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Analisi delle strategie di comunicazione di marketing su Facebook e Twitter: 3 casi a confronto

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato

Tesi di Laurea

ANALISI DELLE STRATEGIE DI COMUNICAZIONE DI

MARKETING SU FACEBOOK E TWITTER:

3 CASI A CONFRONTO

Candidata Relatrice

Marta Punti Lenzi Annamaria Tuan

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Indice

Introduzione ... 5

1.Letteratura ... 8

1.1 I social media e la relazione con il cliente ... 8

1.2 FGC – Firm Generated Content ... 9

1.3 Social Media e CSR – Corporate Social Responsability ... 11

2. Social Media Marketing: definizione ... 15

2.1 Le aree dei Social media ... 17

2.2 Facebook e Twitter: i canali social utilizzati nella ricerca ... 21

2.3 Gli obiettivi del Social Media Marketing ... 24

2.4 Social Media Metrics ... 28

a) Dati qualitativi e quantitativi ... 30

b) Counting metrics ... 34

c) Business Value Metrics (BVM) ... 35

d) Outcome metrics (KPIs, Key Peformance Indicators) ... 36

e) Le metriche di Facebook e Twitter: Facebook Insight Metrics e Twitter analytics ... 42

f) Social Media ROI ... 54

g) Una sfida impegnativa ma… ... 61

3. Metodologia ... 63 3.1 Analisi qualitativa ... 63 3.2 Modalità ... 65 3.3 Il campione ... 66 3.4 Grounded Theory ... 69 4. Risultati ... 76 4.1 Risultati generali ... 76

4.2 Applicazione della Grounded Theory al campione ... 88

 Granarolo ... 92

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4  Actimel... 99 5. Conclusioni ... 105 6. Appendice ... 111 7. Bibliografia ... 116

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Introduzione

L’uso dei Social Network si è ormai consolidato da anni nel nostro modo di comunicare. Questo fenomeno ha portato ad un cambiamento radicale nei campi del marketing e della comunicazione delle aziende: la relazione azienda-consumatore diventa sempre più interattiva e consente uno scambio di messaggi bilaterali altamente personalizzati e costanti.

Da uno studio dello IULM condotto a novembre 2013 su 720 aziende italiane, di varie dimensioni e diversi settori merceologici emerge che: il 64% delle imprese italiane dichiara di utilizzare qualche strumento partecipativo nelle attività di comunicazione (il doppio rispetto al 2010 Nella grandi realtà la percentuale d’uso sale a 81% , invece nelle piccole e medie imprese scende al 50%.

Al primo posto per maggior utilizzo troviamo Facebook (75%), seguito da You Tube (51%), Twitter (45%) e LinkedIn (44%). Solo il 9% usa il blog.

La difficoltà maggiore per qualsiasi tipo di azienda è sapere cosa comunicare, ma soprattutto capire cosa gli utenti si aspettano che comunichiamo.

Questo elaborato è il frutto di una ricerca condotta su un social data base contenente tutti i post e i tweet condivisi dal 2014 al 2016 da 3 aziende operanti nel settore yoghurt: Granarolo, Vitasnella e Actimel.

Il programma NVivo ci ha permesso di scaricare su Excel tali dati direttamente dai profili italiani ufficiali di Facebook e Twitter delle marche selezionate. L’obiettivo è quello di capire quali siano le strategie di comunicazione di marketing da loro adottate. Ci sono analogie e/o differenze? Chi è la più attiva sui social media? Come possiamo classificare i diversi contenuti? La comunicazione su Facebook è la stessa di quella di Twitter?

Nel primo capitolo viene fatto un excursus di quella che è stata fino ad oggi la letteratura sui Social Media. Partendo dalla relazione con il cliente, verrà affrontato il tema della comunicazione delle aziende attraverso il Firm generated content (FGC) e l’approccio più recente di politica aziendale della Corporate Social Responsibility (CSR).

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Nel secondo capitolo si inquadra il concetto di Social Media Marketing (SMM) partendo dalla definizione più diffusa in letteratura di Kaplan & Haenlein (2010). Vengono quindi ripercorse le 4 aree dei Social Media individuate da Tuten e Solomon (2014) per poi fornire una descrizione dei due social network utilizzati nella ricerca ed un elenco degli obiettivi del SMM. Il capitolo si conclude con una panoramica delle Social Media Metrics più importanti, riprendendo i concetti di Lovett, Cosenza e del gruppo Altimeter.

Nel capitolo 3 viene esposta la metodologia con la quale è stata svolta la ricerca. Viene qua esposta la composizione del totale dei contenuti presenti nel social da base: per ogni marca si mostrano il numero totale dei post e dei tweet, gli shares, comments e likes, i Likes ed i RT.

Per analizzare le diverse comunicazioni di marketing adottate dalle marche, è stato effettuato, per ogni anno, un campionamento casuale pari al 10% del totale annuo dei post e dei tweet condivisi. Al campione è stata applicata la teoria nata a fine anni ’60 di Barney Glaser e Anselm Strauss, la cosiddetta Grounded Theory, una metodologia di ricerca qualitativa tra le più utilizzate con l’obiettivo di scoprire, nominare e categorizzare un fenomeno. Ad ogni contenuto appartenente al campione, abbiamo attribuito delle categorie e sottocategorie predefinite (categories e subcategories), secondo la classificazione proposta da Taecharungroj V., (2016).

I risultati sono esposti nel capito 4. Per vedere come le metriche cambiano nel tempo, abbiamo diviso per bimestre i dati, e condotto così una breve analisi qualitativa sul totale attraverso le seguenti social media metrics: likes, comments e shares per Facebook, e Likes e Retweet (RT) per Twitter. Arriviamo qui al fulcro dell’elaborato: l’applicazione della Grounded Theory al campione. Abbiamo attribuito ad ogni contenuto una keyword, un subtype ed infine un content type. Grazie alla creazione di Tabelle Pivot su Excel, è stato possibile conteggiare facilmente le volte in cui una marca ha utilizzato determinate sottocategorie, raggruppandole poi per categorie. Per ogni marca abbiamo 2 analisi differenti, una per Facebook e una per Twitter.

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L’analisi dei social data ha fatto emergere interessanti analogie e differenze tra le strategie di comunicazione delle 3 marche.

Le conclusioni ed i limiti riscontrati costituiscono il capitolo finale.

In Appendice, si possono trovare le tabelle contenenti il numero totale di Likes, Comments e Shares (Facebook) e Likes e Retweet (Twitter) per ogni bimestre del triennio considerato di ogni marca. Questo è stato fatto con il fine di rendere più chiare le tabelle descrittive del totale che sitrovano nel capitolo 4

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1.Letteratura

1.1 I social media e la relazione con il cliente

I consumatori trascorrono sempre più tempo libero su internet e sui loro canali social media.

Questi ultimi giocano un ruolo importante nelle strategie di marketing delle marche, a tal punto che il marketing budget delle aziende viene focalizzato maggiormente sul digital advertising e sui social media.

Durante il 2016, Facebook da solo conta 1.55 miliardi di iscritti, seguito da Youtube (1 miliardo) e la spesa totale sui social media è cresciuta del 33.5% dal 2014 al 2015 (Allton 2016; eMarketer 2015).

In Italia 3 aziende su 4 utilizzano i social media per comunicare (Osservatorio IULM sui Social Media). I canali utilizzati sono principalmente sono Facebook, YouTube, Twitter, LinkedIn e Instagram.

I social media non hanno solamente cambiato il modo in cui le marche attraggono e ritengono i clienti, ma hanno anche reso possibile l’interazione marca-consumatore e consumatore-consumatore.

L’utilizzo corretto dei social media può nettamente incrementare la performance di impresa attraverso la creazione di valore e engagement del consumatore. Al contrario, commenti e feedback negativi possono “macchiare” l’immagine di marca e di conseguenza far calare le vendite, specialmente per le reazioni interconnesse e imprevedibili dei consumatori ai contenuti che la marca pubblica sui propri canali. Quindi,l’efficacia dei social sulla performance della marca -brand performance- (es vendite, profittabilità del cliente, crossbuying..) può variare nel breve periodo le vendite, positivamente o negativamente.

