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Catia Papa, Intellettuali in guerra. "L'Azione" 1914-1916

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Academic year: 2021

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Catia Papa, Intellettuali in guerra. "L'Azione" 1914-1916. Con un'antologia di scritti, Franco Angeli, Milano 2006, pp. 251, euro 22,00

Catia Papa, dottoressa di ricerca in "Storia dell'Italia contemporanea" presso l'Università di Roma Tre, studiosa della cultura e dell'associazionismo nazional-patriottici in età giolittiana, ha dedicato un ampio e attento studio ad un'importante rivista, "L'Azione", pubblicata a Milano negli anni 1914-1916 da un gruppo di intellettuali (intellettuali-politici, in molti casi) dell'area nazional-liberale (Alberto Caroncini, Paolo Arcari, Antonio Anzilotti, Giovanni Amendola, Gioacchino Volpe). I temi al centro della loro attenzione sono quelli consueti del dibattito post-unitario e della nazionalizzazione delle masse ed emergono con chiarezza anche nell'antologia di articoli che occupa la seconda parte del volume: la natura della democrazia e del liberalismo, il ruolo delle élites (una riflessione corroborata dalle letture paretiane), la scelta tra protezionismo e liberismo e, ovviamente, il problema della prima guerra mondiale e della partecipazione italiana, che finisce per riassumere tutti gli altri. Forse proprio la riflessione sul liberalismo e sulla sua organizzazione, nell'età della nazionalizzazione delle masse (non a caso l'autrice definisce "L'Azione" "un foglio patriottico ad alto contenuto educativo"), è quella che risulta ancor oggi di un certo interesse, a partire dalle posizioni di Gioacchino Volpe, che vide nella propria adesione al fascismo una sostanziale coerenza con il "più energico e nazionale liberalismo" espresso proprio dalle colonne dell' "Azione". In realtà, tra i collaboratori del periodico troviamo anche futuri illustri rappresentanti dell'antifascismo, primo fra tutti Giovanni Amendola, a testimonianza della complessità (e delle contraddizioni) del movimento e del momento storico in cui si trovò ad operare, che li costrinse a ripensare "i fondamenti dell'ordine sociale - il rapporto tra l'individuo e la comunità, la composizione e legittimazione delle élite dirigenti, lintegrazione sociale e politica", con il comune obiettivo di creare un "nuovo ordine italiano solidale e gerachico, funzionale anche alla volontà di potenza dell'Italia" (p. 14). Uno scopo comune che si declino però, per usare l'espressione di Volpe, in "due diversi patriottismi", uno proteso ad una profonda riforma del sistema per ricondurlo nel solco della tradizione liberale ottocentesca, alternativa alla democrazia (ma che con essa doveva fare i conti); l'altro, che finì per avere la meglio (simbolica è, in questo senso, la collaborazione dell'allora ventenne Dino Grandi) nella sua contaminazione con il nazionalismo più aggressivo, puntava invece, più o meno consapevolmente, "al superamento del sistema politico e istituzionale attarverso una strategia modernamente reazionaria" (p. 14). Due diversi patriottismi che finivano comunque per trovare un idem sentire nell'esaltazione del ruolo della nazione e nel considerare la guerra come necessario viatico per la rinascita morale dell'Italia, per "attuare la solidarietà nazionale nel rispetto delle gerarchie" (p. 17). Se nella prima fase della rivista, dal maggio all'agosto 1914, la direzione di Arcari e Caroncini ebbe "un carattere essenzialmente culturale e pedagogico, muovendola alla riattualizzazione del liberalismo nazionale attraverso la messa in valore della tradizione politica italiana e la polemica contro due opposti fronti: il socialismo e il nazionalismo ufficiale" in nome del liberismo economico (p. 75: rispetto a questa posizione della rivista è da sottolineare la parziale e interessante eccezione del filosofo Giuseppe Rensi), con lo scoppio della guerra l'obiettivo prioritario divenne quindi quello dell'entrata dell'Italia nel conflitto (in base alla parola d'ordine dell'affermazione del "sacro egoismo" italiano e rifuggendo dalla tedescofobia di certo interventismo democratico): è su questo punto che si verifica la convergenza coi nazionalisti, nella preminenza della politica estera e della logica di potenza (con l'irrealismo tipico di tutti gli iperrrealisti), levatrice di un futuro nuovo ordine interno.

Giovanni Scirocco Università di Bergamo

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