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Analisi e ottimizzazione di alcune attività in un'azienda di raccolta di rifiuti speciali

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Academic year: 2021

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Master Universitario di II livello Gestione e Controllo dell’Ambiente: Economia Circolare e Management efficiente delle Risorse

XXXXX

Anno Accademico

2016/2017

Analisi e ottimizzazione di alcune attività in un’azienda di

raccolta di rifiuti speciali

Autore

Dott. Emanuele Aleotti ………..….

Tutor Scientifico

Prof. Marco Frey ………..…….

Tutor Aziendale – SEPI Ambiente Srl

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Riassunto

Il lavoro proposto riguarda l’efficientamento dell’area commerciale di un’azienda di raccolta di rifiuti speciali, la SEPI Ambiente s.r.l.

La Direzione aziendale, orientata verso il rafforzamento del rapporto di fidelizzazione con i clienti e l’impegno formativo verso questi nell’osservare le prescrizioni di legge, sta notevolmente incentivando la diffusione di buone pratiche di gestione del rifiuto da parte del produttore affinché si ottenga la migliore e più sostenibile qualità del prodotto per il massimo utilizzo possibile.

Una gestione sempre più affinata dei rifiuti, in particolar modo di quelli pericolosi, sottopone a continue sfide società come quella presa in considerazione in questo progetto. Secondo un’ottica di circolarità della materia, esse ricoprono infatti un ruolo fondamentale e centrale in quanto perno di congiunzione tra le industrie produttive e quelle di riciclo, recupero e smaltimento. Le necessità tecniche e tecnologiche delle une devono potersi interfacciare alle altre velocemente e con dinamicità poiché sottoposte a continui solleciti dall’evoluzione del mercato, dell’industria e della legislazione.

Viene innanzitutto presentata l’Azienda in esame descrivendone le caratteristiche e le peculiarità, e contestualizzandola sul territorio in cui opera.

Attraverso un’analisi della normativa italiana che concerne la pratica della miscelazione dei rifiuti speciali, viene successivamente esposta l’evoluzione degli ultimi dieci anni del Testo Unico Ambientale.

Vengono descritti l’approccio e il metodo utilizzati per analizzare il settore commerciale aziendale per estrapolare i dati dei clienti dal software di gestione per la loro successiva elaborazione.

Grazie all’analisi sistematizzata e razionale dell’elenco clienti, del territorio e della logistica, è stato possibile ideare e realizzare uno strumento funzionale agli obiettivi fissati. Gli agenti commerciali hanno potuto, pertanto, riprendere in tempo reale alcuni rapporti contrattuali e intervenire presso i produttori nella loro gestione interna dei rifiuti.

Il progetto si è focalizzato successivamente sugli oli minerali esausti e sulle problematiche legate alla loro raccolta e trattamento nel contesto specifico di quella realtà aziendale. Si sono analizzate le difficoltà nell’effettuare una separazione spinta del rifiuto atta a migliorare la qualità degli oli minerali in ingresso, considerando tutta la filiera, dal produttore all’impianto di trattamento/rigenerazione.

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Sommario

Indice delle figure e delle tabelle ... 2

1. Introduzione ... 3

1.1 La sostenibilità nel settore commerciale ... 3

1.2 La SEPI Ambiente ... 4

1.3 Premesse di normativa e autorizzazioni ... 5

2. L’implementazione dell’area commerciale ... 10

2.1 Condizioni di partenza ... 11

2.2 Estrapolazione e pulizia dei dati ... 12

2.3 Definizione delle aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori ... 14

2.4 Il nuovo strumento di supporto per la gestione dei clienti ... 17

3. La raccolta dell’olio minerale esausto ... 22

3.1 Introduzione ... 22

3.2 Analisi aziendale ... 30

4. Conclusioni ... 33

5. Bibliografia ... 36

6. Allegato: Vademecum gestione clienti area commerciale ... 37

6.1 Introduzione ... 37

6.2 Gestione del “pacchetto clienti” ... 38

6.3 Gestione dei clienti “Non Assegnati” ... 42

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Indice delle figure e delle tabelle

Figura 1: Suddivisione dei Comuni in aree omogenee antecedenti l'implementazione... 14

Figura 2: Geolocalizzazione dei produttori che hanno conferito a partire del 2016 ... 15

Figura 3: Ridefinizione delle aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori assegnati agli agenti ... 17

Figura 4: Aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori non assegnati ... 17

Figura 5: Assegnazione delle aree agli agenti interni ... 19

Figura 6: Esempio di una Scheda Produttore ... 21

Figura 7:Andamento dell'immesso al consumo oli lubrificanti in Italia [kton], dal 2000 al 2016. Fonte: Green Economy Report 2016 CONOU. ... 24

Figura 8:Andamento storico degli oli usati avviati a rigenerazione rispetto alla raccolta in Italia, dal 1984 al 2016. Fonte: Green Economy Report 2016 CONOU. ... 25

Figura 9: Geolocalizzazione dei produttori di olio avviato a recupero, raggruppato per Comuni e per quantità prodotte annue. ... 30

Figura 10: Attività commerciali effettuate nel periodo ottobre-novembre 2017. ... 33

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1. Introduzione

1.1 La sostenibilità nel settore commerciale

La sostenibilità, intesa come l’unione equilibrata degli aspetti economici, ambientali e sociali di un’impresa, è sicuramente un concetto al quale può essere indirizzato qualsiasi settore o area aziendale.

Una corretta e adeguata gestione dei beni, ormai di affermata e fondamentale importanza nell’ottica dell’economia circolare, sottopone tutti gli attori coinvolti a continue sfide.

La volontà comune che unisce i vari soggetti a intraprendere un percorso più virtuoso del ciclo di vita del prodotto, con le finalità volte a ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente stabilizzandone l’equilibrio economico e sociale, diventa un comune denominatore e punto di incontro tra essi. Il confronto che ne nasce serve a mettere in luce le necessità di tutti gli attori e permette che questi, sostenendo la scelta della Comunità Europea a muoversi verso una Economia Circolare, diventino loro stessi i promotori di una sinergia industriale.

In particolar modo, le aziende di raccolta di rifiuti speciali, secondo l’ottica della circolarità della materia, ricoprono un ruolo fondamentale e centrale in quanto perno di unione tra le industrie produttive e quelle di riciclo, recupero e smaltimento.

Le necessità tecniche e tecnologiche delle une devono potersi interfacciare alle altre velocemente e con dinamicità per essere in grado di rispondere adeguatamente ai continui solleciti a cui il mercato, l’evoluzione tecnologica e legislativa li sottopone.

La comunicazione quindi assume un ruolo chiave se volta a fortificare i rapporti commerciali e a dare stabilità all’economia affinché quest’ultima diventi essa stessa vettore per un maggiore rispetto e salvaguardia dell’ambiente e delle risorse a nostra disposizione.

In una azienda di raccolta di rifiuti speciali, in particolar modo se pericolosi, il settore commerciale diventa quindi l’attore principale assumendo l’arduo compito di generare una nuova connessione con i clienti e i fornitori volta ad una sostenibilità in una scena molto più ampia e articolata, e su scala non più aziendale ma nazionale, se non addirittura Comunitaria.

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1.2 La SEPI Ambiente

La Società inizia a operare nel settore ambientale a partire dal 1983 con la raccolta dei rifiuti oleosi nella cintura di Torino. Successivamente si afferma come una delle principali aziende di raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali e urbani, sia pericolosi che no. Nel novembre 2013 entra a far parte del gruppo Viscolube con il nome di SEPI Ambiente s.r.l. Viscolube è la Società leader nella rigenerazione degli oli minerali esausti per la produzione di nuove basi lubrificanti e opera sul territorio nazionale con due raffinerie a Pieve Fissiraga (LO) e Ceccano (FR).

L’impianto di trattamento rifiuti della SEPI Ambiente possiede un’autorizzazione integrata ambientale con 360 codici CER e 35 tipologie di miscele in deroga. Questo è autorizzato al trattamento a recupero (R) o smaltimento (D) con un massimo stoccabile di 3.000 ton di rifiuti tra liquidi e solidi. La SEPI Ambiente dispone inoltre di un parco serbatoi di circa 1.400 m². L’impianto ha una superficie complessiva di 15.000 m², di cui circa 7.000 m² di superfici coperte adibite allo stoccaggio di rifiuti solidi e liquidi pericolosi e non.

