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Plotino.Enneadi, II 3 [52]. Se gli astri sono cause Introduzione, traduzione e commento

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Indice

Introduzione

Premessa p. 2

1. ¹ tîn ¥strwn for¦ shma…nei (…) oÙk p£nta poie‹ : una critica anti-astrologica

(II 3, 1-6.14) p. 7

2. m…an ¢rc¾n: l'organizzazione unitaria del cosmo e il ruolo degli astri nel cosmo

(II 3, 6. 14-8) p. 15

3. éste t… lÕipon ¹me‹j; : la necessità e la libertà umana a partire dall'esegesi di Platone:

Resp. X 616c-617c e Tim. 69c-d (II 3, 9) p. 22

4. dotšon aÙt¾n t¾n for¦n poie‹sqai sunergoàsan: il moto dei corpi celesti come

concausa (II 3, 10-15) p. 27

5. ’Ar'oân t¦ kak¦ t¦ ™n tù pantˆ ¢nagka‹a; : l'azione dell'Anima del Tutto nell'universo

e il problema del male (II 3, 16-18) p. 29

Traduzione p. 33

Commento p. 56

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Introduzione

Premessa

Il presente lavoro di tesi è nato da una riflessione a stretto contatto con il seminario di storia della filosofia tardo-antica per il Corso di Laurea Magistrale in Filosofia e Forme del Sapere, tenuto nel semestre invernale dell'a.a. 2015/2016 sul trattato delle Enneadi di Plotino Sul destino III 1 [3]. I problemi che sono emersi dal commento riga per riga di questo scritto plotiniano e dalla discussione che è sorta ad ogni lezione dalla lettura in aula ci hanno permesso di prestare attenzione ad alcuni aspetti particolari dello scritto da noi affrontato, che per temi e richiami interni è al trattato Sul destino strettamente connesso.

Lo scritto di Plotino Perˆ toà e„ poie‹ t¦ ¨stra [Se gli astri sono cause] è il trattato 52 in ordine cronologico (II 3, in base alla sua collocazione nelle Enneadi, stabilita dall'editore degli scritti plotiniani, nonché suo discepolo, Porfirio). Il trattato viene collocato nell'enneade dedicata alle questioni di carattere cosmologico1, e anche il titolo assegnatogli sembra

rispettare effettivamente questo criterio. La causalità astrale è apparentemente un problema che sembrerebbe trovare la sua naturale collocazione nell'ambito della ricerca delle cause dei fenomeni naturali, che spetta sicuramente alla scienza che ancora oggi chiamiamo «fisica». L'indagine sulle cause condotta da Plotino segue comunque l'impostazione generale data da Aristotele in apertura della sua Fisica.2 Dietro lo studio del fenomeno particolare

rappresentato dal moto degli astri, sta allora la ricerca della causa dell'universale, ovvero il principio primo del cosmo. Ma Plotino, sebbene debba molto alle teorie filosofiche di

1 Porfirio, Vita di Plotino, XXIV, 36-37 (nel seguito utilizzeremo l'abbreviazione: VP) .

2 «Poiché in ogni campo di ricerca di cui esistono principi o cause o elementi, il sapere e la scienza derivano dalla conoscenza di questi ultimi -noi, infatti, pensiamo di conoscere ciascuna cosa solo quando ne abbiamo ben compreso le prime cause e i primi principi e, infine, gli elementi-, è evidente che anche nella scienza della natura si deve cercare di determinare innanzitutto ciò che riguarda i principi.», Aristotele, Physica, A 1, 184a1-16, (da ora in poi adotteremo l'abbreviazione corrente per quest'opera: Phys.), trad. A. Russo, in: R.

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Aristotele e dei suoi seguaci (in particolar modo, all'opera di sistematizzazione e commento delle opere aristoteliche intrapresa da Alessandro di Afrodisia), non è egli stesso aristotelico. Come il filosofo stesso afferma, egli è esegeta di Platone3, non di Aristotele. Per questo

l'investigazione sui principi primi non potrà fermarsi alle cause corporee, ma ci imporrà di risalire fino alle cause trascendenti, che sono le uniche vere cause4. Anche lo studio del

mondo sensibile risulta dunque essere in funzione del mondo intelligibile, da cui esso deriva, e a cui, nonostante la differenza ontologica insormontabile tra i due, resta pur tuttavia sempre collegato.

Quello che tenteremo allora di mettere in luce con il presente lavoro sul trattato 52 è che il problema della causalità astrale ivi affrontato, assieme alla critica serrata dell'astrologia, tecnica divinatoria che sulla possibilità di tale causalità si fonda, costituiscono un punto di partenza per Plotino per riesaminare alcuni dei problemi centrali della sua riflessione filosofica, i quali qui trovano una loro sistematizzazione definitiva. Una questione che potrebbe sembrare secondaria, come il fatto che gli astri siano o meno cause degli eventi futuri, merita invece di essere chiarita una volta per tutte, allorché si avvicina la fine dell'attività filosofica (e della vita stessa) di Plotino, perché essa è immediatamente collegata, nella prospettiva del filosofo, al rischio di un determinismo assoluto, che annullerebbe ogni possibile spazio per un'azione libera dell'uomo.

Plotino prova allora a rispondere, con questo scritto tardivo, ad almeno due domande che si è posto ripetutamente in molti dei trattati precedenti:

a) la libertà umana, tanto la libertà metafisica che quella morale;

3 «I nostri insegnamenti non sono nuovi né di adesso, ma (…) sono interpretazioni di quegli antichi [™xhght¦j ™ke…nwn]», Plotino, Enneadi, V 1 [10], 8. 10-13. V. anche VI 2 [43], 1. 5; VI 3 [44], 1. 1sg., per l'affermazione da parte di Plotino dell'accordo tra le sue dottrine e quelle di Platone. (Per le citazioni tratte dalle Enneadi, adotteremo l'abbreviazione Enn., dove necessario, seguita dal numero del trattato secondo la collocazione porfiriana e tra parentesi quadre la collocazione secondo l'ordine cronologico della redazione plotiniana consegnatoci da Porfirio, Porph., VP IV-VI).

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b) il problema dell'esistenza del male nel mondo sensibile.

Egli affronta tali questioni dalla prospettiva del Tutto (ovvero dell'universo visibile) e dell'Anima del Tutto, da cui questo universo trae la sua esistenza, impegnandosi a spiegare il rapporto tra l'Anima e i viventi individuali. Questo fatto ci autorizza ad ammettere il trattato tra quelli di indirizzo cosmologico, perché effettivamente i problemi affrontati concernono la struttura del cosmo, lo statuto del suo principio primo e il rapporto che esso instaura con le parti che governa.

L'osservazione dei processi naturali impone a Plotino di ammettere l'esistenza delle leggi di natura e della loro necessità. D'altro canto, il filosofo riconosce uguale esigenza teorica all'affermazione della libertà umana, che è un principio che egli considera insopprimibile. Lo sforzo di Plotino è allora quello di coniugare questi due poli opposti, proprio a livello del sensibile, dove sembrerebbe invece avere la meglio la necessità naturale. La conciliazione di questa doppia spinta determinata da necessità e libertà è un problema di fondo che attraversa per intero la riflessione plotiniana e la costruzione di tutti i suoi gradi di realtà, dal sensibile, come in questo caso, fino all'Uno5, o forse sarebbe meglio dire dall'Uno fino al sensibile, da

cui tutto discende.

Perché in definitiva, per il filosofo, questi due elementi non sono tra loro contrapposti6: l'idea,

di necessità è infatti opposta a quella di caso, e non a quella di libertà. Plotino infatti nega un governo della fortuna o del caso anche nel livello inferiore dell'essere, il divenire della natura7. Tuttavia non può accettare che anche l'uomo sottostia a questa assoluta necessità che

appare governare il mondo dei corpi, per lo meno non che vi sia sottoposto interamente. La soluzione del problema gli verrà data non dalla fisica, ma dalla metafisica. L'introduzione dell'Anima nel cosmo e dell'anima individuale nell'uomo, in quanto principi trascendenti,

5 Si veda in proposito il trattato Sulla volontarietà e la volontà dell'Uno, Enn. VI 8 [39].

6 Questa è la tesi sostenuta da J. M. Rist, nel capitolo VI del suo libro Plotino. La via verso la realtà, capitolo in cui tratta il problema di 'emanazione e necessità', concentrandosi nell'analisi proprio in prevalenza su Enn. VI 8 [39]. Cfr. J. M. Rist, Plotino. La via verso la realtà, (trad. italiana di P. Graffigna, Ed. Il melangolo,

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permetterà a Plotino di riconnettere l'esistenza corporea tanto dell'universo nel suo insieme quanto del singolo essere umano nella sua individualità, alla sua origine intelligibile. In questo modo, il problema del male e della necessità sarà interpretabile in chiave cosmica, e troverà anch'esso la sua soluzione nel governo provvidenziale dell'Anima. Inoltre, Plotino potrà preservare l'autodeterminazione e la responsabilità umana, grazie alla presenza dell'elemento 'divino' in noi, il quale ci mantiene sempre in contatto con le realtà prime (le Idee), permettendoci di liberarci dalla necessità in cui un totale prevalere del corpo ci getterebbe. Tali questioni sono trattate da Plotino a partire dall'esegesi del Timeo di Platone (congiunta a quella del libro X della Repubblica), dialogo che fa da sfondo a tutta l'argomentazione plotiniana, nella quale i richiami sia tematici che lessicali ad esso sono continui8.

