenuta a 33,5°C (±0,5°C) . Dopo 72 ore è iniziata una fase di riscaldamento corporeo di circa 0,5°C/h. Il monitoraggio della temperatura corporea è stato effettuato tramite una sonda rettale, una esofagea ed un termometro per la temperatura cutanea.

Il dosaggio della cortisolemia su siero è stato fatto da prelievo arterioso periferico ai seguenti tempi: inizio trattamento con ipotermia e poi ogni 24 ore fino alla 96 ora di vita. È stata utilizzata una tecnica immunometrica (kit commerciale VITROS ECi/ECiQ®), per competizione tra il cortisolo presente nel campione ed un coniugato di cortisolo marcato con perossidasi di rafano (HRP) per un numero limitato di siti di legame su un anticorpo biotinilato

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29 (anticorpo di pecora anti-cortisolo). Il limite del kit per il dosaggio è di 0.10 µg/dl.

La valutazione neuropsichiatrica è stata effettuata ad 1mese, 3 mesi, 6 mesi,12 mesi, 18 mesi e 24 mesi.

I dati sono stati raccolti in apposito database ed elaborati mediante software statistico MedCalc® versione 9.3.7. Poiché le variabili oggetto di studio non hanno presentato una distribuzione gaussiana (Test di Kolmogoronov-Smirnov), sono stati impiegati test non parametrici. Il confronto fra variabili quantitative in campioni indipendenti è stato effettuato mediante test di Mann-Whitney, in campioni appaiati mediante test di Wilcoxon. Il confronto fra gruppi per variabili categoriali è stato condotto mediante test χ2

. Il valore di cut-off della cortisolemia a 24 ore e la sensibilità e specificità di tale valore sono stati calcolati mediante curve ROC.

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30 RISULTATI

Il gruppo di pazienti trattati è costituito da 14 maschi e 10 femmine.

( Inborn/Outborn 3/21, mediana dell’età gestazionale 39 settimane con range da 37 a 41+3, peso medio 3470 grammi, modalità di parto 41% vaginale spontaneo, 59% cesareo d’urgenza)(Tab3) .

(Tab3) Pazienti.

Hanno presentato segni di encefalopatia ipossico-ischemica di grado moderato 13 neonati, mentre i restanti 11 hanno presentato segni di encefalopatia di grado severo. La severità dell’encefalopatia è stata valutata in tutti i neonati attraverso la registrazione del tracciato elettroencefalografico ad ampiezza integrata effettuato prima dell’inizio del trattamento con ipotermia. Solo in alcuni casi è stato possibile effettuare anche una stadiazione clinica (Tab4).

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31 Pazienti Criteri A B C Apgar 10’ Emogasanalisi cordonale Rianimazione a 10’ Esame obiettivo a 60’ Tracciato aEEG 1 0 No Si Sarnat II DC 2 7 No Si Sarnat III CLV 3 5 Ph6,88 ;BE:15,4 Si No DC

4 5 Ph7; BE:18,9 Si Sarnat III CLV

5 2 Ph6,65;BE:29 Si Sarnat III FT

6 6 Ph6,86;BE:18,7 Si Sarnat II DC

7 5 Ph6,82;BE:21,1 Si No DC

8 5 Ph6,96;BE:14,4 Si Sarnat III

9 6 No Si No DC

10 4 No Si Sarnat III

11 5 No Si No DC

12 0 Ph6,61;BE:23,9 Si Sarnat III FT

13 4 No Si No DC

14 5 No No No DC

15 3 Ph6,81;BE:22 Si No BS

16 5 Ph7,06;BE:13,8 Si No DC

17 5 Ph6,79;BE:20,3 Si Sarnat III BS

18 9 Ph6,94;BE:16,1 No No DC 19 7 No Si No BS 20 7 Ph6,77;BE:22 Si Sarnat II DC 21 6 Ph6,60;BE:30,9 Si Sarnat II CLV 22 6 Ph6,79;BE: / Si SarnatIII FT 23 5 No Si No DC 24 7 Ph6,93;BE:14,4 No No DC

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32 Nel 75% dei casi (18 neonati su 24) si è resa necessaria una terapia anticomiziale per comparsa di episodi convulsivi o di equivalenti elettrici (Fig13). I farmaci utilizzati sono stati i seguenti: fenobarbital, fenitoina e midazolam. Terapia anticomiziale Barbiturico (8) Barbiturico+midazolam (7) Barbiturico+midazolam +Fenitoina (1) Barbiturico+fenitoina (1) Fenitoina (1)

(Fig13) Terapia anticomiziale

Il barbiturico è stato somministrato con una dose di attacco a 20mg/kg e boli a 5-10 mg/kg ripetibili fino ad un massimo di 40 mg/kg seguita da una dose di mantenimento di 3mg/kg/die suddiviso in 2 somministrazioni.

