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L'efficacia del rinforzo muscolare in soggetti con artrosi al ginocchio : una revisione della letteratura scientifica

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale

Corso di laurea in Fisioterapia

Tesi di Bachelor di Andrea Balboni

L'efficacia del rinforzo muscolare in soggetti con artrosi al ginocchio : una revisione della letteratura scientifica

Direttore di tesi Luca Scascighini

Anno accademico: 2015 – 2016 Luogo e data: Manno, 2 Agosto 2016

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Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana Dipartimento Economia Aziendale, Sanità e Sociale

Corso di laurea in Fisioterapia

Tesi di Bachelor di Andrea Balboni

L'efficacia del rinforzo muscolare in soggetti con artrosi al ginocchio: una revisione della letteratura scientifica

Direttore di tesi Luca Scascighini

Anno accademico: 2015 – 2016 Luogo e data: Manno, 2 Agosto 2016

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Abstract

Obiettivi

Con la presente revisione della letteratura ho voluto verificare l'impatto del rinforzo muscolare su pazienti anziani affetti da artrosi al ginocchio, sia in termini di parametri fisiologici (come la scala Vas che quantifica soggettivamente la percezione del dolore da parte del paziente) la funzionalità articolare e la rigidità, quindi in termini di impatto sulla qualità della vita.

Metodo di ricerca e identificazione degli articoli

Ho iniziato il mio lavoro facendo un approfondimento sulla tematica dell’artrosi, in particolare a carico dell’articolazione del ginocchio. Inoltre, ho proseguito presentando e analizzando le misure di outcomes prese in considerazione. La metodologia di ricerca degli articoli scientifici, scelta per effettuare il lavoro di tesi, è qui di seguito illustrata: ho usato la banca dati di PubMed inserendo le parole chiave “ Exercise and Knee Osteoarthritis and Clinical Trial”. L’operatore boleano utilizzato è stato “AND”. Da questa ricerca sono arrivato ad avere 228 articoli. Dato che il campo d’azione era troppo ampio ho inserito dei limiti per dettagliare e precisare i risultati. I “limits” utilizzati sono: articoli pubblicati negli ultimi 5 anni e RCT. Grazie a questa limitazione nel campo di ricerca sono arrivato ad avere 112 articoli. Dopo avere letto i titoli ho fatto un’ulteriore scrematura, dovuta al fatto che la ricerca non rispondeva in maniera chiara o completa alla mia domanda, arrivando così ad avere 32 articoli. Successivamente leggendo i vari abstract, il numero degli articoli si è ridotto a 11 dato che lo studio era troppo ampio (per esempio comprendeva anche pazienti operati di protesi), oppure non si focalizzava solo su determinati aspetti, quelli interessati da me, ma erano molto generici. Leggendo i vari studi in modo completo, ho dovuto selezionare solo 8 articoli, i quali mi sono sembrati i più specifici ed esaustivi per quanto concerne la mia domanda di ricerca. Gli 8 articoli sono 5 RCT e 3 review.

Risultati

Negli 8 studi presi in considerazione gli outcomes erano la scala VAS, KOOS, WOOMAC. I valori della scala VAS sono diminuiti in tutti i lavori svolti, mentre gli item con maggiori differenza nel questionario WOOMAC sono stati “dolore” e “funzione” e sono cambiati in 4 studi su 8; tutti e 8 gli articoli hanno indagato e lavorato per aumentare la forza degli arti inferiori, e tutti hanno evidenziato e registrato delle differenze significative in seguito a ciò. Il questionario KOOS è stato preso in esame in 3 studi su 8, e in tutti i casi ha segnalato delle differenze in positivo. Queste scale servivano per oggettivare e quantificare dei cambiamenti per poter rivalutare gli interventi, ma tutto ciò con lo scopo di andare a migliorare la qualità della vita dei pazienti con gonartrosi. Possiamo dire che in tutti i lavori si evince un miglioramento netto per quanto riguarda questo aspetto.

Conclusioni

Dopo aver letto gli articoli più recenti, ultimi 5 anni, presenti in letteratura e aver analizzato cosa propongono come intervento, nei pazienti con artrosi del ginocchio, posso dire che il miglior approccio è somministrare un programma di rinforzo muscolare di tipo isometrico, così da innescare anche EIH, senza carichi esterni, 3 volte a settimana per 12 settimane, con esercizi che vadano a rinforzare la muscolatura flessoria ed estensoria del ginocchio artrosico, facendo 3 serie da 8/10 ripetizioni per esercizio.

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1 INDICE INDICE ... 1 1.Introduzione ... 2 1.1 Motivazioni personali ... 2 1.2 Definizione di artrosi ... 3 1.3 I sintomi ... 3 1.4 Diagnosi ... 4 1.5 Fattori di rischio ... 4 1.6 Tipi di artrosi ... 5

1.7 Artrosi del ginocchio ... 7

1.8 Ginocchio artrosico ... 7 1.9 Classificazione gonartrosi ... 8 1.10 Epidemiologia Artrosi ... 9 1.11 Metodo di lavoro ... 10 1.12 Obiettivi ... 10 2.Metodologia ... 11

2.1 Diagramma di flusso, Prisma. ... 12

3.Gli outcomes ... 13

3.1 Scala visuo-analogica del dolore (VAS) ... 13

3.2 Scala Womac ... 14

3.3 Questionario KOOS ... 14

3.4 Il 6 minutes walking test ... 14

4.Knee Adduction Moment ... 16

4.1 Traiettoria del dolore nell’artrosi del ginocchio. ... 17

5.Risultati (8) ... 18

6.Discussione ... 29

7.Conclusione ... 35

8.Bibliografia ... 36

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2 1.Introduzione

1.1 Motivazioni personali

La scelta di elaborare ed approfondire questo argomento è scaturita dall'esperienza diretta vissuta durante lo svolgimento dei vari stage durante il mio percorso di studio alla Supsi. Sono venuto a contatto, quasi quotidianamente, con persone che presentavano problemi di artrosi e, molto spesso, legate all'articolazione del ginocchio. Questa problematica è molto presente, e non solo in pazienti molto anziani.

Personalmente, essendo sportivo da quando ero bambino, sono consapevole, a oggi ancora di più, di quanto sia importante la buona funzionalità dell'apparato locomotore, e quanto sia limitante, in termini di qualità della vita, quando questa funzionalità viene a mancare o si riduce.

Le diverse esperienze vissute durante i miei stage, mi hanno reso ancor più consapevole dell'alto numero di pazienti curati a causa di questa patologia. L'ambiente ospedaliero mi ha permesso di venire a contatto con pazienti appartenenti a diverse fasce d'età, in maggioranza comunque anziani. Il contatto diretto con queste persone, unito alle mie esperienze personali vissute nel quotidiano con anche i miei famigliari, mi ha sensibilizzato e reso cosciente che, in certi casi, certi comportamenti errati portano a conseguenze negative sull'organismo. La tempestività d'intervento e la capacità del personale, possono prevenire danni più gravi.

Duranti i tirocini, ho potuto notare la differenza nell'evoluzione della patologia tra i pazienti che reagivano “attivamente”, quindi iniziando a lavorare per marginare o addirittura migliorare il problema, e i pazienti che reagivano “passivamente”, adottando un atteggiamento remissivo, riducendo le attività quotidiane e peggiorando così drasticamente la loro situazione.

Da queste situazioni ho impreziosito le mie prime esperienze da fisioterapista; ho capito che se si riesce a prendere il giusto canale comunicativo con la persona che si ha difronte, si può influenzare significativamente la prognosi dei pazienti. È determinante, secondo me, trasmettere ai pazienti tanta fiducia per fare sì che riacquistino autostima. Grazie a questo lavoro ho l'opportunità di indagare sull'efficacia del rinforzo muscolare in pazienti anziani affetti da artrosi al ginocchio, verificando se le diverse metodologie di lavoro possano apportare un miglioramento nella qualità di vita dell'individuo. Sono motivato nel voler affrontare l'analisi delle diverse metodologie di lavoro per fare chiarezza su quale protocollo seguire con questi pazienti. C'è molta letteratura riguardo questo argomento, ma a volte poco chiara e dispersiva. Come studente di fisioterapia ritengo che questo tema sia motivante e appagante da approfondire. Spero di poter fare un lavoro che funga, in futuro, da base per nuovi progetti e/o studi, o che possa far chiarezza, in termini di approccio fisioterapico, su una patologia così diffusa.

