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Analisi di sbilanciamenti sul cromosoma 1q21.1-q21.2 individuati con il array-CGH

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

1.1 Citogenetica convenzionale (cariotipo)

Nei casi in cui il fenotipo non evocava una sindrome nota, fino a qualche anno fa il primo approccio diagnostico era il cariotipo convenzionale, una tecnica con cui si analizza tutto il genoma in un singolo esperimento (whole-genome). Le indicazioni all’analisi cromosomica includono quindi ampi spettri fenotipici che comprendono principalmente disabilità intellettiva e/o motoria, ritardo nello sviluppo, epilessia, difetti congeniti, infertilità e aborti spontanei.

Lo studio del cariotipo è una metodica sviluppata negli anni ‘60 dello scorso secolo e si basa sull’analisi dei cromosomi; i cromosomi si formano durante la metafase, quando il DNA, unendosi a un complesso sistema di proteine, si organizza in strutture ben definite e facilmente visualizzabili con colorazioni specifiche e con l’utilizzo di un microscopio ottico. Lo sviluppo di tecniche di bandeggio ha permesso l’inequivocabile identificazione di ciascun cromosoma; sulla base di tali tecniche ogni cromosoma è caratterizzato da uno specifico pattern di bande, ovvero regioni trasversali a diversa intensità di colorazione che si susseguono lungo il suo asse longitudinale. È possibile evidenziare regioni più o meno colorate che variano nel numero e nella disposizione fra i vari cromosomi, ma che risultano costanti in uno stesso cromosoma, consentendone quindi l’identificazione.

I principali bandeggi utilizzati sono il bandeggio G e il bandeggio Q. Nel bandeggio G i cromosomi sono sottoposti a digestione enzimatica con tripsina e successivamente colorati con Giemsa, che ha affinità per le regioni ricche in AT. All'osservazione al microscopio ottico i cromosomi presentano un'alternanza di bande più scure (bande G positive, formate da eterocromatina) e di bande più chiare (bande G negative, formate da eucromatina). Nel bandeggio Q si ottiene un pattern di bande analogo a quello del bandeggio G mediante la colorazione dei cromosomi con un colorante fluorescente (quinacrina), che ha affinità per le regioniricche in AT: in questo caso, le bande scure tipiche del bandeggio G appaiono come bande fluorescenti. Attraverso l’analisi del cariotipo possono essere visualizzate sia alterazioni numeriche, quali trisomie, monosomie e marker soprannumerari, che strutturali, come traslocazioni bilanciate o sbilanciate, delezioni e duplicazioni, inversioni e inserzioni: tali alterazioni sono spesso la causa dei fenotipi patologici.

Tuttavia sono state descritte anche alterazioni genomiche non patologiche, osservate nella popolazione generale, non correlate con aspetti clinici, che hanno evidenziato una certa

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2 variabilità nel genoma. Alcuni esempi sono la comune inversione pericentrica dell’eterocromatina del cromosoma 9; differenze nella morfologia e nella colorazione delle braccia corte di cromosomi acrocentrici; differenti lunghezze dell’eterocromatina pericentromerica nel braccio lungo dei cromosomi 1, 9,16 e Y.

Il principale limite della citogenetica convenzionale è costituito dalla risoluzione, in quanto non permette di rilevare alterazioni inferiori alle 5-10 Mb, intervallo in cui possono essere presenti centinaia di geni.

1.2 Citogenetica molecolare (FISH)

Agli inizi degli anni ’70, è stata introdotta la Fluorescence In Situ Hybridization (FISH), una metodica che utilizza sonde fluorescenti locus-specifiche, capaci di legarsi in modo selettivo al DNA. Questo permette di determinare il numero e la localizzazione di specifici segmenti di DNA sia in metafasi cromosomiche che nei nuclei interfasici, tramite l’utilizzo di un microscopio a fluorescenza con filtri specifici.

Rispetto al cariotipo, la FISH ha il vantaggio di avere un alto potere risolutivo (inferiore ad 1 Mb) e di localizzare il segnale con notevole precisione; inoltre, è una metodica piuttosto veloce (1-2 giorni) e permette anche di usare più sonde marcate con fluorocromi di diverso colore.

Il principale limite della FISH è che evidenzia duplicazioni, delezioni o riarrangiamenti di singoli loci senza fornire alcuna informazione sul resto del genoma e ciò ne riduce notevolmente l’applicabilità. Infatti la FISH viene utilizzata soltanto nei casi in cui il fenotipo clinico sia indicativo di una sindrome associata ad una specifica anomalia cromosomica da delezione/duplicazione (es. sindrome di Williams, Prader-Willi/Angelman). E’ chiaro che l’analisi FISH fa molto affidamento sulle indicazioni cliniche del medico che valuta un paziente e, in molti casi, il giudizio clinico può influenzare o determinare direttamente la scelta della sonda per stabilire una diagnosi.

Le applicazioni della FISH includono, inoltre, la conferma o la caratterizzazione di un’anomalia cromosomica precedentemente rilevata con un cariotipo standard, come ad esempio la definizione di marker cromosomici o la localizzazione dei punti di rottura nelle traslocazioni.

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1.3 Ibridazione genomica comparativa (CGH)

La combinazione della FISH e dell'approccio whole-genome del cariotipo convenzionale ha portato allo sviluppo del Comparative Genomic Hybridization (CGH). Questa tecnica è in grado di evidenziare e localizzare sbilanciamenti nel genoma, come delezioni o duplicazioni, in un singolo esperimento, senza la necessità di un preciso sospetto clinico.

Nel CGH vengono utilizzati due tipi di DNA: il DNA test, che è il campione da analizzare, e il DNA reference, cioè il DNA di un campione di riferimento sano. Questi due campioni vengono marcati con fluorocromi diversi e vengono fatti ibridare contemporaneamente su preparati metafisici normali, in cui i DNA test e reference competono per i loro target. In seguito, le immagini vengono analizzate da opportuni software e le differenze fra le intensità dei segnali di fluorescenza lungo ciascun cromosoma, rivelano duplicazioni o delezioni di frammenti genomici.

Il limite di questa tecnica continua ad essere la risoluzione: come per la citogenetica classica, essa è di 5-10 Mb dal momento che il substrato utilizzato per questa analisi sono le metafasi.

1.4 Microarray-based Comparative Genomic Hybridization (array-CGH)

Recentemente il CGH si è evoluto nel Microarray Comparative Genomic Hybridization

(array-CGH) e, anche questa tecnica, si basa sull’ibridazione competitiva di due genomi,

marcati in modo diverso che vengono fatti co-ibridare non più su metafasi ma su un supporto solido di vetro, sul quale sono fissati frammenti di DNA target, di cui è nota l’esatta posizione cromosomica.

La risoluzione di un’analisi del genoma basata su array è molto più elevata rispetto al cariotipo convenzionale (almeno 100 volte) ed è determinata dalla distanza e dalla dimensione dei frammenti di DNA target utilizzati. Questo permette di evidenziare anomalie del DNA che di norma non potrebbero essere rilevate con le tecniche di analisi finora descritte, incrementando notevolmente le possibilità di raggiungere una diagnosi certa. Gli array sono stati costruiti con una varietà di DNA target. I primi i vetrini erano costruiti utilizzando cloni batterici, come ad esempio i BAC. Questi vettori hanno una lunghezza che varia da 150 a 200 Kb e i BAC arrays contengono da 2˙400 a circa 30˙000 elementi che coprono l’intero genoma. La risoluzione di questo tipo di array è di circa 1 Mb e, nonostante sia una metodica sensibile e precisa, presenta il grosso limite di non evidenziare sbilanciamenti di dimensioni inferiori alla lunghezza di ciascun vettore.

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4 Oggi si utilizzano array a oligonucleotidi, di 25-85 bp di lunghezza, con cui si è raggiunta una risoluzione molto più alta. Queste piattaforme sono create con sequenze di DNA a singolo filamento sia pre-sintetizzate e fissate su vetrino mediante apparecchiature automatizzate (Tecnologia Ink-Jet Printing) sia sintetizzate in situ su un supporto di vetro mediante un processo di fotolitografia associata alla sintesi chimica degli oligonucleotidi (Tecnologia Affymetrix).

La risoluzione di un array di oligonucleotidi è data dalla lunghezza, dal numero e dalla distribuzione cromosomica degli elementi spottati sull’array. Quindi piattaforme più dense, con elementi più corti, daranno la migliore risoluzione.

Il risultato degli array è inoltre correlato alla scelta degli oligonucleotidi: infatti, essi possono essere distribuiti uniformemente lungo tutto il genoma oppure concentrati in regioni ad alta densità genica. Su un vetrino possono essere immobilizzati fino ad un milione di oligonucleotidi, con una risoluzione che arriva a 1,8 - 2 Kb, anche se nella pratica clinica si utilizzano vetrini con 60˙000 oligonucleotidi, uniformemente distribuiti lungo tutto il genoma, con una risoluzione di 33 Kb.