La Fenitoina è stata utilizzata in bolo ad un dosaggio di 15-20 mg/kg seguito, dopo 12 ore, da una dose di mantenimento di 2-2,5 mg/kg.

Il midazolam è stato utilizzato in bolo a 50-150 µg/kg e se necessario in infusione continua ad un dosaggio 10-60 µg/kg/min.

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33 Tutti i pazienti hanno proseguito la registrazione dell’attività cerebrale per tutta la durata del trattamento rendendo possibile la valutazione dell’effetto della terapia anticonvulsivante. Durante tale terapia è necessario anche tenere conto del fatto che tali farmaci riducono i voltaggi dell’attività cerebrale.

Indipendentemente da tale terapia farmacologica tutti i neonati hanno presentato modificazione del pattern aEEG, anche chi non ha mai presentato convulsioni. Al momento dell’inizio del trattamento ipotermico 13/24 pazienti presentavano un tracciato aEEG discontinuo, 3/24 un tracciato continuo ipovoltato, 4/24 un tracciato tipo burst suppression e 4/24 un tracciato piatto.

Nel 50% dei pazienti si è assistito ad una normalizzazione del tracciato a 24 ore dall’inizio del trattamento.

Per quantificare la risposta dei neonati allo stress ipossico abbiamo studiato in ognuno di loro l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. E’stato fatto un prelievo arterioso periferico per il dosaggio della cortisolemia al momento dell’inizio del trattamento (t0) e poi è stato ripetuto ogni 24 ore fino alla 96° ora di vita. La

variabilità nell’inizio del dosaggio seriato del cortisolo nei vari pazienti ha permesso che i risultati non fossero influenzati dal ritmo circadiano di tale ormone (picco ematico del cortisolo nelle prime ore del mattino, riduzione della cortisolemia la sera).Tutti i neonati al momento dell’inizio del trattamento ipotermico hanno presentato valori elevati di cortisolemia (>615 ng/ml), dopo 24 ore hanno presentato un calo e poi un progressivo incremento fino alla 96 ora (valore massimo 200 ng/ml) (Tab5).

Tre sono stati i pazienti deceduti in epoca neonatale, sedici sono stati dimessi a domicilio, mentre cinque sono stati trasferiti presso ospedali periferici.

I pazienti seguiti in follow-up sono in numero di 19 ( 11 pazienti hanno una età cronologica ≥18 mesi, 3 pazienti ≥12 mesi, 5 pazienti ≥6 mesi e 2 hanno una età cronologica inferiore al mese di vita).

(34)

34 La valutazione neurocomportamentale dei pazienti seguiti in follow-up ha previsto la valutazione dell’esame neurologico e l’osservazione dei GMs a 3 mesi di vita. Nel 58% della casistica (11/19) è stato riscontrato un repertorio tipo Fidgety, nel restante 42% (8/19) l’assenza di tali movimenti.

Successivamente la valutazione neurologica del bambino è stata effettuata a 6, 12 e 18 mesi utilizzando la scala HINE (Hammersmith Infant Neurological Examination). A tali tappe dello sviluppo 11/19 pazienti hanno totalizzato un punteggio compatibile con la normalità (rispettivamente 63 e 70), mentre 8/19 un punteggio nettamente inferiore a tale limite (punteggio massimo 27).

Nei pazienti con un’età cronologica ≥18 mesi (11/19) è stata fatta anche una valutazione dello sviluppo neuropsichico valutando anche l’ambito del cognitivo, del linguaggio espressivo, del linguaggio recettivo, del fino-motorio e del grosso-motorio attraverso la Bayley Scales of Infant and Toddler Development. Solo nel 45% di tali pazienti (5/11) si è riscontrata una valutazione nella norma (punteggio scalare ≥ 5).

Dall’analisi dei dati della nostra casistica risulta che (Fig14):  Il tasso di mortalità è stato del 12%

 4/19(21,1%) pazienti hanno sviluppato una paralisi cerebrale spastica grave

 3/19 (15,8%) pazienti hanno sviluppato una paralisi cerebrale discinetica  4/19 (21,1%) sono ancora troppo piccoli per la diagnosi di paralisi

cerebrale infantile ma sembra che 2/19 stiano strutturando una paralisi cerebrale mentre 2/19 non dovrebbero sviluppare disabilità

(35)

35

outcome neurologico

normali 8/19 PCI spastica grave 4/19

PCI discinetica 3/19 troppo piccoli per dianosi PCI 4/19

42.1%

21.1% 21,1%

15.8%

(Fig 14).Outcome neurologico pazienti.

