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Il progetto "Maravee". Un format innovativo di produzione culturale.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale (ordinamento ex

D.M. 270/2004)

in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali

Tesi di Laurea

Il progetto “Maravee”.

Un format innovativo di produzione culturale.

Relatore

Ch.ma Prof.ssa Stefania Portinari

Correlatore

Ch. Prof. Pieremilio Ferrarese

Laureanda

Ludovica Neglie Matricola 842910

Anno Accademico 2013/2014

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INDICE

Introduzione 4

Capitolo 1 6

Le organizzazioni di produzione culturale 1 Struttura e finalità 6

1.1 Il connubio tra finalità artistiche e gestione economica 8

2 Aspetti giuridici e fiscali degli enti no profit: il caso Maravee 15

Capitolo 2 21

Maravee, “Uno spettacolo a più voci”. 1 Gli esordi del festival. Una premessa. 21

1.1 Sabrina Zannier, la curatrice/manager 24

1.2 L’Associazione Culturale Cizerouno 26

2 Le location e il legame con il territorio 28

3 Le rassegne 33

3.1 Gli esordi: 2002-2004 35

3.2 Gli anni del consolidamento: 2005-2011 60

3.3 Le edizioni recenti: 2012-2014 117

Capitolo 3 150

La sostenibilità economico-finanziaria 1 Gli sponsor di Maravee: un’analisi del budget della rassegna 150

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Capitolo 4 160

Rassegne e istituzioni culturali a confronto: un’analisi territoriale 1 Il Centro d’Arte Contemporanea di Villa Manin 160

2 Dolomiti contemporanee 162

3 La Galleria Regionale d'Arte Contemporanea “Luigi Spazzapan” di Gradisca d'Isonzo 166

4 La Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di Monfalcone 167

5 I festival 169

Conclusioni 175

Bibliografia 178

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Introduzione

Questa tesi di laurea si propone di analizzare da un duplice punto di vista, di gestione e di considerazione di critica artistica, la rassegna di arti contemporanee Maravee che ha luogo in Friuli Venezia Giulia da ormai dodici anni.

Nata nel 2002 da un’idea della sua direttrice artistica, Sabrina Zannier, ha avuto da subito un grande successo diventando un appuntamento annuale fisso, atteso dal pubblico. Il format ideato dalla direttrice artistica presenta delle caratteristiche di novità per quella regione, esso infatti coniuga più linguaggi quali arte, poesia, teatro, musica, danza, letteratura, che dà alle rassegna una caratura di originalità e di unicità, almeno nel contesto regionale. Altro elemento di certo interesse riguarda le location in cui hanno luogo le mostre e gli eventi: si tratta di antichi castelli che rappresentano nel territorio una testimonianza diretta e percepibile delle tradizioni, del passato storico a cui i cittadini friulani sono particolarmente attaccati. Da qui sorge la necessità di indagare e chiarire il rapporto fra tradizione e linguaggi artistici della contemporaneità, un mix pensato e calibrato da Maravee in modo che questi due elementi, a prima vista così distanti e escludentesi l’un l’altro, fossero integrati, armonici.

Il primo capitolo è dedicato alle organizzazioni di produzione culturale e alla loro natura, rifacendomi al pensiero di Derrick Chong, David Hesmondalgh, Joseph Lampel, Theresa Lant e Jamal Shamsie. In particolare sono indagate le difficoltà peculiari che esse si trovano ad affrontare, ossia il difficile connubio tra obiettivi di natura artistico-estetica e manageriale-economica.

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In seguito si analizzano gli aspetti principali degli enti no profit, da un punto di vista giuridico e fiscale. Questa è anche la natura dell’Associazione culturale senza scopo di lucro Maravee, costituita nel 2009 da Sabrina Zannier per supportare l’omonima rassegna.

Infine si esaminano, descrivendoli nella loro articolazione generale in termini di offerta artistica, alcuni dei maggiori festival artistico-culturali del Friuli Venezia Giulia. In questo modo è possibile inquadrare l’offerta culturale della regione, in cui si inserisce anche la rassegna Maravee che, in tale contesto, può essere definita anche un festival.

Il secondo capitolo prende in considerazione singolarmente e studia, dopo una breve premessa sugli esordi del festival, tutte le rassegne di Maravee dal 2002 al 2104, principalmente da un punto di vista dei contenuti artistici, nonché le location che le hanno ospitate, sottolineando e analizzando tutte le differenze intercorse tra un’edizione e l’altra e soprattutto tra un triennio tematico e l’altro.

Il terzo capitolo prende in esame la sostenibilità economico-finanziaria della rassegna attraverso l’analisi dei budget dalla prima all’ultima edizione, gentilmente fornitimi dalla dottoressa Zannier, e degli sponsor, primo fra tutti l’azienda Gervasoni, che hanno permesso agli eventi di realizzarsi.

Il quarto e ultimo capitolo chiude la trattazione sulla storia artistica ed economica di Maravee con la descrizione di altre tra le maggiori realtà culturali e museali del territorio, che si configurano come competitors unicamente nella partita che si gioca nell’arena economica in termini di fondi regionali disponibili e nella ricerca di sponsor. Verranno messe in luce le maggiori similitudini e differenze con Maravee in quanto, come ho già affermato, il format della rassegna è unico nel suo genere in questa regione ma ci sono altre realtà che si occupano di arte contemporanea che in questo capitolo si provvede ad analizzare.

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Capitolo 1

Le organizzazioni di produzione culturale

1. Struttura e finalità

Il termine organizzazione può essere impiegato con diverse accezioni: di solito si usa per connotare un'istituzione, un'agenzia o una collettività sociale che esiste per perseguire uno scopo e degli obiettivi. Tali scopi vengono raggiunti attraverso la realizzazione di prodotti, beni e servizi volti alla soddisfazione di bisogni specifici. All'interno di tale sistema, fatto di soggetti, risorse e attività, deve essere assicurata un'eccellente coordinazione tra le parti e un funzionamento adeguato ad assicurare una corretta gestione. Le organizzazioni possono essere di diversa natura: pubbliche, private, profit, no-profit, in ogni caso indipendentemente da essa, tutte interagiscono con il proprio ambiente sia esterno che interno. Questo significa che l'organizzazione scambia e/o condivide risorse con il proprio ambiente e che esso può influenzare lo sviluppo dell'organizzazione stessa. Quindi è sia l'organizzazione che influenza l'ambiente attraverso le sue attività e la sua gestione, sia l'ambiente che, modificandosi, determina il modo in cui l'organizzazione si adatta alle richieste che provengono da esso. Per le organizzazioni di produzione culturale il discorso è un po' più complicato semplicemente per la difficoltà di delimitare e definire le attività che possono considerarsi di loro competenza. I termini "produzione" e "culturale" sembrano, a prima vista, essere in conflitto tra loro poiché il primo rimanda alla sfera economica e dell'impresa mentre il secondo a quella umanistica. Proprio in questa sede si vedrà come in realtà i due termini non sono affatto in

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conflitto tra loro.

In generale, le attività di produzione culturale sono quelle associate alla produzione e distribuzione di beni e servizi cui viene associato un valore culturale, artistico o semplicemente d'intrattenimento

.

