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Bollettino Politiche strutturali per l'agricoltura. N. 5 (gen.-mar. 1999)

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iù concorrenza nei mercati del capitale, del lavoro, dei ser-vizi; ammodernamento delle amministrazioni pubbliche; rilancio e riqualificazione degli investimenti pubblici. Queste sono le priorità a cui unificazione monetaria euro-pea e globalizzazione obbligano la nostra economia, se si vuole che le sue risorse migliori riprendano a scommettere con decisione sul futuro e che nuove risorse, umane e di capitale, affluiscano nel Paese. Si tratta di tre obiettivi interconnessi, tutti indispensabili. Al Dipartimento delle politiche di sviluppo e coesione del Ministro del Tesoro è affidato un compito di programmazione orizzontale che tocca tutti e tre gli aspetti, ma che ha nella riqualificazione degli investimenti pubblici il suo punto di forza. E’ un compito che si è inteso affrontare consapevoli della grave arretratezza che il nostro Paese sconta nel sistema di selezione degli investimenti pubblici e del fatto che non dal-l’entità della spesa, ma dalla sua qualità, dalla sua effettiva rispon-denza alle esigenze di trasformazione del contesto in cui operano i sog-getti privati, dipende il successo della politica economica e, in partico-lare, della sua azione nel Mezzogiorno, dove più elevato è il divario fra risultati e potenzialità.

Ci si è dunque volti a trarre dalle esperienze di programmazione del passato una lezione per il presente.

Si sono così potuti cogliere tre vizi presenti lungo tutta l’esperien-za repubblicana: un forte centralismo “romano” delle decisio-ni, che, anche nelle sue manifestazioni migliori e non degenerate, ha deresponsabilizzato i livelli locali di governo, li ha immiseriti in un ruolo di mediazione con “Roma”; una scarsissima attenzione al capitale socia-le, al sistema di relazioni fiduciarie sul territorio come condizione coerente di sviluppo nel Sud; una disat-tenzione alle amministrazioni ordinarie dello Stato, le risorse e le forze disponibili essendo concentrate su istituzioni pubbliche “straordinarie”.

Da queste valutazioni sono derivate tre conclusioni: • la conoscenza dei bisogni e delle opportunità

non è patrimonio di alcun centro di governo, ma è diffusa fra i suoi diversi livelli, fra le parti sociali,

Bollettino

n u m e r o

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gennaio/marzo - 1999

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gennaio/marzo - 1999 numero 5

in questo numero

•1 Editoriale • 3 Attualità Orientamenti per la program-mazione dei Fondi Strutturali 2000-2006 • 7 A che punto siamo? • 11 Il Regolamento (CEE) 2078/92 Le misure agroambientali in Italia • 15 Dall’Unione Europea Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo: Una nuova strategia territoriale integrata nell’a-genda politica dell’Unione? • 17 Regioni Piemonte: Le pro-cedure di accoglimento delle domande di finanziamento degli interventi strutturali • 20 Esperienze Progettualità inte-grata per l’innovazione • 23 Legislazione e fonti norma-tive • 24 Miscellanea Pubbli-cazioni, Documenti e Siti Internet

a cura

INEA

Istituto Nazionale di Economia Agraria

Direttore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò

Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Carlo Caldarini, Gerardo Delfino, Emilio Gatto, Giovanni Lo Piparo,

Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce, Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia, Annalisa Zezza

Progetto grafico Benedetto Venuto Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto Segreteria Laura Guidarelli

Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma

Stampa Litografia Principe, Via E. Scarfoglio, 28 - Roma Finito di stampare nel mese di maggio 1999

dell’

Osservatorio Politiche Strutturali

D.M. MIPA N. 9138/95

I principi della nuova

programmazione nazionale

Fabrizio Barca

Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione

Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica

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fra altre forme di associazione della società; solo una chiara attribuzione di responsabilità di spesa ai livelli locali di governo crea incentivi sufficienti a garantire la scelta, la qualità e l’attuazione degli interventi; • solo il confronto fra queste diverse parti, una concertazione non burocratica, ma diffusa e informata può

consentire a questa conoscenza di venire alla superficie;

• solo un ammodernamento delle pubbliche amministrazioni, centrali e locali, il premio del merito al loro interno, il rafforzamento delle competenze possono assicurare che il disegno di riqualificazione degli inve-stimenti pubblici non resti sulla carta.

Il sistema economico e sociale ha già in varia misura fatte proprie queste lezioni maturate dall’esperienza. La “riscoperta” del ruolo del mercato, come strumento determinante nel processo di allocazione delle risorse e dei fattori primari della produzione (lavoro e capitale), ha generato un potente impulso nella società verso una domanda di comportamento nell’allocazione delle risorse pubbliche che tenesse sempre in maggior conto i requisiti della trasparenza e della concorrenzialità. Rispondere a tali requisiti vuole dire valutare fabbi-sogni, obiettivi, strumenti e risultati attesi per ciascuna idea programma e scegliere, tra una molteplicità di idee programma, quelle che meglio delle altre garantiscano il conseguimento efficiente ed efficace dei risul-tati attesi. L’assunzione di queste esigenze collettive all’interno della prassi di governo del Paese è accompa-gnata da una progressiva e rapida devoluzione di poteri di governo dallo Stato alle Regioni, associata a una crescente esposizione dei governi locali al giudizio dei cittadini, anche a seguito dell’elezione diretta dei loro rappresentanti. Il processo sin qui descritto ha trovato ampia attuazione nel caso dell’agricoltura, primo tra i settori dell’economia a sperimentare una quasi totale “regionalizzazione” dei poteri centrali attraverso succes-sive riforme delle funzioni del Ministero competente.

Dall’insieme delle considerazioni svolte scaturiscono i due principi base della “nuova programmazione”: nego-ziazione e valutazione.

La negoziazione è il metodo attraverso cui la domanda per l’impiego degli strumenti di programmazione si deve formare. E’ dal confronto continuo tra interessi locali e interessi dei diversi livelli di governo che nasce la consapevolezza sull’effettiva necessità degli interventi. In questo senso il metodo proposto risulta perfettamen-te coerenperfettamen-te con le politiche di “programmazione dal basso” promosse a livello comunitario.

La negoziazione non può trovare una sua compiuta realizzazione operativa senza il metodo della valutazione. La esplicitazione della catena logica bisogni-priorità-obiettivi-strumenti-risultati rappresenta lo strumento indispensabile per effettuare le scelte nel contesto della negoziazione e per verificare il grado di attuazione nelle diverse fasi della realizzazione dei programmi.

Una importante applicazione dei principi suesposti si è avuta col disegno del Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM), documento base per la programmazione dei fondi comunitari per il periodo 2000-2006. La procedure seguite nella costruzione del PSM hanno visto un ampio e costante coinvolgimento delle parti sociali e degli interessi locali con i vari livelli di governo (Regioni, Amministrazioni Centrali, Ministero del Tesoro) a partire dal Seminario di studio e riflessione di Catania del 2-4 dicembre 1998, per passare attraverso la redazione di Rapporti interinali da parte delle Amministrazioni centrali interessate e finire con la costruzio-ne sia del PSM che dei Programmi regionali (POR) e nazionali (PON).

Nel contesto del PSM il settore agricolo ha assunto una nuova configurazione: non è più visto come semplice settore produttivo, ma come settore trasversale che investe l’intera economia e che interessa tutto il territorio, al pari dell’ambiente. Il documento interinale prodotto dal Ministero per le Politiche Agricole, attraverso gli incontri con le parti sociali e le altre amministrazioni, disegna un quadro programmatorio che vede l’agricol-tura nella doppia veste, da un lato, di settore di produzione di beni primari, fortemente interconnesso a monte e a valle con l’industria manifatturiera e il sistema della distribuzione commerciale, e, dall’altro, come opportunità per il conseguimento di importanti obiettivi di carattere sociale, quali il mantenimento della qua-lità ambientale in zone marginali, il presidio anche antropico del territorio, il recupero e la valorizzazione di tradizioni, culture e “saperi” locali, il recupero, attraverso diversificazione e integrazione, di elementi di vitalità economica e sociale in zone ormai prossime allo spopolamento.

In questo contesto, il ruolo dell’Amministrazione centrale di riferimento, l’attuale Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, è di fondamentale importanza, essendo il luogo di incontro, interazione e coordinamento dei molteplici interessi, locali e di governo, che si sviluppano intorno alle due anime del settore. L’amministrazione centrale viene così ad assumere una funzione super partes di indirizzo, di verifica in itinere e di monitoraggio del programma, divenendo garante, a livello nazionale e di fronte all’interlocutore comuni-tario, del buon esito dell’attuazione della nuova programmazione intrapresa. In questa come in altre ammini-strazioni centrali e locali, lo svolgimento di questi più alti e qualificati ruoli richiede un’accelerazione forte del processo di ammodernamento in atto. Vero banco di prova del nuovo corso della politica micro-economica.

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Orientamenti per la

programmazione dei

Fondi Strutturali 2000-2006

MiPA

Estratto dal documento del MiPA discusso e approvato in sede di Conferenza Stato-Regioni del 1 luglio 1999

1. Linee strategiche per la

programmazione dei Fondi Strutturali

per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.

