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Sviluppo e validazione di un modello dinamico per pompe di calore elettriche di piccola taglia: simulazione di un impianto di riscaldamento a pannelli radianti

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(1)

Università di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Sviluppo e validazione di un modello dinamico per

pompe di calore elettriche di piccola taglia:

simulazione di un impianto di riscaldamento a

pannelli radianti

Tesi di Laurea Magistrale

Relatori:

Prof. Ing. Walter Grassi Prof. Ing. Daniele Testi Ing. Eva Schito

Candidato: Emidio Tiberi

(2)
(3)

Indice

Abstract x

1 Introduzione e obiettivi della tesi 1

2 Caratterizzazione delle pompe di calore 3

2.0.1 Ciclo di Carnot . . . 4

2.0.2 Ciclo inverso reale . . . 6

2.1 Pompe di calore elettriche . . . 10

2.1.1 Sorgenti esterne . . . 13

2.1.2 Componenti di una pompa di calore elettrica . . . 13

2.2 Pompe di calore ad assorbimento . . . 22

2.3 Pompe di calore a motore endotermico . . . 23

3 Modellazione di pompe di calore elettriche di piccola taglia 24 3.1 Concetto di modellazione dei sistemi fisici . . . 24

3.2 Letteratura e stato dell’arte . . . 24

3.2.1 Functional-fit models . . . 25

3.2.2 Hybrid models . . . 27

3.2.3 Detailed models . . . 30

3.3 Descrizione del modello della pompa di calore . . . 31

3.3.1 Prospettive di utilizzo di un modello di pompa di calore . . . 31

3.3.2 Presentazione del modello preesistente . . . 31

3.3.3 Ipotesi alla base del modello . . . 32

3.3.4 Sistema di equazioni fisiche . . . 34

3.3.5 Algoritmo di risoluzione del sistema non lineare . . . 36

3.3.6 Preiterazione . . . 37

3.3.7 Calcolo iterativo . . . 38

3.4 Validazione del modello alle piccole potenze, a partire da dati di monitorag-gio IMMERGAS SPA . . . 41

3.4.1 Analisi delle specifiche tecniche di scambio termico . . . 41

3.4.2 Validazione pompa di calore AUDAX 6 kW . . . 46

3.4.3 Validazione pompa di calore AUDAX 8 kW . . . 48

3.4.4 Risultati del processo di validazione . . . 51

(4)

INDICE

3.5.1 Sensibilità al surriscaldamento all’evaporatore . . . 52

3.5.2 Sensibilità al subcooling al condensatore . . . 54

3.5.3 Sensibilità ai parametri di scambio termico in condensazione ed eva-porazione . . . 55

3.5.4 Sensibilità alla portata volumetrica del ventilatore . . . 57

3.6 Tuning del modello . . . 59

3.6.1 Importanza della procedura di tuning . . . 59

3.6.2 Variabili di tuning per pompe di calore di piccola taglia . . . 59

3.6.3 Ipotesi alla base del procedimento di tuning . . . 60

3.6.4 Algoritmo di tuning . . . 62

3.6.5 Scelta dei valori dai cataloghi . . . 64

3.6.6 Scelta della gerarchia di variabilità dei range delle incognite . . . 65

3.6.7 Implementazione in MATLAB . . . 65

3.6.8 Funzioni peso . . . 66

3.6.9 Analisi dei diagrammi e dei valori in output dalla routine . . . 68

3.6.10 Legge di Chisholm-Wanniarachchi al desurriscaldamento . . . 71

3.6.11 Analisi dei valori arrivati a convergenza . . . 72

3.6.12 Esempio di procedura di tuning senza pesi . . . 72

3.6.13 Esempio di procedura di tuning con i pesi . . . 79

4 Caso studio 81 4.1 Presentazione del caso studio . . . 81

4.1.1 Correlazioni semiempiriche per il defrost . . . 81

4.1.2 Penalizzazione agli avviamenti (cycling losses) . . . 83

4.2 Descrizione del modello transitorio dei pannelli radianti e dell’edificio . . . . 84

4.2.1 Equazioni di bilancio nei condotti . . . 84

4.2.2 Equazioni di bilancio nel mezzo solido contenente i condotti . . . 85

4.3 Involucro edilizio analizzato . . . 86

4.4 Accoppiamento dei modelli . . . 87

4.5 Simulazioni . . . 89

4.5.1 Analisi di sensibilità sul coefficiente di penalizzazione per gli on-off . 90 4.5.2 Analisi dell’influenza della forma della curva climatica sulle presta-zioni del sistema edificio-impianto . . . 91

4.5.3 Caratteristiche di funzionamento della pompa di calore e dei pannelli radianti nelle simulazioni . . . 104

5 Conclusioni 110

A Tecnologia dei pannelli radianti a pavimento 113

(5)

INDICE

C Caratteristiche dell’edificio e dei pannelli radianti analizzati nel caso

studio 121

(6)

Elenco delle figure

2.1 Analogia pompa di calore e pompa idraulica . . . 3

2.2 Ciclo di Carnot . . . 4

2.3 Differenza di temperatura refrigerante/sorgenti . . . 6

2.4 Deriva termica del terreno per applicazioni con pompe di calore ad assorbi-mento . . . 7

2.5 Classificazione dei refrigeranti su diagramma triangolare . . . 7

2.6 Ciclo termodinamico a CO2 . . . 9

2.7 Configurazione nel funzionamento invernale ed estivo . . . 9

2.8 Ciclo termodinamico con fluido reale . . . 10

2.9 Andamento della capacità della pompa di calore e del carico termico con la temperatura esterna . . . 11

2.10 Diverse tipologie di gestione del carico termico da soddisfare . . . 12

2.11 Scambiatori di calore a piastre saldobrasate . . . 14

2.12 Schema circuiti geotermici e sonde . . . 14

2.13 Batteria evaporatore prima e dopo frosting . . . 15

2.14 Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea continua) in funzione della pressione all’evaporatore per il tubo capillare . . . 16

2.15 Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea continua) per la constant pressure valve . . . 17

2.16 Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea continua) per la float valve . . . 17

2.17 Legge di apertura della valvola in funzione del surriscaldamento all’evaporatore 18 2.18 Sezione di una valvola termostatica con sensore all’ingresso del compressore 18 2.19 Diagramma p-T nel caso in cui fluido di lavoro e fluido ausiliario nel feeler bulb siano gli stessi . . . 19

2.20 Diagramma p-T nel caso in cui fluido di lavoro e fluido ausiliario nel feeler bulb siano diversi . . . 19

2.21 Valvola termostatica a controllo elettronico . . . 20

2.22 Compressore e inverter per pompe di calore della taglia di 10 kW . . . 20

2.23 Schema macchina ad assorbimento . . . 22

3.1 Allen and Hamilton Model . . . 26

(7)

ELENCO DELLE FIGURE

3.3 Stoecker-Johns scheme . . . 27

3.4 Didion & Domanski submodels scheme . . . 29

3.5 Andamento dei rendimenti del compressore da [6] . . . 33

3.6 Efficienze del compressore volumetrico . . . 36

3.7 Efficienza del circolatore secondo UNI 14511 . . . 36

3.8 Procedimento nella preiterazione . . . 38

3.9 Algoritmo del calcolo principale . . . 39

3.10 Algoritmo del calcolo principale . . . 40

3.11 Schema dello z-compressor di Jovane . . . 44

3.12 Andamento dei rendimenti di Kim e Jovane . . . 44

3.13 Schema del compressore twin rotary di Yun e Kim . . . 45

3.14 Andamento dei COP al variare della frequenza del compressore per AUDAX 6kW e AUDAX 8kW . . . 46

3.15 Diagrammi p-h 6 kW . . . 47

3.16 Coefficienti di prestazione del ciclo indicato simulato e monitorato AUDAX6 48 3.17 Diagrammi p-h 8 kW . . . 49

3.18 Coefficienti di prestazione del ciclo indicato simulato e monitorato a 8 kW . 51 3.19 Andamento del COP al variare del surriscaldamento . . . 53