Alcuni vetrini di nuova generazione sono gli SNP arrays. Gli SNPs (Single Nucleotide Polymorphysms) sono variazioni del materiale genetico a livello di un singolo nucleotide con una frequenza maggiore all’1% (polimorfismo) e nel genoma umano è presente uno SNP ogni 1 Kb circa. Arrays di SNPs contengono circa 20 sonde di 25 bp per ogni SNP e coprono polimorfismi di cui si conoscono le caratteristiche (frequenze alleliche, localizzazione, condizioni sperimentali). Questo tipo di arrays permette di identificare sia perdite di eterozigosità (LOH) a livello di singoli nucleotidi che la presenza di disomie uniparentali. Il grosso vantaggio dell’array-CGH, oltre quello della sua alta risoluzione, è che permette di definire esattamente la regione genomica sbilanciata (deleta o duplicata) e quindi anche i geni in essa contenuti, migliorando la comprensione delle relazioni esistenti tra sbilanciamenti genomici e patologia. Il limite di questa tecnica, invece, è che non vengono rilevati riarrangiamenti “non sbilanciati”, ossia senza perdita/guadagno di materiale genetico, come succede ad esempio nelle traslocazioni bilanciate e nelle inversioni.

Il clinico indirizza un paziente all’analisi array-CGH quando, in presenza di dismorfismi, disabilità intellettiva, autismo o epilessia, non ci sia un sospetto di una specifica alterazione genetica. Tuttavia, non sempre i dati forniti da tale metodica sono di facile interpretazione poiché gli sbilanciamenti rilevati possono non essere la causa del fenotipo clinico.

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1.5 La variabilità del genoma umano

Con l’introduzione di tecniche di indagine “whole genome” ad alta risoluzione, come l’array-CGH, è stato osservato che la variabilità genetica è molto più ampia di quanto si pensasse prima. Infatti, in individui diversi, il genoma presenta grosse differenze nel numero di copie in molti loci.

Vengono definite Copy Number Variants (CNV) delezioni o duplicazioni di regioni del genoma, variabili in lunghezza da 1 Kb ad alcune megabasi, e queste sono le principali responsabili della variabilità genetica umana. Le CNV possono essere rare (ritrovate in pochi individui) o comuni (ritrovate in un numero maggiore di individui). Solitamente, le CNV rare interessano duplicazioni o delezioni di segmenti genomici più grandi ed esistono in un numero di alleli limitato (1, 2 o 3 copie). Queste CNV sono altamente penetranti e possono essere patogenetiche, quindi spesso sono de novo o le ritroviamo per poche generazioni in un albero genealogico.

Le CNV comuni, invece, interessano duplicazioni o delezioni di segmenti genomici più limitati ed esistono in un numero di alleli maggiore (quindi possono essere presenti da 1 a n copie). Queste CNV sono presenti nella popolazione con effetto più limitato sul fenotipo e si possono ritrovare in molte generazioni. All’interno di queste regioni possono essere presenti geni che hanno spesso una funzione biologica associata, ad esempio, alla risposta ai farmaci, all’immunità e alla percezione sensoriale. Quindi le varianti comuni sono responsabili di un cambiamento del dosaggio genico che può contribuire alle differenze fenotipiche tra gli individui e alla patogenesi di malattie, sia mendeliane che multigeniche.

La maggior parte di queste varianti si origina da un evento di ricombinazione omologa non allelica (Non-Allelic Homologous Recombination, NAHR) tra dupliconi, ovvero sequenze di DNA con lunghezza >1 Kb e con più del 90% di identità, presenti in due o più parti del genoma. L’alto grado di omologia fra queste sequenze favorisce la formazione di appaiamenti scorretti che determinano un crossing over ineguale, con la conseguente generazione di duplicazioni, delezioni, inversioni o di altri riarrangiamenti più complessi che possono anche coinvolgere cromosomi non omologhi. Con l’aumentare del numero di soggetti analizzati con la tecnica array-CGH, sono state individuate sempre più sindromi dovute a delezioni o duplicazioni originate da NAHR.

Ogni volta che viene individuata una CNV nel genoma è importante verificare se si tratta di una variante benigna o patologica per stabilirne il significato clinico. Per questo motivo è

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6 stato necessario creare un database, accessibile alla comunità scientifica, in cui fossero raccolte tutte le informazioni sulle varianti strutturali, in particolare le CNV.

Il database più utilizzato è il Database of Genomic Variants (DGV, http://dgv.tcag.ca), che ha lo scopo di catalogare tutte le varianti strutturali submicroscopiche di dimensioni maggiori ad 1 Kb identificate in individui sani. Le informazioni presenti nel DGV sono state ottenute da 55 studi scientifici e più di 2.5 milioni di casi analizzati con microarrays ad alta risoluzione (MacDonald et al. 2013). Questo database è in continuo aggiornamento.

1.6 Identificazione di nuove sindromi attraverso array-CGH

Lo screening mediante array-CGH di ampi gruppi di pazienti, con disabilità intellettiva o anomalie congenite multiple, ha portato all’identificazione di nuove sindromi da microdelezione, ma soprattutto da microduplicazione, non visibili con un’analisi citogenetica tradizionale. Infatti, con la FISH su cromosomi metafasici venivano individuate solo delezioni cromosomiche associate ad una determinata sindrome. Con l’applicazione dell'array-CGH è stato dimostrato che spesso le regioni in cui si verifica una microdelezione possono essere interessate anche da microduplicazione, con fenotipo clinicamente significativo.

Esempi sono dati dalla sindrome Velocardiofacciale e dalla sindrome di Williams dovute a una microdelezione rispettivamente del cromosoma 22q11.2 e del cromosoma 7q11.2. Con l’utilizzo dell’array-CGH sono state identificate anche le sindromi corrispondenti da microduplicazione del cromosoma 22q11.2 e del cromosoma 7q11.2, che causano un fenotipo molto variabile, da lieve difficoltà nell’apprendimento a anomalie fisiche multiple.

È stato osservato che alcune alterazioni considerate all’inizio delle CNV benigne, sono maggiormente presenti nelle persone con disabilità intellettiva, nonostante spesso siano ereditate da un genitore sano. Queste varianti potrebbero rappresentare dei fattori di suscettibilità con penetranza incompleta e variabilità del fenotipo. È noto infatti che un’anomalia cromosomica clinicamente rilevante possa determinare un fenotipo variabile, ma i concetti “penetranza incompleta” o “fattori modificatori” sono relativamente nuovi nel campo della genetica umana.

Esempi di sindromi che possono generare fenotipi altamente variabili e che spesso sono ereditate da un genitore sano, sono le microdelezioni 1q21.1, 2q33.1, 3q29, 8p12p21, 8q22.1, 16p11.2, 17q12 e le microduplicazioni 1q21.1, 3q29 e 17p11.2.

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7 Un’attenta analisi clinica e i risultati dell’array-CGH possono portare all’identificazione dei geni che determinano specifici tratti di un fenotipo, come è stato mostrato per la delezione 15q24.1 e l’ernia diaframmatica (Van Esch et al. 2009), oppure per la delezione del gene HMGA2 e la bassa statura (Buysse et al. 2009).

Tuttavia, bisogna considerare che spesso non c’è una correlazione fra la dimensione dello sbilanciamento e la gravità del fenotipo presentato. Questo suggerisce che, oltre al dosaggio genico, ci possono essere altri meccanismi che intervengono nel generare un fenotipo, come ad esempio interazioni genetiche o ambientali, in individui portatori di una microdelezione o microduplicazione.

1.7 Riarrangiamenti del cromosoma 1q21.1

Il fenotipo associato a riarrangiamenti, sia delezioni che duplicazioni, nella regione 1q21.1 è estremamente variabile, da assenza di sintomi a grave ritardo nello sviluppo e anomalie congenite multiple. Secondo i dati riportati in letteratura, la struttura di questa regione è molto complessa e all’interno della regione minima deleta o duplicata sono presenti almeno 11 geni (Harvard et al. 2011). Come riportato nella mappa “National Center for Biotechnology Information (NCBI) build 36”, nelle regioni fiancheggianti ci sono numerosi dupliconi che possono essere raggruppati in almeno quattro blocchi. E’ stato quindi ipotizzato che il meccanismo responsabile della formazione di questo sbilanciamento sia la NAHR (Mefford et al. 2008).

La microdelezione di questa regione è stata descritta per la prima volta in 3 individui su 505 affetti da anomalie cardiache congenite ed era presente anche in genitori non affetti (Christiansen et al. 2004). In studi più recenti (Mefford et al. 2008), sono stati individuati 25 casi di microdelezione 1q21.1 e 9 casi con la reciproca microduplicazione in un gruppo di 5˙218 pazienti con una storia di lieve/moderato ritardo dello sviluppo e dismorfismi. Il fenotipo dei pazienti con microdelezione o microduplicazione è estremamente variabile ed include lieve/moderata disabilità intellettiva, dismorfismi, micro- o macrocefalia, autismo, anomalie cardiache congenite, epilessia, cataratta, lassità dei legamenti, ipotonia.