È’ stato dimostrato che l’impatto dei social media sulle vendite della marca può essere 4 volte più efficace rispetto al mass media marketing (pubblicità in televisione) (Kumar V et al. 2016): questo è dovuto al fatto che le informazioni si

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disseminano più rapidamente attraverso i social media (il cosiddetto “effetto network”) incrementando l’effetto positivo o negativo del post. L’informazione può giungere persino a chi nemmeno ha interagito con il post della marca. Come gestire la relazione con il cliente? Com’è possibile attrarre nuovi clienti e la ritenzione di essi? L’engagement del consumatore attraverso l’uso dei social media è possibile e studi recenti hanno tentato di spiegare i suoi differenti aspetti.

Il livello di engagement del consumatore e l’interazione tra consumatori sui social, può variare durante il ciclo di vita del prodotto (product life cycle, PLC) o al verificarsi di cambiamenti di performance della marca. La teoria classica del PLC (Parsons 1975) ci dice che l’effetto della pubblicità è maggiore durante le fasi di introduzione e sviluppo, ma declina nelle fasi successive. Inoltre, l’effetto del marketing-mix può variare nel tempo a causa dell’evoluzione delle preferenze del consumatore o dei cambiamenti nel mercato (regolamentazioni, maggior competizione, introduzione di nuovi prodotti).

1.2 FGC – Firm Generated Content

Per instaurare una relazione con l’utente la marca deve generare contenuti di valore sui suoi anali social.

Il Firm generated content – FGC- (contenuto generato dall’azienda) si riferisce ai messaggi “postati” dalle aziende sui loro canali social. I consumatori possono commentarli, condividerli o semplicemente mettere un “like”. Il FGC può essere usato non solo per promuovere prodotti sui social ma anche per costruire una relazione profittevole con i consumatori Ma chi è che sarà più recettivo al FGC? Kumar et al. (2016) elencano 3 caratteristiche individuali che possono colpire la motivazione del consumatore e la sua abilità di recepire le informazioni:

 La lunghezza della relazione : se il consumatore possiede una relazione lunga con la marca, sentirà un livello maggiore di commitment verso di

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essa (Ranaweera and Prabhu 2003) è più soddisfatto e di conseguenza più propenso a rispondere positivamente e attivamente al FCG

 La capacità nell’usare la tecnologia (tech savviness): il consumatore che sa utilizzare la tecnologia, sarò più facilmente engaged dal FCG.

La propensione al Social Network: i consumatori “social network-prone”, sono quelli che utilizzano i social network per condividere per interagire con gli altri consumatori (condivisione di informazioni, recensioni…). Questi saranno più abili ad interagire con gli altri clienti della marca e più sensibili ai commenti di chi ha simili interessi e preferenze.

Kumar et al. vogliono andare oltre l’effetto di breve periodo (già accennato) dell’aumento delle vendite, vedendo come sia possibile per le aziende creare un legame con i consumatori grazie al FGC e dimostrando che l’effetto delle impressions dei social media varia con il tempo.

Gli autori, attraverso un modello econometrico, confermano l’effetto positivo del FGC sulle seguenti due metriche:

Customer spending, ovvero il valore della transazione tra consumatore e l’azienda e

customer’s cross-buying behavior, segnale dell’intensità della relazione consumatore/azienda che esprime l’acquisto in termini di differenti categorie di un prodotto acquistate (Shah et al. 2012; Verhoef and Donkers 2005). Questi consumatori sono fondamentali perché hanno switching cost maggiori, una relazione più duratura con la marca e contribuiscono ai profitti dell’azienda.

I risultati,inoltre, implicano che l’effetto del FGC è maggiore per chi ha già instaurato una relazione con l’azienda da tempo (experienced), chi è più technologically savvy e per i consumatori social network–prone . Il FGC è positivamente associato alla profittabilità del consumatore.

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11 1.3 Social Media e CSR – Corporate Social Responsability

Oltre alla creazione del customer engagement e alla promozione della marca, il FGC può venire utilizzato in terzo luogo, per comunicazioni di Corporate social responsibility – Responsabilità sociale di impresa - (CSR).

Durante gli ultimi anni, la CSR è diventato un hot topic nella letteratura del marketing. Un numero crescente di aziende ha incluso iniziative di CSR nelle loro pratiche di marketing, riuscendo attivamente nel customer engagement. Queste possono assumere svariate forme, come programmi di riciclo utilizzo di materiali eco-friendly, supporto alla comunità, eventi per la raccolta di fondi e attività di cause-related marketing in generale.

L’invito ai consumatori di fare donazioni può rafforzare il senso di connessione tra impresa/consumatore e persino portare alla retention di questo e ad un positivo passaparola (WOM, word of mouth).

L'Ice bucket challenge fu un chiaro esempio di customer engagement nell'ambito di CSR, in particolare della co-creazione di una maggiore esperienza di consumo. La brillante iniziativa fu un vero successo: nell'estate del 2014 l'associazione ALS (amyotrophic lateral sclerosis) ha raccolto 100 milioni di dollari.

A conferma di quanto detto, una ricerca di Blogmeter condotta dal 2013 al 2016 sul canale social Twitter mostra che, al primo posto dei top hashtag in Italia nell’agosto 2014, c’è stato “icebucketchallenge”.

Molteplici ricerche si sono focalizzate sull’impatto benefico delle pratiche di CSR, che possono accrescere la fiducia e la fedeltà del consumatore, così come la preferenza di marca, la soddisfazione, la raccomandazione e di conseguenza la performance di impresa. Determinate azioni possono fungere da risposta e protezione a seguito di una crisi della marca (rivelazione di pratiche adottate non a norma, sfruttamento lavorativo di minori, mancata implementazione di macchinari a norma, maltrattamento di animali, disboscamenti non controllati ecc..).

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L'Ethisphere Institute è un'organizzazione americana, precisamente dell'Arizona, che ogni anno stila la lista delle imprese più etiche dell'anno, “World’s Most Ethical Companies” con l'obiettivo di premiare le aziende con le migliori pratiche etiche e che sappiano offrire un modello di come dovrebbe essere la condotta etica delle aziende. Le aziende devono saper promuovere internamente gli standard e le pratiche etiche, facendo sì che i manager e i dipendenti facciano buone scelte, e creare una linea futura per gli standard da seguire . Nel marzo 2016, l'istituto ha annunciato i nomi delle imprese più etiche, sono 131 provenienti da 21 stati e rappresentano 45 industrie.

C'é chi promuove la CSR come una fonte di competitività mentre le organizzazioni osano più apertamente sottolineare i lati negativi che questa possa portare in tema di competitività. Un tema caldo in questo ambito è la questione se la competitività e la responsabilità sociale di impresa siano compatibili tra di loro. La competitività si sa, è fondamentale per il corretto funzionamento del mercato e le imprese sono agenti economici che, in teoria, prendono decisioni in relazione a fattori competitivi ma, essendo agenti che operano all'interno di una società, le loro attività hanno un impatto sull'ambiente e sulle condizioni sociali. La maggior parte della letteratura è in linea con il modello liberale che vede le attività economiche e la società come scollegate (disembedded) (Polanyi, 1983) ma l'ipotesi presentata è quella che un contratto sociale dovrebbe assicurare la convergenza tra Il guadagno economico e le aspettative degli stakeholders. Questa visione bucolica viene contraddetta dalle conseguenze della globalizzazione, che ha portato ala diminuzione del costo del lavoro, l'esaurimento di ali e l'aumento di impatti negativi sull'ambiente in cui viviamo. Le multinazionali spesso attuano in modo irresponsabile e questo porta ad una perdita di credibilità (danneggia la reputazione aziendale) e del concetto di responsabilità sociale di impresa. Reich (2008) denuncia la CSR come una pericolosa "dangerous hypocrisy" e asserisce che l'unico obiettivo economico è quello della massimizzazione del profitto.