3.20 Ciclo relativo al surriscaldamento e carnottizzazione . . . 53

3.21 Andamento del COP al variare del subcooling . . . 54

3.22 Andamento tipico dell’efficienza in funzione dell’NTU . . . 55

3.23 Sensibilità della macchina al coefficiente di scambio in condensazione . . . . 56

3.24 Sensibilità della macchina al coefficiente di scambio in evaporazione . . . 56

3.25 Sensibilità della macchina al rapporto Uc/Us . . . 56

3.26 Andamento del COP con la portata volumetrica al ventilatore . . . 57

3.27 Andamenti delle temperature all’evaporatore per la fase di evaporazione . . 58

3.28 Schema di utilizzo o meno del tuning . . . 59

3.29 Algoritmo di tuning . . . 62

3.30 Algoritmo di tuning . . . 63

3.31 Tabelle dei COP e delle potenze, fonte IMMERGAS SPA . . . 64

3.32 Mappe dei COP e delle potenze, fonte Clivet . . . 64

3.33 Distribuzione delle norme dei COP e RPM per tutte le combinazioni . . . . 68

3.34 Macrozone relative al range del volume del compressore . . . 69

3.35 Macrozone relative al range del ventilatore . . . 69

3.36 Macrozone relative al range del rapporto Uc/Us . . . 70

3.37 Macrozone relative al range del prodotto AtotUcond . . . 70

3.38 Tipologia condensatore in funzionamento invernale della macchina . . . 71

3.39 Andamento del vettore scarto relativo del COP fissato il volume del com-pressore e la portata del ventilatore . . . 73

(8)

ELENCO DELLE FIGURE

3.41 Distribuzione degli errori relativi al variare della temperatura esterna per i vari Uc/Us alle varie frequenze (in ogni immagine sono divisi i diagrammi

per tipo di terminale) . . . 76

3.42 Distribuzione degli errori massimi e delle medie al variare di Uc/Us per le varie frequenze . . . 78

3.43 Andamento della variabile UcondAtot per i rapporti Uc/Us scelti . . . 78

3.44 Distribuzione delle frequenze di temperatura per Pisa nel periodo di riscal-damento . . . 79

3.45 Andamento del COP di catalogo per pannelli radianti al 75 % di modula-zione, fonte CLIVET . . . 79

3.46 Distribuzione normalizzata dei gradi giorno in termini di energia in ingresso per la frequenza del compressore 75 % per pannelli radianti . . . 80

3.47 Andamento della variabile UcondAtot con la portata di refrigerante per i tuning effettuati . . . 80

4.1 COP medio del processo di brinamento e sbrinamento con resistenza all’e-vaporatore per temperature di mandata tipiche dei pannelli radianti . . . . 82

4.2 Prestazioni dell’evaporatore in funzione del tempo, durante brinamento . . . 83

4.3 Discretizzazione dei condotti in volumi finiti . . . 84

4.4 Discretizzazione del mezzo solido in cui sono immersi i pannelli radianti . . 85

4.5 Geometria edificio tipo B UNI 13791 . . . 87

4.6 Immagine 3D della configurazione dell’involucro nel caso studio . . . 87

4.7 Schema concettuale dell’accoppiamento tra i modelli . . . 88

4.8 Lavoro elettrico stagionale al variare della penalizzazione sui cicli on-off . . 90

4.9 Temperature di set point che garantiscono determinate temperature medie stagionali per ogni banda di tolleranza . . . 92

4.10 Valori dei set point ad ogni banda che garantiscono una media di 20� . . . 92

4.11 Forma delle climatiche simulate . . . 93

4.12 Temperature interne medie stagionali nelle simulazioni effettuate . . . 93

4.13 Intervallo delle temperature medie esterne durante il funzionamento mattu-tino della pompa di calore . . . 94

4.14 Andamento delle temperature orarie per banda 2 con set point a 21°C . . . 94

4.15 Curva climatica da analisi statica e mandata fissa . . . 97

4.16 Temperature di set point che garantiscono determinate temperature medie stagionali per ogni banda di tolleranza . . . 98

4.17 Valori dei set point ad ogni banda che garantiscono una media di 20� . . . 99

4.18 Confronto tra funzionamento continuo e intermittente a parità di regolazione della mandata . . . 99

4.19 Temperatura media aria . . . 100

4.20 SCOP e lavoro elettrico nel caso di mandate a punto fisso . . . 101

4.21 Relazione tra temperatura di mandata nominale e quella effettiva . . . 101

4.22 Energia dispersa stagionale, energia resa stagionale, temperatura media aria interna . . . 103

(9)

ELENCO DELLE FIGURE

4.23 Profilo di temperature e numero di giri nel caso di funzionamento al massimo

del compressore . . . 104

4.24 Profilo di temperature e numero di giri nel caso di funzionamento al minimo

del compressore . . . 105

4.25 Profilo di temperature in una giornata tipo con inversione tra media radiante

e temeperatura dell’aria . . . 106

4.26 Temperatura media del pavimento durante la stagione di riscaldamento . . . 107

4.27 Rendimento di secondo principio . . . 108

4.28 Coefficiente di prestazione e coefficiente di utilizzazione del combustibile . . 109

A.1 Struttura pavimento radiante . . . 114

B.1 Distribuzione delle norme degli errori pesati alle varie frequenze . . . 116

B.2 Distribuzione dei singoli termini dei vettori degli errori pesati alle varie

frequenze . . . 118

B.3 Distribuzione degli errori pesati massimi e delle medie al variare di Uc/Us

per le varie frequenze . . . 120

(10)

Elenco delle tabelle

2.1 Proprietà dei principali refrigeranti citati . . . 8

3.1 Specifiche del condensatore SWEP B15X28 utilizzate nella validazione, fonte IMMERGAS SPA . . . 41

3.2 Confronto delle simulazioni con i dati sperimentali . . . 47

3.3 Confronto delle simulazioni con i dati sperimentali . . . 50

3.4 Baseline dell’analisi di sensibilità . . . 52

3.5 Caratterizzazione cicli di Carnot equivalenti per diversi livelli di surriscal-damento . . . 54

3.6 Tabella dei valori Uc/Us ottimi alle varie frequenze . . . 77

4.1 Tabella intervalli di brinamento e sbrinamento . . . 83

4.2 Tabella dei valori di lavoro elettrico stagionale e di SCOP per climatica e per punto fisso . . . 97

B.1 Tabella dei valori Uc/Us ottimi alle varie frequenze nel tuning pesato . . . . 120

C.1 Tabella proprietà termofisiche involucro . . . 121

C.2 Tabella proprietà termofisiche finestra . . . 121

(11)

Abstract

Nel lavoro di tesi si discute l’adattamento di un modello di pompa di calore, sviluppato per elevate potenze termiche (100 kW), alle macchine di piccola taglia (10-20 kW termici). Le pompe di calore sono macchine termiche innovative, che presentano elevate efficienze e sono riconosciute come sistemi che sfruttano fonti rinnovabili.

Nella prima parte dell’elaborato viene presentata una descrizione generale delle pompe di calore, dei principi fisici di base e dei componenti principali di tale macchina.

In seguito si analizza il modello originario di EHP (Electric Heat Pump), mettendo in luce le caratteristiche dell’algoritmo e le ipotesi principali. Nei paragrafi successivi si studia l’adattabilità del modello alle pompe di calore di piccola taglia; in particolare si affrontano due procedure chiave: validazione dell’algoritmo a partire da dati sperimentali di pompe di calore di piccola taglia, per valutare se è necessario cambiare la struttura iterativa di base. La seconda procedura è lo studio degli input attraverso un’analisi di sensibilità, per verificare la loro influenza sul comportamento della pompa di calore.

In seguito si descrive lo sviluppo di una routine di tuning del modello, per ricavare tutti gli input necessari a partire dai dati di catalogo dei costruttori, nel caso che tali parametri in ingresso al modello non fossero noti a priori.

Infine si affronta un caso studio, eseguendo un’analisi completamente dinamica; il siste-ma edificio-impianto studiato è caratterizzato da una serie di locali adibiti ad uso ufficio, con terminali a pannelli radianti. Tutti i sottosistemi sono interfacciati con condizioni al contorno opportune. In tale caso studio si eseguono diverse simulazioni, valutando il com-portamento del sistema a diverse bande di tolleranza dalla temperatura di set point e a diverse leggi di regolazione della temperatura di mandata al circuito idronico. Vengono inoltre analizzati due tipi di funzionamento dell’impianto, continuativo e intermittente; in tutti i casi i risultati vengono comparati in termini di energia elettrica stagionale.

(12)

Capitolo 1

Introduzione e obiettivi della tesi

Le recenti normative europee sull’efficienza energetica hanno incentivato il settore dell’e-nergia ad un profondo cambiamento. In particolare gli attori del nuovo scenario di rin-novamento che si prospetta sono i sistemi a fonte rinnovabile. Le pompe di calore sono riconosciute, dalla Direttiva Europea RES (Renewable Energy Sources) 2009/28/CE del 23 aprile 2009, come tecnologia che impiega fonti rinnovabili; questo perché, una buona parte dell’effetto utile complessivo, viene ottenuta a spese della sorgente esterna (aria, acqua o terreno), e non da combustibili o energia elettrica. Le sorgenti esterne vengono definite, dalla direttiva, fonti rinnovabili, ma bisogna prestare attenzione al modo in cui esse vengono sfruttate, per evitare fenomeni di impoverimento della risorsa, che non è per nulla illimitata (es. deriva termica del terreno o variazione della temperatura media di un acquifero).