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3 1.2 Definizione di artrosi

L' artrosi è una malattia osteo-articolare degenerativa, cronica e progressiva. È la malattia reumatica più diffusa e colpisce entrambi i sessi. L'artrosi colpisce la maggior parte delle persone anziane, ma non ne sono risparmiati i soggetti più giovani, tanto che questa malattia rappresenta la principale causa della perdita di giornate lavorative (Gorla, 2013). Le lesioni degenerative osservate a carico delle articolazioni sono molteplici e coinvolgono la cartilagine, l’osso subcondrale e le inserzioni tendinee. Non infrequentemente il processo degenerativo può complicarsi con fasi di infiammazione delle strutture articolari, determinando tumefazione con versamento liquido. In questo caso si parla di artrosi attivata (infiammata). Le articolazioni più frequentemente interessate sono: la colonna vertebrale, l’anca, il ginocchio, le dita delle mani (in particolare l’articolazione interfalangea distale) e dei piedi. L’artrosi può essere classificata in una forma primaria, spesso diffusa a molteplici articolazioni, e in una forma secondaria, più frequentemente localizzata. L’artrosi primaria riconosce un terreno genetico predisponente e non è infrequente osservarla in più soggetti appartenenti alla medesima famiglia. L’artrosi secondaria riconosce fattori di tipo locale, generale e traumatico. Vengono comprese in questa categoria le artrosi secondarie a malformazioni che colpiscono lo scheletro (scoliosi, valgismo, varismo), le artrosi secondarie ad anomalie congenite di tipo articolare (displasie congenite articolari), le artrosi secondarie a patologie di tipo osteoarticolare (osteonecrosi asettica, spondiloartrite), le artrosi secondarie a patologie metaboliche ed endocrine (diabete, iperparatiroidismo, obesità ecc.), le artrosi secondarie a eventi di tipo traumatico (fratture, emartrosi, idrartrosi), le artrosi legate a processi infettivi (artrosi settiche), le artrosi legate a processi infiammatori (artrite reumatoide) e le artrosi legate a fattori occupazionali (si tratta delle tipiche artrosi da sovraccarico funzionali, essenzialmente legate a professioni o attività che costringono a un utilizzo eccessivo di una o più articolazioni). L’artrosi secondaria può colpire anche soggetti giovani (Albanesi, 2016).

1.3 I sintomi

Il sintomo più frequente lamentato dalla persona con artrosi è il dolore carico e/o movimento-dipendente. Questo si accentua con il movimento e si riduce con il riposo. Raramente insorge durante il sonno, a meno che non sia concomitante un processo infiammatorio. Con il progredire della malattia può essere presente anche a riposo e accompagnarsi alla sensazione di rigidità mattutina, generalmente di breve durata (solitamente meno di 30 minuti). Quando la degenerazione dell’articolazione è evoluta il paziente presenta una limitazione funzionale, più o meno invalidante a seconda delle sedi articolari coinvolte. Infatti si possono osservare quadri sintomatologici differenti a seconda delle sedi articolari interessate. Le articolazioni portanti artrosiche, per esempio anca e ginocchio, possono ostacolare il cammino; l’artrosi delle mani può compromettere la destrezza e la forza necessarie per diversi atti quotidiani; l’artrosi del rachide oltre al dolore può associarsi ad alterazioni dei dischi vertebrali con patologia compressiva sulle radici dei nervi e quindi dolore neuropatico irradiato lungo gli arti (rachialgia, sciatalgia, cruralgia).

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Spesso sono presenti deformazioni (molto evidenti alle mani, ad esempio) con “nodulazioni” a livello delle articolazioni inter-falangee distali e prossimali con deviazione dell’asse articolare. Una variante temibile che può colpire donne in età pre-menopausale è l’artrosi erosiva. In questa variante, diagnosticabile radiograficamente, possono essere persi completamente i normali rapporti articolari, come nell’artrite reumatoide o nell’artrite psoriasica, con grave compromissione della funzione. Nonostante non sia stato verificato un nesso tra condizioni climatiche e artrosi, il malato riferisce spesso che il dolore può accentuarsi durante i cambiamenti climatici, soprattutto con l’umidità, con il vento, oppure quando si passa da un ambiente caldo ad uno freddo.

1.4 Diagnosi

Di solito l'artrosi non si accompagna ad alterazioni significative degli esami di laboratorio, fatta eccezione per la forma erosiva dove può osservarsi un modesto incremento della VES, esame che si effettua sul sangue, reso incoagulabile e messo in una pipetta graduata di piccolo calibro in posizione verticale, determinando la velocità con cui i globuli rossi si separano dal plasma depositandosi sul fondo. Dopo 60 minuti si misura in millimetri l'altezza della colonna che si è formata (Fiorucci,2000). Una accurata visita medica e alcune indagini radiografiche consentono di porre una diagnosi di certezza e, soprattutto, escludere altre malattie reumatiche. È difficile porre una diagnosi precoce di artrosi perché generalmente i sintomi compaiono quando le lesioni degenerative sono instaurate ed evolute.

1.5 Fattori di rischio

I fattori di rischio per l’artrosi si possono suddividere in due grandi categorie (De Filippis,2004):

NON modificabili Modificabili

1- Età 2- Sesso

3- Genetica e familiarità

4- Fattori Meccanici (ginocchio varo, ginocchio valgo, ginocchio flesso, recurvatum)

5- Sovrappeso

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1. I più frequenti fattori di rischio sono rappresentati dall’età, dato che la malattia è rara prima dei 40 anni, mentre circa l’80% delle persone sopra i 55 anni mostra segni radiologici di OA, tuttavia nonostante le alterazioni radiologiche molte persone non lamentano sintomi o limitazione articolare, dal sesso femminile in quanto le donne sviluppano OA 2-3 volte più degli uomini e dall’obesità.

2. Il sesso femminile è maggiormente predisposto all’artrosi, in particolare del ginocchio e delle piccole articolazioni delle mani.

3. Il ruolo della genetica e della familiarità appare sempre più importante, con una trasmissione che avviene soprattutto con il sesso femminile. Studi su gemelli o su familiari di pazienti con OA suggeriscono che i fattori genetici sono un fondamentale fattore di rischio di OA e si stima che rappresentino il 40-65% del rischio di OA della mano e del ginocchio, il 50% del rischio di OA dell’anca e il 70% del rischio di spondiloartrosi. L’OA può anche essere sintomo di condizioni ereditarie. L’OA delle ginocchia è legata ad attività che implicano di inginocchiarsi o accovacciarsi, come l’artrosi dei minatori, delle lavandaie o dei falegnami, la coxartrosi alle attività che richiedono di sollevare pesi o lo stare in piedi a lungo come l’OA delle danzatrici professioniste. Il rischio di OA è aumentato in persone che praticano sports come il wrestling, la boxe, il ciclismo, il football, tuttavia questo dipende dallo stato iniziale delle articolazioni e dal tipo di esercizio fisico se violento o non violento. L’esercizio non violento in persone con articolazioni normali sembra proteggere dall’OA, mentre l’esercizio violento si associa con aumentato rischio di OA sia in ginocchia normali, sia in ginocchia con iniziali alterazioni cartilaginee. Anche i traumi, l’instabilità articolare e gli interventi chirurgici possono aumentare il rischio di OA

4. L’obesità è il fattore di rischio più fortemente modificabile e la perdita di peso riduce il rischio di OA. Le donne obese sono maggiormente predisposte a sviluppare OA del ginocchio e dell’anca e hanno un rischio di sviluppare OA delle mani 2-3 volte maggiore delle donne normopeso e comunque l’obesità appare condizionare il dolore e la disabilità nei pazienti con OA.

1.6 Tipi di artrosi

Ci sono svariate forme di artrosi (Matonti,2015):

 L’ARTROSI DELL’ANCA (coxartrosi): Viene diagnostica in genere dopo i cinquanta anni, ma se è conseguente a traumi o lesioni può fare la sua comparsa anche molto prima. Il dolore può essere localizzato in diverse parti del corpo: nella faccia laterale della coscia; nella parte anteriore della coscia, dall’inguine fino al ginocchio; nell’inguine; nella parte interna della coscia; nei glutei. Con il passare del tempo questa malattia impedisce un numero sempre crescente di movimenti: infilarsi le calze e le scarpe, tagliarsi le unghie dei piedi, allargare le gambe, fare le scale, camminare su terreni sconnessi, posizionare il piede nella posizione voluta.