Dal 2000 ha conseguito la certificazione del suo Sistema Integrato Qualità-Ambiente in conformità alle normative UNI EN ISO 9001 e UNI EN ISO 14001, aggiungendo inoltre anche la quella riferita al sistema Nazionale di certificazione della sostenibilità degli idrocarburi e dei bioliquidi dal 2013.

La SEPI Ambiente è attiva nel comparto ambientale a 360°, con una grande flessibilità di servizio che le permette di avere tra le sue referenze una clientela molto diversificata comprendente grandi imprese, Piccole Medie Imprese e piccoli produttori iniziali di rifiuti. In particolare, nei settori della PMI e della grande impresa, l’impianto si pone come partner unico per le tematiche ambientali per le aziende del comparto della meccanica, della chimica e dell’elettronica, inclusi i sub servizi tipici di questi settori quali, ad esempio: gestione rifiuti da verniciatura, rifiuti da finiture superficiali, mantenimento in efficienza degli impianti di trattamento emissioni (carboni attivi e filtri) e servizio di fornitura di materiale assorbente. Nel settore dei piccoli produttori, l’Azienda è leader storico nella micro raccolta di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi per attività quali autofficine, autocarrozzerie, verniciature di autoveicoli e artigiani di vari comparti.

La molteplicità di codici CER autorizzati permettono alla SEPI Ambiente di servire tipologie di clienti molto diversificate.

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L’Azienda dispone di automezzi spurgo, pianali e autobotti per la raccolta e il trasporto di rifiuti speciali pericolosi e non. La SEPI Ambiente è da anni specializzata nella micro raccolta ed è un raccoglitore incaricato dai maggiori consorzi nazionali: il CONOU, il COBAT e il CONOE.

1.3 Premesse di normativa e autorizzazioni

La gestione dei rifiuti speciali è normata dal Dlgs 152 del 2006 che nel corso di questo decennio ha subìto numerose modifiche e implementazioni frutto di un continuo e indispensabile confronto tra gli organi legislativi che incentivano e tutelano il ciclo virtuoso dei rifiuti, e i produttori e gestori di rifiuti che ne rappresentano la fattibilità economica e tecnica.

Questo confronto deve vertere su un solido equilibrio che permetta a tutti i soggetti interessati di pianificare e investire risorse verso l’ottimizzazione della gestione del rifiuto e un continuo e mirato miglioramento nella tecnica e nella tecnologia utilizzata.

Le aziende che, come la SEPI Ambiente, si occupano principalmente della raccolta di rifiuti speciali pericolosi, sono continuamente sollecitate dalle frequenti modifiche che il testo di legge subisce da parte degli organi regolatori. Qui di seguito viene riassunta una parte dell’evoluzione che ha interessato il Testo Unico Ambientale per quanto concerne la gestione della raccolta e, in particolare, delle miscelazioni dei rifiuti speciali.

Il Decreto Legislativo 152/2006, Parte IV

Il Dlgs 152/06 è il provvedimento nazionale di riferimento in materia di valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali. La Parte IV norma la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati.

Il Testo Unico, così come è stato introdotto nel 2006, all’art. 187 vietava la miscelazione tra rifiuti pericolosi nella seguente maniera:

1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all'Allegato G alla parte quarta del presente decreto ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.

2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209, 210 e 211 qualora siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 178, comma 2, e al fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. (Gazzetta Ufficiale)

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L’allegato G individuava le categorie e i tipi generici di rifiuti pericolosi classificandoli in base alla loro natura o all’attività che li ha prodotti.

La necessità di fare chiarezza sulla definizione di miscelazione, raggruppamento e sulla classificazione dei rifiuti speciali ha portato inevitabilmente all’integrazione e alla modifica del decreto ambientale.

Il Decreto Legislativo 205/2010 e il Decreto Legislativo 116/2014

Il Dlgs 205/10 recepisce le disposizioni della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti.

Le implementazioni avvenute tramite tale recepimento sono molteplici e interessano praticamente la totalità degli articoli contenuti nella Parte IV. In particolare sono fondamentali le integrazioni riportate qui di seguito:

Art. 187. Divieto di miscelazione dei rifiuti pericolosi

1. È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;

b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;

c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articoli 183, comma 1, lettera nn). (Gazzetta Ufficiale)

Oltre ad approfondire quindi l’art. 187, il decreto in esame introduce un fondamentale articolo che discerne la gestione degli oli minerali esausti da quella dei rifiuti speciali. Infatti l’art. 216-bis, comma 2, successivamente modificato dal Dlgs 116/2014, dispone che “In deroga a quanto

previsto dall’articolo 187, comma 1, fatti salvi i requisiti di cui al medesimo articolo 187, comma 2, lettere a), b) e c), il deposito temporaneo e le fasi successive della gestione degli oli usati sono realizzati, anche miscelando gli stessi, in modo da destinare, secondo l’ordine di

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priorità di cui all’articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. È fatto comunque divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.”

Pertanto, in deroga al divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi aventi diverse caratteristiche di pericolo HP, stabilito dall’art. 187, comma 1, del Dlgs 152/2006, questa norma permette di miscelare fra di loro oli esausti aventi caratteristiche HP differenti. Le attività quali il deposito temporaneo, la raccolta e il trasporto di tali rifiuti, peraltro, devono essere effettuate in modo da tenere costantemente separate – per quanto tecnicamente possibile – tipologie di oli usati da destinare, secondo l’ordine di priorità di cui all’art. 179, a processi di trattamento diversi fra loro. Viene fatto comunque divieto di miscelare gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze.

È opportuno evidenziare che l’art. 216-bis, originariamente introdotto nel Dlgs 152/2006 tramite il Dlgs 205/2010, è stato modificato – per quanto specificamente attiene il comma 2 sopra riportato – ad opera del Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 91 (c.d. Decreto Competitività, convertito in L. 11 agosto 2014, n. 116).

È stata quindi modificata la disciplina degli oli usati con l’obiettivo di consentire, a partire dalla fase del deposito temporaneo, la miscelazione degli oli usati al fine di semplificare le modalità di gestione di tale tipologia di rifiuti, rese troppo gravose per gli operatori del settore dal Dlgs n. 205/2010. Come evidenziato dal COOU (Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, dal 2017 diventato CONOU -Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati-), in tal modo “il Legislatore ha risolto i problemi creati alla filiera italiana da

alcuni limiti posti all’attività di miscelazione nel dicembre 2010 dal Dlgs n. 205, emanato in recepimento della direttiva europea 2008/98/CE. Nel Decreto legislativo fu introdotto, sulla scorta di un’interpretazione forzata, il divieto di miscelare tra loro rifiuti pericolosi aventi caratteristiche di pericolo differenti [...]. Per la filiera degli oli usati si trattava di una modifica radicale che avrebbe potuto comportare lo sconvolgimento dell’intera attività: dalla raccolta presso il produttore iniziale all’avvio al recupero, con il rischio concreto di incorrere in operazioni di miscelazione non consentite, quindi sanzionabili penalmente; e al contempo di rendere più complessa ed onerosa la selezione degli oli usati ai fini della rigenerazione.”

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La sentenza della Corte Costituzionale n. 75 del 12 aprile 2017

Per quanto riguarda tutti i rifiuti speciali non identificati dall’art. 216-bis comma 8, il Dlgs 116 del 2014 ha introdotto nell’art. 187 il comma 3-bis: “Le miscelazioni non vietate in base al

presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni rispetto a quelle previste per legge.” (da www.gazzettaufficiale.it)

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 75 del 12 aprile 2017, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 183, comma 3-bis del Dlgs 152/2006 sulla miscelazione di rifiuti, ai sensi del quale quelle non espressamente vietate (vale a dire quelle tra rifiuti non pericolosi o tra rifiuti pericolosi aventi le stesse caratteristiche di pericolosità) non dovevano essere sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da impianti autorizzati, non potevano essere sottoposte a prescrizioni ulteriori rispetto a quelle previste per legge. La Corte Costituzionale ha ritenuto che ogni attività di miscelazione costituisca un trattamento di rifiuti che, come tale, deve essere autorizzato. (CORTE COSTITUZIONALE – 12 aprile 2017, n. 75, 2017)

In seguito al giudizio della Corte, pertanto, l’obbligo di autorizzazione si estende a tutte le attività di miscelazione e non è più limitato a quella di rifiuti non pericolosi con rifiuti pericolosi e di rifiuti pericolosi con diverse caratteristiche di pericolo.