Come nel caso di altre tecnologie che sfruttano fonti rinnovabili, in concorrenza con i sistemi tradizionali, le pompe di calore stanno necessitando di un’incentivazione per la diffusione sul territorio italiano (si pensi a quanto è forte il mercato delle caldaie), dal momento che i costi di una tecnologia spesso sono correlati alla sua affermazione (non solo tecnologica, ma anche storica).

I principali vantaggi delle pompe di calore sono: • Elevate efficienze e quindi costi di esercizio bassi;

• Possibilità di utilizzare una sola macchina termica sia per il riscaldamento che per il raffrescamento (si dice che sono macchine reversibili);

• Le direttive europee riconoscono che una buona quota dell’effetto utile è ottenuta da fonti rinnovabili (aria, acqua, terreno), pertanto tali macchine si prestano a contri-buire al rinnovamento del parco energetico nazionale, per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto, sia in termini di efficienza energetica che di percentuale di energie rinnovabili.

Ai vantaggi si contrappongono i seguenti svantaggi:

• Costi di installazione elevati (tuttavia, quando in estate è necessario il raffrescamento, l’adozione di una sola macchina reversibile può diminuire i costi di installazione, dal

(13)

momento che comunque si dovrebbe associare una macchina frigorifera al generatore di calore invernale);

• Difficoltà di progettazione a causa della maggiore complessità, rispetto ai più comuni sistemi di riscaldamento (caldaie, stufe a pellet, etc.);

• Efficienze ridotte nel caso in cui si alimentano terminali ad alta temperatura con pompe di calore a singolo stadio (in quei casi per aumentare l’efficienza si potrebbe ricorrere a soluzioni alternative ma più complesse, come pompe di calore a doppio

stadio o a CO2).

Molte aziende del settore termotecnico, in Italia, si stanno dedicando alla produzione e progettazione delle pompe di calore, e anche le recenti normative includono, nei calcoli di fabbisogno dell’edificio, procedimenti per calcolare le prestazioni di tali generatori.

Tuttavia i metodi proposti (norme UNI-TS 11300) spesso trascurano effetti fisici molto importanti, inoltre non tengono conto che la pompa di calore non può essere analizzata a prescindere dall’edificio, perché è fondamentale il binomio edificio-impianto, soprattutto nei casi in cui l’involucro influenza molto il comportamento dinamico del sistema (es. edifici ad elevata inerzia). Le normative cercano di includere questi aspetti nel calcolo che viene proposto, ma spesso con semplificazioni e ipotesi troppo spinte, che tendono a sottostimare

le prestazioni della macchina (ref. [10]). Solo attraverso un’analisi dinamica, dell’intero

sistema pompa di calore-edificio, si possono effettivamente riprodurre in dettaglio tutte le condizioni di funzionamento.

L’obiettivo della tesi è di sviluppare un modello di pompa di calore per le piccole taglie, a partire da un modello preesistente, pensato e validato per elevate capacità.

Le pompe di calore di piccola potenza sono molto diffuse come sistemi di generazione e costituiscono una valida alternativa ai sistemi tradizionali.

Le normative sul risparmio energetico impongono vincoli stringenti per le nuove co-struzioni e per le ristrutturazioni. I consumi degli edifici, in tal modo, saranno sempre più bassi, favorendo i sistemi di generazione di piccola taglia per il residenziale privato.

In quest’ottica un modello fisico-matematico di una pompa di calore è un ottimo stru-mento per effettuare progettazione. In particolare il modello deve essere da un lato molto accurato, ma dall’altro non deve perdere di generalità, per essere flessibile ad applicazioni di diverso tipo.

(14)

Capitolo 2

Caratterizzazione delle pompe di

calore

Le pompe di calore sono macchine termiche che eseguono un ciclo termodinamico inverso; è famoso il paragone con le pompe idrauliche, secondo il quale le pompe di calore trasferiscono energia da una sorgente fredda ad una sorgente calda così come una pompa preleva fluido da un livello basso e lo convoglia ad un livello superiore.

Figura 2.1:Analogia pompa di calore e pompa idraulica

Questo trasferimento infatti si paga in entrambi i casi con energia in input al processo, come impongono rispettivamente il secondo principio della termodinamica e il bilancio di energia meccanica.

In passato si distingueva tra pompe di calore e chiller (o condizionatore), per intendere due macchine operanti un ciclo inverso ma con due diversi effetti utili: nelle pompe di calore l’effetto utile è il calore ceduto alla sorgente calda (per esempio durante il periodo di riscaldamento), mentre nei chiller l’effetto utile è il calore sottratto alla sorgente fredda (per esempio durante la stagione di raffrescamento).

Oggigiorno le moderne macchine sono reversibili, cioè capaci di soddisfare entrambi i fabbisogni, pertanto si parla di pompa di calore sia per riscaldamento che per

(15)

raffrescamen-to. Avere a disposizione una sola macchina per entrambe le necessità ha reso tale tecnologia molto competitiva rispetto ai tradizionali sistemi di generazione di calore per riscaldamento, grazie anche alle elevate prestazioni che le pompe di calore possono effettuare.

Nei sistemi tradizionali, per esempio boiler o caldaie, la macchina può asservire solo al fabbisogno invernale di riscaldamento e peraltro con il limite massimo di dare in output tutta l’energia in ingresso. Infatti per i boiler al massimo si potrebbe convertire tutta l’energia elettrica in calore per effetto Joule, e allo stesso modo nelle caldaie si potrebbe convertire tutto il potere calorifico inferiore del combustibile in calore (al limite nelle caldaie a condensazione si prende a riferimento il potere calorifico superiore).

Al contrario nelle pompe di calore (d’ora in avanti si parlerà solo di pompa di calore sia per riscaldamento che raffrescamento), si ha come riferimento un diverso limite fisico: il ciclo di Carnot inverso.

2.0.1 Ciclo di Carnot

Il ciclo di Carnot è probabilmente uno dei concetti base della termodinamica classica; per trasformare calore in lavoro il secondo principio postula l’esistenza di due sorgenti. Qualora si esegua un ciclo termodinamico, il teorema di Carnot inoltre afferma che il rendimento massimo si ottiene con un ciclo in cui le trasformazioni siano reversibili e questo rendimento è indipendente dalla sostanza che percorre il ciclo, ma dipende solo dalle temperature delle due sorgenti. Il ciclo di Carnot è caratterizzato da due trasformazioni isoterme e due trasformazioni isoentropiche.

Figura 2.2:Ciclo di Carnot

Questo teorema si può dimostrare, ma per la dimostrazione si rimanda ai testi di

termodinamica classica [1].

In generale i cicli termodinamici possono essere diretti o inversi: per i primi è positiva la somma algebrica del calore scambiato dalla sostanza operante fra le due sorgenti, così come

(16)

è positivo dunque (per il primo principio) anche il lavoro scambiato; per i cicli inversi invece la somma dei calori con segno è negativa, dunque occorre spendere lavoro dall’esterno.

In generale per i cicli diretti l’effetto utile è il lavoro scambiato, e la spesa è il calore richiesto alla sorgente calda, mentre nei cicli inversi la spesa è il lavoro, mentre l’effetto utile può essere o il calore sottratto alla sorgente fredda o il calore ceduto alla sorgente calda, in base allo scopo per cui è utilizzata la macchina.

Sfruttando il primo principio della termodinamica e il concetto di trasformazioni rever-sibili, per i cicli diretti si può scrivere

ηcarnot = L

Qc

= (1−Tf

Tc

) (2.1)

mentre per i cicli inversi si può fare riferimento a due indici di prestazione della macchina a seconda dell’effetto utile (c-calore ceduto alla sorgente calda, f- calore sottratto dalla sorgente fredda) εcarnot c= Qc L = Tc Tc− Tf (2.2) εcarnot f = Qf L = Tf Tc− Tf (2.3)

Si nota come nel caso di cicli inversi non ha senso parlare di rendimento, perchè i valori esposti sono maggiori di uno. Di norma essi vengono chiamati rispettivamente COP, Coefficiente di prestazione del ciclo con pompa di calore o con macchina frigorifera (per quest’ultima si utilizza l’acronimo EER).