Gli interventi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale hanno, nel quadro dei futuri programmi strutturali, una propria specificità in quanto la recente rifor-ma dei Fondi strutturali ha rafforzato tre principi basilari:

a) la riunificazione degli strumenti per le politiche strutturali in agricoltura in un quadro giuridico organico, con la specifica finalità di consentire una programmazione unica dello sviluppo rura-le, che contempli l’utilizzazione di tutte le misure necessarie e che nel contempo sia flessibile in funzione delle esigenze del territorio;

b) la nuova politica strutturale deve possedere una maggiore connotazione territoriale, che va ad integrare quella connotazione settoriale che tale politica ha avuto nelle precedenti esperien-ze di programmazione. A tale scopo il nuovo Regolamento di sostegno allo sviluppo rurale ha ampliato la sfera di intervento del FEOGA, prevedendo all’articolo 33 tutta una serie di strumenti per diversificare e promuovere attività economiche collegate all’agricoltura e, attra-verso queste, mantenere un adeguato livello di reddito e di popolazione nelle aree rurali; c) infine, la nuova politica di sviluppo rurale verrà

alimentata da un unico strumento finanziario, il FEOGA, accogliendo così una delle principali indicazioni pervenuta dalla Conferenza euro-pea di Cork sullo sviluppo rurale (dicembre 1996). Ciò non esclude tuttavia che la politica di sviluppo rurale non debba attivare anche le risorse provenienti dagli altri Fondi Strutturali, nel quadro di progetti integrati, per valorizzare al meglio le risorse rese disponibili dei Fondi stessi e le potenzialità di azione che ciascuno di essi offre.

Dotate di tali nuove regole e strumenti, le politiche strutturali 2000-2006 dovranno affrontare i nodi cri-tici che frenano lo sviluppo dell’agricoltura italiana e nel contempo dovranno valorizzare le principali potenzialità esistenti.

La programmazione dei Fondi Strutturali 2000-2006 dovrà permettere di risolvere tali nodi critici individuabili nella:

- inadeguatezza delle dimensioni strutturali di una buona parte delle imprese operanti nel settore agricolo e lo scarso ricambio generazionale; - esistenza di un rilevante gap tra Mezzogiorno e

Centro-Nord per ciò che attiene la redditività delle risorse;

- bassa capacità di accumulazione e, conseguen-temente, di investimenti manifestata dalle imprese agricole;

- carente disponibilità di risorse idriche a scopo irriguo, specialmente nelle aree del Mezzogiorno;

- difficoltà nell’organizzazione e nell’aggregazione dell’offerta dei prodotti agricoli, nonché nella valorizzazione commerciale dei prodotti sui mer-cati interni e internazionali;

- carenza di integrazione lungo le diverse fasi delle filiere produttive;

- scarsa attrazione di risorse mobili (capitale e risorse umane) verso il settore agro industriale; - adeguato collegamento con l’industria

alimen-tare;

- tempestivo adeguamento dei consumi e degli stili di vita;

- insufficiente integrazione tra cultura urbana e mondo rurale.

A fronte di tali nodi critici, la programmazione dei Fondi Strutturali 2000-2006 dovrà puntare priorita-riamente alla completa valorizzazione ed al con-solidamento di alcune rilevanti potenzialità, tra le quali occorre menzionare le seguenti:

- l’esistenza di numerose produzioni di qualità all’interno di specifiche filiere locali e/o sistemi locali, con consistenti opportunità di crescita; - la crescita, negli anni più recenti, dell’export

ali-mentare per alcuni comparti produttivi;

- la crescita della domanda di alimenti e di una gastronomia tipica che richiede processi di tra-sformazione sempre più articolati ed innovativi; - il ruolo strategico che riveste l’attività agricola ai

fini della conservazione della biodiversità, della difesa del suolo e del regime idrogeologico su tutto l’arco montano e collinare italiano ;

- la tuttora notevole disponibilità di capitale umano in alcune zone, che rappresenta indub-biamente un fattore fondamentale per mante-nere un tessuto produttivo vitale. Viceversa, nelle zone più interne tale fattore costituisce un

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elemento di freno allo sviluppo per la mancanza di adeguate risorse umane;

- i crescenti processi di integrazione di attività all’interno delle stesse famiglie contadine, grazie al fenomeno della pluriattività e della pluralità di reddito;

- la forte domanda di progetti di sviluppo rurale, che testimoniano l’interesse verso la progettazione dal basso e l’integrazione tra agricoltura e altri campi di intervento (valorizzazione delle risorse ambientali e culturali artigianato, turismo, etc.); - i progressi realizzati nella gestione degli stessi

programmi strutturali, frutto di una maggiore competenza e capacità organizzativa acquisite nelle amministrazioni regionali e locali, che con-sentiranno di procedere con maggiore speditez-za ed efficacia nella programmazione futura. Tali potenzialità mettono in evidenza il ruolo multi-funzionale dell’agricoltura, ruolo ormai consolida-to nelle strategie dell’Unione Europea che discen-dono da Agenda 2000. Occorre, quindi, fare in modo che, da un lato, si individuino le modalità e gli strumenti con cui, a livello nazionale e regiona-le, si possono creare sinergie tra agricoltura, ambiente, infrastrutture e industria (Asse I - Risorse naturali e Asse IV - Sviluppo locale - del Piano di Sviluppo del Mezzogiorno - PSM), e tra Fondi strut-turali cofinanziati e fondi nazionali (addizionalità). Dall’altro, i programmi FEOGA dovranno garantire la concentrazione delle risorse su interventi che, proprio in funzione del nuovo ruolo assegnato al settore primario, possano imprimere una effettiva accelerazione alle dinamiche di sviluppo in atto. Per soddisfare quest’ultima esigenza e per valoriz-zare le potenzialità esistenti, la programmazione 2000-2006 per l’agricoltura e lo sviluppo rurale dovrà privilegiare tre linee prioritarie di intervento: 1) il miglioramento della competitività dei sistemi agricoli e agro - industriali in un contesto di filie-re;

2) il sostegno allo sviluppo dei territori rurali e la valorizzazione delle risorse ambientali e storico -culturali;

3) il supporto a tutte le aree mediante una serie di azioni orizzontali.

Tali linee prioritarie hanno costituito gli assi portanti del Rapporto interinale “Agricoltura e sviluppo rura-le” per il Piano di Sviluppo del Mezzogiorno e posso-no essere estese, con i necessari adattamenti, alla programmazione nelle regioni fuori obiettivo 1. Esse vanno perseguite, pertanto, in tutte le Regioni, con un approccio innovativo, che con-senta di evitare le difficoltà, le strozzature ed i

limi-ti della precedente esperienza di programmazio-ne. L’approccio da seguire, da parte di tutti i sog-getti pubblici e privati coinvolti nelle diverse fasi della programmazione, è basato su alcuni principi fondamentali che, in parte, riflettono quelli adot-tati nella più generale riforma dei Fondi Strutturali e, in parte, rispondono alla specificità degli inter-venti per l’agricoltura.

Tali principi sono evidenziati come segue:

a) assicurare un’impostazione programmatica comune a tutte le regioni, consentendo eviden-temente le dovute specificità regionali e le opportune differenziazioni tra regioni dell’obietti-vo 1 e le altre regioni;

b) promuovere, nella definizione e attuazione degli interventi, una effettiva concentrazione delle risorse e delle iniziative, evitando di disperderle “a pioggia” sul territorio. A tale fine sarà necessario individuare priorità tematiche e territoriali cui indirizzare le risorse disponibili; c) definire e progettare interventi integrati, sia

attraverso azioni collegate lungo le filiere pro-duttive che mediante azioni integrate in una determinata area;

d) assicurare una gestione decentrata degli inter-venti, limitando all’essenziale la sfera di iniziati-ve nazionali e esaltando il ruolo dei programmi regionali e, al loro interno, la quota di interventi affidati agli enti territoriali sub-regionali;

e) prevedere, in fase di presentazione delle domande, delle procedure che semplifichino la gestione e nel contempo consentano una razio-nalizzazione del rapporto con l’amministrazione responsabile della gestione. Una notevole inno-vazione potrebbe essere introdotta prevedendo un’unica domanda di sostegno, che consente di accorpare le richieste di finanziamento presen-tate dalla medesima impresa, evitando la proli-ferazione delle pratiche amministrative derivan-ti dai vari benefici ottenibili ed il conseguente aggravio di costi e risorse umane per la pubbli-ca amministrazione. Tale domanda unipubbli-ca dovrebbe prevedere la combinazione di misure più idonee e più coerenti allo sviluppo dell’im-presa, tra quelle ammissibili al finanziamento; f) assicurare la messa in opera di un adeguato

monitoraggio degli interventi, concernente non solo la spesa (impegni e pagamenti), ma anche le procedure seguite ed i risultati fisici ed econo-mici ottenuti. Occorre superare i limiti e le carenze oggettive dell’attuale sistema di moni-toraggio, prevedendo un sistema di raccolta delle informazioni per progetto. A tale riguardo anche la modulistica per la archiviazione dei

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Attualità

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progetti, sia che si tratti di FEOGA - Orienta-mento che di Garanzia, va opportunamente rivista. In questo caso, il modello unico di domanda potrebbe offrire un utile supporto.

2. La definizione dei Programmi Operativi

e dei Piani di sviluppo rurale

Nello stabilire gli orientamenti per la definizione dei documenti di programmazione occorre tenere conto delle specificità esistenti per due gruppi di regioni (obiettivo 1 e fuori obiettivo 1). Tali specifi-cità discendono dalla normativa contenuta nel Regolamento Generale sui Fondi strutturali e da quello sul Sostegno allo Sviluppo Rurale.