Tale disposizione non è stata oggetto di impugnativa da parte della Regione Lombardia mediante il ricorso che ha originato l’indicata sentenza 75/2017, visto che nella sentenza della Corte costituzionale non è presente la declaratoria di incostituzionalità consequenziale, l’articolo 216-bis comma 2 del Dlgs 152/2006 relativo alla miscelazione degli oli minerali usati continua a essere valido e attuabile. (Maglia & Guagnini, 2017)

AIA

L’Autorizzazione Integrata Ambientale è il provvedimento che autorizza l’esercizio di una installazione a determinate condizioni, che devono garantire la conformità ai requisiti di cui alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato da ultimo dal decreto legislativo 4 aprile 2014, n. 46, attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). (Ministero

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Nel 2015 è stata rilasciata alla SEPI Ambiente s.r.l., ai sensi del Dlgs 152/06 e alla luce delle novità introdotte dal Dlgs 46/2014, l’Autorizzazione Integrata Ambientale per la modifica sostanziale dell’installazione di stoccaggio e di trattamento dei rifiuti pericolosi.

Sono state per giunta autorizzate le miscelazioni richieste ai sensi dell’art 187 comma 2 del Dlgs 152/06, ad eccezione di alcune specificate nelle premesse dell’AIA.

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2. L’implementazione dell’area commerciale

Il ruolo delle aziende di raccolta dei rifiuti speciali è quello di fare da tramite tra i produttori e gli impianti di trattamento finale che necessitano di omogeneità del rifiuto in ingresso e costanza nei conferimenti, condizioni che si possono ottenere, vista la quantità di produttori e la loro diversificazione industriale, solamente attraverso questo passaggio intermedio.

La perdita di qualità nella fase di rigenerazione e riciclabilità di alcuni rifiuti deve quindi essere valutata considerando il vantaggio nel gestire al contempo grandi quantità di rifiuti riducendo sia il numero dei viaggi in fase di raccolta sia l’onere gestionale del magazzino.

Mentre in impianto lo spazio e le strutture possono eventualmente permettere un buon grado di separazione dei rifiuti e quindi consentire di raggruppare il più possibile quelli merceologicamente compatibili (e miscelabili), la fase di raccolta, invece, non può essere gestita sempre in funzione della qualità del rifiuto in quanto risente fortemente della distribuzione sul territorio dei produttori, della disponibilità dei mezzi in quel momento o semplicemente del tipo di richiesta del cliente.

Sono da tenere in considerazione ulteriori aspetti che influenzano fortemente la gestione della logistica di un’azienda di raccolta di rifiuti speciali: spesso i produttori, in particolar modo le PMI e i micro produttori, richiedono il servizio di raccolta con uno scarso preavviso e senza lasciare la possibilità di programmare efficacemente il giro dei mezzi. Ogni cliente, inoltre, gestisce e raccoglie il rifiuto prodotto in maniera differente per tipologia e volume dei contenitori. Ne consegue che la raccolta di un medesimo codice CER prodotto da due clienti limitrofi necessariamente non può essere fatta dallo stesso mezzo.

Un facile esempio può essere quello della raccolta dell’olio minerale esausto classificato con il codice CER 13 02 05*: un produttore può utilizzare fusti di metallo da 200 litri, un altro cisternette da un metro cubo richiedendo la restituzione del vuoto, mentre un terzo può essere dotato di proprie cisterne che per il prelievo necessitano di un’autobotte munita di pompa aspirante.

Questo rifiuto che, secondo le disposizioni di legge e rispettando il concetto della gerarchia del rifiuto, potrebbe essere raccolto dai tre produttori in un unico viaggio, per motivi tecnici e organizzativi, necessita invece di tre giri di raccolta differenti.

Una caratteristica fondamentale dell’azienda raccoglitrice è, quindi, la sua versatilità nella capacità di rispondere alle esigenze del cliente sia in termini di velocità nell’eseguire il giro di raccolta sia di disponibilità del mezzo idoneo a farlo.

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A seconda della tipologia di rifiuto, del suo stato fisico e del contenitore utilizzato, per rispondere alle richieste di un’area geografica mediamente industrializzata, un’azienda di raccolta di rifiuti speciali necessita di un parco mezzi ampio e versatile, e, di conseguenza, particolarmente oneroso.

Queste abilità sono, come desumibile da quanto sopra, particolarmente costose e non sempre interamente coperte dai ricavi derivanti dalla micro raccolta.

Considerando la posizione della SEPI Ambiente sul territorio piemontese, essa opera in una condizione di alta competitività con un numero considerevole di concorrenti; inoltre il cliente, per le ridotte capacità di stoccaggio, è spesso intenzionato a liberarsi rapidamente del rifiuto e, per questo motivo, si affida all’azienda che più rapidamente riesce a fornirgli il servizio richiesto.

Dal momento che il settore commerciale dell’Azienda assume in questo caso un ruolo fondamentale, la Direzione della SEPI Ambiente vuole adottare una strategia volta a rafforzare il legame con il proprio cliente creando una sorta di “fidelizzazione”.

Una strategia aziendale volta in questa direzione verte su questi tre obiettivi:

• mantenere stabile e successivamente incrementare la propria presenza sul territorio; come detto precedentemente, in un settore e in un territorio competitivo come quello in esame, le probabilità che le PMI e i piccoli produttori si rivolgano ad altri fornitori di servizi ambientali sono molto alte;

• rispondere prontamente ed efficacemente alle esigenze del cliente aiutandolo nella gestione interna del rifiuto e permettendo di introdurre una programmazione strutturata dei conferimenti;

• informare il cliente su una corretta gestione dei rifiuti in funzione non solamente degli obblighi di legge ma anche del trattamento e della destinazione finale degli stessi, migliorandone la qualità e la riciclabilità, la rigenerazione e il recupero.

2.1 Condizioni di partenza

La SEPI Ambiente dispone il un software di gestione aziendale EVO.Winsmart con il quale avviene tutta la formalizzazione dei rifiuti raccolti, gestiti e prodotti. Grazie a questo strumento si possono interfacciare le attività più importanti dell’Azienda: dall’inserimento a sistema dei

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formulari in ingresso, alla logistica della raccolta, al caricamento del contratto, alle miscelazioni tra rifiuti e alle operazioni di carico/scarico.

Questo software dispone di un database molto ampio in cui sono contenute tutte le informazioni relative ai contratti e alle movimentazioni dei rifiuti.

Il programma gestionale, in dotazione all’Azienda da diversi anni, risulta essere molto “appesantito” dalla mole di dati in esso contenuti e, soprattutto, dalla disorganizzazione con cui questi sono stati inseriti e modificati.

Infatti, all’interno del database ci sono informazioni obsolete e relative ad aziende e a clienti non più attivi da molto tempo, e si è potuto verificare come negli anni si siano susseguite procedure errate di utilizzo e di gestione del software, soprattutto nella fase di caricamento dei dati.

Per quanto riguarda la gestione commerciale dell’Azienda, in EVO sono presenti più di 41.300 anagrafiche differenti di produttori e quasi 18.700 anagrafiche di clienti, la maggior parte dei quali non più attivi da diversi anni. La stessa assegnazione degli agenti non rispecchia la realtà essendo molti clienti attribuiti ad agenti non più attivi.