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Quairel-Lanoizelee (2016) analizza la connessione tra CSR e competizione, sottolineando i limiti del vantaggio competitivo guadagnato con le strategie CSR.

Nella letteratura tradizionale di CSR, quest'ultima è considerata inutile e perfino sovversiva. Raramente è vista come compatibile con la competitività che è un meccanismo che asiicura sia una gestione efficace delle risorse e incita all'innovazione, sia un impatto positivo sulla comunità. Sebbene criticato, questo dogma è stato discusso dai neo-liberali ed è diventata il principio cardine delle istituzioni internazionali economiche come l'Organization of Economic Cooperation and Development "L'obiettivo della politica della competitività è quello di contribuire complessivamente al social welfare e alla crescita economica"(OECD, 2000, p. 52). Secondo Friedman, economista americano esponente della scuola di Chicago, l'unica responsabilità dell'impresa è quella di creare profitto peri suoi stakeholders. Reich, nel 2007, denuncia il super capitalismo ma arriva alle stesse conclusioni di Friedman del 1971: le pratiche CSR verranno condotte dalle imprese solo se portano ad un profitto maggiore. Anche Jensen (2001) richiama l'esistenza di una convergenza tra massimizzazione del valore d'impresa nel lungo temine e massimizzazione del social welfare.

Le teorie degli economisti mainstream analizzano le varianti della CSR dividendole in 3 categorie: Business Ethics, Business and Society e Social Issue Management (SIM). queste possono differire per l'importanza data agli obiettivi economici e finanziari, ma nessuno menziona la competitività. I sostenitori dell'approccio Business Ethic asseriscono che le imprese hanno delle obbligazioni morali e i loro manager devono tenere conto del welfare generale. Sottolineano l'importanza del rispetto delle regole della fair competition e ne denunciano la corruzione.

L'approccio di Business and Society prevale maggiormente tra gli autori che affermano che l'interesse economico converge con le aspettative degli stakeholder. Per esempio Carroll introduce nel 1979 un modello in cui

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economia, etica e filantropia sono giustapposte. Quindi le imprese che creano una relazione di fiducia con gli stakeholder e mostrano un comportamento etico, guadagnano un vantaggio competitivo per la qualità di queste relazioni. Il concetto di CSR è stato studiato senza tener conto dei conflitti e gli ostacoli posti dalla concorrenza.

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2. Social Media Marketing: definizione

“Social Media is a group of Internet-based applications that build on the ideological and technological foundations of Web 2.0 [i.e. collaborative platforms], and that allow the creation and exchange of User Generated Content” (Kaplan & Haenlein, 2010).

(Traduzione: I social media sono un gruppo di applicazioni internet basate sui presupposti ideologici e tecnologici del Web 2.0, che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti).

La tecnologia e il World Wide Web (WWW) hanno avuto e stanno avendo tuttora un impatto trasformativo sulla società e sulla sua maniera di far interagire e comunicare gli individui.

L’uso dei Social Media (SM) sta crescendo rapidamente negli ultimi anni, soprattutto perché facilita il networking tra le persone. Infatti l’era della tecnologia Web 2.0 differisce dalla sua predecessora Web 1.0 proprio perché consente non solo di consumare contenuto online, ma anche di partecipare alla creazione e alla condivisione di contenuti. Il SM (dal latino “medium”, che significa “mezzo, strumento) è un veicolo per condividere le informazioni con la nostra community: ciò che rende possibile l’interazione con gli altri.

Il Social Media Marketing (SMM) si differenzia quindi da ogni altro tipo di marketing perché permette alle aziende e ai clienti di interagire e commentare: un sistema sostanzialmente nuovo di ottenere feedback e consigli e di gestire il customer care. conferisce ai consumatori una voce, le aziende devono saper parlare.

Sono sei i tipi di social media, sempre secondo Kaplan e Haenlein (Figura 1):

Blog e microblog (es:Twitter)

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16  Social Network Sites - Siti di social networking (es:Facebook)

Content communities - community che condividono materiale multimediale (es: Youtube)

Virtual Social Worlds - Mondi virtuali sociali (es: SecondLife)

Virtual Game words - Mondi virtuali di gioco (es: World of Warcraft)

Tabella 1 - Classificazione dei Social Media (Kaplan e Haenlein, 2010) Low

Social presence/media richness

Medium High

Self-presentation/self- disclosure

HIGH Blogs, migroblogs

(e.g Twitter)

LOW Collaborative projects

(e.g Wikipedia)

Social networking sites (e.g Facebook)

Content communities (e.g YouTube)

Virtual Social worlds (e.g Second Life) Virtual game worlds (e.g World of Warcraft)

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2.1 Le aree dei Social media

Figura 1 - Le aree dei Social Media (Tuten, Solomon)

Le aree dei SM sono 4:

 Social Communities (Facebook, Twitter, LinkedIn, Google+)

 Social Publishing (Editoriale, commerciale, contenuti generati dall’utente UGC)

 Social commerce (CRM/servizio, vendita/rivendita e risorse umane)

 Social entertainment (Giochi, musica, arte)

Le comunità di persone sono sempre esistite e le comunità online esistono già da prima dell’invenzione dei blog. Le Social communities (SC) sono comunità online che utilizzano le piattaforme social per interagire tra di loro e al loro interno. La “comunità” è un fenomeno naturale, è un atteggiamento mentale

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focalizzato sulle relazioni, è lo spazio del tempo libero e delle relazioni, dove utenti che hanno un qualcosa in comune (interessi, esperienze, ideali, obiettivi, fattore identitario…) si incontrano raccontano di sé.

Possiamo qui elencare le caratteristiche delle SC:

Social – I membri interagiscono tra di loro e socializzano

Collective – I membri condividono un particolare interesse

Credible – I membri si fidano l’uno dell’altro

Engaged – I membri prestano attenzione

Collaborative – I membri si aiutano a vicenda creando un contenuto che abbia valore per loro, grazie alla condivisione delle conoscenze

.

Le SC si possono sovrapporre alle comunità offline, per esempio gli “amici” di Facebook solitamente includono amici, familiari, colleghi.

Una sostanziale parte di qualche SC è invisibile, prendiamo i lettori di un blog che sono interessati al tema e fan del blogger. Questi visiteranno più volte la pagine del loro guru, ma non per questo commenteranno o interagiranno tra di loro, ragione per cui non sempre è possibile identificare gli appartenenti alla SC. Altre volte, invece, l’identificazione dei membri della SC è più facile con la creazione di comunità basata interamente sugli interessi e sul fattore identitario dei membri.

L’area del Social Publishing (SP), è quella in cui gli utenti si aggiornano sui siti che favoriscono la diffusione di un contento ad un pubblico. L’utente può, ad esempio, leggere le notizie su un quotidiano online (contenuto editoriale), scontrarsi con una pubblicità di un’impresa (contenuto commerciale) e può interagire con un network pubblicando egli stesso frasi, video o immagini (contenuto generato dall’utente, inglese: User Generated Content ).

Tra i canali di SP troviamo:

Blog (Blogger, Wordpress, Tumblr), siti web che contengono esperienza, osservazioni, opinioni (testi in generale), immagini e video pubblicati da

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una singola persona o da un gruppo di writers. I contenuti, che vengono visualizzati dai lettori in ordine anti-cronologico, possono essere condivisi, commentati e creano la possibilità di generare una discussione su particolari temi.

Siti di microsharing o microblogging (es: Twitter, Yammer), simili ai blog, consentono la condivisione di contenuti a lunghezza limitata (pensiamo ai 140 caratteri massimi di Twitter), link e contenuti multimediali. I microblog hann il potere di diffondere le informazioni rapidamente. Microblodding word-ofmouth (mWOM) sui social media incoraggiano l’adozione del prodotto e una maggiore spesa e profittabilità del consumatore (per es. Hennig-Thurau et al. 2015; Stephen and Galak 2012).