I programmi delle regioni obiettivo 1

La programmazione degli interventi per l’agricol-tura e lo sviluppo rurale dovrà tenere conto dei seguenti orientamenti fondamentali:

a) occorrerà definire un quadro di programmazio-ne unico, pur in presenza di due diversi pro-grammi:

• il Programma Operativo, che comprende gli interventi per l’ammodernamento delle impre-se, la formazione e la ricerca (FSE e FESR), la silvicoltura e la diversificazione all’interno dei distretti rurali;

•il Piano di sviluppo rurale, che include le misu-re agro-ambientali, il pmisu-re-pensionamento, l’imboschimento e le indennità compensative. L’esistenza di due diversi programmi impone, infatti, che siano esplicitati i collegamenti e le complementarietà tra le azioni dei programmi stessi. Ciò andrà fatto nell’ambito del quadro generale di riferimento contenuto nel Programma Operativo, che rappresenta il docu-mento principale per la programmazione degli interventi regionali. Nella definizione del qua-dro generale di riferimento occorrerà, inoltre, stabilire i principali fabbisogni e priorità di inter-vento delle diverse aree rurali regionali, in modo tale da indirizzare poi coerentemente le misure previste nel Programma;

b) la descrizione delle misure e la formulazione del piano finanziario nel Programma Operativo andranno sviluppate in modo sintetico e a titolo indicativo. Esse andranno poi definite analitica-mente nel Complemento di programmazione, che occorrerà cominciare a predisporre una volta completato il Programma Operativo; c) l’individuazione delle grandi linee di intervento

prioritarie dovrà rifarsi, per quanto possibile e

tenuto conto delle specificità regionali, a quelle previste nel rapporto interinale nazionale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale;

d) le misure del Programma Operativo andranno calibrate in relazione ai fabbisogni di intervento delle diverse aree rurali presenti all’interno della regione, sia in termini di tipologie di azioni che di intensità di aiuto;

e) nella preparazione del Programma Operativo, le amministrazioni regionali di settore dovranno fornire il loro apporto sulla base dello schema allegato concordato nell’incontro tenuto a Napoli con le Regioni e la Commissione Europea. Tale schema riflette, peraltro, la strut-tura di Programma Operativo messa a punto dal Dipartimento per le politiche di Sviluppo e Coesione del Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica.

I programmi delle regioni fuori Obiettivo 1

La programmazione degli interventi dovrà riflette-re i seguenti orientamenti:

a) il piano di sviluppo rurale regionale dovrà con-tenere tutti gli interventi individuati come priori-tari per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, inclusi quelli per le aree rurali appartenenti all’obietti-vo 2. Andrà, pertanto, specificato quali risorse finanziarie verranno destinate a tali aree, distin-guendole da quelle previste per il resto dell’a-gricoltura regionale;

b) nella descrizione delle priorità di intervento occorrerà individuare, accanto alle aree obietti-vo 2, quali altre principali tipologie di aree rurali caratterizzano la realtà regionale e, di conse-guenza, richiedono linee di intervento differen-ziate. Vanno evidenziate, al riguardo, le linee di intervento per le zone ex 5b in regime di soste-gno transitorio;

c) l’individuazione delle grandi linee di intervento prioritarie dovrà anche in questo caso tenere conto delle priorità individuate a livello nazio-nale, contemplando i due assi del rafforzamen-to della competitività per filiera e della promo-zione dello sviluppo locale nelle aree rurali. Gli interventi ambientali andranno integrati con tali assi prioritari;

d) la individuazione e la descrizione delle misure dovrà seguire i criteri dettati dal regolamento di attuazione per lo sviluppo rurale, che prevede una definizione di dettaglio di tutte le misure individuate, analoga a quella del Comple-mento di programmazione per le regioni dell’Obiettivo 1.

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Attualità

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Risorse naturali

Il ruolo dell’agricoltura è considerato strategico per la tutela della biodiversità e del paesaggio agrario e per la difesa del suolo e del regime idro-geologico.

I Rapporti Interinali del Ministero dell’Ambiente (Rete Ecologica nazionale) e del Ministero dei Lavori Pubblici (risorse idriche e difesa del suolo) assegnano enorme importanza alla definizione di strategie comuni con le politiche che investono il settore che, più di altri, utilizza le risorse naturali. Appare, quindi, importante che, dato il ruolo che svolgono in questa materia le Amministrazioni centrali attraverso gli strumenti della programma-zione negoziata, il MIPA e gli Assessorati all’agri-coltura possano essere coinvolti nella definizione delle strategie e dei programmi che comportano una perfetta armonia tra interventi infrastrutturali e politica di sostegno alle imprese agricole.

E’ sicuramente possibile perseguire tali finalità in campo ambientale attraverso gli strumenti pro-grammatici già individuati quali APE e ITACA. Ma anche il settore della gestione delle risorse idriche e della difesa del suolo non può eludere il ruolo dell’impresa agricola non solo per garantire un uso razionale dell’acqua, ma anche per assicurare il presidio e la tutela di territori sensibili a fini idro-geologici.

3. I rapporti MIPA - Assessorati

Agricoltura nel processo di

program-mazione: partenariato verticale

L’accentuazione del processo di decentramento regionale nella futura programmazione, da un lato, e la determinazione di tempi e scadenze estremamente stretti per la predisposizione dei documenti di programmazione, dall’altro, implica-no che il Ministero per le Politiche Agricole intensi-fichi l’azione di coordinamento e indirizzo delle politiche che gli è stata conferita dalla base nor-mativa vigente: D.LGS 143/97 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale), D.LGS 173/98 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole), Delibera CIPE 11.11.98 che estende all’agricoltura gli strumenti previsti dalla programmazione negoziata, etc.

Tale azione di coordinamento concernerà, in tutta la fase di programmazione dei Fondi strutturali, le

seguenti attività:

a) la definizione delle norme attuative del regola-mento di sostegno allo sviluppo rurale;

b) la conseguente determinazione, di concerto con le regioni, di criteri di applicazione del re

golamento stesso, in particolare per ciò che riguarda:

• il concetto di redditività aziendale e capacità professionale dell’imprenditore;

• gli standard minimi ambientali; • la nozione di buona pratica agricola; • la definizione di normali sbocchi di mercato; • i parametri di scelta degli investimenti

agro-industriali;

• i parametri di conversione degli aiuti per etta-ro (da aiuti per UBA).

La definizione di criteri comuni a tutte le regioni rappresenta un passaggio necessario per l’ap-plicazione del regolamento e la preparazione del Piano di sviluppo rurale e del Complemento di programmazione. Pertanto andrà perfeziona-ta prima della preparazione di perfeziona-tali documenti di programmazione, in modo tale da rendere più agevole la definizione delle procedure di attua-zione delle singole misure;

c) l’allocazione delle risorse finanziarie FEOGA, sia per la componente Orientamento che per quel-la Garanzia;

d) la definizione di metodologie e standard comu-ni per la formulazione e la valutazione ex ante dei diversi documenti di programmazione (Pro-gramma Operativo, Complemento di program-mazione, Piano di sviluppo rurale);

e) la determinazione di indicatori comuni per la valutazione ex-ante e il monitoraggio dei pro-grammi;

f) l’esame dei programmi, per la parte di compe-tenza, prima del loro invio alla Commissione Europea.

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L’attuazione degli interventi cofi-nanziati dai Fondi Strutturali per la fase di programmazione ‘94-’99 è ormai prossima alla prima, fondamentale scadenza, costi-tuita dal termine del 31 dicem-bre prossimo per il completa-mento degli impegni giuridica-mente vincolanti.

In generale, nonostante i pro-gressi fatti da molte amministra-zioni negli ultimi mesi, sono ancora molti gli sforzi da com-piere per conseguire il pieno uti-lizzo delle risorse assegnate al nostro paese e, conseguente-mente, deve restare elevato il livello di attenzione per evitare una perdita netta di risorse dovute al mancato rispetto dei tempi di realizzazione degli inve-stimenti previsti.

Il QCS Obiettivo 1

Per quanto riguarda il QCS Obiettivo 1, già nella seduta del Comitato di Sorveglianza del marzo ‘99 era stato fissato l’obiet-tivo del raggiungimento del 100% degli impegni e del 75%

della spese entro fine ‘99. In quell’ambito si era provveduto a riallocare tra i programmi una parte delle risorse, con lo scopo di favorire il pieno utilizzo dei fondi disponibili.

Nel complesso, le risorse ripro-grammate sono state pari a 68 Mecu, di cui circa 14 a valere sul Feoga (10 Mecu provenienti dal POP Puglia e 3,8 Mecu dal POM “Valorizzazione commercia-le delcommercia-le produzioni agricocommercia-le). La dotazione degli interventi cofinanziati dal Fondo agricolo è stata accresciuta per i program-mi di Basilicata (+17,56 Mecu), Calabria (+2,3 Mecu) e Campania (+3,5 Mecu).

Nel luglio ‘99 è stata disposta una nuova riprogrammazione che ha ridotto di 6,7 Mecu la dotazione finanziaria del POM “Valorizzazione”. Di contro, in considerazione “delle potenzia-lità manifestate nel settore e dei significativi miglioramenti in ter-mini di capacità organizzativa”, sono stati attribuiti ulteriori 3 Mecu alla Basilicata e 3,7 Mecu

alla Campania.

A marzo ‘99, l’attuazione degli interventi cofinanziati dal FEOGA risulta ancora attardata rispetto a quella degli altri Fondi, soprattutto se confrontata con gli interventi FERS che, rispetto al costo totale previsto, presentano un livello di impegni e di paga-menti pari, rispettivamente, al 95% e al 60%.

In media, per gli interventi cofi-nanziati dal Fondo agricolo, impegni e pagamenti costitui-scono, rispettivamente, il 79% e il 45% circa del costo totale, contro un livello medio del QCS pari al 92% e al 55% (tabella 1).