Tale contentuto artistico-culturale deriva dalla produzione degli stessi beni da parte di artisti, creativi, scrittori e via dicendo, ma anche e soprattutto dal significato che la società conferisce a quei determinati beni. Il prodotto culturale incorpora sia valore culturale che, naturalmente, valore economico ma il primo è soprattutto di natura simbolica. Per spiegare meglio questi concetti intendo rifarmi al pensiero e agli scritti di David Hesmondhalgh che, nella sua opera Le industrie culturali, affronta proprio questi temi. Egli parla appunto di industrie culturali, mentre io, diversamente, parlo di organizzazioni di produzione culturale ma senza alcuna presunzione, credo di poter affermare che la delimitazione concettuale sia la medesima. L’importanza di queste industrie deriva primariamente dal fatto che esse producono e mettono in circolazione testi, vale a dire prodotti, che influenzano la nostra comprensione del mondo. Contribuiscono quindi a mettere in circolazione la creatività. Per dirla con Hesmondhalgh, “le industrie culturali sono state concepite abitualmente come quelle istituzioni che sono direttamente implicate nella produzione di significati socialmente condivisi.”1

Siamo costantemente e quotidianamente influenzati da testi informativi quali, fra i tanti, pubblicità, giornali, telegiornali, film, serie televisive, musica che contribuiscono a plasmare la nostra concezione della società e del mondo in cui viviamo. Soprattutto contribuiscono a plasmare la nostra scala di valori, i nostri desideri e la nostra vita interiore. Ci danno un senso d’identità. E’ facile dunque capire la loro grande importanza e la                                                                                                                

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costante presenza nelle nostre vite anche se spesso non ne siamo nemmeno consapevoli.

1.1 Il connubio tra finalità artistiche e gestione

economica

La corretta gestione di un’azienda richiede il perfetto funzionamento di tutti i componenti all’interno del suo sistema. Un buon manager deve saper conciliare tra loro molte e diverse istanze.

Nel caso delle industrie culturali, la difficoltà deriva proprio dalla loro peculiarità, ossia dal fatto che esse si trovano a dover conciliare le tensioni poste da obiettivi economici, manageriali ed estetici. Le aziende che competono nelle industrie culturali devono avere a che fare con una combinazione di ambiguità e dinamismo che sono caratteristiche intrinseche ai beni che servono uno scopo estetico o espressivo piuttosto che meramente utilitaristico. Il trade off raggiunto per raccordare tali tensioni, determinerà la direzione di sviluppo e la mission stessa dell’azienda.

Tutte le organizzazioni culturali condividono la necessità di gestire e trovare un bilanciamento tra gli imperativi contrapposti di eccellenza artistica ed esigenze del mercato.

Un utile contributo all’individuazione dei problemi strategici delle organizzazioni di produzione culturale, è fornito dalla riflessione di Chong in Arts Management.2 L’autore individua tre “commitments” con cui si devono confrontare le organizzazioni culturali e la relativa complessità data dal dover gestire contemporaneamente obiettivi                                                                                                                

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manageriali, economici ed estetici. Questi commitments sono: “eccellenza e integrità estetica”, “accessibilità e sviluppo dell’audience”, “cost effectiveness e public accountability”.

Le organizzazioni culturali devono costantemente compiere sforzi non da poco al fine di proteggere e alimentare lo stile distintivo dei loro beni e servizi. L’integrità artistica necessita di essere mantenuta e protetta, a tal fine risulta più appropriato il compito di “educare” il pubblico al gusto guidandolo e aiutandolo ad affinarlo, piuttosto che rispondere meramente all’esigenza di dare alle audience ciò che esse chiedono. Ciò che distingue le industrie culturali dalle altre industrie è la natura non utilitaristica dei beni che vengono prodotti; questo fa sì che esse debbano scontrarsi con l'ambiguità e il dinamismo tipiche di questi prodotti. I beni culturali (nell’ampia accezione del termine) sono beni "esperienziali" poiché derivano il loro valore dalle esperienze soggettive che i consumatori ne traggono. Sono di conseguenza non prevedibili e perciò diventa estremamente difficile identificare e stabilire degli standard di qualità. Anche nozioni base di ciò che può essere definito di qualità, finisce per essere opinabile nel contesto delle industrie culturali. Gli standard rappresentano ideali astratti piuttosto che attributi specifici del prodotto. In tale contesto, i produttori trovano difficile capire perché alcuni prodotti hanno successo mentre altri no. Questo non a causa di mancanza di dati ma perché tali dati sono suscettibili di interpretazioni molteplici e contraddittorie. Per capire cosa vogliono i consumatori si deve applicare un processo di attuazione interpretativa piuttosto che un'analisi razionale e sistematica. Formare il gusto dei consumatori è sempre difficile anche perché tali gusti sono parte di una più ampia matrice sociale e culturale sulla quale le aziende hanno poco controllo o addirittura nullo. E' necessario trovare un compromesso tra la libertà creativa e gli imperativi di mercato. Chong sottolinea che le

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organizzazioni culturali dovrebbero contribuire a formare i gusti, guidare, indirizzare piuttosto che semplicemente rispondere alle richieste, poiché questa sarebbe una rinuncia di responsabilità.

Un altro problema è quello del rapporto con i pubblici. La corretta gestione di un’organizzazione di produzione culturale, dovrebbe prevedere tra gli obiettivi principali quello di ottenere e ampliare il consenso dei pubblici rendendo le organizzazioni culturali più accessibili. Significa far risultare agibili e praticabili la cultura, l’arte e gli eventi in generale, promuovendo un coinvolgimento maggiore dei fruitori. Questo compito richiede, per avere un certa efficacia,  l’adozione di tecniche di marketing e comunicazione finalizzate a conoscere la domanda, di conseguenza, posizionare l’offerta e gestire il rapporto con gli sponsor. Per sviluppare l'audience, Chong sottolinea la possibilità di incorrere nel rischio di una frattura tra programmazione artistica e pubblico, inoltre evidenzia che una possibilità per accrescere l'audience è l'integrazione tra educazione, media, turismo e altre politiche di marketing (fund-rasing, membership development, merchandising, business sponsorship ecc.). In questo ambito è necessaria un'efficiente struttura di management per il raggiungimento di un equilibrio economico-finanziario, al fine di assicurare la qualità dei prodotti.

Le arts organizations, dunque, si preoccupano di salvaguardare sia i valori estetici fondamentali che l'esigenza di ottenere fondi dovuti ad un' oculata organizzazione finanziaria e amministrativa. Qualità e profitto non si escludono a vicenda, si tratta di un binomio necessario per permettere alle organizzazioni di proseguire nella loro missione. Assicurare la stabilità finanziaria è necessario al fine di permettere alla stessa programmazione artistica di avere luogo. Il terzo commitment individuato da Chong tratta proprio questo argomento. Si riferisce alla tensione verso la costante ricerca di massimizzare i benefici economici e

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sociali e la necessità di assicurare all’azienda l’equilibrio economico-finanziario di lungo periodo.

Un altro contributo utile a capire come le aziende di produzione culturale gestiscono le tensioni poste dagli imperativi contrapposti di eccellenza artistica ed esigenze del mercato, è fornito dal saggio di J. Lampel, T. Lant e J. Shamsie, Balancing Act: Learning from Organizing Practices in Cultural Industries.3 Mentre Chong individuava tre commitments, gli autori di questo saggio individuano cinque polarità che a loro parere riassumono i fondamentali opposti imperativi con cui si fronteggiano le organizzazioni di produzione culturale. Si evidenzia come i manager delle industrie culturali si impegnano a perseguire la conoscenza e la creatività, per accrescere la qualità dell'esperienza fornita dai loro prodotti; queste due caratteristiche devono simultaneamente essere presenti, in quanto la conoscenza senza la creatività non permette di avere un vantaggio competitivo a lungo termine. Oltre le sopracitate peculiarità, ciò che differenzia le industrie culturali si riscontra soprattutto nella natura non utilitaristica dei beni. Dal momento che il valore di questi deriva da esperienze soggettive, risulta difficile identificare chiari standard di qualità e capire il motivo per cui taluni prodotti ottengono un riscontro positivo mentre altri no; è per questo che, secondo la loro opinione, la strategia delle industrie culturali è più un processo di interpretazioni sistematiche piuttosto che un'analisi razionale.

I produttori di beni culturali sanno di dover soddisfare le richieste dei consumatori fornendo intrattenimento, stimolazione e riflessione: offrire un prodotto che li inglobi costituisce un'ardua sfida. Per ottenere un riscontro positivo da parte dei consumatori, i produttori mirano a                                                                                                                

3 Cfr. J. Lampel, T. Lant, J. Shamsie, Balancing Act: Learning from Organizing Practices in Cultural Industries, in “Organization Science”, vol.11, n.3, maggio-giugno 2000, pp. 263-269.