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 L’ARTROSI CERVICALE: È una delle forme di artrosi più diffusa e più diagnosticata, anche se molto spesso, contrariamente a quanto si crede, questa malattia rimane silente. In molti casi infatti la persona che soffre di artrosi al collo avverte soltanto qualche doloretto muovendo la testa, oppure ogni tanto è soggetta a un po’ di mal di testa: questi sintomi possono essere ritenuti del tutto normali e non allarmanti e così la persona continua indisturbata la sua attività, senza sapere che la sua cervicale è minacciata dall’avanzare dell’artrosi. In altri il dolore è invece subito molto forte limitando drammaticamente le attività funzionali: il malato non riesce a muovere la testa o a piegare il collo. Addirittura capita che le fitte dolorose si irradino fino alla spalla, al braccio, alla mano, alle dita e al torace. A lungo andare la presenza dell’artrosi alla cervicale può provocare problemi di deglutizione, oppure concretizzarsi in malattie più complesse come, per esempio, la sindrome di Barré-Lieou, che si manifesta con mal di testa, vertigini, ronzii auricolari e disturbi della visione.

 LA LOMBARTROSI: Da non confondersi con la lombalgia, che generalmente passa nell’arco di qualche giorno o al massimo di qualche settimana, questa malattia è caratterizzata da un esordio graduale: giorno dopo giorno, il dolore diventa sempre più intenso. Inoltre le fitte dolorose tipiche dell’artrosi aumentano con l’esercizio fisico, o semplicemente quando si sta a lungo in una posizione eretta, mentre diminuiscono con il riposo.

 L’ARTROSI DELLA MANO: Le mani sono una delle zone “predilette” dall’artrosi. Nei casi più avanzati può capitare che le ultime falangi, quelle più esterne, si pieghino e le dita assumono la caratteristica forma a “martello”. Questo tipo di artrosi colpisce spesso le persone che per anni hanno praticato attività manuali: artigiani, manovali, chi lavora molto al computer. Quando la malattia colpisce il pollice, allora diventa molto difficile svolgere qualsiasi azione, perché la mano non ha più presa. Capita così che le persone colpite da questa malattia non riescano più ad afferrare gli oggetti e a svolgere le mansioni di tutti i giorni: pettinarsi, radersi, vestirsi e così via.

 L’ARTROSI DEL POLSO: Rispetto alla diffusione dell’artrosi della mano, quella del polso, inspiegabilmente, è molto minore. Le forme possono essere sia primitive, cioè senza una causa apparente, oppure secondarie, cioè derivanti da fattori esterni. Le forme secondarie sono di solito causate da traumi, da atteggiamenti sbagliati, da sovraccarico di lavoro. Questa forma colpisce preferibilmente i pianisti e chi scrive molto al computer, insomma le persone che tutti i giorni “sfruttano” questa articolazione. Si manifesta dapprima attraverso una crescente rigidità del polso, accompagnata da dolori.

 L’ARTROSI DEL GOMITO: È piuttosto rara e quasi sempre è di origine secondaria, cioè causata da traumi e lesioni. Colpisce prevalentemente gli uomini che per anni hanno lavorato utilizzando martelli pneumatici, seghe a motore e perforatrici. In questi casi il dolore può essere anche molto intenso e con il passare degli anni può risultare difficile stendere completamente il braccio.

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7 1.7 Artrosi del ginocchio

L’artrosi del ginocchio, o gonartrosi, è la più comune malattia del ginocchio in età senile. È una malattia cronico-degenerativa, che porta ad un danno articolare crescente fino a comportare un grado significativo di disabilità. Può essere grossolanamente definita una sorta di “usura” dei capi articolari, nella quale lo strato di cartilagine che riveste i condili femorali e i piatti tibiali si assottiglia progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e producendo escrescenze periferiche appuntite, gli osteofiti. Anche la rotula può essere coinvolta insieme con la sua superficie di scorrimento sul femore distale (la troclea). Il liquido reattivo che si accumula all'interno del ginocchio artrosico tende a trovare sfogo posteriormente, dove le pareti della capsula articolare sono più deboli. Si produce quindi una raccolta fluida palpabile nell'incavo del ginocchio (poplite), la cosiddetta "cisti poplitea di Baker". Nelle fasi più avanzate della malattia la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare un ginocchio rigido, in genere semi-flesso e varo.

La gonartrosi è una patologia tipica dell’età avanzata (oltre i 60 anni), soprattutto nelle sue forme primarie (ovvero a causa ignota), che, contrariamente all'artrosi dell'anca, prediligono il sesso femminile. Quando l'artrosi consegue ad una condizione morbosa pre-esistente, ovvero è secondaria, l'età media di insorgenza può abbassarsi notevolmente (40-50 anni).

La gonartrosi primaria è una condizione di cui non è nota la causa determinante. L’ambito delle forme primitive è destinato inevitabilmente a restringersi con il progredire della conoscenza della malattia. Pare che l'obesità (e quindi il maggior carico) insieme a fattori predisponenti costituzionali giochi un ruolo importante nella progressione della malattia. Le cause più comuni di gonartrosi secondaria sono i postumi di fratture articolari del ginocchio, i mal allineamenti (ginocchio varo e valgo), il disallineamento apparato estensore, le instabilità (rottura inveterata dei legamenti crociati), i postumi di interventi oggi non più praticati di meniscectomia totale e quelli di osteocondrite dissecante e di osteonecrosi condilica. Raramente si riconoscono anche cause sistemiche, quali alcune malattie dismetaboliche (Pendleton,2000).

1.8 Ginocchio artrosico

Il ginocchio artrosico è innanzitutto dolente (gonalgia). Il dolore, che è esacerbato dalla flessione e dalla estensione massima, è in genere ben localizzato. Il pattern clinico per differenziare tra femoro- rotulea e femoro-tibiale, si basa sul fatto che il carico aumenta in estensione per l’articolazione femoro-tibiale, mentre in flessione per la femoro-patellare. Non di rado una coesistente cisti di Baker provoca una fastidiosa sensazione di tensione o pressione nell'incavo del ginocchio. Il dolore in principio è occasionale, conseguente in genere a sforzo (es. una lunga camminata, alcune rampe di scale...), e viene prontamente alleviato dal riposo. Con il tempo, esso può divenire permanente, fino a disturbare il sonno.

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Il dolore indotto dal carico determina una claudicazione di fuga: in altre parole, il paziente tende a caricare poco sull'arto dolente, accorciando la fase di appoggio sul piede corrispondente. La zoppia, oltre che da questo meccanismo protettivo, deriva anche dalla progressiva flessione del ginocchio, che, non potendosi più estendere completamente, rende difficoltosa la deambulazione. Nelle fasi avanzate, l'usura spesso asimmetrica dell'articolazione tende a determinare un mal allineamento in varo o valgo o ad aggravarne uno pre-esistente.

GINOCCHIO SANO GONARTROSI FOTO 1: www.ancaeginocchio.it

1.9 Classificazione gonartrosi

Il sistema Kellgren e Lawrence è un metodo di classificazione della gravità del ginocchio osteoartritico (OA) utilizzando cinque gradi (D’Avola 2013):

grado 0: nessuna caratteristica radiografichea di OA presente

grado 1: dubbioso restringimento dello spazio articolare (JSN) ed eventuale lipping osteofitica

grado 2: osteofiti definiti e possibile JSN in antero-posteriore sotto carico, radiografia grado 3: più osteofiti, definito JSN, sclerosi, possibile deformità ossea

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9 1.10 Epidemiologia Artrosi

Negli USA, circa 43 mio. di persone si stima siano affette da OA, dato che è destinato a salire, stando alle previsioni, a circa 60 mio dal 2020, (21) interessando il 18,2% della popolazione. In Spagna, uno studio condotto per conto della Societad Española de Reumatologia ha dimostrato il 50,7% degli impedimenti al lavoro era dovuto ad affezioni muscolo-scheletriche; un secondo lavoro, del 1990, condotto su 1990 individui, trovò che il 12,7% degli intervistati riportava qualche forma di affezione reumatica (mentre tale percentuale saliva al 25,7% dei soggetti di età maggiore di 60 anni), e tra questi il 43% soffriva di OA. Stime sull’OA riportano una prevalenza per le donne ≥ 60 anni pari al 18%, mentre per gli uomini della stessa età il tasso è pari al 9,6%. Importanti le differenze nel riferire i sintomi di OA, con il 52,3% delle donne contro il 29,4% degli uomini. L’incidenza più alta si ha per le donne 1000) nella fascia dai 65 ai 74 anni, raggiungendo approssimativamente il 13,5 per mille/anno, mentre per gli uomini la più alta incidenza si ha intorno ai 75 anni (circa 9 per mille l’anno). In Francia colpiscono le cifre di uno studio nazionale, con un totale di ben 6.000.000 di nuovi casi di OA l’anno. Uno studio francese indicava un totale di 12.000.000 di cittadini affetti da condizioni che riguardavano l’apparato muscolo-scheletrico nell’anno precedente l’intervista; nei soggetti al di sotto dei 60 anni l’artrosi aveva interessato il 18% dei maschi e il 37% delle femmine, mentre al di sopra dei 60 anni la percentuale saliva rispettivamente al 58% ed al 65%. Uno studio scozzese indicava nel 6,5% la prevalenza di OA sintomatica, percentuale che però saliva al 25% dei soggetti di età maggiore di 70 anni. In Inghilterra e Galles, si stima che tra 1,3 e 1,75 milioni di persone siano affetti da OA.