La normalizzazione (entro le 24 ore di trattamento) del tracciato aEEG si è registrato nei pazienti con un buon outcome neurocomportamentale a 12 o 18 mesi (Fig15). Il valore predittivo per un normale outcome è stato del 90% per neonati con un tracciato CNV o DNV a 24 ore. Il valore predittivo dei tracciati aEEG a 6 ore è stato inferiore (75%), a dimostrazione che nelle prime 24 di trattamento si possono registrare delle modificazione aEEG statisticamente significative (p<0,01).

Andando ad analizzare nel dettaglio abbiamo visto che il tipo di tracciato aEEG a 24 ore correla con la valutazione globale della motricità a 12 mesi (χ2

:11,025;

p=0,009) e correla in maniera statisticamente significativa con la valutazione a

18 mesi di:

 Motricità fine e grossolana (χ2

:11,025; p=0,009)  Linguaggio espressivo (χ2

(36)

36  Linguaggio recettoriale (χ2

:11,025; p=0,009)

Dei pazienti in cui non si è registrata una normalizzazione del pattern aEEG entro 24 ore, tre sono deceduti in epoca neonatale i restanti hanno sviluppato disabilità gravi (Fig15).

Neonati con outcome normale Neonati con outcome patologico

aEEG 6 ore aEEG 24 ore aEEG 6 ore aEEG 24 ore

DC (11) DNV FT (1) CLV BS BS CNV CLV FT DNV BS CNV CLV FT DC (2) FT (3) CLV (3) BS (3) 3 SE (1) 1 1 1† 2 1† 2 1† 2 8

(Fig15).Modificazione dei tracciati aEEG dopo 24 ore di trattamento ipotermico.

(37)

37 Per quanto riguarda l’analisi delle variazioni di cortisolemia nelle prime 96 ore di vita di tutti i nostri pazienti, abbiamo cercato di valutare se ci potesse essere una correlazione fra le variazioni della concentrazione ematica di tale ormone e la severità del danno. Tutti i neonati indistintamente all’inizio del trattamento (t0) hanno presentato livelli di cortisolemia elevati (valore medio 611,2 ng/ml)

mentre al tempo (t24) il gruppo di pazienti con outcome favorevole e quello con

outcome patologico hanno presentato valori medi significativamente differenti (102,4 ng/ml vs 417,8 ng/ml, p<0,01) (Fig16).

(38)

38 0 100 200 300 400 500 600 700

Outcome normale Outcome

patologico t0 t24 Cort is o le m ia n g /m l

(39)

39 0 100 200 300 400 500 600 700 0 24 48 72 96 Outcome patologico Outcome normale ore Cort is o le m ia n g /m l

(Fig17). Trend cortisolemia nelle prime 96 ore di vita

Abbiamo peraltro rilevato che nei due gruppi di pazienti non c’è stata una riduzione statisticamente significativa nel valore di cortisolemia dal tempo t0 a

t24 e non ci sono state differenze statisticamente significative fra i valori medi di

cortisolemia ai tempi successivi (t48-t96). Però tutti i pazienti con outcome a 18

mesi normale hanno presentato una più rapida diminuzione della cortisolemia nelle prime 24 ore di vita.

(40)

40 Cortisolo ng/ml, media ± DS tempi, h 0 24 48 72 96 Outcome normale 613,4±4,6 102,4±121,1 42,8±42 38,6±54,3 130,36±169 Outcome patologico 609,5±18,3 417,8±202 225,7±264,5 45,9±39,6 186,8±218,6 Tot. n.24 611,2±13,1 315,9±231 148,6±214,8 42,21±44,6 116,2±126,2 (Tab5). Cortisolemia.

La persistenza di valori di tale ormone superiori a 300 ng/ml al tempo t24 si è

riscontrato in quei bambini in cui poi si è verificato il decesso o si è strutturata una disabilità grave. Abbiamo calcolato la sensibilità e la specificità di tale valore di cut-off mediante curve ROC (AUC 0,950). La sensibilità è stata dell’ 87,5% e la specificità del 100% (Fig18-19).