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combinare elementi di novità e di tradizione. Gestire le risorse creative è un punto chiave delle organizzazioni culturali. Riprendendo il pensiero di Hirsh4, emerge come le organizzazioni nelle industrie culturali debbano riconciliare la domanda dei potenziali consumatori di prodotti culturali con l'offerta proposta dal mercato.

Per meglio comprendere le industrie culturali è importante analizzare le polarità individuate dagli autori che guidano le scelte libere di tali organizzazioni. La prima di queste fa riferimento alla contrapposizione tra valore artistico e intrattenimento di massa: le aziende culturali devono sforzarsi di rimanere leali ai valori artistici, ma devono anche confrontarsi con le esigenze di mercato. Di conseguenza la risposta alla domanda su quale dei due imperativi dovrebbe guidare le decisioni strategiche è che la coesistenza è l’unica opzione.

La seconda tratta della differenziazione del prodotto opponendola all'innovazione del mercato. La competizione è guidata dalla ricerca della novità, di conseguenza i prodotti culturali devono essere accessibili e, allo stesso tempo, possedere il fascino della novità. Il consumatore, tuttavia, pur esigendo la novità, non rinuncia alla familiarità del prodotto abituale. I produttori si trovano quindi di fronte a due pressioni opposte: innanzitutto la ricerca di novità, che differenzi i propri prodotti, senza per questo renderli totalmente differenti da quelli presenti nella categoria in questione; poi c’è la spinta a ricercare l’innovazione spingendosi oltre i limiti del mercato esistente. Questo tipo di novità apre nuovi fronti, spesso spianando la strada a nuove tipologie di prodotti culturali che possono espandere o addirittura cambiare il mercato.

Si prosegue con il confronto tra l'analisi della domanda e la costruzione                                                                                                                

4 Cfr. P. Hirsch, Processing fads and fashions: An organization-set analysis of cultural industry system, in “American Journal of Sociology”, n.77, 1972, pp. 639-659.

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del mercato: qui il produttore si pone il quesito se a priori si debba analizzare la domanda oppure creare il bisogno nei consumatori. Esiste una disputa di lunga data tra chi sostiene che i beni culturali sono espressione dei bisogni e dei desideri dei consumatori e chi, invece, sostiene che l’immaginario dei consumatori, da cui derivano bisogni e desideri, viene creato dai produttori che inducono la domanda. Da questo emergono due tipologie di posizioni: c’è chi sostiene che le organizzazioni culturali debbano offrire un prodotto che risponda ai bisogni dei consumatori e quelle che si adoperano nella creazione di un nuovo mercato.

Un'altra polarità esiste tra integrazione verticale e specializzazione flessibile. Nelle industrie culturali (ma anche nelle industrie più in generale) le organizzazioni cercano di ottenere il più alto guadagno possibile tentando di esercitare un controllo capillare sia sulla creazione artistica vera e propria che sulla distribuzione dei propri prodotti, insomma sull’intera filiera produttiva. Questa spinta all’integrazione di tutti gli aspetti della “catena del valore”5, porta a una coordinazione tale che rischia di ridurre e costringere entro limiti molto severi la libertà creativa delle diverse unità costituenti all’interno dell’azienda. Le aziende dell’industria culturale devono bilanciare questa spinta all’integrazione con dei tentativi di specializzazione. Vi è una necessità di equilibrio tra l'integrazione e la specializzazione, cosicché sia permesso all'organizzazione di concentrarsi sulle attività che più le competono, ossia la produzione e la distribuzione di beni culturali, lasciando il resto ad altre organizzazioni.

Infine, nella quinta polarità, vengono analizzate le aspirazioni individuali rispetto al sistema creativo. Ci si rifà a un dibattito di lungo termine sulla vera fonte del valore creativo chiedendosi se dipenda dal singolo                                                                                                                

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individuo o dal sistema più in generale. Nel primo caso bisognerebbe, di conseguenza, trovare e sviluppare le capacità uniche di tali individui. Nel secondo caso, invece, si dovrebbe porre molta meno enfasi sulla creatività individuale e concentrarsi invece sullo sviluppo e potenziamento di strutture e processi che permettono la creazione di prodotti culturali di successo. In generale le aziende cercano di combinare il meglio di entrambe le cose, di modo tale che le due posizioni, combinandosi a vicenda, portano a un contributo di valore superiore. L’unione fa la forza insomma. Da qui, in ogni caso, nasce e si sviluppa un dibattito che ha importanti ripercussioni nel sistema delle industrie culturali.

Lampel, Lant e Shamsie concludono affermando che per ottenere una buona politica di management è fondamentale riuscire a trovare un punto d'incontro in ciascuna polarità: l'equilibrio è dunque la meta a cui ambire. Nessuna delle parti in questo dibattito è interamente giusta o sbagliata, quando si tratta di agire le aziende dovrebbero farlo ricorrendo ad entrambe le polarità. Inoltre, il manager ideale dovrebbe adoperarsi per farle coesistere all'interno dell'impresa culturale al fine di creare una buona pratica di business.

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2. Aspetti giuridici e fiscali degli enti no profit: il caso

Maravee

Maravee è un’associazione culturale senza scopo di lucro non riconosciuta con sede a Udine, costituitasi il 18 novembre del 2009. Prima di questa data le edizioni del festival venivano promosse dall’Associazione culturale Cizerouno, dopodichè sono state promosse dalla stessa associazione creata da Sabrina Zannier che dà il nome al festival. Nell’Atto costitutivo dell’associazione si legge che Binacchi Leda è il presidente, Nonino Federica il segretario-tesoriere e Aquili Annalisa il vice presidente. In esso è scritto altresì che detta associazione persegue le finalità indicate nello Statuto sociale ed è retta dalle norme in esso contenute, composto da diciassette articoli. Lo Statuto stabilisce in particolare che l’adesione all’associazione è libera, che il funzionamento della stessa è basato sulla volontà democraticamente espressa dai soci, che le cariche sono elettive e che è assolutamente escluso ogni scopo di lucro. Per dare un inquadramento più chiaro della posizione giuridico-fiscale di Maravee, ritengo propedeutico fornire brevemente degli elementi in più sulle associazioni non profit e sui loro obblighi fiscali. Ente non commerciale, Associazione, Ente associativo, Associazione Non Profit, sono alcuni dei termini utilizzati per riferirsi ad un’ampia categoria di soggetti giuridici dotati di caratteristiche comuni ben identificabili. Gli enti definiti non profit sono gli enti non commerciali caratterizzati dal fatto che i loro avanzi di gestione sono interamente reinvestiti per il raggiungimento delle finalità istituzionali. Essi devono mirare al perseguimento di obiettivi di utilità e solidarietà sociale. Alle

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associazioni è vietata la distribuzione anche indiretta di utili e avanzi di gestione tra gli associati, pur ammettendo l’esercizio di attività anche a carattere commerciale, poiché essi dovranno necessariamente essere utilizzati in conformità alle finalità istituzionali dell’associazione stessa. Gli enti non commerciali possono svolgere sia attività istituzionali che attività commerciali purchè l’attività di tipo istituzionale (es. culturale, ambientale, ricreativa, sociale, assistenziale, di solidarietà, ecc.) sia sempre presente. L’attività di natura commerciale è eventuale e viene esercitata strumentalmente allo scopo di reperire fondi. Ai fini della qualificazione fiscale, la distinzione tra le due attività, come sopra indicato è fondamentale. Sono enti non commerciali, infatti, non solo gli enti che svolgono soltanto attività istituzionale, ma anche gli enti che, pur svolgendo anche attività commerciale, non la svolgono in modo esclusivo né in modo prevalente, essendo la loro finalità istituzionale o principale di natura ideale (non commerciale). Le associazioni possono suddividersi in riconosciute o non riconosciute, ossia con o senza personalità giuridica. Hanno meno vincoli legislativi le associazioni non riconosciute, poichè gli aspetti di ordinamento interno e di amministrazione sono rimessi agli accordi tra gli associati. Particolare attenzione è rivolta alla responsabilità di coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione, posto che la mancanza della personalità giuridica può determinare un coinvolgimento della sfera personale del loro stesso patrimonio. Ai fini civilistici non sussiste, relativamente all’attività istituzionale, per gli enti non commerciali alcuno specifico obbligo contabile o amministrativo in termini di rendicontazione, se non quello previsto dall’art. 20 del Codice civile relativo alla convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio. L’obbligo risulta limitato esclusivamente al momento conclusivo e finale della gestione dell’esercizio sociale, mentre nulla è stabilito per le rilevazioni e gli