2.2 Estrapolazione e pulizia dei dati

Per procedere con l’analisi dei dati e la loro elaborazione, è stata fatta la scelta fondamentale di allontanarsi temporaneamente dal sistema di gestione EVO e di lavorare in parallelo sui dati e le informazioni in esso contenuti. L’adozione di tale metodica è motivata dalla necessità di avere dei dati puliti, filtrati e modificabili senza che vadano a interferire e a condizionare le procedure tuttora in regime all’Azienda. A tale scopo è stato usato il foglio di calcolo Excel e il linguaggio di programmazione VBA (Visual Basic Application).

Vista infatti la complessità nella gestione dei dati e delle procedure, un intervento impreciso e impulsivo sul sistema non avrebbe portato alcun miglioramento complicando enormemente una gestione già notevolmente problematica.

Sono quindi stati estrapolati i dati relativi ai produttori del rifiuto, i clienti e i contratti. Le ricerche effettuate sono state veicolate dalle query messe a disposizione da EVO, purtroppo spesso non complete ed esaustive.

La scelta del metodo di integrazione dei dati è stato valutato con vari tentativi e in modo tale che rispondesse a tutte le richieste di informazioni necessarie allo studio in esame.

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Attraverso diverse estrapolazioni e manipolazioni dei dati, si è potuto risalire e collegare univocamente ciascun cliente al produttore e ai contratti da loro stipulati con la SEPI Ambiente. Da questa elaborazione si è riscontrata una scarsa attendibilità delle informazioni contenute nel sistema per quanto concerne lo stato di attività di ciascun produttore/cliente. Per ridurre, inoltre, la mole di dati da analizzare, si è deciso di snellirla considerando solo quei clienti di cui si è registrato un conferimento a partire dal 2014. Ovviamente da tale elenco verranno a mancare tutti quelli con cui si ha un rapporto esclusivamente di consulenza e/o di locazione.

L’incongruenza tra i dati dei clienti assegnati e di quelli che realmente conferivano rifiuti in azienda (in numero decisamente superiore) è stata in seguito integrata direttamente dagli agenti stessi.

Tale procedura ha incontrato diverse difficoltà generate dalla non univocità delle anagrafiche e dei codici attribuiti per ciascun produttore e cliente (per esempio la ragione sociale del produttore è stata inserita in sistema in 2 modi differenti, ecc…).

Per quanto riguarda invece la raccolta del rifiuto, la SEPI Ambiente non fa uso unicamente dei propri mezzi. Esistono infatti diverse aziende terze, consorzi e trasportatori indipendenti che se ne occupano direttamente conferendo in impianto autonomamente e gestendo il proprio “pacchetto clienti” senza interagire con l’area commerciale aziendale. Per questo motivo essi sono stati esclusi dalle successive analisi ed elaborazioni dati.

A questo punto si è riuscito ad ottenere un elenco di aziende produttrici attive alle quali la SEPI Ambiente offre il servizio di ritiro e di consulenza, e che dovrebbero essere seguite da un agente commerciale di riferimento.

All’interno della SEPI Ambiente lavorano sette agenti commerciali: quattro sono esterni e si gestiscono autonomamente i loro clienti, e tre sono interni e rispondono direttamente alla Direzione aziendale.

Non potendo utilizzare le informazioni contenute nel database per la loro scarsa affidabilità e veridicità, a ciascun agente è stato pertanto richiesta la lista dei clienti da loro seguiti direttamente. Ciascuna di essa è stata quindi standardizzata, ordinata e completata delle informazioni mancanti in modo da conoscere quali produttori conferiscono in Azienda e sono attribuiti specificatamente ad un agente, e quali invece non sono seguiti attivamente da qualcuno. Questo processo consente, oltre ovviamente a far chiarezza sullo stato dell’area commerciale, a responsabilizzare gli agenti e a incentivarli a una gestione più ordinata e concorde alle esigenze aziendali.

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Da queste due liste si è quindi risalito ai clienti attivi assegnati (seguiti attivamente da un agente) e a quelli che invece, seppur in rapporto lavorativo con l’Azienda, non lo sono.

2.3 Definizione delle aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori

L’ottimizzazione dell’area commerciale e della sua logistica passa attraverso la riassegnazione e la suddivisione in aree omogenee del territorio sul quale la Società opera, quindi un’attribuzione a ciascun commerciale di un’area sulla quale concentrare la propria attività. L’Azienda SEPI Ambiente aveva già iniziato in passato un lavoro di attribuzione delle aree, ma, non essendo mai stato completato né utilizzato pienamente, molte risultavano ancora non assegnate.

È stato deciso, pertanto, di fare affidamento al software di gestione cartografia digitale QGIS che, grazie alle mappe digitali del territorio nazionale e regionale, una volta codificate e importate al suo interno le informazioni necessarie, ha permesso di visualizzare graficamente la suddivisione territoriale fino a quel momento adottata dall’Azienda.

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Innanzitutto si è subito notato come tale suddivisione del territorio in aree omogenee non fosse completa e come molti Comuni risultassero, seppur appartenendo alla stessa area, molto lontani tra di loro e quindi scomodi da gestire uniformemente. La suddivisione, inoltre, non includeva informazioni come la morfologia e le infrastrutture stradali che influenzano considerevolmente gli spostamenti dei mezzi e degli agenti.

Un enorme passo in avanti, che ha ulteriormente affinato la tecnica di suddivisione del territorio, è stata quella di geolocalizzare tutti i produttori e i clienti della SEPI Ambiente che avessero conferito almeno una volta dal 2016 (esclusi i produttori che lo fanno tramite consorzi, intermediari e trasportatori autonomi). Questo processo ha interessato 5.237 indirizzi dei quali sono state ricavate le coordinate geografiche (latitudine e longitudine).

Figura 2: Geolocalizzazione dei produttori che hanno conferito a partire dal 2016

Nella mappa si può vedere la distribuzione dei clienti della SEPI Ambiente sul regionale e già a prima vista si notano alcune aree di forte interesse commerciale: l’area metropolitana di Torino, la cintura sud ovest della città, la provincia di Biella, ecc…

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Da una semplice e rapida valutazione si può subito ipotizzare, pertanto, la difficoltà di questa Azienda nel gestire un numero consistente di clienti su un’area così vasta e lontana dall’impianto di raccolta. La SEPI Ambiente storicamente era dislocata in un’altra area, esattamente opposta rispetto al Comune di Torino, dove si era sviluppata interagendo con moltissimi produttori locali.

Essendo stato spostato l’impianto nel 2008 nell’area industriale di Settimo Torinese, l’Azienda ha mantenuto attivi quei rapporti economici e contrattuali con i suoi clienti ormai fidelizzati. Questa necessità ha tuttavia generato difficoltà nella gestione e nella logistica di tutte le attività inerenti sia al rapporto con la clientela sia alla raccolta e micro raccolta dei rifiuti. Basti solamente pensare, per esempio, al tempo impiegato dai mezzi per poter raggiungere i produttori dovendo attraversare tutta la tangenziale torinese in orario di punta, e ai costi aggiuntivi legati alla forza lavoro e all’impiego dei mezzi.

I produttori così individuati sono stati poi suddivisi in funzione delle tonnellate annue di rifiuto prodotto in modo da poter effettuare una grossolana, ma efficacie, distinzione tra grandi produttori, medi, piccoli e micro raccolta. Ovviamente tale analisi ha confermato come i primi si concentrino nelle aree industriali attorno alla cintura di Torino e di Biella, e come la micro raccolta sia fortemente distribuita nei centri abitati.

Il Comune di Torino rappresenta proprio il centro di questa “giungla” di micro produttori, per lo più di olio vegetale e di rifiuti generati dalle autofficine.

Proprio per la natura produttiva dell’area piemontese, e in particolar modo di quella torinese, sul territorio insistono differenti competitor che hanno saputo specializzarsi ognuno nel trattamento di alcuni rifiuti specifici. Per quanto invece concerne la gestione di produttori quali PMI e grandi imprese con una diversificazione di rifiuti più consistente, la SEPI Ambiente risulta essere un partner leader ottimale nel settore grazie alle sue capacità tecniche e tecnologiche di gestire numerose tipologie di rifiuti e capace di rispondere alla maggior parte delle esigenze produttive territoriali.