L'osteoartrite (OA) è il disturbo più comune negli Stati Uniti. OA è anche il motivo più comune per protesi d'anca e protesi totale di ginocchio. Il rapido aumento di questa malattia già comune, suggerisce che l'OA avrà un impatto crescente sulla sanità e sui sistemi sanitari pubblici in futuro. (Zhang,2010).

La GONARTROSI è una delle sedi in cui i dati sono maggiormente discordanti in letteratura riguardo la prevalenza, certamente in relazione al tipo di indagine effettuata per la diagnosi di OA. Vi è una forte associazione con il peso, associazione che, più che dovuta a fattori comuni nello sviluppo di obesità e OA, sembra essere conseguenza del sovraccarico, con importantissimi risvolti terapeutici e sui costi per la società della malattia. Altri fattori predisponenti sono lo stile di vita, l’attività fisica.

Uno studio italiano dimostra che la prevalenza di questa forma di OA è la più alta, nei soggetti over 65; su 697 soggetti studiati, 159 presentavano per l’appunto OA del ginocchio, contro 139 soggetti con OA della mano e 81 dell’anca. In Spagna, uno studio condotto su 2998 pazienti con almeno 20 anni di età mostrava una prevalenza di OA del ginocchio pari al 10,2%. Uno studio francese, che coinvolse oltre 10.000 pazienti, dimostrò una prevalenza di OA del ginocchio in un terzo dei pazienti. In Groenlandia, uno studio condotto sulla popolazione di età maggiore di 40 anni, mostrò una prevalenza di OA del ginocchio del 38% nella costa occidentale (abitata da una popolazione mista eschimese-europea), e del 18% nella costa orientale (popolazione eschimese), come riflesso di diverse attività e diversa predisposizione genetica.

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Il celebre studio di Framingham, condotto su 1424 radiogrammi di 1805 soggetti di età compresa tra 63 e 94 anni, mostrò un’incidenza di OA del ginocchio crescente, dal 27% dei soggetti al di sotto dei 70 anni, al 44% dei pazienti di 80 anni o più, con una significativa prevalenza di OA sintomatica nelle donne rispetto agli uomini (11% versus 7% P = 0.003). (Framingham, 1987).

1.11 Metodo di lavoro

Il lavoro è strutturato sotto forma di revisione della letteratura che mostra dati rilevanti rispetto all'esito del rinforzo muscolare in pazienti anziani con artrosi al ginocchio. Inizialmente vi è una parte teorica introduttiva che presenta la tematica e i valori di outcome considerati. Il lavoro segue poi con un'analisi mirata dei dati ottenuti dalla letteratura scientifica esaminata. Inoltre è arricchito da esperienze personali fatte durante i vari stages svolti in Casa Serena a Lugano, in ambito geriatrico, presso la Clinica Luganese Moncucco, sempre a Lugano, presso l'ospedale San Giovanni di Bellinzona e durante lo stage in neurologia presso l’ospedale Salvini di Garbagnate Milanese. 1.12 Obiettivi

Intendo verificare l'impatto del rinforzo muscolare in pazienti anziani con artrosi al ginocchio, sia in termini di parametri fisiologici (come la scala Vas che quantifica soggettivamente la percezione del dolore da parte del paziente, il walking test che permette di quantificare la distanza percorsa in un tempo di sei minuti) che in termini di impatto sulla qualità della vita.

Oltre a questo, vorrei riuscire a fare chiarezza e stilare una sorta di protocollo utilizzabile da qualsiasi fisioterapista che si trovi confrontato con questa patologia. Molta letteratura è presente ma nulla di preciso e dettagliato che possa far chiarezza sulla metodologia di lavoro. Capire se combinare esercizi aerobici con esercizi di inforzo muscolare, prediligere esercizi eccentrici, concentrici o isometrici e tutte quelle sfumature che possono cambiare significativamente il nostro intervento, in termini di efficacia e tempo.

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11 2.Metodologia

Ho iniziato il mio lavoro facendo un approfondimento sulla tematica dell’artrosi, in particolare a carico dell’articolazione del ginocchio. Inoltre, ho proseguito presentando e analizzando le misure di outcomes prese in considerazione. La metodologia di ricerca degli articoli scientifici, scelta per effettuare il lavoro di tesi, è qui di seguito illustrata: ho usato la banca dati di PubMed inserendo le parole chiave “Exercise and Knee Osteoarthritis and Clinical Trial”. L’operatore booleano utilizzato è stato “AND”.

Da questa ricerca sono arrivato ad avere 228 articoli. Dato che il campo d’azione era troppo ampio ho inserito dei limiti per dettagliare e precisare i risultati. I “limits” utilizzati sono:

 articoli pubblicati negli ultimi 5 anni  RCT

Grazie a questa limitazione nel campo di ricerca sono arrivato ad avere 112 articoli. Dopo avere letto i titoli ho fatto un’ulteriore scrematura, dovuta al fatto che la ricerca non rispondeva in maniera chiara o completa alla mia domanda, arrivando così ad avere 32 articoli. Successivamente leggendo i vari abstract, il numero degli articoli si è ridotto a 11 dato che lo studio era troppo ampio (per esempio comprendeva anche pazienti operati di protesi), oppure non si focalizzava solo su determinati aspetti, quelli interessati da me, ma erano molto generici. Leggendo i vari studi in modo completo, ho dovuto selezionare solo 8 articoli, i quali mi sono sembrati i più specifici ed esaustivi per quanto concerne la mia domanda di ricerca. Gli 8 articoli sono 5 RCT e 3 review.

Mano a mano che procedevo con la lettura degli articoli, redigevo dei riassunti, i quali mi hanno permesso di avere un quadro più generale della situazione. Ho proseguito inserendo i risultati, riscontrati nei vari studi, in una tabella che mi consentisse di avere sotto controllo tutti i punti fondamentali, necessari per affrontare la discussione degli articoli stessi.

ARTICOLI

Grafico 1: Ripartizione percentuale degli articoli

Grafico 1 0 2 4 6 RCT 62,5 % Review 37,5 % RCT 62,5 % Review 37,5 %

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12 2.1 Diagramma di flusso, Prisma.

Documenti identificati grazie alla ricerca nel database di PubMed (n = 228)

S

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leggibili

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Numero di articoli scelti per la revisione (n = 8)

Numero di articoli dopo aver limitato la ricerca agli ultimi 5 anni e RCT (n = 112)

Dopo aver letto tutti gli articoli ne ho scelti 8 perché rispondevano e soddisfacevano

a pieno la mia domanda di ricerca.

n° 116 di articoli esclusi dopo aver letto il titolo perché non rispondevano alla domanda di

ricerca Articoli rimasti dopo aver letto il titolo

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13 3.Gli outcomes

Il dolore è un fenomeno complesso, difficilmente semplificabile. A trasmettere al cervello la sensazione del dolore, attraverso il midollo spinale, sono sensori cutanei - chiamati ricettori - i quali percepiscono anche le sensazioni di caldo, freddo, tatto, pressione. L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore propone di definire il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un pericolo tessutale presente o potenziale, o descritto in termini di potenziale danno” (IASP,2014).

Il dolore è un campanello di allarme che ci avverte che qualcosa non va nel nostro corpo. Può essere acuto, ad insorgenza improvvisa, oppure cronico, quando continua nel tempo. È una sensazione soggettiva, perché la sofferenza di ciascuno è influenzata da numerosi fattori individuali. La relazione è facilitata quando l’operatore sanitario mostra chiaramente al paziente di credere al suo dolore e di provare empatia nei suoi confronti, impegnandosi per trovare una strategia che allevi la sua situazione. Credere al dolore non significa accettare tutte le concezioni del malato sul suo stato o sulla natura del dolore: bisogna saper spiegare che le cause non sono univoche e far condividere un modello di rappresentazione del problema che renderà legittima la strategia terapeutica. Detto ciò, il dolore è uno dei principali sintomi della gonartrosi, quindi è fondamentale poterlo quantificare e rivalutare per vedere l'efficacia del nostro operato. Di seguito verranno elencati gli indicatori di efficacia e valutazione più usati nei vari studi presenti in letteratura.