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obblighi di contabilità da cui il bilancio possa scaturire. L’ente non commerciale dovrà, quindi, redigere un rendiconto economico e finanziario, secondo i criteri indicati nello statuto o secondo le modalità da esso scelte. Questo vale solo per l’ente non commerciale che esercita esclusivamente l’attività istituzionale e che può quindi limitarsi a redigere un semplice rendiconto delle entrate e delle uscite. Se l’ente, o l’associazione, esercita anche attività commerciale, secondaria rispetto a quella primaria istituzionale, allora ci sono degli obblighi contabili ben precisi. In questo caso, scatta l’applicazione di tutte le norme in tema di Iva previste per qualsiasi soggetto commerciale tanto in termini di requisiti soggettivi e oggettivi, quanto di adempimenti da osservare. Come argomenta Alberto Bisello “Il nostro Codice Civile non contiene norme dispositive fiscali, stabilite per gli enti non profit, che svolgono attività commerciali. La tenuta di una contabilità separata per le attività commerciali è il presupposto sia per la detrazione dell’IVA sia per la deduzione analitica dei costi ai fini delle imposte dirette.”6 “La contabilità ordinaria è sempre obbligatoria per tutti gli enti i cui ricavi commerciali in un anno intero siano stati superiori a 309.000 euro, mentre i ricavi per le altre attività debbono superare i 516.000 euro. Gli enti non commerciali, con volumi di attività non superiori a quelli sopra richiamati, possono adottare la contabilità in forma semplificata, con la compilazione dei soli registri Iva. Non concorrono per legge alla formazione del reddito complessivo degli enti non commerciali: i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente; i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività con finalità sociali, esercitate in conformità ai fini istituzionali.”7                                                                                                                

6 A. Bisello, Alcune considerazioni giuridico-fiscali sulle fondazioni-museo, in P. Ferrarese (a cura di) Brevi note di management delle organizzazioni museali, Cafoscarina, Venezia 2010, pp. 89-90.

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Nel caso ad esempio di Maravee, in quanto associazione culturale senza scopo di lucro, i responsabili hanno dovuto compilare il Modello Eas presso l’Agenzia delle Entrate, ossia il “Modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi”, obbligatorio per gli enti non profit. Esso è un documento introdotto dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate per acquisire specifiche informazioni fiscali inerenti ad alcune tipologie di enti non profit. Nello Statuto dell’Associazione culturale Maravee sono contenuti i diciassette articoli che ne definiscono la natura e la mission istituzionale, nonchè la natura patrimoniale ed economica. Per fornire degli esempi concreti ne riporterò integralmente solo alcuni. Nell’Articolo 3 sono enunciati gli scopi istituzionali dell’associazione. Esso recita: “L’Associazione è un’istituzione apolitica e non ha scopi di lucro, né diretto, né indiretto. L’Associazione intende valorizzare tutte le forme d’Arte — che a mero titolo esemplificativo, non esaustivo, si indicano in Arte visiva (disegno, pittura, scultura, fotografia, video, performance, installazione), Teatro, Danza, Musica, Poesia, Narrativa, Cinema nel rispetto dei principi democratici e dell’integrazione di tutte le persone, indipendentemente dalla propria razza, religione, nazionalità ed idee politiche, ideando, organizzando e promuovendo rassegne, spettacoli, mostre, installazioni, performances, conferenze e convegni sui temi attinenti la propria attività. Affrontando anche questioni relative all’ambito scientifico, tecnologico e sociale da considerarsi in relazione ai dibattiti sull’arte. L’Associazione inoltre avrà lo scopo di promuovere e divulgare la didattica dell’arte in ogni sua forma, con corsi e laboratori, avvicinando tutti, ma soprattutto i giovani, al gusto e alle problematiche dell’arte in qualsiasi forma espressiva, valorizzando le capacità sensoriali tattile, visiva, olfattiva, auditiva e del gusto. L’Associazione si prefigge inoltre di favorire gli scambi artistico – culturali con altre Associazioni e\o istituzioni esistenti

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nel mondo, al fine di promuovere anche la diffusione e la conoscenza delle culture di paesi terzi. L’Associazione può curare l’informazione e la divulgazione delle tematiche di cui si interessa con qualsiasi mezzo quali, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, conferenze, produzione di materiale informativo\illustrativo, promozione di campagne di

informazione, sottoscrizioni, iniziative di

educazione\informazione\formazione. L’Associazione potrà svolgere, in via accessoria e strumentale al perseguimento dei fini istituzionali, attività di servizi e commercializzazione, anche con riferimento al settore dell’editoria e degli audiovisivi in genere. L’Associazione stabilirà rapporti privilegiati con Comuni, Province, Regioni e tutti gli Enti Statali nazionali e internazionali che si occupano di cultura, spettacolo e istruzione; con le Scuole di ogni ordine e grado; con gli Enti, le Associazioni, i Centri Culturali e tutte le altre realtà, pubbliche o private, che operano negli stessi campi, per poter meglio perseguire i propri scopi istituzionali. L’Associazione potrà compiere tutte le operazioni di carattere finanziario, bancario, immobiliare, commerciale solo al fine di perseguire lo scopo associativo, ivi comprese interessenze e partecipazioni in società aventi attività pertinenti a quella dell’Associazione. L’Associazione può ricevere lasciti ed elargizioni da Enti privati, pubblici o altre Associazioni. A sostegno della propria attività istituzionale l’Associazione può operare nel campo pubblicitario. Agli effetti fiscali l’Associazione assume veste di ente non commerciale che può svolgere attività commerciali.” L’Articolo 14 evidenzia la parte amministrativo-economica e riporta: “L’esercizio sociale inizia il 1 gennaio e termina il 31 dicembre di ogni anno. Il bilancio è composto da un rendiconto economico e da un rendiconto finanziario; il rendiconto economico evidenzia analiticamente le uscite e le entrate secondo criteri di cassa, il rendiconto finanziario evidenzia la situazione patrimoniale

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dell'associazione elencando distintamente la liquidità, i debiti, i crediti, il valore stimato del magazzino e degli altri beni mobili ed immobili di proprietà dell'associazione. Dal bilancio consuntivo devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti. E' vietato distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge. Gli eventuali utili non sono ripartibili tra i Soci e sono destinati al raggiungimento dell’Attività dell’Associazione. Sono rimborsabili le spese fatte dai Soci nell’esercizio delle attività associative.” L’Articolo 15 si occupa del patrimonio dell’Associazione: “Il patrimonio dell’Associazione è costituito: a) dalle quote associative b) dai contributi, lasciti e donazioni c) dai proventi di gestione e servizi diretti d) da sopravvenienze attive non utilizzate e) dai beni mobili e immobili che a qualsiasi titolo vengono in possesso dell’Associazione, f) da proventi delle cessioni di beni e servizi agli Associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività economiche di natura commerciale, svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento delle finalità istituzionali.” L’Articolo 17, ultimo dello Statuto, recita: “Per quanto altro non espressamente previsto dal presente Statuto, valgono le norme del Codice Civile e le norme di legge vigenti in materia.”