Questo in breve il percorso che seguiremo nell'analisi e nel commento del testo plotiniano, con l'intento di dimostra in quale modo il trattato 52 sia strettamente legato ad altri due scritti precedenti, in cui il filosofo aveva affrontato il tema astrologico, ovvero Enn. III 1 [3], 5-6 e IV 4 [28], 30-45. In questi trattati, Plotino aveva infatti già affrontato la questione degli influssi astrali, nel primo da un punto di vista di un indagine sul determinismo; nel secondo, in vista di una teodicea dell'azione degli astri, considerati in quanto divinità incapaci di compiere alcun male.

Lo scritto Se gli astri sono cause viene allora a completare e unificare queste due prospettive, ma segna anche un'evoluzione nei confronti di questi due testi precedenti, dovuta all'elaborazione del pensiero plotiniano su questioni concernenti l'anima umana.

Inoltre, la trattazione della causalità astrale in connessione con il tema della libertà umana e del male trova una sua collocazione coerente nell'ambito della produzione dell'ultimo periodo di vita del filosofo. Lo scritto Se gli astri sono cause viene immediatamente dopo il trattato I 8

8 Rimandiamo al commento per tutti i riferimenti al dialogo cosmologico platonico, che compaiono nel trattato plotiniano. Il trattato 52 i presenta, a nostro avviso, come una riflessione a stretto contatto con i

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[51], in cui Plotino aveva discusso la questione dell'origine del male, ed esattamente prima del trattato I 1 [53], che andrà invece ad indagare il problema di che cosa sia l'essere vivente e l'uomo. Il dilemma dell'esistenza del male viene allora affrontato a livello cosmico nel presente trattato, per essere invece considerato a livello individuale nello scritto successivo. Inoltre, i rimandi interni a questi scritti, che lo stesso Plotino inserisce nel trattato 52, confermano la loro contiguità, anche con i primi due trattati summenzionati, che pure non sono prossimi temporalmente.

Prima di affrontare l'analisi del testo, premettiamo infine che per quanto riguarda il lavoro di traduzione del testo plotiniano9, ci siamo avvalsi del confronto costante con alcune traduzioni

esistenti in lingue differenti. La traduzione finale è comunque frutto del lavoro personale dell'autrice.

9 Il testo greco viene riportato a fronte del testo tradotto, seguendo la seconda edizione critica delle Enneadi, frutto degli studi congiunti di Paul Henry e Hans-Rudolph Schwyzer, denominata editio minor (Paul Henry e Hans-Rudolph Schwyzer, Plotini Opera. Editio minor in 3 vols., "extensively revised", Oxford, 1964–1982,

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1. ¹ tîn ¥strwn for¦ shma…nei (…) oÙk p£nta poie‹ : una critica anti-astrologica (II 3, 1-6.14)

Il trattato Se gli astri sono cause viene redatto da Plotino durante il suo soggiorno in Campania, dopo il suo ritiro per cause di salute dall'attività d'insegnamento a Roma, poco prima della morte10. Dunque, non si può parlare esattamente di un legame diretto tra questo

scritto e i dibattiti condotti da Plotino con gli allievi della sua scuola11. Ciononostante,

anch'esso riprende lo schema ricorrente dei trattati più evidentemente connessi a queste riunioni [sunous…ai] tenute nella scuola.12 L'approccio adottato da Plotino in tali scritti è per

lo più interlocutorio. Tanto le posizioni avversarie, quanto le soluzioni che poi risulteranno essere quelle accettate dal filosofo, vengono spesso formulate in forma interrogativa e risolte portando una serie di esempi o di posizioni contrastanti, che portano alla luce le aporie (più o meno apparenti) delle posizioni avversarie (come pure talora di quelle platoniche).13

10 Come ci testimonia Porfirio, cfr. Porph., VP VI, 15-25. 11 Ib., IV 9-11; V, 5-7 e 60-61.

12 Sebbene certi scritti plotiniani non manchino di presentare una struttura retorica più tradizionale, frequente è il ricorso anche nel testo scritto dell'incedere dialogico caratteristico delle lezioni di Plotino (cfr. Porph., VP XVIII 6-8 e XVI 9-11, in cui Porfirio fa riferimento allo scritto Contro gli Gnostici, II 9 [33]; v. inoltre H.-R. Schwyzer, art. «Plotinus», RE XXI 1, 1951, col. 485-486 e J.-M. Narbonne, «Les écrits de Plotin: genre littéraire et développerment de l'œuvre», Laval théologique et philosophique 64, 2008, pp. 627-640.

13 In questo senso, si veda l'esegesi di alcuni passi platonici affrontata in II 3, 9, in cui Plotino accostando un passaggio della Repubblica ad uno prossimo per temi nel Timeo, fa emergere un'aporia interna ai dialoghi platonici, che serve a sciogliere la prima aporia emersa dall'analisi dell'astrologia, e che viene risolta ancora una volta con una lettura metaforica degli stessi passi platonici apparentemente contrastanti (v. Enn. II 3, 15). In proposito, rimandiamo al commento ai capitoli summenzionati; v. inoltre P. Adamson, «Plotinus on astrology», in: Oxford Studies in Ancient Philosophy, n° 35, 2008, pp. 265-291, pp. 289-90. Ci sembra che sotto questo aspetto, Plotino si avvicini alla tecnica aristotelica della diafwn…a, poi ripresa ed elaborata in ambito scettico, in cui acquisisce un carattere fortemente demolitore. Tale pratica argomentativa consisteva nel far precedere la pars costruens vera e propria, da una pars destruens in cui venivano riassunte e criticate le posizioni degli antichi, ma se possibile per ricercarvi una traccia di verità da coniugare con la propria posizione. Negli scettici si era evidentemente accentuata la pars destruens, e la critica volta a mostrare la contraddizione insita nelle tesi dei predecessori. Soprattutto, le tesi erano presentate secondo una sequenza per cui quella successiva risultava essere la confutazione di quella precedente. Anche Plotino, ricorre ad una struttura similare, specialmente dove, nei capitoli 1-6, affronta la critica serrata delle posizioni dell'astrologia del suo tempo, ma in questo più vicino ad Aristotele che non agli scettici, procede ad una pars costruens che non risulterà essere una negazione assoluta della validità delle posizioni astrologiche, piuttosto un'accettazione parziale delle tesi avversarie grazie a una nuova fondazione delle stesse nel quadro di una cosmologia e una psicologia in essenza platonica, sebbene complicata dalla riflessione plotiniana. (Questa considerazione ci è stata suggerita dalle ricerche di S. Fazzo, Aporia e sistema. La materia, la forma, il

divino nelle Quaestiones di Alessandro, coll. «Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia

dell'Università di Pavia», Edizioni ETS, Pisa 2001, pp. 31-35, in particolare p. 33 e note, in cui la studiosa mostra come a tale tecnica abbia fatto ricorso anche Alessandro di Afrodisia, nelle Quaestiones, nelle quali egli fa proprio tale procedimento confutatorio scettico della diafwn…a, per cui venivano accostate tesi

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Il primo capitolo del trattato svolge una funzione introduttiva. Dopo la posizione del problema che Plotino si appresta ad affrontare, ossia l'interrogativo circa la causalità astrale («il moto degli astri indica (…) non è causa di tutti gli avvenimenti», ¹ tîn ¥strwn for¦ shma…nei (…) oÙk p£nta poie‹, cfr. Enn. II 3, 1. 1-2), il filosofo passa velocemente in rassegna alcune delle opinioni più comuni che si fondano sull'attribuzione di tale potere causale su tutti gli eventi del mondo terrestre ai corpi celesti e ai loro moti. Plotino ricorda che già in precedenza aveva affrontato questi argomenti [eŠrhtai mn prÒteron ™n ¥lloij, cfr. II 3, 1. 3], ma si tratta ad esso di esaminare con più attenzione e più estesamente le posizioni di coloro che sostengono un'influenza egemonica degli astri sulla vita degli esseri umani.

Plotino parla di generici 'molti' che difendono tali opinioni [æj to‹j pollo‹j dox£zetai, cfr. II 3, 1. 2-3]: si tratta evidentemente di coloro che credono nell'astrologia, e presumibilmente anche la praticano. Resta però problematico definire con maggiore precisione chi siano gli avversari specifici della confutazione plotiniana. Una tale difficoltà è data dal fatto che il filosofo non ci fornisce informazioni precise circa le fonti dalle quali trae le tesi astrologiche confutate, che sono tra l'altro raccolte in maniera non sistematica.