Teoricamente tra i due coefficienti di Carnot, se si considerano le medesime temperature delle sorgenti, vige la relazione

εc = 1 + εf (2.4)

Tale formula è solo valida formalmente, perchè nella pratica i due cicli inversi non operano tra le medesime condizioni termodinamiche delle sorgenti.

In definitiva questa digressione teorica è stata utile a mostrare quale siano i limiti teorici per le pompe di calore, quale che sia il loro funzionamento (riscaldamento o raffrescamento). Per fare un esempio quantitativo si consideri in riscaldamento la temperatura della sorgente fredda a 0 � e la temperatura della sorgente calda a 40 � (valore plausibile di temperatura per i terminali di emissione di una pompa di calore). Il coefficiente di prestazione limite è dunque

εcarnot= Qc L = Tc Tc− Tf = 313, 15 313, 15− 273, 15= 7, 82 (2.5)

quindi considerando un kilowatt di potenza speso, la macchina ideale fornisce 7,82 kilowatt di effetto utile.

Tale valore limite è ben superiore a qualunque limite teorico dei sistemi tradizionali. Tuttavia i sistemi a pompa di calore, come tutti i sistemi reali, non eseguono trasfor-mazioni reversibili, il che allontana le prestazioni della macchina da quelle ideali.

(17)

2.0.2 Ciclo inverso reale

Nello studio dei cicli reali è di fondamentale importanza localizzare le irreversibilità all’in-terno della macchina; queste infatti allontanano il funzionamento reale da quello ideale e quindi allontanano il ciclo da quello di Carnot (di massimo rendimento).

Teoricamente le irreversibilità si possono quantificare introducendo il bilancio exergetico o di secondo principio, il quale porta alla definizione di rendimento di secondo principio espresso come:

Ψ = COPreale

COPcarnot

L’obiettivo di questo paragrafo è di analizzare qualitativamente le singole irreversibilità presenti nella macchina.

Trasferimento di calore agli scambiatori

Il ciclo di Carnot prevede i trasferimenti di calore come isotermi e reversibili; in realtà la reversibilità del processo è mantenuta grazie al fatto che il fluido responsabile dello scambio effettua la trasformazione in equilibrio termico con le sorgenti, cioè alla stessa temperatura. Nella pratica questo aspetto è impossibile da realizzare, perchè è indispensabile una qual-che, seppur minima, differenza di temperatura tra i due mezzi responsabili dello scambio di calore.

Quindi l’irreversibilità consta proprio nel fatto che la sorgente calda deve essere ad una temperatura inferiore al fluido che compie il ciclo, così come la sorgente fredda deve essere ad una temperatura superiore.

Di conseguenza maggiori saranno i divari di temperatura negli scambi, maggiore sarà il grado di irreversibilità dei processi di scambio termico.

Figura 2.3:Differenza di temperatura refrigerante/sorgenti

Inoltre scambiando calore con le sorgenti si interviene anche sulle condizioni termodi-namiche delle stesse, nel senso che quando si sottrae calore all’aria esterna, per esempio, questa si raffredda e lascia la macchina ad una temperatura diversa da quella con cui entra. Quindi seppur il mezzo esterno venga di norma considerato un serbatoio a capacità infinita, non si deve dimenticare che ciò è vero fino ad un certo punto. Se nelle applicazioni con aria esterna come sorgente fredda questo aspetto è ancora poco influente, nei casi in cui si

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sfrutta come sorgente fredda il terreno o un acquifero, sarebbe un grosso errore considerare che il mezzo non subisca influenze dallo scambio; è molto famosa la deriva termica del terreno nelle pompe di calore geotermiche, per la quale con il passare degli anni la sorgente

di scambio esterna muta le condizioni termodinamiche (fig.2.4).

Figura 2.4:Deriva termica del terreno per applicazioni con pompe di calore ad assorbimento

Quindi seppur spesso non sia considerato come problema principale, si deve tenere presente che le sorgenti non sono serbatoi termici ideali.

Componenti della macchina e proprietà del fluido di lavoro

Nei cicli inversi si adottano fluidi particolari, chiamati fluidi refrigeranti, i quali hanno la capacità di consentire gli scambi di calore anche a basse temperature senza incorrere in problemi fisici e tecnologici; teoricamente anche con l’acqua si potrebbe effettuare un ciclo a basse temperature (con il limite inferiore sempre del punto triplo), ma le pressioni che servirebbero sarebbero tali da dover utilizzare condotti e dispositivi esageratamente grandi, mentre i fluidi refrigeranti consentono di poter operare con densità tali da rendere le macchine molto compatte. Le trasformazioni termodinamiche possono coinvolgere scambi di calore latente o scambi di calore sensibile; nei cicli inversi reali avvengono entrambi i processi mensionati.

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I fluidi refrigeranti, come si nota dal diagramma triangolare (fig. 2.5), non sono fluidi privi di problematiche, soprattutto ambientali; per esempio il fluido R22 o l’R11, a cau-sa della loro incidenza negativa sull’ambiente, sono stati banditi nei nuovi impianti. Nel diagramma triangolare sono riportati i refrigeranti con le rispettive caratteristiche di in-fiammabilità, tossicità e permanenza in atmosfera. Nel grafico sono riportati i composti puri, a seconda della composizione in termini di cloro, fluoro e idrogeno (si legge in senso orario). Sono riportati tutti i principali refrigeranti, a partire dagli idroclorofluorocarburi (HCFC): questi hanno sostituito i clorofluorocarburi (CFC) a causa delle eccessive influen-ze negative di questi ultimi sull’atmosfera (la stabilità del legame tra cloro e fluoro causa una lunga permanenza nella stratosfera, a discapito dell’effetto serra ed un’azione di im-poverimento dell’ozono dovuto al cloro). In seguito per scongiurare danni all’ozono furono proposti gli idrofluorocarburi (HFC, es. R134a), cioè composti senza la presenza di cloro. Purtroppo però questi ultimi agiscono come climalteranti e le loro prestazioni come refrige-ranti sono sicuramente inferiori a quelle dei CFC e degli HCFC. Per completare il discorso sui refrigeranti, si devono citare le miscele, denominate con le serie 400 e 500 (es. l’R410a è un miscela al 50 % di R32 e R125): con la prima serie si intendono le miscele zeotropiche ed con la seconda le miscele azeotropiche. Oggigiorno sia gli HFC, sia le miscele, sono i due tipi di refrigerante più utilizzati nelle macchine a ciclo inverso.

Fluido ODP GW P100 Vita media atmosferica

R11 1 3800 45 R22 0,05 8500 12 R134a 0 1300 14 R290 (propano) 0 20 3 R407c 0 1500 (R32;R125;R134a) (6;33;14) R410a 0 1700 (R32;R125) (6;33) R717 0 <1 1

Tabella 2.1: Proprietà dei principali refrigeranti citati

In tabella2.1sono riportate le principali caratteristiche climalteranti dei refrigeranti più

usati; con ODP (ozone depletion potential) si intende un indice sull’effetto del refrigerante sull’ozono riferito al fluido R11 (valore 1), mentre con GWP (global warming potential) si intende il potenziale contributo all’effetto serra di un dato refrigerante, in 100 anni, riferito

alla CO2 (cioè 100 vuol dire che tale refrigerante ha gli stessi effetti di 100 kg di anidride

carbonica in termini di effetto serra).

Oggi sono preferiti fluidi ecocompatibili (tab.2.1), come l’anidride carbonica, la quale

però ha l’aggravante di dover considerare un ciclo termodinamico transcritico, cioè un ciclo per il quale la condensazione avviene al di fuori dalla campana del bifase, pertanto il con-densatore (denominato gas cooler), diventa l’elemento problematico perchè il refrigerante ha bassi coefficienti di scambio dal momento che non si passa dal regime bifase.

Tornando alle pompe di calore tradizionali, il fluido utilizzato attraversa diversi com-ponenti all’interno della macchina; gli scambi di calore avvengono essenzialmente negli

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Figura 2.6:Ciclo termodinamico a CO2

scambiatori, propriamente chiamati condensatore ed evaporatore. Le trasformazioni ideal-mente isoentropiche avvengono in due diversi elementi: il passaggio dalla bassa pressione all’alta pressione avviene attraverso un compressore nella maggior parte delle pompe di calore (con l’eccezione delle pompe di calore ad assorbimento), mentre il passaggio dal-l’elevata pressione alla bassa avviene attraverso un organo di laminazione (dal momento che non è conveniente l’adozione di un espansore perchè, anche se tecnologicamente ciò fosse possibile, si otterrebbe un lavoro piccolo), il quale è caratterizzato da un processo sostanzialmente isoentalpico, poichè il fluido non scambia lavoro ed è trascurabile la quota di calore che esso scambia nell’attraversamento della valvola.