Grazie alle valutazioni e alle interpretazioni delle informazioni così ottenute dalla georeferenziazione dei produttori, si è potuto azzardare un primo modello di suddivisione delle aree che potesse tenere in considerazione la densità produttiva del territorio, il numero di clienti, la distanza dalla sede e la viabilità.

Attraverso gli strumenti adottati e le informazioni ricavate, è stato facile individuare sulla mappa i produttori e i clienti non seguiti dall’area commerciale aziendale.

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In seguito il territorio è stato suddiviso in tre grandi aree, ognuna delle quali affidata a un agente commerciale di riferimento con un vantaggio reale sulla sua conoscenza del territorio, sulla facilità e velocità dei suoi spostamenti, e, quando possibile, anche in funzione della sua residenza.

Figura 3: Ridefinizione delle aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori assegnati agli agenti

Figura 4: Aree omogenee e geolocalizzazione dei produttori non assegnati

2.4 Il nuovo strumento di supporto per la gestione dei clienti

Per ciascun agente è stata realizzata una lista su Excel dei clienti da lui seguiti.

Nell’allegato di questo testo è riportato il documento redatto come sussidio per la fase di compilazione e di utilizzo di questo strumento ai fini dell’implementazione e della gestione del proprio lavoro, e per evitare che si possano generare e perpetrarsi nel tempo pratiche errate. Ciascun agente ha quindi un suo elenco elettronico contenente le informazioni a lui necessarie sui propri clienti. Ovviamente tale formato è stato più volte modificato e adattato alle esigenze che durante il mio periodo di stage emergevano dal loro lavoro.

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• univocità del produttore e dell’assegnazione a un solo agente. Si sono visti diversi casi in cui un solo cliente era seguito da due agenti;

• attribuzione della zona. A parte per il territorio comunale di Torino, particolarmente complicato nella gestione commerciale, le zone sono esclusivamente attribuite ad un solo agente senza sovrapposizioni;

• scambio di informazioni e confronto tra l’ufficio commerciale e la Direzione. Il modello necessita ovviamente di un continuo confronto, soprattutto nelle fasi iniziali in cui si deve allineare alle esigenze commerciali e manageriali. Grazie ai continui incontri a cadenza settimanale è stato possibile rispondere prontamente alle esigenze degli agenti commerciali.

Una, ma non trascurabile, praticità dello strumento realizzato è la possibilità di modificare facilmente le impostazioni iniziali.

Un effetto concreto e importante ottenuto attraverso il modello adottato è stato la rigenerazione della mappa del territorio nazionale e la suddivisione per aree omogenee con l’evidenziazione immediata di quella parziale e caotica fatta invece nel passato.

Una volta inserite le coordinate geografiche all’interno della mappa digitale, per mezzo del software di gestione delle mappe vettoriali, si è assegnato ciascun Comune a un’area in funzione della dislocazione sul territorio per agevolare l’agente commerciale nel raggiungere facilmente le aziende site nella stessa zona.

Grazie alla praticità del modello realizzato, la gestione delle aree di competenza degli agenti e la suddivisione delle zone risulta intuitiva e facile. La suddivisione del territorio è stata fatta attraverso considerazioni che posso modificarsi ed evolvere nel tempo in funzione delle scelte aziendali, del mercato e delle necessità commerciali. Un requisito indispensabile è stato quindi quello di permettere alla Direzione di affrontare tempestivamente i cambiamenti consentendo rapidamente di implementare e di modificare la suddivisione territoriale. Se, ad esempio, dovesse subentrare un nuovo agente, si può aggiornare la mappa del territorio per attribuirgli un’area di interesse con i clienti di appartenenza e dargli tutte le informazioni necessarie per metterlo in condizioni di cominciare subito il proprio lavoro senza andare a sovrapporsi a quello dei colleghi già operativi.

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Figura 5: Assegnazione delle aree agli agenti interni

Grazie a questo strumento si sono potute conoscere sia le aree di maggior interesse aziendale per concentrazione di clienti attivi sia quelle, sovrapposte con le informazioni relative al grado di urbanizzazione e industrializzazione territoriale, di possibile interesse ed espansione.

Questa prima e semplice analisi ha permesso di confermare rapidamente alcune grandi difficoltà che la SEPI Ambiente deve affrontare in ambito commerciale e logistico. Come si può vedere dalla mappa del Piemonte e della Valle d’Aosta, infatti, un’elevata concentrazione di produttori ha sede a Torino e nella cintura Sud-Ovest, proprio dove l’Azienda aveva l’impianto e dove quindi nel tempo si era sviluppata e rafforzata.

Di primario interesse aziendale è stata la gestione dei clienti non assegnati, cioè di quelli che, come già espresso precedentemente, seppur considerati attivi (almeno un conferimento a partire dal gennaio 2016), non sono seguiti attivamente da nessun agente.

La Direzione, per ovvie motivazioni legate ai concetti di sostenibilità economica e ambientale, nonché alla volontà di efficientamento dell’Azienda, sia dell’area commerciale sia della

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logistica e della raccolta, vuole creare un rapporto di fiducia con il produttore attraverso il rafforzamento del legame tra cliente e agente commerciale interno all’Azienda.

In funzione della suddivisione del territorio, è stata fornita a ciascuno agente la lista di clienti non assegnati che hanno sede di produzione del rifiuto all’interno dell’area di competenza. La procedura è espressa nel dettaglio all’interno del testo in allegato.

L’agente commerciale è stato quindi indirizzato all’ottimizzazione del tempo lavorativo e alla riduzione del tempo speso nei vari spostamenti tra un cliente e l’altro.

Seppure lo strumento sviluppato su Excel sia utile all’organizzazione del lavoro, si è notato come questo non agevolasse l’attività commerciale una volta fuori dall’ufficio dove l’agente non dispone del computer e non può accedere alla lista. Capita spesso infatti che egli debba cambiare i programmi a seconda delle necessità del cliente e che, trovandosi a lavorare in un determinato territorio, necessiti della posizione dei clienti a lui vicini per ottimizzare immediatamente il giro visita.

Utilizzando alcuni strumenti di condivisione dati offerti gratuitamente sul web, per ogni agente, zona e Comune, è stata quindi realizzata una cartella condivisa contenente un documento di testo su ciascun cliente con informazioni utili per effettuare la visita.

L’agente, utilizzando esclusivamente il suo smartphone, ha quindi la possibilità di visualizzare tutti i clienti che hanno sede in un determinato comune o zona territoriale, e ricavare informazioni su indirizzo e posizione, sui contratti attivi e la loro scadenza, e su tutti i conferimenti in Azienda effettuati a partire dal gennaio 2016, suddivisi per codice CER e per quantità.

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Figura 6: Esempio di una Scheda Produttore

L’agente ha velocemente modo di conoscere la tipologia di rifiuti prodotti dal cliente, la quantità e, soprattutto, la frequenza dei conferimenti in modo da intervenire e supportare il cliente qualora egli riscontrasse delle irregolarità.

Infatti, attraverso l’attività di consulenza dell’agente commerciale, l’Azienda riesce a istruire e informare il produttore su una corretta gestione interna del rifiuto che, al di là degli imprescindibili obblighi di legge al quale deve sottostare, può migliorare la logistica e il lavoro della azienda raccoglitrice, già fortemente incentivata ad una raccolta e gestione del rifiuto in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi.

È esattamente in questo passaggio che si ottiene il collegamento logico tra l’area commerciale di una azienda di raccolta di rifiuti speciali e la sostenibilità ambientale declinata attraverso l’economia circolare e il ciclo virtuoso del rifiuto.

In quest’ottica, il settore commerciale ricopre un ruolo fondamentale. Esso ha il dovere di suggerire e di consigliare il cliente non solo per rispondere adeguatamente ai vincoli di legge, ma anche prontamente alle esigenze delle aziende che si occupano direttamente di riciclare e recuperare i rifiuti da loro prodotti.