Siti di media sharing (Instagram, Flickr, Vimeo, Youtube, Pinterest..), siti web che consentono l’upload di foto, video, documenti (ad esempio libri, news…) e audio. Questi contenuti possono essere condivisi online con chiunque o con un gruppo ristretto di utenti.

Si possono utilizzare strumenti di Social Media Publishing per raggiungere più scopi come:

 Promuovere il contenuto di un blog o le offerte delle landing page verso i SM

Incrementare il traffico di un sito web e beneficiare della SEO (Search Engine Optimization)

 Pubblicare, risparmiando tempo, un messaggio su tutti i canali social in una sola volta

 Organizzare un programma di SP, in modo da avere già organizzato il contenuto da condividere, sia per quanto riguarda l’orario che il giorno

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L’area Social Commerce nasce come integrazione dell’e-commerce e dei SM: è l’angolo degli acquisti online di prodotti e servizi, favoriti appunto dall’uso dei SM. Essenzialmente, il Social Commerce, cerca di creare un ambiente interattivo dove i consumatori possano scambiare tra loro informazioni relative agli acquisti eseguiti, così come la propria experience. Questo fenomeno in cui vengono coinvolti gli amici dei consumatori nell’esperienza di acquisto,viene chiamato social shopping.

Elizabeth Yin elenca 3 segmenti del social shopping:

Group shopping sites (es. Groupon), siti web grazie ai queli è possibile acquistare prodotti o servizi a prezzi vantaggiosi

Shopping communities, gli utenti aventi gli stessi interessi e preferenze in termini di prodotti o servizi “si incontrano” in questi siti e si scambiano opinionim leggono le recensioni e le raccomandazioni lasciate dagli altri.

Recommendation engines (es Yelp, Epinions…): siti di recensioni e valutazioni, dove altri utenti hanno valutato e recensito servizi o prodotti di cui hanno usufruito.

L’ultima area, quella del Social Entertainment, “comprende canali e veicoli che offrono opportunità di giocare e divertirsi, tra cui giochi social e siti di gioco, console che supportano funzioni social, Alternate Reality Game, mondi virtuali e comunità di intrattenimento”. (Tuten, Solomon p. 18)

I giochi sono chiamati “social” perché è possibile condividere e scambiare i frutti del proprio lavoro con gli altri giocatori e invitarli a provare il gioco stesso (chi non ha mai ricevuto una notifica di Candy Crush su Facebook?).

Trasformare la realtà in spazio di gioco è l’idea che sta alla base ARG. In questi giochi la realtà diventa lo spazio entro cui sviluppare una narrazione interattiva, aumentando il senso di partecipazione e verosimiglianza dell’esperienza attraverso i vari strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie digitali.

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C'era un tempo (primi anni 2000) in cui il mondo dei social network era dominato da MySpace, che in breve avrebbe coinvolto 100 milioni di persone: fu il primo esempio di comunità di social entertainment. Il social network aveva la capacità di far scoprire agli utenti nuovi gruppi musicale e ai musicisti di farsi conoscere in modo che tutto questo potesse essere condiviso da una comunità di persone che ha gli stessi interessi e le stesse passioni Dopo il riposizionamento del sito, gli utenti vivono un’esperienza che sia rilevante per loro, vicina ai loro interessi non più solamente nel campo della musica, ma anche della televisione e del cinema.

2.2 Facebook e Twitter: i canali social utilizzati nella ricerca

Sebbene i canali social siano molteplici, quelli utilizzati ai fini della nostra ricerca sono 2: Facebook e Twitter.

Il primo, nato nel febbraio del 2004 come social network esclusivo (solo gli studenti della Harward University potevano accedervi), conta al giorno d’oggi più di 1.8 miliardi di utenti attivi mensilmente in tutto il globo, 28 milioni dei quali in Italia (Fonte attualizzata a dicembre 2016: Statista). Per utente attivo viene considerato chi esegue almeno un’azione digitale al mese, login, like, share, view.

La differenza tra Facebook e altri social network sta nel fatto che quasi tutti gli utenti si iscrivono con il loro vero nome. Basta nickname astrusi, è necessario solamente digitare nome e cognome di una persona ed ecco che si può “aggiungere agli amici”. Con Facebook si possono ritrovare amici di vecchia data ormai persi di vista o fare nuove amicizie. Ma non solo. Ecco altre funzionalità del social network per eccellenza:

 Scrivere uno status che i tuoi amici potranno visualizzare (“a cosa stai pensando?”), o Condividere foto e video

 Vedere quello che gli amici hanno condiviso (status, foto o video) e poter commentare

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22  Chattare grazie all’applicativo “Messenger” (è possibile creare anche chat

di gruppo, con più di 2 partecipanti)

 Iscriversi a gruppi creati per chi ha un determinato interesse o passione o alla pagina di un personaggio pubblico

 Utilizzare applicazioni di terze parti che aumentano le funzionalità

 Giocare online

 Organizzare eventi con la possibilità di invitare i propri amici

Non solamente singoli utenti si registrano a Facebook, ma anche le aziende creano la propria pagina per stabilire un punto di connessione con i costumers. Grazie ad una pagina Facebook aziendale, “puoi comunicare direttamente con i clienti, offrire loro maggiori informazioni sulla tua azienda e assistenza e raccontare storie attraverso le immagini” (Facebook business). Posti degli obiettivi aziendali, Con Insights delle Pagine, le marche visualizzano i report su come le persone rispondono alla loro pagina, risultati che aiutano ad apportare modifiche per migliorarne l'efficacia.

Nelle “aree dei social media”, Facebook è collocabile all’interno dell’area di Social community in primis ma anche social publishing.

Twitter, “il social asimmetrico per eccellenza” (V. Cosenza, pag. 12) debutta due anni più tardi come un servizio che permettesse di condividere micro post (lunghezza massima 140 caratteri) pubblici e commentare, seguire o retwittare gli aggiornamenti di altri. È il posto in cui gli utenti condividono le loro opinioni, si connettono alle loro passioni, e scoprono in tempo reale che c'è di nuovo nel mondo. Gli utenti attivi sono 320 milioni, tra cui 6.4 milioni in Italia (Fonte attualizzata a novembre 2016: Wired).

Se da un punto di vista tecnologico è un social network, “da quello comunicativo tende a contribuire allo sviluppo di processi sociali più vicini ai media broadcast come radio e televisione” (D. Bennato, H. Bentothman. A.Panconesi, 2010). A confermare di tale natura, arriva anche da una ricerca di Sysomos, compagnia canadese leader nel social analytics. Dopo aver analizzato più di un miliardo di

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Tweet nel 2010, scoprirono che solo il 29% dei Tweet genera una reazione (Figura 4), in particolare il 6% genera un retweet (Get RT) e il 23% un reply (Get @reply).

Figura 2 - Replies and Retweets on Twitter( Sysomos, 2010)

“Poiché gli utenti di Twitter amano le novità, si tratta di un pubblico aperto all'interazione con nuove aziende. Le aziende possono sfruttare Twitter per espandere la loro copertura e connettersi con clienti nuovi ed esistenti.” (Twitter, “Introduzione a Twitter per le aziende”).

Twitter consente alle aziende di:

 Scoprire cosa c’è di nuovo in questo momento (nei vari settori, nelle comunità..) ed intervenire

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24  Aumentare la popolarità della marca comunicando regolarmente con i

follower.

Offrire assistenza clienti tempestiva, rispondendo rapidamente e

facilmente alle richieste di supporto.

Entrare in contatto con potenziali clienti, sostenitori del brand e influencer

seguendo utenti esterni alla tua rete personale e di interagendo con essi. Twitter si colloca nell’area del social publishing.