3.1 Scala visuo-analogica del dolore (VAS)

È uno strumento di misurazione delle caratteristiche soggettive del dolore provato dal paziente e, visto quello appena descritto nel paragrafo precedente, è un ottimo supporto per poter quantificare e tenere monitorata la percezione soggettiva del paziente. Le linee guida sul trattamento del dolore nei traumatizzati sottolineano come questo sintomo sia relegato al rango di un sintomo minore e confermano l'opportunità della adozione di scale e strumenti di misura soggettiva del dolore percepito dal paziente, al fine di trattarlo in modo più adeguato. La scala consiste semplicemente in una striscia di carta di 10 cm che alle estremità presenta due "end points" che vengono definiti con "nessun dolore" ed il "peggior dolore che io possa immaginare". Il professionista sanitario chiede al paziente di segnare in un punto della scala il dolore così come viene percepito in quel momento. L'intervallo tra i due estremi è segnato ogni centimetro e permette di attribuire un valore al

disturbo soggettivo, il dolore, percepito dal paziente.

Il punteggio iniziale (al tempo zero) può essere utilizzato come una valutazione soggettiva di base del dolore provato dal paziente. Le successive misurazioni richieste (che possono essere arbitrariamente effettuate a distanza di minuti, ore o giorni, a seconda che si stia trattando un dolore acuto o cronico) permettono ai sanitari di comprendere se il dolore si sta effettivamente riducendo ed in che misura. (Collins, 1997)

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14 3.2 Scala Womac

Questa scala viene utilizzata per valutare il dolore, rigidità, e la funzione fisica nei pazienti con artrite del ginocchio e/o anca (Bellamy, 2015).

Si compone di 24 items suddivisi in tre sotto scale:

 Dolore (5 items): Durante la deambulazione, usare le scale, a letto, seduti o sdraiati, e in piedi.

 Rigidità (2 items): appena svegli e nel corso della giornata.  Funzioni fisiche (17 items): uso della scala, passaggio da seduti, in piedi, piegarsi,

camminare, ingresso / uscita da una macchina, lo shopping, mettere/togliere le calze, alzandosi dal letto, a letto, ingresso / uscita dal bagno, seduto, WC, lavori domestici pesanti, lavori domestici leggeri.

(Vedi Allegato 1)

3.3 Questionario KOOS

Il questionario KOOS è stato sviluppato nel 1990 come strumento per valutare l'opinione del paziente circa i problemi al ginocchio. Fin dalla prima pubblicazione nel 1998, le proprietà psicometriche della KOOS sono state valutate in più di venti studi individuali provenienti da tutto il mondo. Inoltre, KOOS è stato valutato positivamente rispetto ad altri strumenti in diverse recensioni. Nella clinica, KOOS è utilizzato per monitorare gruppi e individui nel corso del tempo. Grazie alla sua completezza, quando il questionario è completato al primo incontro con il paziente, può essere usato per guidare la consultazione ai sintomi e le difficoltà incontrate dal paziente. KOOS è utilizzato anche per valutare il ginocchio con artrosi. Un vantaggio del KOOS è l'inserimento di due differenti sotto scale di funzione fisica relative alla vita quotidiana, lo sport e la ricreazione. Ciò aumenta la validità dello strumento per i pazienti con una vasta gamma di livelli di attività fisica. È destinato ad essere utilizzato su intervalli di tempo di breve e lungo termine, per valutare i cambiamenti di settimana in settimana indotti dal trattamento (farmaci, funzionamento, terapia fisica) o nel corso degli anni a seguito di un infortunio primario o OA.

Valuta: sintomi, rigidità, dolore, funzionamento/attività quotidiane, funzionamento/sport e attività ricreative, qualità di vita.

(Vedi Allegato 2)

3.4 Il 6 minutes walking test

Per un individuo la valutazione della capacità di percorrere, camminando, una certa distanza rappresenta una misura rapida ed economica della performance individuale e della qualità di vita. Questa situazione permette di svolgere le normali attività quotidiane e determinare il grado di limitazione funzionale del soggetto. Il test dei sei minuti può essere effettuato anche da pazienti anziani deboli e fortemente limitati motoriamente.

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Secondo la letteratura (Bennell,2011) l'esame si esegue chiedendo al paziente di camminare per 6 minuti lungo un corridoio avente una superficie di marcia rigida. Il test può essere eseguito al chiuso oppure, in caso di bel tempo, anche all'aperto purché su un percorso ben delimitato e privo di ostacoli. Il corridoio deve avere una lunghezza di almeno 30 metri. Pare infatti che un corridoio od un percorso più corto, obblighi il paziente a continue svolte, alterando la corretta esecuzione del test e riducendo artificiosamente la distanza complessiva percorsa. Il 6MWT è basato su una modalità cosiddetta self pace: il paziente sceglie cioè la sua intensità di sforzo. Il paziente è infatti invitato dal sanitario a camminare alla velocità preferita e può effettuare soste, riprendere il cammino ed utilizzare il bastone, se è abituato a farlo. Se il paziente utilizza normalmente O2 portatile, il suo utilizzo durante il test può e deve essere concesso. Durante l'esecuzione dell'esame al paziente è applicato un cardiofrequenzimentro ed un saturimetro che rilevano sia la frequenza cardiaca che la saturazione (in percentuale) di ossigeno del sangue. Come già accennato il paziente durante il test sceglie la andatura che più gli aggrada, può interrompere la marcia e riprenderla successivamente (cosa che lo distingue da altri test massimali). Il personale è tenuto ad annotare i metri percorsi fino alla prima sosta, i minuti trascorsi, il numero delle soste effettuate, la distanza totale percorsa. Il test può essere eseguito sia in aria ambiente che nel corso di una fornitura di supplemento di ossigeno. Al termine del test è necessario annotare oltre alla distanza totale percorsa anche la percezione della fatica, la frequenza cardiaca e respiratoria raggiunta e la pressione arteriosa (da confrontarsi con quella rilevata ad inizio test). É un ottimo test per rivalutare il paziente nel tempo.

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16 4.Knee Adduction Moment

Il compartimento tibio-femorale mediale del ginocchio è il piu' comunemente affetto da artrosi e questo è prediletto probabilmente dagli effetti del carico sperimentato durante le attività locomotorie quotidiane. Il ruolo fondamentale dei fattori biomeccanici nello sviluppo e nella progressione di artrosi, soprattutto degli arti inferiori, sta diventando ampiamente riconosciuto (Kutzner, 2013).

Durante l'intera fase statica del cammino, il knee adduction moment agisce intorno al ginocchio, creando un momento di inerzia mediale rispetto all’asse di rotazione. Questo knee adduction moment è causato principalmente da una forza di reazione a terra che agisce medialmente, che è presente durante il cammino e altre attività motorie, come ad esempio fare un gradino. La grandezza del knee adduction moment è influenzata dalla grandezza della forza di reazione a terra, dal braccio di leva del momento della forza di reazione a terra intorno al centro di rotazione del ginocchio (definita come la distanza perpendicolare tra la linea di azione della forza e il centro di rotazione del ginocchio), dalla massa e dall'accelerazione dei segmenti degli arti inferiori. Un alto knee adduction moment del ginocchio deriva dalle maggiori forze di compressione che agiscono sul lato mediale del ginocchio. Un ginocchio varo è stato segnalato come uno dei migliori premonitori di un alto knee adduction moment. Studi su pazienti con artrosi al ginocchio, hanno calcolato il coefficiente di correlazione tra l'allineamento varo del ginocchio e il picco di knee adduction moment durante la deambulazione. In linea con questo, i pazienti con artrosi da moderata a grave mostrano un aumento tra 2 ° e 6 ° di allineamento varo del ginocchio rispetto ai pazienti con sintomi lievi. Nei pazienti con un alto knee adduction moment pre-operatorio si è visto il riemergere di una deformità in varo in circa 5 anni dopo un intervento di osteotomia tibiale per ottenere una correzione in valgo, questo sottolinea il ruolo centrale di un alto knee adduction moment sia nello sviluppo, sia nella progressione dell'artrosi al ginocchio.