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3. La raccolta dell’olio minerale esausto

3.1 Introduzione

Tra i rifiuti speciali più pericolosi per l’uomo e per l’ambiente ci sono gli oli minerali esausti. Gli oli lubrificanti vengono utilizzati principalmente nei motori a combustione interna, nei mezzi adibiti al trasporto di persone e materiali, e negli impianti industriali di qualsiasi genere. Essi subiscono un processo di trasformazione chimico-fisica derivata dall’usura e dalla combustione diventando tossici e perdendo le loro specifiche tecniche di utilizzo. Una volta sostituito, l’olio esausto è classificato come rifiuto pericoloso e deve pertanto essere adeguatamente raccolto e smaltito. Le modalità e la velocità di propagazione dell’inquinante nelle differenti matrici ambientali sono ormai note e il danno potenziale è particolarmente elevato, soprattutto in quelle idriche e nel suolo.

Se si considerano anche la difficoltà nell’effettuare una bonifica di un sito inquinato e i costi a essa collegati, la raccolta e la gestione degli oli minerali esausti è sicuramente una tematica ambientale di prioritaria importanza per gli organi legislativi e di controllo.

L’elenco dei rifiuti speciali e la classificazione secondo codice CER è presente nell’Allegato D alla Parte IV del Dlgs 152/06. Con il capitolo 13 si individuano gli oli esauriti e i residui di combustibili liquidi (tranne gli oli commestibili e quelli già attribuiti ad altri capitoli, come lo 05, il 12 e il 19). Seppur la gran maggioranza degli oli lubrificanti minerali siano all’interno del gruppo 13, esistono sempre altre famiglie di oli quali ad esempio gli oli idraulici, gli oli isolanti e gli oli di sentina.

Nella definizione di oli usati rientrano anche le miscele oleose, cioè quei composti fluidi o liquidi, parzialmente formati da olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, e le emulsioni.

Spesso l’olio lubrificante viene usato in purezza, ma altrettanto spesso lo si utilizza emulsionato con acqua. Nell’industria meccanica, ad esempio, vengono utilizzate emulsioni olio-acqua per la loro funzione fluido-refrigerante. Una volta perse le loro caratteristiche tecniche, le emulsioni devono essere sostituite e smaltite opportunamente. Seppur alcune industrie hanno sviluppato un processo di separazione olio-acqua per poter reimmettere l’emulsione rigenerata all’interno del ciclo produttivo, molte aziende devono conferire questo rifiuto ad appositi centri di raccolta abilitati.

In Italia è presente il CONOU - Consorzio Nazionale per la gestione degli Oli Usati - che dal 1982 si occupa della raccolta e della gestione degli oli minerali esausti.

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Oltre ad assicurare su tutto il territorio nazionale la raccolta degli oli lubrificanti usati, i quali vengono destinati in via prioritaria all’industria della rigenerazione, il Consorzio si occupa anche dell’informazione e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche della corretta gestione degli oli usati.

Il CONOU coordina 74 aziende private, tra cui la SEPI Ambiente, che si occupano di raccogliere l’olio e di conferirlo presso la destinazione finale secondo i criteri stabiliti dal Consorzio.

L’olio raccolto infatti viene analizzato e, in funzione della qualità, mandato a destinazione finale secondo il ciclo virtuoso del rifiuto:

• la destinazione principale che interessa la maggior percentuale di olio raccolto è la rigenerazione in basi lubrificanti;

• qualora non dovessero essere rispettati i parametri di rigenerabilità, si conferisce il rifiuto a recupero di energia come combustibile;

• qualora non siano rispettati i vincoli tecnici per il conferimento alle prime due destinazioni, si deve termodistruggere o stoccare in depositi permanenti.

La rigenerazione è ovviamente il processo che meglio risponde alla richiesta di sviluppo di una economia circolare, soprattutto per la riduzione dell’estrazione di greggio.

Da circa 100 kg di olio raccolto, infatti, si ottengono circa 65 kg di olio base rigenerato e 20-25 kg di gasolio e di bitume. Le basi rigenerate vengono quindi reintrodotte nel mercato coprendone circa il 30%. (Viscolube, 2017)

Considerando il 2016 come anno di riferimento, sono state raccolte in Italia più di 178 mila tonnellate di oli usati, che corrisponde al 43,2% del totale immesso al consumo in Italia, percentuale che si avvicina molto al potenziale massimo raccoglibile. (Viscolube, 2017) Quasi il 100% degli oli raccolti sono stati avviati a rigenerazione con la produzione di 114 mila tonnellate di basi rigenerate e 44 mila tonnellate di derivati petroliferi come bitume e gasoli. La restante parte, che comprende principalmente scarti di lavorazione, viene mandata a termodistruzione. (Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Esausti)

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Figura 7: Andamento dell'immesso al consumo oli lubrificanti in Italia [kton], dal 2000 al 2016. Fonte: Green Economy Report 2016 CONOU.

Nel 2016 il 52% dell’olio immesso al consumo è stato gestito dal settore industriale mentre il restante 48% da quello dell’autotrazione. Quest’ultimo è quello che ha generato l’incremento nell’immissione registrato negli ultimi due anni.

Dal grafico, espresso in migliaia di tonnellate/anno, si può vedere come il trend, a partire degli anni 2000, sia in netto calo; le cause imputabili sono sicuramente molteplici tra cui il miglioramento delle prestazioni degli oli e del sistema produttivo e la recente crisi economica. (Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Esausti, 2016) Il grafico che segue invece si può apprezzare il rientro in filiera degli oli esausti attraverso la raccolta e la percentuale di questi avviata a rigenerazione.

Nel corso degli anni la quota di oli usati avviati a rigenerazione è, grazie alla innovazione tecnologica sostenuta dalle imprese di rigenerazione, progressivamente cresciuta fino a raggiungere quasi il 100% di quelli raccolti. (Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Esausti, 2016)

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Figura 8: Andamento storico degli oli usati avviati a rigenerazione rispetto alla raccolta in Italia, dal 1984 al 2016. Fonte: Green Economy Report 2016 CONOU.

Per quanto riguarda invece le emulsioni, la gestione è decisamente più complicata in quanto l’acqua rende più onerosa la rigenerazione in raffineria e ne abbassa il potere calorifero inferiore se destinato ad uso combustibile.

In campo industriale sono presenti un numero molto elevato di emulsioni che differiscono per processo produttivo e materie prime utilizzate, area geografica, temperatura di lavorazione e caratteristiche fisiche e chimiche degli additivi e degli oli.

Le emulsioni sono spesso miscele eterogenee stabili che risultano difficili e onerose da separare nelle due fasi. Tuttavia esistono aziende che hanno impianti e risorse tecniche e tecnologiche specializzate nel trattamento fisico, termico e chimico di questa macro categoria di rifiuti speciali. Infatti, una volta avvenuta la separazione, la fase oleosa rientra nella competenza del CONOU e la sua destinazione finale viene stabilita secondo i parametri e i valori di classificazione della qualità dell’olio definiti dal Consorzio.

Viene riportata in seguito la tabella aggiornata al 2017 della classificazione in Italia degli oli esausti a specifica per la rigenerazione. (Viscolube, 2017)

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Tabella 1: Classificazione degli oli usati a specifica per la determinazione delle qualità

Ogni conferimento di olio esausto in uscita dagli impianti di raccolta viene analizzato e classificato secondo la discretizzazione in tabella e il Consorzio ne attesta la destinazione d’uso. Le aziende di raccolta sono così incentivate a conferire al Consorzio un olio esausto di qualità elevata cercando quindi di tenere il più possibile segregate le frazioni qualitativamente più scadenti per conferirle a rigenerazione in lotti separati.

Arrivati a questo punto è giusto riprendere il concetto della miscelazione affrontato nell’Introduzione e considerare quello tecnico giuridico di diluizione.

Il produttore del rifiuto ha l’obbligo di attribuire, oltre al codice CER, anche la destinazione finale (D per smaltimento, R per recupero) in funzione delle specifiche tecniche previste dalla norma. Può accadere che due rifiuti attribuiti allo stesso codice CER abbiano destinazione

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differente. Un esempio calzante riguarda gli oli attribuiti al CER 13 02 04* oli minerali per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati: il produttore di un olio minerale contenente cloro, una volta definito il CER deve accertarsi della concentrazione dei parametri di idoneità al recupero definiti dal Consorzio e, in base a quelli, attribuirne la destinazione, in questo caso del cloro essendo un parametro di specifica vincolante.