Il ciclo reale prevede due transizioni di fase, nello scambio di calore con la sorgente calda e in quello con la sorgente fredda.

Naturalmente le trasformazioni che coinvolgono scambi di calore sensibile allontanano ancora di più il comportamento isotermo proprio del ciclo di Carnot.

Figura 2.7:Configurazione nel funzionamento invernale ed estivo

Gli scambi di calore sensibile per il refrigerante sono:

- Surriscaldamento all’evaporatore: indispensabile per introdurre nel compressore solo vapore senza tracce di liquido, che ne comprometterebbero il funzionamento.

- Desurriscaldamento al condensatore: anche se idealmente il compressore effettuasse un processo isoentropico si deve entrare nel condensatore in stato di vapore surriscaldato alla pressione di condensazione, infatti ciò aiuta a poter processare solo vapore nei vani del compressore.

- Sottoraffreddamento al condensatore: ha il ruolo sia di aumentare i salti di entalpia negli scambiatori, ma soprattutto ha il compito di far entrare il refrigerante nella valvola

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Figura 2.8:Ciclo termodinamico con fluido reale

di espansione allo stato di liquido; infatti la presenza di bolle di vapore nella valvola di laminazione ne compromette il funzionamento ottimale.

Considerando il fluido come reale è indispensabile introdurre anche le irreversibilità nel processo di compressione; in termodinamica quindi si definisce il rendimento isoentropico come indice di discostamento del processo reale dal processo ideale (a entropia costante). Infatti la viscosità del fluido inevitabilmente causa la dissipazione di parte dell’energia meccanica in ingresso in energia termica. Dunque a parità di salto di pressione, nel pro-cesso reale occorre un salto entalpico maggiore. Tale irreversibilità dipende dal tipo di compressore e del tipo di fluido processato, nonchè dalle sue condizioni termodinamiche.

La presenza di un fluido reale comporta anche l’insorgere di perdite di carico nel passag-gio attraverso le tubazioni e attraverso i componenti della macchina. Tali perdite di carico devono essere compensate dal compressore, ma comportano inevitabilmente l’aumento delle irreversibilità del ciclo.

2.1 Pompe di calore elettriche

Le pompe di calore elettriche sono il tipo concettualmente più semplice di pompa di calore, in quanto hanno solo la caratteristica di avere in input energia elettrica che viene convertita da un motore elettrico in energia meccanica per il compressore.

Se si vuole però confrontare tale tecnologia con quelle tradizionali si deve ragionare a parità di input, perchè l’energia elettrica è un vettore energetico di più alto livello rispetto ai combustibili (è una forma di energia ricavata da un processo a monte della pompa di calore), pertanto di norma si utilizza il fattore di conversione 0,46 pari al rendimento medio del parco energetico nazionale; a proposito si definisce il CUC (Coefficiente di Utilizzazione del Combustibile), in analogia al GUE (Gas Utilization Efficiency) per ragionare appunto a parità di energia primaria.

CU C = COP ∗ f = Qresa

Lel

Lel

Qprimaria

La pompa di calore elettrica esiste nelle configurazioni (sorgente fredda/sorgente calda) aria/aria, aria/acqua, acqua/aria, acqua/acqua, terreno/acqua.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Il motore elettrico può essere equipaggiato con o senza inverter, pertanto il compressore può funzionare rispettivamente a numero di giri variabili, a gradino o fissi; si distinguono quindi rispettivamente le pompe di calore modulanti e ON/OFF. L’adozione di un inverter che vari la frequenza di alimentazione del compressore è un aspetto abbastanza innovativo e funzionale, in quanto modulando la portata di refrigerante nel circuito si riesce ad evitare i funzionamenti in on/off e migliorare gli scambi termici e quindi le prestazioni della mac-china. L’aspetto più interessante rimane comunque quello di poter inseguire l’andamento della potenza richiesta dall’edificio senza effettuare on/off. L’aumento dell’efficienza degli scambiatori è dato dal fatto che a portate ridotte si sfruttano meglio le superfici di scambio, avvicinando i salti di temperatura tra refrigerante e sorgente calda.

Figura 2.9:Andamento della capacità della pompa di calore e del carico termico con la temperatura

esterna

Nel caso in cui la sorgente esterna sia aria è utile fare riferimento al diagramma di

figura 2.9, dove si nota che il fabbisogno termico di un edificio diminuisce all’aumentare

della temperatura esterna, mentre la capacità della pompa di calore aumenta.

É interessante notare che per pompe di calore on/off ci sarà solo un punto di incontro tra le due curve, chiamato punto di bivalenza (o balance point) per il quale la capacità della pompa di calore è esattamente uguale al carico. A destra del punto di bivalenza la pompa di calore fornisce più potenza di quella necessaria, pertanto funzionerà con cicli di attacca e stacca, mentre a sinistra la capacità della macchina non è sufficiente a coprire il carico, pertanto occorrerà un sistema integrativo o alternativo.

Nel caso di pompa di calore modulante, a sinistra del balance point, è comunque neces-sario un sistema alternativo o integrativo, mentre a destra la regolazione del compressore permette alla pompa di adattare la potenza termica resa al carico dell’edificio, pertanto la

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

macchina lavora in continuo grazie alla parzializzazione. Ciò consente da un lato di evita-re i cicli di accensione, dannosi per il evita-rendimento della macchina, dall’altro di aumentaevita-re l’efficienza degli scambiatori e quindi il COP.

Con sistema integrativo, monovalente o alternativo si intendono per esempio le seguenti soluzioni

Figura 2.10:Diverse tipologie di gestione del carico termico da soddisfare

Nel funzionamento integrativo si utilizza un elemento di generazione per colmare la differenza di potenza a sinistra del balance point. Nel caso monovalente invece si progetta la pompa in maniera tale da coprire il massimo carico che l’edificio può richiedere. Infine, nel funzionamento alternativo, si preferisce far funzionare la pompa di calore a destra del punto di bivalenza, mentre a sinistra si stacca la pompa di calore e si utilizza un altro sistema di generazione per coprire l’intero carico.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

2.1.1 Sorgenti esterne

Le pompe di calore elettriche possono essere accoppiate a tutte le sorgenti esterne, aria, acqua e terreno; si analizzano nel dettaglio le caratteristiche di ogni fonte.

Aria

• Liberamente ed immediatamente disponibile • Maggiore semplicità dell’unità esterna

• Temperatura caratterizzata da oscillazioni giornaliere e annue • Formazione di brina sull’evaporatore

• Punto di bivalenza Acqua

• Caratteristiche di scambio termico migliori

• Maggiore capacità termica a parità di temperatura • Disponibile ma può richiedere l’ottenimento di permessi • Necessità di filtraggio

• Può presentare difficoltà di sfruttamento (acque sotterranee) Terra

• Temperatura di sorgente molto stabile e elevata • Ampia possibilità di free-cooling

• Necessità di permessi per sonde geotemiche • Costo sonde geotermiche

• Necessità di ampie superfici di scambio • Possibilità di sonde orizzontali o verticali

2.1.2 Componenti di una pompa di calore elettrica

Scambiatori di calore

La tipologia degli scambiatori di calore dipende dal tipo di sorgente esterna e interna uti-lizzate e dalla taglia della macchina. Generalmente con sorgente esterna aria si utilizzano tubi alettati associati ad un ventilatore; nel caso di espansione diretta l’unità interna è anch’essa a tubi alettati. Nel caso invece di sorgente terreno si utilizza un circuito geoter-mico alimentato di solito con acqua glicolata, la quale scambia con il terreno grazie alle

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

sonde (figura 2.12) e con l’impianto grazie ad uno scambiatore a piastre o shell and tube.

Nel caso di circuito idronico (lato utenza), si utilizza nelle più comuni macchine di taglia medio bassa uno scambiatore a piastre saldobrasate, solo nelle pompe di calore industriali si ricorre a scambiatori più grandi a fascio tubiero.

Figura 2.11:Scambiatori di calore a piastre saldobrasate

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Nelle macchine aria/aria o aria/acqua durante il funzionamento invernale è importante tenere conto del brinamento della batteria dell’evaporatore esterno a causa della bassa tem-peratura e dell’umidità. Già in condizioni di 4-5 � di temtem-peratura esterna e con umidità superiori al 65 % si creano le condizioni per la formazione del ghiaccio. Questo fenomeno è estremamente dannoso per le prestazioni della macchina, perchè si viene a creare un’ulte-riore resistenza termica che causa un aumento del salto di temperatura tra refrigerante e aria esterna, per scambiare la medesima quantità di calore. tra refrigerante e aria esterna, la quale causa l’aumento del salto di temperatura per scambiare la medesima quantità di calore. Una diminuzione della temperatura di evaporazione del refrigerante porta quindi ad un abbassamento del COP. Inoltre la formazione di ghiaccio può portare al completo bloccaggio dei canali tra le alette mandando fuori uso l’evaporatore.