Nei Programmi Operativi regio-nali gli impegni hanno raggiun-to, in valore assoluraggiun-to, i 3,1 miliar-di miliar-di ecu, con un livello partico-larmente elevato in alcune regioni (la Basilicata, ad esem-pio, supera nettamente il livello del 100%, la Calabria si attesta sul 98%, mentre la Campania raggiunge l’84%). I pagamenti, invece, sono uguali a 1,8 miliar-di miliar-di ecu.

A che punto siamo?

Tabella 1 - QCS Obiettivo1. Efficienza attuativa dei Programmi Operativi, parte Feoga (stato di avanzamento al 31.03.99)

Costo totale Impegni Pagamenti di impegnoCapacità Capacitàdi spesa Capacitàdi utilizzo

1 2 3 4 = 2 / 1 5 = 3 / 1 6 = 3 / 2 .000 ecu % Abruzzo 189.850 191.462 116.534 100,8 61,4 60,9 Basilicata 385.960 455.696 210.131 118,1 54,4 46,1 Calabria 485.730 477.587 251.152 98,3 51,7 52,6 Campania 538.229 451.339 281.393 83,9 52,3 62,3 SG zootecnia Campania 66.470 830 582 1,2 0,9 70,2 Molise 205.731 153.367 80.237 74,5 39,0 52,3 Puglia 729.010 427.229 218.124 58,6 29,9 51,1 Sardegna 644.014 488.182 351.221 75,8 54,5 71,9 Sicilia 728.829 461.863 301.222 63,4 41,3 65,2 Totale PO regionali 3.973.823 3.107.554 1.810.597 78,2 45,6 58,3

POM Servizi di Sviluppo 231.429 200.319 115.957 86,6 50,1 57,9

POM Valoriz. Prod. Agric. 120.000 102.528 9.645 85,4 8,0 9,4

POM Sost. Costit. Attiv. Prod. Ort. 8.226 n.d. n.d. - - -

Totale POM 359.655 302.846 125.601 84,2 34,9 41,5

Totale Ob. 1 4.333.477,6 3.410.400 1.936.199 78,7 44,7 56,8

Fonte: SIRGS

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Secondo dati ancora provvisori, l’avanzamento a giugno non avrebbe fatto osservare cambia-menti di rilievo: il Feoga si sareb-be attestato all’80% degli impe-gni e al 47% della spesa contro una media del QCS del 94% e

del 57%, rispettivamente.

Le tipologie di investimento che mostrano un avanzamento più marcato (tabella 2) sono quelle riguardanti l’ambiente e la dife-sa del suolo (con una capacità di impegno e di pagamento

pari, rispettivamente al 75% e al 56%), le infrastrutture rurali (per le quali gli impegni superano il 90%, anche se la spesa si attesta sul 50%) e gli interventi a favore del miglioramento delle strutture aziendali (con una capacità di

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Tabella 2 - QCS Obiettivo1. Efficienza attuativa dei PO regionali, parte Feoga, per tipologia omogenea di investimenti (stato di avanzamento al 31.03.99)

Costo totale Impegni Pagamenti di impegnoCapacità Capacitàdi spesa Capacitàdi utilizzo

1 2 3 4 = 2 / 1 5 = 3 / 1 6 = 3 / 2

.000 ecu %

Infrastrutture 352.498 326.295 171.043 92,6 48,5 52,4

Ambiente e difesa suolo 214.586 162.476 119.290 75,7 55,6 73,4

Servizi allo sviluppo 220.048 137.829 56.603 62,6 25,7 41,1

Promozione 65.850 28.569 4.540 43,4 6,9 15,9

Diversificazione 214.581 143.969 80.381 67,1 37,5 55,8

Strutture aziendali 2.583.561 1.972.345 1.061.886 76,3 41,1 53,8

- Riconversione 1.325.535 978.730 520.402 73,8 39,3 53,2

- Reg. 2328/91 703.353 542.179 376.215 77,1 53,5 69,4

- Strutture di trasf. e comm. 554.673 451.435 165.270 81,4 29,8 36,6

Progetti finalizzati 24.000 25.182 7.595 104,9 31,6 30,2

Totale 3.675.123 2.796.664 1.501.338 76,1 40,9 53,7

Misure in corso 298.700 310.890 309.259 104,1 103,5 99,5

Totale 3.973.823 3.107.554 1.810.597 78,2 45,6 58,3

Fonte: Elaborazioni INEA su dati SIRGS

Tabella 3 - DocUP Obiettivo 5b. Efficienza attuativa dei programmi regionali (stato di avanzamento al 31.03.1999)

Costo totale Impegni Pagamenti di impegnoCapacità Capacitàdi spesa Capacitàdi utilizzo

1 2 3 4 = 2 / 1 5 = 3 / 1 6 = 3 / 2

.000 ecu %

P.A. Bolzano 150.394 124.044 80.734 82,5 53,7 65,1

Emilia Romagna 253.680 192.479 131.100 75,9 51,7 68,1

Friuli Venezia Giulia 213.416 214.818 111.293 100,7 52,1 51,8

Lazio 379.770 310.914 147.430 81,9 38,8 47,4 Liguria 104.615 110.544 64.340 105,7 61,5 58,2 Lombardia 158.559 161.251 84.434 101,7 53,3 52,4 Marche 643.109 213.154 100.213 33,1 15,6 47,0 Piemonte 279.724 260.119 152.573 93,0 54,5 58,7 Toscana 500.630 460.112 285.248 91,9 57,0 62,0 P.A. Trento 55.989 52.505 29.870 93,8 53,3 56,9 Umbria 989.064 292.259 158.628 29,5 16,0 54,3 Valle D'Aosta 14.363 12.132 5.228 84,5 36,4 43,1 Veneto 537.376 420.844 243.408 78,3 45,3 57,8 Totale 4.280.689 2.825.174 1.594.500 66,0 37,2 56,4

Mis. a titolarità Min. Industria 979.532 946.787 555.858 96,7 56,7 58,7

Totale 5.260.222 3.771.961 2.150.358 71,7 40,9 57,0

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impegno e di pagamento che costituiscono, rispettivamente, il 76% e il 41%).

Sul fronte dei programmi multi-regionali, invece, la capacità di impegno del POM per la valorizzazione commerciale delle produzioni agricole si atte-sta sull’85% degli impegni, ma il livello della spesa effettiva risul-ta ancora estremamente conte-nuto (8% del costo totale). Il POM a favore delle attività di sostegno ai servizi di sviluppo agricoli, infine, evidenzia una capacità di spesa pari al 50% e una capacità di impegno dell’87%.

I DocUP Obiettivo 5b

Per le regioni dell’Obiettivo 5b il livello degli impegni rappresen-ta il 72% del costo torappresen-tale, men-tre i pagamenti sono uguali al 41%.

A livello regionale, molte amministrazioni hanno ormai completato gli impegni (Ligu-ria, Lombardia e Friuli), anche se sul fronte della spesa si regi-strano ancora dei ritardi (tabel-la 3). Va ricordato, tuttavia, che il livello di attuazione dei DocUP delle regioni Marche e Umbria risulta condizionato dallo stanziamento aggiuntivo

attribuito a tali regioni nel ‘98 per far fronte ai danni del sisma.

Per quanto riguarda l’avanza-mento per Fondo e per tipologia di intervento (tabella 4) si osser-va come il livello di attuazione più elevato riguardi gli interven-ti cofinanziainterven-ti dal FESR, in parinterven-ti- parti-colare quelli a favore delle pic-cole e medie imprese industriali (anche se questa tipologia di intervento evidenzia difficoltà nell’utilizzo delle risorse impe-gnate), e gli aiuti destinati alle imprese artigiane; più attardati, invece, risultano gli interventi per le infrastrutture.

Tabella 4 - DocUP Obiettivo 5b. Efficienza attuativa dei programmi regionali per tipologia omogenea di investimenti (stato di avanzamento al 31.03.99)

Costo totale Impegni Pagamenti di impegnoCapacità Capacitàdi spesa Capacitàdi utilizzo

1 2 3 4 = 2 / 1 5 = 3 / 1 6 = 3 / 2 .000 ecu % Totale Feoga 1.905.869 1.151.457 584.669 60,4 30,7 50,8 Infrastrutture 802.818 225.218 112.261 28,1 14,0 49,8 Ambiente 194.897 155.394 86.131 79,7 44,2 55,4 Filiere 543.277 459.394 230.052 84,6 42,3 50,1 Diversificazione 241.995 207.788 89.288 85,9 36,9 43,0 Di cui agriturismo 108.559 89.243 40.663 82,2 37,5 45,6 Promozione 29.680 29.392 12.262 99,0 41,3 41,7 Servizi 59.891 50.574 33.274 84,4 55,6 65,8 Altri 33.310 23.697 21.401 71,1 64,2 90,3 Totale FESR 3.062.747 2.398.313 1.450.532 78,3 47,4 60,5 Infrastrutture 458.939 120.333 65.227 26,2 14,2 54,2 Ambiente 172.804 149.643 71.965 86,6 41,6 48,1 PMI 1.036.847 996.886 587.513 96,1 56,7 58,9 Artigianato 536.984 445.862 331.312 83,0 61,7 74,3 Turismo 511.596 440.921 236.012 86,2 46,1 53,5 Beni culturali 87.298 72.013 39.700 82,5 45,5 55,1 Assistenza tecnica 3.245 2.426 1.189 74,8 36,6 49,0 Formazione 6.577 5.149 2.376 78,3 36,1 46,1 Servizi 235.588 157.264 110.583 66,8 46,9 70,3 Altro 12.869 7.817 4.655 60,7 36,2 59,6 Totale FSE 291.605 222.191 115.157 76,2 39,5 51,8 Formazione di cui 280.798 216.278 111.601 77,0 39,7 51,6 - in agricoltura 56.359 49.215 23.833 87,3 42,3 48,4 Assistenza tecnica 525 492 420 93,6 79,8 85,3 Servizi 3.988 3.172 1.540 79,5 38,6 48,5 Altro 6.294 2.249 1.596 35,7 25,4 71,0 Totale DocUP 5.260.222 3.771.961 2.150.358 71,7 40,9 57,0

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Anche se gli interventi cofinan-ziati dal FEOGA mostrano un certo ritardo rispetto a quelli in cui intervengono gli altri Fondi, è importante osservare che le azioni più avanzate sono quelle a carattere di filiera, nonché le azioni di promozione e a favore dell’ambiente.