La frequenza della microduplicazione sembra essere maggiore in individui con alterazioni nello sviluppo neuronale rispetto ai controlli, quindi la presenza di questo sbilanciamento potrebbe causare predisposizione ad alterazioni patologiche di questo tipo.

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8 In molti casi analizzati in letteratura, lo sbilanciamento era stato ereditato da uno dei due genitori che aveva avuto un normale sviluppo cognitivo. Quindi la scoperta che alcuni portatori della microdelezione 1q21.1 non presentano un fenotipo patologico implica la presenza di penetranza incompleta o di fattori modificatori che possono agire su questo locus.

1.8 Scopo della tesi

Lo scopo di questo lavoro di tesi è stato quello di studiare in dettaglio la regione 1q21.1-q21.2, risultata sbilanciata in 8 pazienti su un totale di 150 individui analizzati con array-CGH, e di studiare il fenotipo associato a questi sbilanciamenti.

Quindi, per prima cosa sono stati validati i risultati ottenuti con array-CGH utilizzando le tecniche FISH e Real time PCR, in accordo con le linee guida della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU), secondo le quali i risultati ottenuti con una tecnica dovrebbero essere validati con tecniche alternative.

Sono stati poi analizzati anche i DNA dei genitori per verificare se gli sbilanciamenti fossero de novo o ereditati. Per cercare di comprendere i meccanismi attraverso cui possono formarsi queste microdelezioni e microduplicazioni, è stata fatta un’analisi delle sequenze fiancheggianti le regioni coinvolte negli sbilanciamenti.

È stato fatto un confronto fra il fenotipo osservato in questi pazienti e quello dei casi riportati in letteratura che presentano lo stesso sbilanciamento, per cercare di individuare delle caratteristiche condivise e una possibile correlazione con i geni presenti in questa regione. Infine, si sono ipotizzate alcune cause dell’ampia variabilità fenotipica che caratterizza i portatori di una microdelezione o di una microduplicazione 1q21.1-q21.2.

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2. MATERIALI E METODI

2.1 Estrazione del DNA da sangue periferico

Il DNA è estratto e purificato da sangue periferico con l’utilizzo di uno estrattore automatico QIAsymphony® SP (QUIAGEN).

Per ciascun campione sono necessari 400 µl di sangue e lo strumento impiega circa un’ora per eseguire il protocollo di estrazione e purificazione. Al termine dei vari passaggi si ottiene il DNA in un volume finale di 100 µl.

Per l’estrazione automatizzata del DNA sono necessari un buffer di lisi, delle biglie magnetiche, un buffer per il lavaggio e un buffer di eluizione, forniti dal QIAsymphony® DNA Kit.

Il principio su cui si basa la tecnica per l’estrazione del DNA da sangue periferico prevede le seguenti fasi:

-

la lisi delle membrane cellulari degli eritrociti, della membrana cellulare e nucleare

delle cellule nucleate e digestione delle proteine con una proteinasi K;

-

il trasferimento del campione in una soluzione con delle biglie magnetiche alle quali

il DNA si lega per affinità;

-

l’eliminazione delle componenti cellulari attraverso una serie di lavaggi;

-

la separazione del DNA dalle biglie magnetiche ed eluizione del DNA.

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2.2 Array Comparative Genomic Hybridization (array-CGH)

L’

array-CGH è una tecnica che consente di confrontare il DNA del paziente (test) con il DNA di un campione di riferimento o di un pool di soggetti sani (reference), mettendo in evidenza perdite o acquisizioni di materiale genomico (delezioni e duplicazioni).

La tecnica prevede varie fasi (Figura 2.1):

a) digestione enzimatica del DNA test e del DNA reference; b) marcatura del DNA con fluorocromi;

c) purificazione dei frammenti marcati;

d) co-ibridazione del DNA test e del DNA reference su vetrino spottato con oligonucleotidi; e) lavaggio del vetrino;

f) scannerizzazione;

g) analisi dei risultati con software dedicati.

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11 a) Digestione enzimatica del DNA reference e del DNA test

Si valutano la qualità e la concentrazione del DNA estratto tramite la lettura di 2 µl del campione con lo spettrofotometro (NanoDrop ND- 1000 UV-VIS Spectrophotometer). Si osserva il rapporto fra l’assorbanza a 260nm e 280nm (A260/280) e quello fra

l’assorbanza a 260 nm e 230 nm (A260/230).

L’alta qualità del DNA genomico è data da:

- A260/280 compreso fra 1.8 e 2.0, che indica l’assenza di proteine contaminanti;

- A260/230 superiore a 2.0, che indica l’assenza di composti organici, come alcol e

fenolo, e di contaminanti cellulari, come ad esempio i carboidrati.

In seguito, si digeriscono 200 ng di DNA test e reference con gli enzimi di restrizione AluI e RSAI (PROMEGA, vedi Tabella 2.1) in un volume finale di 13 µl, lasciando ad incubare per 2 ore a 37 °C e per 10 minuti a 65 °C.

Tabella 2.1 Digestion master mix.

DNA (200ng totali) 10,1 µl Nuclease-free water 1,0 µl 10x buffer C 1,3 µl Acetylated BSA (10 µg/µl) 0,1 µl Alu I (10U/µl) 0,25 µl RSA I (10 U/µl) 0,25 µl Volume totale 13 µl

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12 b) Marcatura del DNA con fluorocromi

Per la marcatura viene utilizzato il kit Agilent Technologies.

Ad ogni campione vengono aggiunti 2,5 µl di Random primers. I frammenti di DNA digerito vengono quindi incubati per 10 minuti a 95 °C per favorirne la denaturazione. I DNA test e reference vengono marcati rispettivamente con Cianina 5-dUTP (Cy5), che emette fluorescenza nel rosso, e con Cianina 3-dUTP (Cy3), che emette fluorescenza nel verde; si aggiungono a ciascuna reazione 9,5 µl della seguente mix (Tabella 2.2):

Cy3 Cy5 5x buffer 5 µl 5 µl 10x dNTPs 2,5 µl 2,5 µl Cy3 (reference) 1,5 µl / Cy5 (test) / 1,5 µl Exo-Klenow 0,5 µl 0,5 µl Volume totale 9,5 µl 9,5 µl

Tabella 2.2 Labeling master mix.

Si ottiene così un volume finale di 25 µl (13 µl DNA digerito + 2,5 µl random primers + 9,5 µl labeling master mix) per ogni reazione. I campioni sono incubati per 2 ore a 37°C, poi per 10 minuti a 65°C per terminare la reazione.

c) Purificazione dei frammenti marcati

In seguito alla marcatura, si procede con la purificazione del DNA utilizzando filtri Amicon Ultra 30 kDa (MILLIPORE):

• Si aggiungono 455 µl di T.E. buffer 1X a ciascuna reazione e si trasferisce ciascun campione su un filtro, poi si centrifuga per 10 minuti a 14˙000 rcf;

• Si toglie l’eluato da ciascuna provetta, si aggiungono 480 µl di T.E. buffer 1X su ogni filtro e si centrifuga per 10 minuti a 14˙000 rcf;

• Infine si capovolgono i filtri in una nuova serie di provette e si centrifuga per 2 minuti a 1˙000 rcf per ottenere il DNA purificato dai nucleotidi non incorporati.

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13 Il volume di ciascuna reazione è circa 21 µl e, per ottenere un volume finale di 10 µl, i campioni vengono essiccati a 37°C per circa 30 minuti in un essiccatore con pompa a vuoto (EPPENDORF).

d) Co-ibridazione del DNA test e del DNA reference su vetrino spottato con oligonucleotidi

Prima di procedere con l’ibridazione, si valuta l’idoneità della marcatura dei campioni utilizzando lo spettrofotometro (NanoDrop 8000 or 2000 UV-VIS Spectrophotometer). Il NanoDrop misura l’assorbanza a 260 nm (DNA), a 550 nm (Cy3) e a 650 nm (Cy5), determinando, per ciascun campione, la concentrazione del DNA e dei fluorocromi Cy3 e Cy5. Quindi si calcola l’attività specifica secondo la seguente formula:

attività specifica = pmoli per µl fluorocromo µg per µl DNA genomico

Si procede con l’esperimento se l’attività specifica dei campioni rientra in un range stabilito: l’attività specifica del test marcato con Cy5 deve risultare compresa tra 15-20 pmoli di fluorocromo per µg di DNA genomico, mentre quella del reference marcato con Cy3 deve essere nel range di 15-25 pmoli di fluorocromo per µg di DNA genomico.

Quindi si uniscono 9 µl di DNA test con 9 µl del DNA reference e si aggiungono, a ciascuna reazione 29 µl, di Hybridization master mix (Agilent Technologies) (Tabella 2.3), per un volume finale di 47 µl:

COT DNA (1,0 mg/ml) 2 µl Agilent 10x Blocking

solution 4,5 µl Agilent 2x HIRPM buffer 22,5 µl

Volume totale 29 µl

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14 Successivamente i campioni vengono incubati per 5 minuti a 95°C e poi per 30 minuti a 37°C.