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Capitolo 2

Maravee, “Uno spettacolo a più voci”

1. Gli esordi del festival. Una premessa

L’arte contemporanea espone al rischio di suscitare interesse solo negli addetti ai lavori, negli specialisti del campo, o espone al rischio di pensare che si tratti di qualcosa d’elite, incomprensibile alla gente comune. Il sistema dell’arte “che conta”, gallerie, eventi, manifestazioni a cui partecipano sempre gli stessi curatori, artisti, galleristi e via dicendo diventa talora un sistema autoreferenziale, anche se in realtà diviene sempre più un settore corteggiato dalla politica e dalle istituzioni per attirare un pubblico che va sempre più aumentando. Sabrina Zannier, proponendo il suo Centro di Arte Contemporanea, voleva che questo sistema si espandesse, includesse un pubblico di fruitori più ampio . E' proprio da questa considerazione e critica costruttiva che si parte per intendere Maravee non come l'ennesimo luogo d'incontro degli estimatori d'elite che, tanto, già si incontrano sempre, bensì come un luogo dove arte e vissuto quotidiano di tutti possa fondersi e convivere comunicando col vasto pubblico. “Uno dei fondamentali aspetti di Maravee voleva essere, infatti, proprio quello di portare l'arte a ridosso di un pubblico ampio e diversificato - afferma la curatrice - , entro il quale la sperimentazione artistica contemporanea potesse essere vissuta a ridosso del vissuto quotidiano.”8 Il progetto parte, inizialmente, come un “Centro di Arte

                                                                                                               

8 S. Zannier, Maravee: la coralità delle voci, in Maravee, catalogo della mostra a cura di S. Zannier (Ariis di Rivignano, Udine, Villa Ottelio-Savorgnan), Electa, Milano 2002, p. 39.

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Contemporanea” votato alla rilettura delle tradizioni popolari del Friuli Venezia Giulia e della Mitteleuropa. Un progetto certo ambizioso, perché finalizzato alla nascita di un vero e proprio organismo culturale ex novo a partire da un'idea piuttosto insolita, tesa al dialogo e al confronto costante fra due aspetti- il passato e la contemporaneità stretta- che troppo spesso riflettono anche contrastanti posizioni tanto culturali quanto politiche.”9 Il dialogo passato-presente è uno dei cardini fondamentali del progetto, che tende a portare alla luce una “contemporaneità capace di proiettarsi nel futuro grazie a una puntuale presa di coscienza del passato.”10 L'idea del progetto del Centro nasceva principalmente da due considerazioni che interessavano in modo particolare Zannier. La prima di esse riguardava l'apparente contrapposizione tra il passato legato alle tradizioni popolari, erroneamente visto dai più come qualcosa di lontano e staccato dal presente, e la dimensione quotidiana e attuale dell'arte contemporanea. Uno storico britannico di cui ammiro il lavoro, Edward H. Carr, scrisse che “Il passato è comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e possiamo comprendere il presente unicamente alla luce del passato.”11 Credo che questa frase si addica molto all'intenzione iniziale che porta alla nascita del progetto Maravee, poiché è proprio da questo intenso scambio, dove presente e passato dialogano, che si fonda la base della prima manifestazione di Maravee. La produzione degli artisti partecipanti alla prima edizione si fonda sul tema della quotidianità legata alle tradizioni popolari. La provenienza geografica degli artisti individua sia il territorio italiano che l'estero, mentre quella artistica individua gli ambiti disciplinari più diversi: arti visive, letteratura, teatro, performance, musica, danza, poesia, tutti uniti dal tema indicato poc'anzi.

                                                                                                               

9 S. Zannier, Maravee: la coralità delle voci, in Maravee, 2002, op. cit., p. 39. 10 Ibidem.

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La seconda considerazione riguardava, invece, più propriamente il concetto di identità e la contrapposizione delineata dai filosofi francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari tra "deterritorializzazione" e "riterritorializzazione": per Sabrina Zannier come affermano i due pensatori, “A questo processo che si manifesta dapprima come perdita dell'identità e come omologazione planetaria, reagisce un contromovimento di riterritorializzazione quale tentativo di aggrapparsi a un'identità marcando il territorio in modo sacro. […] Il processo di deterritorializzazione punta l'attenzione sullo scenario della contemporaneità, mentre quello della riterritorializzazione riabilita il valore della storia. Sono due processi, però, che ormai convivono e si intersecano.”12

Poiché considera l'arte super partes, in grado di unire nella diversità poiché riesce a mettere in comunicazione con l'altro da sé e la storia dell'arte un processo relazionale che può essere letta come la storia della produzione dei rapporti col mondo, del modo in cui essi sono comunicati e socializzati attraverso le opere d'arte, ritiene che esse si trasformino in luogo d'incontro con l' altro in cui è la relazione ad assumere un ruolo centrale: quella fra l'artista e l'opera, fra lo spettatore e l'artista, fra l'individuo e l'opera. L'aspetto di Maravee che si vuole sottolineare è proprio quello delle sue ricerche artistiche che si incentrano sul bisogno di comunicare, di mettere in relazione l'ambiente entro il quale si vive con luoghi e culture invece distanti, entrando in questo caso nel vivo delle problematiche identitarie e sociali. Il nome stesso "Maravee" significa meraviglia in friulano, proprio “per territorializzare il progetto, per sottolineare l'intento di operare a partire dallo specifico della cultura del

                                                                                                               

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Friuli”13 per poi allargarsi, andare oltre, sconfinare, verso altre culture, lingue, società.

1.1 Sabrina Zannier, la curatrice/manager

Sabrina Zannier è giornalista, critico e curatore indipendente nel campo dell’arte contemporanea, aperta alla trasversalità linguistica. E’ l’ideatrice e il direttore artistico della manifestazione culturale “Maravee” di arte, letteratura, design, teatro, danza e musica dal 2002, anno della sua inaugurazione. Nell’arco della sua pluriennale carriera, ma soprattutto con il lavoro svolto per Maravee, ha dovuto portare avanti parallelamente e contemporaneamente il ruolo di curatrice e manager. Si presenta, dunque, come la perfetta incarnazione ed esempio della convivenza tra obiettivi di natura economica e artistica di cui si è trattato precedentemente. Il suo percorso di studio, di lavoro e di vita aiuta a capire in che modo è arrivata a concepire e a far nascere una manifestazione del calibro di Maravee. Nata nel 1965 a San Daniele del Friuli, in provincia di Udine, si è laureata nel 1989 al D.A.M.S. di Bologna. Dal 1990 al 1992 ha lavorato come responsabile di redazione alla Casa editrice Art& di Udine, specializzata in pubblicazioni sull’opera di grandi fotografi.

In seguito ha iniziato a collaborare con diverse testate italiane e straniere di arte contemporanea, come “Flash Art” di Milano, “El Guia” di Barcellona, “El Guia das Artes” di San Paolo del Brasile e “Turbulences Vidéo” di Clermont-Ferrant in Francia.

                                                                                                               

13  S. Zannier, Il paradigma socio-culturale di Maravee, in Maravee, 2002, op. cit., p. 11.  

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Il passo successivo è stato mosso in direzione della divulgazione di temi che avessero al centro l’arte nelle sue molteplici forme; ha così iniziato una collaborazione con il Messaggero Veneto, scrivendo continuativamente sulle pagine culturali dal 1994 al 2001, e poi in maniera più discontinua senza tuttavia interrompere la collaborazione. Il suo impegno a cavallo tra arte e moda è iniziato nel 1992 con la pubblicazione (insieme a S. Grandi e A. Vaccari) del volume La moda nel secondo dopoguerra, Clueb Editore, ed è poi proseguito nel 1993 con uno studio di analisi socio-stilistica per la Camera Nazionale della Moda Italiana di Milano e con la stesura di 40 voci per il secondo e il terzo volume dell’Enciclopedia della Moda Treccani di Roma.