L’azienda di raccolta che ritira l’olio esausto effettua tutte le miscelazioni consentite cercando di mantenerne le caratteristiche qualitative, e quindi il valore commerciale del rifiuto. Le miscelazioni in AIA permettono all’Azienda di unire oli con CER differenti generati da produttori diversi, rispettando la destinazione finale e cercando di mantenerne la classe qualitativa per massimizzare il profitto nella vendita del rifiuto. Quindi, riprendendo l’esempio, i due oli con CER 13 02 04* aventi concentrazioni di cloro differenti, di cui uno fuori specifica per la rigenerazione, non possono essere miscelati; qualora questo avvenisse saremmo in presenza di una diluizione del contaminante che è un reato perseguito dal Codice Penale.

Viscolube è un leader in Europa nella rigenerazione degli oli usati. In Italia ha due stabilimenti per la lavorazione dell’olio usato con una capacità produttiva di circa 190 mila ton/anno. (Viscolube, 2017)

La Società produce basi lubrificanti rigenerate che vengono immesse nuovamente nel mercato nazionale coprendone circa il 30% del fabbisogno.

Viscolube si è sviluppata creando negli ultimi anni la Viscoambiente, la divisione che si occupa della raccolta di rifiuti speciali pericolosi e non, di cui fanno parte sette aziende, tra cui appunto la SEPI Ambiente.

Durante l’ultimo anno, la Società ha allargato il suo mercato iniziando a gestire le emulsioni ricche al fine di destinare alla rigenerazione maggiori quantità di olio, recuperarne maggiori volumi e incrementare i benefici ambientali ed economici.

Le aziende produttrici e raccoglitrici che non dispongono della tecnologia necessaria al trattamento e alla separazione delle due fasi dell’emulsioni possono, pertanto, conferire il rifiuto a Viscolube che a sua volta, grazie agli impianti appartenenti al Gruppo, provvede autonomamente alla lavorazione. Viscolube riconosce al raccoglitore la percentuale di olio contenuta trattenendo, ovviamente, il costo del trattamento di separazione e della logistica. La fase oleosa così estratta e raccolta dall’emulsione rientra sotto il controllo e la gestione del Consorzio. Essa, pertanto, per poter essere mandata a rigenerazione, deve rispettare i criteri di classificazione in tabella.

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Siamo abituati a pensare che un rifiuto sia inquinato e contaminato a prescindere dalla sua natura e dal processo industriale di provenienza.

In un’ottica di economia circolare dove esso diventa, invece, risorsa indispensabile per il processo evolutivo dell’economia e della società, la gestione degli scarti della produzione deve essere ottimizzata affinché il trattamento finale porti sia all’eliminazione (o quanto meno la riduzione) della pericolosità per l’uomo e per l’ambiente sia ad incentivare il risparmio nell’utilizzo di una risorsa già disponibile.

Il concetto di inquinante è strettamente collegato ai requisiti tecnologici che il trattamento a recupero del rifiuto impone. Gli organi legislativi si interfacciano continuamente con il settore tecnico e con la ricerca per poter normare un processo evoluzionistico continuo e dinamico. Nel caso dell’olio minerale, la definizione dei vincoli di accettabilità avviene proprio tenendo in considerazione quanto appena detto.

Nel caso specifico di Viscolube, raffineria che si occupa di rigenerare la quasi totalità dell’olio esausto raccolto in Italia, la definizione delle classi e dei valori di accettabilità è un processo in continuo sviluppo, soprattutto legato dall’evoluzione del mercato degli oli minerali e dei prodotti presenti al suo interno.

Gli inquinanti principali dell’olio minerale esausto, elencando solo quelli che hanno interessato gli approfondimenti in questo progetto di stage, sono i PCB e PCT (policlorobifenile e policlorotrifenile), e il silicio.

La presenza di questi inquinanti può derivare sia dalla composizione chimica dell’olio minerale prima di essere inserito nella lavorazione sia dal processo produttivo in cui è stato utilizzato.

PCB

I policlorobifenili sono una serie di composti aromatici biciclici formati da molecole di bifenile variamente clorurate. Sintetizzate negli anni ’30, attualmente sono per la maggior parte banditi a causa della loro tossicità e persistenza. I PCB infatti sono composti chimici molto stabili che, grazie ad alcune loro particolari proprietà, hanno ottenuto particolare impiego nei sistemi chiusi come nei fluidi dielettrici all’interno di apparecchiature elettriche e elettroniche (in particolare nei trasformatori e condensatori).

L’utilizzo di prodotti contenenti PCB è andato diminuendo a partire dagli anni ’70 e oramai le principali vie di contaminazione ambientale sono riconducibili a perdite, incendi, scarichi illeciti e smaltimento inadeguato. (APAT Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici, 2006)

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Le principali aziende che producono oli contaminati da PCB sono quelle operanti nella manutenzione e smaltimento di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Tali oli sono identificati da specifici codici CER: il 13 01 01* e il 13 03 01*.

Questa particolare categoria di rifiuti è di norma avviata a termodistruzione, infatti è assolutamente vietata la sua miscelazione con altre sostanze recuperabili e non è possibile conferirla per la rigenerazione.

Nel contesto degli oli minerali, il PCB è considerato quindi un pericoloso inquinante; pertanto quelli che ne contengono una concentrazione superiore ai 25 mg/kg non possono essere avviati a rigenerazione. (Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Esausti)

Silicio

Il silicio è un semimetallo e semiconduttore utilizzato per la sintetizzazione dei siliconi, polimeri inorganici utilizzati in molti settori industriali, tra cui quello meccanico e dell’automotive come lubrificanti.

I lubrificanti siliconici sono polimeri puri o in sospensione acquosa non reticolati, vengono utilizzati come additivi antischiuma o per proteggere le componenti metalliche degli impianti e dei macchinari. Fornendo elevate prestazioni anticorrosive e di resistenza all’attrito, l’utilizzo di questa categoria di oli è sempre più diffusa. (Avogadro srl, 2017)

Questa categoria di oli viene realizzata dalle case produttrici in funzione degli specifici requisiti del mercato e dell’utilizzo industriale generando una gamma di prodotti enormemente vasta e difficile da analizzare.

Il mercato degli oli lubrificanti comprende anche gli oli sintetici che si differenziano da quelli minerali per le migliori caratteristiche tecniche come le ottime prestazioni a basse e alte temperature, l’andamento della viscosità al variare della temperatura e la durata prestazionale del film lubrificante. (Exxon Mobil Corporation, 2017)

La presenza del silicone all’interno degli oli lubrificanti ne condiziona enormemente la riciclabilità innalzando considerevolmente i costi di trattamento. Per questo motivo il Consorzio ne limita la concentrazione all’interno dell’olio rigenerabile.

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3.2 Analisi aziendale

In questa analisi ci focalizzeremo sulla gestione della micro raccolta e dei piccoli produttori. È proprio in questo settore che si riscontrano le maggiori problematiche in fase di raccolta e nella gestione del magazzino, sia in termini qualitativi dell’olio, sia in termini di sostenibilità economica.

Figura 9: Geolocalizzazione dei produttori di olio avviato a recupero, raggruppato per Comuni e per quantità prodotte annue.

Come è stato detto precedentemente, il codice CER non è un parametro valido di identificazione delle classi di rigenerabilità dell’olio. Solamente un’analisi di laboratorio consentirebbe di quantificare la presenza degli inquinanti.

Seppure la tracciabilità del rifiuto sia garantita dalla sua produzione fino alla destinazione finale, effettuare uno studio così approfondito partendo da tutti i produttori di olio minerale esausto avrebbe comportato un impiego di tempo decisamente superiore rispetto a quello previsto per questo progetto di stage.