Per contrastare tale fenomeno si utilizzano nella maggior parte dei casi due interventi alternativi: di solito per le macchine reversibili si inverte il ciclo, in questo modo la batteria esterna diventa il condensatore e si scioglie il ghiaccio sottraendo energia dall’interno; altrimenti si utilizza una resistenza elettrica inserita nella batteria esterna.

Figura 2.13:Batteria evaporatore prima e dopo frosting

Valvola di laminazione

Come già accennato in precedenza, le funzioni della valvola di laminazione sono due: abbas-sare la pressione del refrigerante in uscita dal condensatore e allo stesso tempo regolare il suo flusso al fine di mantenere l’aspirazione al compressore allo stato di vapore surriscaldato.

Storicamente si sono utilizzati diversi tipi di valvola di laminazione (non tutti i tipi riescono a garantire la seconda funzione):

• Tubo capillare

• Valvola termostatica con controllo del surriscaldamento all’evaporatore • Float valve

• Constant-pressure expansion valve

L’applicazione del tubo capillare è ormai caduta in disuso per le pompe di calore; in pas-sato per tale componente veniva upas-sato un tubo di lunghezza 1-6 m e di diametro 0,5-2 mm (il nome è ingannevole perchè a causa dei diametri troppo grandi non sussiste il fenomeno

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

della capillarità); l’espansione consiste nell’attraversamento quindi da parte del liquido di una lunga porzione di tubo a sezione ridotta. L’inconveniente è che il tubo capillare non può modificare il suo comportamento al variare delle condizioni del ciclo; in particolare il flusso che attraversa la valvola deve essere il medesimo di quello che attraversa il compres-sore, altrimenti si rischia di allagare il condensatore o l’evaporatore prima di tornare alle condizioni normali; pertanto un punto di equilibrio per la valvola e il compressore può non garantire i bilanci ottimali all’evaporatore, anche se poi il sistema si riassetta in maniera tale che tutti i bilanci, di massa e di energia siano rispettati (si dice che i sistemi vengono progettati in maniera tale da non portare a condizioni di divergenza); per esempio nel caso di allagamento dell’evaporatore il ribilanciamento avviene quando nel tubo iniziano

ad entrare bolle di vapore che limitano la portata nel tubo capillare (figura 2.14 b), dal

momento che se si allaga l’evaporatore al contempo si secca il condensatore. Tuttavia, rag-giungendo le condizioni di bifase in ingresso al tubo, si perde per esempio parte dell’effetto utile all’evaporatore nel funzionamento in raffrescamento.

Quindi in definitiva si può dire che tale sistema è poco costoso, ma in generale adatto a condizioni di funzionamento fisse, perchè al di fuori delle condizioni nominali il sistema perde efficienza.

Figura 2.14:Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea

continua) in funzione della pressione all’evaporatore per il tubo capillare

La constant pressure valve ha la peculiarità di mantenere la pressione in ingresso all’evaporatore costante.

Si considerino due condizioni di funzionamento:

• Viene richiesto un carico termico maggiore all’evaporatore, per esempio perchè la temperatura esterna cresce, di conseguenza la temperatura e la pressione di evapo-razione salgono; la valvola quindi strozza l’apertura (narrower opening), elaborando una portata minore per cercare di ricondurre la pressione al valore fisso nominale. Ciò però scarica inevitabilmente l’evaporatore, perchè il compressore continua a ela-borare una portata maggiore di quella della valvola, quindi il sistema rimane non bilanciato.

• Viene richiesto un carico minore all’evaporatore, la temperatura e la pressione di evaporazione diminuiscono perchè diminuisce la temperatura esterna. La valvola riconduce il sistema alla pressione di progetto in questo caso allagando l’evaporatore.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Figura 2.15:Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea

continua) per la constant pressure valve

Dunque le valvole a pressione costante sono utili nel caso in cui la pressione e l’evapo-razione debbano essere mantenute tassativamente costanti, ma hanno la caratteristica di rendere il sistema non bilanciato, andando incontro a inefficienze.

La float valve ha la caratteristica di mantenere costante il livello di liquido all’evapora-tore; questo viene effettuato attraverso un controllore del livello di liquido nello scambiatore in questione.

Figura 2.16:Andamento del flusso di refrigerante nel tubo capillare (tratteggio) e nel compressore (linea

continua) per la float valve

Assicurando un livello all’evaporatore costante il sistema è intrinsecamente bilanciato, ma tale valvola si può utilizzare solo laddove è misurabile il livello di liquido nell’evaporatore (particolarmente difficile per gli scambiatori a piastre).

Le valvole termostatiche con controllo del surriscaldamento all’evaporatore sono il tipo più utilizzato nelle pompe di calore per il riscaldamento e il raffrescamento edilizio.

Il movimento dello stelo è dettato dalla differenza di pressione sul diaframma tra il fluido di lavoro e il fluido nel feeler bulb (fluido nel sensore). La taratura dello stelo è effettuata sulla differenza di pressione relativa al surriscaldamento.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Figura 2.17:Legge di apertura della valvola in funzione del surriscaldamento all’evaporatore

Figura 2.18:Sezione di una valvola termostatica con sensore all’ingresso del compressore

Tale valvola ha intrinsecamente la caratteristica di mantenere il sistema bilanciato, perchè se per esempio scendesse il livello di liquido all’evaporatore aumenterebbe il sur-riscaldamento, facendo intervenire la valvola che si aprirebbe, riportando le condizioni nominali.

In definitiva quindi la termostatica lavora in maniera simile alla float valve, ma controlla una variabile più semplice, quindi è maggiore il campo di impiego; inoltre monitora una variabile molto importante per il funzionamento del compressore.

Nel caso in cui l’evaporatore sia caratterizzato da perdite di carico importanti, la valvola viene provvista di un equalizzatore esterno, che applica al diaframma la pressione del refrigerante in uscita dall’evaporatore e non in entrata.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

di pressione ad un certo grado di surriscaldamento. La questione ora si pone sulla natura del fluido nel feeler bulb; infatti al variare del campo di funzionamento non è detto che corrisponda sempre la stessa differenza di pressione ad un certo salto di temperatura al-l’evaporatore se il power fluid (cioè il fluido di lavoro) è uguale al feeler fluid (fluido nel

sensore) (figura2.19)

Figura 2.19:Diagramma p-T nel caso in cui fluido di lavoro e fluido ausiliario nel feeler bulb siano gli

stessi

La questione è che a basse temperature il grado di surriscaldamento può essere anche molto diverso per garantire uno stesso delta di pressione al diaframma. Però se il salto all’evaporatore per il surriscaldamento diventa maggiore di 10 �, si deve sacrificare una porzione di area dell’evaporatore sempre maggiore perchè si lavora a bassi coefficienti di scambio.

Le soluzioni a questo punto sono due:

• Variare il salto di pressione di taratura della valvola, in maniera da avere un piccolo salto di temperatura di surriscaldamento alle basse temperature; tuttavia con questa soluzione si rischia di avere surriscaldamenti insufficienti alle alte temperature di evaporazione, tali da rischiare l’ingresso di gocce liquide nel compressore.

• Si utilizza un liquido diverso dal refrigerante nel ciclo in maniera tale da avere un salto di pressione costante al variare della temperatura di evaporazione.

Figura 2.20:Diagramma p-T nel caso in cui fluido di lavoro e fluido ausiliario nel feeler bulb siano diversi

Oggigiorno le valvole termostatiche sono sia a comando meccanico (cioè il funziona-mento descritto sopra) sia a comando elettronico.

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

Figura 2.21:Valvola termostatica a controllo elettronico

Il controllo elettronico consente infatti di avere tempi di risposta più veloci, senza utilizzare un metodo indiretto con il feeler bulb, grazie alla lettura diretta della temperatura in ingresso al compressore grazie ad un sensore. Diminuendo i tempi di feedback la valvola diventa più precisa e la regolazione si avvicina maggiormente ad un controllo ideale. Inverter e compressore

I compressori presi a riferimento nella seguente tesi sono del tipo associato a inverter; questi suscitano un forte interesse perchè offrono la possibilità di una modulazione continua della capacità della macchina, una riduzione dell’emissione acustica, ridotte vibrazioni, correnti di spunto basse, una risposta più veloce alla regolazione della temperatura dell’ambiente controllato. Naturalmente la parzializzazione della portata del refrigerante ha l’effetto già discusso di aumentare l’efficienza degli scambiatori, il che porta a valori del COP più elevati.