A noi sembra tuttavia di poter ammettere che la critica plotiniana sia rivolta contro le dottrine astrologiche correntemente diffuse alla sua epoca, ma tuttavia capaci di mantenere un certo livello diciamo così di 'scientificità', senza scadere nella completa irrazionalità. Plotino non attacca cioè pratiche divinatorie a carattere astrologico derivanti unicamente dalla superstizione popolare e proprie dei 'ciarlatani', che nell'ottica del filosofo, non avrebbe avuto alcun senso confutare, in quanto rigettabili come pure doxai. In ragione di tali considerazioni (e sulla base della ricerca condotta sulle fonti astrologiche nelle quali sono presenti dottrine speculari a quelle esaminate da Plotino), ci sembra allora che il tipo di astrologia che ha in mente il filosofo sia quella definita «erudita»14. Essa era stata divulgata nelle sue linee

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generali in gran parte dal poema astrologico Astronomica del dilettante (in materia di astrologia) Marco Manilio (I sec. a. C. -I sec. d. C.), ma le dottrine specifiche che questa astrologia praticava erano state raccolte e diffuse soprattutto grazie al manuale didattico Anthologiae dell'astrologo greco Vettio Valente (II sec. d. C.). Una loro completa discussione e rielaborazione secondo un approccio scientifico era stata invece condotta dal matematico e astronomo alessandrino Claudio Tolomeo, contemporaneo di Valente (Pelusio, 100 ca.-Alessandria d'Egitto, 175 ca.). Egli infatti aveva dedicato un'intera opera all'astrologia, gli Apotelesmata (correntemente conosciuta con il nome di Tetrabiblos, in ragione evidentemente della sua interna suddivisione in quattro libri), che si configurava quale applicazione pratica delle teorie scientifiche raccolte nella sua grande opera di carattere invece astronomico, la Mathematikē Syntaxis (o Almagesto).

L'atteggiamento che Plotino tiene nei confronti di queste dottrine, soprattutto di quelle che fondano l'astrologia tolemaica, è comunque complesso. Plotino da un lato, sembra scartare immediatamente la possibilità di un'azione causale degli astri che non metta in conto anche il possesso dell'anima, ma che sia invece soltanto derivante dalle proprietà fisiche (caldo/freddo, umido/secco) degli elementi. In questo senso, egli rifiuta le basi teoriche dell'astrologia tolemaica. Lo studio degli influssi astrali sotto un'ottica fisica era stata infatti la posizione adottata dal matematico, nel suo tentativo di ricondurre alla razionalità una pratica apparentemente priva di fondamenti scientifici come era proprio l'astrologia. Dall'altro però, passando a confutare tesi astrologiche basate sull'animazione degli astri e sulla loro divinità,

L'astrologie greque, Éd. Ernest Leroux, Paris 1899. A quest'opera, a cui rimandiamo per una ampia ed

esauriente discussione sullo sviluppo storico e sull'analisi delle dottrine dell'astrologia greca, dobbiamo molto per la ricognizione e la comprensione delle tesi astrologiche criticate da Plotino. Altro strumento che ci è stato molto utile a questo scopo, è l'intervento del prof. E. Spinelli, riportato in A. Pérez Jiménez & R. Caballero (Eds.), Homo Mathematicus, Málaga, Charta Antiqua, 2002, con il titolo «La semiologia del cielo. Astrologia e anti-astrologia in Sesto Empirico e Plotino», che compare alle pp. 275-300 della raccolta. Cogliamo in questa sede l'occasione per ringraziare il prof. Spinelli per averci gentilmente inviato tale intervento, che ci risultava di difficile reperimento. Infine, altrettanto essenziale è stata l'edizione degli

Apotelesmata di Tolomeo, curata da S. Feraboli (S. Feraboli (a c. di), Claudio Tolomeo. Le previsioni astrologiche (Tetrabiblos), coll. «Scrittori greci e latini», Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori

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Plotino critica di fatto anche teorie astrologiche che sembrano rifarsi proprio alle differenti proprietà delle emanazioni degli astri, secondo la presentazione che ne aveva fatto Tolomeo. Tuttavia, bisogna tenere presente che in effetti Tolomeo stesso aveva ripreso, nella sua opera di astrologia, dottrine pre-esistenti ai fini di riordinarle e fondarle su principi matematici e fisici coerenti. Pertanto, appare normale che le stesse tesi ricompaiano tanto in Tolomeo quanto negli astrologi suoi predecessori, o anche contemporanei, che sostenevano però un tipo di astrologia molto più antropomorfica e meno strutturata in maniera sistematica.

Ma la situazione è complicata ancora dal fatto che in realtà Plotino non rifiuta del tutto le basi teoriche adottate da Tolomeo né in campo astrologico, né soprattutto in campo scientifico, in quanto integra la propria cosmologia, che è sostanzialmente di impianto platonico, con alcuni risultati prodotti dalle ricerche astronomiche tolemaiche.15 Tutte queste apparenti

contraddizioni, o quanto meno difficoltà, si chiariranno alla luce della parte propositiva del trattato, in cui emergerà come la soluzione plotiniana si configuri secondo un'attività che potremmo definire 'ad incastro'. Difatti Plotino non negherà totalmente le pratiche astrologiche, per inglobarle piuttosto all'interno di una visione del mondo completamente differente, per lo meno in quegli aspetti che con tale concezione non sono contraddittori. Sembra invece più difficile sostenere che la critica di Plotino sia rivolta contro le pratiche e le dottrine astrologiche di ambiente ermetico e gnostico, che potevano rientrare ugualmente nell'ambito dell'astrologia erudita. Di fatto, se qualche legame può essere rilevato tra le teorie astrologiche presentate da Plotino e quelle ermetiche, e soprattutto gnostiche, si deve notare almeno che una delle dottrine tipicamente appartenenti a questa particolare forma dell'astrologia, come quella dei 'decani'16, è assente dalla trattazione plotiniana. In ogni caso,

in questa sede, si è scelto di non indagare sulle possibili fonti astrologiche provenienti da

15 A questo proposito, si veda l'uso che Plotino fa di certe conoscenze astronomiche diffuse alla sua epoca in seguito all'attività di ricerca tolemaica, proprio per confutare determinate posizioni astrologiche, come avviene nel cap. 6, al cui commento rimandiamo.

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dottrine a carattere rivelato, come ermetismo e gnosticismo, nonostante i contatti che certamente Plotino può avere avuto specialmente con lo gnosticismo, come testimonia almeno il trattato già ricordato Contro gli Gnostici, in cui effettivamente compare un accenno anche alle loro posizioni in materia di astri (cfr. Enn. II 9 [33], 13). Questa scelta è stata dettata in primo luogo da ragioni pratiche, in quanto un'analisi dei rapporti tra Plotino e lo gnosticismo ci avrebbe richiesto un lavoro di ricerca molto più ampio e sicuramente dispersivo, che non ci era consentito nel contesto di una tesi magistrale. In secondo luogo, tale scelta è stata fatta per motivazioni dettate dalla stessa trattazione plotiniana. Infatti, Plotino in definitiva non è interessato alla confutazione di una dottrina astrologica particolare, e nemmeno alla negazione completa né dell'astrologia né della divinazione, che entro certi limiti, vedremo ammetterà. Al contrario, il filosofo è intenzionato a criticare i presupposti teorici generali di ogni tipo di astrologia, indipendentemente dalla sua impostazione particolare. Si è pertanto privilegiato, nella ricerca delle fonti astrologiche a cui le tesi di Plotino rimandano, i trattati astrologici di matrice non esoterica. Tra questi, il testo a cui si è posta maggiore attenzione è stato quello di Tolomeo, in cui di fatto la maggioranza delle posizioni astrologiche confutate da Plotino compare. Si sono poi presi in considerazione alcuni dei principali astrologi di epoca ellenistica e imperiale di cui ci siano pervenuti i manuali (Doroteo, Vettio Valente, Firmico Materno, Paolo Alessandrino).17

17 Per completezza, nondimeno, ricordiamo lo studio di R. Amadou, «Le message astrologique de Plotin», in:

L'astrologie, Cahiers de l'Hermétisme, Albin Michel, Paris 1985, pp.13-49, in cui egli legge nelle critiche

plotiniane un attacco soprattutto indirizzato contro gli gnostici. Per un interessante articolo sul tipo di astrologia riscontrabile negli scritti gnostici, v. Z. Pleše, «Fate, Providence and Astrology in Gnosticism (1): the Apocryphon of John», in: MHNH, n° 7, 2007, pp. 237-268, a cui riandiamo anche per ulteriore bibliografia sulla questione. Per i rapporti con lo gnosticismo, che sono affrontati specialmente a partire dalle notizie riportate da Porfirio in VP XVI e sulla base del trattato plotiniano II 9 [33], tra i numerosi studi dedicati al tema, v. ad es. H.-Ch. Puech, «Plotin et les Gnostiques» in: Les Sources de Plotin, coll. «Entretiens sur l'Antiquité Classique» 5, Vandœuvres-Genève, 1960, pp. 159-174; M. Tardieu, «Les Gnostiques dans la Vie de Plotin. Analyse du chapitre 16», in: Brisson et al., Porphyre. La vie de Plotin, t. II, coll. «Histoire des Doctrines de l'Antiquité Classique» 16, Paris 1992, pp. 503-563, in cui lo studioso fa un bilancio di studi sul problema. Per il rapporto tra Plotino e il quadro religioso e mistico del suo tempo, v. ad es. A.-J. Festugière, «Cadre de la mystique hellénistique», in: L'enfant d'Agrigente. Nouvelle éd. revue etaugmentée, coll. «Patrimoines», Paris 2006, pp. 203-220 (di A.-J. Festugière si tenga presente anche La

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Fatta questa precisazione, è possibile ritornare all'indagine condotta da Plotino nei confronti delle dottrine astrologiche.