Il dato appare positivo in consi-derazione del fatto che tali inter-venti, soprattutto quelli definiti “di filiera”, includono azioni anche complesse e, in alcuni casi, con un forte carattere di innovatività.

QCS 951/97

Riguardo, infine, al Quadro Comunitario di Sostegno relativo al Reg. 951/97 (che prevede interventi a favore delle strutture di trasformazione e commercia-lizzazione dei prodotti agricoli) per le regioni fuori obiettivo 1, i programmi, dopo le forti diffi-coltà iniziali, stanno trovando concreta attuazione.

Il costo totale degli investimenti previsti – includendo anche gli interventi multiregionali che ammontano a circa 220 miliardi di lire - è pari a poco più di 1.650 miliardi di lire, con un contributo Feoga di circa 300 miliardi (tabella 5).

I progetti complessivamente pre-sentati al marzo ‘99 sono 1.700, di cui 1.300 dichiarati idonei, per un costo totale degli investimenti previsti superiore a 3.400 miliardi di lire, importo di gran lunga superiore alle risorse complessi-vamente disponibili.

I progetti già finanziati tano a oltre 500, per un ammon-tare di 1.020 miliardi di lire, men-tre quelli già completati sono circa 100, per una spesa di 210 miliardi di lire.

I settori maggiormente interessa-ti dagli invesinteressa-timeninteressa-ti sono quelli delle carni (con 400 progetti ido-nei e 166 finanziati), del latte e dei prodotti lattiero-caseari (234 progetti idonei e 48 finanziati), dell’ortofrutta (266 progetti

ido-nei e 121 finanziati) e del vino (164 progetti idonei e 66 finan-ziati).

La capacità di impegno è note-volmente cresciuta rispetto ai mesi precedenti. Infatti, gli impe-gni hanno superato i 1.000 miliardi, pari al 70% del costo totale programmato. Bolzano e la Toscana hanno già impegna-to tutimpegna-to l’ammontare di risorse a loro disposizione, mentre il Veneto non solo è molto vicino al completamento degli impe-gni, ma presenta anche l’avan-zamento più elevato sul fronte della spesa, con un livello dei pagamenti pari al 60% del costo totale.

Nel complesso, però, il livello dei pagamenti è ancora molto con-tenuto, risultando uguale a meno del 25% del costo totale.

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A che punto siamo?

Tabella 5 - QCS 951/97. efficienza attuativa dei Programmi Operativi (stato di avanzamento al 31.03.99)

Costo totale Impegni Pagamenti di impegnoCapacità Capacitàdi spesa Capacitàdi utilizzo

1 2 3 4 = 2 / 1 5 = 3 / 1 6 = 3 / 2 .000 ecu % Piemonte 158.851,3 140.925,8 7.877,4 88,7 5,0 5,6 Lombardia 254.624,0 214.077,0 39.050,0 84,1 15,3 18,2 P.A. Bolzano 92.510,9 92.543,0 33.352,6 100,0 36,1 36,0 P.A. Trento 99.357,0 71.947,0 38.242,5 72,4 38,5 53,2 Veneto 139.380,5 136.971,7 82.184,5 98,3 59,0 60,0 Friuli 30.306,0 4.829,6 0,0 15,9 0,0 0,0 Liguria 15.080,7 12.182,4 1.072,0 80,8 7,1 8,8 E. Romagna 258.547,3 100.125,0 94.303,9 38,7 36,5 94,2 Toscana 106.222,3 106.222,3 n.d. 100,0 - -Umbria 39.415,6 25.271,5 5.141,2 64,1 13,0 20,3 Marche 151.237,5 114.979,6 37.499,9 76,0 24,8 32,6 Lazio 62.250,7 - - - - -Abruzzo 28.347,0 - - - - -P.O. regionali 1.436.130,8 1.020.074,9 338.724,0 71,0 23,6 33,2 P.O.M. 221.500,0 140.723,3 53.877,1 63,5 24,3 38,3 Totale 1.657.630,8 1.160.798,2 392.601,1 70,0 23,7 33,8 Fonte: ISMEA

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Le misure

agroambientali

in Italia

di Andrea Povellato - INEA

Al termine del primo quadriennio di applicazione, il Reg. (CEE) 2078/92, che incentiva l’agricoltura ecocompatibile, può considerarsi definitivamente affermato in gran parte delle regioni italiane. Questo è in sintesi quanto emerge dal Rapporto di valutazione delle misure agroambientali in Italia, curato dall’INEA nell’ambito delle attività dell’Osservatorio per le Politiche Strutturali del MiPA. Alcuni dati sull’applicazione di tale regola-mento possono dare un’idea della dimensione dell’agricoltura ecocompatibile in Italia. La super-ficie interessata dalle misure agroambientali ha raggiunto 1.608.000 ettari, pari all’11% della SAU nazionale, con un aumento nelle ultime due cam-pagne di circa 6-700.000 ettari all’anno, impe-gnando la superficie complessivamente prevista dai piani agroambientali fino al 1997. Le doman-de di adoman-desione sono risultate 122.000. I dati provvi-sori relativi al 1998 indicano per l’Italia un’ulteriore espansione della superficie interessata che dovrebbe superare i 2.300.000 ettari. Crescono in parallelo i finanziamenti erogati che, nel 1997 e nel 1998, assommano, rispettivamente, a 780 e 1.200 miliardi di lire.

Permangono ancora notevoli disparità nella diffu-sione regionale delle misure agroambientali, oltre a una sostanziale esclusione del settore zootecnico dall’applicazione, che ha interessato nel comples-so 36.000 unità bovine adulte (UBA) e 3.850 bene-ficiari. La ripartizione dell’applicazione per tipo di misura evidenzia la sostanziale prevalenza di tre interventi: la riduzione dell’impiego di mezzi chimi-ci, che riguarda 593.000 ettari, la salvaguardia delle risorse naturali e la cura del paesaggio rura-le, con 526.000 ettari, e l’agricoltura biologica, che ha raggiunto i 311.000 ettari. La distribuzione per tipo di circoscrizione geografica mette in evidenza una specifica differenziazione territoriale: da un lato, la misura per la riduzione dei mezzi chimici è stata attuata in prevalenza nelle regioni del Nord e del Centro e, dall’altro, la misura per l’agricoltu-ra biologica si è diffusa sopl’agricoltu-rattutto al Sud. La cul’agricoltu-ra e gestione del paesaggio rurale, invece, ha trova-to una pressoché trova-totale diffusione al Nord, mentre gli interventi di ritiro ventennale delle superfici e di cura e gestione dei terreni agricoli e forestali sono maggiormente diffusi al Sud.

La spesa per l’attuazione delle misure agroam-bientali ha ormai assunto un peso rilevante sulle

spese realizzate in Italia attraverso il FEOGA Garanzia, con una incidenza cresciuta fino al 6% del totale e che sembra destinata a crescere anche nei prossimi anni. A differenza di quanto si riscontra nell’applicazione di altre misure a carat-tere strutturale, che non sempre riescono a utilizza-re pienamente i fondi comunitari disponibili, nel caso delle misure agroambientali l’indice di utiliz-zazione degli stanziamenti ha virtualmente supe-rato la soglia del 100%, se si considerano le eroga-zioni della campagna 1997-‘98. Ciò è stato possibi-le grazie a un accordo di fpossibi-lessibilità, promosso dal Ministero per le Politiche Agricole e autorizzato dalla Commissione Europea, che ha generato uno spostamento di risorse dalle regioni che avevano minore capacità di spesa a quelle maggiormente efficienti. Inoltre, a livello nazionale, il migliora-mento nella capacità di spesa va attribuito anche al cambiamento della procedura di cofinanzia-mento della quota di competenza nazionale, che in precedenza veniva reperita, con notevoli ritar-di, mediante legge ordinaria. Attualmente, inve-ce, la disponibilità di tale quota è assicurata attra-verso una delibera del CIPE, attingendo al Fondo di rotazione per il finanziamento delle politiche comunitarie (L. 183/87).

Il rapporto di valutazione delle misure agroam-bientali è stato pubblicato in due volumi conte-nenti 21 relazioni regionali e un’analisi comparati-va nazionale. Le relazioni regionali hanno consen-tito di far emergere con chiarezza il quadro com-posito della programmazione degli interventi e dei fattori che hanno condizionato localmente la diffu-sione delle pratiche ecocompatibili. L’analisi com-parativa a livello nazionale si è focalizzata sulle possibili modifiche che potrebbero migliorare l’ap-plicazione in termini di efficienza della spesa e di effetti ambientali nella prospettiva della program-mazione prevista dal nuovo regolamento sullo svi-luppo rurale. Infatti, una serie di fattori ha caratte-rizzato in senso positivo, ma a volte anche in senso negativo, la fase della programmazione degli interventi e la successiva gestione operativa del-l’applicazione. Partendo da alcuni elementi comu-ni a tutte le misure implementate, è possibile trac-ciare un quadro complessivo mediante l’indivi-duazione dei fattori di sviluppo delle pratiche eco-compatibili e dei punti di debolezza della pro-grammazione agroambientale regionale. I nuovi piani di sviluppo rurale dovranno tenere conto in modo sistematico e interrelato dei seguenti ele-menti di base della programmazione: analisi dei problemi agroambientali, identificazione degli obiettivi, zonizzazione, definizione delle misure, dei premi e delle norme tecniche e sistemi di controllo.