Come autore collabora anche con la Fratelli Alinari di Firenze, per la quale nel 2005 ha curato il volume Industria in Friuli. 1945-2005.

Ha curato diverse mostre, cataloghi e convegni in Italia, Francia e Slovenia. Nel 1993 ha collaborato con Achille Bonito Oliva alla XLV Biennale di Venezia; nel 2002 e nel 2003 con la Fondazione Guggenheim di Venezia per la curatela di convegni nell’ambito della mostra di Kandinsky e nel 2004 con il Centro d’Arte Contemporanea di Villa Manin (Udine), allora diretto da Francesco Bonami.

Ha fatto parte della Commissione dell’Italian Studio Program 2000-2001 per il P.S.1 di New York.

Come consulente artistico ha collaborato con Il Ministero della Cultura italiano, con le aziende Brionvega di Milano, Furla Spa di Bologna, Illycaffè di Trieste e Banca friuladria di Pordenone.

Dal 2002 è direttore artistico della rassegna Maravee, di arte, design, moda e teatro, che si svolge in Ville e Castelli del Friuli Venezia Giulia e in Slovenia.

Dal 2007 collabora con l’azienda di design Sinetica Industries di Oderzo, in provincia di Treviso, per la quale cura mostre e cataloghi e con lo

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Studio di formazione Eupragma di Udine come consulente artistico. Dal 2010 la consulenza per Sinetica Industries si svolge in qualità di direttore artistico del progetto Sinetica Landscapes dedicato a grandi fotografi internazionali, attraverso mostre e una collana editoriale delle Edizioni Skira di Milano.

Ha collaborato con il regista e artista catalano Bigas Luna, per la messa in scena e la curatela di alcuni suoi progetti performativi ed editoriali, e dopo la morte dell’autore, la collaborazione ha proseguito con gli eredi.

1.2 L'Associazione Culturale Cizerouno

Partner fondamentale del progetto Maravee è stata l'Associazione Culturale Cizerouno di Trieste, che si occupa di cultura contemporanea e collabora con molte realtà e istituzioni culturali nazionali e internazionali. Nata nel 2001 sulla scia delle attività svolte qualche anno prima da artisti e operatori culturali, l’Associazione Cizerouno intende promuovere la cultura in senso ampio, dalle arti visive alla letteratura, passando per la storia. Essa ha curato il progetto Maravee dalla sua nascita nel 2002 fino al 2009, quindi per tutte le edizioni che hanno avuto luogo nell'affascinante complesso storico di Villa Ottellio Savorgnan, in provincia di Udine.

Nel corso della sua storia pluriennale, che dal 2001 prosegue tutt'ora, questa Associazione ha curato diversi progetti e rassegne che vedono nel territorio friulano la loro ragione d'esistere. In particolare, nel 2006, ha esplorato la relazione storicamente travagliata con il territorio austriaco organizzando una manifestazione Trieste/Vienna, dedicata al rapporto tra le due città, in cui sono state presentate una rassegna video e una

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cinematografica. L'anno successivo ha curato un progetto volto alla valorizzazione di una figura storica della città di Trieste: il medico antifascista e storico della medicina Bruno Pincherle (Trieste, 17 marzo 1903- Trieste, 5 aprile 1969). In quell'occasione venne presentata la mostra "Tre Linee- Frammenti d'arte tra Umberto Saba e Bruno Pincherle" e la manifestazione "Il dott.Pincherle, la vita, le passioni, l'impegno civile di un uomo libero". Un'altra rassegna, questa volta nel 2009, ha visto protagonista la cultura popolare cinematografica e musicale di Italia e Jugoslavia degli anni Sessanta e Settanta. Anche per Cizerouno come per Maravee, l'importanza delle culture di confine e l'incontro tra esse e la nostra è uno degli snodi culturali più importanti che viene indagato dai progetti che danno vita alle rassegne. In occasione della Giornata della Memoria nel 2010, ha organizzato una mostra di Ugo Pierri, scrittore, artista, poeta contemporaneo triestino, presso la Comunità ebraica di Trieste che promuove diverse rassegne culturali. Continuando sul filone della valorizzazione di figure storiche di spicco della cultura triestina e non, nel 2011 l'Associazione ha promosso una mostra sullo scrittore e critico letterario triestino Stelio Crise, presso palazzo Gopcevich a Trieste, che ospita il Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl. Successivamente, per due anni consecutivi ha dato impulso a diverse iniziative che hanno fatto da corollario ad un progetto culturale pluriennale multidisciplinare sul tema dell'identità, che ha coinvolto arti visive, storia, letteratura, cinema. Tale progetto era incentrato sulla figura dello scrittore e diplomatico jugoslavo Ivo Andric, Premio Nobel per la letteratura nel 1961.

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2. Le location e il legame con il territorio

Come già affermato precedentemente, alcuni dei concetti chiave su cui si sviluppa l'intero paradigma di Maravee sono il binomio passato-presente, i suoi legami e le influenze sulla contemporaneità, e il recupero delle tradizioni locali che denotano una importante connotazione territoriale e identitaria. Di conseguenza, la scelta di ambientare tutte le rassegne di Maravee in una location storica del Friuli certo non è casuale. Non c'è migliore esempio di connubio presente-passato se non una manifestazione di arti contemporanee che si svolge in una residenza storica della regione i cui usi e costumi si intende far continuare a vivere. Ecco allora che contenuto e contenitore diventano il perfetto esempio del filo rosso che lega la storia, il passato e il presente.

In totale sono state tre le location principali utilizzate per ospitare Maravee, poichè in questa sede mi soffermerò unicamente su quelle

storiche del Friuli.14 La prima è stata Villa Ottelio-Savorgnan, dove

Maravee ha organizzato più edizioni, poi c'è stato il Castello di Colloredo per un solo allestimento e, infine, il Castello di Susans, location rinnovata anche per l'edizione di quest'anno.

Villa Ottelio Savorgnan ad Ariis di Rivignano (UD)

Questa Villa si trova nel comune di Rivignano, in località Ariis, a poca distanza da Udine, proprio a ridosso del fiume Stella dove intorno al XIII secolo sorgeva il Castello di Ariis. In origine la fortezza serviva per controllare i movimenti sul fiume Stella, che rappresentava allora un’importante via di comunicazione usata a fini commerciali e militari.                                                                                                                

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Sicché la sua era una funzione decisamente strategica e infatti fu oggetto di aspre contese. Senza ripercorrere qui le vicende che ebbero al centro la proprietà ed il controllo del castello, sarà sufficiente ricordare che nel 1413 fu posto sotto assedio, ma senza successo, dall'imperatore Sigismondo di Germania e la stessa Serenissima lo considerava così importante da fare di tutto per impedire che cadesse in mano nemica. Nel 1593 fu costruita la fortezza di Palmanova, sugellando l’esistenza di nuovi equilibri e priorità strategiche in tutta l’area; da allora il Castello di Ariis perse la sua importanza come presidio militare e commerciale e al suo posto venne costruito un palazzetto la cui proprietà passò alla famiglia Ottelio. La Villa fu pensata come dimora della famiglia e azienda agricola di medie dimensioni; infatti la struttura risente di questa nuova funzione: l’edificio. Qui sorse una fiorente azienda agricola.

L’edificio è diviso in due parti: la prima, padronale, è strutturata in tre piani, con una facciata rivolta verso il fiume Stella e un giardino degradante fino alle acque; la seconda è dotata di magazzini e porticati ed è utilizzata come residenza del personale agricolo. La villa è in restauro.