A questo proposito, sembra innanzitutto che il filosofo voglia riprendere e ampliare con il presente trattato le critiche portate contro l'astrologia già in uno dei suoi primi scritti, il trattato Sul destino III 1 [3], che aveva affrontato il tema dal punto di vista della ricerca delle cause prime degli eventi del mondo sensibile. L'astrologia (la cui critica è riunita nei capitoli 5-6), aveva trovato posto in quella discussione, perché essa, individuando negli astri e nel loro moto le cause di tutti gli eventi del mondo sublunare, tanto fisici che psichici, finiva con imporre quel tipo di determinismo definibile come astrale. Secondo Plotino, tale determinismo era in tutto paragonabile a quello riscontrato ad esempio nell'epicureismo e soprattutto nello stoicismo, che con la sua dottrina causale imponeva un destino predeterminato all'uomo, privandolo di fatto di ogni libertà di essere causa egli stesso delle proprie azioni. In quel contesto, il tipo di critiche avanzate da Plotino nei confronti dell'astrologia erano prossime a quelle individuabili nel secondo libro del De divinatione di Cicerone18. Nel presente trattato, invece, la discussione si fa più ampia, andando ad occupare

gli odierni capitoli 2-6 (fino a riga 14), ma soprattutto impostandosi a partire da una prima questione fino ad allora estranea ai trattati anti-astrologici. Per dimostrare che i corpi celesti hanno la funzione di segni adatti ad indicare gli eventi futuri, pur non essendo tuttavia cause assolute di questi eventi medesimi, Plotino ritiene che il primo problema da cui si deve partire per affrontare tale questione sia se i pianeti sono o meno entità dotate di anima [PÒtera œmyuxa (…) ½ ¥yuca (...) t¦ ferÒmena;, cfr. II 3, 2. 1-2].

La scelta di un tale punto di partenza per una critica dell'astrologia non è secondaria. Essa infatti fornisce la chiave di lettura per comprendere le accuse di fondo che Plotino muove

18 V. soprattutto Cic., De divin. II 89 sg., in cui Cicerone porta un duro attacco alle pratiche divinatorie degli astrologi riuniti sotto il titolo di 'Caldei'. Per un'analisi di questi capitoli, e una raccolta dei principali argomenti avanzati a favore e contro l'astrologia in epoca romana, da Cicerone a Plotino compresi, v. A. A.

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contro tale pseudo-scienza, al di là delle tesi e confutazioni particolari avanzate in questi capitoli19. Allo stesso tempo, permette di individuare le reali motivazioni di tali accuse, che

spingono il filosofo a ritornare ancora una volta su una questione affrontata a più riprese. Inoltre, ci fornisce anche un'ulteriore indicazione sul quadro di riferimento in cui Plotino inserisce il problema della causalità astrale.

Tra i vari dialoghi di Platone, è soprattutto nel contesto della discussione sull'origine del cosmo, mondo del divenire, riportato nel mito del Timeo, che bisogna ricercare la risposta al problema della causalità degli esseri generati. Proprio all'inizio del suo discorso (cfr. Platone, Tim. 28a), Timeo afferma che ogni cosa che diviene, diviene in ragione della sua causa. Soltanto gli esseri che sempre sono non hanno generazione alcuna. Inoltre, Timeo narra di come il demiurgo costruttore dell'universo sensibile donò un'anima a questo stesso universo, affinché potesse essere dotato di pensiero, in quanto solo ciò che è animato può possedere la facoltà raziocinante. Ancora, è il movimento dell'anima a regolare il movimento del cosmo nel suo insieme.20 Se si associano queste considerazioni, alla definizione che dell'anima

Platone ci dà nel Fedro21, secondo la quale essa è «ciò che si muove dà se stessa», e un'entità

tale è anche non generata e principio di movimento per ciò che invece deve ricevere il moto da altro, in quanto è generato, si riesce a fare luce sulla domanda di Plotino. Difatti, in ragione di questi passi platonici, se gli astri non sono animati, la questione è già risolta. Gli astrologi affermano che i corpi celesti con i loro moti e gli influssi che giungono da parte loro fino sulla terra, possono non solo dirci ciò che accadrà nella nostra vita, ma anche determinarne l'intero corso. Queste emanazioni agiscono non solo nell'ambito dei caratteri fisici, bensì pure in quegli aspetti che sono usualmente appartenenti alla sfera propria della psicologia e dell'agire umano, quali ad esempio il carattere, l'educazione, il prestigio sociale, le virtù e i vizi di ciascuno. Nell'ottica di Plotino, di impostazione platonica, è impossibile che qualcosa di per

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sé inanimato possa in qualche modo essere causa né di moto né di altri effetti, se non riceve il suo stesso movimento e potere causale da altro. A maggior ragione, un ente inanimato mai potrebbe avere influenza sull'interiorità umana, sulla quale solo un'azione volontaria, e dunque animata, potrà avere una qualche influenza. La corporeità, ontologicamente inferiore rispetto all'anima, non può avere su di essa alcun efficacia causale.

Ma resta pur sempre l'eventualità che gli astri siano animati, ed è proprio qui che la questione si fa cruciale per Plotino. Egli non solamente ammette assieme agli astrologi che gli astri siano animati, ma ne riconosce alla pari di questi la divinità (altro tema che gli deriva evidentemente soprattutto dal Timeo).22 Da questo punto in poi comprendiamo allora la vera

motivazione della critica di Plotino. Il filosofo, oltre che ripetere l'attacco contro il determinismo astrale condotto nel trattato III 1 [3], è in questo contesto intenzionato soprattutto a difendere l'unità e l'unicità di un principio causale superiore e trascendente contro una molteplicità di fattori causali per lo meno in parte corporei (gli astri sono infatti visibili, e quindi devono possedere un corpo) e tra loro indipendenti. Di conseguenza, essi sono ontologicamente troppo deboli per essere cause prime. Inoltre, Plotino è interessato ad assicurare l'estraneità dei corpi celesti dalla produzione dei mali. Gli astri sono esseri divini, sebbene di grado inferiore rispetto alla divinità vera, proprio in ragione della loro corporeità. Ma in ogni caso, la loro divinità assicura che siano perfetti e buoni, ovvero estranei a corruzione e malvagità. Perciò, anche ammettendo una loro eventuale produzione di effetti sulla terra, essa dovrà essere connessa ad un'attività non volontaria, che garantisca il non coinvolgimento degli astri nelle vicende terrene e la loro sostanziale impassibilità. Per questo, il filosofo si scaglia tanto duramente contro una concezione antropomorfica dei corpi celesti quale quella sostenuta dall'astrologia. Essa infatti contraddiceva le posizioni plotiniane, perché considerava i corpi celesti sulla scorta di agenti indipendenti e dotati di una volontà

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mutevole, nonché cause efficienti di tutti gli eventi della vita umana, ivi comprese le sfortune, i vizi e i mali nei quali normalmente incorriamo.23

2. m…an ¢rc¾n: l'organizzazione unitaria del cosmo e il ruolo degli astri nel cosmo (II 3, 6. 14-8)

Nella prospettiva metafisica di Plotino, il divenire è un insieme disordinato e disarmonico di avvenimenti apparentemente non in connessione l'uno con l'altro. Dal momento che esso si produce per sua natura come molteplicità e indeterminazione, non può trarre da se stesso il principio di coerenza e unità necessari (la forma) per darsi un'essenza definibile, presupposto logico-ontologico indispensabile per venire all'essere. Neppure i corpi celesti possono essere considerati cause prime, perché in ragione del loro numero e della loro natura composita di anima e corpo, presuppongono a loro volta un principio ad essi ontologicamente superiore e più semplice, che trasmetta loro l'esistenza e il potere causale grazie alla partecipazione alla sua forma coerente e unitaria.