I DNA test e DNA reference così uniti, vengono messi ad ibridare con un vetrino Agilent Technologies 8X60 a 65°C over night (Figura 2.2).

Figura 2.2 Ibridazione su vetrino.

È possibile analizzare 8 reazioni di ibridazione diverse in una sola volta. Ogni reazioni di ibridazione viene caricata su un Gasket slide (Figura 2.3), un vetrino suddiviso in 8 porzioni. Successivamente il Gasket slide viene coperto con un vetrino Agilent Technologies 8X60 in cui sono spottati, per ciascuna delle 8 porzioni, 60˙000 oligonucleotidi con una distanza media di 33 kb (Figura 2.4).

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Figura 2.4 Vetrino usato per l’array-CGH.

e) Lavaggio del vetrino

Per il lavaggio, si immerge il vetrino ibridato nella soluzione Buffer 1 (Oligo aCGH Wash Buffer 1, Agilent Technologies), per 5 minuti a temperatura ambiente, in agitazione.

Successivamente, il vetrino viene immerso nella soluzione Buffer 2 a 37°C in agitazione per 1 minuto.

f) Scannerizzazione

Il vetrino viene sottoposto a scansione con uno scanner Agilent Technologies (Figura 2.5) dotato di due laser che rilevano, per ogni singolo oligonucleotide, i valori di fluorescenza generati dai fluorocromi Cy5-dUTP e Cy3-dUTP.

Grazie al software Scan Control (Agilent Technologies) si generano due immagini distinte, una in verde e una in rosso, che verranno unite a dare un’immagine composita (giallo).

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16 g) Analisi dei risultati con software dedicati

Le immagini del vetrino vengono poi analizzate dal software Agilent Feature Extraction Software (v10.7) che utilizza un gal file, una griglia di riferimento in cui ciascun oligonucleotide del vetrino è associato alla posizione corrispondente sul rispettivo cromosoma. In questo modo è possibile stabilire l’identità di ciascuno spot (tipo e sequenza dell’oligonucleotide) e il software può procedere alla quantificazione dei relativi valori di fluorescenza per ciascuno spot.

Una volta ottenuti questi dati, essi vengono processati, normalizzati, escludendo quei valori relativi a zone anomale, per esempio residui di un lavaggio non corretto, bolle o graffi (Figura 2.6).

Al termine del processamento si ottiene un grafico riassuntivo che riporta solo i risultati ritenuti affidabili e fornisce anche informazioni più generali sulla qualità dell’esperimento.

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17 Un secondo software (Genomic Workbench Standard Edition 5.0.14) estrapola i dati finora ottenuti e fornisce l’immagine di un “cariotipo molecolare”, in cui per ogni esperimento sono riportati gli ideogrammi dei singoli cromosomi, con le relative bande citogenetiche, e i valori di fluorescenza per ogni singolo oligonucleotide.

Si ottiene quindi una successione di spot che si distribuiranno intorno allo zero (valore di normalità):

- in caso di delezione il rapporto di fluorescenza fra DNA test e reference sarà 1/2=0,5, il cui log2 è -1, quindi i valori attesi saranno lungo il valore dell’asse -1;

- in caso di duplicazione, invece, questo rapporto di fluorescenza sarà 3/2=1,5, il cui log2 è circa 0,56, quindi i valori attesi saranno intorno a questo valore.

Nel nostro software abbiamo impostato un valore soglia pari a ±0,25, per cui tutti gli spot in cui il log2 del rapporto di fluorescenza è inferiore a -0,25 risulteranno deleti,

mentre gli spot in cui il log2 di questo rapporto è maggiore di +0,25 risulteranno

duplicati.

Inoltre abbiamo impostato il programma in modo che siano presi in considerazione gli spostamenti, rispetto al valore soglia, di almeno 3 oligonucleotidi consecutivi, quindi la risoluzione media dei vetrini da noi usati è di circa 99 Kb [33 Kb (distanza media fra due oligonucleotidi successivi) x 3].

Infine, il software posiziona gli oligonucleotidi facendo riferimento alla mappa genomica “Genome Reference Consortium human (GRCh) Build 37” (UCSC Hg19, February 2009) in modo che, quando viene trovata una regione alterata, è possibile stabilirne i confini (inizio e fine in bp) e controllare la presenza di eventuali geni noti.

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2.3 Coltura di sangue periferico per preparati metafasici

I linfociti di sangue periferico eparinato vengono coltivati e processati seguendo le procedure standard normalmente utilizzate in questo laboratorio.

A 100 ml di medium RPMI 1640 privo di L-glutammina (Gibco) vengono aggiunti 25 ml di siero bovino fetale (Gibco), 1 ml di L-glutammina 200 mM (100X) (Gibco) e 200 µl di una miscela 1:1 di antibiotici composta da Penicillina G sodica 1.000.000 U.I. (Pharmacia) e Streptomicina solfato 1.000.000 U.I. (Bristol-Mayers Quibb), entrambe disponibili in forma liofilizzata e sciolte ciascuna in 5 ml di acqua distillata (S.A.L.F).

Successivamente a 0,5 ml di sangue eparinato si aggiungono 9 ml del terreno sopra descritto e 20 µl di fitoemoagglutinina M (5mg/ml, DIFCO) e 20 µl di fitoemoagglutinina P (5 mg/ml, DIFCO). Infine la coltura è posta in un termostato a 37°C per 72h.

2.4 Processamento di sangue periferico per preparati metafisici

Dopo 72 ore si aggiungono due gocce di colcemid solution (10µg/ml in soluzione di Hanks), si lascia incubare in termostato per 1 ora e si centrifuga quindi a 1˙200 rcf per 10 minuti. Una volta eliminato il sopranatante si effettua uno shock ipotonico sospendendo il pellet con 10 ml di KCl 0,075M (5.59gr/l) e si pone a incubare in termostato a 37°C per 10 minuti. Al termine dell’incubazione si aggiungono 0,5 ml di fissativo di Carnoy (3:1 = metanolo (J.T.Baker) : acido acetico (J.T.Baker)) come prefissaggio. Successivamente si effettuano tre passaggi in fissativo allo scopo di eliminare eventuali residui citoplasmatici.

A questo punto il pellet è sospeso sempre in fissativo e conservato a +4°C.

2.5 Stesura di metafasi su vetrino

Il preparato viene centrifugato a 1˙200 rcf per 10 minuti e, una volta eliminato il sopranatante, si aggiungono alcune gocce di fissativo di Carnoy (3:1 = metanolo : acido acetico) per risospendere il campione. Quindi si lasciano cadere due o tre gocce su un vetrino che viene poi fatto asciugare con lo strumento Optichrome (EUROCLONE) in grado di tenere controllate le condizioni ambientali, come la temperatura a 37°C e l’umidità. La qualità della stesura viene valutata ad un microscopio (LEITZ WETZLAR) a contrasto di fase che permette di osservare le metafasi presenti.

(19)

19

2.6 Ibridazione in situ a fluorescenza (FISH)

I preparati metafisici vengono ottenuti analogamente a quelli per il cariotipo e quindi invecchiati overnight a temperatura ambiente per essere utilizzati per la FISH.

Per prima cosa si effettua un pretrattamento in 2X SSC (Tabella 2.4) pH=7,0 per 30 minuti in un bagnetto termostato a 37°C. Successivamente il vetrino viene disidratato attraverso una serie di passaggi di 2 minuti ciascuno in etanolo 70%-80%-99% a temperatura ambiente e, dopo essere stato asciugato all’aria, viene lasciato per 4 minuti a 37°C.

Quindi si prepara una miscela di ibridazione costituita da 1 µl di sonda, 2 µl di H2O e 7 µl di

buffer (fornito da Vysis) e si lascia per 5 minuti a 37°C.

Una volta che il vetrino è completamente asciutto viene messo a contatto con la sonda ed incubato overnight a 37°C in una camera umida (FlyChrome, EUROCLONE).

In questo lavoro, la sonda utilizzata per la FISH è il clone RP11-533N14 (Technogenetics) che ha una lunghezza di 1˙548 bp, è complementare alla regione del genoma che contiene il gene GJA5 ed emette una fluorescenza verde.

Il giorno successivo, quindi, si effettuano due lavaggi a diversa stringenza:

- il primo lavaggio a 70°C con una soluzione contenente 49 ml di H2O, 1 ml di

soluzione 20X SSC e 150 µl di IGEPAL;

- il secondo lavaggio a temperatura ambiente con una soluzione contenente 45 ml di H2O, 5 ml di soluzione 20X SSC e 50 µl di IGEPAL.

In seguito si effettua una serie di lavaggi con acqua e si lascia asciugare il vetrino.

I cromosomi sono evidenziati con un colorante di contrasto blu, il DAPI (4’,6-DiAmidinio-2-PhenilIndole). Tale soluzione viene precedentemente preparata diluendo 2 µl di una soluzione madre di DAPI (0,2 mg/ml) in 2 ml di tampone Mc Ilvaine (Tabella 2.4) pH=7. Sul preparato vengono posti 20 µl di DAPI e vengono conservati a 4°C al buio.