Bisogna infatti considerare tutte le operazioni a cui il rifiuto viene sottoposto:

• durante la fase di raccolta l’olio esausto, attraverso le miscelazioni consentite dall’AIA, può essere unito ad altri oli compatibili e con medesimo destino;

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• arrivato in impianto, la miscela di rifiuti, a seconda della tipologia di olio e dalla classe di appartenenza del Consorzio, viene stoccato all’interno di serbatoi dedicati a quella classe qualitativa;

• l’olio viene movimentato all’interno dell’impianto a seconda delle necessità tecniche e organizzative predisposte dall’ufficio tecnico;

• raggiunte le quantità stoccate desiderate, si procede al conferimento tramite autocisterna all’impianto di recupero/smaltimento, previa verifica finale delle caratteristiche qualitative.

La qualità dell’olio esausto dipende enormemente dalla capacità (e volontà) del produttore di gestire correttamente il rifiuto; prendiamo ad esempio un’autofficina: prima dell’introduzione delle norme ambientali riguardanti i rifiuti, il fusto dell’olio esausto era un contenitore nel quale si metteva qualsiasi tipologia di rifiuto liquido, dagli oli, ai liquidi dei freni, a quelli refrigeranti, agli antigelo, alle benzine e alle emulsioni. Pertanto il CONOU, unitamente ai concessionari che operano sul territorio, in questi anni ha informato, formato e diffuso ai produttori iniziali norme di buona tecnica per la gestione dei rifiuti oleosi.

Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda gli oli sintetici, bisogna soffermarsi sulla difficoltà da parte del produttore di riconoscerne la tipologia di olio. Infatti, quando si ha la certezza della natura dell’olio introdotta nel circuito, è più facilmente possibile da parte del produttore risalire alla tipologia di rifiuto oleoso; quando invece, come nel caso delle autofficine, vengono raccolte molte quantità di olio lubrificante proveniente da numerosi mezzi, il manutentore non può risalirne alla provenienza e composizione chimica, con una minor resa nella fase rigenerativa e con un aumento degli scarti e dei costi.

Se si volesse quindi controllare minuziosamente la qualità dell’olio in ingresso in impianto si dovrebbe effettuare un prelievo per ciascun conferimento e mandarlo in analisi ad un laboratorio terzo.

Risultano evidenti due grandi problematiche: il tempo di attesa e i costi.

• Tempo. Un carico di olio esausto in arrivo da un unico produttore, prima di poter essere immesso all’interno dell’impianto e quindi miscelato con oli compatibili, dovrebbe restare in una cisterna separata fino a quando non arriva il riscontro dell’analisi chimico fisica effettuata. Questo implicherebbe avere un enorme volume stoccabile in accettazione che permetta di mantenere separate le partite arrivate da differenti produttori e trasportatori.

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Per la SEPI Ambiente, che raggiunge picchi anche di 50 conferimenti di produttori differenti al giorno, questo vorrebbe dire raccogliere per ciascuno di essi un campione, inviarlo al laboratorio e stoccare in accettazione (mantenendo separati tutti i conferimenti) gli oli in ingresso. I tempi di attesa delle analisi di laboratorio possono variare da un giorno a due settimane a seconda dei parametri richiesti.

Ottenuti i referti delle analisi, i conferimenti idonei saranno accettati mentre quelli non idonei dovranno essere dichiarati non conformi.

• Costi. I costi diretti sono le analisi di laboratorio che possono variare da 70 a 400 euro a seconda dei parametri richiesti.

Considerando che nel 2016 la SEPI Ambiente ha accettato in impianto olio minerale esausto destinato a recupero da più di 1.100 produttori differenti in quasi 3.000 conferimenti, con la richiesta di analisi per i soli parametri più incidenti sulla qualità dell’olio (PCB e Cloro) essa supererebbe facilmente la cifra di 300.000 euro di spesa all’anno.

Inoltre si dovrebbe aggiungere il costo dovuto alla manodopera di un addetto che si occupi del campionamento, dello scarico in accettazione e della spedizione dei campioni.

Tralasciando le evidenze economiche nel sostenere un dettaglio così minuzioso in ingresso della qualità dell’olio esausto, si deve considerare anche l’impatto sociale sui clienti che oggi non sostengono alcun costo di servizio.

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4. Conclusioni

La SEPI Ambiente ha richiesto, promosso e sostenuto la realizzazione di uno strumento che apportasse notevoli miglioramenti nella gestione del lavoro da parte del proprio settore commerciale. Esso è stato identificato e adattato alla problematica reale e contingente dell’Azienda diventando dinamico e strategico innanzitutto per alleggerire e ottimizzare il database ad uso interno.

Attraverso questo nuovo approccio, si è iniziato un lungo ma indispensabile lavoro di controllo, completamento e inserimento delle informazioni necessarie in primo luogo a fare chiarezza sull’attuale situazione aziendale e a reimpostare una strategia commerciale adeguata.

Grazie all’analisi sistematizzata e razionale dell’elenco clienti, del territorio e quindi degli spostamenti, gli agenti commerciali hanno potuto cominciare subito a riprendere alcuni rapporti contrattuali e a intervenire per aiutare i produttori nella propria gestione interna dei rifiuti.

Figura 10: Attività commerciali effettuate nel periodo ottobre-novembre 2017.

In Figura 10 sono rappresentati, per ciascun agente interno all’Azienda, i clienti a lui assegnati prima dell’inizio di questo lavoro di stage (come da legenda: Clienti Assegnati),

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differenziandoli da quelli che, grazie all’utilizzazione di questo strumento, sono stati ricontattati e quindi assegnati a un preciso operatore commerciale (come da legenda: Clienti Non Assegnati).

Si può vedere come le attività degli agenti siano state orientate a una più precisa e razionale gestione del territorio, facendoli operare maggiormente all’interno delle aree di loro competenza e prediligendo quelle più prossime all’Azienda. A parità di clienti visitati, oltre ai benefici evidenti riguardanti l’efficientamento delle attività commerciali e del rendimento, da questa nuova distribuzione del lavoro ne consegue anche una riduzione degli spostamenti e dei chilometri percorsi da ciascun agente e, pertanto, dei consumi di carburante e delle emissioni. La possibilità da parte dell’agente di ottenere in remoto informazioni come posizione, tipologia di rifiuto e frequenza dei conferimenti dei clienti della SEPI Ambiente, ha portato inoltre ulteriori benefici pratici e funzionali nell’area in cui egli sta operando.

La direzione aziendale, orientata verso il rafforzamento del rapporto di fidelizzazione con i clienti e l’impegno formativo verso questi nell’osservare le prescrizioni di legge, sta notevolmente incentivando la diffusione di buone pratiche di gestione del rifiuto da parte del produttore affinché si ottenga la migliore e più sostenibile qualità del prodotto per il massimo utilizzo possibile.

Essendo questo un percorso di ristrutturazione interessante ma lungo e complesso per i motivi sopra esposti, per riscontrare le evidenze significative e valutare i vantaggi generati a lungo termine bisogna perseverare nell’utilizzo di questo strumento con metodo e costanza.

Un interessante e utile sviluppo del progetto descritto è senz’altro l’integrazione tra il settore commerciale con quello logistico. Attraverso tutte le informazioni accumulate sulla posizione e sulle metodologie di stoccaggio dei produttori ottenute dagli agenti commerciali, si potrebbe collegare la mappa digitale elaborata in QGIS con il software di gestione EVO.

In questo modo, una volta caricate nel software le richieste dei clienti, il sistema stesso, in funzione di alcuni vincoli (orario di apertura dei clienti, tipologia di mezzo necessario alla raccolta, tipologia e qualità del rifiuto, ecc…) elaborerebbe automaticamente la strada più veloce e rapida per la raccolta.

Il responsabile alla logistica avrebbe pertanto a diposizione uno strumento utile alla pianificazione dei viaggi e dei ritiri, mentre gli autisti potrebbero ottenere rapidamente informazioni sul percorso più veloce e comodo per effettuare il giro di raccolta, ottimizzando considerevolmente il tempo degli spostamenti e il consumo di carburante.

Figura

Figura 1: Suddivisione dei Comuni in aree omogenee antecedenti l'implementazione
Figura 2: Geolocalizzazione dei produttori che hanno conferito a partire dal 2016
Figura  3:  Ridefinizione  delle  aree  omogenee  e  geolocalizzazione dei produttori assegnati agli agenti
Figura 5: Assegnazione delle aree agli agenti interni
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