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L'evidenza suggerisce inequivocabilmente che un alto knee adduction moment è strettamente legato con la gravità di artrosi mediale del ginocchio, anche se una relazione causale potrebbe essere difficile da stabilire. I pazienti con artrosi mediale del ginocchio dimostrano un knee adduction moment notevolmente superiore, durante la deambulazione, rispetto al gruppo di controllo (Reeves,2012).

4.1 Traiettoria del dolore nell’artrosi del ginocchio.

Il British Journal of General Practice (Bastick, 2016) ha svolto un studio con l’obiettivo di definire le differenti traiettorie del dolore negli individui che presentano sintomi iniziali riferiti a gonartrosi e, di conseguenza, definire i vari fattori di rischio in relazione alla proiezione nel tempo. Questo studio nasce dalla necessità di inquadrare meglio, e in breve tempo, tutti i vari pazienti che si presentano negli studi medici per consulti legati a problematiche di osteoartrosi del ginocchio, dove per la progressione della patologia molti fattori di rischio rimangono ancora sconosciuti. Nello studio in questione, i pazienti hanno un’osteoartrosi del ginocchio diagnosticata secondo i criteri dell’American College of Rheumatology, il follow-up è di 5 anni e sono stati valutati i seguenti punti:

- baseline demografiche - baseline anamnestiche - Caratteristiche fisiche.

I risultati sono stati valutati annualmente con la Numeric Raiting Scale per il dolore.

Per i risultati, sono stati inclusi 705 partecipanti e sei (6) diverse traiettorie del dolore sono state identificate con corsi favorevoli e/o sfavorevoli. Statisticamente sono state riscontrate differenze più significative rispetto le caratteristiche fisiche di base, tra cui l’indice di massa corporea (BMI), la gravità dei sintomi e le strategie di coping per il dolore. Un BMI elevato, basso livello di istruzione, una maggiore comorbilità e punteggi più elevati di limitazioni delle attività sono stati più spesso associati ad una progressione del dolore in un primo momento più acuto.

In conclusione, questi risultati possono aiutare a differenziare i pazienti che necessitano di un monitoraggio più preciso e immediato, in presenza di sintomi relativi a gonartrosi, rispetto a casi in cui si possa adottare una strategia di attesa per vedere l’evoluzione della patologia.

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18 5.Risultati (8)

In seguito alla ricerca degli articoli e alla loro lettura, sono stati identificati otto studi che rispondono alla domanda di ricerca di questo lavoro. Di questi tre sono delle revisioni (Juhl et al, 2013; Malas et al, 2013; Li et al, 2015) e cinque sono Randomized Clincal Trials -RCT (Burrows et al, 2013; Tanaka et al, 2013; Mizusaki Imoto de Oliveira et al, 2012; Nejati et al, 2015). Di seguito verranno riportare i riassunti con le descrizioni di questi articoli e una tabella, in ordine per autore, in cui vengono sintetizzati i lavori svolti ed evidenziati i risultati. Tutti i lavori scelti hanno una parte introduttiva in cui viene descritta la patologia, che non verrà riportata nelle singole descrizioni

Acute resistence exercise and pressure pain sensitivity in knee osteoarthritis: a randomised crossover trial. (Burrows et al., 2013).

Lo scopo primario di questo studio era di determinare se esercizi di resistenza aumentano la soglia e la tolleranza del dolore da pressione in individui con OA al ginocchio e, in caso affermativo, se questo effetto fosse sistemico o confinato agli arti con cui sono stati svolti gli esercizi. Un obiettivo secondario era quello di determinare se questo effetto fosse simile in individui apparentemente sani della stessa età, così come in giovani sani, e di esaminare le differenze legate all'età. Sono stati creati 3 gruppi da 11 partecipanti, il primo affetto da gonartrosi, il secondo un gruppo di controllo formato da persone anziane senza dolore e il terzo formato da giovani senza dolore. Lo studio è strutturato su tre incontri, ognuno di essi intervallato da una settimana di pausa, dove nel primo incontro sono stati calcolati i carichi massimali per ogni esercizio per ogni singolo partecipante, nel secondo incontro venivano eseguite 3 serie da 10 ripetizioni al 60% di 1RM con pausa di 1 minuto, per tre tipologie di esercizi, o per gli arti superiori o inferiori, e nell’ultimo incontro venivano proposti esercizi alternativi. Dopo ogni set è stata proposta la scala di valutazione per il dolore, mentre dopo ogni serie venivano raccolti i dati della scala Borg per valutare lo sforzo percepito (RPE). I pazienti non potevano assumere farmaci nelle 24H antecedenti i test. Non ci sono stati abbandoni o esclusioni. Il gruppo “gonartrosi” e “anziani sani” erano simili per età, BMI e 1RM (P>0.19). Il gruppo “gonartrosi” ha riportato un punteggio WOMAC significativamente più alto, rispetto agli altri due gruppi, per quanto riguarda il dolore al ginocchio e la funzione (p<0.0001). La LEG PRESS ha fornito un dato significativamente più basso nell’arto inferiore che comprendeva l’articolazione del ginocchio (P=0.016); il gruppo “gonartrosi” ha registrato dei carichi massimali (1RM) significativamente più bassi rispetto al gruppo “giovani sani” ma non significativamente inferiori rispetto al gruppo “anziani sani” (P=0.098). Il valore RPE non era significativamente differente tra i vari gruppi. Questo studio ha esaminato gli effetti di un singolo pacchetto di esercizi sulla soglia del dolore da pressione e la tolleranza al dolore in individui con OA ginocchio e adulti giovani e anziani sani; ha dimostrato che l’esercizio fisico induce EIA (analgesia indotta da esercizio fisico) in pazienti con gonartrosi. Un effetto analgesico sistemico da post-esercizio suggerisce che i meccanismi alla base di EIA sono, in parte, mediati centralmente. L’elaborazione del dolore è molto complessa e si verifica a livello periferico ed è modulata da vie discendenti inibitorie del dolore. Si ritiene che la EIA è il risultato di una maggiore attività nelle vie discendenti inibitorie mediate da neurotrasmettitori che includono oppioidi endogeni, in primo luogo, e, eventualmente, cannabinoidi e neurotrasmettitori come la serotonina e noradrenalina.

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I risultati di questo studio potrebbero avere implicazioni cliniche. In primo luogo, la prescrizione individualizzata che dovrebbe essere raccomandata per pazienti affetti da gonartrosi è esercitare l'arto interessato al 60% 1RM. In secondo luogo, un risultato chiave di questo studio, nei pazienti con gonartrosi con una bassa tolleranza per l'esercizio a carico degli arti inferiori del corpo, sta nel fatto che esercitando gli arti non dolenti, si può produrre una risposta analgesica sistemica senza il rischio di far peggiorare il sintomo, anche se la durata di questo effetto non è chiara e la risposta analgesica è stata misurata per il dolore indotto sperimentalmente piuttosto che su sintomi clinici specifici del ginocchio OA.

Effects of different strength training muscle architecture: clinical and ultasonographic evalutation in knee osteoarthritis. (Malas et al,2013).

L’obiettivo di questo studio è di valutare gli effetti, di diversi esercizi, sulla forza e la struttura del muscolo quadricipite in persone con artrosi del ginocchio. Sono stati scelti sessantasei pazienti con diagnosi di gonartrosi bilaterale (secondo i criteri dell'American College of Rheumatology), e 61 di questi pazienti (51 donne e 10 uomini) hanno completato lo studio. I pazienti che hanno avuto OA secondaria, data da debolezza degli arti, storia di artrite infiammatoria, intervento chirurgico al ginocchio, o chi ha subito iniezioni intra-articolare nel mese precedente o che sono attualmente sotto effetto di analgesici, sono stati esclusi. Sono stati effettuati inizialmente gli esami di laboratorio, la valutazione del dolore e i test di valutazione funzionale compresi nella Western Ontario e McMaster Universities Artrite Index (WOMAC). I pazienti sono stati poi assegnati casualmente in 6 gruppi di lavoro in modo randomizzato; le diverse tipologie di lavoro erano: isometrica sinistra e destra, isotonica sinistra e destra, e isocinetica sinistra e destra. Oltre ai protocolli di esercizio, veniva svolto lo stesso programma di terapia fisica, cioè, l'uso di impacchi caldi (20 minuti) e ultrasuoni US (1 MHz, 10 minuti), su entrambe le ginocchia di ciascun soggetto, per 3 settimane, dallo stesso fisioterapista. Tutti i gruppi hanno completato un programma di rafforzamento della muscolatura estensoria del ginocchio per 3 settimane (5 giorni / settimana) e in gruppo, metà gruppo dei pazienti sono stati istruiti a lavorare solo con il ginocchio destro e l’altra metà solo con il sinistro. Questo protocollo di rafforzamento unilaterale è stato applicato per valutare sia l'effetto di rafforzamento ipsilaterale sia controlaterale. Ogni 20 minuti di esercizi è stato completato un trattamento con il fisioterapista. Nel gruppo “isometria”, sono stati eseguiti esercizi (con sforzo massimo per 10 secondi e il ginocchio esteso nella posizione anatomica) ad una velocità di 90 ripetizioni al giorno. Nel gruppo “isotonia”, i soggetti si sono allenati sollevando 1,5 kg di peso ad una velocità di 90 ripetizioni al giorno.