Tabella 2.4 Composizione delle soluzioni 20XSSC pH=7,0 e Tampone Mc Ilvaine pH=7,0.

Soluzione Composizione 20X SSC pH=7,0 175,3g NaCl 88,2g Na Citrato (volume finale=1l) Tampone Mc Ilvaine pH=7,0 Acido Citrico 0,1M Na2HPO4 2H20 0,2M

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20 Quando il vetrino è completamente asciutto viene montato con un vetrino coprioggetti utilizzando il mounting medium H-100 (Vector), che ha la capacità di mantenere più a lungo il segnale ed esaltare la sua fluorescenza.

Il vetrino viene osservato ad un microscopio a fluorescenza (LEIKA DMRBE), dotato di una lampada da 100 Watt, sul quale sono montati filtri a doppia e tripla banda per la visualizzazione contemporanea del colorante di contrasto e dei segnali di ibridazione specifici.

Per visualizzare il segnale delle sonde si utilizzano telecamere ad alta risoluzione e sistemi computerizzati, in particolare il sistema Cytovision (Applied Imaging) con telecamera CCD raffreddata.

(21)

21

2.7 Real time PCR

La Real time PCR è una tecnica che permette di effettuare una valutazione quantitativa del prodotto amplificato con la misurazione di fluorescenza in tempo reale durante la reazione di PCR. Uno dei metodi più utilizzati è quello TaqMan® (Applied Biosystems), basato sull’utilizzo di una sonda che ibrida in modo specifico con il prodotto desiderato.

2.7.1 Real time PCR con le sonde TaqMan

®

Le sonde TaqMan® sono complementari ad una sequenza interna ad uno dei due filamenti amplificati e sono marcate al 5’ con un fluoroforo e al 3’ con un quencher, che inibisce l’emissione di fluorescenza da parte del composto al 5’ fintanto che i due gruppi sono contemporaneamente legati alla sonda. Quindi, all’inizio della reazione non vi è emissione di fluorescenza, ma, con il procedere della reazione, la sonda si legherà progressivamente al numero in aumento di filamenti neosintetizzati.

Quando il filamento complementare alla sonda si duplica, l’attività esonucleasica 5’→ 3’, intrinseca della polimerasi, taglierà il gruppo fluorescente dalla sonda. Quindi il fluoroforo viene allontanato dal quencher, permettendogli l’emissione di fluorescenza, e l’intensità di fluorescenza emessa è proporzionale alla quantità di prodotto formato.

2.7.2 TaqMan

®

Copy Number Assays per il gene GJA5

Il protocollo TaqMan® Copy Number Assays (Applied Biosystems™ - Life Technologies) viene utilizzato per verificare, in campioni di DNA, il numero di copie di un gene di interesse (target) rispetto ad un gene che ha un numero di copie noto (reference).

Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato due tipi di sonde:

- una sonda (Taqman® copy number assay-GJA5, Applied Biosystems) complementare al gene GJA5 (target), presente nella regione 1q21.1-q21.2, per verificare gli sbilanciamenti; questa sonda è marcata con il fluoroforo blu, FAM;

- una sonda (Taqman® copy number reference assay RNaseP, Applied Biosystems) complementare al gene housekeeping (reference) che codifica per l’RNAsiP, di cui sono sempre presenti due copie in un genoma diploide; questa sonda è marcata con il fluoroforo verde, VIC.

(22)

22 Per ciascuna reazione sono necessari:

- I campioni che, all’analisi con array-CGH, sono risultati con un numero alterato di copie del gene target GJA5;

- Un controllo negativo senza DNA;

- Un calibratore, cioè un campione che non presenta sbilanciamenti nella regione 1q21.1-q21.2 e che quindi ha 2 copie del gene target.

Si prepara una mix composta da (Tabella 2.5):

2X Taqman® Genotyping Master Mix 10 µl Taqman® copy number assay (GJA5), 20X working

stock 1 µl

Taqman® copy number reference assay (RNaseP), 20X 1 µl

Nuclease free water 4 µl

Volume totale 16 µl

Tabella 2.5 Mix per la Real time PCR per un campione.

La soluzione TaqMan® Copy Number Assay (GJA5) contiene due primers e una sonda marcata con il fluoroforo FAM™ , per individuare la sequenza di DNA genomico target; la soluzione TaqMan® Copy Number Reference Assay (RNaseP), contiene due primers e la sonda marcata con il fluoroforo VIC®, per individuare la sequenza di DNA genomico reference; la soluzione TaqMan® Genotyping Master Mix contiene la DNA polimerasi (AmpliTaq Gold® DNA Polymerase, UP (Ultra Pure)) e i dNTPs necessari per la reazione di PCR.

Per eseguire la reazione vengono utilizzate piastre (MicroAmp® Fast 96-Well Reaction Plate 0.1mL- AppliedBiosystems) con 96 pozzetti e, in ciascun pozzetto, vengono caricati 16µl della mix e 4µl di DNA del campione o del calibratore, entrambi ad una concentrazione di 5ng/µl.

Nel pozzetto in cui si trova il controllo negativo, senza DNA, vengono caricati 16 µl della mix e 4 µl di H2O. Per ciascun campione si eseguono almeno tre repliche.

(23)

23 La reazione viene condotta con lo strumento StepOnePlus™ Systems (Applied Biosystems) alle seguenti condizioni:

La reazione avviene in circa 2 ore e i prodotti vengono misurati durante la fase esponenziale della PCR, a partire dal ciclo in cui la fluorescenza è rilevata dallo strumento, detto “ciclo soglia” (Ct) (Figura 2.6). Maggiore è il numero di copie del gene e minore sarà il Ct, ovvero il numero dei cicli necessari per rilevare la fluorescenza.

Figura 2.6 Determinazione del valore soglia Ct. “Threshold” è la linea soglia scelta dall’operatore in modo da intersecare le curve di tutti i campioni nella fase esponenziale. “Baseline region” indica il valore al di sopra del quale inizia l’accumulo di un amplificato. “Ct” è il numero di cicli in cui si inizia a rilevare la fluorescenza.

Stage Temperature Time

Hold

(attivazione enzima) 95 °C 10 min

Cycle (40 Cycles)

95 °C 15 sec

(24)

24 Viene eseguita una quantificazione relativa: i dati ottenuti con il software StepOne™ Software v2.0, dello strumento StepOnePlus™ Systems (Applied Biosystems), vengono esportati e analizzati dal software CopyCaller™ v2.0 (Applied Biosystems).

Il programma normalizza il valore dei Ct della sonda del gene target rispetto ai valori dei Ct della sonda del controllo endogeno (es. RNasiP), di cui è noto il numero di copie (Figura 2.7), secondo la seguente formula:

∆Ct = Ctgene target – Ctgeneendogeno

Figura 2.7 Rilevazione del Ct per la sonda del gene GJA5 (FAM, blu) e del Ct per la sonda del gene RNasiP (VIC, verde). Il ∆Ct è la differenza fra il Ct del gene GJA5 e il Ct del gene RNasiP.

In seguito, il software, mediante un algoritmo, confronta i ∆Ct di tutti i campioni in esame con il ∆Ct del calibratore, in modo da determinare il numero di copie del gene di interesse.

(25)

25

3. RISULTATI

3.1 Analisi dei risultati ottenuti con array-CGH

In questo lavoro abbiamo analizzato i DNA di 150 soggetti con fenotipo patologico con la tecnica dell’array-CGH.

I risultati sono stati elaborati dal software Genomic Workbench Standard Edition 5.0.14. che permette una gestione più agevole dei dati, in quanto riporta:

a) gli ideogrammi dei cromosomi umani con le relative bande citogenetiche e, a destra di ciascun cromosoma, le alterazioni rilevate, come evidenziato nel cerchio rosso in figura 3.1;

b) il cromosoma selezionato, a lato del quale possiamo vedere una successione di punti neri, verdi o rossi:

• i punti neri rappresentano gli oligonucleotidi in cui il log2 del rapporto di

fluorescenza fra DNA test e reference è compreso fra 0 e ±0,25, quindi in un range di “normalità”;

• i punti in verde rappresentano gli oligonucleotidi in cui il log2 del rapporto di

fluorescenza fra DNA test e reference è inferiore a -0,25, quindi indicativo di una “delezione” (cerchio rosso, figura 3.1);

• i punti in rosso rappresentano gli oligonucleotidi in cui il log2 del rapporto di

fluorescenza fra DNA test e reference è maggiore di +0,25, quindi indicativo di una “duplicazione”;

c) un ingrandimento della regione cromosomica selezionata nel riquadro in “a” e in “b”, e nella figura 3.1 possiamo osservare un ingrandimento della regione deleta indicata dai punti verdi (cerchio rosso);

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26

Figura 3.1 Elaborazione dei risultati con il software Genomic Workbench Standard Edition 5.0.14.

d) una tabella (Tabella 3.2) in cui sono riportati i nomi delle sonde spottate su vetrino; la posizione iniziale e terminale della regione cromosomica rappresentata da ciascun oligonucleotide; i geni presenti all’interno di ciascuna sequenza oligonucleotidica; il valore del rapporto di fluorescenza fra il DNA test e reference per ciascun oligonucleotide, evidenziando in verde la successione di tre oligonucleotidi con valori inferiori a -0,25 (delezione) e in rosso la successione di tre sonde con valori superiori a +0,25 (duplicazione).