Figura 2.22:Compressore e inverter per pompe di calore della taglia di 10 kW

Ai numerosi vantaggi della modularità si contrappone la necessità di equipaggiare il componente con elementi di elettronica di potenza, con le corrispettive dissipazioni.

Nella seguente trattazione i compressori volumetrici vengono trattati a parametri con-centrati considerando una mandata (o scarico) e un ingresso (o aspirazione); le caratteri-stiche del loro funzionamento sono riassunte con quattro coefficienti: il rendimento isoen-tropico che tiene conto della viscosità del fluido e quindi degli attriti che dissipano energia meccanica in calore; il rendimento volumetrico che considera che parte del fluido aspirato non viene ceduto alla mandata ma rimane nei vani del compressore; il rendimento mec-canico che tiene conto degli attriti tra i componenti meccanici del compressore (albero,

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2.1. POMPE DI CALORE ELETTRICHE

cuscinetti, etc.); il rendimento elettrico, che tiene conto della presenza del motore elettrico e dell’inverter.

In generale altre perdite dell’inverter sono dovute alla distorsione del campo dovuta

alla corrente non proprio sinusoidale, ma da letteratura [6] è noto che tali perdite sono

irrilevanti per frequenze di comando dei transistor superiori a 1 kHz; per le macchine considerate sempre da letteratura la frequenza di commutazione è 0,8 kHz.

In generale, spesso non si considera la presenza dell’olio nella simulazione del compor-tamento del compressore, anche se questo, in determinate condizioni, può creare problemi, in quanto tende a separarsi e precipitare in fase solida.

In generale i compressori sono descrivibili da modelli che considerano i seguenti termini nelle equazioni di bilancio di energia:

• Potenza meccanica trasferita al fluido; • Potenza scambiata dal refrigerante; • Potenza scambiata dall’olio;

• Potenza endogena generata dal motore e dagli attriti meccanici. La potenza elettrica totale può essere divisa nei seguenti termini: • Potenza assorbita dal compressore;

• Potenza dissipata dall’inverter;

• Potenza assorbita dal controllo elettronico.

Nelle più comuni pompe di calore elettriche i compressori più comuni sono quelli volu-metrici rotativi; in questa categoria il tipo di compressore utilizzato dipende dalla taglia della macchina, ma generalmente fino a 20 kW termici si preferiscono i compressori rotary e twin rotary, per passare poi alle taglie medie dove si utilizzano i compressori scroll; i compressori a vite sono utilizzati per potenze termiche oltre i 100 kW termici. Per valori ancora maggiori di capacità termica si utilizzano i compressori centrifughi (compressori dinamici). In generale non si utilizzano i compressori volumetrici alternativi soprattutto perchè sorgono problemi nell’assicurare una portata costante di refrigerante.

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2.2. POMPE DI CALORE AD ASSORBIMENTO

2.2 Pompe di calore ad assorbimento

Le pompe di calore ad assorbimento adottano una logica di funzionamento abbastanza diversa dalle più comuni pompe di calore. Le differenze principali sono legate alla mancanza del compressore per l’innalzamento della pressione, lo sfruttamento di cicli di assorbimento e separazione di una miscela e la presenza di un generatore di calore e di un assorbitore.

Figura 2.23:Schema macchina ad assorbimento

In pratica la miscela che lascia l’assorbitore viene pompata al generatore e viene re-cuperato calore con uno scambiatore; al generatore il componente più volatile si separa e viene convogliato verso il condensatore, per poi attraversare la valvola di laminazione e l’evaporatore, giungendo infine all’assorbitore; qui avviene l’assorbimento con il fluido meno volatile di ritorno dal generatore (processo esotermico).

La peculiarità di questa tecnologia è di operare tra tre sorgenti; in pratica le prestazioni della macchina dipendono molto dal livello termodinamico del generatore, e diminuisce in maniera sensibile la dipendenza dalla sorgente fredda rispetto alle pompe di calore elettriche. Questo fatto è un bene laddove la sorgente fredda sia aria, pertanto si sentono in maniera minore i cali di rendimento dovuti alle oscillazioni della temperatura esterna.

Inoltre sempre se la sorgente esterna è aria può essere sfruttato uno spillamento, per esempio di ammoniaca, per contrastare i cicli di defrost senza penalizzare molto l’ambiente interno per esempio nel caso di inversione di ciclo.

Altra caratteristica delle pompe di calore ad assorbimento è quella di richiedere al-l’evaporatore una potenza minore a parità di capacità al condensatore (per esempio nel funzionamento invernale), pertanto nel caso di sorgente geotermica permettono l’utilizzo di un minor numero di sonde rispetto alle macchine elettriche.

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2.3. POMPE DI CALORE A MOTORE ENDOTERMICO

2.3 Pompe di calore a motore endotermico

Sono probabilmente le pompe di calore meno conosciute sul mercato europeo.

Il funzionamento è analogo alle pompe di calore elettriche, soltanto che al posto del motore elettrico si utilizza un motore endotermico, pertanto il vettore energetico in input è un combustibile.

Utilizzando un motore endotermico si può sfruttare anche l’energia non direttamente convertita in lavoro meccanico, ma recuperabile raffreddando il motore. A tal proposito si distinguono due tipi di recupero:

• Recupero diretto: avviene attraverso l’uso del fluido di raffreddamento per riscal-dare gli ambienti e/o l’acqua calda sanitaria, in questo caso si migliora l’efficienza dell’intero sistema.

• Recupero indiretto: in questo caso il fluido di raffreddamento viene utilizzato per innalzare la temperatura della sorgente fredda migliorando il COP della macchina. L’inconveniente di tali macchine consiste nella rumorosità del motore, pertanto si pre-stano ad esser applicate per taglie elevate per cui il motore può essere collocato in centrale termica limitandone la rumorosità negli ambienti abitati.

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Capitolo 3

Modellazione di pompe di calore

elettriche di piccola taglia

3.1 Concetto di modellazione dei sistemi fisici

Nell’uso scientifico e tecnico-progettuale un modello è una rappresentazione di un oggetto o di un fenomeno per riprodurne alcune caratteristiche o comportamenti fondamentali, in modo tale che questi aspetti possano essere mostrati, studiati, conosciuti laddove l’oggetto modellato non sia direttamente accessibile o, anche se accessibile, nel caso in cui si risparmi tempo di sperimentazione.

Nel seguente capitolo viene esposto dapprima lo stato dell’arte dei modelli predittivi del funzionamento della pompa di calore e verrà poi descritto nello specifico il modello sviluppato nell’ambito della tesi.

3.2 Letteratura e stato dell’arte

La struttura di un modello fisico è molto influenzata dall’obiettivo dello studio di ricerca che si vuole effettuare. A tal proposito Hamilton e Miller nel 1990 hanno effettuato una classificazione sulle diverse strutture di un modello di una pompa di calore; lo spettro descritto prevede da un lato i modelli equation-fitted, chiamati da loro functional-fit models, nei quali il sistema è considerato come una black box, con una serie di equazioni che ne descrivono il comportamento ma senza entrare nel particolare tecnologico, dall’altro lato ci sono i first principle models, cioè i modelli che ricorrono alle equazioni di bilancio termodinamiche per descrivere ogni sottocomponente del sistema in dettaglio; oggigiorno in letteratura è molto usuale trovare modelli ibridi.

In definitiva la classificazione è mirata a mettere in luce il fatto che ci possono esse-re diverse esigenze di utilizzo di un modello. L’approccio basato sulla descrizione di ogni singolo componente nel particolare comporta risultati molto accurati, ma implica la co-noscenza nel dettaglio delle specifiche tecniche di ogni elemento; il modello diventa così uno strumento molto potente e molto utile per chi progetta la macchina, consentendo di effettuare comparazioni tra diverse tecnologie in termini di costi-benefici.

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3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

All’estremo opposto, nell’approccio black box, non sono necessarie conoscenze detta-gliate dei componenti, consentendo l’applicazione del modello anche per coloro che hanno a disposizione, per esempio, solo i dati di catalogo del costruttore; naturalmente, in questo caso, il beneficio di non dover essere a conoscenza dei dati di dettaglio sui componenti si riversa in una minore accuratezza, ma sta al progettista fare sì che tali inaccuratezze siano poco influenti per l’obiettivo finale. Per fare un esempio nel calcolo del coefficiente di prestazione stagionale una strategia del progettista potrebbe essere quella di rendere il modello accurato caso studio per caso studio, circoscrivendo ogni volta il modello all’ap-plicazione; rendere il modello accurato solo in un certo range è una buona strada, perchè spesso alla generalità di un modello è associata la difficoltà nel costruirlo.