2.3 Gli obiettivi del Social Media Marketing

“Con l’accelerazione del social media marketing verificatasi negli ultimi anni, anche gli obiettivi raggiungibili dalle imprese sono aumentati” (Tuten e Solomon, 2014). Tuten e Solomon presentano gli obiettivi sopracitati rispetto a “una gamma di attività di marketing che comprendono la promozione e il branding, il servizio alla clientela, la gestione delle relazioni con i clienti, la vendita al dettaglio e il commercio, la ricerca di marketing”.

Innanzitutto i SM, come suggeriscono i due autori, possono essere utili strumenti per la promozione di “beni, servizi,luoghi o persone”.

In questi casi l’azienda può acquisire spazio sui media grazie a 3 tipi di media: paid media, earned media e owned media.

Zona Paid Media

(a pagamento)

Owned Media (di proprietà)

Earned Media (guadagnati)

Social community Inserzioni Profili controllati

Conversazioni nelle comunità, contenuti condivisi, influence, impression, like, follower, fan Social publishing Endorsement, canali branded su siti di condivisione

Blog aziendali, siti di condivisione controllati dalla

marca

Embed, commenti, share, link, search

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25 Social

entertainment Pubblicità nei giochi

Advergame a ARG

Branded Interazioni nei giochi

Social commerce Promozione Negozi social

Recensioni e valutazioni, raccomandazioni, acquisti di gruppo, rapport di social shopping Tabella 2 - Brand application nelle aree dei SM

I primi sono, come suggerisce il nome, mezzi “pagati” dall’azienda al fine di ottenere una maggiore visibilità, raggiungendo i potenziali clienti. Rientrano tra questi la tradizionale pubblicità (in Tv, radio, su Google, su carta stampata in generale tutte le forme di advertising e sponsorizzazione), le pubbliche relazioni e il Search Engine Marketing (SEM).

La presenza sugli earned media non può essere acquistata, ma deve essere guadagnata. Presenza che non comporta nessun costo diretto per l’azienda. Ogni giorno sul web ci imbattiamo su siti dove i consumatori si scambiano idee, opinioni e pareri, e dialogano (comunicazione passaparola e word of mouth, WOM). Non risulta quindi difficile leggere citazioni, recensioni e conversazioni degli utenti su una determinata marca. Per le aziende diventa di fondamentale importanza l’ascolto e il monitoraggio di questi canali.

Gli owned media sono i canali posseduti e controllati direttamente dalla stessa azienda come le pagine dei SM, “i siti web aziendali, i siti di e-commerce, blog aziendali, gli advergame e gli ARG ( Alternative Reality Gaming)”.

Attraverso i media, le imprese hanno l’opportunità di incrementare il coinvolgimento e l’interazione con il pubblico di riferimento. Un ulteriore obiettivo è infatti quello del social engagement. In maniera attiva e trasparente i brand sui Social Media possono conversare con gli utenti, raccogliere feed back di valore e costruire un legame vivo e duraturo con la propria audience.

Le aziende possono influenzare il consumatore durante tutto il processo decisionale, dallo stimulus, al first moment of truth (es. il consumatore trova il

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prodotto in negozio e lo acquista, Shelf), fino a giungere al second moment of truth, cioè quello della prova vera e propria del prodotto o servizio (experience). Con l’arrivo dei SM, il momento in cui decidiamo di procedere con l’acquisto o meno, si viene ad interporre tra lo stimulus e il FMT. Il nuovo concetto che ha rivoluzionato il modo con cui viene affrontato il marketing, si chiama “zero moment of truth” e avviene quando il consumatore cerca su internet informazioni ed opinioni sul prodotto o servizio.

E’ fondamentale che le imprese tengano sotto controllo ogni fase del processo decisionale del consumatore, il cui meccanismo è di seguito descritto:

Creare e/o Rafforzare la notorietà del brand aziendale o del prodotto (Brand awareness), mantenendosi attive sui social tramite la pubblicazione di contenuti nei canali officiali e non.

Influenzare il desiderio del consumatore, grazie ad attività che invogliano i consumatori a desiderare quel prodotto, servizio ecc…

Incoraggiare la prova, tramite la distribuzione gratuita di campioni (sampling). Questa strategia è molto utile nel momento del lancio di un nuovo prodotto /servizio.

Facilitare gli acquisti, in questo caso i SM fungono da veri e propri canali di distribuzione e luoghi in cui poter trovare incentivi all’acquisto come sconti e offerte.

Consolidare la fedeltà al marchio (Brand loyalty), facendo sì che i consumatori passino più tempo a contatto con la marca in un luogo d’incontro preciso: il canale social della marca.

La relazione tra consumatore e azienda finisce una volta che questo ha proceduto con l’acquisto? Assolutamente no. I SM non sono solo pubblicità. Questi possono essere utilizzati per la customer relationship management (CRM), cioè la gestione dei clienti che avviene nella fase di post vendita. Considerando che acquisire un nuovo cliente è, in media, 5/10 volte più costoso rispetto a fidelizzarne uno, il CRM si rivela di fondamentale importanza al fine di

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mantenere il rapporto con i clienti acquisiti nel tempo. Le aziende si appoggiano a database in grado di fornire preziosi dati su ciò che i clienti comprano, quanto ne comprano e quando. Tenendo i clienti già acquisiti monitorati, per le imprese risulta più facile costruire delle offerte personalizzate e di loro interesse.

In ambito di CRM, si può oggi parlare di social CRM per la particolare applicazione di queste tecniche ai social media. Invece di aver a che fare solamente con dati e informazioni sulle vendite, le aziende possono predisporre di conversazioni e relazioni non solo tra consumatori ma anche tra consumatore e azienda. E’ possibile per l’azienda creare relazioni con i propri “followers”, ma non solo.

Gli effetti del social CRM sono molteplici:

 L’azienda può rapidamente reperire informazioni sugli utenti interessati ai propri prodotti / servizi

 Un consumatore può condividere con gli altri la propria esperienza avuta con la marca, sia essa positiva o meno.

 L’azienda può seguire le conversazioni in cui viene menzionata e capire cosa le persone pensano, ottenendo market data e feedback in tempo reale.

 L’azienda può replicare in tempo reale alle lamentele o alle richieste dei consumatori, aiutare in caso di problemi e costruire così costumer confidence.

 Un consumatore può offrire nuove idee per prodotti / servizi futuri o di miglioramento per quelli già esistenti.

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Con l’avvento del Web 2.0, è nato un nuovo modo di raccontare la responsabilità sociale d’impresa, definita Corporate Social Responsibility – CSR. Al centro di questo concetto si annoda la convinzione che le imprese debbano comunicare non solo l’impatto economico del loro operato, ma anche quello ambientale e sociale: la gestione efficace del social media marketing è divenuta di vitale importanza per le aziende anche per comunicare le pratiche sostenibili.

Centinaia di imprese “postano” sui loro canali social contenuti riguardanti l’adozione di politiche aziendali che sappiano conciliare gli obiettivi economici e sociali / ambientali in un’ottica di sostenibilità futura: iniziative, pratiche e programmi di responsabilità sociale d’impresa.

Per far sì che il social CRM sia efficace, è cruciale per l’impresa capire come i consumatori rispondono al FGC e se certi segmenti del mercato può beneficiare maggiormente dagli sforzi di engagement della marca. Questa comunicazione è interattiva, un dialogo tra impresa e stakeholders che si basa sull’ascolto degli interessi e delle aspettativi di questi ultimi (con l’obiettivo di cogliere un vantaggio competitivo e massimizzare il profitto nel lungo periodo. E qua possono sorgere alcune questioni tra cui: la pubblicazione sui SM rispecchia realmente un atto responsabile dal punto di vista sociale e ambientale o è solamente una cinica opportunità di marketing?