Castello di Colloredo di Monte Albano (UD)

La strada che da Udine conduce verso il confine austriaco si snoda in un incantevole saliscendi che costeggia una campagna curata, dove il tempo sembra si sia fermato. Nei pressi di Colloredo di Monte Albano si presenta agli occhi del viaggiatore la facciata dell’omonimo castello. Qui vissero e crearono le loro opere il poeta secentesco Ermes da Colloredo, il grande scrittore Ippolito Nievo, l’autore e viaggiatore Stanislao Nievo; per questo motivo il fortilizio è definito il castello degli scrittori e dei cantastorie.

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Alpi e Prealpi.

Le origini del Castello di Colloredo di Monte Albano risalgono al 1300 e, fin dai primi tempi, si configurò come un tipico esempio di castello residenziale, dotato di tutte le necessarie difese. Infatti i Colloredo furono a lungo impegnati in aspre lotte contro i Conti di Gorizia, i Patriarchi, la famiglia Torriani e quella dei Savorgnan. Nel 1420 il complesso cadde nelle mani dei Veneziani; nel 1511 subì sia il noto saccheggio del giovedì grasso sia le distruzioni di un terremoto che sconvolse tutto il Friuli. Quando nel XVI secolo cessarono quelle sanguinose guerre feudali, i signori del Castello si dedicarono ad abbellire la dimora con le preziosità ed eleganze del Rinascimento. Risalgono a quest'epoca le decorazioni di Giovanni da Udine, allievo del Raffaello, oggi sono visibili stucchi e pitture con figure zoo-antropomorfe.

Il terremoto del 1976 ha praticamente distrutto il castello, che da alcuni anni è in fase di ristrutturazione. Oggi è possibile vedere la torre con l’orologio e l’ala ovest completamente ricostruita, dove oggi ha sede la Comunità Collinare del Friuli. In origine, il maniero era costituito da un importante nucleo centrale, due ali laterali e tre torri. Il tutto circondato da un triplice recinzione in muratura, con evidente scopo difensivo; di questa sono oggi visibili alcuni resti.  Una triplice cinta di mura con perimetro ellittico è ancora avvertibile.

Oggi, in attesa della ricostruzione dell'intero complesso, è visibile la torre con l'orologio e l'ala ovest, dove ha sede la Comunità Collinare del Friuli. Una interessante curiosità è che quì Ippolito Nievo scrisse Confessioni di un italiano.

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Castello di Susans, Majano (UD)

La prima traccia documentaria relativa a questo castello risale al 1031, quando viene citato per la prima volta come Villa di Suzan. Probabilmente era un castrum romano, trasformato nel medioevo in fortilizio strategico. La sua è infatti una posizione abbastanza classica, si erge sulla cima di un promontorio da cui controlla tutto il territorio circostante e le vie di comunicazione sottostanti.

Il feudo su cui sorge il castello apparteneva alla Chiesa di Aquileia, poi assegnato a Tommaso di San Daniele, nel 1275. Agli inizi del Trecento subisce lavori di ampliamento e abbellimento, quindi passa più volte di proprietà, viene distrutto e ricostruito. Queste alterne vicende trovano un punto di arresto nella seconda metà del Seicento, quando diventa proprietà del conte Fabrizio di Colloredo Mels, marchese di Santa Sofia, priore dell’Ordine di Santo Stefano di Lunigiana e maggiordomo maggiore della corte di Toscana. Questi volle trasformare la sua dimora in un’elegante residenza, architettonicamente affine alla tradizione granducale medicea dove egli era cresciuto.

Lo schema costruttivo del castello ricalca principalmente alcuni modelli propri dell’architettura militare del tardo medioevo, ma esso reca una forte impronta soprattutto dell’architettura civile rinascimentale e seicentesca. Il castello fu abitato dalla famiglia di Colloredo fino alla fine della prima guerra mondiale, quindi per un periodo di oltre tre secoli. Il terribile sisma del 1976 causò notevoli danni al complesso ma non così gravi da comprometterne la tenuta; infatti la forma della sua struttura, lo spessore delle mura e le quattro torri poste agli angoli della costruzione si dimostrarono particolarmente efficaci contro eventi sismici anche di grave intensità.

La scelta della posizione ha risentito delle finalità strategiche a cui esso era destinato. Oggi quello che doveva essere un punto di osservazione,

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controllo per l’esercizio del dominio assoluto sul territorio si è trasformato in un luogo da cui ammirare un panorama suggestivo che ci propone tutto intorno: la valle del Tagliamento, le montagne della Carnia, la dolce pianura friulana. Il fascino e le suggestioni che si provano all’esterno vengono confermate all’interno, dove ci si muove in ambienti solenni, eleganti ma non sontuosi, con arredi sobri e accoglienti che creano un ambiente di grande fascino.

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3. Le rassegne

Il progetto Maravee prende vita nel 2002 grazie a Sabrina Zannier e al fondamentale sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia attraverso l'Assessorato all'Istruzione e alla Cultura, nonchè dell'Associazione Culturale Cizerouno di Trieste.

Il lancio della sua prima edizione rappresentò la concretizzazione di un sogno, la trasformazione di una visione in realtà. La sua ideatrice non avrebbe potuto prevedere allora che essa sarebbe stata seguita da molte altre, con crescente successo e consenso di pubblico. L'edizione di quest'anno, che sarà nuovamente ospitata nel Castello di Susans, ha passato la graduatoria regionale posizionandosi al primo posto. Ciò non indica solo l'alto livello della qualità artistica, ma dimostra che tale iniziativa è un appuntamento molto atteso dal pubblico friulano, con esiti sempre positivi e perciò supportato dalle istituzioni. Non si tratta di un pubblico di soli estimatori o addetti ai lavori, come già precedentemente affermato, ed è proprio questo uno dei punti di forza del progetto Maravee. Si rivolge a tutti e il bacino d'utenza è molto ampio. I temi che vengono proposti suscitano dibattiti e riflessioni, contribuendo così ad arricchire il bagaglio umano e culturale dei fruitori, mentre gli artisti che vi partecipano hanno modo di farsi conoscere da un pubblico più vasto. Attraverso musica, teatro, danza, performance, arti visive, letteratura, video arte, l’Associazione fa conoscere diversi media e registri stilistici, nonchè le loro possibilità e i loro intrecci a chi vi partecipa. Anche i più piccini vengono coinvolti, anzi hanno davvero molto spazio all’interno di iniziative e attività pensate su misura per loro. Viene dunque privilegiata una dimensione collettiva, familiare, in cui la qualità ed il livello artistico non sono temperati né sminuiti dal desiderio di allargare la platea dei

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fruitori. Questo dato mi sembra rilevante e di notevole importanza per i riflessi concreti, l’idea di arte ad esso sottesa: l’arte come modalità di comunicazione, crescita ed appagamento di desideri e sensibilità estetiche è e deve essere alla portata di tutti senza immserire i suoi contenuti; al contrario, elevando il pubblico attraverso l’interazione di molteplici strumenti, suggestioni, linguaggi. E’ questa un’arte che esce allo scoperto per farsi conoscere ed apprezzare, allargando il ventaglio della sua offerta: non esclude il museo o la galleria ma non si rinchiude in esse. E’ una manifestazione votata alla trasversalità linguistica, oltre che alla messa in comunicazione dell’arte contemporanea con un pubblico il più diversificato possibile.

Il progetto Maravee si caratterizza in primo luogo per la peculiare formula espositiva e comunicativa, innanzitutto perchè si articola in trienni ognuno dei quali è caratterizzato da un tema, in secondo luogo poichè a seconda della tematica identificata chiama in causa linguaggi e discipline creative diverse. In linea di massima, il paradigma secondo cui si articola ogni edizione vede presenti una mostra di arti visive: dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video e all’installazione allestita negli spazi architettonici e in quelli naturali; spettacoli e performance organizzati all’aperto per sfruttare le potenzialità offerte dalla location che vanno dal teatro di strada al cabaret, dalla danza alla moda.

Il 2006 inaugura il triennio dedicato all’ecologia, un tema di rilevante e crescente interesse che induce ad organizzare anche un convegno pubblico, alla presenza di studiosi italiani e stranieri che in una tavola rotonda hanno affrontato argomenti e problemi sentiti dalla opinione pubblica, che infatti ha risposto positivamente con una folta presenza durante i lavori.