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Reg. (CEE) 2078/92

Le analisi del contesto agricolo e ambientale sono oggettivamente legate alla mancanza di cono-scenze scientifiche adeguate sui rapporti tra agri-coltura e ambiente. Va anche sottolineato, però, che questa fase deve essere tenuta in debita con-siderazione dalle amministrazioni, procedendo a una catalogazione organica delle informazioni sulle interazioni tra agricoltura e ambiente, dispo-nibili presso i centri di ricerca e i servizi di svilup-po. A questi aspetti è strettamente legata l’indivi-duazione di obiettivi non generici, collegati al contesto delle politiche per lo sviluppo rurale e possibilmente riguardanti una specifica risorsa naturale o una particolare porzione del territorio. Per consentire una selezione degli interventi nelle aree ritenute più sensibili dal punto di vista ambientale ed evitare la dispersione degli inter-venti sul territorio, che può ridurre fortemente l’ef-ficacia in termini ambientali delle pratiche eco-compatibili, sarebbe opportuno procedere a una zonizzazione volta a dare priorità agli interventi in alcune aree, a differenziare i premi e a escludere dall’intervento agroambientale le aree meno per-tinenti con gli obiettivi prefissati. La concentrazio-ne degli interventi in aree circoscritte dovrebbe aumentarne l’efficacia ambientale, a condizione che la delimitazione delle aree sensibili sia ben concepita, in alcuni casi anche su base interre-gionale, e i premi siano in grado di compensare adeguatamente le perdite di reddito. Per aumen-tare l’efficacia delle pratiche ecocompatibili in una determinata area, andrebbe attentamente valutata l’ipotesi di fornire incentivi in via priorita-ria a consorzi di aziende che garantiscano l’appli-cazione su estensioni adeguate e che giustifichino l’applicazione sotto il profilo ambientale; vi è la necessità, quindi, di coinvolgere le principali isti-tuzioni locali che si occupano di pianificazione del territorio.

La determinazione del livello dei premi è un aspetto cruciale che va affrontato contestualmen-te alla definizione delle norme contestualmen-tecniche. Nella nuova programmazione viene chiaramente indi-cato che gli standard tecnico-produttivi o codici di buona pratica agricola devono essere conside-rati come punto di partenza per calcolare le effet-tive perdite di reddito da compensare. La modu-lazione dei premi andrebbe ampliata, utilizzando in modo approfondito le informazioni sulla struttu-ra dei costi e dei ricavi rilevabili presso i servizi regionali di sviluppo e dalle reti regionali di infor-mazione contabile agricola e puntando su una differenziazione dei premi basata su specifiche caratteristiche aziendali. Sul fronte delle norme tecniche, dopo la positiva esperienza del

Comitato Tecnico-Scientifico Nazionale, sarebbe importante proseguire l’attività ampliando e valo-rizzando, sotto il profilo della diffusione delle infor-mazioni, il lavoro sinora svolto. In particolare, emergono due aspetti:

• la definizione di un ‘disciplinare di produzione integrata’ che, per ogni coltura, definisca delle linee tecniche comprendenti le numerose inte-razioni tra gli aspetti della concimazione chimi-ca e organichimi-ca, della lotta alle malerbe e ai fito-fagi e dell’avvicendamento e delle lavorazioni del terreno;

• la valutazione qualitativa e, se possibile, quan-titativa, tramite l’utilizzazione di parametri tec-nici e di indicatori ambientali, delle differenze esistenti tra le buone pratiche agricole e le pre-scrizioni definite per le misure agroambientali in relazione agli obiettivi indicati nei piani agroambientali.

Dal punto di vista delle procedure amministrati-ve, il lavoro di omogeneizzazione dei sistemi di controllo regionali, attuato con l’emanazione del DM 159/98, dovrebbe garantire una maggiore efficienza e trasparenza nella gestione operativa delle misure. È evidente che la corresponsione di incentivi finanziari a fronte delle richiesta di impe-gni tecnici necessita di una attività di controllo efficiente e percepibile da parte dell’agricoltore, al fine di evitare comportamenti troppo superfi-ciali e una sottovalutazione dell’impegno sotto-scritto.

In fase di attuazione, due elementi appaiono essenziali per garantire una applicazione ade-guata di quanto previsto nei piani agroambienta-li. Le azioni per la sensibilizzazione e la formazione degli agricoltori e dei tecnici sulle pratiche eco-compatibili svolgono un ruolo cruciale nella diffu-sione di tali pratiche. Accanto alle valutazioni economiche, infatti, vi sono fattori sociologici che, nel caso delle imprese agricole, assumono un peso determinante nelle scelte di adozione delle innovazioni. Nel campo della ricerca e sperimen-tazione andrebbero predisposti progetti di valuta-zione specifici al fine di verificare la validità tecni-ca, economica e ambientale delle soluzioni pro-poste dai piani agroambientali, prestando parti-colare attenzione alle innovazioni riguardanti la gestione degli elementi seminaturali. L’attività di consulenza e assistenza tecnica svolta dai servizi di sviluppo deve avvalersi di fonti informative sistematiche sulle caratteristiche tecniche ed eco-nomiche delle pratiche ecocompatibili, informa-zioni che attualmente sono disponibili in minima parte.

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Nonostante che le misure agroambientali abbia-no raggiunto un buon livello di diffusione, i pro-dotti e i servizi ambientali resi dagli agricoltori, a seguito della loro applicazione, non sempre rie-scono ad affermarsi sul mercato. Infatti, da un lato, i prodotti agricoli derivanti dall’applicazione delle misure per la promozione dei sistemi di pro-duzione a basso impatto ambientale e dei metodi biologici cominciano a raggiungere un buon livello di diffusione sul mercato, soprattutto per la crescente attenzione dei consumatori; dall’altro lato, invece, i servizi resi in attuazione delle cosid-dette misure a prevalente carattere naturalistico ancora non trovano un riconoscimento economi-co sul mercato. Per quanto riguarda i prodotti ali-mentari, andrebbe favorito il ricorso a forme asso-ciative tra produttori con l’obiettivo di certificare anche i prodotti integrati. In questo modo sareb-be possibile adottare dei marchi collettivi accanto a quelli della grande distribuzione e collegare i prodotti biologici e integrati ai disciplinari DOP e IGP, per rafforzare i caratteri di genuinità e conno-tazione territoriale dei prodotti locali. Nel caso dei servizi ambientali resi dagli agricoltori nel medio-lungo periodo, sarebbe auspicabile una valorizza-zione commerciale di questi servizi, ottenibile anche attraverso una maggiore integrazione delle iniziative con quei settori del sistema econo-mico (turismo innanzitutto) che se ne avvalgono per il loro sviluppo.

In sintesi, emerge con evidenza come l’attuazione di questo regolamento sia cresciuta nel tempo, contemporaneamente al colmarsi dei ritardi nel-l’organizzazione amministrativa e nell’azione infor-mativa e al graduale apprendimento da parte degli agricoltori dei principali contenuti delle ini-ziative proposte dalle regioni. Al fine di non disperdere un patrimonio di conoscenze ed

espe-rienze molto prezioso e di garantire in futuro un recepimento sempre più consapevole delle politi-che agroambientali, evitando politi-che le opportunità offerte dai regolamenti comunitari si tramutino in un intervento di mero sostegno al reddito, le amministrazioni pubbliche dovrebbero tenere costantemente sotto controllo i principali aspetti dell’applicazione, puntando verso una crescente diffusione delle tecniche ecocompatibili e degli interventi di miglioramento ambientale.

Va inquadrata in questo contesto anche la deci-sione della Commisdeci-sione Europea di non dare il proprio assenso all’apertura a nuovi impegni nella prossima campagna, se prima le regioni non hanno valutato i risultati raggiunti con il pre-cedente piano agroambientale nel primo quin-quennio di applicazione. La sospensione imposta dalla Commissione non deve essere valutata sol-tanto in termini negativi. La diffusione delle misu-re agroambientali è stata per certi versi molto rapida e necessita, a distanza di qualche anno dall’avvio, di una attenta riflessione per capire quali possano essere per il prossimo futuro gli obiettivi più concretamente perseguibili e le misu-re più efficaci in termini sia ambientali che di par-tecipazione da parte degli agricoltori, tenendo conto delle diversità del territorio rurale e delle priorità nella salvaguardia delle risorse naturali. L’occasione per un ulteriore sviluppo delle politi-che agroambientali deriva soprattutto dalla nuova programmazione per il sostegno allo svi-luppo rurale, cornice ideale per interventi di diversificazione delle attività produttive e di valo-rizzazione delle risorse naturali, e dai recenti indi-rizzi delle politiche agricole e regionali, sempre più attente a integrare gli obiettivi ambientali con i tradizionali obiettivi socioeconomici. In tal senso, le indicazioni emerse dall’analisi sullo stato di

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Reg. (CEE) 2078/92

Figura 2.1 - Evoluzione della superficie e dei finanziamenti relativi al reg.2078

3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500 1994 44 103 706 1.025 1.608 2.300 320 538 782 1.200 1995 1996 1997 1998 0 1.200 1.000 800 600 400 200 0 Superficie (000) Finanziamenti erogati (miliardi di lire) Finanziamenti Superficie

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attuazione del regolamento nelle varie regioni possono servi-re a individuaservi-re i punti di forza e di debolezza e a correggere le eventuali distorsioni, sia negli aspetti generali della program-mazione agroambientale che nelle prospettive per le singole misure.