Allora, la vera spiegazione degli eventi del mondo fisico non saranno gli astri, bensì questo principio e causa prima intelligibile ed unica [¢rc¾n kaˆ a„t…an prèthn, cfr. II 3, 6. 19-20], che assicura la presenza di ordine e coordinazione tra gli eventi e gli esseri viventi compresi nell'universo e assegna a ciascuno funzioni e azioni proprie in vista della conservazione di se stesso e dell'universo intero. La presenza di tale principio fa sì che il cosmo sia in tutto simile ad un organismo vivente [›n polÝ zùon, cfr. II 3, 7. 19], in cui ciascuna delle differenti e molteplici parti che lo costituiscono è coordinata all'altra in vista dell'insieme. Dal momento che anche gli astri fanno parte di questo universo visibile, anch'essi avranno un ruolo specifico all'interno del Tutto che l'universo costituisce. Questo ruolo coincide per essi con la

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funzione di shmas…a. Anche per Plotino, gli astri posseggono cioè quella stessa capacità loro riconosciuta dalla divinazione astrologica. Essi sono dunque segni indicatori degli eventi futuri, grazie alla possibilità di interpretare i loro moti come significanti ai fini delle vicende umane. I movimenti dei corpi celesti sono dunque ricondotti nell'ambito più generale delle arti divinatorie fondata sull'interpretazione dei fenomeni naturali. All'astrologia, Plotino riconosce dunque un certo grado di validità, assicurata non più dalla causalità efficiente degli astri, ma dalla struttura stessa del cosmo che l'introduzione del nuovo principio causale unitario garantisce.

La decodificazione del messaggio contenuta nel moto degli astri è equiparata, sulla scorta di un paragone già presente nel trattato Sul destino, alla lettura di lettere scritte nel cielo [ésper gr£mmata ™n oÙranù, cfr. II 3, 7. 4-5, cfr. anche Enn. III 1 [3], 6. 20-24]. Per Plotino, la spiegazione della funzione significante dei corpi celesti è essenzialmente di carattere fisico. Egli fonda l'astrologia su una cosmologia di stampo platonico, nella quale l'ordine [t£xij] e la connessione non casuale degli eventi e degli esseri che sono parti integranti e strutturali del cosmo permette di applicare il principio di ¢nalog…a e di sump£qeia tra le parti e tra le parti e il Tutto in cui sono comprese.

Già a questo punto del trattato infatti emerge lo sfondo sul quale Plotino cala tanto la funzione significante quanto quella di causalità secondaria degli astri. Il filosofo si avvale della costituzione del 'vivente sensibile' del Timeo. Sulla base di questo modello, la sfera celeste e la regione sublunare sono omogenei, perché costituiti entrambi dai quattro elementi primari (acqua, terra, aria e fuoco). Sebbene gli astri siano collocati a grande distanza dalla terra e in 'luogo più divino', proprio questa comune costituzione, assicura ai corpi celesti la possibilità, almeno sotto l'aspetto puramente fisico, di poter intervenire negli eventi fisici. Tramite la loro parte corporea, essi sono coinvolti, secondo Plotino, in quel fenomeno detto sump£qeia universale, ('co-affezione'), che coincide con una sorta di azione a distanza di ciò che è

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omogeneo24. Sarà pertanto ammissibile una trasmissione di movimento e di influssi tra le due

diverse sfere.

Plotino si serve di un concetto sviluppatosi in ambito stoico, ma che risaliva in ultima istanza al Timeo, secondo il quale l'universo sensibile veniva equiparato ad un essere vivente unitario, costituito da parti strettamente interconnesse e ordinate tra loro. Ed è proprio su questo aspetto che fa leva con forza anche Plotino stesso: l'introduzione dell'Anima del Tutto posta a fondamento del cosmo, nonché la ripresa delle funzioni ad essa attribuite nel Timeo, permette al filosofo di garantire una direzione unitaria dei fenomeni di per sé altrimenti indipendenti del mondo del divenire. L'interconnessione delle parti assicura che ciascuna di esse possa essere affetta dall'azione dell'altra, permettendo di riaffermare una volta di più il principio della sump£qeia. Inoltre, l'ordine e la regolarità con cui i fenomeni si producono, in quanto appartenenti ad un'unica catena causale il cui principio originario è nell'Anima, permette di prevedere, una volta che si conoscano gli antecedenti, le conseguenze che ne deriveranno. In questo modo, anche gli astri possono essere utilizzati ai fini della previsione degli accadimenti futuri. Il movimento regolare dei corpi celesti è cioè associabile al verificarsi di determinati processi sulla terra. Per cui, una volta riconosciuta questa connessione, l'osservazione delle disposizioni degli astri nei loro moti ci permetterà di trarre conclusioni sui fenomeni che si verificheranno sulla terra, e che a tali disposizioni sono collegati. Nell'ottica di Plotino, vige quindi una relazione di tipo sincronico tra i fenomeni celesti e quelli terrestri. In base a questa concezione, ad ogni evento visibile nel cielo in un dato istante, ne corrisponde immediatamente uno simile sulla terra. Tale relazione è pertanto non solo di carattere sincronico, ma anche analogico. Se pensiamo sotto questo aspetto al Timeo, ci rendiamo conto che tanto l'Anima del Tutto, che l'universo da essa vivificato, sono costituiti in base al

24 Cfr. ad es. Enn. IV 4 [28], 32. 14-25, in cui è affermata chiaramente l'azione connettiva della sump£qeia all'interno dell'unità dell'universo vivente sensibile, che annulla la distanza fisica tra le parti e consente una

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principio della ¢nalog…a25.

Tale termine in greco fa riferimento innanzitutto alla proporzione di tipo matematico, ossia alla relazione tra tre o quattro termini (a:b=b:c o a:b=c:d), tre nel caso del Timeo, i cui rapporti sono riportati all'uguaglianza, grazie al termine medio che ha una proprietà in comune con entrambi gli estremi della proporzione stessa. Se l'universo del Timeo è realmente strutturato in base a rapporti e corrispondenze di tipo matematico, e anche gli stessi elementi primi che lo costituiscono possiedono una forma geometrica26, quello di Plotino conserva il principio della

proporzione e dell'analogia, declinandolo però in senso più ampio. Esso viene infatti associato da Plotino al termine Ðmolog…a [Ðmo…on / ÐmoiÒthta], ovvero 'somiglianza'.27 Esiste cioè

qualcosa di 'comune' tra gli esseri celesti e quelli terrestri, in particolare gli uomini, che permette di connettere gli uni agli altri in maniera legittima. Si è visto come questo elemento comune sia rintracciabile nella loro struttura elementare, nella loro partecipazione al medesimo ordine causale, ma anche (come sarà detto chiaramente da Plotino nel cap. 9 del trattato in esame) la loro struttura globale.

Tanto gli astri che gli uomini sono costituiti di anima e di composto di anima e corpo. Ora, grazie a quest'ultima specie di anima che vivifica il corpo, essi sono inclusi nella vita della parte dell'Anima del Tutto che si trova in contatto con il corpo del cosmo. Questo fatto permette di mettere in comunicazione gli esseri celesti e gli esseri umani, rendendo ammissibile che i fenomeni che interessano gli uni possano coinvolgere e riprodursi a un livello inferiore anche negli altri. Più in generale, questo stesso meccanismo si estende all'intero universo e a tutte le componenti in esso comprese, perché tutte partecipano dell'Anima del Tutto, grazie alla vita e alla forma che questa loro comunica. L'associazione riscontrata tra mondo celeste e mondo sublunare non è allora casuale; al contrario, è

25 Cfr. ad es. Platone, Tim. 31c2-3. 26 Cfr. Ib., 53b-61c.

27 Cfr. Enn. IV 4 [28], 32, in particolare il passo sopracitato, in cui Plotino fonda esplicitamente la sump£qeia sulla somiglianza, ossia la presenza di un elemento comune [tÍ ÐmoiÒthti sumpascÒvtwn, cfr. IV 4 [28],

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necessaria perché è fondata sulla struttura dell'universo stesso. Pertanto, un evento può darci effettivamente delle informazioni su un altro, anche se sembrano essere in apparenza distanti e privi di correlazione.

Ma in realtà, come si è detto, tutto è correlato in ragione della direzione unitaria dell'universo affidata all'Anima del Tutto. Essa governa il cosmo e tutto ciò che in esso è contenuto avviene secondo giustizia. Al suo governo sono associati in funzione coadiuvante [sunergoànta, cfr. II 3, 8. 6] anche gli astri, in ragione della loro condizione di parti [mor…a, cfr. ivi, 8. 6] visibili del cielo. Non da ultimo, anche l'uomo partecipa all'ordine dell'universo e collabora al governo dell'Anima, se la sua anima individuale resta con questa nell'Intelligibile. Al contrario, qualora l'anima umana si volga verso la corporeità, individualizzandosi e 'discendendo' nel sensibile essa può agire con o contro giustizia.