2.4 Social Media Metrics

Una delle sfide dei CMO (Chief Marketing Officer) è valutare il successo delle attività di social media marketing. Una volta, era sufficiente riferirsi al richiamo delle campagne pubblicitarie, alla valutazione della “brand perception” o ai dati del traffico generato sul Web. Ma oggi ai CMO viene costantemente richiesto di fornire dati e razionali quantitativi chiari di come le spese di marketing stanno

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aiutando l’azienda a raggiungere i propri obiettivi. Su internet troviamo migliaia di blog dal titolo “Metrics that really matters”, “All the Social Metrics that matter”, “Social media metrics- how to track them” ecc... Perché? Semplice. Le metriche social da analizzare possono essere centinaia, e sta alle imprese sceglierle a seconda di ciò che vogliono analizzare, basta che esse abbiano un significato: “senza un contesto, sono solo vuoti numeri”. (Cosenza, 2011)

L’importanza di misurare i social media, è un fenomeno alquanto recente e il passaggio dalla “web analytics” alla “social media analytics” non è stato così scontato. “Oggi gli online marketer si trovano di fronte ad un paradosso: Internet è il più misurabile dei medium mai concepiti e, tuttavia, l’assenza di metriche concordemente accettate continua a essere di ostacolo alle iniziative di marketing”. (Gillin P., 2009).

La selezione delle counting metrics e dei KPI rilevanti è di importanza primaria, soprattutto a causa dell’elevato numero di metriche disponibili nell’ambito dei

social media.

Isolare correttamente ciò che è necessario misurare per valutare le performance della propria strategia (e guadagnare insight preliminari per svilupparla) permette di rendere il processo più semplice e focalizzato sui propri obiettivi.

Siamo passati da una misurazione della pagina, incentrata sul numero di pagina visualizzate, all’importanza della “durata”: quanto tempo l’utente passa sul sito della marca, oppure si pensi alle nuove metriche video di Fabeook (“minutes viewed”, “unique view”, “average % completion”..). A proposito di video, i contenuti non sono più solamente testuali ma anche multimediali e application-based. L’uso delle metriche social media (in inglese Social Media Metrics) non deve limitarsi all’utilizzo dei dati per misurare l’impatto dell’attività sui social media sui ricavi dell’impresa, ma deve cercare di ottenere una misurazione uniforme delle performance al fine di valutare l’efficacia di una campagna e promuovere la coerenza del reporting per tutti gli operatori. Non solo. L’analisi

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dei dati dovrebbe essere d’aiuto all’azienda nel miglioramento del proprio agire e nel soddisfacimento dei bisogni delle persone.

Cosenza nel libro “Social Media ROI” (2011), riporta la suddivisione adottata da John Lovett in “Social media Metrics secrets”. Le tipologie di misurazione che un frame work dovrebbe possedere sono quattro:

a) Dati qualitativi e quantitativi

I dati raccolti attraversi i social media possono essere quantitativi e qualitativi. I primi sono generalmente numeri e possono essere utilizzati per quantificare opinioni, comportamenti, atteggiamenti e altri variabili definite e generalizzare poi i risultati per una popolazione più ampia.

Ecco alcuni esempi di dati quantitativi che si possono raccogliere sui social media:

Counting Metrics: Metriche specifiche per ogni piattaforma utiliazzata (es. numero fan, followrs, visitatori...). Sono dati di valore solo se utilizzati per derivare le altre tipologie

Business Value Metrics: "metriche più facilmente comprensibili dagli stakeholder chiave dell'organizzazionen perchè hanno un riflesso sul core business. il problema è che alcune metriche comprensibile al responsabile finanziario non lo saranno per quello delle risorse umane".

Outcome Metrics (KPI): "gli indicatori chiave di performance prendono in considerazione un obiettivo che ci si è posti e indicano il grado di approssimazione al raggiungimento. possono variare a seconda della tipologia di azienda e di attività sui social media"

Foundational measures: "sono quelle pensate per essere applicabili in maniera uniforme tutti i canali di comunicazione e a tutte le attività social. possono essere viste come i mattoni fondativi grazie ai quali arrivare alla determinazione della business value metrics e delle outcome metrics"

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31  Numero di followers o fans: è il più facile e comune da tracciare. Più il numero è alto, maggiore è il reach (copertura). Ciò significa che cresce pure la possibilità per generare leads (potenziali clienti interessati alla marca). Comunque non bisogna fare molto affidamento a questo dato, è solo un numero, sebbene vederlo in crescita può essere gratificante.

Conversions (conversioni): il numero di utenti che hanno raggiunto l’obiettivo prefissato dalla marca (es. acquistare il prodotto, completamento di un form, iscriversi alla newsletter

Reach: numero di utenti (audience) con cui la marca potenzialmente sta comunicando

Impressions: numero di utenti che hanno visualizzato il post

Engagement: metrica incredibilmente significante, forse quella più importante a misurare il proprio successo (e sforzo) che, a secondo del social media, misura cose differenti. Se per Facebook contano il numero totale di likes, commenti e condivisioni (shares) di un post, per Twitter contano il numero di mentions, retweets, favorites and responses. L’engagement ci dice come l’audience sta rispondendo al contenuto condiviso. Avinash Kaushik nel 2011 posta sul suo blog online “Occam’s razor” un suo articolo con il quale propone una ulteriore scomposizione dell’engagement? Cosa conta secondo lui? “Non il numero di followers (o fans). Non il numero di posts/tweets”. L’autore “spezza” l’engagement nelle seguenti metriche:

o Conversation rate: numero di commenti (Facebook) o replies (Twitter) per post

o Amplification rate: numero di re-shares (Facebook) o retweets (Twitter), in media, per ogni post

o Applause rate: numero di likes per pos (Facebook) e numero di “favorites” per post (Twitter)

o Economic value: è la somma dei ricavi di breve periodo, lungo periodo e iI risparmio dei costi.

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32  Audience growing rate (AGR): misura quanto cresce l’audience della

marca durante il tempo (settimanalmente, mensilmente ecc)

Timing: Prestando attenzione a quando la community è online, al “nostro ascolto”, non bisogna postare obbligatoriamente solo nelle ore lavorative.

Click-through rate (CTR) – “percentuale di click” in italiano- è un rapporto che misura il numero di persone che clickano su un annuncio dopo averlo visualizzato. Utilizzato sui social se lo scopo è generare traffico sul sito web aziendale.

I secondi, i dati qualitativi, sono utilizzati al fine di conoscere a fondo un determinato problema o una particolare questione sulla quale si vuol indagare. Si possono inoltre captare le opinioni dei customers, le loro motivazioni e ragioni, sviluppare idee o ipotesi per delle potenziali future ricerche quantitative. Il metodo della collezione di questi dati può variare, utilizzando tecniche più o meno strutturate (interviste individuali, focus group...)

Influence: Un soggetto-influenzatore può essere identificato, secondo Michele di Salvo , come segue:

 E’ seguito da un numero di persone significativo rispetto alla sua

comunità di riferimento

 E’ in grado di condizionare le decisioni di acquisto o di voto

 E’ considerato un esperto in una certa materia

 Pubblica regolarmente contenuti rilevanti per la sua comunità di

riferimento

 Interagisce regolarmente con i suoi lettori

 E’ percepito come neutrale rispetto ai portatori di interesse, aziende o

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Ogni azienda vorrebbe trovare gli influencers della propria comunità, ma al momento non c’è uno standar per misurare l’influence o per trovare questi soggetti-influenzatori. Tuttavia, esistono degli strumenti che forniscono “influence scores”. Il più popolare è Klout, che permette di misurare l’indice di influenza tendenziale assegnando punteggi in centesimi (anche se esprime un punteggio da 1 a 100) a amici, like, retweet, citazoni, menzioni, condivisioni. Twitter comunque stila una classifica di influencers circa un determinate topic. Altri due strumenti sono Klet, PeerIndex.