(41)

41

(Fig18)Sensibilità e specificità valore cut-off cortisolemia

(42)

42 I pazienti che dopo 24 ore di trattamento avevano bassi valori di cortisolemia coincidevano con quelli che, sempre al t24, avevano normalizzato il pattern

aEEG (p<0,01) (Fig20). 0 100 200 300 400 500 600 700 Cortisolo t 0 Cortisolo t 24 * * * * * * * * aEEG normalizzato a 24 h. pazienti n g /ml

(43)

43 DISCUSSIONE

Arruolamento dei pazienti

Analizzando la nostra casistica emerge come sia difficile individuare i neonati che necessitino di trattamento ipotermico nel sospetto di encefalopatia ipossico-ischemica. Solo il 60% dei nostri neonati ha presentato un punteggio di Apgar a 10 minuti inferiore a 5. Questo perché probabilmente può risultare difficile una corretta attribuzione del punteggio dopo momenti concitati in sala parto. Alla luce di tutto questo è stato proposto dal Gruppo di studio di rianimazione Neonatale di disporre tutte le isole neonatali di uno schema con gli items dell’Apgar Score per facilitarne l’attribuzione nell’urgenza. Probabilmente sempre per una mancata organizzazione nella gestione dell’urgenza in 10 pazienti non è stata eseguita nè un’emogasanalisi cordonale né un’emogasanalisi su sangue del neonato entro 1ora di vita nonostante questo sia ricordato nelle Raccomandazioni.

Anche l’esecuzione dell’esame obiettivo del neonato per valutare la presenza di segni neurologici di sofferenza ipossico-ischemica può risultare complicato. Nelle nuove Raccomandazioni per l’assistenza al neonato con EII candidato al trattamento ipotermico verrà proposto un modello semplificato. La presenza di un’alterazione dello stato di coscienza associato alla presenza di uno solo dei seguenti segni: ipotonia, anomalie dei riflessi o suzione assente o debole sarà suggestivo di sofferenza ipossico-ischemica (24). Tutto questo viene fatto per cercare di iniziare il più precocemente possibile il trattamento ipotermico dal momento che la letteratura ci dice che si ottiene un miglior effetto neuro protettivo quando tale trattamento viene iniziato entro il minor tempo possibile dall’evento ipossico (34).

(44)

44 Controllo delle crisi convulsive

Il controllo delle crisi convulsive secondarie a danno ipossico-ischemico è di fondamentale importanza. L’opportunità di iniziare una terapia anticonvulsivante specifica dipende dalla causa delle convulsioni. E’ ragionevole supporre che le convulsioni di per sé aggravino la condizione di un cervello “metabolicamente compromesso” (ad esempio per l’encefalopatia ipossico-ischemica). Nel modello animale è stato dimostrato che l’encefalopatia ipossico-ischemica associata a convulsioni causa danni cerebrali maggiori rispetto all’encefalopatia o alle convulsioni isolate (35). Il trattamento profilattico con farmaci somministrati subito dopo la nascita in caso di neonati con EII grave non riduce l’incidenza di convulsioni che però quando compaiono devono essere trattate il prima possibile (36).

I meccanismi responsabili delle convulsioni nell’EII sono molteplici:  Aumento della temperatura e delle richieste metaboliche (localmente)  Produzione di mediatori che amplificano il danno tissutale (ROS)

 Compromissione dei meccanismi endogeni di protezione e di riparazione tissutale

Spesso però la risposta alla terapia è variabile per la presenza nel neonato di una popolazione mista di neuroni maturi ed immaturi. I primi farmaci anticonvulsivanti ad essere stati utilizzati, fenobarbital e fenitoina, mostrano efficacia sovrapponibile se usati in ionoterapia. In alcuni casi che non rispondono è possibile ottenere un effetto positivo dalla somministrazione di fenobarbital associato con la fenitoina (37). Va comunque ricordato che questi

(45)

45 farmaci non sono innocui ma è descritto che inducano apoptosi neuronale (38). Bambini con convulsioni febbrili trattati con questa categoria di farmaci hanno mostrato un quoziente intellettivo (QI) inferiore alla media (39). Nonostante questo il fenobarbital continua ad essere il farmaco anticonvulsivante ampiamente più utilizzato al mondo (40). Nuovi farmaci come il midazolam e il topiramato hanno dimostrata efficacia nel controllo delle crisi nel bambino e nell’adulto mentre meno è stato dimostrato sul neonato (41).