INEA (1999), Le misure agroam-bientali in Italia, Analisi e valu-tazione del reg. CEE 2078/92 nel quadriennio 1994-97, Rapporto nazionale, Roma;

INEA (1999), Le misure agroam-bientali in Italia, Analisi e valu-tazione del reg. CEE 2078/92 nel quadriennio 1994-97, Rapporti regionali, Roma.

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Reg. (CEE) 2078/92

Tabella 1 - Superficie prevista nei piani agroambientali e superficie investita nel 1997 rispetto alla SAU complessiva (ha)

SAU Superficie 2078

regionale programmataSuperficie % Superficie al 1997 % %

Regione 1 2 2 / 1 3 3 / 1 3 / 2 Piemonte 1.119.300 281.469 25,1 297.517 26,6 105,7 Valle d'Aosta 92.510 27.245 29,5 42.967 46,4 157,7 Lombardia 1.086.721 131.835 12,1 118.627 10,9 90,0 PA Bolzano 261.460 76.849 29,4 157.143 60,1 204,5 PA Trento 140.068 94.156 67,2 50.296 35,9 53,4 Veneto 878.020 103.600 11,8 51.866 5,9 50,1

Friuli Venezia Giulia 254.036 31.810 12,5 19.515 7,7 61,3

Liguria 80.322 6.495 8,1 1.932 2,4 29,7 Emilia Romagna 1.211.336 105.485 8,7 72.881 6,0 69,1 Toscana 945.354 40.807 4,3 197.055 20,8 482,9 Umbria 403.209 20.740 5,1 31.786 7,9 153,3 Marche 536.793 121.190 22,6 30.134 5,6 24,9 Lazio 793.672 146.850 18,5 87.026 11,0 59,3 Abruzzo 497.201 45.830 9,2 2.471 0,5 5,4 Molise 239.261 3.713 1,6 3.154 1,3 84,9 Campania 634.420 103.491 16,3 1.780 0,3 1,7 Puglia 1.409.120 104.550 7,4 66.801 4,7 63,9 Basilicata 587.239 49.158 8,4 77.590 13,2 157,8 Calabria 640.557 6.822 1,1 23.695 3,7 347,3 Sicilia 1.532.858 70.298 4,6 160.700 10,5 228,6 Sardegna 1.341.991 63.088 4,7 113.525 8,5 179,9 Italia 14.685.448 1.635.481 11,1 1.608.459 11,0 98,3 Nord 5.123.773 858.944 16,8 812.744 15,9 94,6 Centro 2.679.028 329.587 12,3 346.000 12,9 105,0 Sud e Isole 6.882.646 446.950 6,5 449.715 6,5 100,6

Fonte:Elaborazione INEA su dati ISTAT, Indagine delle strutture 1995, e Amministrazioni regionali e provinciali

Tabella 2 - Finanziamenti impegnati in Italia nel 1997 con il reg.2078/92

Tipologia di misura mio lire %

Riduzione input chimici (A1+A2 ) 383.458 49,0

Agricoltura biologica (A3+A4) 200.741 25,7

Altri tipi di estensivazione (B) 49.494 6,3

Riduzione carico bestiame (C) 1.234 0,2

Altri metodi ecocompatibili (D1) 88.665 11,3 Specie animali in estinzione (D2) 7.830 1,0

Terreni abbandonati (E) 20.719 2,6

Messa a riposo ventennale (F) 27.134 3,5

Accesso al pubblico (G) 1.900 0,2

Formazione e sensibilizzazione 979 0,1

Totale 782.154 100,0

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Dall’Unione Europea

Schema di Sviluppo

dello Spazio Europeo:

Una nuova strategia

territoriale integrata

nell’agenda politica

dell’Unione?

di Carlo Caldarini - INEA

e Nicola De Michelis - Commissione europea, DG XVI

Il 10 e 11 maggio scorso, a Potsdam (Germania), il Consiglio informale dei ministri dell’UE responsabili della pianificazione del territorio (per l’Italia, il Ministero dei Lavori Pubblici) ha definitivamente approvato il progetto di Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE). Giunge così a conclusione – dopo dieci anni - la lunga fase preliminare di decisioni, studi e consultazioni sulle strategie di politica territoriale in Europa, lanciata dagli Stati membri e dalla Commissione europea, a seguito della prima riforma dei Fondi strutturali, con lo scopo di contribuire alla realizzazione di due grandi obiettivi politici dell’Unione Europea: la coesione economica e sociale e il com-pletamento del mercato interno. Il dibattito comunitario sulla gestione e sullo sviluppo del ter-ritorio è formalmente iniziato, sotto la presidenza francese, in occasione del Consiglio europeo di Nantes, nel 1989. Da allora, una serie di riunioni dei ministri ha fatto emergere il bisogno di definire nell’agenda politica della Comunità una strategia di cooperazione per un migliore coordinamento delle diverse politiche pubbliche che influen-zano l’organizzazione del territo-rio europeo nelle sue diverse connotazioni: città, aree rurali, zone costiere, regioni periferi-che.

I primi risultati di questi lavori preliminari furono pubblicati nel

1991 con il rapporto Europa 2000: Le prospettive di sviluppo del territorio europeo. Il rapporto rilevava, in particolare, la neces-sità di un’azione comune in materia di pianificazione del ter-ritorio, pur nel rispetto del princi-pio di sussidiarietà. L’idea fonda-mentale era che le modalità di utilizzazione del territorio influis-sero fortemente sulla competiti-vità e sulla sostenibilità di lungo periodo dell’intera economia europea e che, pertanto, un coordinamento a livello europeo delle politiche territoriali fosse una condizione preliminare per uno sviluppo armonioso dell’Unione e una migliore inte-grazione delle diversità regiona-li.

Nel corso dei successivi tre anni, la Commissione e il Consiglio dovettero rapidamente fare fronte a nuovi importanti cam-biamenti: gli sviluppi dell’unifi-cazione tedesca, le prospettive dell’ampliamento, un’apertura senza precedenti delle frontiere interne ed esterne, la recessione economica, un elevato livello di disoccupazione, un nuovo qua-dro istituzionale e d’azione per l’Unione. La presa d’atto di que-sti mutamenti fece emergere l’e-sigenza di un segnale più chiaro e concreto: la crescente interdi-pendenza dei territori che com-pongono l’Unione, tra loro e con le altre regioni d’Europa, richie-de una strategia di cooperazio-ne più sistematica e intensa. Il Consiglio informale dei ministri che si svolse a Liegi (Belgio) nel 1993 decise pertanto di elabora-re, congiuntamente con la Commissione europea, un vero e proprio “programma politico” d’innovazione e cooperazione per il territorio: lo Schema di svi-luppo dello spazio europeo. I risultati di queste analisi furono pubblicati nel 1994 sotto la forma di un secondo rapporto,

Europa 2000+, Cooperazione per la gestione del territorio euro-peo, che, capitalizzando gli esempi di alcune “buone prassi” realizzate a livello locale/regio-nale, poneva l’attenzione su tre grandi aree problema:

• fattori d’organizzazione del territorio europeo (evoluzione demografica, mobilità della popolazione, prospettive del-l’occupazione, localizzazione degli investimenti, impatti regionali delle reti transeuro-pee, protezione degli spazi aperti e delle risorse idriche); • evoluzione dei territori

specifi-ci (aree urbane, aree rurali, regioni frontaliere);

• sistemi nazionali di gestione del territorio (strumenti e poli-tiche di gestione del territorio, impatto territoriale delle politi-che pubblipoliti-che).

Negli anni seguenti, tutte le idee fino a quel momento elaborate sono state raccolte in un “primo progetto ufficiale” di SSSE, che ha assunto così la forma di un vero e proprio quadro di riferi-mento per le politiche territoriali dell’Unione:

• dimensione europea dei pro-blemi territoriali (cambiamen-ti e potenzialità delle aree urbane e rurali, base econo-mica delle zone rurali e tra-sformazioni dell’agricoltura, cambiamenti nei trasporti e nelle comunicazioni, disparità nella diffusione dell’innovazio-ne e delle conoscenze, pres-sioni sul patrimonio naturale e culturale dell’Europa, perdita della biodiversità e zone natu-rali, ecc.);

• ruolo e impatto delle politiche comunitarie sul territorio dell’Unione (politica agricola comune, Fondi strutturali e fondo di coesione, reti tran-seuropee, politica ambientale dell’Unione europea, ecc.); • obiettivi e opzioni politiche

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Dall’Unione Europea

per il territorio europeo (svilup-po (svilup-policentrico e migliora-mento delle relazioni città-campagna, parità d’accesso alle infrastrutture e al sapere, gestione e sviluppo del patri-monio culturale e naturale, nuovo quadro per una politi-ca territoriale integrata, ecc.); • modalità e strumenti

d’attua-zione (azioni concrete da intraprendere a livello degli Stati membri, cooperazione con i Paesi terzi, strumenti comunitari di politica del terri-torio, costituzione di un Osservatorio europeo, soggetti da coinvolgere, seguito del dibattito);

Così definito, lo SSSE persegue tre finalità generali: la coesione economica e sociale, lo sviluppo sostenibile, un’equilibrata com-petitività per il territorio europeo. La novità risiede nel fatto che queste tre finalità sono ora per-seguite congiuntamente, tenen-do conto anche delle loro intera-zioni: la coesione economica e sociale è un pilastro centrale del Trattato dell’Unione, lo sviluppo sostenibile è una missione fonda-mentale per le varie politiche comunitarie e la strategia territo-riale deve essere considerata come uno strumento per raffor-zarla. Il “valore aggiunto” consi-ste nel favorire la realizzazione di questi obiettivi collegandoli tra loro, vale a dire ponderando l’uno rispetto all’altro in funzione della diversità delle situazioni territoriali europee.