Nel gruppo “isocinetico”, il protocollo di rafforzamento consisteva in 90 ripetizioni, con 3 cicli a 60 ° / sec (5 ripetizioni), 120 ° / sec (10 ripetizioni), e 240 ° / sec (15 ripetizioni). I pazienti avevano 10 secondi di riposo tra le diverse velocità e 30 secondi di riposo tra i diversi cicli. La maggioranza dei risultati in cui c’è stato un miglioramento, sono stati registrati nel gruppo “isometria”, dove la forza dell’arto interessato è passata da 16.9 a 26.1; mentre nei gruppi “isocinetico” e “isotonico” siamo passati rispettivamente da 21.6 a 25.3 e 28.8 a 35.4. I valori di resistenza iniziali non erano simili tra i gruppi (inferiori nel gruppo isometrica).

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Anche se i valori di resistenza dei muscoli estensori sono aumentato in tutti i gruppi, la differenza è stata statisticamente più significativa solo nel gruppo isometrica (sia per il rafforzamento sia per il lato controlaterale; P <.01). I nostri risultati mostrano che la forza muscolare estensoria del ginocchio è aumentata dopo l'allenamento di tutti i gruppi, anche se i risultati sono statisticamente significativi solo nel gruppo isometrica (su entrambi i lati). In questo gruppo sono aumentati anche la lunghezza fasciale (su entrambi i lati) e lo spessore del muscolo (solo sul lato rinforzato). Inoltre, lo spessore del muscolo (su entrambi i lati) è significativamente aumentato sia nei gruppi isocinetiche che isotoniche. Al contrario, l’angolo di pennazione (pennation angle) non è cambiato dopo il trattamento in nessun gruppo. La durata del periodo di esercizio è un fattore importante che influenza l'insorgenza di cambiamenti strutturali nel tessuto muscolare. Un altro risultato importante di questo studio è che sia la WOMAC, VAS, e i punteggi di valutazione funzionale sono nettamente migliorati dopo il rafforzamento e la terapia fisica in tutti i gruppi di esercizio. Per quanto riguarda il gruppo “isocinetica”, nella Womac il dolore è passato da 11.8 a 8.2, la rigidità da 3.1 a 2.3, e la funzionalotà da 38.7 a 27.8; mentre per la VAS siamo passati da 6.8 a 3.4. Nel gruppo “isometria”, invece, per quanto riguarda il dolore siamo scesi da 10.8 a 6.7, la rigidità da 3.7 a 2.0, e la funzionalità da 36.2 a 23.5; la VAS da 8.2 a 4.0. L’ultimo gruppo, “isotonico”, il dolore è cambiato da 10.2 a 5.4, la rigidità da 3.3 a 1.4, la funzionalità da 33.6 a 19.5 e la VAS da 7.5 a 3.8. I trattamenti attuali per l'OA si concentrano principalmente sulla riduzione del dolore e la disabilità funzionale dei pazienti. Tra questi trattamenti, gli esercizi di potenziamento hanno dimostrato di ridurre il dolore e migliorare la funzione del ginocchio artrosico. Questo studio ha diversi limiti, tra cui un piccolo campione di pazienti e la troppo breve durata del periodo di rinforzo muscolare. Questi fattori possono spiegare la mancanza di significatività in alcuni parametri in alcuni gruppi, soprattutto per quanto riguarda la forza muscolare e la struttura. Una seconda limitazione sarebbe la mancanza di un gruppo di controllo che non ha esercitato la naturale progressione per spiegare ed evidenziare le differenze. I risultati di questo studio indicano che esercizi di rafforzamento possono influenzare l'architettura muscolare nelle persone con OA al ginocchio. Questo può avere un impatto non solo sulla forza muscolare, ma anche sulla sua struttura. Ulteriori studi con un numero maggiore di soggetti e periodi di esercizio più lunghi potrebbero meglio determinare gli effetti dei diversi esercizi di potenziamento muscolare. Infine, l’ultrasonografia sembra essere un promettente metodo per la valutazione di tali cambiamenti.

Efficacy of strengthening or aerobic exercise on pain relief in people with knee osteoarthritis: meta-analysis of randomized controlled trials. (Tanaka et al, 2013). L’obiettivo di questo studio è investigare le differenze tra un programma di rinforzo muscolare comparati con esercizi aerobici nella diminuzione del dolore in pazienti con gonartrosi. Sono stati inclusi 466 partecipanti nella revisione, con 11 gruppi di trattamento; 4 gruppi con programmi di rinforzo muscolare senza pesi (concentrico-eccentrico, isometrico, isocinetico), 1 gruppo di rinforzo muscolare tramite leg press, 3 gruppi con esercizi aerobici. Gli esercizi hanno dato risultati significativamente più positivi rispetto a programmi dove non veniva svolto alcun tipo di esercizio fisico (SMD -0.94 (95%).

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Nei diversi sottogruppi l’analisi ha dimostrato un largo effetto positivo nel gruppo del rinforzo muscolare senza pesi rispetto ai gruppi che hanno lavorato con leg press o hanno svolto attività aerobiche. Gli autori hanno quindi affermato che, nel breve termine, esercizi di rinforzo muscolare senza l’ausilio di pesi, è raccomandato, nelle persone con gonartosi, per la riduzione del dolore.

The effects of resistance exercise in patients with knee osteoarthritis: a systematic review and meta – analysis. (LI et al,2015).

L’obiettivo di questa revisione sistematica con meta-analisi, è stato quello di analizzare l’efficacia degli esercizi di resistenza nel trattamento della gonartrosi, per quanto riguarda dolore, rigidità e funzionalità. La scala di riferimento utilizzata per valutare gli item è la scala WOMAC, mentre Vas, OASI e KPS sono state utilizzate per rivalutare gli outcomes. 1705 pazienti con un’età media di 63.5 anni sono stati analizzati in questa revisione, (con pazienti reclutati in diverse nazioni Stati Uniti, Inghilterra, Australia, Turchia e Cina). Le variabili sostanziali incluse nello studio sono il modo, il carico, la durata, le ripetizioni e la frequenza nel programma di esercizi di resistenza. Il carico variava da bassa resistenza (10% di 1RM) e alta resistenza (80% di 1RM), con aumento periodico, progressivo. L’intervento durava dalle 8 settimane a 24 mesi, 3 giorni a settimana, con 3 sets per 8-12 ripetizioni per esercizio. Sia esercizi ad alta intensità sia a bassa intensità, hanno ottenuto benefici di trattamento in termini di dolore, rigidità e funzionalità. Esercizi di resistenza ad alta intensità hanno rivelato un grande effetto nel migliorare dolore e funzionalità. Né esercizi ad alta intensità, né a bassa hanno dato grandi risultati in termini di rigidità. Inoltre, non ci sono benefici nel fare esercizi di resistenza per più di 12 settimane per quanto riguarda dolore e funzionalità, ma migliora la rigidità. Gli outcomes hanno mostrato risultati significativamente rilevanti, rispetto al gruppo di controllo, in termini di riduzione del dolore, alleviare la rigidità e migliorare la funzionalità, svolgendo esercizi di rinforzo. Facendo comunque attività fisica migliorano anche i rapporti sociali e si manifesta l’effetto placebo. Impact of Exercise Type and Dose on Pain and Disability in Knee Osteoarthritis. (Jhul et al, 2013).

L’obiettivo di questo articolo è quello di identificare il programma ottimale degli esercizi, caratterizzati da tipologia e intensità per ogni esercizio, e la durata del programma per ridurre il dolore e la disabilità nei pazienti con artrosi al ginocchio. Una review con 48 RCTs e più di 4000 pazienti, con età media di 64.3 anni, e per il 75% donne. Il BMI medio di 29.1. Tutti i pazienti avevano una diagnosi di artrosi al ginocchio, da moderata a grave. Lo studio confronta un gruppo che svolge esercizi combinati tra rinforzo, aerobici e di performance con un gruppo di controllo che fa esclusivamente una tipologia di esercizi come intervento per OA. I programmi di esercizi che includevano una combinazione di resistenza, aerobica ed esercizi di performance non erano significativamente migliori rispetto ai trattamenti di controllo per quanto riguarda la riduzione del dolore (differenze medie standardizzate “SMD” 0.16), e piccoli effetti nella riduzione della disabilità (SMD 0.22).