Proprio perché le convulsioni nel neonato con encefalopatia ipossico-ischemica correlano con un outcome neurocomportamentale sfavorevole (42) diventa molto importante una loro precoce individuazione con un monitoraggio continuo dell’attività cerebrale (43). Anche in caso di dissociazione elettroclinica gli equivalenti elettrici devono essere ugualmente trattati e questo conferma l’importanza del monitoraggio aEEG che ci consente di evidenziare tutti gli episodi critici ad eccezione delle crisi focali di breve durata (inferiore ai 5 secondi) (44).

(46)

46 Nuovo utilizzo del CFM

Ormai da alcuni anni l’aEEG da strumento diagnostico è diventato anche uno strumento prognostico. In letteratura sono presenti alcuni studi che prendono in considerazione l’accuratezza dei tracciati aEEG nel predire l’outcome dei neonati con EII. I principali sono raccolti in una meta-analisi del 2007 di R.Edwin Spitzmiller (45) (Tab 6).

(47)

47 Thorrnberg nel 1994 per primo osservò come il tracciato aEEG fosse, nell’ambito delle asfissie neonatali, un indicatore attendibile di danno neuronale (46). Un tracciato fortemente alterato era altamente predittivo di danno neurologico permanente.

Eken nel 1995 ha valutato i tracciati elettroencefalografici ad ampiezza integrata di 31 neonati asfittici dimostrando come l’outcome neurologico a 24 mesi di vita correlasse con il tipo di tracciato (47). Chi aveva un tracciato aEEG normale o con anomalie lievi presentava un outcome buono, i restanti con un tracciato aEEG con gravi anomalie presentavano gravi disabilità permanenti. Anche Hellstrom-Westas nel 1995 ha osservato in una coorte di 47 neonati asfittici una correlazione statisticamente significativa fra tipo di tracciato aEEG entro le 6 ore di vita e sviluppo neuro comportamentale (48).

M.C. Toet nel 1999 ha valutato il tracciato aEEG a 3 ed a 6 ore di vita in 73 neonati asfittici notando come presentassero un buon outcome neurologico chi avesse un tracciato normale a 3 ore di vita ma anche chi normalizzava il tracciato a 6 ore di vita (49). Toet è stato il primo autore a prendere in considerazione i possibili effetti di una precoce modificazione del tracciato aEEG sull’outcome neurologico. Fino ad allora la maggior parte degli autori aveva infatti valutato l’outcome neurologico in relazione al pattern aEEG iniziale.

Shalak nel 2003 ha osservato tracciati aEEG delle prime 12 ore di vita di 50 neonati asfittici. Neonati con tracciati fortemente ipovoltati o isoelettrici presentavano segni di encefalopatia persistenti per tutto il periodo neonatale (50).

Ter Horst nel 2004 ha valutato i tracciati aEEG in 39 neonati asfittici nelle prime 72 ore di vita riportando come una precoce normalizzazione del tracciato aEEG, entro le 24 ore di vita, correlasse con un buon outcome neurologico (51).

(48)

48 Anche Van Rooij nel 2005 ha confermato quanto osservato da Ter Horst (52) ma su un numero di neonati molto piu’ ampio (160 neonati asfittici con segni neurologici di encefalopatia ipossico-ischemica).

Anche nel nostro studio (24 pazienti) abbiamo osservato una modificazione dei tracciati aEEG ed una precoce normalizzazione nei neonati che poi non hanno sviluppato disturbi del movimento od altre complicanze. Prevalentemente tali neonati erano quelli affetti da encefalopatia ipossico-ischemica di grado moderato, solo uno era grave. Si può forse dire che l’efficacia del trattamento correli con la gravità del danno ma non vi sono ancora sufficienti dati che lo possano confermare (53). In alcuni casi però nelle prime 24 ore di trattamento si è registrato al tracciato aEEG una riduzione dei voltaggi dell’attività cerebrale e valutando il follow-up ha avuto un maggiore valore predittivo il pattern a 24 ore rispetto a quello a 6 ore.