In definitiva come in tutti gli studi che utilizzano modelli fisici bisogna avere bene in mente quale è l’obiettivo dello studio, altrimenti si rischia di creare un modello talmente sofisticato da non riscontrare applicabilità con i dati a disposizione o troppo semplice da trascurare fenomeni fisici di rilievo che deviano i risultati da quelli veri.

3.2.1 Functional-fit models

Allen & Hamilton Model Nel 1983 Allen e Hamilton hanno proposto un modello

di simulazione di un chiller con la struttura tipica di un sistema black box, simulando la prestazione della macchina senza descrivere i componenti e senza coinvolgere tutte le variabili termodinamiche interne al ciclo (non è importante per il calcolo la conoscenza di tutte le temperature interne nè di tutte le pressioni). Ciò è stato reso possibile utilizzando relazioni che correlano tali variabili a quelle che vengono usate nelle equazioni alla base del modello. Per esempio la prestazione dell’evaporatore dipende solo dalla temperatura dell’acqua in uscita dall’evaporatore e dell’acqua in uscita dal condensatore attraverso una polinomiale con i coefficienti fissati con la tecnica della regressione (per un sistema acqua-acqua):

Qe= b1Tw e out+ b2Tw c out+ b3Tw e outTw c out+ b4Tw e out2 + b5Tw c out2 + b6

e allo stesso modo la potenza al compressore:

P = b7Tw e out+ b8Tw c out+ b9Tw e outTw c out+ b10Tw e out2 + b11Tw c out2 + b12

con la potenza al condensatore risultante dal primo principio:

Qc = Qe+ P

e le due equazioni di bilancio energetico agli scambiatori:

Qc = mccp(Tw c out− Tw c in)

(37)

3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

Figura 3.1:Allen and Hamilton Model

I coefficienti b1− b12devono essere determinati con dati sperimentali, pertanto il set di

cinque equazioni in nove incognite diventa risolvibile fissati i flussi di massa e le temperature in ingresso.

Hamilton & Miller Model Il modello di Hamilton e Miller (1990) rispetto al

pre-cedente richiede valori più dettagliati, entrando nel ciclo termodinamico. Le equazioni utilizzate sono il risultato di fitting sui valori di catalogo di ogni componente della mac-china, creando diversi sottomodelli e rispettando l’equazione di continuità della massa e dell’equilibrio tra le pressioni alle interfacce. Il modello concettuale di ogni componente consiste in un’equazione di bilancio di energia e di massa in condizioni stazionarie.

Figura 3.2:Hamilton & Miller submodels scheme

Anche se il modello è definito dagli autori come un equation fit model esso è caratte-rizzato da una struttura ben diversa dal black box, presentando un sottomodello per ogni componente, in questo modo tale approccio si avvicina concettualmente a quelli che sono definiti modelli ibridi.

Stoecker & Jones Model Il modello è presentato dagli autori come un vapour

compression system simulation analysis e si propone di predire il comportamento della macchina quando tutte le caratteristiche dei singoli componenti sono note.

(38)

3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

Note le caratteristiche si ricostruiscono i flussi di energia in funzione delle sole tem-perature di condensazione, evaporazione, temperatura ambiente e di ritorno dal circuito idronico.

Qe= c1+ c2te+ c3te2+ c4tc+ c5t2c + c6tetc+ c7t2etc+ c8tet2c+ c9t2et2c

P = d1+ d2te+ d3t2e+ d4tc+ d5t2c+ d6tetc+ d7te∗ 2tc+ d8tet2c + d9t2et2c

Qc = Qe+ P

Considerando l’efficienza globale di scambio costante per il condensatore e per l’evapo-ratore:

qc = F (tc− tamb)

qe= G(twi− te)

dove in realtà G può anche essere studiata come variabile non costante e può essere considerata come funzione lineare della differenza di temperatura:

G = 6[1 + 0.046(twi− te)]

Una volta definito il set di equazioni, si passa all’implementazione dell’algoritmo

ripor-tato in figura3.3.

Figura 3.3:Stoecker-Johns scheme

3.2.2 Hybrid models

Domanski & Didion Model Nel 1984 i due autori hanno sviluppato un modello

per una pompa di calore aria-aria, composta da due scambiatori di calore, un compressore alternativo e un tubo capillare come expansion device. L’assunzione base per la simulazione

(39)

3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

del compressore è che esso lavori in condizioni stazionarie. All’interno del compressore si descrivono termodinamicamente quattro zone per le quali il refrigerante è considerato in equilibrio. Viene simulato lo scambio di calore in suddette zone attraverso una correlazione valida in convezione forzata:

N u∝ Re0.8P r0.33

così come vengono simulate le perdite di carico:

∆P m

2

ρ

Il processo nel compressore è assunto politropico sia per la compressione che per la riespansione, con lo stesso indice della politropica, così l’incremento entalpico del processo viene descritto da:

∆h = ∆his

1

ηp

β(n−1)/n− 1

β(γ−1)/γ− 1

in tal modo il bilancio al compressore è espresso da:

Pel= m(hi− ho) + Q

I due autori riescono a descrivere in maniera abbastanza accurata il compressore. Gli scambiatori vengono simulati come tubo-tubo e vengono usate correlazioni per lo scambio sia bifase che monofase.

In definitiva si comprende il carattere ibrido del modello, in quanto si nota come la de-scrizione del compressore sia di maggior dettaglio rispetto agli altri componenti. Il modello inoltre è interessante perchè presenta anche un bilancio di massa su ogni componente, si-mulando anche la vaschetta posizionata prima del compressore per la separazione di tracce di liquido.

Gordon & Ng Model Gordon e Ng (1994) hanno proposto un modello per chiller a

compressore alternativo per predire il valore del COP dalle temperature dei fluidi esterni in ingresso e dalla potenza di refrigerazione, utilizzando tre parametri ricavati da fitting.

Le temperature di condensazione e evaporazione sono ritenute costanti e espresse come

Tcond = Textin cond+

Qevap(1 + 1/COP ) (1− exp(−NT Uc))

(mC)c

Teva= Textin eva+

Qeva(1− exp(−NT Ue))

(mC)e

Considerando che l’entropia è una funzione di stato e che si opera su un ciclo termodi-namico

∆S = 0 = Qc− Qc loss

Tc −

Qe+ Qe loss

(40)

3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

Figura 3.4:Didion & Domanski submodels scheme

dove le perdite esposte sono riferite a perdite di calore, attriti, strozzature e desurriscal-damento. Se le perdite di calore sono leggi di scambio termico lineari e se le perdite per strozzature e desurriscaldamento sono piccole allora si può scrivere:

Qcond loss =−A0+ A3Tc

Qeva loss=−A2+ A4Te

Inoltre per situazioni particolari i due autori affermano che sia utilizzabile un’espres-sione semplificata del COP, esprimibile come

1

COP =−1 +

Tcond in

Teva out

+−A0+ A1Tcond in− A2(Tcond in/Teva out)

(41)

3.2. LETTERATURA E STATO DELL’ARTE

3.2.3 Detailed models

In tale paragrafo verranno citati in breve i principali modelli studiati esclusivamente per la descrizione di un componente della macchina; verranno omesse le equazioni e la descrizione di ogni modello per brevità, rimandando comunque alla letteratura citata per ulteriori

informazioni (ref. [9]).

Tra questi modelli si può citare l’analisi dello scambio termico tra aria umida e superficie

fredda di uno scambiatore a tubi alettati, condotta da McElgin e Wiley (ref. [9]); un’altra

analisi degna di nota è quella condotta da Mirth et al. sul funzionamento dei water cooling coils a basse velocità dell’acqua, mettendo in rilievo che con i software commerciali alle basse portate si sovrastima lo scambio di oltre l’8 % per Re=3100 e di oltre il 12-18% per Reynolds di circa 2300. Il loro consiglio è di utilizzare le correlazioni di Gnielinski invece che Dittus Boelter. Tra i modelli di predizione del comportamento del compressore si può citare il modello transitorio di Yanagisawa che tratta un set di equazioni differenziali sull’entalpia specifica del refrigerante e sulla temperatura del corpo del compressore. Altri modelli sono sicuramente degni di nota, una loro breve descrizione è consultabile nella tesi

di dottorato di Hui Jin([9]), dove tra l’altro l’autore crea un modello molto accurato sullo

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