Lo SSSE stabilisce, soprattutto, diversi obiettivi di cooperazione per le aree urbane e rurali come risposta a una serie di “opzioni politiche” principali di cui tenere conto nella programmazione e nell’allocazione delle risorse: • favorire la complementarità

tra le città, per rispondere ai problemi di espansione incon-trollata e di congestione delle

aree urbane (evitare la pola-rizzazione eccessiva delle atti-vità attorno alle grandi metro-poli, rinforzare le reti di picco-le città nelpicco-le aree rurali, coor-dinare i “grappoli di città” nelle zone transfrontaliere, ecc.);

• rendere le città più dinami-che, attraenti e competitive, soprattutto per sviluppare quelle aree che attirano poco gli investitori a causa della mancanza di infrastrutture o di un’economia poco diversifi-cata;

• conservare e valorizzare il patrimonio urbano, come risposta ai problemi della spe-culazione edilizia, del mercan-tilismo, del turismo di massa; • sviluppare il partenariato tra

città e campagna, per riequili-brare le relazioni tra aree urbane e territori rurali (inco-raggiare le misure ambientali, mantenere un livello minimo di servizi alle imprese e alle persone nelle aree scarsa-mente popolate, valorizzare il potenziale economico di que-ste aree, ecc.);

• valorizzare la diversificazione delle economie rurali, per far fronte ai diversi problemi di riconversione e sviluppo delle zone a maggiore vocazione agricola;

• salvaguardare i paesaggi rurali, per favorire uno svilup-po economico equilibrato e integrato;

• potenziare gli investimenti nella conoscenza, per accre-scere il potenziale di sviluppo locale.

Definiti gli obiettivi e le priorità politiche, la Commissione si è in seguito fatta carico di un’ampia azione di consultazioni pubbli-che, allo scopo di integrare nel documento iniziale i pareri e i suggerimenti degli attori locali e delle parti sociali interessate.

Parallelamente, nel 1998, la Commissione ha preparato un documento di lavoro, il Rapporto sulle politiche comunitarie e la gestione del territorio, che insiste sul “bisogno di prendere in mag-giore considerazione l’impatto territoriale nell’elaborazione di tutte le politiche settoriali dell’Unione”. A questo proposito, la nuova iniziativa comunitaria INTERREG III si presenta come lo strumento privilegiato di appli-cazione dello SSSE a livello comunitario.

Per presentare e valutare i risulta-ti di queste consultazioni ufficiali, nei giorni 2 e 3 febbraio scorsi, la Commissione europea ha infine organizzato a Bruxelles un Forum sullo SSSE. In questa sede sono state elaborate quattro principali raccomandazioni: concepire lo SSSE come uno strumento per un migliore coordinamento delle politiche settoriali comunitarie, nazionali e regionali; costituire e avviare l’Osservatorio europeo per la gestione del territorio; asso-ciare anticipatamente al prosie-guo dei lavori i Paesi candidati all’adesione; promuovere un’azio-ne d’informazioun’azio-ne pubblica sullo SSSE.

Dopo dieci anni di gestazione, il progetto di SSSE appare ora veramente organico e maturo. È infatti completo sul piano politi-co (le priorità generali sono scandite da 60 “opzioni politiche” particolari) e ben sostenuto da chiare argomentazioni tecniche e scientifiche. Soprattutto, sono ben evidenziati alcuni principali problemi che incidono fortemen-te sulla coesione dell’Unione e sullo sviluppo dei suoi territori: • il permanere di forti disparità

economiche e sociali tra le regioni d’Europa;

• l’importanza crescente delle politiche comunitarie che hanno un impatto sul territo-rio;

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Dall’Unione Europea

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gennaio/marzo - 1999

• la distribuzione ineguale delle infrastrutture e delle cono-scenze sul territorio europeo; • la necessità di salvaguardare

e valorizzare le risorse natura-li, culturali e paesaggistiche; • le opportunità e i rischi

con-nessi al prossimo ampliamen-to dell’Unione.

Che ne sarà ora di questo gran lavoro preliminare? Una nuova strategia territoriale integrata entrerà davvero nell’agenda politica dell’Unione? Gli stessi ministri hanno sottolineato che lo SSSE non giustifica il trasferimen-to di nuove competenze al livel-lo comunitario. Costituisce inve-ce un “quadro d’orientamento politico” per incoraggiare uno sviluppo equilibrato del territorio

europeo e una maggiore coope-razione transnazionale tra collet-tività regionali e locali. Esso dovrà ora essere messo in opera dalle collettività territoriali, dagli Stati membri e dalla Commissio-ne. Purtroppo, a nostro avviso, il principale fattore di debolezza del progetto sta proprio nei dieci lunghi anni che sono stati neces-sari alla sua maturazione. La stessa risoluzione finale del Consiglio di Potsdam non sem-bra sufficientemente forte per rilanciare l’iniziativa politica in questo campo. Un altro fattore di debolezza risiede, per il momen-to, nella mancanza di una base giuridica e di una linea di finan-ziamento comunitario. Molto dipenderà, ora, dalla presidenza finlandese (luglio-dicembre

1999) e dalla successiva presi-denza francese (gennaio-giugno 2000), ma non solo. La forza con la quale l’UE sosterrà la sua poli-tica territoriale dipenderà anche dalle azioni del nuovo commis-sario europeo per le politiche regionali. Dal punto di vista degli Stati membri, invece, molto dipenderà dal peso che i vari ministeri del territorio avran-no nella programmazione dei Fondi strutturali (in Italia, il Ministero dei Lavori Pubblici – anch’esso sottoposto a una pro-posta di riordino - non è certa-mente il protagonista principale) e, soprattutto, dalle proposte di programmazione che saranno elaborate nelle sedi regionali.

Regioni

Procedure di accoglimento delle

domande di finanziamento degli

interventi strutturali

di Cecilia Savio – Regione Piemonte

Fin dalla fine degli anni ‘70 la Regione Piemonte si è attrezzata per gestire in modo informatico l’iter amministrativo delle pratiche di erogazione di finanziamenti. Infatti, già nel 1979, l’Assessorato Agricoltura aveva messo allo studio, in collabora-zione con il CSI Piemonte, un sistema informativo, in grado di gestire in forma automatizzata tutte le notizie e i dati disponibili per il settore agricolo. All’epoca due erano le necessità primariamente sentite:

1. raccogliere sistematicamente, selezionare, ela-borare, confrontare e immagazzinare tutti i dati a disposizione, per ricavarne un ritratto attendi-bile della realtà in cui si operava;

2. mettere i funzionari, preposti all’attuazione e al controllo delle disposizioni legislative destinate all’agricoltura, in condizione di disporre sempre di un quadro di riferimento preciso e sicuro. Attualmente, il sistema informativo per l’agricoltu-ra della Regione Piemonte coinvolge quasi tutte le attività amministrative dei settori centrali e perife-rici dell’Assessorato e tutte le attività statistiche svolte dalla Regione per conto di enti terzi (es.

ISTAT) e può contare su un numero di procedure stand-alone utilizzate, dagli stessi uffici regionali o da enti esterni convenzionati, per lo svolgimento di attività di assistenza tecnica alla produzione agricola, di ricerca e di formazione professionale. Recentemente, a seguito della definizione e approvazione da parte del Consiglio Regionale delle linee di sviluppo del sistema informativo regionale, sono state apportate alcune innovazio-ni sul piano orgainnovazio-nizzativo interno e sul piano tec-nologico-applicativo, in modo da integrare il siste-ma inforsiste-mativo per l’agricoltura nel sistesiste-ma infor-mativo regionale.

In particolare, sul piano tecnologico, l’architettura hardware si è evoluta verso i sistemi client-server. Oggi l’Assessorato Agricoltura può contare su 8 sistemi client-server, dotati di 1 server e 40 client in media, distribuiti sull’intero territorio regionale e collegati tra loro attraverso una rete geografica chiusa (privata).

Per quanto riguarda il software applicativo, sono state sviluppate delle procedure standard di gestione degli iter amministrativi, o workflow iter pratiche (WIRP), configurabili a seconda della complessità dell’iter e della mole di dati tecnici rilevati. Tali procedure si appoggiano su un siste-ma univoco di gestione dei beneficiari o anagrafe dei soggetti agricoli (aziende agricole, cooperati-ve, industrie di trasformazione, enti e

Figura

Tabella 1 - QCS Obiettivo1. Efficienza attuativa dei Programmi Operativi, parte Feoga (stato di avanzamento al 31.03.99)
Tabella 2 - QCS Obiettivo1. Efficienza attuativa dei PO regionali, parte Feoga, per tipologia omogenea di investimenti (stato di avanzamento al 31.03.99)
Tabella 4 - DocUP Obiettivo 5b. Efficienza attuativa dei programmi regionali per tipologia omogenea di investimenti (stato di avanzamento al 31.03.99)
Tabella 5 - QCS 951/97. efficienza attuativa dei Programmi Operativi  (stato di avanzamento al 31.03.99)
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