Sentiment: un’analisi che serve alla raccolta delle reazioni in tempo reale degli utenti grazie all’applicazione del data mining ai social network. Questi ultimi sono in grado di produrre una miriade di dati ogni secondo, e l'analisi del sentiment è uno strumento per “ascoltare” le conversazioni che gli utenti stanno avendo online. In ogni momento è possibile capire quale sia il trend circa qualsiasi evento, a livello locale ma anche mondiale. Le marche, grazie a software accurati, ottengono interpretazioni realistiche del mercato in cui operano, definizioni della loro reputazione o del gradimento (o meno) dei loro prodotti/servizi. I software utilizzati, rielaborando le conversazioni provenienti da diverse piattaforme online (nel nostro caso le fonti sono Twitter e Facebook), determinano: il tono, ovvero l’opinione positiva o negativa, l’intensità di tale opinione e l’emotività con cui questa è espressa (attraverso l’uso di aggettivi, punteggiatura, emoticons, ecc) e la rilevanza dell’oggetto d’analisi rispetto al contesto. L’uso di software per la misurazione del sentiment rende il lavoro più facile e meno costoso rispetto ad una misurazione manuale ma bisogna stare attenti, in questo caso, alla totale comprensione di come lavora lo strumento al suo margine di errore e la metodologia da questo utilizzata

Conversation drivers: Con lo strumento giusto, possiamo controllare su quasi ogni piattaforma social i temi delle conversazioni degli utenti,

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comprendendo quali siano i loro punti di vista. Ogni marca vorrebbe sapere quale sia il contesto in cui viene citata dagli utenti online, ma anche cosa questi ultimi pensano sui competitors o sulla propria nicchia. Questa metrica qualitativa è una delle più importanti perché la conoscenza che ne deriva fornisce utili informazioni su chi i costumers vedono come competitors della marca, cosa essi condividono sulla marca, le loro preoccupazioni ecc….

b) Counting metrics

Lovett si riferisce ai fan, followers, visite e visualizzazioni, click e click through. Queste metriche vengono fornite direttamente dalla piattaforma social. Sebbene servano a rispondere alle domande “hom much”, “how many”, “how often”, “how far”, esse non sono in grado di dirci se la marca sta avendo successo o meno. Il fare affidamento esclusivamente a queste metriche è, secondo l’autore australiano, un errore di molte aziende. Sono in continua evoluzione, cambiano spesso e Facebook Insight ne è l’esempio. Si veda l’introduzione della metrica “people talking about” accanto al numero di fan, trasformando “il concetto di impression in quello di reach per evidenziare il successo dei post pubblicati”.

Qui sotto vengono riportare le counting metrics di Facebook e Twitter:

Facebook Twitter

Liker o Fan Follower

People Talking About Menzioni

Engaged User Liste in cui si è stati inseriti

Reach Tweet preferiti dagli altri

Impression Virality

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35 c) Business Value Metrics (BVM)

Chiamate così perché utili gli stakeholder chiave dell’azienda. La sfida è trasformare i molteplici e differenti interessi di questi stakeholder in metriche misurabili, che abbiano un valore di business “in modo che siano auto-esplicative per il management team e per le diverse funzioni dell’azienda”. Per rendere ciò possibile, è necessaria una buona comunicazione tra i manager delle varie divisioni aziendali, ognuno dei quali avrà dei bisogni disuguali. Lovett elenca ben 59 BVM, ma Cosenza riporta i seguenti, partendo da quelle che i decisori aziendali comprendono:

 Impatto sul fatturato: Solo con una previa progettazione è possibile ottenere metriche idonee alla misurazione dell’effetto dei social media sul fatturato

 Impatto sulla soddisfazione: La soddisfazione solitamente viene misurata tramite le ricerche di mercato, ma non solo. Con i social media è possibile monitorare le azioni avvenute su di essi e le interazioni. Un esempio di metrica è il net promoter score, indicatore utilizzato da molte imprese, rappresenta la volontà dei costumer di raccomandare una determinata marca agli altri.

 Market share: misurare l’attività sui social è di fondamentale importanza per quantificare il proprio market share, ma anche quello dei concorrenti

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36 d) Outcome metrics (KPIs, Key Peformance Indicators)

Determinati uno o più obiettivi, le metriche di risultato, permettono di vedere in qualsiasi momento il grado di approssimazione ad essi. Per esempio si può valutare il progresso di una campagna sui social media prima, durante e dopo il suo lancio. Gli obiettivi a cui si possono associare le metriche KPI sono 6; generare awareness, la creazione di un dialogo, l’incoraggiamento dell’interazione, la facilitazione del supporto, la promozione dell’advocacy e l’incitamento all’innovazione.

• brand awareness, visitatori, # download di

applicazione, # partecipanti ad un evento, menzioni generate, visibilità del prodotto

Responsabili di

marketing

• citazioni, share of voice, sentiment

Relazoni

pubbliche (o

esterne)

• lead, lead qualificate, di vendita sul ttale delle lead, valore medio della transazione

Venditori

• # richieste derivanti dai social media, tasso di risposta, di soluzione del probema, tasso soddisfazione dei clienti e il risparmio generato dall'intervento via Fb o Twitter

Customer Care

• rilevazione di segnali deboli che possono far scaturire rischi d'impresa (azioni diffamatorie, diffusione di informazioni confidenziali e lesione della proprietà intelettuale)

Team legale

• metrica per i casi di condotta iregolare da parte dei dipendenti, tasso assunzioni via social media (es. via Linkedin)

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37 d.1 Incrementare la visibilità

"Vuol dire far sì che un numero maggiore di persone, rispetto ad un momento iniziale, vengano a conoscenza di un'iniziativa, di un prodotto o di un brand". Come ci insegna la fisica, misurare un incremento significa essere già in possesso di un dato che rappresenti una situazione di partenza. una difficoltà riscontrabile nell'ambito della visibilità, è il fattore del tempo. Quanto rimarrà visibile la campagna? le condivisioni generano un effetto eco che sfugge al controllo dei marketer.

Il primo indicatore di performance è il Reach, metrica che "indica il numero di utenti che hanno visualizzato un certo oggetto sociale. Indica in buona sostanza il bacino di utenti che il contenuto può raggiungere (e non il numero di volte che ciascun utente visualizza quel dato contenuto)". (FCS San Marco, 2014). Piattaforme quali Twitter e Facebook mettono già a disposizione tale dato nella sezione "insight". Un altro esempio per calcolare il Reach è il seguente:

Figura 3- Calcolo del Reach (Cosenza)

Dove 180 è il numero medio di amici su Facebook e 126 il numero medio di followers su Twitter di un italiano.

Cosenza cita in questa sezione il sito di URL shortening “bitly” dove è stata pubblicato una ricerca circa l’half life dei 1000 link più condivisi in rete, ovvero “il periodo di tempo nel quale il link riesce a ottenere la metà di tutti i clic che riceverà complessivamente nel suo ciclo di vita”. Come si può notare dalla figura

Visitatori unici Share su FB x180 Share su Twitter x 126 REACH DI UN POST

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sottostante, l’URL è caratterizzato da un picco iniziale al lancio di una notizia seguito da u calo più o meno improvviso dell’attenzione. L’half life di un link condiviso su Facebook è di 3.2 ore e su Twitter di 2.8 ore. Youtube arriva addirittura a 7.4 ore.

Figura 4 - How long will people pay attention (Bitly)

Il terzo KPI riportato è lo share of voice, ossia “il volume di citazioni di un certo brand rispetto alle menzioni totali di altri brand concorrenti”:

Calcolarlo per ogni social medium può far notare notevoli differenze sussistenti al variare della piattaforma.

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39 d.2 Incoraggiare il dialogo

Il KPI ideale in questo caso è l’engagement, che misura il successo del messaggio condiviso con l’audience e ha lo scopo di creare relazioni solide e durature tra band e consumer, fino a convertirli in clienti, o almeno di creare una fiducia tale che l’utente possa consigliare il brand ai propri amici attraverso la Word of mouth (WOM), passaparola Confrontare tale metrica a seconda della piattaforma utilizzata, di un periodo temporale specifico o di una specifica attività ci può far capire quale sia il livello di engagement.