Nell’esempio riportato nella tabella 3.2 è stato selezionato il primo caso, analizzato dal software, che risulta avere una delezione sul cromosoma 1, dalla posizione 146˙564˙743 bp a 147˙786˙706 bp (cerchi rossi), e in verde sono evidenziati gli oligonucleotidi che hanno un log2 del rapporto di fluorescenza fra DNA test e

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Figura 3.2 Tabella elaborata dal software Genomic Workbench per un vetrino 8x60K.

3.2 Analisi dei risultati nei pazienti con un’alterazione in 1q21.1-q21.2

Tra i pazienti analizzati abbiamo selezionato 8 casi che presentavano un’alterazione nel cromosoma 1q21.1-q21.2. I casi 1-2 sono fratelli, i casi 4-5 sono sorelle, mentre fra gli altri non c’è alcun grado di parentela.

Di seguito (tabella 3.1) riportiamo per ciascun paziente tutti gli sbilanciamenti trovati, ossia quelle regioni del loro genoma in cui il software ha individuato una successione di almeno tre oligonucleotidi alterati in delezione o in duplicazione, facendo riferimento alla mappa genomica Genome Reference Consortium human build 37 (GRCh37/Hg19, February 2009) . Per comprenderne il significato, abbiamo controllato ciascuno di questi sbilanciamenti nel Database of Genomic Variants (DGV), un database che riporta tutte le varianti genomiche “benigne” finora individuate in soggetti normali di controllo. Nella tabella abbiamo riportato in rosso le amplificazioni e in verde le delezioni con significato patologico, mentre in blu abbiamo riportato le varianti benigne ritrovate nel database.

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28

PAZIENTE 1

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 q21.1 - q21.2 146˙564˙743 147˙786˙706 24 0,000000 -0,840884 chr1 q41 217˙822˙081 218˙006˙721 5 0,000000 -0,402608 chr5 p13.2 36˙608˙893 36˙671˙379 4 0,000000 -0,472125 chr5 p13.1 41˙176˙485 41˙277˙437 4 0,000000 -0,443295 chr7 q31.2 116˙194˙007 116˙435˙830 6 0,000000 -0,362225 chr8 p11.22 39˙258˙694 39˙386˙299 4 0,000000 -4,755417 chr9 p21.3 22˙899˙384 23˙294˙743 4 0,000000 -0,453438 chr13 q21.1 57˙779˙337 58˙206˙274 5 0,000000 -0,583648 chr17 q21.31 44˙210˙563 44˙345˙185 4 0,000000 -0,652273 chrX p21.1 32˙575˙323 32˙780˙072 7 0,000000 -0,333572 chrX q21.1 83˙486˙241 84˙189˙710 11 0,000000 -0,292076 PAZIENTE 2

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 p13.1 116˙713˙614 116˙94˙723 5 0,000000 -0,445314 chr1 q21.1 - q21.2 146˙564˙743 147˙786˙706 24 0,000000 -0,772546 chr3 p24.3 19˙556˙603 20˙178˙690 13 0,000000 -0,547300 chr8 p11.22 39˙258˙694 39˙386˙299 4 0,000000 -5,418074 chr9 p13.3 34˙115˙473 34˙311˙136 5 0,000000 -0,461229 chr12 q13.2 55˙251˙839 55˙660˙247 9 0,000000 -0,343843 chr14 q32.33 106˙396˙280 106˙513˙163 4 0,541956 0,000000 chr14 q32.33 106˙875˙748 107˙038˙350 5 0,620247 0,000000 chr15 q11.1 - q11.2 20˙575˙446 22˙509˙395 9 0,000000 -0,899726 chr15 q26.1 90˙166˙857 90˙199˙216 4 0,000000 -0,523944 chr21 p11.2 9˙832˙248 9˙834˙823 18 0,268268 0,000000 PAZIENTE 3

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 q21.1 - q21.2 146˙564˙743 147˙786˙706 24 0,000000 -0,887071 chr3 q26.1 162˙088˙159 162˙619˙282 5 0,899947 0,000000 chr8 p11.22 39˙258˙694 39˙386˙299 4 4,931652 0,000000 chr9 p21.3 21˙304˙330 21˙384˙583 5 0,000000 -0,832890 chr14 q32.33 106˙560˙923 106˙958˙091 8 0,865266 0,000000 chr17 q25.3 80˙596˙300 80˙681˙055 4 0,000000 -0,898263 chr18 q21.33 60˙830˙316 61˙311˙248 14 0,000000 -0,562425 chr19 p13.11 17˙416˙401 17˙570˙358 10 0,000000 -0,592109

(29)

29

chr22 q11.22 23 056 362 PAZIENTE 4 23 152 616 4 3,566353 0,000000

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 p34.3 35˙880˙947 36˙032˙536 6 0,000000 -0,604293 chr1 q21.1 - q21.2 144˙988˙715 147˙786˙706 53 0,000000 -0,750666 chr1 q32.2 208˙098˙133 208˙237˙006 4 0,000000 -0,735266 chr2 p11.2 89˙052˙546 89˙508˙208 7 0,594781 0,000000 chr4 q31.3 154˙663˙999 155˙157˙446 5 0,000000 -0,679007 chr5 q33.1 150˙088˙254 150˙244˙246 4 0,000000 -0,842846 chr6 p21.33 31˙167˙083 31˙430˙125 6 0,459340 0,000000 chr8 q23.1 106˙745˙803 106˙878˙867 4 0,000000 -0,756248 chr12 p12.1 25˙348˙477 25˙486˙011 4 0,000000 -0,769797 chr12 q24.33 131˙533˙836 131˙801˙952 5 0,000000 -0,665571 chr13 q12.11 20˙206˙340 20˙530˙843 12 0,639758 0,000000 chr14 q23.1 58˙553˙026 58˙701˙657 4 0,000000 -0,891020 chr14 q32.33 106˙396˙280 106˙716˙545 7 0,880108 0,000000 chr15 q11.1 - q11.2 20˙575˙446 22˙509˙395 9 0,000000 -1,615968 chr16 p11.2 32˙624˙378 33˙489˙665 4 0,000000 -0,837556 chr21 p11.2 - p11.1 9˙832˙248 11˙114˙632 23 0,351433 0,000000 PAZIENTE 5

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 q21.1 - q21.2 144˙988˙715 147˙786˙706 53 0,000000 -0,747360 chr1 q32.1 200˙587˙012 200˙774˙955 5 0,000000 -0,469909 chr3 p24.3 19˙556˙603 20˙596˙089 18 0,000000 -0,411141 chr10 q21.3 69˙881˙282 70˙051˙963 4 0,000000 -0,826980 chr10 q23.2 - q23.31 88˙816˙418 90˙377˙874 29 0,000000 -0,207777 chr12 p13.31 6˙979˙881 7˙054˙559 4 0,000000 -0,596018 chr12 p11.23 27˙113˙135 27˙129˙369 4 0,000000 -0,587122 chr14 q32.33 106˙361˙276 106˙958˙091 13 0,565313 0,000000 chr15 q11.1 - q11.2 20˙575˙446 22˙509˙395 9 0,000000 -0,932843 chr16 p11.2 31˙768˙027 33˙413˙228 9 0,000000 -0,405154 chr17 q12 34˙437˙275 35˙446˙094 16 0,000000 -0,373951 chr17 q21.31 44˙210˙563 44˙345˙185 4 0,766432 0,000000 chr18 p11.21 13˙104˙847 13˙402˙513 7 0,000000 -0,525554

(30)

30

Tabella 3.1 Elenco di tutti gli sbilanciamenti e i relativi dettagli, rilevati con array-CGH negli 8 pazienti selezionati con uno sbilanciamento sul cromosoma 1q21.1-q21.2.