Anche in questa circostanza viene favorita la presenza dei più piccini, per sensibilizzarli educandoli ad un rapporto con l’ambiente fondato sul

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rispetto e la tutela. Non si tratta di un’appendice marginale all’interno di un programma elaborato; al contrario, la presenza dei piccini rappresenta un momento fondamentale, tradotto in percorsi didattici e laboratori creativi che Maravee predispone in tutte le edizioni.

Ultimo, ma non in ordine di importanza, troviamo la festa del gusto, un altro appuntamento fisso delle rassegne, iniziato con l’edizione del 2003 “Buono da guardare”, votato al tema del cibo e della degustazione.

Il fatto che a questo tema è dedicata addirittura l’Expo di Milano del 2015 è indice della lungimiranza di Maravee, che conferma un adagio forse un po’ usurato ma tutto sommato veritiero, ossia che l’artista è sempre in anticipo sui tempi e questo, spesso, lo costringe alla solitudine o all’incomprensione. L’appuntamento con il gusto si rivela un successo e da allora accompagna tutte le edizioni, declinato di volta in volta a seconda del tema della rassegna.

3.1 Gli esordi: 2002-2004

Maravee "La luce della notte" (2002)

L’esordio di Maravee è segnato dalla centralità attribuita alle tradizioni locali, le più antiche e forse perciò meno conosciute, fra cui rivestono un ruolo significativo le ritualità magico-naturalistiche. La prima edizione è infatti dedicata alle feste calendariali e si svolge nella suggestiva cornice del parco di Villa Ottelio Savorgnan, durante la notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno. Una scelta niente affatto casuale che origina dall’attaccamento alle proprie, remote, radici con l’intento di non disperdere un patrimonio di conoscenze e di simboli, anzi socializzarlo

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attraverso una rievocazione corale capace di entrare nel cuore oltre che nella testa degli spettatori.

Fin dai tempi più antichi, le fasi della vita erano scandite dal ciclo solare. I due solstizi, invernale e estivo, rappresentavano in particolare le fasi più critiche del ciclo agrario, poiché erano momenti di passaggio. Per questo motivo erano sempre accompagnati da rituali protettivi e propiziatori, affinché la stagione agricola fosse buona e il raccolto abbondante. Prima che il Cristianesimo ritualizzasse i festeggiamenti pagani consacrandoli e cambiandoli in festività cristiane, la notte da noi conosciuta come Festa di San Giovanni era tradizionalmente dedicata ai culti naturalistici consacrati al sole. Era una festa pagana nota col nome di Fors Fortuna, collegata al culto agrario di fecondità. “Nonostante la secolare azione della Chiesa, l'elemento pagano della festa è ancora molto evidente, soprattutto nel mondo contadino […] La festa di San Giovanni è forse quella che, meglio di altre, testimonia quella commistione di pagano e cristiano che è uno dei tratti più significativi della religione popolare. Come in altre feste calendariali, i rituali giovannei rappresentano e celebrano il mito della morte-rinascita della vegetazione e della fecondità-fertilità della natura e degli uomini. La notte di San Giovanni, carica di magia e presagi, decide i destini dell'intero anno solare.”15

Ecco quindi spiegato come fosse sembrato ideale ambientare la prima manifestazione di Maravee, che il significato di meraviglia ce l'ha insito nel nome, durante una notte all'insegna della magia, che è quella appunto di San Giovanni. La rilettura delle tematiche magiche, rituali, propiziatorie e la commistione di pagano e cristiano che caratterizzano la festa, costituiscono il tema dell'intero evento. Agli artisti provenienti sia dall'Italia che dall'estero, è stato chiesto di presentare il loro intervento                                                                                                                

15 M.Quaglia, La festa di San Giovanni Battista. Riti e credenze di una notte d’estate, in Maravee, 2002, op. cit., p. 29.

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per la serata concentrandosi sulla tematica in questione. Si sarebbe trattato di interventi molto diversi tra loro poiché differente era la poetica degli autori, i quali provenivano non solo dall'arte visiva ma anche dal teatro, dalla danza, dalla letteratura, dalla poesia. Sarebbero state presenti performance, video installazioni, letture dal vivo, spettacoli veri e propri. Solo per fare alcuni esempi, ci sarebbe stata la “performance di un attore di teatro a cui sarebbe spettato il ruolo di annunciare ogni quadro dello spettacolo con un linguaggio in cui si lasciava all'improvvisazione il compito di imbastire il testo critico-poetico relativo ad ogni opera.”16 Lo spirito complessivo dell'evento voleva essere quello di uno spettacolo “corale”17 in cui anche il pubblico avrebbe partecipato in modo attivo. Per conferirgli organicità e far sì che non sembrasse piuttosto una fiera che avesse come unico denominatore comune il tema, senza tuttavia presentare quella necessaria e più approfondita organizzazione artistica e logistica, l’organizzazione ha pensato ad una sorta di percorso che si doveva snodare all'interno della cornice architettonica del parco della Villa e nell'unico stabile utilizzabile, l'ex magazzino del sale. La regia pensata per l'evento avrebbe supervisionato il tutto e scandito la tempistica degli interventi dei molti artisti nelle varie "stazioni visive.”18 Unica presenza fissa per tutta la durata della serata sarebbero state le video-ambientazioni, le installazioni e i video all’aperto. “E' così nato uno scenario fantastico e fiabesco, capace di contemplare tanto la dimensione della festa popolare quanto lo scenario futuribile di un eden in cui l'alta tecnologia si sposa con la natura, la comunità, l'ecologia e la sociologia.”19 Per indicare un altro esempo di ciò di cui sono stati testimoni attivi gli spettatori, si può citare la performance dell'attrice                                                                                                                

16 S.Zannier, Maravee: la coralità delle voci, in Maravee, 2002, op. cit., p. 39. 17 Ibidem, p. 38.

18 Ibidem, p. 39. 19 Ibidem.

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Giuliana Musso che interpretava Oresina Val Canal, moglie di Girolamo I Savorgnan, che abitò la villa nel Cinquecento. L'affluenza di pubblico è stata di circa milleduecento persone che hanno partecipato entusiasticamente alle tre ore di evento.

Gli artisti e le Associazioni Culturali che hanno preso parte a questa prima edizione di Maravee sono stati: Knut Asdam, artista norvegese; Michele Bazzana, artista friulano; Vanessa Chimera, artista friulana; Paolo Comuzzi, artista friulano; Fabio Conti, architetto friulano; Giuliana Cuneaz, artista valdostana; la società cooperativa senza fini di lucro Damatrà; Lorenza Franzoni, performer e attrice teatrale emiliana; Massimo Guglielmo Giordani, performer fiorentino; Armin Linke, artista milanese; Caterina Lusuardi, attrice teatrale emiliana; Rita Maffei, attrice, regista e autrice teatrale udinese; l'Insieme Strumentale Italiano Mikrokosmos; Giuliana Musso, attrice e performer vicentina; Carlo Pallavidinio, scrittore e regista piemontese; Matteo Poli, architetto milanese; Manuela Quaglia, scrittrice e studiosa delle tradizioni popolari carniche; Paolo Ravalico Scerri, artista triestino; Carlo Sgorlon, scrittore friulano e Massimo Toniutti, sound designer e musicista sperimentale udinese.

 

Maravee "Buono da guardare" (2003)

La seconda edizione di Maravee ha visto come protagonista il cibo e la tavola. In particolare, per continuare sul filo conduttore delle feste calendariali viene messo in luce il rituale del consumo del raccolto tipico delle feste agostane, legato al consumo comunitario del cibo.

La scelta curatoriale legata al cibo è data dalla sua alta valenza simbolica. La natura legata al cibo è sempre più culturalizzata, l'idea e la pratica del

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