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La differenza tra i programmi di esercizi focalizzati su un unico tipo di esercizio comparati con programmi che mixavano due o tre tipi di esercizi erano significativi sia per riduzione del dolore (SMD 0.45) che per disabilità (SMD 0.36) in favore dell’utilizzo di un unico tipo di esercizio. Per quanto riguarda gli esercizi aerobici, l’eterogeneità riduceva sia il dolore (9.8%) che la disabilità (52.5%) quando il numero delle sessioni con supervisione era indicato come effetto dose-response positivo; in questo caso SMD risultava aumentato significativamente nella riduzione del dolore, ma non per la disabilità, con un largo numero di sessioni aerobiche con supervisione. Per gli esercizi di resistenza non sono state registrate differenze tra intensità e durata dei programmi, numero delle sessioni con supervisione, o numero delle sessioni a settimana. Si è però notato che programmi di esercizi concentrati sul rinforzo dei quadricipiti erano più efficaci nel ridurre il dolore rispetto ai programmi che mirano a migliorare la forza degli arti inferiori in generale (SMD 0.85). Programmi mirati al rinforzo del quadricipite hanno mostrato risultati positivi anche nel ridurre la disabilità (SMD 0.87). Gli interventi costituiti da un unico tipo di esercizio con 3 o più sedute a settimana sembrano essere più efficaci nel ridurre il dolore (SMD 0.68) rispetto a quelli con meno di 2 sedute alla settimana (SMD 0.41). Risultati simili sono stati trovati per la disabilità per 3 o più sessioni a settimana (SMD 0,67) rispetto a meno di 2 sedute alla settimana (SMD 0,33). I principali risultati affermano che i programmi di esercizi basati su una sola tipologia di esercizio sono più efficaci nel ridurre il dolore e disabilità riferiti dal paziente rispetto a quelli di che miscelano diversi tipi di esercizio con obiettivi diversi all'interno della stessa sessione; un aumento del numero di sessioni di supervisione esalta i benefici per l’esercizio aerobico; esercizi focalizzati sul rinforzo della muscolatura estensoria del ginocchio hanno registrato benefici superiori rispetto ad un allenamento di resistenza. L’esercizio sembra essere una terapia efficace per gonartrosi, indipendentemente da età, sesso, indice di massa corporea o dolore.

Una spiegazione dello svantaggio di miscelare tipi di esercizi con obiettivi diversi all'interno della stessa sessione può essere la risposta molecolare, dove l’allenamento di resistenza aumenta la risposta della proteina miofibrillare e l’esercizio aerobico aumenta il contenuto di mitocondri nel muscolo. Questa risposta molecolare diminuisce quando sia esercizi di resistenza che aerobici sono eseguiti all'interno della stessa sessione. Però, nelle prime fasi di un programma di allenamento, la spiegazione più comunemente accettata per aumentare la forza muscolare è una risposta iniziale neuromuscolare, che è seguita successivamente da ipertrofia muscolare. Wilson et al hanno trovato che l'effetto dell’ipertrofia per il muscolo è maggiore nell’ allenamento della forza piuttosto che in allenamenti mixati. Il sollievo generale del dolore dopo l’esercizio (e conseguente diminuzione della disabilità) potrebbe essere dovuto al meccanismo di controllo dell'andatura o al rilascio centrale di endorfine. Entrambe le spiegazioni sono legate alla quantità di esercizio. Infatti, la quantità di esercizio (3 volte alla settimana almeno 12 sessioni di supervisione) sembra essere importante per il sollievo del dolore e riduzione della disabilità. Tuttavia, una maggiore intensità per esercizio fisico non ha segnalato miglioramenti da segnalare. Un programma di esercizi ottimali per la gonartrosi deve avere un unico obiettivo e concentrarsi sul miglioramento delle capacità aerobiche, il rinforzo del muscolo quadricipite o migliorare la performance delle estremità inferiori. Per ottenere i migliori risultati, il programma dovrebbe essere supervisionato ed eseguito 3 volte a settimana. I programmi hanno un effetto simile a prescindere dalle caratteristiche del paziente, dalla gravità radiografica e dalla severità del dolore.

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Impact of exercise on the functional capacity and pain of patients with knee osteoarthritis: a randomized clinical trial. (Mizusaki Imoto de Oliveira et al, 2012). L’obiettivo di questo studio è valutare esercizi di rinforzo muscolare del muscolo quadricipite in relazione alle capacità funzionali e i sintomi relativi ad artrosi del ginocchio, con l’uso degli outcomes Time Up and Go (TUG) e la scala WOMAC. Cento pazienti sono stati separati in due gruppi, 50 nel gruppo “esercizi”, dove svolgevano attività al cicloergometro, stretching dei muscoli ischio-crurali e rinforzo del quadricipite, e 50 nel gruppo “istruzioni” dove ricevevano un manuale con le informazioni sull’artrosi del ginocchio e su come gestire i sintomi nelle attività giornaliere. Nel manuale non erano inclusi istruzioni sugli esercizi. Nel gruppo di lavoro i pazienti hanno svolto 2 sedute a settimana per 8 settimane: il programma era composto da 10 minuti di riscaldamento sul cicloergometro, stretching dei muscoli ischio-crurali con un thera band, 3 sets per 30sec, e successivamente 3 serie da 15 ripetizioni di esercizi di estensione del ginocchio. I risultati hanno dimostrato che il gruppo “esercizi” ha migliorato sensibilmente sia il dolore che la funzionalità nei pazienti che hanno aderito rispetto al gruppo “istruzioni”. Per quanto riguarda il TUG test il gruppo 1 ha registrato un notevole cambiamento (P<0.0001). Nella WOMAC, il gruppo che ha svolto esercizi di rinforzo è notevolmente migliorato nel dolore (P<0.0001), funzionalità (P<0.0001) e rigidità (p<0.0009). Il gruppo che ha ricevuto solo delle istruzioni non ha registrato cambiamenti significativi in nessuno dei punti sopracitati. L’articolo consiglia quindi di svolgere un programma di rinforzo del muscolo quadricipite per 8 settimane in modo da migliorare il dolore, la funzionalità e la rigidità.

The effect of exercise therapy on knee osteoarthritis: a randomized clinical trial (Nejati et al, 2015).

L’obiettivo di questo RCT è indagare gli effetti a breve e lungo termine dei più semplici e meno costosi protocolli di esercizi, combinati alle più convenzionali terapie conservative. Questo studio ha un follow-up di 12 mesi; i pazienti hanno tutti più di 40 anni, hanno dolore al ginocchio da più di 3 mesi nella maggior parte dei giorni della settimana, hanno un’artrosi diagnosticata radiograficamente di grado II-III-IV secondo i criteri di Kellegren-Lawrence, BMI tra 18-30 kg/m2. I pazienti esaminati sono stati 56 e sono stati assegnati, casualmente, in due gruppi: il gruppo “esercizi” riceveva esercizi di rinforzo della muscolatura del ginocchio abbinata ad una terapia FANS e 10 sedute di agopuntura e fisioterapia, mentre il gruppo “non esercizi” riceveva lo stesso programma ma senza gli esercizi di rinforzo muscolare. Gli outcomes di rivalutazione, per quanto riguarda il dolore e la funzionalità, sono la scala VAS e KOOS, dopo 1 e 3 mesi dall’intervento e dopo un anno. I gruppi hanno ricevuto 10 sedute di agopuntura, 2 volte a settimana per 5 settimane, della durata di 15 minuti; 10 sessioni, 3 volte a settimana, di TENS, US, IR. Due elettrodi sono stati posizionati medialmente e lateralmente all’articolazione del ginocchio con 100 Hz, mentre US e IR sono stati applicati su tutto il ginocchio per 5 minuti. Nel gruppo “esercizi”, oltre a quello appena citato, sono stati assegnati degli esercizi anaerobici: 3 esercizi di stretching e 3 esercizi di rinforzo per la muscolatura intorno al ginocchio (ischio-crurali, quadricipite, tricipite surale). Gli esercizi andavano svolti giornalmente, lo stretching 15sec per 4 volte, mentre per il rinforzo muscolare 3 serie da 10 ripetizioni, con 1-3 min di recupero tra una serie e l’altra.

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