(49)

49 Valutazione profilo ormonale

Per comprendere l’effetto del trattamento ipotermico abbiamo cercato di individuare nuovi marcatori di danno studiando l’asse dello stress “ipotalamo-ipofisi-surrene. Il cortisolo è un ormone steroideo rilasciato dalla porzione fascicolata della corticale surrenalica. Si ha un incremento del livello plasmatico di tale ormone nelle situazioni di stress con un asse ipotalamo- ipofisi-surrene perfettamente funzionante. La temperatura corporea interferisce notevolmente sull’integrità funzionale di questo asse (54). Sono stati effettuati studi su animali che hanno dimostrato come l’aumento della temperatura corporea riduca la risposta allo stress da parte del surrene. Ratti in cui era stato indotto un insulto ipossico tramite la legatura delle carotidi hanno presentato livelli di cortisolemia differenti a diverse temperature corporee. Con temperature corporee > 38°C si sono registrati valori di cortisolemia inferiori rispetto a quelli dosati in situazione di normotermia (36°C) o di ipotermia moderata (33°C). Questo confermerebbe come il trattamento ipotermico non interferisca sull’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (54). I livelli di cortisolemia sono maggiori in quei ratti in cui l’insulto ipossico è stato piu’ prolungato (55). In tali situazioni infatti si è configurata una insufficienza cardiaca su base ischemica che ha reso impossibile una adeguata perfusione degli organi “nobili”. Il cortisolo sembra sia proprio la risposta che l’organismo dà per cercare di interrompere questo circolo vizioso che porta al danno multiorgano sostenendo il miocardio con un’azione cronotropa positiva ed il circolo con un’azione inotropa positiva. E’ stato dimostrato come la risposta all’ipossia acuta da parte del surrene sia tempo dipendente. Si passa infatti da un meccanismo ACTH-indipendente come risposta immediata allo stress ad uno ACTH-dipendente nei giorni successivi (56). Quanto dimostrato sull’animale è stato osservato anche

(50)

50 nel nostro studio. All’inizio del trattamento tutti i neonati presentavano valori elevati di cortisolemia in risposta all’evento ipossico mentre successivamente (a 24 ore) solo quelli che avevano subito un danno grave. Va comunque ricordato che di fatto anche il parto fisiologico rappresenta uno stress per il neonato. Sono stati fatti dosaggi ormonali su sangue cordonale di neonati sani ed è stato riscontrato un incremento degli ormoni dello “stress” (adrenalina,noradrenalina e cortisolo) (57). Nessuno però ha mai provato a confrontare tali valori con quelli di neonati con sofferenza ipossico-ischemica alla nascita. Nel nostro studio il gruppo di neonati che dopo 24 ore di trattamento ipotermico presentava valori di cortisolemia ≥ 300ng/ml ha strutturato deficit entro i due anni di vita. Serviranno sicuramente ulteriori studi su casistiche più ampi per confermare quanto da noi osservato.

(51)

51 Indicatori di outcome

Sembra quindi che già dopo 24 ore di trattamento sia possibile individuare quei pazienti che trarranno i migliori benefici dal trattamento ipotermico valutando semplicemente il pattern aEEG ed il valore di cortisolemia. Questi parametri rispetto alla risonanza magnetica, che fino ad ora resta lo strumento più affidabile e preciso per valutare il danno cerebrale (58), sono sicuramente di più facile interpretazione, facilmente eseguibili ed anche meno costosi.

(52)

52 CONCLUSIONI

L’encefalopatia ipossico-ischemica resta ancora la principale causa di disabilità in età infantile ed il trattamento con ipotermia moderata generalizzata rappresenta il gold standard terapeutico. La lettura del tracciato aEEG è uno dei criteri che vengono valutati per poter fare diagnosi di encefalopatia ipossico-ischemica e per decidere se iniziare il trattamento ipotermico. Gli esami ematochimici sono utili per valutare il danno multi-organo. La Risonanza magnetica cerebrale è lo strumento più sensibile per valutare la severità e la sede del danno anche se spesso non facilmente eseguibile nel neonato.

Con questa tesi abbiamo dimostrato che ci possono essere nuovi indicatori precoci di outcome: la valutazione del pattern aEEG e il dosaggio della cortisolemia. Il tipo di pattern aEEG a 24 ore dall’inizio del trattamento ipotermico e il valore di cortisolemia al solito tempo correlano con l’outcome neurologico. I neonati asfittici che dopo 24 ore di trattamento ipotermico hanno un tracciato aEEG tipo CNV o DNV ed un dosaggio di cortisolemia < 300 ng/ml hanno una elevata probabilità di non sviluppare deficit motori a 18 mesi di vita. Quei neonati che invece dopo 24 ore di trattamento ipotermico continuano ad avere un tracciato aEEG fortemente alterato (CLV,BS,FT) e valori di cortisolemia >300ng/ml quasi sicuramente struttureranno a 18 mesi una paralisi cerebrale infantile. Ulteriori studi su casistiche più ampie saranno necessarie per confermare quanto dimostrato da questa tesi.

(53)

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