L’indice di engagement (di coinvolgimento) si misura così:

d.3 Generare Interazioni

Le marche dovrebbero stimolare gli utenti, soprattutto quelli più passivi, a partecipare alle interazioni, stimolandoli a “compiere una determinate azione, a rispondere ad una call to action”.

Il tasso di interazione è il rapporto tra:

L’indice di performance più importante è quello di conversione, che offre il numero di coloro che hanno risposto alla call to action come avrebbe voluto l’azienda rispetto a chi è estato esposto al messaggio:

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40 d.4 Facilitare il supporto

Il KPI è il tasso di risoluzione dei problemi, dato dal rapporto tra:

Misurato dalle richieste pervenute tramite i canali di costumer care della piattaforma social presa in considerazione. Monitorare tale metrica è fondamentale al fine di rilevare possibili lacune all’interno del processo di risoluzioni delle lamentele e dei problemi.

Altri KPI sono:

Il tasso di non risposta (non sempre gli utenti si ricolgono ai social media per risolvere un problema riscontrato con l’utilizzo della marca, ma fann le domande più improbabili):

Il tasso di soddisfazione (che giudizio darei alla marca da 1 a 10? Il più utilizzato è il net promoter score per comprendere il grado di fedeltà di determinate categorie di persone)

Tempo di risposta alle richieste (espresso in minuti, ore, giorni). “I social media generano aspettative di risposta più alte e di conseguenza soglie di sopportazione dei ritardi più basse”.

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41 d.5 Promuovere l’advocacy

Un cliente pienamente soddisfatto, una persona che raccomanda una marca senza remunerazione, un dipendente appassionato, sono i migliori agenti di marketing che si possano avere. Il tutto per 3 motivi: essi hanno un’influenza molto alta, gli altri costumer avranno fiducia in loro e perché essi disporranno di un’elevata capacità di coinvolgimento. Il passaparola la pubblicità più efficace. È il dato che emerge dalla Global Survey ‘Trust in advertising’, la ricerca realizzata da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, Italia compresa. “Secondo quanto si legge nel report, infatti, il 74% dei consumatori nel nostro paese considera credibili i consigli di conoscenti diretti, il 64% i commenti postati sui social network”. (Prima Online, 2015).

I KPI nell’ambito dell’advocacy elencati da Lovett, hanno un senso se inseriti in un contesto in cui la marca abbia iniziato un programma di ambassador. Il primo è il rapporto tra:

Tenuto sotto controllo, può dirci in ogni momento “lo stato di salute” del programma.

d.6 Stimolare l’innovazione

Le marche che vogliono implementare i propri prodotti o servizi, possono trarre nuove idee ascoltando ciò che i costumer dicono online. Seguendo le loro conversazioni online, si possono scoprire nuove indicazioni di eccezionale importanza al fine di implementare una qualsiasi innovazione.

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Le marche possono perfino creare un programma apposito, dedito alla raccolta di nuove idee provenienti dagli utenti. Tali idee dovranno essere ovviamente pertinenti all’obiettivo aziendale.

La formula qua utilizzata è data dal rapporto tra:

Sebbene alcune non siano del tutto pertinenti, ma comunque considerate interessanti dagli altri utenti, si può calcolare l’indice di impatto delle idee:

e) Le metriche di Facebook e Twitter: Facebook Insight Metrics e Twitter analytics

Una definizione standard delle metriche relative ai social media sembra ancora un miraggio, ma alcune metrics sono facilmente reperibili direttamente dai social network. Riportiamo di seguito le metriche dei social media utilizzati nel nostro progetto, Facebook e Twitter:

Facebook Insight Metrics

Facebook offre metriche complete e approfondite della pagina di proprio dominio che vogliamo analizzare. Gli insight sono utili a capire se la propria attività su Facebook è corretta ed il reale coinvolgimento creato dai tuoi contenuti.

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Sono presenti 6 sezioni: 1. Panoramica (Overview) 2. Mi Piace (Likes) 3. Copertura (Reach) 4. Visite (Visits) 5. Post 6. Persone (People)

La overview non è altro che un’anticipazione di quello che posso spiegare dettagliatamente le altre 5 ed include le seguenti 3 metriche:

Figura 5 – Overview (Facebook insights)

- Page Likes: numero totali di Likes, cioè il numero di utenti che hanno clickato “mi piace” alla pagina. Questa sezione mostra anche quanti nuovi Likes sono stati ricevuti nell’ultima settimana, comparati con i 7 giorni precedenti.

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- Post Reach: Post Reach mostra il numero di utenti che hanno visualizzato i post della pagina. “Total reach” si riferisce invece a copertura del post è al numero di utenti che hanno visualizzato il contenuto associato alla pagina durante gli ultimi 7 giorni.

- Engagement: è il numero di utenti che hanno clickato, messo mi piace, commentato o condiviso il post durante gli ultimo 7 giorni. Di seguito vengono riportate le statistiche degli ultimi 5 post e la “Panoramica”, che offre la possibilità di monitorare l’andamento e l’attività su Facebook dei tuoi competitor inserendo le marche che si vogliono analizzare.

La sezione “Likes” ci mostra il trend dei Net Likes, cioè il numero netto dei “mi piace” che risulta dalle seguenti metriche:

 Unlikes: numero di utenti che hanno tolto il “mi piace” dalla pagina

 Organic likes: numero di utenti che hanno messo “mi piace” alla pagina, azione che però non risulta da una campagna pubblicitaria

 Paid Likes: numero di utenti che hanno messo “mi piace” alla pagina a seguito di una campagna pubblicitaria

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45 Figura 6 - Net Likes, Facebook Insight

Si può inoltre scoprire la fonte dei likes (sulla stessa pagina, da un post di un altro utente, da un suggerimento di pagina, post di altri utenti sulla propria pagina ecc..).

La sezione della Copertura (Reach) riporta per prima cosa la “Post Reach”, cioè il numero di persone che hanno visto il post (organic vs paid reach). Secondariamente, questa sezione mostra un grafico del numero complessivo di Likes, Commenti e Shares che è molto utile da monitorare perché se qualcuna di queste metriche cresce, allora si potranno raggiungere più utenti in modo organico. Ma non solo, è possibile ottenere un’analisi delle azioni negative come il numero di volte in cui il post è stato nascosto, riportato come spam o ha portato qualcuno a togliere il like alla pagina.

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46 Figura 7 - Post Reach ( Facebook Insight)

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Per concludere, il total reach riporta il numero di utenti che hanno visualizzato qualsiasi attività della pagina considerando post, post degli altri che riguardano la pagina, pubblicità, menzioni e check-in. La tabella è utile per vedere l’attività della pagina come un insieme e se gli ultimi sforzi per spingere l’engagement, hanno fatto la differenza.

La sezione delle visite è una delle più esplicative. Si possono vedere le area della pagina Facebool che sono state viste maggiormente, considerando la Timeline, le info e le foto.

Figura 9 - Visite della pagina (Facebook Insight)

Poi, si possono vedere azioni specifiche come menzioni, post degli agli sulla pagina, check in e offerte di acquisto e il complesso grafico dei top web sites che riportano alla pagina Facebook. Questo grafico può aiutare determinare dove focalizzare gli sforzi. Dove mettere i contenuti più importanti? Sulla timeline

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o nelle “info”? Di solito si sceglie la prima. Oppure dove promuovere la pagina per attirare più fan (il sito web aziendale o altri profili?).

La sezione dei post, inizia con un grafico di quando I fan sono online. Cosa molto importante da sapere per scegliere gli orari in cui pubblicare i contenuti, oppure grazie alla finestra “post types” vedere quale post ha riscosso maggior successo (sia per quanto riguarda la copertura media che engagement). A parte questo, per ogni post viene riportato un’analisi più approfondita per tipo (tipe), target (targeting), engagement e promotion budget (se utilizzato).

L’ultima sezione, quella delle “Persone” riporta le informazioni demografiche dei fan, delle persone raggiunte e di quelle “engaged”.

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