Prima di proseguire nell'analisi del trattato, è necessario prendere in esame ancora due questioni. La prima riguarda l'applicazione del concetto di analogia, che abbiamo visto essere alla base della struttura unitaria del cosmo. È interessante notare che tale concetto, così come viene impiegato da Plotino, può essere avvicinato a quello che ricorre già in Aristotele, e che è poi rielaborato da Alessandro di Afrodisia, nell'ambito della spiegazione della possibilità di una conoscenza 'ibrida' della materia, per mezzo del ricorso all'analogia28. Anche in questo

caso, l'impiego dell'analogia serve per indicare la presenza di un elemento comune di un qualche tipo, piuttosto che di un rapporto e una struttura effettivamente matematica, quale è invece l'uso che ricorre nel Timeo platonico.

Anche il secondo problema riguarda ancora le possibili vicinanze riscontrabili tra le posizioni peripatetiche e quelle plotiniane. Per comprendere meglio la soluzione del problema della causalità astrale avanzata da Plotino, è utile ricordare brevemente la posizione di Alessandro in proposito. L'esegeta di Aristotele fonda la sua concezione relativa alla causalità del moto

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celeste a partire da una elaborazione di una dottrina generale e unitaria della Provvidenza, che a suo avviso dovrebbe essere presente in Aristotele, ma che di fatto è elaborata da Alessandro stesso.29 Nel De provid. 33-49, Alessandro ammette la funzione causale dei corpi celesti, in

particolar modo del Sole, per mezzo del loro movimento regolare e dell'emanazione di calore. Questi eventi celesti consentono di mantenere la regolarità anche nei fenomeni terrestri, assicurando la conservazione della vita sulla Terra e la generazione degli esseri viventi. Inoltre, producono anche tutta una serie di fenomeni astronomici e atmosferici particolari (alternanza delle stagioni, del giorno e della notte, regolazione delle piogge e altri) indispensabili alla vita stessa. Ma è soprattutto in De provid. 51-77, che la discussione di Alessandro si fa prossima a quella condotta da Plotino. Alessandro parla dell'azione causale degli astri in quanto 'corpi divini', azione che sarebbe legata al loro movimento e alla sua regolarità, garantita dall'anima e dall'intelletto. Ma nonostante questo, anche Alessandro, come Plotino, rifiuta un'azione finalizzata e volontaria da parte degli dei nei nostri confronti. La perfezione che essi trasmettono alla generazione delle cose terrestri e la conservazione delle stesse che essi assicurano non deriva da una cura particolare che i corpi celesti hanno verso gli uomini e gli altri animali, visto che gli dei hanno il loro fine in loro stessi e sono dediti ad un'attività contemplativa. Inoltre, la provvidenza, giunge propriamente soltanto fino alla sfera della Luna, tuttavia essa è rintracciabile anche al di sotto di essa, nel mondo sublunare. Questo avviene per una sorta di intenzione e volontà secondaria della divinità, che opera in vista del Bene. Perciò essa, essendo causa delle cose terrestri, trasmette loro questo stesso Bene.

29 Cfr. Alessandro, De Providentia, 33-77; cfr. anche Quaestiones I 25, II 3 e II 21. Ricordiamo qui solo alcuni passi aristotelici citati da Alessandro o in cui siano rintracciabili le basi per la successiva rielaborazione di una dottrina 'aristotelica' della provvidenza e di una causalità degli astri nei confronti della sfera terrestre: Aristotele, Meteorol. I 2, 339a31-32 (passo in cui Aristotele parla di una vera e propria dÚnamij, ossia di una potenza degli astri dotata di causalità motrice); De gen. et corr. II 10, 336b27-32; De cael. II 9, 291a24-26 e 14, 297a16. Per una discussione più ampia del problema, v. P. Thillet (éd.), Alexandre d'Aphrodise. Traité de

la Providence, intro., éd. et trad. de P. Thillet, Éd. Verdier, 2003, «Introduction», pp. 16 sg. V. inoltre per una

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La partecipazione delle cose terrestri alla potenza divina è descritta sul modello della trasmissione del calore da una fonte calda. In particolare, questo paragone è applicato per parlare dell'azione degli astri e del loro movimento circolare ed eterno. La contiguità tra la sfera sublunare e la sfera celeste, che la circonda, permette la trasmissione fino alle cose terrestri di una potenza (dÚnamij) generata dal movimento eterno dei corpi celesti. Tale potenza giunge sulla terra, mondo dell'imperfezione e della corruzione, in forma degradata, ma nonostante questo riesce comunque ad assolvere il suo compito, che è quello di garantire la conservazione della terra stessa. Ora, bisogna innanzitutto notare che Plotino muove nel trattato III 8 [30] una critica proprio nei confronti della dÚnamij che è implicata nella teoria della provvidenza e della causalità astrale di Alessandro. Egli si ricollega soprattutto all'esposizione che Alessandro ne fa nelle Quaestiones II 3, ma di fatto la stessa accusa potrebbe essere applicata anche alla dottrina che abbiamo visto esposta nel De providentia, in ragione della prossimità dei concetti presentati nei due scritti.30 La critica avanzata da Plotino

è volta alla difesa di una causalità trascendente e discontinua rispetto ai suoi effetti, discontinuità che si riscontra anche a livello della natura.31 Pur tenendo presente questa

discordanza di fondo sottesa alle posizioni dei due filosofi, quello che qui si vuole mettere in luce è la vicinanza comunque esistente tra le soluzioni di Alessandro e di Plotino in ambito di causalità astrale. In particolare, ci sembra riscontrare un punto di contatto tra l'idea sostenuta da Alessandro di una causalità astrale limitata ai fenomeni fisici e di una provvidenza che potremmo definire 'secondaria', e il tipo di causalità anch'essa involontaria e ristretta attribuita agli astri da Plotino. Detto in altra maniera, lo sviluppo di alcune teorie sull'argomento in campo aristotelico può essere servito da punto di appoggio per risolvere lo stesso problema a

30 V. anche in proposito Alessandro, Quaestiones II 19 e I 25. In quest'ultima, Alessandro torna a rintracciare la causa determinante della maggioranza degli eventi terrestri nei moti degli astri e nella loro qe…a dÚnamij, che viene fatta coincidere con la provvidenza (per l'analisi di queste e altre delle Questiones connesse al problema della provvidenza divina, v. S. Fazzo, op. cit., p. 147 sg.).

31 Tale interpretazione è stata sottolineata nello studio sul trattato III 8 [30] da D'Ancona in C. D'Ancona, «Modèles de causalité chez Plotin», Les Études philosophiques 2009/3 (n° 90), pp. 361-385, pp. 374-377 e

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Plotino nell'ambito della sua cosmologia platonica. La vicinanza dei linguaggi impiegati e la citazione degli stessi passi aristotelici ci sembra darne in qualche modo ulteriore conferma.32

Inoltre, si noti che anche nel De fato, VI33, Alessandro sostiene che gli astri non sono

subordinati all'azione del destino, in quanto la loro natura e il loro moto regolare sono divini34.

Per di più, gli astri sono considerati cause prime di tutto ciò che avviene naturalmente, in particolare della generazione degli esseri viventi sulla terra, tramite l'influenza del loro movimento eterno regolato da leggi immutabili.35 Per questo, dal momento che la natura

considerata in quanto causa è di fatto per Alessandro la stessa cosa del destino, sono proprio gli astri in definitiva ad essere le cause del destino stesso. Ora, anche in questo caso si deve notare la differenza tra Alessandro e Plotino. Quest'ultimo, come si è detto, non accetta la divisione tra mondo celeste e mondo sublunare, e sottomette anche gli astri, per lo meno per quanto concerne la loro parte corporea al destino, negando ad essi la causalità primaria assegnata all'anima. Tuttavia, è ugualmente vero che anche Plotino riconosce una funzione di collaborazione nella conservazione e nella generazione delle specie al moto degli astri, che non è così distante dalla teoria di Alessandro36.

3. éste t… lÕipon ¹me‹j; : la necessità e la libertà umana a partire dall'esegesi di Platone: Resp. X 616c-617c e Tim. 69c-d (II 3, 9)

Una volta descritto l'ordine universale, nell'ottica di Plotino, sorge un nuovo problema. La partecipazione e subordinazione dell'anima individuale all'Anima del Tutto, alla sua organizzazione unitaria e al suo principio causale, ripropone di nuovo la questione del

32 Si confronti ad es. Enn. II 3, 12. 1-11 - cfr. anche III 1 [3], 5. 11 e IV 4 [28], 35. 38-39-, con Alessandro, De

Provid. 33 e 59, in cui compare la stessa citazione da Aristotele, Phys. B 2, 194b13.