PAZIENTE 6

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 q21.1 - q21.2 146˙564˙743 147˙786˙706 24 0,558576 0,000000 chr2 p11.2 87˙104˙994 88˙235˙017 6 0,000000 -0,545705 chr8 p21.3 21˙901˙226 22˙260˙118 18 0,300280 0,000000 chr8 p11.22 39˙258˙694 39˙386˙299 4 0,000000 -1,206313 chr14 q11.2 22˙387˙218 22˙965˙064 12 0,000000 -0,519861 chr14 q32.33 106˙396˙280 106˙876˙148 10 1,914021 0,000000 chr14 q32.33 106˙957˙691 107˙190˙031 6 0,718800 0,000000 chr15 q11.1 - q11.2 20˙575˙446 22˙432˙828 7 0,000000 -0,748471 chr16 q23.1 78˙386˙960 79˙018˙704 14 0,353756 0,000000 chrX q13.3 74˙057˙328 74˙330˙854 5 0,000000 -0,530409 chrX q23 113˙767˙392 113˙889˙765 4 0,614353 0,000000 chrY p11.31 - p11.2 2˙756˙993 5˙533˙946 5 0,000000 -0,604928 PAZIENTE 7

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 p34.2 41˙582˙304 41˙747˙919 5 0,000000 -0,531552 chr1 p13.1 116˙713˙614 116˙919˙788 4 0,000000 -0,623367 chr1 q21.1 - q21.2 146˙564˙743 147˙786˙706 24 0,569227 0,000000 chr1 q32.1 204˙535˙159 204˙774˙224 5 0,000000 -0,545219 chr1 q41 217˙822˙081 218˙006˙721 5 0,000000 -0,471325 chr2 p22.3 32˙418˙778 32˙843˙707 13 0,000000 -0,389167 chr2 p11.2 - q11.1 89˙143˙658 95˙529˙239 12 0,530259 0,000000 chr11 p15.4 9˙441˙743 9˙632˙704 7 0,478731 0,000000 chr14 q11.2 22˙597˙826 22˙889˙004 7 0,000000 -0,592262 chr14 q32.33 106˙396˙280 106˙764˙087 8 0,763739 0,000000 chr15 q11.2 24˙058˙714 24˙924˙617 8 0,422565 0,000000 chr18 p11.21 13˙240˙638 13˙402˙513 4 0,000000 -0,567728 chr22 q11.22 22˙503˙811 23˙190˙414 20 0,732182 0,000000 PAZIENTE 8

Chr Cytoband Start (bp) Stop (bp) N° Probes Amplification Deletion

chr1 q21.1 - q21.3 144˙927˙778 152˙957˙623 53 0,402363 0,000000 chr14 q11.2 22˙597˙826 22˙965˙064 8 0,000000 -0,569061 chr14 q32.33 106˙396˙280 107˙089˙330 15 1,329897 0,000000 chr19 p13.2 12˙403˙357 12˙527˙357 5 0,455380 0,000000 chrX p21.1 34˙963˙471 36˙143˙993 15 0,290358 0,000000 chrX p11.22 50˙653˙577 51˙384˙346 14 0,276345 0,000000

(31)

31 Nella tabella 3.1 per ogni sbilanciamento vengono indicati: il cromosoma coinvolto e la specifica regione cromosomica interessata; la posizione iniziale e quella terminale, riferite alla mappa genomica Hg19; il numero di oligonucleotidi compresi nella regione sbilanciata; il rapporto di fluorescenza fra DNA test e reference indicativo di amplificazione o di delezione.

Un esempio di una variante strutturale benigna è il frequente sbilanciamento della regione p11.22, sul cromosoma 8, dalla posizione 39˙258˙694 bp a 39˙386˙299 bp (GRCh37/Hg19). Come è possibile notare nella tabella 3.1, questa regione risulta deleta nei pazienti 1, 2 e 6 mentre è amplificata nel paziente 3, tuttavia non è da considerarsi come una CNV patologica. Infatti nel DGV sono riportati numerosi studi su varianti strutturali che coinvolgono questa regione in individui sani, ad esempio: Perry et al. (2008) hanno descritto la CNV “nsv428198”, individuando 26 casi con un’amplificazione di questa regione in 62 controlli sani; Xu et al. (2010) hanno individuato in 6˙533 controlli sani una delezione di questa regione in 252 soggetti (dgv7766n71) e una duplicazione in 2 soggetti (dgv7767n71).

(32)

32

3.3 Delezioni e duplicazioni rilevate sul cromosoma 1q21.1-q21.2

Nella figura 3.3 sono riportati gli ingrandimenti delle delezioni rilevate sul cromosoma 1q21.1-q21.2 nei pazienti 1, 2, 3, 4 e 5. In queste immagini possiamo notare che la regione coinvolta nello sbilanciamento, evidenziata nel cerchio in rosso, è uguale per i primi tre pazienti, mentre è più estesa nelle pazienti 4 e 5.

(33)

33 Le duplicazioni della regione q21.1-q21.2 sul cromosoma 1, individuate nei pazienti 6, 7 e 8, sono riportate nella figura 3.4.

Per ciascun caso sono riportati sul cromosoma 1 gli spot rossi corrispondenti agli oligonucleotidi con il log2 del rapporto di fluorescenza superiore a +0,25 (riquadro a sinistra)

e i rispettivi ingrandimenti delle regioni duplicate (riquadro a destra).

Anche in questo caso possiamo notare che la regione coinvolta nello sbilanciamento, evidenziata in rosso, ha le stesse dimensioni nei pazienti 6 e 7, mentre è molto più estesa nel paziente 8.

(34)

34

3.4 Origine parentale del riarrangiamento

I pazienti 1 e 2 sono un fratello e una sorella che hanno ereditato dal padre la microdelezione di circa 1,22 Mb, dalla posizione 146˙564˙743 bp a 147˙786˙706 bp, che corrisponde alla regione minima comune coinvolta nello sbilanciamento (Figura 3.5).

Anche il paziente 3 presenta la stessa microdelezione di circa 1,22 Mb di origine paterna. Le pazienti 4 e 5, invece, sono due sorelle che risultano aver ereditato dalla madre una microduplicazione di circa 2,80 Mb, dalla posizione 144˙988˙715 bp a 147˙786˙706 bp, più ampia rispetto alle precedenti, che si estende verso il centromero rispetto alla regione minima comune, come mostrato in Figura 3.5.

I pazienti 6 e 7 sono risultati portatori di una microduplicazione della regione minima comune (da 146,564 Mb a 147,786 Mb): nel paziente 6 questo sbilanciamento è di origine paterna, mentre nel paziente 7 non si è potuto stabilirne l’origine in quanto adottato.

Infine, il paziente 8 presenta una microduplicazione di circa 8 Mb, dalla posizione 144˙927˙778 bp a 152˙957˙623 bp, che comprende la regione minima comune e che si estende in parte verso il centromero e in parte verso la regione terminale del cromosoma. In questo caso non abbiamo stabilito l’origine di questo sbilanciamento perché non abbiamo ancora avuto a disposizione i genitori per l’analisi parentale.

(35)

35

3.5 Riepilogo dei risultati

I dati relativi allo sbilanciamento sul cromosoma 1q21.1-q21.2 per ogni paziente sono raccolti nella tabella 3.2 e sono mostrati nella figura 3.5.

Nella tabella sono riportati: il primo e l’ultimo oligonucleotide coinvolti nello sbilanciamento, facendo riferimento alla mappa genomica GRCh37/Hg19; la tipologia di sbilanciamento rilevato; la dimensione e l’origine parentale dello sbilanciamento.

Tabella 3.2. Dati relativi agli sbilanciamenti individuati con array-CGH in 8 pazienti.

Primo oligonucleotide sbilanciato(bp) (mappa Hg19) Ultimo oligonucleotide sbilanciato(bp) (mappa Hg19) Rapporto fluorescenza Tipologia Dimensione (Mb) Ereditarietà

Paziente 1 146˙564˙743 147˙786˙706 -0,84 del 1,22 paterna

Paziente2 146˙564˙743 147˙786˙706 -0,77 del 1,22 paterna

Paziente3 146˙564˙743 147˙786˙706 -0,89 del 1,22 paterna

Paziente4 144˙988˙715 147˙786˙706 -0,75 del 2,80 materna

Paziente5 144˙988˙715 147˙786˙706 -0,75 del 2,80 materna

Paziente6 146˙564˙543 147˙786˙847 +0,56 dup 1,22 paterna

Paziente7 146˙564˙743 147˙786˙706 +0,57 dup 1,22 ND

(36)

36 Nella figura 3.5 sono schematizzati gli sbilanciamenti per ciascun paziente.

In rosso sono riportate le regioni duplicate, in verde quelle delete, mentre il riquadro in nero evidenzia la regione minima comune coinvolta nelle alterazioni.

Inoltre nella figura sono riportate le posizioni (GRCh37/Hg19) del primo e ultimo oligonucleotide alterati, in modo da localizzare sul cromosoma 1 i punti di rottura per ogni sbilanciamento.

Figura 3.5 Rappresentazione grafica degli sbilanciamenti e la localizzazione dei punti di rottura per ciascun paziente.

(37)

37

3.6 Localizzazione dei punti di rottura

Nella tabella 3.2 viene riportato per ciascun paziente il primo e l’ultimo oligonucleotide coinvolti nella delezione o nella duplicazione, riportati dal programma Genomic Workbench Standard Edition 5.0.14.

È però interessante osservare che, anche se nei vetrini da noi utilizzati gli oligonucleotidi sono distribuiti uniformemente nel genoma, in realtà, nelle regioni ricche di dupliconi, il numero di oligonucleotidi è drasticamente ridotto proprio a causa dell’alta omologia di sequenza, che rende spesso impossibile individuare sequenze uniche in cui poter disegnare un oligonucleotide. Quindi, mentre in generale possiamo dire che la distanza media tra due oligonucleotidi è di circa 33 Kb, all’interno dei blocchi di dupliconi questa distanza aumenta enormemente fino ad raggiungere qualche megabase.

L’immediata conseguenza di tutto ciò è che l’intervallo in cui si localizza un punto di rottura può risultare molto ampio. Infatti ciascun punto di rottura è localizzato in un intervallo compreso tra l’oligonucleotide alterato (deleto o duplicato) e l’oligonucleotide adiacente, che risulta invece essere normale.

Nelle tabelle 3.3 e 3.4 sono riportate per ciascun paziente le coppie di oligonucleotidi coinvolte nei punti di rottura prossimale e distale e l’ampiezza di ciascun intervallo entro cui è localizzato il punto di rottura.

Punto di rottura prossimale

ultimo oligonucleotide non sbilanciato (bp) primo oligonucleotide sbilanciato (bp) Ampiezza (Kb) paziente 1 145˙747˙269 146˙564˙743 817,4 paziente 2 145˙747˙269 146˙564˙743 817,4 paziente 3 145˙747˙269 146˙564˙743 817,4 paziente 4 144˙927˙837 144˙988˙715 60,8 paziente 5 144˙927˙837 144˙988˙715 60,8 paziente 6 145˙747˙269 146˙564˙743 817,4 paziente 7 145˙747˙269 146˙564˙743 817,4 paziente 8 121˙281˙170 144˙927˙778 23˙646,0

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38

Tabella 3.4 Punto di rottura distale di ogni sbilanciamento.

Punto di rottura distale

ultimo oligonucleotide sbilanciato (bp) primo oligonucleotide non sbilanciato (bp) Ampiezza (Kb) paziente 1 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 2 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 3 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 4 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 5 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 6 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 7 147˙786˙706 149˙079˙747 1˙293 paziente 8 152˙957˙623 152˙975˙386 17,8

(39)

39

3.7 I CASI CLINICI

3.7.1 Pazienti 1 e 2

I pazienti 1 e 2 sono un fratello e una sorella di 8 e 10 anni rispettivamente.

I bambini sono nati da gravidanze decorse regolarmente e la deambulazione è stata acquisita da entrambi tra i 13 e i 15 mesi di età.

Il bambino ha presentato difficoltà di acquisizione del linguaggio per cui ha effettuato logopedia dall’età di 4 anni e, ad una valutazione neuropsichiatrica, è stata rilevata immaturità generale e difficoltà nei primi apprendimenti. La sorella, invece, ha acquisito il linguaggio regolarmente ma le è stata diagnosticata una discalculia.

Il bambino presenta sinofris e punta del naso lievemente rivolta verso l’alto, caratteristica presente anche nella sorella.

Il padre dei pazienti, portatore della stessa anomalia genomica, ha riferito di godere di buona salute generale e non ha presentato difficoltà del linguaggio; ha effettuato intervento chirurgico di by-pass gastrico per obesità.

3.7.2 Paziente 3

Il paziente 3 è una bambina di 6 anni, nata a termine da parto spontaneo eutocico, da una seconda gravidanza decorsa con minaccia di parto pretermine al settimo mese. Il peso alla nascita era di 3,360 kg.

All’esame obiettivo venivano rilevate le seguenti note morfologiche della facies: apparente ipertelorismo, ptosi, blefarofimosi, epicanto inverso (sindrome ptosi-blefarofimosi-epicanto inverso), frenulo superiore lungo e agenesia di un dente incisivo inferiore.

Alla visita oculistica le è stato diagnosticato coloboma irideo inferiore parziale dell’occhio sinistro e coloboma del polo posteriore. Inoltre, la bambina presenta lieve insufficienza valvolare aortica e, all’età di 4 anni e mezzo, le è stato diagnosticato il diabete insulino-dipendente.

Il padre della bambina, portatore dello stesso difetto genomico, ha riferito di godere di buona salute generale e non presenta epicanto inverso, ptosi né blefarofimosi.

(40)

40

3.7.3 Pazienti 4 e 5

Le pazienti 4 e 5 sono due sorelle, di 49 e 41 anni, giunte all'osservazione del genetista clinico per decadimento cognitivo progressivo.

Entrambe sono nate in seguito a gravidanze decorse regolarmente, da genitori non consanguinei. Nei primi mesi di vita, in entrambe è stata fatta una diagnosi di cataratta congenita bilaterale per la quale le sorelle hanno subìto diversi interventi chirurgici. Il linguaggio è stato acquisito regolarmente, ma sono sempre state presenti difficoltà nell'articolazione della parola.

La primogenita ha frequentato le scuole medie con alcune difficoltà scolastiche, mentre la sorella ha presentato disabilità intellettiva che ha richiesto sostegno scolastico.

La deambulazione autonoma è stata acquisita regolarmente, ma entrambe hanno presentato frequenti cadute e perdita di equilibrio. Dall'età di 41-42 anni, la sorella maggiore ha iniziato a mostrare progressiva insicurezza nella deambulazione con comparsa di tetraparesi spastica, mioclonie, andatura a base allargata e atassia. Contemporaneamente è comparsa disartria importante, incontinenza sfinterica, grave ipotensione ortostatica e declino cognitivo. Attualmente la deambulazione è assente e gli studi neurofisiologici hanno rilevato la presenza di polineuropatia assonale sensitiva. La sorella più giovane attualmente presenta polineuropatia e lieve declino cognitivo, iniziati da qualche mese.

Entrambe presentano strabismo convergente e statura ai limiti inferiori della curva di crescita.

3.7.4 Paziente 6

Il paziente 6 è un bambino, nato da parto spontaneo eutocico in seguito ad una gravidanza decorsa regolarmente. Alla nascita gli è stato diagnosticato un difetto interventricolare sottoaortico in seguito al rilievo di soffio cardiaco. La deambulazione è stata acquisita all’età di 14 mesi. Il bambino ha effettuato una valutazione multidisciplinare dello sviluppo cognitivo e comunicativo-relazionale dalla quale è emersa la presenza di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo e un livello di sviluppo cognitivo deficitario per l’età.

All’esame obiettivo effettuato all’età di 5 anni venivano rilevate le seguenti note morfologiche della facies: radice del naso ampia, lieve sinofris, filtro corto, orecchie retroruotate e palato stretto.

(41)

41 Il padre del bambino, portatore dello stesso difetto genomico rilevato nel figlio, ha riferito di godere di buona salute generale e di non aver presentato ritardo del linguaggio da piccolo né disturbo del comportamento.

3.7.5 Paziente 7

Il paziente 7 è un bambino che è stato adottato all’età di 5 anni e, dalle notizie anamnestiche, la gravidanza è decorsa regolarmente.

La valutazione neuropsichiatrica infantile ha rilevato una disabilità del linguaggio e delle competenze generali. All’esame obiettivo venivano rilevate le seguenti note morfologiche della facies: fronte ampia, apparente ipertelorismo con ponte nasale ampio, labbro superiore sottile.

3.7.6 Paziente 8

Il paziente 8 è un bambino di 6 anni, giunto all’osservazione clinica per disabilità psicomotoria grave.

E’ nato in seguito ad una gravidanza decorsa regolarmente, a 39 settimane, da parto spontaneo. Era stata effettuata l’amniocentesi che aveva rilevato un assetto cromosomico 46,XY, maschile normale. Alla nascita il bambino pesava 3,550 kg.

Ad una valutazione neuropsichiatrica, effettuata all’età di 8 mesi, sono stati rilevati: circonferenza cranica 41,5 cm, microcefalia vera con arresto della curva di crescita dal secondo mese di vita per chiusura precoce della fontanella anteriore; tono muscolare variabile agli arti inferiori con prevalente ipertonia ed iperreflessia osteotendinea; scarso controllo dei muscoli nucali e disabilità psicomotoria medio - grave.

Il bambino ha acquisito la deambulazione autonoma all’età di due anni, con andatura incerta. Il linguaggio è limitato alla produzione di suoni.

All’esame obiettivo venivano rilevate le seguenti note morfologiche della facies: ipertricosi a livello della fronte, epicanto, filtro lungo e piatto, orecchie retroruotate con porzione superiore dell’elice ripiegata, appendice preauricolare destra e angoli della bocca rivolti verso il basso.

(42)

42

3.8 Validazione dei dati

Secondo le linee guida della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU), i risultati ottenuti con array-CGH dovrebbero essere validati con una o più tecniche alternative.

Nel nostro lavoro per confermare la presenza di uno sbilanciamento genomico nella regione 1q21.1-q21.2 abbiamo utilizzato la FISH e la Real time PCR.

3.8.1 Validazione dei dati con la FISH

Abbiamo analizzato tutti i nostri campioni con la tecnica FISH utilizzando la sonda locus-specifica (RP11-533N14, Technogenetics) di 1˙548 bp, complementare alla regione del cromosoma 1q21.1-q21.2 contenente il gene GJA5.

Figura 3.6 FISH della metafase del paziente 1.

In figura 3.6 è riportata l’immagine al microscopio della metafase del paziente 1, che all’analisi con array-CGH presentava una microdelezione del cromosoma 1q21.1-q21.2.

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