33 Cfr. anche Alessandro, De anima mantissa 181, 8-13.

34 Si ricordi che Alessandro, in quanto aristotelico, accetta la distinzione tra mondo sublunare e mondo celeste, formato dell'elemento divino, l'etere.

35 Διὸ καὶ τὰ πρῶτα τῆς κατὰ φύσιν ἑκάστοις γενέσεως αἴτια ἔστιν δὲ ταῦτα τὰ θεῖα καὶ ἡ τούτων (

) .

εὔτακτος περιφορὰ καὶ τῆς εἱμαρμένης αἴτια λέγουσιν Πάσης γὰρ γενέσεως ἀρχὴ ἡ τῶν θείων

.,

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determinismo. Difatti, se le vicende dell'anima individuale appartengono all'ordine del cosmo, ed essa stessa è parte dell'Anima del Tutto, allora come potrà essere libera, altrimenti detto come potrà essere causa? Non finisce essa stessa con il ricevere il suo principio causale dall'esterno, ossia da quella causalità discendente dall'Anima, alla quale si associa il movimento del cielo? Plotino stesso fa emergere l'aporia che apparentemente sembra derivare dalla lettura parallela di due passi platonici, (Resp. X 616c-617c e Tim. 69c-d37). Dalla lettura

di questi passi, sembrerebbe di fatto emergere una dipendenza delle vicende della vita umana da una necessità associata ai moti celesti [sundšousin ¹m©j to‹j ¥stroij, cfr. Enn. II 3, 9. 10-11]. La rotazione delle sfere celesti sembra essere connessa da Platone all'assegnazione dei destini e dei tipi di vite che spetteranno alle anime degli uomini una volta giunte sulla terra e reincarnatesi e gli astri stessi appaiono essere all'origine della generazione della parte inferiore dell'anima, collegata al corpo e alle passioni.

L'introduzione dell'Anima e l'esegesi platonica muta quello che sembrava essere originariamente un problema fisico in una questione di psicologia, che nella filosofia di Plotino è indissociabile dalla prospettiva metafisica. Il filosofo ci mette allora di fronte al problema della libertà dell'anima individuale nel Tutto, che appare inconciliabile con i passi platonici summenzionati. Eppure, è proprio grazie ad un'adeguata interpretazione degli stessi passi platonici che il filosofo fornisce quella che è la sua soluzione all'aporia sull'inconciliabilità tra libertà umana e necessità naturale. Plotino infatti pur non negando l'esistenza di tale necessità, che si è visto essere riconosciuta anche da Platone, ne restringerà il campo d'azione, limitandone l'apparente assolutezza. Riuscirà in questo modo a ritaglia uno spazio per l'uomo anche nel mondo naturale, e per far questo affronterà il problema della libertà umana sotto due differenti punti di vista, che sono nondimeno due facce di una soluzione unitaria.

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Innanzitutto, alla domanda se l'uomo sia intrinsecamente libero, cioè se sia data una libertà umana in sé, Plotino risponde affermativamente. La natura trascendente dell'anima stessa permette al filosofo di sostenere una tale tesi. L'anima di ciascun individuo è in effetti in possesso di una libertà reale e assoluta, che le deriva dalla sua partecipazione costante al mondo degli Intelligibili. Vi è per così dire una parte superiore dell'anima38, che Plotino

definisce 'pura' [yucÍ tÍ kaqar´, cfr. II 3, 9. 35] e 'realmente propria' [yucÁj tÁj ×ntwj aÙtoà, cfr. ivi, 9. 38-39], la quale resta sempre a livello dell'Anima ipostasi e dimora con essa presso l'Intelletto, vivendo di una vita perfetta nella contemplazione delle Idee e del Bene. La nostra essenza più vera è allora propriamente questa. Eppure, è evidente che l'identità umana non può esaurirsi in essa. La percezione che abbiamo nel quotidiano di noi stessi è quella del nostro 'io' storico. Siamo cioè un soggetto cosciente calato in un corpo particolare, che ha una sua costituzione e storia specifica, che non è affatto secondaria per la modalità con cui esso

38 Per la questione dell'anima superiore e inferiore, v. soprattutto il trattato delle Enneadi Sull'immortalità

dell'anima, IV 7 [2], con il e Sulla discesa dell'anima nei corpi, IV 8 [6], con il commento di Bettiolo et al.,

Plotino. La discesa dell'anima nei corpi (Enn. IV 8 [6]). Plotiniana Arabica (pseudo-Teologia di Aristotele,

capitoli 1 e 7; “Detti del Sapiente Greco”), coll. «Subsidia Mediaevalia Patavina» 4, Padova 2003 e sulla

questione generale dell'anima in Plotino, H. J. Blumenthal, Plotinus' Psychology. His Docrtines of the

Embodied Soul, The Hague 1971; sulla dottrina dell'anima 'non discesa', v. ad es. Ph. Merlan, Monopsychism Mysticism Metaconsciousness. Problems of the Soul in the Neoaristotelian and Neoplatonic Tradition, coll.

«Archives internationales d'Histoire des Idées» 2, The Hague 1963; J. M. Rist, «Integration and the Undescended soul in Plotinus», in: American Journal of philology 88, 1967, pp. 410-422; per la connessione di tale dottrina con le questioni etiche, v. ad es. J. Trouillard, «L'impeccabilité de l'esprit selon Plotin», in:

Revue de l'histoire des religions 143, 1953, p. 19-29. Cfr. anche VI 4 [22], 14. 16-31; per la conoscenza

intuiva permanente degli intelligibili ad opera della parte superiore dell'anima, v. III 4 [15], 3. 21-24 e 4. 1-2; IV 1 [21], 1. 11-17. V. anche VI 8 [39], 1-6, in cui Plotino per affrontare il problema vero e proprio del trattato riparte dalla definizione di cosa sia «ciò che dipende da noi» [tÕ ™f'¹m‹n, VI 8 [39], 1. 16], che è il termine connesso in ambito aristotelico e soprattutto stoico alla sfera delle cose umane a cui può applicarsi la nostra deliberazione e in cui siamo quindi effettivamente liberi. Egli ripercorre in questi capitoli in maniera estesa la questione, associandola al concetto di volontario [˜koÚsion], partendo dalla nostra dimensione fisica per risalire fino alla nostra origine trascendente e da qui al suo principio originario, ossia l'Uno. Plotino affronta il problema della libertà umana nel senso contrario a quello del trattato 52, ovvero in senso ascendente, risalendo dal mondo fisico a quello intelligibile; mentre nel contesto del trattato preso in esame è a partire dalla prospettiva dell'Anima del Tutto che si impone quella dell'anima individuale, la cui discesa ne determina l'entrata nel mondo della necessità. Ciononostante, il problema affrontato risulta il medesimo. Si noti per inciso che il termine ™f'¹m‹n compare innanzitutto in Aristotele, EN, III 5, 1112a30. Esso diventa un concetto centrale in ambito stoico, specialmente con gli sviluppi dello stoicismo imperiale, ad opera in particolare di Epitteto e Marco Aurelio. Ma esso è al centro della discussione sull'eƒmarmšnh (il fato, il destino) contro il determinismo di matrice stoica in Alessandro di Afrodisia, De Fato, soprattutto XI-XV. Per i rimandi ad Aristotele e ad Alessandro, v. note al trattato nella traduzione italiana di Casaglia et al., p. 1084sg. V. anche il commento di G. Leroux, Plotin. Traité sur la liberté et la volonté de l'Un [Ennéade VI, 8

(39)], coll. «Histoire de doctrines de l'Antiquité Classique» 15, Paris 1990. Per un'analisi della questione

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percepisce gli avvenimenti del mondo circostante, agisce all'interno di essi o ne subisce gli effetti. Per mezzo del nostro corpo siamo anche uniti alla storia del momento particolare in cui viviamo, e ancora a quella generale della vita umana sulla Terra. Siamo infine coinvolti in processi biologici e fisici al pari degli altri esseri viventi, nonché agli influssi ambientali, culturali, sociali dovuti al contatto con gli altri uomini.

Plotino non nega il valore della nostra vita di esseri anche sensibili. Egli riconosce la duplicità dell'esistenza umana [dittÕj g¦r žkastoj, cfr. II 3, 9. 30], della vita dell'anima e di quella di quella cosiddetta parte inferiore dell'anima che è a contatto col corpo e forma con essa il composto [tÕ sunamfÒteron, cfr. II 3, 9. 30-31] di anima e corpo. Perciò si preoccupa di garantire la possibilità di un certo grado di libertà anche alle azioni del soggetto cosciente, che è in Plotino il vero e proprio agente morale39. La libertà morale dell'io in quanto soggetto

storico è allora garantita dalla presenza in noi della facoltà razionale che opera per mezzo del ragionamento (la d…anoia, cfr. ad es. Enn. I 1 [53], 9. 17-23 e V 3 [49], 3. 1-9) e che, alla pari dell'anima, possiede una funzione mediatrice.40 La d…anoia in effetti può rivolgersi tanto agli

elementi del mondo sensibile quanto risalire ai principi intelligibili, benché a differenza dell'Intelletto non possa mai averne una comprensione intuitiva e immediata, ma sempre discorsiva e mediata per mezzo della successione. In ogni caso, al di là del tipo di conoscenza ad essa peculiare, questa facoltà ha comunque la possibilità di conoscere gli intelligibili. Essi infatti sono presenti in essa, sebbene in maniera in un certo modo confusa (cfr. ad es. Enn. IV 6 [41], 3, 12-14), che può tuttavia divenire più chiara se la d…anoia, e con essa l'anima che è a contatto col corpo e che di tale d…anoia si serve per dirigerlo, si risveglia dall'oblio in cui la

39 Il problema della responsabilità etica emerge nel trattato precedente a quello sulla causalità astrale, Enn. I 8 [51], 14. 12-13, dove Plotino discute della natura del male. La soluzione di tale problema verrà data nello scritto invece immediatamente successivo al trattato 52, ossia il trattato I 1 [53], in cui Plotino indaga sulla natura dell'uomo in quanto composto e del rapporto tra l'anima e il corpo. Per un'analisi della questione, rimandiamo all'introduzione e al commento di C. Marzolo (a c. di) , Plotino. Che cos'è l'essere vivente e che

cos'è l'uomo? I 1 [53], coll. «Greco, arabo, latino. Le vie del sapere» 1, Plus-Pisa University Press, Pisa

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cura per il corpo l'ha condotta. Ritirandosi nella sua interiorità, essa può allora rivolgersi verso la sua vera origine e verso i principi intelligibili.41 L'anima, nel mondo sensibile, per essere

libera, deve in un certo senso cambiare l'oggetto a cui rivolge la propria attenzione. Deve cioè cercare di essere eterodiretta il meno possibile (occupandosi delle cose esterne a lei solo per quanto è strettamente necessario al soddisfacimento dei suoi bisogni corporei primari). Essa deve invece concentrarsi su se stessa e sulla sua vita interiore e separata dal corpo. In questo modo può riconquistare la sua antica libertà e indipendenza. L'anima non è dunque sottoposta al destino [™n eƒmarmšnV, cfr. II 3, 9. 28] e alla necessità [tÍ ¢n£gkV, cfr. ivi, 9. 12], ma lo diviene, uniformandosi in questo modo ad ogni altra parte [mšroj, cfr. ivi, 9. 29] sensibile del cosmo, se si abbandona completamente alla corporeità, finendo col dimenticare del tutto la sua natura intelligibile.

Una tale costituzione 'duplice', l'uomo la possiede in comune con il cosmo nella sua totalità e con gli astri. Questo fatto consente a Plotino di ritornare sulla questione della causalità astrale [poie‹n] e della necessità. Né l'una né l'altra sono negate, ma sono ammesse nel solo campo della corporeità. A livello del sensibile, tutto si produce secondo natura [kat¦ fÚsin], cioè secondo le leggi regolari e necessarie dei processi naturali. Anche l'azione degli astri rientra in questo ambito, perché essa si produce involontariamente per mezzo della loro parte corporea, che proprio in quanto parte del Tutto, è connessa alle altre parti in ragione del principio di sump£qeia precedentemente introdotto. Tuttavia, anche i corpi celesti hanno un'anima superiore connessa con il mondo intelligibile e una volontà [proa…resij, cfr. II 3, 9. 38] sempre rivolta al Bene. Dunque, non sono sottomessi al destino e non agiscono in funzione degli esseri sulla terra e per mezzo di una qualche deliberazione. La causalità astrale che nondimeno agisce negli eventi terrestri, sarà allora accidentale, in quanto connessa ai moti degli astri in maniera del tutto indipendente dalla loro volontà. Proprio quest'ultimo aspetto 41 V. ad es. Enn. IV 6 [41], 3, 14-16; e sui due tipi di conoscenza, l'una del sensibile e l'una dell'intelligibile,

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della causalità astrale, libera i corpi celesti da ogni accusa di produrre mali e sfortune per gli uomini.

4. dotšon aÙt¾n t¾n for¦n poie‹sqai sunergoàsan: il moto dei corpi celesti come concausa (II 3, 10-15)42

Plotino può adesso mettere a punto la sua soluzione del problema della causalità astrale. Gli astri non solo sono segni premonitori, ma sono anche cause; tuttavia, sono cause seconde [sunergÕj, cfr. II 3, 12. 5 e 14. 5] e involontarie, perché come si è visto la vera azione degli astri è rivolta alla contemplazione. Plotino riammette il principio causale sostenuto dall'astrologia, benché lo restringa ai fatti solo corporei o a quelle disposizioni e passioni dell'anima, che la riguardano quando è considerata nel composto. Ma anche in questo ambito, l'azione degli astri è comunque un'azione secondaria, perché la causalità primaria rimane ad appannaggio dell'Anima. Questa opera nel mondo sublunare per mezzo della sua parte inferiore (la parte vegetativa)43, la quale introduce nella materia [Ûlh, cfr. II 3, 12. 9]44, priva

di determinazione, i principi formali [lÒgoi, cfr. ivi, 12. 6]45 degli esseri e li porta alla

generazione. Il moto degli astri è pertanto solo una delle molteplici cause esterne che aiuta l'Anima a portare a termine tale processo generativo.

Plotino riconosce che all'interno del mondo del divenire, esistono in effetti numerose cause efficienti, che corrispondono a tutti quegli elementi che agiscono sulla corporeità in ragione

42 Per una trattazione più estesa di questa sezione, rimandiamo al commento, cap. 10-15.

43 V. anche Enn. II 3, 18. 13-19. Il principio immanente di organizzazione razionale della realtà è equiparato alla natura (fÚsij), cfr. ad es. V 9 [5], 6. 15-24. V. anche H. F. Müller, «FÚsij bei Plotin», Rheinisches

Museum für Philologie 71, 1916, pp. 232-245; M. I. Santa Cruz de Prunes, La genèse du monde sensible dans la philosophie de Plotin, coll. «Bibliothèque de l'École des Hautes Études. Section des Sciences

Religieuses» 81, Paris 1979.

44 Cfr. Enn. II 4 [12] e per l'assenza di qualità e dimensione della materia, III 6 [26], 6. V. ad es. H.-R. Schwyzer, art. «Plotinus», col. 567-568; F. P. Hager, «Die Materie und das Böse im antiken Platonismus», in: Museum Helveticum 19, 1962, pp. 73-103 e G. Bruni, «Introduzione alla dottrina plotiniana della

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delle leggi proprie della natura. In questo ambito, può essere fatta dunque rientrare anche l'azione causale connessa al moto dei corpi celesti e a i loro influssi. Ma il filosofo nota anche che le emanazioni che provengono dagli astri, tuttavia, non giungono sulla terra così come sono state emessi da essi. L'interazione e la mescolanza degli astri con gli altri corpi del mondo sensibile causa una degenerazione dell'originale purezza dei loro influssi.

Plotino comunque torna a sottolineare con forza che, se è vero che nel mondo sensibile esiste questa molteplicità di cause, non bisogna mai dimenticarsi che tutte quante sono pur sempre cause in senso secondo, incluse nell'ordine e della concatenazione causale unitaria imposta dal governo dell'anima [yucÁj tÕ p©n dioikoÚshj kat¦ lÒgon, cfr. II 3, 13. 3-4]. In essa, tutte le cause sono riunite e accordate, e anche i contrari e i mali sono ammessi e armonizzati nell'ottica del bene del Tutto. Anche la sfera delle cose umane dipendente dalla corporeità è strettamente connessa a questa catena causale, tanto è vero che è possibile rintracciare i fattori esterni che producono ciascuna di esse.

Queste ultime considerazioni portano Plotino ad analizzare e risolvere l'ultima questione connessa al determinismo, procedendo nell'esegesi del passo della Repubblica di Platone, lasciata in sospeso nel capitolo 9. Si tratta del problema delle 'sorti' [kl»rouj, cfr. Enn. II 3, 15. 2; cfr. Platone, Resp. 617d4] che emerge nel mito platonico di Er. Tali 'sorti' non sono altro che le circostanze esterne che si è detto agire su di noi per mezzo della corporeità. A prima vista, potrebbe in qualche modo sembrare che queste circostanze agenti come cause estere su di noi rappresentino una sorta di residuo di necessità e di determinismo, a cui soggiace almeno la parte di noi che Plotino ha definito 'composto'. Ma Plotino mostra che anch'esse sono di fatto dipendenti dall'anima. Il mito di Er ci narra che la scelta dell'anima umana della vita futura e di tutte le fortune e sfortune ad essa associata è precedente alla conferma del destino che ciascuno subirà in ragione del tipo di vita che avrà sulla terra. Plotino fonda così la possibilità della libertà morale e della responsabilità umana per mezzo dell'esegesi di

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